SCUOLA DI DOTTORATO IN SCIENZE UMANE La conoscenza scientifica e i suoi presupposti. Un’introduzione ragionata Federico Laudisa Università di Milano-Bicocca, 17 marzo 2010 Idea di fondo: Individuare un insieme di coordinate generali sulla natura del pensiero ‘scientifico’. Motivazione principale: Il lavoro di ricerca rigoroso nel corso del dottorato aspira a essere un lavoro ‘scientifico’: ma cosa significa esattamente ‘scientifico’ in questo contesto? perché siamo più o meno d’accordo sul fatto che la ‘scientificità’ di certi lavori sia una buona indicazione della loro qualità? L’analisi di questa idea di fondo si giustifica anche in relazione ad almeno due importanti circostanze di carattere sociologico. 1. Anche discipline diverse dalla fisica, dalla chimica, dalla matematica ecc. aspirano a definirsi ‘scienze’, un fatto che esige una riflessione. 2. I mezzi di informazione non di rado presuppongono (e trasmettono!) in modo implicito criteri di ‘scientificità’ molto discutibili. Esempio recente: citazione di un lavoro pubblicato di recente su Current Biology (La Repubblica, inserto Salute, 13 marzo 2010, la giornalista è Adele Sarno) Cosa dice il titolo di giornale? “Scoperto lo scanner che legge nel pensiero” Cosa dicono gli autori del lavoro citato? “Here we document for the first time that traces of individual rich episodic memories are detectable and distinguishable solely from the pattern of fMRI BOLD (blood-oxygen-level-dependent) signals in the human hippocampus. [...] Moreover, our results imply that the neuronal traces of episodic memories are stable (and thus predictable) even over many re-activations.” M.J. Chadwick, D. Hassabis, N. Weiskopf, E.A. Maguire “Individual Episodic Memory Traces in the Human Hippocampus”, Current Biology 20 (2010), pp. 1-4 Un presupposto fondamentale di questo intervento è la tesi secondo cui la distanza tra scienze umane e scienze naturali non è così enorme. Scienze umane e scienze naturali non sono insomma così inconfrontabili come spesso si tende a pensare (anche per colpa di settori sia delle scienze umane sia delle scienze naturali, sia pure per motivi diversi). Per approfondire questa tesi, dobbiamo però soffermarci sull’idea stessa di scienza e sulle modalità con cui questa idea ha acquisito la sua consistenza culturale. “Che cos’è la scienza? Ecco una domanda alla quale sembra facile rispondere: tutti sanno che discipline come la fisica, la chimica e la biologia fanno parte della scienza, mentre arti, musica e teologia ne sono escluse. Quando però ci chiediamo in quanto filosofi che cosa sia la scienza, non è questo il tipo di risposta che cerchiamo. Non chiediamo una mera lista delle attività che sono di solito chiamate «scienza». Piuttosto ci stiamo interrogando sulla caratteristica comune condivisa da tutte le attività della lista. Ovvero su ciò che rende qualcosa una scienza. Intesa in questo modo, non si tratta di una domanda banale.” S. Okasha, Il primo libro di filosofia della scienza La domanda è in realtà molto antica e risale alle origini stesse del pensiero filosofico: il problema di cosa sia la scienza è al centro di uno dei più importanti dialoghi di Platone, il Teeteto. “È proprio questo ciò che mi fa problema, e che non riesco da me stesso a comprendere a sufficienza: che cosa è mai scienza? [...] Ma quello che ti è stato chiesto, Teeteto, non era questo, ossia di quali oggetti sia la scienza, né quante siano le scienze. Ponendo la domanda, infatti, non volevamo enumerare le scienze, bensì sapere che cosa è mai la scienza in sé.” Platone utilizzava il termine “scienza” nel senso generale di “conoscenza autentica” e non distingueva in modo netto tra ciò che oggi intendiamo con “scienza” e ciò che oggi intendiamo con “filosofia” (torneremo dopo sull’importanza di questa distinzione). Supponendo di sapere esattamente come e perché scienza e filosofia siano distinte, notiamo subito come esista un’implicazione reciproca tra filosofia e scienza: da una parte, la scienza ha ricadute sui modi di vedere il mondo (dalla scienza alla filosofia), ma dall’altro la filosofia influenza la scienza (dalla filosofia alla scienza). Per motivi non banali, la scienza è ritenuta una fonte di conoscenza “certa”, “oggettiva”, “affidabile”, ecc. Nel senso comune, l’aggettivo “scientifico” denota affermazioni che supportano una forma solida di conoscenza, idealmente non soggetta a quei ‘punti di vista’ e a quelle ‘interpretazioni’ che sembrano caratterizzare il mondo della cultura non strettamente scientifica. Quali sono i fondamenti di questa intuizione del senso comune? In che termini essa può essere considerata plausibile? L’immagine moderna di scienza come indagine sistematica dei fenomeni naturali e ad alto contenuto matematico-formale emerge in modo decisivo con la cosiddetta Rivoluzione scientifica (tra la seconda metà del XVI secolo e la fine del XVII secolo), a partire dalla quale diventa sempre più netta la distinzione tra scienze e altre forme di cultura. Le modalità con cui la Rivoluzione scientifica si afferma hanno implicazioni concettuali importanti, sulle quali è utile soffermarsi brevemente. Il carattere rivoluzionario di questa epoca della cultura europea si deve all’introduzione di un modo radicalmente nuovo di analizzare i fenomeni naturali, che non deriva soltanto dall’accumulazione di fatti ed esperienze precedenti (né tantomeno dalla scoperta di un presunto ‘metodo scientifico’) ma che si configura piuttosto come un autentico rovesciamento di prospettiva. Un elemento fondamentale di questo rovesciamento è una nuova capacità di modellizzare e idealizzare i fenomeni che sono oggetto di studio. CONSEGUENZE Applicazione crescente della matematica ai fenomeni naturali. Centralità del concetto di esperimento, inteso come costruzione artificiale - sia essa puramente mentale o concretamente realizzabile - e mirato a indagini specifiche. Queste caratteristiche, sia pure presentate in forma molto generale, permettono di discutere uno degli apparenti motivi di forte differenziazione tra scienze umane e scienze naturali: la questione della generalizzazione. Si sostiene spesso che una delle differenze più marcate tra scienze umane e scienze naturali consista nella tendenza di queste ultime a generalizzare e a fornire rappresentazioni idealizzate dei fenomeni oggetto di studio. Le scienze umane cercherebbero viceversa di evitare quanto più possibile questa tendenza, volte come sono alla spiegazione di eventi ‘unici’, ‘irripetibili’ e talmente ‘complessi’ da sfidare qualsiasi generalizzazione sensata e comprensibile. Questa tesi è discutibile e si fonda sull’esagerazione della distanza tra scienze umane e scienze naturali. Qualsiasi esempio di teorizzazione comporta una certa dose di generalizzazione, se le affermazioni di tale teorizzazione ambiscono ad avere qualche valore esplicativo e utile all’indagine. Anche in discipline che assegnano pari importanza (se non maggiore) all’intervento rispetto alla teorizzazione, il ruolo della generalizzazione non può scomparire. Non di rado si assume infatti che determinate ipotesi di intervento abbiano un valore ‘generale’ (altrimenti non si capisce come si potrebbero fare previsioni basate su quelle ipotesi e come si potrebbero controllare quelle ipotesi). Se questo è vero, diventa allora importante avere una minima consapevolezza di almeno due punti di fondo (e dei problemi che questi sollevano): CONCETTI DI BASE DEL SAPERE SCIENTIFICO CARATTERE CUMULATIVO DEL SAPERE SCIENTIFICO (ALCUNI) CONCETTI DI BASE DEL SAPERE SCIENTIFICO Alla luce delle considerazioni fatte, soffermiamoci su un insieme di concetti di base, utili – nel loro complesso – a far luce su aspetti chiave non soltanto del sapere scientifico ‘in senso stretto’ ma anche di quello proprio delle scienze umane. È utile introdurre alcuni di questi concetti, sotto forma di coppie di nozioni correlate: TEORIA/MODELLO LEGGE/GENERALIZZAZIONE SPIEGAZIONE/CAUSALITÀ DETERMINISMO/INDETERMINISMO LINEARITÀ/COMPLESSITÀ .......... Un resoconto semplicistico ma standard dei rapporti tra questi concetti è più o meno il seguente: Una TEORIA include una qualche ‘rappresentazione’ di una porzione di mondo, e ha l’obiettivo di caratterizzare le proprietà e le leggi fondamentali delle entità che popolano quella porzione. Se e come una teoria raggiunga questo obiettivo è un problema naturalmente controverso, un problema che tra le altre cose dipende fortemente dal grado di sviluppo della teoria stessa. La teoria può cioè utilizzare LEGGI (o GENERALIZZAZIONI) per produrre SPIEGAZIONI (eventualmente CAUSALI) dei fenomeni oggetti di studio, ma può anche (spesso in caso di teorie non mature) utilizzare MODELLI in funzione di mediazione tra teoria e mondo. A loro volta, le LEGGI, le GENERALIZZAZIONI o i MODELLI possono essere DETERMINISTICI o INDETERMINISTICI, possono essere LINEARI o COMPLESSI, ecc. Attenzione: l’uso di questi concetti deve essere rigoroso! Esempi particolarmente importanti in questo senso sono le coppie LINEARITÀ/COMPLESSITÀ e TEORIA/MODELLO LINEARITÀ/COMPLESSITÀ affaire Sokal TEORIA/MODELLO rapporto profondo e ricco di sfumature Osservazione generale: il rapporto TEORIA/MODELLO cambia radicalmente in relazione al grado di sviluppo della TEORIA. Casi ‘estremi’: il modello è un’applicazione, talvolta tutt’altro che semplice, di una teoria ormai consolidata (es.: modello meccanico di un gas) in assenza di una teoria consolidata – il modello è sostanzialmente la teoria (es.: modelli neuroscientifici per la navigazione nell’ambiente da parte di semplici animali) CARATTERE CUMULATIVO DEL SAPERE SCIENTIFICO Strettamente associata alla generalizzazione è la questione del carattere cumulativo del sapere scientifico: se accettiamo che le teorie scientifiche rappresentino una forma di conoscenza relativamente stabile e robusta sul mondo (in termini di capacità di parlare di proprietà generali dei fenomeni oggetto di indagine), allora possiamo considerare plausibile l’idea che il sapere scientifico cresca (anche se in modo più complesso di quanto ritenesse un’epistemologia troppo schiacciata sulla struttura esclusivamente logica delle teorie scientifiche). Questo punto ha un’immediata conseguenza formativa: se si accetta l’ipotesi che il sapere scientifico sia almeno in parte cumulativo, allora sarà naturale assumere che in ogni disciplina e in ogni area di ricerca riconosciuta da determinate comunità scientifiche esista un nucleo di conoscenze (sotto forma di assunzioni, evidenze empiriche, metodologie, ecc.) che devono essere note a chiunque intraprenda un lavoro di ricerca in quella disciplina e in quell’area.