Cenni sul teatro latino

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TEATRO ROMANO
1) PREISTORIA CONTADINA (fondazione di Roma-365 a.C.)
genere di teatro il fescennino; feste per propiziare il buon raccolto dove si cantavano canti osceni, i
fescennini, con contenuti apotropaici (contro il malocchio), tipo sagre. Quindi, come in Grecia, anche a Roma
l’origine del teatro è religiosa e connessa ai culti della vegetazione.
2) PERIODO SPERIMENTALE (365-241 a.C.)
genere di teatro la satura (da satur, pieno di tutto). La satura consisteva nel ballo, nel canto e nell’esibizione
di testi improvvisati; causa la peste, i romani chiesero agli etruschi (coloro che più conoscevano i misteri della
magia e della religione) che inviassero dei sacerdoti danzatori. Essi non scacciarono la peste ma ispirarono i
romani che iniziarono a imitarli e formarono delle compagnie di attori professionisti.
3) PERIODO LETTERARIO (240-I secolo a.C.)
inizia grazie a Livio Andronico, il primo che ispirandosi al teatro greco scrisse un dramma in latino;
commedie e tragedie piacquero tanto ai Romani che la satura decadde, morì come genere teatrale e risorse più
tardi come genere poetico di critica dei vizi della società. Quattro sono i generi:
Cothurnata: tragedia di ambientazione greca (da cothurni, scarpe con alto zatterone); sono a oggi noti i titoli
di quasi cento fabulae cothurnatae, di alcune delle quali rimangono pochissimi frammenti e di altre non ci è
pervenuto che il titolo; scrissero cothurnatae Livio Andronico, Nevio, Ennio, Accio e Pacuvio;
Praetexta: tragedia di ambientazione romana (da praetexta, toga ornata di porpora); l'unica praetexta giunta
intatta sino a noi è l’Octavia, tradizionalmente attribuita a Seneca, ma probabilmente opera di un tardo
imitatore; abbiamo inoltre frammenti di Ennio, Accio e Pacuvio;
Palliata: commedia di argomentazione greca (da pallio, mantello corto del servo greco): i principali autori
furono Plauto, che ne scrisse 21, e Terenzio, che ne scrisse 6 (commedie raffinate e poco apprezzate dal
popolo, importanti perché fondano l’humanitas latina, cfr. la celebre frase che compare nella commedia
Heautontimorùmenos, Il punitore di se stesso del 165 a.C. Homo sum: humani nihil a me alienum puto; «Sono
un uomo: di ciò che è umano nulla reputo a me estraneo»);
Togata: commedia di argomentazione romana (da toga, abito quotidiano romano), in sostanza non praticata a
causa della censura che pesava sui comportamenti di personaggi romani; restano scarsissimi frammenti; sono
noti i nomi di tre soli autori di togatae: Titinio, Lucio Afranio e Tito Quinzio Atta.
4) PERIODO SPETTACOLARE (I a.C. -fino alla caduta dell’impero romano)
non si scrivono più i testi teatrali; Seneca fu l’unico a scrivere ancora drammi, ma sapeva che non sarebbero
stati messi in scena; periodo caratterizzato soprattutto da giochi.
Inoltre:
nel mondo greco-italico si assiste alla fioritura di spettacoli teatrali fin dal VI secolo a.C. nei quali prevale
l'aspetto buffonesco. In Magna Grecia e Sicilia dalla fine del V al III secolo a.C. si diffonde la farsa fliacica,
commedia popolare in gran parte improvvisata in cui gli attori-mimi erano provvisti di costumi e maschere
caricaturali. Fissata in forma letteraria da Rintone di Siracusa, tutto quello che ne è rimasto sono le
raffigurazioni su vasi, ritrovate nei pressi di Taranto, il cui studio ha permesso solo una parziale ricostruzione
del genere. L'atellana, farsa popolaresca di origine osca, proveniente dalla città campana di Atella, fu
importata a Roma nel 391 a.C.: prevedeva maschere ed era caratterizzata dall'improvvisazione degli attori su
un canovaccio; quattro erano i personaggi fissi dell'atellana: Maccus (il mangione), Pappus (il vecchio
stupido), Bucco (il chiacchierone) e Dossennus (il gobbo astuto). L'atellana, da principio, era recitata a Roma
in osco, ma la gioventù di Roma apprezzò le atellane e prese a improvvisarle in latino. Non si sa quando
cominciassero precisamente queste rappresentazioni improvvisate, ma certo prima dell'età di Livio Andronico.
Gli attori dilettanti delle atellane non erano colpiti d'infamia come gl'istrioni. L'atellana divenne un genere
letterario al tempo di Silla, quando dopo breve splendore cominciava a decadere la fabula togata. La sollevò a
dignità letteraria L. Pomponio bolognese: accanto a esso gli scrittori latini ricordano Novio, che dovette
essere suo contemporaneo. Nulla sappiamo della vita dei due poeti, solo titoli e frammenti ci restano delle loro
opere: settanta titoli e quasi duecento versi di Pomponio, quarantaquattro titoli e un centinaio di versi di
Novio. L'atellana si rappresentava come exodium dopo una tragedia, secondo l'esempio del dramma satiresco
dei Greci, che seguiva la trilogia tragica. Era perciò di breve estensione e di rapido svolgimento. Vi recitavano
attori di professione, che portavano le maschere come i dilettanti, ma non ne conservavano i privilegi. Il suo
carattere si desume, per quanto è possibile, dai titoli, dai frammenti e da poche notizie degli antichi. I
frammenti sono di regola d'un verso o di due, e solo di un'atellana si possiedono dieci frammenti con
quattordici versi. Essi sono stati conservati dai grammatici per qualche particolarità grammaticale o lessicale.
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