Fondamenti di termodinamica
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Capitolo 1
FONDAMENTI DI TERMODINAMICA
1.1 I Principi della Termodinamica.
La Termodinamica è una parte della Fisica che si occupa dello studio
delle proprietà dei corpi e dei fenomeni che implicano uno scambio di calore, di
lavoro o di altre forme di energia; esamina le possibilità di trasformazione
dell'energia da una specie ad un'altra (termica, meccanica, chimica, elettrica) ed
è basata su quattro Principi fondamentali:
- Principio Zero, che riguarda il concetto di equilibrio termico.
- Primo Principio, che riguarda il carattere conservativo dell'energia.
- Secondo Principio, che riguarda la differenza qualitativa fra le varie forme di
energia e lo studio dei fenomeni reali.
- Terzo Principio, che riguarda le proprietà della materia nelle vicinanze dello
zero assoluto.
In questo corso di Fisica Tecnica sono esaminate principalmente questioni
riguardanti l'energia meccanica e l'energia termica; è illustrato il Principio Zero
e sono discussi il Primo e il Secondo Principio, con particolare attenzione ad
aspetti applicativi concernenti lo studio di macchine termiche e frigorifere e di
impianti di condizionamento dell'aria.
Lo studio della Termodinamica può essere affrontato facendo ricorso a
due differenti metodologie; la prima, che prende il nome di Termodinamica
Statistica, esamina i corpi dal punto di vista microscopico, formula ipotesi sulla
struttura intima della materia e cerca di risalire allo studio delle proprietà
macroscopiche dei corpi per mezzo di strumenti matematici basati soprattutto
sul calcolo delle probabilità; la seconda, che prende il nome di Termodinamica
Classica, osserva i fenomeni naturali da un punto di vista macroscopico, basato
su alcune leggi generali che derivano da osservazioni sperimentali. Questa
seconda metodologia è particolarmente adatta alla analisi delle applicazioni
ingegneristiche ed è pertanto seguita nel presente testo.
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Fondamenti di termodinamica
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1.2 Sistemi e Grandezze Termodinamiche.
Nella Termodinamica Classica l'intero Universo è convenzio-nalmente
suddiviso in due parti, sistema e mezzo: la parte di Universo oggetto dello studio
è chiamata sistema; tutto il resto prende il nome di mezzo o ambiente. La
Termodinamica si occupa delle interazioni tra sistema e mezzo e dell'evoluzione
subita dal sistema a seguito di queste interazioni. Il sistema ha dimensioni finite;
la sua forma, dimensioni e volume possono mutare nel tempo, pur mantenendo
il sistema la propria identità.
Ai fenomeni d'interazione fra sistema e mezzo prendono parte, in linea di
principio, tutti gli elementi, sia del sistema che del mezzo; è evidente, tuttavia,
che gli elementi più vicini al confine partecipano in modo più attivo. Si
definisce superficie limite la superficie di separazione fra sistema e mezzo;
attraverso la superficie limite si può avere scambio di calore Q, di lavoro L e di
massa M.
Se un sistema scambia massa con l'esterno si dice aperto; se non scambia
massa si dice chiuso. Se non avviene scambio di calore, il sistema è adiabatico,
mentre se non ci sono scambi di lavoro può chiamarsi adinamico. Se un sistema
non scambia né calore, né lavoro, né massa, si dice isolato. Si tenga conto che
l'essere un sistema chiuso o aperto non influenza la configurazione geometrica
della superficie limite, che può essere fissa o mobile, sia nei sistemi chiusi che
nei sistemi aperti. Ad esempio, nel sistema costituito dal cilindro di una
macchina alternativa, quando il pistone si muove e le valvole sono chiuse, la
superficie limite muta la propria configurazione, ma il sistema resta chiuso.
Si definisce stato termodinamico del sistema l'insieme delle proprietà che
caratterizzano il sistema stesso. Per descrivere lo stato termodinamico è
necessaria la conoscenza di grandezze dette appunto di stato. Queste possono
essere intensive od estensive: una grandezza si dice intensiva se il suo valore è
indipendente dalla massa considerata. La pressione P, la temperatura T ed il
volume specifico v sono grandezze intensive. Una grandezza di stato si dice
estensiva se il suo valore per l'intero sistema è uguale alla somma dei valori che
competono alle singole parti componenti del sistema. Sono grandezze estensive
la massa M ed il volume V. Se di una grandezza estensiva si considera il suo
valore specifico, cioè riferito alla unità di massa, questa diventa di solito una
grandezza intensiva: ad esempio il volume V è una grandezza estensiva, il
volume specifico v = V/M è una grandezza intensiva; ciò tuttavia non è sempre
vero: a tale proposito è opportuno tenere presenti le precisazioni effettuate nel
paragrafo 2.3.
Si supponga che sia pari ad n il numero di grandezze di stato
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caratteristiche di un sistema e siano denominate x1, x2 ... xn; non essendo tali
grandezze in generale indipendenti, sia possibile individuare un numero m di
relazioni fra di esse:
F1(x1, x2, ........ xn) = 0
F2(x1, x2, ........ xn) = 0
.................................
.................................
Fm(x1, x2, ........ xn) = 0
(1.1)
Queste relazioni prendono il nome di equazioni di stato del sistema; in
base alle (1.1), il numero di grandezze indipendenti che si possono assegnare in
modo arbitrario per individuare lo stato termodinamico del sistema è pari a:
g = (n - m)
(1.2)
Se, per individuare lo stato termodinamico di un sistema, è necessaria e
sufficiente l'assegnazione di due grandezze di stato, si dice che il sistema è un
fluido. Nel caso di un fluido, pertanto, se si considerano tre grandezze di stato,
ad esempio pressione, temperatura e volume specifico, essendo solo due quelle
assegnabili indipendentemente, esiste sicuramente fra di loro una relazione del
tipo:
F (P, v, T) = 0
(1.3)
La relazione (1.3) prende il nome di equazione di stato del fluido.
1.3 Equilibrio, trasformazioni.
Se in un sistema tutte le grandezze di stato hanno valore costante nel
tempo, si dice che il sistema è in equilibrio termodinamico; esistono peraltro
diversi tipi di equilibrio, come appresso specificato.
Equilibrio stabile. Si supponga che al sistema sia applicata una perturbazione,
anche di notevole entità, che lo sposti dalle condizioni di equilibrio. Se, alla
scomparsa della perturbazione, il sistema ritorna nello stato di equilibrio
originario, l'equilibrio si dice stabile.
Equilibrio instabile. Si supponga che al sistema sia applicata una perturbazione,
anche di modesta entità, che lo sposti dalle condizioni di equilibrio. Se, alla
scomparsa della perturbazione, il sistema non ritorna più nello stato di equilibrio
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originario, l'equilibrio si dice instabile.
Equilibrio metastabile. Si supponga che al sistema siano applicate, in tempi
diversi, due perturbazioni, la prima di modesta entità e la seconda di notevole
entità. Se, alla scomparsa della perturbazione di modesta entità, il sistema ritorna
nello stato di equilibrio originario ed, invece, alla scomparsa della perturbazione
di notevole entità, non ritorna più nello stato di equilibrio originario, l'equilibrio
si dice metastabile.
Equilibrio indifferente. Si supponga che al sistema sia applicata una
perturbazione di qualsiasi entità che lo sposti dalle condizioni di equilibrio. Se,
alla scomparsa della perturbazione, il sistema si trova automaticamente in un
nuovo stato di equilibrio, di volta in volta diverso, a seconda della durata e
dell'entità della perturbazione, l'equilibrio si dice indifferente.
Nel seguito, a meno di indicazioni contrarie, alla dizione equilibrio
termodinamico si attribuirà senz'altro il significato di equilibrio termodinamico
stabile; ad esso corrisponde il manifestarsi contemporaneo di diversi tipi di
equilibrio: termico, il quale implica eguaglianza di temperatura fra sistema e
mezzo; meccanico, il quale implica eguaglianza di pressione; di fase e chimico,
il quale implica eguaglianza di potenziale chimico; elettrico, il quale implica
eguaglianza di potenziale elettrico. Il contemporaneo verificarsi di tutti questi
equilibri corrisponde alla condizione di equilibrio termodinamico del sistema.
Se il sistema non è in equilibrio termodinamico, le grandezze di stato che
lo caratterizzano variano nel tempo e si dice che il sistema percorre una
trasformazione. La natura della trasformazione è individuata da un particolare
legame fra le grandezze di stato, che prende il nome di equazione della
trasformazione; si ricordano alcune trasformazioni fondamentali e le relative
equazioni:
- a pressione costante, isobare: dP = 0;
- a volume specifico costante, isometriche: dv = 0;
- a temperatura costante, isoterme: dT = 0;
- senza scambio di calore con l'esterno, adiabatiche: dQ = 0;
- senza scambio di lavoro con l'esterno, adinamiche: dL = 0.
In generale l'equazione della trasformazione è un legame del tipo:
G(x1, x2, .............. xn) = 0
(1.4)
Pertanto, se è assegnata la natura della trasformazione, la (1.4) va ad aggiungersi
alle equazioni di stato (1.1) ed il numero di grandezze di stato assegnabili
indipendentemente nel corso della trasformazione diventa, in base alla (1.2),
g=(n - m -1); nel caso particolare di un fluido si ha g = 1.
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Se, attraverso una successione di trasformazioni, un sistema
termodinamico perviene di nuovo nello stato iniziale, si dice che il sistema ha
percorso un ciclo chiuso di trasformazioni, o semplicemente un ciclo. I cicli
chiusi sono estremamente importanti, come si vedrà, in gran parte dei processi
associati a trasformazioni energetiche. Si sottolinea infine il fatto che la
Termodinamica teorica, nella maggioranza dei casi, prescinde dal tempo: si
preoccupa cioè di analizzare la natura delle trasformazioni sotto diversi aspetti,
ma non di stabilire con quale velocità queste trasformazioni vengano percorse.
Nella Termodinamica applicata all'ingegneria, invece, la menzionata velocità
assume un rilievo significativo.
1.4 Sistemi omogenei ed eterogenei. Regola delle fasi.
I sistemi termodinamici possono essere omogenei oppure eterogenei. In
un sistema omogeneo, se in equilibrio termodinamico, tutte le grandezze di stato
hanno il medesimo valore in ogni punto. In un sistema eterogeneo, al contrario,
anche se in condizioni di equilibrio termodinamico, le funzioni di stato intensive
esprimono una proprietà locale.
Un sistema omogeneo è caratterizzato dalla presenza di una sola fase,
intendendo con fase qualsiasi porzione di materia dotata di proprietà chimico fisiche costanti. A sua volta, una fase può essere semplice o complessa, a
seconda che sia costituita da una sola o da più specie chimiche. L'aria
atmosferica ed i gas di combustione sono esempi tipici di fasi complesse.
Un sistema eterogeneo è costituito da più fasi; lo stato termodinamico di
un sistema eterogeneo è caratterizzato dall'insieme degli stati termodinamici
delle singole fasi. E' opportuno ricordare, a tale proposito, una legge generale
della Chimica - Fisica, denominata regola delle fasi, dovuta a Gibbs, che si
enuncia:
- il numero di variabili intensive assegnabili indipendentemente ad un sistema
termodinamico in equilibrio è dato dal numero dei componenti che lo
costituiscono, meno il numero delle fasi presenti, più due:
i=n-f+2
(1.5)
Il numero i viene anche denominato varianza del sistema.
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1.5 Piano di Clapeyron: isoterme di un gas perfetto.
Una rappresentazione grafica efficace degli stati termodinamici di un
sistema è costituita dal Piano di Clapeyron, avente la pressione in ordinate e il
volume specifico in ascisse. Il piano di Clapeyron può pensarsi come uno dei
piani coordinati dello spazio a tre dimensioni P-v-T, nel quale un fluido è
rappresentato dalla superficie di equazione F(P, v, T)=0. Se si assegnano valori
prefissati T1, T2 ... Ti ... Tn alla temperatura, a questi valori corrispondono, sulla
superficie del fluido, le linee rappresentative delle isoterme, proiettabili sul
piano coordinato P-v. L'insieme di queste operazioni equivale a disegnare sul
piano P-v un certo numero di linee aventi equazione:
F (P, v, Ti ) = 0
(1.6)
Nel caso di un gas perfetto è possibile attribuire a queste funzioni una
forma analitica molto semplice: essendo infatti l'equazione di stato dei gas
perfetti, come noto, la seguente:
Pv = RT
(1.7)
ciascuna isoterma avrà equazione:
Pv = RTi
(1.8)
Dalla (1.8) risulta che, nel piano di Clapeyron, le isoterme di un gas perfetto
sono rappresentate da un fascio di iperboli equilatere (vedi fig. 1.1).
Nel caso di un fluido reale la rappresentazione delle isoterme è notevolmente
più complessa, come sarà discusso successivamente.
PIANO DI
CLAPEYRON
Pressione
Tn
Ti
T2
T1
Fig. 1.1: isoterme di un gas
perfetto sul piano di
Clapeyron.
(T1 < T2 < Ti < Tn)
Volume spe cifico
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1.6 Piano di Clapeyron: lavoro di un sistema chiuso.
Si consideri un pistone che si muove in un cilindro chiuso contenente un
fluido; durante gli intervalli di tempo nei quali le valvole sono chiuse, il fluido
contenuto nel cilindro costituisce un sistema termodinamico chiuso. Infatti la
superficie limite, pur variando istante per istante la propria configurazione, non
viene attraversata da materia.
Il pistone è collegato ad una biella, capace di trasmettere una forza F
all'albero. Sia S l'area della superficie del pistone e P la pressione all'interno del
cilindro, supposta uniforme; si consideri un asse x orientato secondo la direzione
di scorrimento del pistone, come indicato in fig. 1.2. Il lavoro che la forza F
compie, per uno spostamento infinitesimo dx del pistone, è dato da:
dL = Fx dx
(1.9)
essendo Fx la componente della forza F lungo la direzione dello spostamento del
pistone. Inoltre, avendo supposto uniforme la pressione P, si ha, in base al Terzo
Principio della Meccanica:
Fx = PS
(1.10)
dL = PSdx = PdV
(1.11)
e quindi:
dove dV è la variazione infinitesima di volume. Se poi ci si riferisce all'unità di
massa, si ottiene:
dL = Pdv
Fx
P
S
cilindro
pistone
dx
biella
(1.12)
Fig. 1.2: lavoro scambiato da un
sistema chiuso.
Fx= componente della forza esterna
lungo x; P= pressione all’interno del
cilindro; S= area della superficie del
pistone.
x
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essendo v il volume specifico. La (1.12) vale per un sistema termodinamico
chiuso; in seguito si verificherà che, per un sistema aperto, l'espressione di dL è
diversa. Per una trasformazione finita AB il lavoro scambiato dall'unità di massa
del fluido vale pertanto:
L AB =
∫
B
Pdv
(1.13)
A
Nel piano di Clapeyron il lavoro scambiato con l'esterno da un sistema
chiuso è dunque misurato dall'area sottesa dalla linea che rappresenta la
trasformazione, come indicato in fig. 1.3; al variare del percorso seguito per
andare dallo stato A allo stato B, varia anche l'entità del lavoro assorbito o
ceduto dal sistema: il lavoro non è una grandezza di stato. Nel caso particolare
di un ciclo chiuso, il lavoro scambiato dal sistema con l'esterno è misurato
dall'area racchiusa all'interno del ciclo. Se la trasformazione avviene con
aumento di volume specifico, il lavoro è positivo (lavoro ceduto dal sistema
all'esterno). Se avviene con diminuzione di volume specifico, il lavoro è
negativo. Il segno è convenzionale e deriva dall'aver considerato un asse delle x
orientato positivamente nel verso dei volumi crescenti del cilindro.
P
B
PB
A
PA
L AB
v
vA
Fig. 1.3: lavoro scambiato da
un
sistema
chiuso:
rappresentazione grafica sul
piano di Clapeyron.
vB
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1.7 L'equilibrio termico. Principio Zero della Termodinamica.
Si considerino due sistemi termodinamici m ed n, delimitati da pareti
adiabatiche ed inizialmente in due stati qualsivoglia M1 ed N1 (vedi fig. 1.4). I
due sistemi sono messi in contatto termico con un terzo sistema p, per mezzo di
una parete capace di trasmettere il calore, mentre le rimanenti pareti conservano
il carattere di adiabaticità. Si osserva sperimentalmente che i due sistemi m ed n
evolvono dagli stati iniziali M1 ed N1 verso due stati finali M2 ed N2. Durante
l'evoluzione si trasmette calore attraverso la parete di separazione; raggiunte le
condizioni M2 ed N2, la trasmissione si arresta: si dice che i due sistemi sono in
equilibrio termico. Ciò premesso, si può enunciare il Principio Zero della
Termodinamica, derivante dalle osservazioni sperimentali descritte:
se due sistemi termodinamici m ed n sono in equilibrio termico con un terzo
sistema p, essi sono anche in equilibrio termico fra di loro.
Per estensione, può affermarsi che tutti i sistemi pensabili ed in equilibrio
termico con il sistema p, sono in equilibrio termico fra di loro. Questo non
significa che gli stati termodinamici dei sistemi menzionati siano identici, ma
soltanto che fra tutti questi sistemi, comunque accoppiati, non avviene
trasferimento di calore; quando ciò succede, si dice che i sistemi presentano uno
stesso valore della temperatura.
Il Principio Zero consente dunque l'introduzione del concetto di
temperatura; ogni tecnica di misura della temperatura è basata sull'applicazione
di questo Principio.
parete conduttrice
m
p
n
Fig. 1.4: dispositivo sperimentale per
l'illustrazione del Principio Zero della
Termodinamica.
pareti isolanti
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1.8 La misura della temperatura.
E' noto dalla Fisica Generale che, per costruire una scala di misura di una
grandezza fisica, è necessario stabilire un criterio di confronto ed un criterio di somma
relativi a tale grandezza; dopo di che è sufficiente fissare l'unità di misura della
grandezza in esame per individuare l'intera scala. E' quello che succede, ad esempio, per
la Lunghezza, la Massa, il Tempo ed altre grandezze fisiche.
Il Principio Zero della Termodinamica stabilisce per la temperatura un criterio di
confronto, mentre è impossibile stabilire un criterio di somma; dunque non è sufficiente
fissare l'unità di misura, poiché un numero pari ad n volte l'unità di misura non
fornirebbe un valore della temperatura n volte più grande.
Perciò, nel caso particolare della temperatura, bisogna fissare l'intera scala.
Costruire una scala della temperatura significa, pertanto, mettere in corrispondenza
biunivoca una serie di numeri con i livelli termici individuabili per mezzo del Principio
Zero della Termodinamica; tali numeri sono completamente arbitrari e ad essi va
attribuito un significato convenzionale.
Un dispositivo di misura che consenta di attribuire un numero ad ogni livello
termico prende il nome di termometro. L'ampiezza di un intervallo di temperatura può
essere fissata attribuendo in modo arbitrario due valori numerici a due punti fissi, ai
quali cioè competano stati termodinamici riproducibili. Esempi di punti fissi,
storicamente utilizzati per definire scale di temperatura, sono il punto di fusione del
ghiaccio e il punto di ebollizione dell'acqua a pressione atmosferica. Il verso della scala
non è definito; cioè non c'è motivo perché al punto di ebollizione dell'acqua sia
attribuito un valore numerico superiore rispetto a quello del punto di fusione del
ghiaccio: in realtà si è sempre fatto così, ma questo è il risultato di una scelta iniziale
arbitraria, la quale è ormai così radicata nella cultura tecnico-scientifica che ad essa si
attribuisce quasi un significato di realtà invece che di convenzione.
La misura della temperatura è sempre indiretta; si misurano cioè gli effetti che la
temperatura produce su altre grandezze del corpo utilizzato come sostanza
termometrica, come, ad esempio:
1) Dilatazione volumetrica di sostanze varie liquide e solide.
2) Variazione di pressione a volume costante di gas.
3) Variazione di volume a pressione costante di gas.
4) Variazione di resistenza elettrica di solidi.
5) Variazione di forze elettromotrici di giunti termoelettrici.
Perciò il valore numerico indicato da un particolare termometro dipende:
1) Dalla natura della sostanza termometrica.
2) Dalla proprietà oggetto della misurazione.
3) Dalle caratteristiche costruttive dello strumento.
Nei primi termometri si è utilizzato il Mercurio come sostanza termometrica, la
dilatazione termica del Mercurio come proprietà termometrica e lo strumento è
costituito da un bulbo di vetro sul quale è innestato un tubicino anch'esso di vetro.
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In conseguenza della dilatazione e contrazione termica della massa contenuta nel bulbo,
il Mercurio va a riempire lunghezze variabili del tubicino; così, ad ogni valore della
posizione raggiunta dal Mercurio all'interno del tubicino, si può far corrispondere un
livello termico del Mercurio nel bulbo: se si fissa arbitrariamente eguale a zero il valore
della temperatura del punto di fusione del ghiaccio a pressione atmosferica ed eguale a
cento il punto di ebollizione dell'acqua alla pressione atmosferica e si divide in cento
parti eguali l'intervallo delimitato dalle due posizioni del Mercurio nel tubicino del
termometro, si è costruita una scala delle temperature: in fig 1.5 sono posti a confronto
due termometri a Mercurio secondo le scale Centigrada e Fahrenheit, quest’ultima
utilizzata nei paesi anglosassoni fino al 1980. Si comprende, tuttavia, che la risposta di
termometri di questo tipo dipende notevolmente dalle caratteristiche costruttive dello
strumento, in particolare dal coefficiente di dilatazione termica del vetro. Oggi, pertanto,
in luogo del termometro a Mercurio, per definire la scala della temperatura viene
impiegato il termometro a gas; i termometri a Mercurio sono ancora ampiamente diffusi
nella scienza e nella tecnica, però sono tarati su campioni primari o secondari. Nella
tecnica di laboratorio, i termometri a Mercurio sono utilizzati anche come campioni
secondari (cioè calibrati sul campione primario), in virtù delle loro doti di precisione e
facilità di impiego.
Attualmente, la Scala Internazionale della Temperatura è costruita facendo
riferimento al termometro a gas. Si consideri un cilindro riempito con un gas, ad
esempio Idrogeno, mantenuto in un bagno termostatico, cioè in un sistema
termodinamico in equilibrio ad un certo livello termico; la costanza nel tempo del livello
termico può essere garantita per mezzo di un punto fisso. Si consideri un diagramma
avente in ordinate il prodotto Pv ed in ascisse la pressione P e sia Ao il punto
rappresentativo dello stato iniziale del gas (vedi fig. 1.6). Si vari adesso la posizione del
pistone, in modo da far aumentare v e diminuire P, ma sempre mantenendo il gas allo
stesso livello termico di
212
Punto di ebollizione
dell'acqua a pressione
atmosferica
Pv
100
A0
A
α1
32
0
Punto di fusione
del ghiaccio a
pressione atmosferica
0
B
B0
P
Fig. 1.5: termometri a Mercurio a confronto
Fig. 1.6: andamenti Pv-P per due gas
secondo le scale Centigrada e Fahrenheit.
diversi allo stesso livello termico.
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equilibrio. Il punto rappresentativo dello stato termodinamico del gas si sposta da Ao in
A; se si fa tendere P a zero, il punto A tende ad un valore α1 sull'asse delle ordinate. Si
ripeta adesso la medesima esperienza utilizzando un secondo gas, ad esempio aria.
Lo stato iniziale Bo, corrispondente allo stesso livello termico di Ao, sarà diverso
da Ao e così tutti gli stadi intermedi B saranno, a parità di pressione, diversi da A. Al
tendere a zero delle pressioni, però, la curva dell'aria tende allo stesso valore α1
determinato per la curva dell'Idrogeno. L'esperienza mostra inoltre che, se si
considerano altri gas allo stesso livello termico, al tendere a zero della pressione il
prodotto Pv tende sempre allo stesso valore α1. Si ripetano adesso tutte le esperienze fin
qui descritte, ma considerando un diverso livello termico: si individua un nuovo valore
sull'asse delle ordinate. Si possono allora considerare n livelli termici e determinare, in
loro corrispondenza, n valori α1, α2 ... αn del prodotto Pv per P → zero; si è in questo
modo stabilita una corrispondenza fra tutti i livelli termici ed una grandezza fisica
misurabile e perfettamente riproducibile, che è il prodotto Pv per P → 0: si è costruita
una scala delle temperature.
I numeri α1, α2 ... αn potrebbero dunque essere considerati direttamente come
valori numerici della nuova scala di temperatura; oppure si possono considerare i valori
numerici forniti da una qualsiasi funzione T = T(α), poiché, per quanto detto all'inizio
del paragrafo, la serie dei numeri esprimenti i valori della temperatura può essere
assunta in modo arbitrario. Per ragioni di carattere storico, legate alla opportunità di
collegare la nuova scala con la scala centigrada preesistente, che utilizzava il
termometro a mercurio, è stata scelta la seguente funzione:
T = 273.16
α
α0
(1.14)
dove α0 è il valore di α nel punto triplo dell'acqua, il quale si trova dunque alla
temperatura di 273.16 K. Utilizzando la (1.14), il punto di ebollizione dell'acqua a
pressione atmosferica assume il valore T = 373.15 K e la differenza fra i valori
esprimenti il punto di fusione del ghiaccio e il punto di ebollizione dell'acqua a
pressione atmosferica risulta ancora eguale a cento gradi, come nella scala centigrada.
La scala così definita prende il nome di scala Kelvin in quanto, come si mostrerà nel
par. 1.13, è possibile far coincidere la scala del termometro a gas con la scala
termodinamica assoluta introdotta da Lord Kelvin.
Poiché il termometro a gas è strumento di laboratorio di delicato impiego, nella
scala internazionale delle temperature sono considerati una serie di punti fissi, i valori
numerici dei quali sono stati determinati una volta per tutte e costituiscono un valido
aiuto nella taratura dei termometri campione; alcuni di questi punti sono i seguenti:
- Punto di ebollizione normale dell'Elio .................................................................4.22 K
- Punto di ebollizione normale dell'Idrogeno .......................................................20.37 K
- Punto di ebollizione normale dell'Azoto ............................................................77.34 K
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- Punto di ebollizione normale dell'Ossigeno .......................................................90.18 K
- Punto di fusione normale del Mercurio.............................................................234.28 K
- Punto triplo dell'Acqua (punto fisso standard) ..................................................273.16 K
- Punto di ebollizione normale dell'Acqua ..........................................................373.15 K
- Punto triplo dell'Acido Benzoico ......................................................................395.51 K
- Punto di fusione normale del Cadmio ...............................................................594.05 K
- Punto di fusione normale dello Zinco ...............................................................692.70 K
- Punto di fusione normale dell'Alluminio...........................................................933.25 K
- Punto di fusione normale del Cobalto .............................................................1765.00 K
- Punto di fusione normale del Platino ..............................................................2042.00 K
1.9 Primo Principio della Termodinamica.
Un'analisi critica delle caratteristiche dei cicli termodinamici fu portata
avanti da Mayer, Joule ed altri scienziati, a partire dagli anni 1840, con l'intento
di spiegare il funzionamento delle macchine termiche a vapore. Vale la pena di
ricordare che, all'epoca, non era affatto chiaro che calore e lavoro fossero due
aspetti sotto i quali si presentava una stessa entità, l'energia. Anzi, il
funzionamento delle prime macchine termiche, nate dall'osservazione
sperimentale delle proprietà elastiche del vapore d'acqua, appariva misterioso e
non era spiegato scientificamente. Furono dunque Mayer e Joule i quali, per
mezzo di osservazioni sperimentali sul funzionamento di queste macchine,
portarono a conclusione una lunga disputa del pensiero scientifico moderno,
riguardante la natura fisica del calore, ed introdussero quei concetti generali che
sono alla base del Primo Principio della Termodinamica.
Si consideri un sistema termodinamico, assoggettato a percorrere un ciclo
chiuso di trasformazioni, nel corso del quale esso scambia calore e lavoro con
l'esterno (vedi fig. 1.7, 1.8). Si constata sperimentalmente che, se durante il ciclo
chiuso il bilancio del calore scambiato è positivo, valendo per convenzione il
segno + nel caso di calore assorbito dal sistema ed il segno - in caso contrario,
allora anche la somma dei lavori scambiati dal sistema con l'esterno è positivo,
valendo, in questo caso, la convenzione di assumere come positivo il lavoro
compiuto dal sistema sull'esterno e negativo quello compiuto dall'esterno sul
sistema. Le circostanze ora enunciate, derivanti dall'esperienza, conducono ad
avanzare l'ipotesi che possa esistere un legame tra gli scambi di calore e quelli di
lavoro, lungo i cicli chiusi; l'ipotesi risulta avvalorata dalle ulteriori esperienze
che appresso si descrivono.
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Fondamenti di termodinamica
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L(+)
Fig. 1.7: convenzione sui segni di
calore e lavoro scambiati da un
sistema.
Q= calore; L= lavoro; Σ=
superficie limite; S= sistema.
Q(+)
S
Σ
P
Fig. 1.8: cicli chiusi diversi.
H1, H2, Hn= stati iniziali.
ciclo 2
Hn
ciclo 1
ciclo 3
H1 ≡ H2
v
Il sistema, inizialmente nello stato H, percorra il ciclo chiuso 1 (vedi fig.
1.8). Si misuri la quantità di calore Q1 e il lavoro L1 scambiati dal sistema
durante il ciclo e quindi si consideri il rapporto Q1/L1 = A1. Si ripeta l'esperienza
facendo percorrere al sistema cicli diversi, purché sempre chiusi, scelti in modo
arbitrario e modificando anche la posizione dello stato iniziale, e si considerino i
rapporti:
Q1
= A1 ;
L1
Q
Q2
= A2 ;.......... n = An
L2
Ln
(1.15)
Si constata che tali rapporti sono poco differenti tra di loro e la differenza è
compresa nei limiti degli errori di misura, cioè:
A1 = A2 = . . . . . = An = A
(1.16)
Se poi si considerano altri sistemi termodinamici, diversi per la natura
chimico - fisica del fluido, per la tipologia costruttiva o per qualsivoglia altro
aspetto, assoggettati anch'essi a percorrere cicli chiusi, si può constatare che il
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Fondamenti di termodinamica
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rapporto Q/L è sempre uguale ad A, qualunque sia la natura del sistema. Queste
esperienze indicano l'esistenza di un legame tra calore e lavoro scambiato: il
lavoro prodotto è legato alla quantità di calore scomparso (e viceversa) e si può
ipotizzare che calore e lavoro siano forme diverse sotto le quali si presenta una
medesima entità, l'energia, e che possano avvenire trasformazioni da una forma
all'altra. Misurando il calore in grandi Calorie e il lavoro in Joule, il rapporto A
definito dalla (1.16) vale 1/4186; ciò significa che per ogni Caloria che
scompare, compaiono 4186 Joule, e viceversa.
Consideriamo adesso un sistema termodinamico che percorre una
trasformazione aperta, passando dallo stato iniziale H allo stato finale K. Il
sistema segua successivamente due percorsi, γ1 e γ2 (vedi fig. 1.9): se si
misurano il calore Q1 e il lavoro L1 scambiati seguendo γ1 e si fa il rapporto
Q1/L1 = R1, ci si accorge che R1 ≠ A. Se poi si ripetono le medesime operazioni
anche per γ2 si trova Q2/L2 = R2, con R2 ≠ R1 ≠ A; cioè i rapporti variano in modo
apparentemente casuale, essendo però legati al tipo di trasformazione seguita.
Conviene allora osservare che, in base alla (1.15), per i cicli chiusi si può
scrivere:
Q - AL = 0
(1.17)
La funzione (Q-AL) ha invece valori diversi da zero se si percorre una
trasformazione aperta fra uno stato iniziale H ed uno finale K; però, se si
considerano i percorsi γ1, γ2, ..... γn diversi fra loro, per andare da H a K e si
calcolano le differenze:
P
Fig. 1.9: trasformazioni diverse fra
due stati H e K.
K
γn
γ1
γ2
H
v
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Fondamenti di termodinamica
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(QHK − ALHK ) = ∆U 1 (lungo γ 1 )
(QHK − ALHK ) = ∆U 2 (lungo γ 2 )
.......................................................
(QHK
− ALHK ) = ∆U n (lungo γ n )
(1.18)
ci si accorge che le differenze ∆Ui differiscono fra loro di una quantità inferiore
all'errore di misura, dunque:
∆U1 = ∆U2 = ......... = ∆Un = ∆U
(1.19)
Si conclude che ∆U dipende soltanto dallo stato iniziale e finale della
trasformazione; ciò significa che l'espressione QHK - ALHK è la differenza fra i
valori assunti da una grandezza di stato, di tipo estensivo, alla quale viene
attribuito il nome di energia interna; cioè:
QHK - ALHK= UK - UH
(1.20)
Si conclude che la differenza tra il calore e il lavoro scambiati nel passaggio
fra due stati prefissati non dipende dalla trasformazione seguita ed è uguale
alla variazione di energia interna fra i due stati (Primo Principio della
Termodinamica). Con riferimento ai valori specifici dell’energia interna ed
esprimendo calore e lavoro in unità omogenee, la (1.20) diventa:
QHK - LHK = uK - uH
(1.21)
Le (1.20, 21) sono le formulazioni analitiche del Primo Principio della
Termodinamica. Si noti che non si è definita l'energia interna, bensì una sua
variazione fra due stati prefissati; perciò non si è in grado di definire il valore
assoluto dell'energia interna, come si fa per altre grandezze di stato, quali
pressione e volume. Per associare un valore numerico all'energia interna, si deve
individuare uno stato di riferimento, per mezzo dei valori assunti da altre
grandezze di stato; fissato arbitrariamente il valore numerico di U nello stato di
riferimento, si può calcolare l'energia interna in qualsiasi altro stato
termodinamico del sistema.
Si sottolinea che la (1.20) non contiene alcuna ipotesi circa la natura della
trasformazione seguita; in particolare, essa vale sia per trasformazioni ideali che
reali. La (1.20) mette in evidenza come calore e lavoro non siano grandezze di
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