Appunti di Metodologia della ricerca sociale

Università di Pisa
Facoltà di Scienze Politiche
Dipartimento di Scienze sociali
Corso di Metodologia e tecnica della ricerca sociale
Appunti di Metodologia della
ricerca sociale
ALFREDO GIVIGLIANO
STEFANIA MILELLA
STEFANIA BRUNETTI
Anno Accademico 2000-2001
SERVIZIO EDITORIALE UNIVERSITARIO - PISA
Capitolo I
Logica: Teorema di Gödel e Logica Fuzzy
A. GIVIGLIANO
2
“[…] La necessità di un nuovo paradigma logico emerge, in primo luogo, da
campi come l’informatica, l’intelligenza artificiale, la scienza cognitiva, la linguistica,
la sociologia, l’economia che si imbattono continuamente in problemi come: in termini
di quali strutture dei dati si deve analizzare la realtà? E come si possono utilizzare tali
dati per ottenere un sistema di conoscenze adeguato rispetto alla realtà. La logica
matematica risolve il primo problema assumendo che tutte le conoscenze debbano
essere espresse nel linguaggio della logica dei predicati, e il secondo assumendo che
ogni sistema di conoscenze debba essere organizzato sotto forma di un sistema
assiomatico. Ma si tratta di soluzioni innaturali, goffe, contorte, insufficienti e in ultima
analisi fallimentari. Per trovarne di più soddisfacenti occorre un nuovo paradigma
logico.”1.
Quale potrebbe essere questo nuovo paradigma logico? Le istanze provenienti
dalle discipline sopra citate, sono realmente tanto problematiche nei confronti della
logica che per tutto il ventesimo secolo è sembrata essere la linea direttrice unica ed
insostituibile di ogni processo cognitivo e conoscitivo? Quali possibili difese ha questa
costruzione, che sembrava tanto potente ed inattaccabile, contro i presunti attacchi
dovuti alle esigenze di campi del sapere che spesso non vengono considerati scientifici
in senso forte?
Le cosiddette scienze sociali per lungo tempo hanno sviluppato un aspro
dibattito interno sulla loro effettiva scientificità (sotto diversi aspetti è un processo
tuttora in fieri), sulla possibilità concreta di approntare e realizzare tutta una serie di
metodi e tecniche, all’interno di quadri metodologici perfettamente strutturati, che non
le sminuissero nei confronti delle scienze hard, che permettessero di raggiungere
risultati ‘veri’, ‘reali’, ‘scientifici’. Tutto questo ha avuto come cornice, come
architettura generale di riferimento, la cosiddetta Logica Classica, la sua ricerca della
certezza, di metodi ed inferenze assolutamente validi sono stati i punti fermi di tutta una
serie di sviluppi teorici e paradigmatici; nello stesso tempo i suoi strumenti di calcolo
hanno rappresentato la falsa riga da seguire per la costruzione di tecniche che
permettessero di rilevare (raramente costruire) dati trattabili con gli strumenti ormai
sempre più perfezionati ed affidabili messi a disposizione dalle scienze matematiche. La
potenza del calcolo dei predicati e la sicurezza delle costruzioni assiomatiche hanno
rappresentato un comodo parafulmine per discipline tanto giovani che cercavano di
1
C. CELLUCCI, Le ragioni della logica, Laterza, Roma-Bari 1998, p. XXI.
3
ritagliarsi un loro spazio di credibilità e riconoscimenti di autentica ‘appartenenza’
all’universo scienza.
È emersa, così, la duplice posizione della logica nei confronti della metodologia
della ricerca scientifica (in generale e delle scienze sociali in particolare per quanto ci
riguarda), da una parte architettura generale di riferimento, dall’altra strumento per la
costruzione di tecniche di indagine ed analisi. Si struttura così una situazione nella
quale da padrone la fanno ancora i sistemi assiomatici e le loro specificazioni teoriche e
procedurali-euristiche. Sistemi assiomatici rigidi, all’interno dei quali non si può che
ottenere certezza e verità, secondo i dettami dei tre principi cardine della Logica
Classica:
1. Principio di Identità
2. Principio di non contraddizione
3. Principio del terzo escluso
Sistemi assiomatici che impongono una formalizzazione totale, al di fuori della
quale non è data possibilità conoscitiva, se non nei termini del senso comune e della
banalità del non scientifico. Questo processo di formalizzazione si struttura nel modo
seguente:
1. individuazione di un vocabolario per tutte le componenti dell’universo
del discorso (termini singolari, connettivi, quantificatori, etc.).
2. costruzione di regole di buona formazione che danno come risultato
‘formule ben formate’, le quali non possono che essere ‘vere’ o ‘false’,
secondo i criteri di costruzione binaria di G. Boole e G. Frege e la loro
corrispondenza con una realtà esterna data come ontologicamente
esistente di per se stessa.
3. costruzione di regole di trasformazione per mezzo delle quali costruire
‘formule ben formate’ da altre ‘formule ben formate’.
4. scelta all’interno dell’elenco delle ‘formule ben formate’ di un gruppo di
proposizioni da assumere come assiomi dell’intero sistema. Assiomi che
permettono la derivazione (non la dimostrazione) di tutte le altre
proposizioni.
4
Così imbrigliato ogni processo cognitivo e conoscitivo sovraimpone a ciò che è
la costruzione della realtà schemi interpretativi, rappresentazionali o referenziali, che in
luogo di una adeguata assunzione dell’informazione proveniente dai flussi di
interazione tra il ricercatore e l’oggetto operano una selezione parzializzante e spesso
estremamente mutilante. Il dato non viene ad essere colto nella sua interezza, ma
secondo modalità classificatorie che rimandano a categorie rigide, mutuamente
escludentisi, con pretese di oggettività assoluta e totale corrispondenza con la realtà.
Proprio questa ricerca della certezza e della verità assolute è stata la causa della
crisi della Logica Classica. Nel momento in cui i logici ed i matematici, seguendo i
dettami D. Hilbert, producevano il loro sforzo maggiore per la costruzione di un sistema
totalmente coerente e privo di possibili oasi di vaghezza il sogno è crollato. Una serie di
teoremi ha minato le fondamenta di quella che doveva essere l’eminenza grigia di ogni
singola disciplina scientifica, nel duplice rapporto di cui si è discusso in precedenza.
Entra in crisi il concetto di verità assoluta, verità come corrispondenza: “[…]
Teorema di indefinibilità della verità di Tarski. Per ogni sistema formale adeguato S,
l’insieme di tutti gli enunciati veri di S non è definibile in S. Dunque il concetto di
verità matematica per S non può essere espresso in S. Ne segue che non può esistere
alcun sistema formale adeguato S in cui si possano esprimere tutti i concetti matematici.
Infatti, se un tale sistema S esistesse, il concetto di enunciato vero di S dovrebbe essere
esprimibile in S, il che è impossibile. Ciò confuta l’assunzione di Hilbert che possa
esistere un linguaggio formale in cui tutta la matematica nel senso comune sia
rigorosamente formalizzabile.”2. Una prima notazione riguarda il riferimento esplicito
alla matematica come semplice caso particolare di ogni sistema formale, il senso di
questa affermazione sarà esplicitato in seguito nel momento in cui verrà analizzato il
processo della gödelizzazione. Un’ulteriore aspetto da sottolineare consiste nella messa
in discussione della coerenza interna semantica di ogni singolo sistema concettuale.
Sintatticamente la questione viene a caratterizzarsi nella forma del primo dei due
teoremi di K. Gödel che può essere espresso nei termini seguenti: “[…] Primo teorema
di incompletezza di Gödel. Ogni sistema formale adeguato S è incompleto, cioè esiste
un enunciato A di S, in effetti un enunciato aritmetico di tipo molto elementare, che non
è né dimostrabile né refutabile in S e tuttavia è vero. La verità di A discende dal fatto
che A è un enunciato che esprime la propria indimostrabilità in S. Questo risultato
2
C. CELLUCCI, Le ragioni della logica, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 236.
5
mostra che il concetto di verità matematica non è esaurito da alcun sistema formale
adeguato S per un dato campo della matematica, quindi stabilisce l’inadeguatezza di S
rispetto alla verità matematica. Ciò confuta l’assunzione di Hilbert che, per una data
scienza, si possa sempre formulare un sistema di assiomi contenente una descrizione
precisa e completa delle relazioni che sussistono tra i concetti elementari di quella
scienza.”3. Generalizzando il quale si ha come risultato il “[…] Secondo teorema di
incompletezza di Gödel. Per ogni sistema formale adeguato S, l’enunciato CoerS che
esprime in modo naturale la coerenza di S non è dimostrabile in S. Quindi, anche se S è
coerente, la sua coerenza non può essere stabilita in S. Per stabilirla si dovrebbe
ricorrere a un sistema formale S’ più potente di S, la cui coerenza a sua volta non
potrebbe essere stabilita in S’ ma solo in un sistema formale S’’ più potente di S’, e così
via all’infinito. Questo risultato mostra che la coerenza di S (una sua fondamentale
proprietà metasistemica) non può essere dimostrata in S, quindi stabilisce
l’inadeguatezza di S rispetto alla verità metasistemica. Ciò confuta l’assunzione di
Hilbert che si possa dimostrare la coerenza di S usando solo i metodi assolutamente
sicuri dell’aritmetica finitaria: se S è una delle teorie fondamentali della matematica
(aritmetica, analisi), allora l’aritmetica finitaria è contenuta in S.”4. Gödel non solo ha
dimostrato che la matematica è incompleta, ma che lo è ‘essenzialemente’.
Aggiungendo un assioma a qualsiasi sistema formale in modo tale da eliminare la
contraddizione che viene a prodursi a causa del primo risultato, non si costruisce altro
che un nuovo sistema formale all’interno del quale è comunque possibile costruire
l’enunciato A’ che fa entrare in crisi il sistema.
Ulteriore conseguenza riguarda la teoria della computabilità nelle vesti del “[…]
Teorema di indecidibilità di Church-Rosser. Ogni sistema formale adeguato S è
indecidibile, cioè non esiste alcun algoritmo che permetta di stabilire in un numero
finito di passi, per ogni enunciato A di S, se A sia o non sia dimostrabile in S. […]
Come è stato dimostrato da Church, non esiste alcun procedimento che permetta di
stabilire per ogni enunciato A, se A sia o non sia una verità logica.”5.
Verità, certezza, completezza, coerenza tutti concetti che questi teoremi
sottopongono ad una prova durissima e che da una posizione privilegiata all’interno
della costruzione della Logica Classica si vengono a trovare in una situazione di nuova
3
C. CELLUCCI, Le ragioni della logica, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 236.
C. CELLUCCI, Le ragioni della logica, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 236.
5
C. CELLUCCI, Le ragioni della logica, Laterza, Roma-Bari 1998, pp. 236-237.
4
6
problematizzazione e messa in discussione. Il tipo di insiemi sui quali si basa la
classificazione dicotomica, gli insiemi di Cantor, sono costruzioni estensionali, in ogni
caso è sempre e comunque possibile stabilire se un oggetto sia all’interno o all’esterno
di un insieme, ne faccia parte o meno. Sono insiemi che danno certezza, che fanno
diventare la realtà un qualcosa di completo, comunque divisibile in parti e la somma di
queste parti restituisce un tutto che corrisponde perfettamente a ciò che è il mondo.
Proprio questi insiemi costituiscono lo schema sul quale vengono anche costruite le
categorie conoscitive e cognitive dello scienziato, ed allo stesso tempo, i criteri e le
modalità di inserimento di un oggetto all’interno di un raggruppamento. Con Gödel
l’estensionalità entra in un tunnel dal quale solo i logici non la hanno voluto far uscire,
nelle parole di Cellucci per non levare la testa da sotto la sabbia.
Anche se espressi in relazione alla matematica, questi teoremi riguardano ogni
possibile insieme concettuale chiuso.
Il come lo mostra lo stesso K. Gödel nella costruzione della sua dimostrazione
di incompletezza del 1931. Spostandosi su più livelli e non più agendo all’interno dello
stesso spazio concettuale evidenzia come “[…] Per considerazioni metamatematiche, è
ovvio che non interessa quali oggetti vengano scelti come segni primitivi, e noi
decidiamo di impiegare a questo scopo numeri naturali.”6. Questo perché il proposito
iniziale del logico austriaco non è quello di demolire l’impianto di Hilbert, ma di dargli
il massimo possibile del rigore e della affidabilità scientifica, di renderlo una certezza al
di la di ogni possibile infiltrazione di vaghezza e contraddizione. Costruisce in tal modo
un isomorfismo tra il meta livello cognitivo e il mondo della aritmetica, “[…] I concetti
(proposizioni) metamatematici divengono in tal modo concetti (proposizioni) sui
numeri naturali e su loro successioni9 e questi possono essere (almeno in parte) espressi
con i segni del loro stesso sistema PM.”7 (vedremo in seguito che una tale operazione è
possibile per ogni sistema concettuale chiuso, in ragione della sua stessa definizione
6
K. GÖDEL, Proposizioni formalmente indecidibili dei “Principia Mathematica” e di sistemi affini I, in
Opere. Vol. I 1929-1936, (trad. it.) Bollati Boringhieri, Torino 1999, p. 114 In nota rende esplicito il
vocabolario del suo sistema formale derivato “[…] Cioè rappresentiamo i segni primitivi in modo
biunivoco su numeri naturali.” K. GÖDEL, Proposizioni formalmente indecidibili dei “Principia
Mathematica” e di sistemi affini I, in Opere. Vol. I 1929-1936, (trad. it.) Bollati Boringhieri, Torino
1999, p. 114, nota 8.
7
Proseguendo nella nota 9 lo esplicita lui stesso “[…] In altre parole la procedura qui descritta fornisce
un’immagine isomorfa del sistema PM nel dominio dell’aritmetica e tutte le argomentazioni
metamatematiche possono essere sviluppate altrettanto bene in questa immagine isomorfa. Questo è ciò
che faremo nell’abbozzo della seguente dimostrazione, cioè con “formula”, “variabile” e così via
dobbiamo sempre intendere degli oggetti corrispondenti nell’immagine isomorfa.” K. GÖDEL,
7
!
strutturale). Gödel inizia a costruire in tal modo quel processo di associazione di un
codice ad ogni termine del vocabolario di un sistema formale, strumento che prenderà il
nome di gödelizzazione ed il codice il nome di numero di gödel dell’oggetto associato.
Processo che risulta essere l’estremo tentativo di formalizzazione di un sistema, in
quanto riducendo a numeri naturali le componenti del sistema, quindi, ad operazioni
all’interno di questo insieme (opportunamente assiomatizzato da Dedekind e Peano) le
operazioni tra gli oggetti del sistema, la certezza è garantita.
Vengono quindi introdotte le cosiddette funzioni ricorsive in modo tale da non
dovere attingere ad altro che ad oggetti dell’insieme dei numeri naturali. La
dimostrazione deve essere esclusivamente nei termini degli oggetti del dominio scelto
come isomorfo al metalivello, in quanto, se così non fosse, la pretesa di completezza
cadrebbe (questo nelle intenzioni originarie di Gödel). “[…] una funzione numerica25
!"#$%!#&%'%!#() si dice )*+,(,-.!/,01/2,3.4*(-*!).55*!funzioni numeriche "!"#$%!#&%'%!#(6$) e
!!"#$%!#&%'%!#(7$) se per ogni #$%!#&%'%!#(%826 vale
!"9%!#&%'%!#() = "!"#&%'%!#(),
!"87$%!#&%'%!#() = !!"8%!!"8%!#&%'%!#()%!#&%'%!#()
(2)
Una funzione numerica ! si dice /,01/2,3. se esiste una successione finita di funzioni
numeriche !$%!!&%'%!!(% che termina con ! e ha la proprietà che ogni funzione !8 della
successione è definita ricorsivamente da due funzioni che la precedono, o è ottenuta per
sostituzione27 sempre da funzioni che la precedono, o infine è una costante o la funzione
successore #+1. La lunghezza della più breve successione di !, che determina la
funzione ricorsiva ! è detta il suo :/.)1. Una relazione fra numeri naturali ;"#$%'%!#() si
dice /,01/2,3.28 se esiste una funzione ricorsiva !"#$%'%!#() tale che per ogni #$%!#&%'%!#(,
;"#$%'%!#() ~ [!"#$%'%!#() = 0]”8
Nelle note corrispondenti Gödel esplicita ulteriormente l’impianto e la struttura di
queste funzioni che rientrano tra le /*:15*! ),! -/.2+1/4.<,1(* del processo di
formalizzazione di un sistema assiomatico: “[…]
25
Il cui dominio di definizione è,
quindi, la classe degli interi non negativi (o delle (6=>5* di interi non negativi) e i cui
valori sono interi non negativi.
26
In ciò che segue, le lettere minuscole corsive (con o
senza indici) indicheranno sempre variabili per interi non negativi (a meno che non sia
specificato il contrario). 27 Per essere più precisi: mediante sostituzione di funzioni che
?/1>12,<,1(,!+1/4.54*(-*!,()*0,),@,5,!)*,!A?/,(0,>,.!B.-C*4.-,0.D!*!),!2,2-*4,!.++,(,!E, in!F>*/*G!H15G!E!
$I&I6$IJK, (trad. it.) Bollati Boringhieri, Torino 1999, p. 114.
8
la precedono al posto degli argomenti di una delle funzioni che la precedono, per
esempio, !k(x1, x2) = !p[!q(x1, x2), !r(x2)] (p, q, r < k). Non è richiesto che nel lato destro
compaiano tutte le variabili che occorrono nel lato sinistro (lo stesso vale anche per lo
schema di ricorsione (2)). 28 Consideriamo le classi come casi particolari delle relazioni
(a un posto). Le relazioni ricorsive R hanno ovviamente la proprietà che per ogni data nupla di numeri si può decidere se valga o meno R(x1,…, xn).”9. Quindi enuncia un
teorema che riguarda la applicabilità dei connettivi logici alle relazioni “[…] II. Se R e S
sono relazioni ricorsive, lo stesso vale per!R e R"S (e quindi anche R&S).”10 in funzione
della considerazione sulla natura dei connettivi secondo la quale “[…] I Teoremi II e III
sono conseguenze del fatto che i concetti logici !,", = corrispondenti alle funzioni
numeriche
"(x),
#(x),
$(x)
precisamente
"(0) = 1, "(x) = 0 per x % 0
#(0, x) = #(x, 0) = 0, #(x, y) = 1 se x, y sono entrambe % 0
$(x, y) = 0 se x = y, $(x, y) = 1 se x % y
sono, come si può facilmente notare, ricorsivi.”11 È interessante notare come, per
quanto riguarda il connettivo della negazione, la formalizzazione di Gödel sia
interpretabile come il contrario di quella di Boole.
A questo punto Gödel ha a disposizione tutto ciò che gli serve per la costruzione
della sua proposizione indecidibile “[…] Costruiremo allora, nel modo che segue, una
proposizione indecidibile nel sistema PM, cioè una proposizione A tale che né A né
non-A risultano dimostrabili.”12 Tutto il ragionamento nel suo insieme si può
riassumere per una maggiore comprensibilità in 5 passi: 1) Gödel mostrò, per mezzo
della gödelizzazione, possibilità e modalità di costruzione di una formula aritmetica G
per la proposizione metamatematica ‘la formula G non è dimostrabile’ che afferma la
propria non dimostrabilità: G viene associata ad un certo numero h e costruita
8
K. GÖDEL, Proposizioni formalmente indecidibili dei “Principia Mathematica” e di sistemi affini I,
Opere. Vol. I 1929-1936, (trad. it.) Bollati Boringhieri, Torino 1999, p. 120
9
K. GÖDEL, Proposizioni formalmente indecidibili dei “Principia Mathematica” e di sistemi affini I,
Opere. Vol. I 1929-1936, (trad. it.) Bollati Boringhieri, Torino 1999, p. 120
10
K. GÖDEL, Proposizioni formalmente indecidibili dei “Principia Mathematica” e di sistemi affini I,
Opere. Vol. I 1929-1936, (trad. it.) Bollati Boringhieri, Torino 1999, p. 120
11
K. GÖDEL, Proposizioni formalmente indecidibili dei “Principia Mathematica” e di sistemi affini I,
Opere. Vol. I 1929-1936, (trad. it.) Bollati Boringhieri, Torino 1999, p. 121.
12
K. GÖDEL, Proposizioni formalmente indecidibili dei “Principia Mathematica” e di sistemi affini I,
Opere. Vol. I 1929-1936, (trad. it.) Bollati Boringhieri, Torino, 1999, p. 114.
9
in
in
in
in
in
diagonalmente in modo da corrispondere alla proposizione ‘la formula con il numero h
associato ad essa non è dimostrabile’; 2) G è dimostrabile se e solo se lo è anche la sua
negazione formale ~G, quindi il calcolo aritmetico risulta contraddittorio. Mantenendo
la coerenza del calcolo allora né G né ~G possono essere dedotti formalmente dagli
assiomi dell’aritmetica; 3) Gödel fece notare che nonostante la formula G non sia
formalmente dimostrabile è tuttavia vera, afferma infatti che una certa proprietà
aritmetica posseduta da un intero può essere esattamente definita e posseduta da un
qualsiasi intero dato; 4) gli assiomi dell’aritmetica risultano quindi essere incompleti a
causa della contemporanea verità e indimostrabilità di G, da loro non è possibile
ricavare tutte le verità aritmetiche, non solo, “[…] Gödel dimostrò che l’aritmetica è
essenzialmente incompleta: anche se si supponessero altri assiomi aggiuntivi, tali da
permettere la formale deduzione della formula vera G dall’insieme più ampio, si
potrebbe costruire un’altra formula vera ma formalmente indecidibile.”13; 5) infine
descrisse come costruire una formula aritmetica A per rappresentare la proposizione
metamatematica ‘l’aritmetica è coerente’ e dimostrando che la formula A ! G è
formalmente dimostrabile concluse che non si può stabilire dall’interno, con argomenti
rappresentabili nel calcolo aritmetico formale, la coerenza dell’aritmetica stessa.
In modo informale la dimostrazione può essere data nel modo seguente:
assumendo che l’insieme delle proposizioni dimostrabili sia un sottoinsieme di quelle
vere la proposizione G: “G non è dimostrabile” è una proposizione indecidibile. Di essa
non si può affermare né che sia dimostrabile né che sia non-dimostrabile, sebbene vera.
Tale proposizione è costruita attraverso il processo di diagonalizzazione di Cantor, il
secondo degli strumenti di cui si avvale Gödel per restare dentro i confini del dominio
dell’aritmetica, quindi, con una strategia volta alla ricerca della coerenza e della
completezza assolute. Tale procedimento permette di costruire un elemento che
formalmente appartiene ad un insieme, ma che nello stesso tempo non è ricompreso
nell’elenco degli elementi del sistema.
Il teorema di Gödel del 1931 dimostra la incompletezza della matematica
attraverso un suo isomorfismo sull’aritmetica. Dimostrazione questa che impone di
riconsiderare la concezione di Frege della completezza. Concezione che può essere
riassunta nel seguente modo. Frege per completezza intende: “[…] Completezza in
senso empirico. Un sistema concettuale chiuso si dice completo in senso empirico
13
E. NAGEL - GEL CINEWMAN, La prova di Gödel, (trad.it.) Bollati Boringhieri, Torino 19922., p. 94.
10
quando permette di dimostrare tutti i risultati noti del campo della matematica
corrispondente. Questa è la nozione di completezza di Frege. Che un sistema sia
completo in questo senso non esclude che in futuro si possano trovare nuovi risultati
matematici non dimostrabili in esso, ma ciò per Frege non sarebbe sconvolgente,
significherebbe soltanto che dobbiamo demolire il sistema e costruirne un altro. Noi
possiamo andare avanti con l’ideografia finché risulta adeguata, ma se incontriamo
qualche verità aritmetica, cioè logica, non dimostrabile in essa, allora dobbiamo
chiederci «se ci siamo imbattuti in una verità che proviene da una fonte conoscitiva non
logica, se si deve ammettere un nuovo modo di inferenza, o se forse il passo proposto
non dovrebbe essere compiuto affatto». Se ci convinciamo che tale verità proviene dalla
fonte conoscitiva logica ed è stata ottenuta con un passo legittimo, allora il sistema
dell’ideografia deve essere demolito e sostituito con un altro.”14. Soluzione questa, di
demolire il sistema assiomatico della Logica Classica e di costruirne uno differente che
non è stata operata dai logici per tutto il XX secolo.
Anche la concezione di Hilbert della completezza, tuttavia, entra in crisi per
mezzo del primo, ma, soprattutto, del secondo teorema di incompletezza. Questa
seconda concezione può essere identificata come: “[…] Completezza in senso
metasistemico. Un sistema concettuale chiuso si dice completo in senso metasistemico
se permette di dimostrare non solo tutti i risultati noti, ma tutti i risultati possibili nel
campo della matematica corrispondente. Questa è la nozione di completezza di Hilbert.
A suo parere, la completezza in senso empirico è inadeguata perché permette solo di
«affermare su base empirica che in tutte le applicazioni questo sistema di assiomi ha
sempre avuto successo». Ciò non fornisce alcuna prova conclusiva dell’adeguatezza
degli assiomi. Perciò la nozione di completezza in senso empirico è insoddisfacente e
dev’essere rimpiazzata con quella di completezza in senso metasistemico. Più
precisamente, secondo Hilbert, la completezza deve essere intesa nel senso forte che un
sistema è completo quando, aggiungendogli come assioma un enunciato non
dimostrabile in esso, si ottiene un sistema incoerente.”15. Utile, in relazione al primo dei
teoremi presentati, quello di A. Tarski, risulta notare come “[…] Tarski sembra usare
una nozione differente di completezza perché chiama completo un sistema formale
quando ogni suo enunciato «può essere dimostrato o refutato in esso». Ma questa
14
15
C. CELLUCCI, Le ragioni della logica, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 211.
C. CELLUCCI, Le ragioni della logica, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 212.
11
nozione di completezza è equivalente a quella di Hilbert.”16. Non solo, quindi, tutti gli
enunciati già dimostrati dal sistema, ma tutte le possibili proposizioni costruibili e
derivabili dagli assiomi devono essere prese in considerazione.
Il perché sia così importante la messa in discussione della “concezione
empirica” e di quella “metasistemica” della completezza riguarda, in maniera
assolutamente non secondaria o derivata, la relazione che si ha tra realtà e verità.
Entrambe per quanto riguarda sia la coerenza interna del sistema, sia la coerenza
esterna: la non contraddizione di due enunciati tra di loro; la non contraddizione tra il
contenuto significativo di un enunciato ed il corrispondente evento nella realtà. Infatti
“[…] Il secondo teorema di incompletezza di Gödel implica che non in ogni
dimostrazione in S di un enunciato reale si possono rimpiazzare tutti gli enunciati ideali
con enunciati reali, trasformando tutte le formule critiche in formule vere. Questo
significa che, usando enunciati ideali, si possono dimostrare in S enunciati reali non
dimostrabili nell’aritmetica finitaria. Per la nozione di verità ciò ha un’importante
conseguenza: poiché non in ogni dimostrazione in S di un enunciato reale si possono
rimpiazzare tutti gli enunciati ideali con enunciati reali, trasformando tutte le formule
critiche in formule vere, ne segue che in generale la dimostrabilità di un enunciato reale
nel sistema S non è una condizione sufficiente per la sua verità.”17
Relazione questa tra verità e realtà ulteriormente resa problematica da un’analisi
più approfondita delle caratteristiche dell’Ideografia fregeana, caratteristiche che
chiariscono il modo e le determinazioni della sua messa in discussione (come per altro
di ogni altro sistema formale) da parte del primo teorema di Gödel. Le caratteristiche
che si intendono prendere in considerazione riguardano la relazione tra l’ideografia e
l’epistemologia ed il carattere totalizzante della prima nei confronti della analisi della
realtà e della realtà stessa. “[…] L’ideografia ha uno stretto legame con
l’epistemologia. Che nelle inferenze dell’ideografia possano occorrere solo proposizioni
vere è necessario per il fatto che vi è uno stretto legame tra logica ed epistemologia. La
logica ha il compito di giustificare le verità della matematica. Ora, giustificare una
verità vuol dire mettere in luce su che cosa essa si fonda, e il suo fondamento può
essere duplice. In primo luogo, tale fondamento può consistere in una fonte conoscitiva
non inferenziale. Per esempio, la fonte conoscitiva della geometria è l’intuizione a
priori dello spazio, quella dell’aritmetica è l’intuizione intellettuale. Scoprire le fonti
16
C. CELLUCCI, Le ragioni della logica, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 212.
12
conoscitive non inferenziali e chiarirne la natura è «il compito dell’epistemologia». In
secondo luogo, il fondamento di una verità può consistere nell’inferenza logica, cioè
nella deduzione da altre verità già dimostrate. Per questo suo stretto legame con
l’epistemologia, la logica viene usata propriamente solo quando si inferiscono verità da
altre verità, mentre quando si traggono inferenze da ipotesi la cui verità è sconosciuta, o
che si sa essere false, se ne fa un uso improprio e cattivo. Se la logica deve servire a
giustificare e fondare verità già note eliminando ogni dubbio sulla loro validità, essa
deve mostrare che i risultati matematici sono certi perché sono inferiti logicamente da
premesse riconosciute come vere, e le inferenze da premesse false non possono servire
allo scopo.”18. Questa caratterizzazione della verità e della logica, in relazione alle
conclusioni di Gödel, è precisamente quella che ha portato alla messa in discussione di
tutto un approccio epistemologico basato sulla ricerca della certezza assoluta, della
validità indiscutibile di ogni asserto scientifico. Di conseguenza viene a trovarsi in una
posizione difficile da sostenere, nei termini della logica classica stessa, anche la
seconda delle caratteristiche quella secondo cui “[…] L’ideografia ha un carattere
totalizzante. Poiché tutto ciò che può essere detto deve poter essere detto nel sistema e
nulla può essere detto fuori dal sistema, l’ideografia è tutto. Questo suo carattere
totalizzante è detto da Sheffer la sua «condizione logocentrica». Esso è ben colto da
Wittgenstein quando afferma che «la logica riempie il mondo; i limiti del mondo sono
anche i suoi limiti». Ma se la logica riempie il mondo, questa significa che è
dappertutto, perciò non si può dire nella logica che una certa cosa esiste nel mondo
mentre un’altra no, «altrimenti la logica deve fuoriuscire dai limiti del mondo: solo in
questo modo si potrebbero considerare questi limiti anche dall’altro lato». Poiché non si
può fuoriuscire dai limiti del mondo, non si può fuoriuscire neppure da quelli della
logica. Essa non può essere giudicata né corretta dall’esterno, dunque «in un certo senso
nella logica non possiamo errare». In questo modo Wittgenstein rende pienamente
esplicite tutte le implicazioni implicite dell’ideografia di Frege.”19. Ovviamente in
questo contesto per logica si intende la Logica Classica.
Sullo sfondo la Logica Classica, le sue assunzioni, le sue ricerche di verità e
certezza, di validità assoluta e di convinzione di essere l’unica in grado di dettare le
17
C. CELLUCCI, Le ragioni della logica, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 251.
C. CELLUCCI, Le ragioni della logica, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 206.
19
C. CELLUCCI, Le ragioni della logica, Laterza, Roma-Bari 1998, p. 207
18
13
linee guida per la ricerca scientifica e la strutturazione stessa della scienza. Tra le righe
emerge, tuttavia, una ben precisa linea epistemologica, per quanto riguarda la
caratterizzazione dei fenomeni, che seguendo i dettami di questo tipo di logica descrive
ogni possibile evento in termini di una causalità di tipo lineare, in accordo con la quale
un effetto è sempre e comunque proporzionale alla sua causa ed in presenza dello stesso
effetto si parte sempre e comunque dalla stessa causa. Le condizioni di necessità e
sufficienza sembrano farla da padrone nella caratterizzazione dei fenomeni delle
scienze sociali che sulla scia di quelle naturali si affidano alla legge del ‘se… allora…’
come codificato dalla Logica Classica (ed eventualmente dalle sue specificazioni
modali, temporali, deontiche, etc. ma tutte con una caratterizzazione rigidamente
estensionale degli insiemi). Si sono avute differenti costruzioni teoriche riguardanti la
causalità, ciò che si deve evidenziare in questa sede riguarda una particolare
determinazione del problema basato su cause ed effetti, all’interno di uno schema
cognitivo-interpretativo che pone in primo piano quelle che sono l’oggetto stesso delle
scienze sociali, le relazioni tra individui, quindi, le relazioni che sono alla base dei
fenomeni sociali, che li strutturano, gli danno forma e significato.
Diventa quindi problematica la stessa nozione di evento, nozione che ha sempre,
comunque, caratterizzato nelle sue differenti specificazioni, diversi modi di affrontare
ed analizzare il problema della causalità. Una delle esigenze fondamentali dell’analisi
delle relazioni sociali riguarda la loro dimensione temporale, l’avvenire e/o lo svolgersi
di eventi all’interno (anche) di una dimensione temporale. Il problema della temporalità
riguarda sia la concezione di ‘evento’ del ricercatore, sia il suo modo di entrare in
contatto con un mondo soggetto al fluire di istanti. Il dilemma storico delle scienze
sociali da un punto di vista metodologico tra spiegazione e comprensione trova in questi
problemi ulteriore campo di sviluppo. Infatti, nel tentativo di inserire una temporalità
all’interno della definizione di evento, ma tentando di salvare una scientificità dovuta
agli aspetti nomologici della conoscenza scientifica una posizione interessante, da
discutere, risulta essere la seguente “[…] La nozione di evento di Kim è infatti
strettamente connessa con la nozione di spiegazione (una connessione che fornisce a
Kim la principale motivazione per sviluppare la sua teoria). Secondo Kim (1969, pp.
199 ss.), una spiegazione riguarda sia proposizioni, perché ciò che spiega deve
implicare deduttivamente ciò che è spiegato, sia eventi, come quando vogliamo per
esempio spiegare perché un edificio è crollato. La connessione tra i due aspetti è data
dal fatto che, secondo Kim, quando qualcosa (chiamiamolo “X”) spiega la verità di una
14
proposizione, esiste une evento che è ciò cui si “riferisce” la proposizione e che viene
spiegato anch’esso da X. La proposizione da spiegare attribuisce comunemente una
proprietà
a
un
oggetto,
cosicché
un
evento
può
essere
definito
come
un’esemplificazione di una proprietà da parte di un oggetto a un certo istante8. Se un
evento allora consiste in una tripla consistente di un oggetto, una proprietà e un istante,
nell’esempio precedente le due descrizioni individuerebbero eventi diversi dal momento
che esse coinvolgono proprietà diverse.”20. L’esempio in questione riguarda la
differenza tra le due descrizioni
1. A B ha attentato alla vita di Adolf Hitler
2. uno studente ha lasciato una valigetta contenente dell’esplosivo vicino ad
Adolf Hitler
Per salvaguardare l’inserimento della clausola temporale Kim porta alle estreme
conseguenze la concezione estensionale degli insiemi. Nel momento in cui si afferma
che un evento è identificato da una tripla formata da un oggetto, una proprietà, un
istante, si arriva alla conclusione che non possono esistere due eventi uguali, in altri
termini propone una visione essenzialista, la quale non tiene conto nella maniera dovuta
(anche per le limitazioni dovute alla costruzione della Logica Classica all’interno della
quale questa proposta prende vita) del dato e del contenuto informativo che una
particolare situazione propone a che intende analizzarla.
Non solo, ma “[…] una rappresentazione intuitiva di evento come di un
particolare concreto localizzato nello spazio e nel tempo deve tuttavia affrontare svariati
problemi, come quello della costruzione di eventi complessi: se sono infatti considerati
semplici degli eventi come l’accensione di un lampione o il rompersi di un vetro, non è
immediatamente chiaro quale sia il particolare concreto localizzato nello spazio e nel
tempo e corrispondente all’evento complesso dato, per esempio dalla congiunzione
(qualunque cosa ciò significhi) dell’accendersi del lampione e dell’infrangersi del
vetro.”21. Inserire una clausola temporale non può che essere un’operazione
fondamentale all’interno di una causalità integrata in una metodologia della ricerca che
ha come oggetto principe situazioni in continuo e costante mutamento (le relazioni
20
F. LAUDISA, Causalità, Carocci, Roma 1999, p. 22. In nota precisa che “8 La clausola temporale deve
garantire l’identificazione univoca degli eventi.”.
21
F. LAUDISA, Causalità, Carocci, Roma 1999, p. 23
15
sociali), tuttavia, la proposta di Kim deve essere ulteriormente precisata, anche perché,
nel momento in cui si mettono in relazione eventi e proposizioni, si tralascia forse di
analizzare ciò che è un ‘fatto’. Mancanza decisamente preoccupante dal momento che
le discipline all’interno delle quali si sviluppano le nostre considerazioni hanno
consolidato tutta una serie di strumenti di analisi basati su una causalità di tipo
probabilistico ed un’analisi di ciò che è un fatto ci porta a notare come “[…] I fatti
hanno una naturale interpretazione proposizionale, sono cioè normalmente concepiti
come equivalenti a proposizioni, e possono dunque essere combinati secondo le regole
di formazione di un comune linguaggio logico: la congiunzione di «il fatto che il
lampione si è acceso» e di «il fatto che il vetro si è rotto» ha un carattere tanto
proposizionale quanto quello dei singoli congiunti. Alla luce inoltre dello sviluppo di
teorie probabilistiche della causalità, sono i fatti e non gli eventi a poter ricevere un
valore di probabilità: dire che un certo evento ha una certa probabilità K di verificarsi
significa in realtà dire che la probabilità del fatto che l’evento si verifichi ha probabilità
K10.”22.
Il debito di estensione dei risultati di Gödel ad ogni possibile sistema
concettuale può essere qui saldato. Nel momento in cui definisce e costruisce la sua
dimostrazione attraverso il primo passo della predisposizione di un isomorfismo tra il
meta livello ed il livello oggetto Gödel da il via libera alla descrizione del meta livello
come costituito da un sistema concettuale chiuso, assiomatizzato anch’esso; descrizione
che è quella principe di ogni disciplina scientifica alla luce della sua duplice relazione
con la Logica Classica. Le scienze sociali nella loro fame di scientificità, di verità, di
certezza, si sono sviluppate intorno ad analisi di tipo probabilistico, anche per quanto
riguarda la costruzione di schemi interpretativi della realtà sociale, cadendo così nel
tranello di tutti quei sistemo concettuali che si sono chiusi per non lasciare entrare
l’ambiguità e la vaghezza, ma in questo modo hanno deciso di operare in termini di
selezione spesso eccessiva del dato informativo. Nello specifico della teoria della
probabilità si deve presentare quindi l’assiomatizzazione che ancora oggi risulta essere
la linea guida per il trattamento, l’analisi e l’interpretazione dei dati rilevati (degli stati
del mondo, dei fatti, delle stesse relazioni sociali). “[…] Nei primi decenni del nostro
22
F. LAUDISA, Causalità, Carocci, Roma 1999, p. 23. Specificando in nota che “10 La natura
proposizionale dei fatti permette inoltre di assumere insiemi di proposizioni chiusi rispetto a
congiunzione, disgiunzione e negazione come strutture di eventi, intesi in questo caso nel senso tecnico
della teoria matematica della probabilità, vale a dire come elementi di un opportuno spazio sul quale è
definita una misura di probabilità”.
16
secolo furono proposte svariate assiomatizzazioni del calcolo delle probabilità, fra le
quali quella di A. N. Kolmogorov ottenne un più esteso riconoscimento perché
sviluppava rigorosamente, a partire dagli assiomi l’intero calcolo. Oggi, l’approccio
assiomatico è forse il più diffuso nei testi matematici di calcolo delle probabilità. Nel
sistema assiomatico il concetto di probabilità è introdotto come nozione primitiva,
implicitamente definita dagli assiomi che ne governano l’uso. I principi poc’anzi
elencati possono essere sintetizzati nei seguenti quattro assiomi che costituiscono il
nucleo essenziale di ogni sistema di calcolo delle probabilità:
1. Gli eventi sono sottoinsiemi di uno spazio ! e formano una sottoclasse
additiva ".
2. Ad ogni E ! " è assegnato un numero reale non negativo p(E), detto
probabilità di E.
3. p (!) = 1
4. Se A"B = #, allora p(A$B) = p(A) + p(B)”23
Si deve, quindi, notare come “[…] Kolmogorov credeva che l’assiomatizzazione del
calcolo ponesse fine alle accese polemiche tra i sostenitori delle diverse concezioni
della probabilità. In realtà così non è stato, né poteva esserlo. I sistemi assiomatici
hanno il merito di sviluppare nel modo più rigoroso tutti i teoremi del calcolo delle
probabilità, a partire da un piccolissimo numero di assiomi, che condensano, come si è
detto, i principi classici del calcolo e che formano il nucleo essenziale ed indiscutibile
di ogni approccio al calcolo delle probabilità.”24. Ma in quanto sistema formale
assiomatizzato chiuso ricade inevitabilmente all’interno dello spazio di azione del
Teorema di Gödel.
Le teorie, i modelli, le analisi, le assiomatizzazioni, i paradigmi proposti fino ad
oggi all’interno della scienza in generale e di quelle sociali in particolare presentano lo
stesso vizio di fondo, la spada della proposizione indecidibile pronta a presentarsi. La
Logica Classica viene ancora invocata come portatrice di certezza, di verità, ma il
concetto stesso di teoria deve essere rivisto.
Tirando le fila del discorso si può proporre un modello di analisi delle relazioni
23
M. G. SANDRINI, Logica della ricerca, Carocci, Roma, 1998, pp. 52-53
17
sociali (modello che forse può essere esteso all’analisi della stessa scienza in generale)
che visivamente può essere presentato nel seguente modo25
R
E
La natura degli insiemi non risulta più essere di tipo estensionale, ma intensionale. Non
è più l’oggetto che deve essere inserito all’interno di un insieme, ma è l’insieme stesso
che viene costruito intorno al quanto di una proprietà viene ad essere posseduta da un
oggetto. Insiemi che così perdono la loro caratteristica di avere confini certi, chiusi per
lasciare il posto a confini vaghi, sfumati. Il principio del terzo escluso, una delle fonti
della chiusura degli insiemi (sia concettuali che empirici) non riveste più il suo ruolo di
centralità. Si passa da una formalizzazione in termini di Funzioni Caratteristiche le
quali prevedono solo ed esclusivamente due possibilità, appartenenza o non
appartenenza, descritte nella maniera seguente
1 se x $ A
f ( x) ! #"
! 0 se x % A
(1)
a funzioni di appartenenza che individuano un’evidenza, il quanto che permette la
costruzione dell’insieme e l’identificazione della posizione all’interno dello stesso
dell’oggetto. In questo modo non solo non è presente più perdita di informazione
24
M. G. SANDRINI, Logica della ricerca, Carocci, Roma 1998, p. 58-59
A. GIVIGLIANO, Fuzzy Logic, Analogy and Methods of Research: A Complex Multidimensional
Approach, in J. BLASIUS, J. HOX, E. DE LEEUW, P. SCHMIDT (eds.), Social Science Methodology in the
25
18
poiché ogni singola componente del dato contribuisce alla costruzione di insiemi che
sfumano l’uno nell’altro, ma lo stesso oggetto, individuo, fatto, evento, viene ad essere
caratterizzato in una serie di coordinate lungo gli assi dimensionali che caratterizzano
ognuno una singola relazione sociale dotata di una propria spazialità e temporalità.
Un’ipotesi di analisi può essere configurata nella seguente proposta di una descrizione
dell’oggetto in termini di una modellizzazione che tenga conto di tutte queste
specificazioni
“[…]
!
!
s
x
i
(2)
j
dove si risulta essere:
s
i
# f
!x
i
j k
"f &$% y
i'
j' k '
#! f
"
!z
i ''
j '' k ''
"...................
(3)
l’insieme, la sommatoria significativa, delle appartenenze delle proprietà ‘ir’ in uno
spazio ‘jr’ ed in un tempo ‘kr’ di relazione (con n soggetti) a sua volta compreso nello
spazio e tempo fisici.” 26.
Parlando di appartenenze sfumate, in luogo di inclusione dicotomica, si inserisce
la stessa Logica Classica all’interno della Logica Fuzzy. Tutte le considerazioni
precedenti non rappresentano altro che un’analisi in termini di questa logica del
processo cognitivo-conoscitivo dello scienziato. Il teorema di Gödel cessa di essere una
discriminante, un qualcosa da evitare accuratamente, in quanto la stessa definizione di
gradi di appartenenza presuppone ed attribuisce un grado di appartenenza della
proposizione G all’insieme delle proposizioni vere ed un altro, non necessariamente lo
stesso, all’insieme delle proposizioni dimostrabili, uno ancora a quello delle
proposizioni non dimostrabili.
New Millennium. Proceedings of the Fifth International Conference on Logic and Methodology, TTPublikaties, Köln 2000. (CD-ROM)
26
A. GIVIGLIANO, Fuzzy Logic, Analogy and Methods of Research: A Complex Multidimensional
Approach, in J. BLASIUS, J. HOX, E. DE LEEUW, P. SCHMIDT (eds.), Social Science Methodology in the
New Millennium. Proceedings of the Fifth International Conference on Logic and Methodology, TTPublikaties, Köln 2000. (CD-ROM)
19
Questo in termini di evidenze date da funzioni di appartenenza fuzzy. Il
problema della costruzione di queste funzioni, come della predisposizione di connettivi
adeguati, è uno dei punti nodali sui quali deve insistere la riflessione epistemologica e
metodologica. Sicuramente una delle più frequenti ed errate identificazioni consiste
nell’associare le evidenze fuzzy ai valori di probabilità. Una delle caratteristiche
fondamentali delle funzioni di distribuzione di probabilità (ad esempio la funzione
normale di Gauss) consiste nell’assumere come 1 il valore dell’area sottostante la curva
stessa, in ragione del terzo assioma individuato da Kolmogorov. La probabilità
dell’universo degli eventi deve essere 1, in quanto il campo di variazione è esattamente
0-1. Le funzioni di appartenenza, invece, non sono sottoposte a questo vincolo, in
quanto per ogni singola proprietà viene ad essere costruita una specifica funzione, la
quale fornisce il valore di appartenenza della proprietà all’oggetto. Ma questo non vuol
dire che se la proprietà è presente con un valore x la non proprietà sia presente con un
valore 1-x. Dipende, infatti, ogni singola evidenza, solo ed esclusivamente da come
viene costruita la corrispondente funzione di appartenenza.
20
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28
INDICE
Capitolo I
Logica: Teorema di Gödel e Logica Fuzzy
A. GIVIGLIANO
Capitolo II
p. 2
La metodologia nei classici:
Appunti su M. Weber e A. Schütz
S. MILELLA
Capitolo III
p. 29
Complessità ed Organizzazione
S. BRUNETTI
p. 49
75