Lezione 9 marzo 1999 - scheda n.19 Forze centrali: la natura

Lezione 9 marzo 1999 - scheda n.19
Forze centrali: la natura vettoriale dell’interazione gravitazionale ed il momento angolare.
Per comprendere a fondo la natura dei moti planetari è necessario analizzare il comportamento
dell’interazione gravitazionale da un punto di vista vettoriale. Quello che si scopre è che tale
forza è diretta secondo la direzione che congiunge i centri (baricentri) delle masse interagenti ed
è di tipo attrattivo. Usualmente questo si esprime secondo la relazione
F12(r) = −(Gm1m2 /r212)u12,
dove u12 è il versore che va dalla dalla massa 1 alla massa 2. Una forza di questo genere è detto
di tipo centrale, ed è possibile verificare due importanti conseguenze di tale genere di forza:
(1) è una forza di tipo conservativo, vale a dire, per essa si può definire una funzione di energia
potenziale la cui variazione, cambiata di segno, corrisponde al lavoro eseguito dalle forze e
(2) è una forza tale da conservare il momento angolare della particella sulla quale essa agisce.
La verifica di queste due affermazioni è schematizzabile come segue. Per quanto riguarda la
conservatività, consideriamo un cammino secondo il disegno,
che congiunge i punti A e B. Procedendo lungo AA’ il lavoro è
dato dall’integrale (non più di linea, in pratica) della forza ora
parallela allo spostamento, ossia LAA’= −∫Gm1m2(dr/r2)=
A’
− Gm1m2(1/rA−1/rA’). Nel tratto A’B il lavoro è nullo, in
B
quanto la forza risulta ora perpendicolare allo spostamento. E’
A
possibile ricostruire qualunque percorso che connette A e B
con una serie di spostamenti tutti del tipo radiale (come AA’)
oppure trasverso (come A’B). Questi ultimi non danno
contributo al lavoro, che viene invece soltanto dalla parte
radiale. E’ quindi facile scrivere l’espressione dell’energia potenziale (essendo di fatto il lavoro
indipendente dal percorso adottato per connettere A e B): U(r)= −Gm1m2/r+cost.
Per quanto riguarda invece la seconda proprietà di una forza centrale, si introduce la grandezza
definita come momento della quantità di moto (momento angolare) di una particella che
istantaneamente occupa la posizione r ed ha quantità di moto p secondo la
L=r×p.
Questa grandezza è legata alla “quantità di moto
rotazionale” posseduta dalla particella: è non nulla,
L≠0
L≠0 !!!
L=0
infatti, solo quando la particella ha moto trasverso
rispetto ad un polo o centro di riferimento: se
prosegue di moto rettilineo secondo una retta che
passa per l’origine degli assi, il suo momento
angolare è nullo. Attenzione, però, che momento
angolare non nullo non implica moto rotazionale di
per sè. Basta infatti pensare al moto rettilineo di una particella che avviene su una retta ad una
certa distanza dal centro di riferimento: il momento angolare non è nullo, come raffigurato.
Osserviamo inoltre che il momento angolare è un vettore istante per istante perpendicolare al
piano individuato dalla posizione e dalla velocità della particella, e che il suo modulo è
convenientemente scritto chiamando in causa la velocità angolare della particella, per la quale
risulta subito che L=mωr2.
Un’importante conseguenza della definizione di momento angolare e della seconda legge della
dinamica si ottiente calcolando la variazione temporale del momento angolare stesso.
Esplicitamente:
dL/dt=v×mv+r×F=ττ,
dove τ è il momento della forza calcolato rispetto allo stesso polo usato nel calcolo di L, mentre
il primo prodotto vettoriale è banalmente nullo perché coinvolge lo stesso vettore. Quindi c’é (o
non c’è) variazione del momento angolare di una particella in presenza (o assenza) di un
momento di forza. Questa è una semplice (quanto importante) estensione della seconda legge
della dinamica che quantifica l’effetto rotazionale di una forza in termini dinamici espliciti. Non
è una nuova legge, è solo un’estensione della F=dp/dt quando si consideri l’effetto del momento
della forza sullo stato di moto della particella.
Risulta dunque chiaro che in assenza di momenti di forza il momento angolare è conservato nel
tempo, è cioè un vettore costante. E’ proprio questo il caso delle forze centrali, per le quali il
momento applicato alla particella rispetto al centro di forza è costantemente nullo. Dunque, in
campi di forza centrali (come quello di gravità) il momento angolare è costante. Le conseguenze
di questo fatto sono due: anzitutto, l’invarianza della direzione del vettore implica che le
traiettorie devono essere piane, ossia si svolgono su un piano la cui orientazione non muta nel
tempo (fatto questo espresso in modo esplicito dalla prima legge di Keplero); il fatto poi che
anche il modulo del momento angolare non cambi implica che la velocità e la distanza (radiale)
della particella dal centro di forza devono stare in relazione precisa, ossia ωr2=costante. In
termini planetari, ciò coincide con l’affermare l’invarianza della velocità areolare: un pianeta
lontano dal centro di forza (il sole) nel suo moto ellittico deve procedere più lentamente di
quando si trova vicino al sole secondo la relazione sopra scritta. Più in dettaglio, è facile
dimostrare che l’invarianza del momento angolare è rigorosamente equivalente al contenuto
della seconda legge di Keplero, che appunto richiede che il pianeta copra aree eguali in tempi
eguali nel suo moto di rivoluzione attorno al sole.
Come ultima considerazione di carattere generale sul modo di descrivere e trattare gli effetti di
forze (di varia natura, non soltanto gravitazionale), è importante chiamare in causa il concetto di
campo di forze. Si tratta, in un certo senso, di svincolare l’effetto di una forza dall’entità della
massa (o della “carica”, come in senso lato si può anche dire) che subisce la massa stessa. In
pratica, si considera la grandezza G=F/m, dove F è la forza generata in un dato punto dello
spazio ed m è la massa “di prova”, che “sonda” l’entità della forza. Nel caso del campo di gravità
è dunque possibile assegnare ad ogni punto dello spazio un campo gravitazionale (vettoriale)
esplicitamento dato da G(r)= −(GM/r2)ur. Con questa procedura, la massa “generatrice” di forza,
M, sviluppa attorno a sè un campo G che è rivelabile collocando una massa “di misura” m in
posizione arbitraria. Essa risentirà la forza data da F=mG. Notare, secondo questa notazione, che
il vettore di accelerazione in prossimità del suolo terrestre, g, altro non è se non la misura diretta
del campo di gravitazione in tali condizioni.