sviluppo locale e valorizzazione teatri antichi Ragazzi

QUADERNI FORMEZ
I
I
l Formez - Centro di Formazione Studi ha
avuto, da sempre, una particolare
attenzione per le iniziative editoriali.
Fin dai primissimi anni di attività si è
N
impegnato nella produzione e divulgazione di
collane e riviste su cui intere generazioni di
funzionari pubblici si sono formate.
In seguito al decreto legislativo 285/99,
che ha individuato nel Formez l’Agenzia
R
istituzionale che sostiene e promuove
i processi di trasformazione del sistema
amministrativo italiano, l’attività editoriale
del Centro è rilanciata e rinnovata nella veste
E
grafica e nei contenuti.
Sono state create tre linee editoriali:
Quaderni, Strumenti e Azioni di Sistema
per la Pubblica Amministrazione.
In queste collane vengono pubblicati
D
i risultati delle attività formative
e di ricerca dell’Istituto.
Con “Quaderni” si diffondono Rapporti e
riflessioni teoriche su temi innovativi
per la P.A. mentre, con due collane più
A
specialistiche quali “Strumenti” e “Azioni di
Sistema per la Pubblica Amministrazione”,
si mettono a disposizione soprattutto
strumenti di lavoro o di progettazione per
quanti lavorano o si occupano di P.A. e di
U
sviluppo locale.
Tutte le pubblicazioni con un breve
abstract vengono presentate sul web
Q
(www.formez.it).
Carlo Flamment
Presidente Formez
Formez
56
ARCHEOLOGIA,
TURISMO E SPETTACOLO
F o r m e z
•
U f f i c i o
S t a m p a
e d
E d i t o r i a
Il volume è stato curato da
Livia Malcangio, Formez
Martina Treu, Università IULM
Michele Trimarchi, Università di Catanzaro
Coordinamento organizzativo
Sara Dini
Organizzazione editoriale
Roberta Crudele, Vincenza D’Elia, Paola Pezzuto
7
La cultura, oltre alla geografia, colloca l’Italia nel cuore del Mediterraneo. In questo contesto nasce il Progetto Mediteatri.pa. nel quale, ancora una volta, il nostro
Paese svolge un ruolo di ponte nel processo di avvicinamento dei Paesi dell’area mediterranea al Continente europeo. In particolare le nostre Regioni del Mezzogiorno,
cui il progetto si rivolge, debbono essere in grado di raccogliere le sfide economiche
e sociali poste dalla nascita di un’area euro-mediterranea di libero scambio, programmata per l’anno 2010, anche attraverso il migliore utilizzo dell’immenso patrimonio artistico-culturale ereditato da secoli di storia comune.
Proprio per questo il Dipartimento della Funzione Pubblica ha finanziato, incaricando il Formez dell’attuazione, un Progetto per il “consolidamento dei legami dei
sistemi amministrativi delle regioni dell'obiettivo 1 con le aree del Mediterraneo, al
fine di rafforzare le competenze delle pubbliche amministrazioni che operano nel
settore della cooperazione in campo culturale”.
In questo spirito l’obiettivo strategico del Progetto è stato quello di rafforzare,
attraverso l’assistenza tecnica alle Regioni in ambito internazionale, il ruolo
dell’Italia in aree geografiche di particolare interesse economico e sociale, con
azioni di empowerment alle pubbliche amministrazioni ai vari livelli di governo:
locale, regionale e centrale. Il Progetto Mediteatri.pa è stato dunque concepito e
realizzato come strumento di comunicazione e animazione, che ha attivato forme
di collaborazione e scambio sul tema della valorizzazione del patrimonio culturale ed ambientale, con particolare riferimento ai teatri antichi.
Appare quindi di indubbia utilità la diffusione, attraverso questa pubblicazione, dei risultati conseguiti dal Progetto a testimonianza di quanto ancora può fare una pubblica amministrazione attenta ed efficiente, nell’ambito della valorizzazione dei beni culturali, in una società dell’informazione e della conoscenza in
cui assume sempre più rilevanza il patrimonio intangibile e simbolico.
Luigi Nicolais
Ministro per le Riforme e le Innovazioni
nella Pubblica Amministrazione
Premessa
9
Il dialogo tra le culture passa anche per il patrimonio culturale comune del
Mediterraneo. I Paesi che si affacciano sul Mediterraneo custodiscono, infatti,
uno straordinario patrimonio culturale ed archeologico e raccolgono oltre la
metà dei siti dichiarati dall'Unesco patrimonio dell'umanità. Dalla Turchia al
Marocco, passando per Siria, Giordania, Libano, Egitto, Libia, Tunisia e Algeria,
i Paesi della sponda sud-orientale del Mediterraneo conservano testimonianze
di millenni di storia. Salvaguardare questo patrimonio significa riscoprire le
radici della nostra cultura.
All’azione di salvaguardia, va aggiunta quella della valorizzazione: il patrimonio culturale rappresenta non soltanto un’occasione di dialogo e di incontro
fra i popoli, ma anche un volano per promuovere lo sviluppo sociale ed economico del territorio. In quest’ottica, alcuni Paesi hanno intrapreso già da tempo
la strada del potenziamento dei loro siti di interesse culturale e paesaggistico.
Altri, solo negli ultimi anni hanno investito in questo settore puntando su un
turismo culturale ed eco-compatibile.
Anche le Regioni del Mezzogiorno d’Italia si sono incamminate su questo percorso, ed è in quest’ottica che il Formez ha inteso portare il proprio contributo
attraverso il Progetto Mediteatri.pa. Dopo mesi di studio, incontri e scambi di
esperienze da una sponda all’altra del Mediterraneo, l’Istituto ha messo in rete
alcuni fra i maggiori teatri antichi del Mare Nostrum, alla ricerca di strategie
condivise per la loro promozione. La scelta è caduta proprio sui teatri poiché
meglio simboleggiano la vitalità e il senso di continuità fra passato e presente,
mettendo in scena le opere composte ed allestite centinaia di anni fa, così come
opere moderne o contemporanee.
Analisi, formazione e assistenza tecnica sono il terreno su cui si è giocato l’impegno delle amministrazioni regionali e locali del Mezzogiorno per far vivere i
teatri antichi come luoghi di cultura e attrazione turistica: le regioni obiettivo 1
potranno fare dei teatri un’occasione di sviluppo, se daranno risposte soddisfacenti alle aspettative dei residenti, in termini di qualità della vita e di crescita
sostenibile dei territori, e dei turisti in termini di accoglienza.
10
Coinvolgere i teatri antichi dei Paesi del Mediterraneo, oltre a quelli del sud
Italia, è una scelta che sottolinea l’importanza attribuita dal Formez al dialogo
fra i popoli, anche come risposta ad un’attualità fatta di conflitti che insanguinano quelle terre.
Dialogo e comprensione reciproca sono, d’altronde, il cardine della nuova
politica di prossimità. Senza dimenticare che, nel preambolo della dichiarazione di Barcellona del 1995, l’Europa ha dichiarato il suo impegno a trasformare
il Mediterraneo in un’area di pace, stabilità e prosperità condivisa. Non a caso,
il documento poneva l’accento anche sulla necessità di strategie di intervento a
favore della valorizzazione del patrimonio culturale, fra cui i teatri antichi presenti nell’area sud. L’interesse per questa linea di sviluppo, comune a tutti i
Paesi del Mediterraneo, si ritrova anche in altri documenti come la dichiarazione di Segesta (1995), la Carta del turismo mediterraneo (Casablanca, 1995) e la
Carta di Siracusa (2005).
Il progetto Mediteatri.pa si inscrive in questo contesto: anche i teatri assurgono a luoghi di dialogo e crocevia di esperienze tra genti dai costumi diversi, ma
dalla tradizione storica e culturale in gran parte comune.
Danielle Gattegno Mazzonis
Sottosegretario al Ministero
per i Beni e le Attività Culturali
INDICE
INTRODUZIONE
Dal Grand Tour ai piani di gestione: valorizzazione
e sostenibilità dei teatri antichi
di Livia Malcangio, Martina Treu,
Michele Trimarchi
15
Progetto Mediteatri.pa
di Salima Salis
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PARTE PRIMA
Le risorse: valore, gestione
e relazioni con il territorio
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I teatri antichi del Mediterraneo:
storia e valorizzazione tra passato e futuro
di Martina Treu
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Criteri di sostenibilità e compatibilità
per la valorizzazione delle risorse culturali:
i teatri antichi del bacino mediterraneo
di Michele Trimarchi
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Analisi multicriterio semplice, per la valutazione
e il monitoraggio dei progetti di valorizzazione
culturale
di Emilio Cabasino
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Modelli istituzionali e logiche manageriali
per un intervento integrato su archeologia
e spettacolo dal vivo
di Marco Meneguzzo
95
11
PARTE SECONDA
Strumenti, esperienze, indirizzi
119
Il patrimonio teatrale antico nel Mediterraneo:
un’analisi critica
di Marcello Minuti
121
La gestione integrata dei teatri antichi:
individuazione e valorizzazione del patrimonio
materiale ed immateriale
di Carla Maurano
141
12
Buone pratiche di valorizzazione
nelle tre sponde del Mediterraneo
di Gianpiero Perri e Arturo Agostino
151
Il patrimonio teatrale antico per lo sviluppo locale:
problematiche e linee guida dall’analisi
dei casi del Progetto Mediteatri.pa
di Elena Ragazzi
165
Processi di integrazione e strumenti
di comunicazione multimediale per la
valorizzazione delle risorse turistico-culturali
di Maria I. Simeon
179
PROFILI DEGLI AUTORI
195
INTRODUZIONE
13
INTRODUZIONE
Dal Grand Tour ai piani
di gestione: valorizzazione e
sostenibilità dei teatri antichi
di Livia Malcangio,
Martina Treu,
Michele Trimarchi
Il turismo nasce con l’archeologia. È con la discesa sulle sponde del Mediterraneo
di giovani aristocratici del mondo anglosassone che le rovine, presenti dappertutto nei Paesi delle due sponde del Mare Nostrum, diventano oggetto di interesse e acquisiscono un ruolo inedito nel ventaglio identitario della nascente
borghesia europea.
Consigliati dai loro medici di recarsi in Paesi caldi, in modo che il clima tiepido e le molte ore di sole potessero efficacemente fronteggiare problemi respiratori (allora molto diffusi, come poi ci ricorderanno alcune opere liriche), i
nobili esploratori cercavano se stessi attraverso un bagno nella classicità; proibita la Grecia per ragioni di sicurezza, la meta si spostava nell’Italia meridionale: la Magna Graecia ricca di teatri, templi e mosaici, ma anche di colori inaspettati, di avventure amorose e di notabili ospitali.
Da qui nasce la scoperta di Taormina e poi di seguito l’industrializzazione del
Grand Tour da parte di Thomas Cook e, infine, i depositi napoleonici dovuti
all’intuizione del tutto borghese del Generale Bonaparte, che trasporta il Grand
Tour a casa, con una quadratura che mette insieme l’esigenza simbolica di affermare il primato francese e la consapevolezza che la nuova classe post-rivoluzionaria aveva bisogno di costruirsi una nuova identità appropriandosi di un passato che non le era mai appartenuto.
Scoperta notevole, questa, di luoghi che fino a pochi anni prima erano stati
utilizzati come pascolo (come Goethe certifica per il teatro greco-romano di
Taormina e come dimostra il nome stesso di Campo Vaccino per l’area centrale
del foro repubblicano a Roma). In epoca borghese diventano delle rovine vere e
proprie: è il rudere piranesiano a far sognare il passato remoto, evocando al
tempo stesso quell’atmosfera ossianica che tanto piaceva ai giovani d’allora.
Passata la sbornia dei neofiti borghesi, si comincia a ricordare che quei teatri
– in molti casi ancora in eccellenti condizioni statiche – erano stati concepiti per
tragedie e commedie e si torna a rappresentarle, in alcuni casi aderendo alla tradizione classica, in altri attingendo ad altre tradizioni, come la tauromachia ad
Arles in Provenza. La società del secondo Ottocento riempie di nuovo i teatri
15
INTRODUZIONE
16
antichi del Mediterraneo, in un rito che ne simboleggia con chiarezza il successo (la congiunzione, non sempre facile, tra reddito e alfabetizzazione culturale)
e che infatti viene fatto oggetto di contumelie da parte dei nuovi rivoluzionari:
è proprio sul pubblico delle tragedie siracusane che i Futuristi siciliani vorrebbero accanirsi, in un empito di distruzione delle memorie del passato ma anche
di molta leziosità tardo-borghese.
“Senza rimorso, al teatro greco di Siracusa, una folla di passatisti siede per ore
col culo a terra per sentire che Agamennone cornificò la moglie”. Questo l’esordio del Manifesto futurista per le rappresentazioni classiche al teatro greco di
Siracusa (1921), e così il seguito: “Quella seria massa di infatuati merita il risveglio di una pedata o, meglio, l’odorante refrigerio di un pitale”. Obiettivo dei
Futuristi è ovviamente il Comitato organizzatore degli spettacoli, che aveva
inaugurato le rappresentazioni classiche nel 1914 con una tragedia greca,
l’Agamennone di Eschilo, e nel 1921 fa proseguire il ciclo con la seconda parte
della trilogia orestea: le Coefore.
Sulla carta la campagna anticlassicista promette bene, e così fa anche ben sperare la presenza di Filippo Tommaso Marinetti a Siracusa, per la prima tappa del
suo tour ‘promozionale’ in Sicilia. In realtà la star futurista non interviene allo
spettacolo, anche se contribuisce alla campagna con vari comizi cittadini. E non
abbiamo notizia di risse o tafferugli da ‘Prima alla Scala’, né contestazioni o atti
simbolici di rilievo, come quelli minacciati dalle frasi a effetto sopra citate, che
peraltro saranno epurate dal Manifesto nelle edizioni successive.
Quella campagna dei Futuristi mostra oggi i suoi limiti, ma ha il pregio di
porre un problema fondamentale: il fatto che un teatro greco di Sicilia sia destinato a rappresentare solo testi teatrali greci e non siciliani, cosa che invece era
auspicata nel Manifesto futurista. In effetti è da sempre dato per scontato, in
omaggio al modello ormai invalso, che il teatro greco di Siracusa dal 1914 ospiti drammi esclusivamente greci e preferibilmente tragici, con qualche rara eccezione (alle commedie e ai testi latini la passata gestione dell’INDA - Istituto
Nazionale del Dramma Antico riservava talvolta il teatro di Segesta e altri luoghi archeologici, come Morgantina o Ostia, che ricadevano sotto la sua giurisdizione).
Rappresentare un testo greco, o comunque antico, sembra dunque la scelta più
ovvia e ‘naturalmente’ consona ad un teatro come quello di Siracusa: la via maestra per rendere omaggio al passato ed essere fedeli alla vocazione del monumento. E tuttavia non hanno tutti i torti i Futuristi nel mettere in dubbio che si
tratti dell’uso migliore. Come se fosse ovvio che un teatro greco o romano, ovunque si trovi, abbia come destinazione naturale la rappresentazione di drammi
antichi: una funzione di fatto omologata e quasi intercambiabile con quella di
qualsiasi altro teatro antico del Mediterraneo. Una scelta ‘sicura’, tradizionalista,
INTRODUZIONE
non sempre rispecchia in modo specifico l’identità del teatro e del territorio.
Pare, invece, opportuno non dare per scontata una simile soluzione, e porsi di
fronte all’uso di ogni teatro antico in modo diverso, caso per caso, affrontando
via via i vari problemi che ciascuna situazione pone, anche utilizzando soluzioni adottate altrove, ma con un’attenzione alla realtà locale di riferimento. A
Siracusa, ad esempio, trovare il modo di esaltare la peculiarità del teatro, inteso
come edificio, della città e della sua terra, che sin dalla fondazione hanno caratteristiche proprie, sia rispetto alla madrepatria greca, sia alle altre colonie della
Magna Grecia.
Rendere omaggio alla sicilianità, come suggerivano i Futuristi, può essere un
buon modo per un teatro di aprirsi ad altri spettacoli, classici e non. E su questa
via si può prevedere anche col tempo di arrivare ad un uso differenziato di sedi
teatrali per spettacoli di vario tipo. Ci pare si presti bene a illustrare questo caso
l’esperienza di Palazzolo Acreide, un centro più piccolo e meno turistico di
Siracusa, situato a poche decine di chilometri nell’interno.
Il teatro greco dell’antica Akrai è anch’esso gestito dalla Fondazione INDA,
che ne ha differenziato l’uso rispetto al teatro siracusano riservandogli una vocazione particolare. Solitamente destinato al festival di teatro classico dei giovani,
e dunque a spettacoli di e per studenti, nel maggio 2005 ha ospitato uno spettacolo greco e siciliano insieme. Il regista palermitano Vincenzo Pirrotta ha messo
in scena qui, per la prima volta in un teatro greco di Sicilia, il dramma satiresco
Ciclope di Euripide nella versione siciliana di Luigi Pirandello (1918).
L’episodio mitico dell’incontro di Ulisse con il Ciclope, narrato anche
nell’Odissea, è non a caso ambientato in Sicilia: siciliana la compagnia e così
pure la messinscena, ricca di rimandi e richiami al teatro, alla musica e al folklore dell’isola. L’esperimento senza precedenti ha un notevole successo di critica e di pubblico, non solo siciliano, e possiamo supporre che anche i Futuristi
siciliani, se avessero assistito a un simile spettacolo, avrebbero visto soddisfatti
parecchi punti del loro Manifesto.
Il caso della Sicilia non è tuttavia isolato: altre regioni ricche di teatri antichi
alternano oggi la programmazione di drammi greci ad altri testi più moderni, o
tentano la strada della commistione tra universalità e identità locale, testi originali e riscritture. Così accade ad esempio nel teatro romano di Nora (CA): la
“Notte dei poeti”, manifestazione giunta ormai alla ventiquattresima edizione, da
sempre affianca spettacoli classici con altri di diversa ispirazione, locale e mediterranea. O ancora il caso del più recente festival “Magna Graecia Teatro”, che
riunisce vari siti archeologici della Calabria: il direttore dell’edizione 2006, il
regista calabrese Giancarlo Cauteruccio, è ben attento nella programmazione a
valorizzare le tracce di grecità presenti nel suo territorio, ricorre volentieri a
contaminazioni e riscritture, anche con una declinazione specifica calabrese
17
INTRODUZIONE
18
(La lunga notte di Medea di Corrado Alvaro), coinvolge grandi nomi come Franca
Valeri o Franco Battiato, senza dimenticare le compagnie locali, anche giovani,
che si cimentano in modo originale e peculiare con i testi classici.
Al di là dei buoni esempi, comunque, il ritorno alla funzione originaria dei
teatri antichi pone naturalmente una serie di problemi, alcuni dei quali meramente simbolici, altri strutturali, materiali, finanziari. Si può osservare che si
tratta di monumenti spesso di notevole solidità, concepiti proprio per le rappresentazioni teatrali, capaci di restituire suggestione a lavori scritti per quel
tipo di spazio scenico e di offrire opportunità creative e organizzative che i teatri chiusi non riescono a raggiungere. Naturalmente si tratta di luoghi delicati,
che in alcuni casi mostrano problemi gravi di conservazione, e rispetto ai quali
comunque vanno adottate delle strategie coerenti. Riaprire un teatro antico per
farlo diventare un luogo dove si può realizzare qualsiasi attività appare un errore, sia sotto il profilo materiale, sia sotto quello cognitivo.
È necessario dunque elaborare una sorta di fisiologia dell’uso dei teatri antichi, anche alla luce delle diverse condizioni tecnologiche e materiali che caratterizzano il teatro contemporaneo. Tale fisiologia passa inevitabilmente attraverso un’approfondita analisi dei costi e dei benefici generati dall’uso del teatro
antico, ma con ampio riferimento al suo contesto territoriale di appartenenza,
soprattutto quando si tratta di centri urbani: in questo caso, piuttosto frequente,
il rischio dell’isolamento reciproco tra tessuto urbano ed emergenze archeologiche porta con sé la conseguenza di una separazione tra comunità residente e
turisti/visitatori, con l’effetto di rallentare i processi di sviluppo dell’area e di
accrescere i costi di gestione dei manufatti archeologici.
A questo riguardo va almeno citato, tra i casi estremi, quello dell’anfiteatro
romano di Cagliari che subisce la mancata conciliazione di esigenze diverse, da
un lato la conservazione del monumento e, dall’altro, la sua gestione. Il monumento è da anni al centro di polemiche e a rischio di chiusura, ma intanto funge
da contenitore per qualsiasi tipo di spettacolo. La carenza di spazi spettacolari,
che spesso affligge le città italiane, diviene qui assenza assoluta di altre sedi
dalle analoghe caratteristiche. L’anfiteatro gode di una posizione invidiabile nel
cuore della città e di una capienza rilevante, tra i quattromila e i cinquemila posti.
Nella zona di Cagliari, e nell’intera isola, è dunque la migliore sede disponibile,
se non l’unica, per concerti e spettacoli di rilievo nazionale.
Il casus belli è un recente intervento sul monumento, effettuato in occasione
del Giubileo, fortemente voluto dall’ente lirico cittadino per permettere di allestire nell’anfiteatro anche opere liriche. L’esigenza di proteggere le gradinate e
ospitarvi gli spettatori ha portato a realizzare, con costi altissimi, una struttura
che doveva essere provvisoria, ma in realtà si è rivelata fissa, alquanto ingombrante e non facilmente smontabile. Ora i problemi legati al restauro, e più in
INTRODUZIONE
generale al destino del monumento, sono terreno di scontro aperto tra gestori e
amministratori, soprintendenza, istituzioni ed enti locali. Le diverse vedute si
contrappongono con ragioni alterne: c’è chi pone avanti a tutto il ripristino e la
salvaguardia dell’integrità del sito, ma anche lo smantellamento della copertura
e il ritorno alla situazione originaria non risolverebbero il problema dell’usura
delle gradinate. Occorre trovare alternative per l’uso futuro del teatro, e non è
facile, ma si dovrebbero anche creare in tempi brevi altri spazi spettacolari in
grado di soddisfare l’utenza della città e dell’intero territorio.
La questione è complessa, e va considerata nella sua globalità: il riuso dei teatri antichi non può essere liquidato – come talvolta avviene – come un dilemma
stilistico; è materia dei critici e dei teorici del teatro valutare gli esiti artistici di
uno spettacolo classico, e solo a posteriori, non in astratto, si dovrebbe giudicare se sia corretto – o meglio efficace – mettere in scena in un teatro solamente
drammi antichi in costume o piuttosto realizzare un’opera lirica in abiti moderni. Ma a prescindere dalle scelte stilistiche del direttore artistico o del regista, la
gestione integrata di un teatro coinvolge inevitabilmente diverse figure e svariate competenze. L’archeologo, l’economista e l’amministratore pubblico dovrebbero essere ben consapevoli della varietà e delicatezza dei problemi a monte
delle scelte creative ed espressive.
Come emerge da questa sintesi e dall’insieme dei contributi che seguono, la
valorizzazione dei teatri antichi è evidentemente una questione multidimensionale, che pertanto richiede uno sforzo congiunto teso a integrare in modo efficace i punti di vista e gli approcci delle diverse discipline coinvolte. Con una
necessaria gerarchia di priorità: innanzitutto, gli aspetti relativi alla conservazione materiale, rispetto ai quali l’attuale stato dell’arte della tecnologia consente valutazioni certamente pertinenti; in seguito, l’ampio ventaglio di dilemmi relativi alla sopravvivenza e alla sostenibilità finanziaria del teatro e delle
sue pertinenze, da sviluppare in un’ottica di lungo periodo e in modo da finalizzare il nucleo forte delle risorse alla conservazione del teatro stesso; ancora,
gli aspetti cognitivi, il cui valore potenziale viene piuttosto trascurato e a torto,
perché si tratta della possibilità di incrociare l’interesse e i processi di apprendimento dei visitatori del manufatto archeologico da una parte, e degli spettatori che lo frequentano nelle ore serali per assistere a tragedie, commedie, opere,
concerti e spettacoli di danza, dall’altra.
La prospettiva nella quale appare corretto affrontare la questione del valore dei
teatri antichi è, dunque, quella progettuale e multidisciplinare: valutazioni preliminari e sistematiche della situazione specifica di ogni teatro e del suo contesto sono il necessario presupposto di una valida programmazione spettacolare,
mirata e calibrata sull’identità culturale del territorio, accompagnata da sperimentazioni efficaci sul piano della governance e dei processi decisionali e ope-
19
INTRODUZIONE
20
rativi in capo alla pubblica amministrazione, così come nel campo degli strumenti finanziari e delle strategie di crescita sostenibile. Anche su quest’ultimo
aspetto non va dimenticato che il primo referente di qualsiasi scelta è la comunità residente. Il turismo, fonte di valorizzazione e snodo indispensabile per la
crescita sostenibile, assume un significato coerente soltanto se innestato in un
territorio nel quale la dialettica identitaria tra patrimonio archeologico e qualità
della vita urbana rappresenti un’equazione risolta.
Il volume qui presentato è diviso in due parti. La trattazione della prospettiva
economica e gestionale, che restituisce ai teatri antichi il valore di risorse culturali capaci di svolgere un ruolo nodale ai fini del benessere delle proprie
comunità di riferimento, è seguita da una serie di contributi tecnici elaborati dai
diversi soggetti partner del Progetto Mediteatri.pa, con l’obiettivo di fornire concreti e coerenti strumenti di lavoro che consentano di coniugare i vincoli tecnici con gli obiettivi economici associati alla valorizzazione dei siti teatrali nell’area mediterranea.
Qualsiasi elaborazione sulle funzioni e sulle opportunità legate al riuso di un
teatro antico non può che passare attraverso una pertinente valutazione tecnica
che si fondi sulla storia stessa dei teatri del bacino mediterraneo. Martina Treu
affronta la questione dalla prospettiva storica, sottolineando, tra l’altro, la forte
valenza politica che il teatro assume fin dalle proprie origini. Simbolo stesso
della democrazia in Grecia ai tempi di Pericle, oggi può diventare veicolo di
quella tolleranza che elimina le distanze derivanti dall’incomprensione reciproca e al tempo stesso consolida e rafforza la probabilità di successo della “classe
creativa”.
Accanto ai benefici derivanti dalla potenza linguistica e culturale del teatro va
considerata la cascata di effetti positivi che l’esistenza e l’attività di un teatro antico sono capaci di generare sull’economia locale. Il saggio di Michele Trimarchi
prende le mosse dall’esigenza di ottimizzare l’uso delle risorse per elaborare delle
griglie di indicatori che consentano una valutazione ex ante del grado di sostenibilità economica di questi siti monumentali, e che dunque spingano le pubbliche amministrazioni a soppesare costi e benefici in relazione agli obiettivi effettivamente perseguiti e all’orizzonte temporale dell’azione pubblica.
I progetti culturali localizzati in un teatro antico, e a maggior ragione quelli
eventualmente elaborati e realizzati congiuntamente da più teatri dell’area
mediterranea, richiedono un sistema di valutazione ex post. Ne fornisce un circostanziato modello Emilio Cabasino, che nel proprio saggio offre un incisivo
meccanismo di analisi multicriterio sulla quale le valutazioni inerenti i beni culturali possono basarsi. Conclude la prima parte del volume il saggio di Marco
Meneguzzo, che mette a fuoco i non pochi aspetti problematici relativi all’orga-
INTRODUZIONE
nizzazione interna di un sito archeologico così complesso in vista della sua fruizione da parte dei visitatori e, al tempo stesso, del suo riuso come luogo di spettacolo e del conseguente richiamo del turismo esterno.
La seconda parte si apre con l’illustrazione di un ampio database che propone
un censimento critico di tutti i teatri antichi del bacino mediterraneo; presentato
da Marcello Minuti e specificamente dedicato ai Paesi della sponda africana, il
database contiene anche informazioni sulle strategie di fondo e sulla modalità di
intervento dei diversi Governi. Il contributo di Elena Ragazzi approfondisce poi
il legame fra valorizzazione culturale del patrimonio e sviluppo locale, che pur
rappresentando una potenzialità notevole, viene spesso sopravvalutato e dato per
scontato.
Il molteplice valore di un teatro antico è illustrato da Carla Maurano, che sottolinea la delicata necessità di realizzare le azioni di valorizzazione dei teatri
antichi con riferimento al loro più ampio bacino territoriale, ma anche comprendendone tratti comuni e caratteristiche specifiche di ciascuno.
In questo senso appare del tutto consequenziale l’analisi delle opportunità
turistiche dei teatri antichi, condotta e supportata da una varietà di casi empirici da Giampiero Perri e Arturo Agostino, che sostengono con forza la necessità
di giungere gradualmente a un sistema integrato di offerta culturale costituito
dal reticolo dei teatri antichi nel Mediterraneo. All’integrazione delle azioni di
gestione e valorizzazione compiute dai diversi attori è dedicato il saggio di
Maria Simeon, cui ha contribuito anche il lavoro di Immacolata Vellecco,
Assunta Martone e Mario De Lucia. L’urgenza dell’integrazione va posta in evidenza anche alla luce della sua capacità di rafforzare i processi di identità culturale e del bisogno di governare e regolamentare i flussi turistici.
21
INTRODUZIONE
Il Progetto Mediteatri.pa
di Salima Salis
23
Nell’arco degli ultimi anni il dettato normativo nazionale e gli orientamenti
internazionali in tema di valorizzazione del patrimonio culturale hanno subito
una costante evoluzione in direzione di un principio di maggiore sussidiarietà,
tra Stato e Regioni, con un cresciuto numero di ambiti di competenza e potestà
legislative di queste ultime. Tutto ciò in direzione di un’affermazione di un concetto più ampio di patrimonio culturale, inteso come contesto integrato costituito non più, in maniera esclusiva, dal bene culturale materiale, ma anche da
tutte le forme intangibili ad esso eventualmente connesse, come “le tradizioni e
le espressioni orali, le arti dello spettacolo, le pratiche sociali, i riti e gli eventi
festivi, le conoscenze e le pratiche riguardanti la natura o l’universo oppure
ancora l’esperienza legata all’artigianato tradizionale”1.
La nuova Convenzione Unesco sul patrimonio intangibile codifica questi concetti, creando un quadro di riferimento che pone l’accento sulla necessità di
allargare l’angolo visuale attraverso il quale svolgere attività di conservazione e,
soprattutto, di valorizzazione del patrimonio culturale ricomprendendo, a pari
titolo, il patrimonio immateriale connesso al bene o al sito da promuovere attraverso interventi di gestione integrata.
A livello nazionale, le modifiche apportate al Titolo V della Costituzione
hanno comportato il riassetto delle attribuzioni dei compiti Stato-Regione stabilendo che quello legislativo sia tendenzialmente di competenza regionale,
salvo per alcune materie, tassativamente elencate e definite a legislazione concorrente. Con riferimento al tema dei beni culturali, risultano riservate per intero alla legge statale la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali
(art. 117, comma 2, Cost., lett. s), mentre risulta di potestà concorrente l’attività
legislativa e regolamentare riguardante la valorizzazione dei beni culturali e
ambientali e la promozione e organizzazione di attività culturali (art. 117,
comma 3, Cost.).
Rispetto alla valorizzazione è emerso un ulteriore tema di discussione su cui
1
Dalla Convenzione Unesco sul patrimonio intangibile “Convention for the Safeguarding of the
Intangible Cultural Heritage”, Paris, 17 october 2003.
INTRODUZIONE
24
è intervenuto il Consiglio di Stato, che riguarda la gestione, in quanto attività
cruciale e in strettissima correlazione con l’attività di valorizzazione, ma non
esplicitamente menzionata nel nuovo testo costituzionale. L’orientamento del
Consiglio di Stato ha dato ragione alle regioni, ritenendo la gestione ricompresa
nell’ambito dell’attività di valorizzazione e, pertanto, di competenza regionale,
ma il dibattito è ancora in corso.
Allo stesso modo il nuovo Codice dei Beni culturali e del Paesaggio2 prevede,
allineandosi con il nuovo quadro costituzionale, un ruolo attivo delle Regioni
nel campo della valorizzazione e ipotizza differenti possibili strumenti di gestione3. Per programmare interventi fortemente integrati con altri settori contigui, ad
esempio cultura-ambiente-turismo, e/o allocare cospicue risorse finanziarie per
lo sviluppo di un territorio, enti locali, Regioni e Stato utilizzano sempre più frequentemente strumenti negoziali basati sulla concertazione tra i vari attori, in
genere accordi di programma quadro o intese istituzionali, al fine di definire collegialmente le attività da realizzare.
La concertazione tra i diversi livelli di governo è ormai strettamente connessa
ai temi della gestione, in quanto è orientamento condiviso che, nel caso di specie, le risorse naturali e culturali rappresentano la cornice in cui si inseriscono
interventi moderni finalizzati allo sviluppo economico e sociale di un territorio,
sviluppo che passa per la promozione di un tipo di turismo ormai sempre più
interessato alle radici storiche e culturali del territorio che lo ospita e attento al
suo stato di conservazione e tutela dal punto di vista ambientale.
Il turismo culturale, infatti, rappresenta in maniera sempre crescente un settore strategico per lo sviluppo economico dell’intero Paese (attualmente l’11% del
PIL nazionale)4 e sembra poter garantire ottime potenzialità di crescita per il
futuro, anche in ragione del fatto che la stessa accezione del concetto di “turismo culturale” sta subendo un arricchimento, in linea con gli orientamenti
sopraccitati, rappresentando un più ampio ambito di interesse del turista, che
apprezza, ricerca e, normalmente, acquista oggetti e prodotti che riproducono
forme d’arte legate alle produzioni tipiche (artigianato e produzioni enogastronomiche) appartenenti al territorio in cui ricade il bene o il sito visitato.
In coerenza con uno scenario evolutivo così dinamico e chiaramente orientato verso un ruolo di maggiore responsabilità delle istituzioni regionali e degli
enti locali nell’attivare processi di sviluppo del territorio a partire dal patrimonio culturale, il Formez ha avviato il Progetto Mediteatri.pa.
Il Progetto si propone di rafforzare le competenze delle amministrazioni regio2
3
4
D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, entrato in vigore il 1° maggio 2004.
Gestione in forma diretta (...) o affidamento diretto a istituzioni, fondazioni, associazioni, consorzi, società di capitali o altri soggetti (…).
Rapporto annuale Federculture 2006 – Dati forniti dalla Direzione studi e ricerche TCI.
INTRODUZIONE
nali e locali del Mezzogiorno italiano riguardo la valorizzazione e la fruizione
del patrimonio culturale antico, attraverso forme di collaborazione e scambio di
esperienze anche con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. In particolare
il Progetto si riferisce alla valorizzazione dei teatri antichi – è stato individuato
un teatro per ciascuna regione che ha aderito al Progetto5 – anche al fine di promuovere gli stessi sul mercato internazionale del segmento turistico a motivazione culturale.
Il rafforzamento del dialogo interregionale viene perseguito attraverso l’ampliamento delle competenze e il consolidamento della capacità delle amministrazioni regionali e locali del Mezzogiorno ad interagire e definire un progetto
comune e multiregionale di valorizzazione.
Il Progetto Mediteatri.pa, oltre a prevedere un’azione di accompagnamento
delle amministrazioni coinvolte attraverso un percorso formativo mirato, prevede un’attività di analisi delle caratteristiche e delle potenzialità dei teatri prescelti e la creazione di un sistema informativo di comunicazione via web. Promuove
inoltre un duplice livello di collaborazione, sia tra le amministrazioni regionali
che hanno spontaneamente aderito al Progetto, sia tra queste ultime, gli uffici
territoriali del Ministero per i beni e le attività culturali (MiBAC) e le amministrazioni comunali all’interno delle quali ricade il teatro prescelto. A tal fine è
stata costituita una task force progettuale interregionale – composta da rappresentanti di ciascuna Regione – e una per ciascuna regione – composta da regione, MiBAC e comune di appartenenza del teatro – con l’obiettivo di condividere, concertare, promuovere e realizzare un’idea progettuale di gestione integrata
del territorio in cui si trova il teatro antico.
Questo doppio livello di rete (intraregionale e sovraregionale) è stato sperimentato nell’ambito della linea di assistenza tecnica del Progetto. L’obiettivo
della linea è rappresentato dalla definizione di un’idea progettuale condivisa,
rispetto ad un approccio di valorizzazione integrata del territorio in cui ricade il
teatro prescelto da ciascuna regione, che prevede di allargare la rete di collaborazione anche ad alcuni Paesi della sponda sud del Mediterraneo, in un’ottica di
mutua promozione di ciascun sito attraverso un unico network.
Per poter declinare le caratteristiche del network e le potenziali attività da realizzare come offerta da parte del territorio, è stato indispensabile attivare tra i
diversi soggetti istituzionali coinvolti un processo di partecipazione per la definizione dell’idea cui far seguire la condivisione rispetto alle modalità di gestione. L’idea progettuale che è stata concepita attraverso momenti di concertazione
in presenza e lavoro a distanza da parte di tutte le amministrazioni coinvolte, ha
dato luogo ad un progetto di massima modulare e flessibile che, pur indivi5
Basilicata, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia.
25
INTRODUZIONE
26
duando un percorso per fasi di successione ben definite, lascia ampio spazio a
personalizzazioni e distinzioni nell’offerta di attività e servizi che ciascuna
regione volesse ricondurre al network.
Dal confronto nei diversi momenti di incontro realizzati tra i rappresentanti
delle regioni, dalla sintesi di alcuni elementi di accordo e dal superamento di
alcune criticità è stato possibile individuare alcuni capisaldi, generalmente condivisi, relativamente all’impostazione generale del prodotto realizzato.
Innanzitutto è stato condiviso da tutti gli attori coinvolti il principio secondo
cui non si può attuare una strategia di valorizzazione dei beni culturali senza
promuovere il territorio in cui sono inseriti, contemperando un suo sviluppo
sostenibile e compatibile con la radice e la ragione storica dei beni culturali che
di quel territorio sono l’espressione identitaria. In quest’ottica, si è proceduto ad
individuare modelli innovativi attraverso esperienze di rete e di percorsi turistico-culturali integrati di livello sovraregionale, per attivare un processo di
tutela e valorizzazione attraverso una visione strategica di più ampio respiro
temporale, ma in grado di attivare processi di sviluppo socio-economico più
duraturi.
La consapevolezza di questa complessità riguardante il coordinamento tra i
diversi attori pubblici coinvolti e di raccordo di questi ultimi con i soggetti privati attivi sul territorio, ha fatto sì che una gran parte del dibattito sia stata dedicata alle strategie utili per creare un sistema di governance della rete dei teatri
che si sostanziasse, attraverso un raccordo continuo tra i diversi livelli di governo coinvolti, in una struttura agile, ma che comunque tenesse conto e contemperasse le esigenze sia di livello sovraregionale ed internazionale che di livello locale, creando le condizioni per garantire la realizzazione delle azioni concordate.
Il confronto tra le cinque regioni che hanno realizzato il Progetto, con il supporto metodologico del Formez, è stato prezioso, in quanto la rete di collaborazione che si è creata ha permesso la condivisione delle esperienze dei diversi
territori, delle idee e delle prospettive di sviluppo che ciascuna di esse ha già
messo in campo o prevede di avviare. L’apporto fornito attraverso la discussione riguardo alcune criticità emerse, come il diverso livello di organizzazione dal
punto di vista della ricezione turistica o delle produzioni locali, non ha impedito di trovare modalità flessibili che comunque garantissero di mandare avanti
insieme un progetto comune. Questi elementi hanno garantito l’attrattiva dell’idea progettuale anche da parte dei cinque Paesi6 del Mediterraneo che hanno
manifestato il proprio interesse ad entrare a far parte di questo progetto di valorizzazione dei teatri antichi.
6
Giordania, Marocco, Tunisia, Grecia, Egitto.
INTRODUZIONE
STAFF PROGETTO MEDITEATRI.PA
Livia Malcangio, Responsabile del progetto - [email protected]
Salima Salis, Coordinatrice della Linea Assistenza tecnica - [email protected]
Giulio Artegiani, Dirigente Relazioni Internazionali del Formez, Coordinamento [email protected]
Gianni Agnesa, Coordinatore della Linea Formazione - [email protected]
Claudia Onnis, Coordinatrice della Linea Comunicazione - [email protected]
Sara Falcone, Coordinamento - [email protected]
Mario Barca, Monitoraggio finanziario - [email protected]
Marco Costantino, Coordinamento, m.costantino@ yahoo.it
Sara Dini, Linea Formazione e Comunicazione - [email protected]
Donatella Spiga, Linea Assistenza Tecnica - [email protected]
Mary Sanna Artizzu, Linea Comunicazione e Assistenza Tecnica per la Regione
Sardegna - [email protected]
Djahida Bousselam, Linea Assistenza Tecnica per i Paesi terzi - [email protected]
Carla Maurano, Linea Assistenza Tecnica - [email protected]
Aldo Colella, Linea Assistenza Tecnica per la Regione Basilicata - [email protected]
Fabio Sanfilippo, Linea Assistenza Tecnica per la Regione Siciliana - [email protected]
Francesco Longo, Linea Assistenza Tecnica per la Regione Calabria - [email protected]
Maurizio Cotrona, Linea Assistenza Tecnica per la Regione Puglia, - [email protected]
Costanzo Cascavilla, Linea Assistenza Tecnica per la Regione Puglia [email protected]
Raffaella Angelucci, Capo Ufficio Affari Internazionali dell’Università IULM, Linea
Formazione - [email protected]
Michele Trimarchi, Linea Formazione - [email protected]
Martina Treu, Linea Formazione - [email protected]
Elena Ragazzi, Linea Analisi - [email protected]
Gianfranco Corio, Linea Analisi - [email protected]
Massimiliano Piacenza, Linea Analisi - [email protected]
Davide Michelis, Linea Analisi - [email protected]
Luca Milanetto, Linea Analisi - [email protected]
Claudio Bocci, Linea Analisi - [email protected]
Marcello Minuti, Linea Analisi - [email protected]
Filomena Pingitore, Linea Analisi - [email protected]
Roberto Andreotti, Linea Analisi - [email protected]
Gianpiero Perri, Linea Analisi - [email protected]
Arturo Agostino, Linea Analisi - [email protected]
Sarah Revoltella, Linea Comunicazione - [email protected]
Maria I.Simeon, Linea Comunicazione - [email protected]
Mario De Lucia, Linea Comunicazione - [email protected]
Immacolata Vellecco, Linea Comunicazione - [email protected]
Assunta Martone, Linea Comunicazione - [email protected]
Mario Marcello Verona, Linea Comunicazione - [email protected]
Maria Paola Compagnoni, Tirocinante, Master in Gestione dei Beni Culturali presso
l’Università Tor Vergata, Linea Formazione e Comunicazione.
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PARTE PRIMA
LE RISORSE: VALORE,
GESTIONE E RELAZIONI
CON IL TERRITORIO
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LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
I teatri antichi del
Mediterraneo: storia
e valorizzazione
tra passato e futuro
di Martina Treu
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Il fianco della collina è gremito, il sole radente abbaglia lo sguardo e illumina
le pietre. Pochissimi, sulle gradinate, i posti ancora liberi. In piedi, tra il pubblico, un ragazzo non nasconde la sua emozione: non è ancora maggiorenne,
questa giovane promessa che presenta oggi la sua prima opera. Cala il silenzio.
Entra il coro. Finalmente si va in scena.
Dove ci troviamo? Evidentemente in un teatro antico del Mediterraneo. Il
luogo e il momento della rappresentazione non contano. Potremmo essere alle
Dionisie di Atene, nel quinto secolo a.C., o ad una prima a Siracusa, nel 2006.
Sia chiaro, non vogliamo con questo assimilare del tutto le due situazioni, né
sovrapporre la rappresentazione antica a quella moderna. E non intendiamo
neppure negare le notevoli differenze che distinguono un teatro dall’altro: a
testimoniarle bastano gli edifici teatrali greci e romani, di epoche diverse e
anche lontani tra loro, disseminati lungo le coste del Mediterraneo.
Quel che ci preme qui sottolineare è la continuità tra passato e presente di cui
gli stessi teatri antichi ci appaiono innegabilmente portatori. E al tempo stesso
evidenziare i tratti comuni, le analogie e le affinità che a nostro parere uniscono
le esperienze teatrali del Mediterraneo, l’antica Atene e il presente.
L’uso moderno di un teatro antico per molti di noi rappresenta ormai una consuetudine. Eppure vale la pena di soffermarsi su quello che è per diversi aspetti un fatto eccezionale: a pochi monumenti antichi, per secoli caduti nell’oblio,
è concesso oggi di ritrovare o mantenere la loro funzione originaria. I teatri sono
per certi aspetti una fortunata eccezione.
Eppure, sotto la superficie luminosa, uno sguardo più ravvicinato rivela una
realtà molto complessa, fatta di ombre e contraddizioni, insidie e pericoli.
Possiamo, anzi, in un certo senso paragonare i teatri ad animali in estinzione,
che si risvegliano da un lungo letargo. Tornano finalmente alla vita, certo, ma
cosa trovano tutt’intorno? Si ritrovano perlopiù isolati, per non dire sperduti, in
un contesto estraneo, radicalmente mutato rispetto a quello originario. Nelle
loro vicinanze i deserti hanno invaso zone un tempo fertili, i fiumi hanno insabbiato porti, edifici moderni hanno inglobato e talvolta soffocato i resti antichi.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
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Per questo non ci pare azzardato paragonare un teatro antico a un organismo
vivente, sopravvissuto ai guasti del tempo, agli attentati dell’uomo e ai cataclismi della natura. Spesso si rendono necessari interventi drastici per curarlo e
metterlo in salvo, almeno temporaneamente. Col tempo, a fatica e con costi enormi, viene disseppellito o recuperato, sottratto alla speculazione edilizia, liberato dagli edifici che gli gravano addosso. Solo in seguito può esserne garantita
l’accessibilità e la sicurezza o, nella migliore delle ipotesi, l’uso per spettacoli
moderni. Ma rimane pur sempre un malato, fragile e debilitato dalla lunga convalescenza. E necessita di cura continua, se le stesse condizioni ambientali persistono, per essere al riparo da possibili ricadute.
Un simile quadro può sembrare allarmante, perfino provocatorio, ma rende l’idea della gravità della situazione, che è peraltro ben nota a chi si occupa di teatri antichi. E ricordare queste difficoltà ci aiuta prima di tutto a capire le preoccupazioni e le azioni dei sovrintendenti e dei responsabili diretti dei teatri. Per
questi motivi è comprensibile che chi li ha in carico pensi prima di tutto a superare le emergenze e a portare a termine il primo compito, ripristinare e preservare le strutture antiche. E sempre per questo motivo chi ha a cuore la salute del
teatro tende in genere anche in seguito a mantenere tra le proprie priorità soprattutto la cura e la salvaguardia del monumento.
Ma è bene ricordare che l’eccessiva preoccupazione, come in tutti i rapporti
d’amore, può risultare alla lunga paralizzante. E chi per mestiere conserva i
monumenti, e li ama veramente, pur di difenderli dagli assalti esterni può facilmente incorrere nell’estremo opposto. Ossia di preservare troppo. Anche a costo
di isolare il teatro dal suo contesto, annullare o indebolire il rapporto con il territorio o la città e per questa via condannare un teatro a un ben triste destino di
guscio vuoto, monumento silenzioso, rudere inutile, relitto di un passato lontano, farfalla sotto vetro intrappolata in una teca.
Non è questo ovviamente lo scopo che ci prefiggiamo. L’oggetto del nostro intervento, in linea con l’intero Progetto Mediteatri.pa, è una doppia e ambiziosa sfida:
cercare nuovi modi di recuperare e salvaguardare il teatro da un lato, valorizzarlo e migliorarne il suo utilizzo, dall’altro. E con questi obiettivi la nostra indagine, per quanto ben radicata nel presente e volta anche al futuro, prende le mosse
dal passato. Occorre innanzitutto risalire indietro nel tempo per ricordare cos’è il
teatro e cosa vi succede dentro, ma anche cosa c’è tutt’intorno, e fuori dal teatro.
1. Le origini
Cosa vuol dire innanzitutto ‘teatro’? Il termine, dal greco ‘guardare’, indica
prima di tutto un luogo fisico, il “luogo da cui si guarda”, e in seconda battuta
uno specifico edificio destinato a questo scopo: il ‘contenitore’ che ospita una
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
rappresentazione. Lo stesso termine, per estensione designa, però, anche il contenuto, ciò che avviene dentro l’edificio: uno spettacolo o un festival nel suo
complesso, e anche l’essenza stessa della rappresentazione. Per avvicinarsi al
teatro antico, quindi, potremmo dire che occorre innanzitutto imparare a ‘guardare’ il teatro nelle sue diverse forme.
Storicamente il teatro per eccellenza, se lo intendiamo come luogo o edificio,
è uno solo: il teatro di Dioniso, costruito sul declivio dell’Acropoli di Atene. È
fortunatamente visibile ancora oggi, anche se non nella forma originaria, bensì
in quella via via modificata e stratificata che ci ha restituito il corso dei secoli.
Proprio qui, nel sesto secolo a.C., viene fissato per convenzione l’atto di nascita
dell’intero teatro occidentale. Ma prima ancora che un luogo, o un edificio,
nasce ad Atene il teatro nel senso più esteso e universale: la scintilla da cui ha
origine tutto, il germe stesso della rappresentazione, ciò da cui discendono le
varie forme di teatro che noi occidentali conosciamo.
Va detto, tuttavia, che le informazioni di cui disponiamo sulla nascita del teatro sono purtroppo incomplete, parziali, e spesso molto posteriori rispetto alle
prime rappresentazioni. Si aggiunga che quel che ci rimane oggi del primo teatro, oltre a un edificio molto rimaneggiato, non è l’intero spettacolo. È solamente un elemento dell’insieme: il testo, ossia i drammi antichi giunti fino a noi. Un
numero esiguo rispetto al patrimonio originario, meno di un centinaio tra opere
greche e latine, se non contiamo i frammenti e i frustuli di papiro. Per di più i
testi antichi sopravvissuti fino a oggi non sono in forma completa, ma scarni e
nudi, privi della musica, delle coreografie e delle altre componenti della rappresentazione.
Sebbene il quadro sia in apparenza così desolante possiamo tuttavia ricostruire con un certo margine di approssimazione, incrociando i dati che possediamo
e fatta la debita tara alle fonti, almeno un quadro ipotetico del contesto originario delle rappresentazioni: l’Atene del sesto e quinto secolo a.C. (per maggiori
dettagli rimandiamo di volta in volta ai testi in bibliografia).
Il teatro, alle origini, è il teatro di Dioniso. E viceversa. Edificio e spettacolo,
contenitore e contenuto, appaiono legati da un rapporto simbiotico e complementare, tanto da potersi considerare per certi versi una cosa sola. La forma del
teatro e quella dei drammi che vi si rappresentano sono fattori strettamente
interdipendenti, legati da un filo sottile a doppio capo. L’influenza è reciproca e
continua, come dimostra lo studio incrociato delle testimonianze archeologiche
e dei testi. E difatti a quel che sappiamo le innovazioni apportate dagli autori
antichi ai loro drammi, ad esempio la variazione del numero degli attori o il loro
rapporto col coro, vanno di pari passo con le modifiche di carattere architettonico: dalla struttura del teatro all’arricchimento della parete scenica, all’innalzamento del palco rispetto all’orchestra.
33
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
34
Sempre in quest’ottica di interdipendenza, ormai acquisita negli studi in materia, è opinione comune che la valorizzazione di un edificio teatrale non possa
prescindere dall’uso per cui è stato concepito e costruito. Quindi la conoscenza
approfondita delle condizioni di nascita del teatro, e delle originarie rappresentazioni, costituisce a nostro avviso un presupposto fondamentale per un uso
consapevole ed equilibrato di un teatro antico oggi: volto non a ricavarne il massimo del profitto, a qualunque costo, ma a garantirne la cura e la salvaguardia,
senza rinunciare a rispettarne la vocazione d’origine.
Con questi intenti inauguriamo il percorso sulla valorizzazione dei teatri antichi con la ricostruzione, seppure sintetica, del primo contesto in cui si sviluppa
il teatro occidentale, e dei principali eventi che accompagnano la nascita di uno
spettacolo antico. Le varie fasi di organizzazione e realizzazione dei festival teatrali, oggi come ieri, non sono fattori isolati da considerare in sé, senza alcun
rapporto con i contesti, la popolazione e il territorio circostante. Al contrario il
nostro primario intento dovrebbe essere cercare di ricostruire un insieme, dove
ogni componente sia in relazione con le altre.
Uno studio dei modelli antichi orientato in tal senso, riteniamo, non è fine a
sé stesso, ma può illuminare alcuni aspetti degli attuali meccanismi che regolano la riproposizione di un dramma classico e l’utilizzo odierno dei teatri antichi. Le indagini condotte su casi moderni, infatti, confermano che molte attività
teatrali oggi potrebbero funzionare meglio e produrre maggiori risultati se fossero programmate e portate a termine non per compartimenti stagni, ma nell’ottica dell’interdipendenza che caratterizza il teatro sin dalle origini.
Per questo intendiamo rievocare il contesto in cui il teatro nasce e si sviluppa,
via via sottolineando alcuni dati storici, geografici ed economici per noi fondamentali, e soprattutto indicando ove possibile eventuali precedenti, ed equivalenti, di alcuni fattori che tuttora pesano nella costruzione di uno spettacolo o
di un festival teatrale. Torniamo indietro nel tempo, semplificando, per cercare
i progenitori dei nostri sindaci e sponsor, giurie e premi, divi, comparse e pubblico. E per meglio comprendere e valorizzare, in ultima analisi, quello che ci
rimane oggi.
2. Il contesto
Le prime notizie storiche sull’istituzione del teatro risalgono al sesto secolo a.
C., ma i primi testi conservati sono databili alla prima metà del quinto secolo
a.C. I drammi greci che vengono rappresentati ancora oggi, in altre parole, hanno
duemilacinquecento anni circa: la prima tragedia di Eschilo arrivata fino a noi,
I Persiani, è del 472 a.C. Per il periodo anteriore a questa data possiamo contare
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
su resti archeologici e altre fonti dirette e indirette, posteriori o frammentarie,
epigrafi e documenti ufficiali (si veda a riguardo Baldry, 1971).
Dall’insieme delle testimonianze si ricava in primo luogo l’ipotesi che ad
Atene, come in altre località della Grecia, ben prima dei drammi a noi noti, vengano rappresentate almeno forme embrionali di azioni sceniche, in gran parte
basate sulla tradizione orale o sull’improvvisazione. La svolta decisiva del sesto
secolo a.C. viene attribuita per tradizione a una figura ormai mitica di primo
‘inventore’ del teatro: un autore-attore di nome Tespi, vincitore del primo concorso tragico attestato. Quest’ultimo evento segna per convenzione la nascita del
teatro antico: la data equivalente nel nostro calendario è compresa tra il 534 e il
531 a.C., ed è calcolata in base a un’antica scansione cronologica quadriennale
basata sullo svolgimento delle Olimpiadi.
Non è un caso se l’esordio storico del teatro greco viene di fatto a coincidere
con una gara. La competizione permea profondamente lo spettacolo antico come
molti altri aspetti, abituali o eccezionali della vita dei Greci: a cominciare dai
molti tornei ginnici ospitati da varie località, da Olimpia a Delfi, fino alle forme
di architettura, di arte e di poesia più o meno direttamente coinvolte e legate alle
gare. Va inoltre ricordato che non solo i drammaturghi e gli attori sono premiati dalla città e ricordati nei documenti ufficiali, come vedremo, ma la stessa fama
imperitura tocca anche agli atleti vincitori di gare o corse. E tra le celebrazioni
rientra anche una delle più alte espressioni della poesia greca: la lirica corale.
Questo genere poetico merita attenzione, ai nostri fini, perché è legato al teatro ateniese da una forte contiguità spazio-temporale, come dimostrano gli studi
specialistici: basti qui ricordare a riguardo che i suoi esponenti di fama frequentano a più riprese Atene e che il più celebre di loro, Pindaro, è coetaneo di
Eschilo. I poeti della lirica corale sono paragonabili per certi aspetti a liberi professionisti di oggi e questo sia detto senza nulla togliere al loro genio, ma anzi
rendendogli il giusto merito.
I loro magnifici canti d’encomio sono, infatti, commissionati appositamente
per un’esecuzione pubblica, da parte di un coro, per celebrare di volta in volta
vittorie e ricorrenze, dei ed eroi, cittadini pubblici e privati, famiglie e città. I più
bravi, e dunque i meglio pagati, fanno a gara per accaparrarsi e compiacere ricchi committenti: tra questi ultimi in particolare spiccano i cittadini influenti, i
governanti e i cosiddetti tiranni, che talvolta gareggiano in prima persona, o partecipano indirettamente ai giochi come benefattori, protettori e sponsor.
Simili partecipanti, specie i più illustri, hanno ovviamente la possibilità di
acquisire prestigio tra le città, compiacere i propri sudditi e consolidare il proprio potere. Anche per questo la lirica corale rappresenta un termine di confronto illuminante per la nascita del teatro. Una figura fondamentale per la storia del teatro è infatti Pisistrato, il ‘tiranno’ di Atene per eccellenza, colui che la
35
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
36
propaganda democratica userà in seguito come spauracchio per scongiurare,
invano, i colpi di Stato oligarchici.
Sicuramente Pisistrato è tra i principali responsabili dell’accezione negativa
che il termine ‘tiranno’ ha poi assunto, per la fama esecrabile associata alla sua
figura e a quella dei suoi figli ed epigoni. E tuttavia molti suoi concittadini e
avversari gli riconoscono più o meno implicitamente, talvolta loro malgrado, un
ruolo di mecenate ante litteram e protettore delle arti. Tra i suoi maggiori meriti in questo campo ci sarebbe anche il fondamentale impulso dato al teatro, con
l’affermazione e la diffusione del culto di Dioniso in Attica e l’istituzione delle
prime rappresentazioni ricorrenti durante le feste celebrate in onore del dio.
3. Un teatro ‘politico’
Resta tuttavia innegabile il fatto, per quanto si possa rivalutare la tirannide,
che il teatro greco deve la sua fama e fioritura a un’altra forma di governo: quella che distingue Atene tra le città greche, anche ideologicamente e simbolicamente. Il principio ispiratore è del tutto opposto rispetto alla tirannide: non la
restrizione del potere ad un uomo solo, o a un limitato gruppo di uomini, bensì
al contrario l’estensione dei diritti politici ad un vasto numero di cittadini, in
misura decisamente superiore rispetto alle altre forme di governo praticate nel
mondo antico. Si tratta ovviamente della cosiddetta democrazia, comunemente
riconosciuta come invenzione ateniese, quasi un ‘marchio registrato’ esportato
da Atene anche in altre colonie e città alleate.
Il termine greco significa letteralmente “governo del popolo” e di fatto designa
un sistema basato sulla partecipazione alla vita politica di un vasto strato di
popolazione: il numero di cittadini effettivi è variabile, ma in media superiore
alle altre città antiche, seppure con restrizioni a seconda dei periodi storici, della
situazione socio-economica e dell’ampiezza delle varie classi sociali. In ogni caso
va ricordato che solo i maschi adulti e liberi – non gli stranieri, le donne e gli
schiavi – partecipano all’assemblea che elegge l’esecutivo, hanno diritto al voto e
possono accedere alle cariche pubbliche per sorteggio o per elezione.
La democrazia è in vigore, salvo brevi intervalli, per gran parte della storia di
Atene come polis, ossia come città-stato indipendente. Da questo termine deriva l’aggettivo ‘politico’ che si può applicare al teatro classico prima di tutto in
senso etimologico, proprio in quanto quest’ultimo appare intimamente legato
alla vita della città. Il periodo d’oro dei festival, il quinto secolo a.C., coincide
infatti con la più celebre stagione della democrazia, che ha per fulcro ideale l’età
di Pericle e si può intendere simbolicamente compresa tra le Guerre Persiane
(490 a.C.) e il termine della Guerra del Peloponneso (404 a.C.).
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
La concomitanza dei due periodi non è ovviamente casuale: la grande espansione di Atene e la sua crescente influenza nell’Egeo appaiono presupposti storici ed economici essenziali per lo sviluppo del teatro, della cultura e dell’arte. In
quest’arco di tempo, Atene dispone di consistenti risorse, grazie a un bacino d’influenza territoriale in espansione: non solo esercita un controllo sempre più stretto sull’Attica e il territorio circostante, ricco di miniere, ma allarga progressivamente il suo dominio dalla terraferma al mare, alle isole e alle colonie di Oriente
e di Occidente. La potenza ateniese si fonda soprattutto sui cantieri navali, su una
nutrita schiera di marinai e una formidabile flotta ad uso civile e militare.
Con questi mezzi la polis si garantisce un ruolo di rilievo prima nelle Guerre
Persiane e poi in un’alleanza di città e isole nota come Lega delio-attica: istituita nel 478/77 a.C. in funzione anti-persiana e poi gradualmente divenuta di fatto
un vero e proprio impero. Il peso crescente della flotta è ben visibile sia nella
politica interna di quel periodo, con l’affermarsi dei generali e leader democratici, sia in quella estera, dove sancisce gradualmente il predominio di Atene
rispetto alle alleate, ed è fondamentale nel favorire gli scambi e i commerci, salvaguardare la sicurezza sul mare, contribuire al raggiungimento dell’eccellenza
in ogni campo artistico e culturale. Forte della sua superiorità a livello commerciale, politico e militare, la città assume il controllo del tesoro comune (454
a.C.), impone dazi, sottopone gli alleati a esosi tributi.
L’enorme ricchezza così accumulata viene impiegata per finanziare non solo i
lavori pubblici o l’attività politica e giudiziaria, ma anche un complesso apparato di manifestazioni artistiche, inclusi i festival e concorsi teatrali. E in effetti
sul bilancio cittadino – desumibile con una certa approssimazione dalle fonti
ufficiali e letterarie – quei settori che oggi definiremmo ‘cultura’, ‘arte’ e ‘spettacolo’ incidono in modo decisamente consistente. Ci pare anzi utile fornire qui
di seguito il quadro economico indicativo dei festival teatrali evidenziando ove
possibile, visto il carattere del nostro studio, eventuali corrispondenze o divergenze con le situazioni moderne che ben conosciamo.
4. Il teatro in cifre
Il teatro è prima di tutto un cardine basilare del sistema democratico e dunque
i suoi costi vengono sostenuti in massima parte dallo Stato, come accade del
resto oggi in buona parte dell’Europa. E se anche noi moderni concordiamo
generalmente sul principio che il teatro dovrebbe essere alla portata di tutti,
almeno in teoria, ad Atene esso rappresenta di fatto molto di più: è un diritto e
un dovere fondamentale di ogni cittadino e come tale va garantito con iniziative concrete e sovvenzioni di straordinaria portata.
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LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
38
Sulla base di simili presupposti non è difficile comprendere come mai i festival svolgano una parte così importante nella vita pubblica della comunità, né
che siano tra le voci di spesa più cospicue, a quanto sappiamo, nel florido bilancio di quinto secolo. Rivediamo in quest’ottica i documenti pubblici rimasti e le
testimonianze di cittadini privati, in gran parte coinvolti in processi, per stimare l’ammontare degli stanziamenti e la distribuzione delle risorse tra pubblico e
privato (si veda a riguardo tra gli altri Lanza, 1997).
Per quantificare i costi e il loro equivalente moderno prendiamo come unità di
base il talento, che nel sistema monetario ateniese corrisponde a 60 mine, o a
6000 dracme. Per rendere l’idea, un talento dell’epoca basta a comprare trenta
schiavi, o a mantenere per un anno quindici o più famiglie di quattro persone.
Ad un talento ammonta appunto, probabilmente, il premio che spetta a ciascuno degli autori e attori risultati vincitori al concorso teatrale. L’importo viene
corrisposto dall’erario, come gran parte degli oneri sostanziali, tra cui le spese
fisse e le paghe dei professionisti.
La città a sua volta ha diversi modi di fare cassa: ad esempio stipula probabilmente un contratto d’affitto per il teatro, o una specie di convenzione, con un
impresario privato; costui si assume i costi di gestione e manutenzione dell’edificio, versa allo Stato il canone di affitto e in cambio incassa il ricavato dei
biglietti d’ingresso. Il loro costo, a quanto pare, è teoricamente fissato a due oboli
(la terza parte di una dracma). Ma almeno a partire da Pericle e per un certo
periodo sembra che lo Stato si assuma anche l’onere di pagare l’ingresso ai meno
abbienti, o se si vuole di rimborsare loro l’equivalente dello stipendio di una
giornata di lavoro. Con una cifra simbolica sì, ma non irrisoria.
Questa ‘sovvenzione’ per i posti a sedere dovrebbe verosimilmente costare in
tutto tre talenti. Detratto il ricavato dell’affitto del teatro, corrisposto alla tesoreria,
il costo totale per ogni gara drammatica sarebbe di circa undici talenti, mentre la
spesa totale dello Stato ateniese per tutte le feste ammonterebbe a venticinque-trenta talenti l’anno. Per dare un termine di confronto, il costo stimato per mantenere
il corpo di polizia nello stesso periodo è di quaranta talenti l’anno (Baldry, 1987).
Venendo poi alla ripartizione dei compiti e all’organizzazione vera e propria, le
feste che ospitano gli spettacoli rientrano tra le competenze di una figura di rilievo nell’amministrazione cittadina, a metà tra un direttore artistico e un assessore
alla cultura. È uno dei cosiddetti ‘arconti’, cioè ‘governanti’: magistrati eletti
annualmente che amministrano la città suddividendosi tra loro le varie funzioni
in modo paritario (più o meno come accade oggi nelle giunte comunali…).
In ogni caso il meccanismo dei festival è su base annuale, come l’elezione dell’arconte e di gran parte delle cariche pubbliche ateniesi. Si parte solitamente con
largo anticipo sulle date dei concorsi: prima di tutto gli autori drammatici ‘chiedono il coro’, cioè presentano una proposta di drammaturgia all’arconte incarica-
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
to dei festival. Questi, probabilmente affiancato da consiglieri, in primo luogo sceglie e nomina i candidati per ciascuna categoria di concorso; poi procede man
mano alla scelta degli spettacoli e degli attori, alla concessione del coro, all’attribuzione dei ruoli e alla scelta degli ‘sponsor’. Quest’ultimo ruolo, a dire il vero, è
solo in parte sovrapponibile all’istituzione tipicamente ateniese detta coregìa, che
rientra tra le cosiddette liturgie ed è in realtà più una sponsorizzazione imposta o
caldamente suggerita – per non dire una tassa – che non un contributo volontario.
Le rappresentazioni infatti non sono pagate interamente dallo Stato: una parte
delle spese ricade sui cittadini privati, per la precisione i più ricchi, che si assumono l’onere di fare da coreghi. La legge impone loro di partecipare al finanziamento di uno spettacolo, a turno, pagando in particolare l’addestramento del
coro e l’equipaggiamento con ornamenti e costumi. La somma sborsata varia presumibilmente di caso in caso, a seconda della generosità del corego, ma può arrivare a mezzo talento all’incirca (il quadruplo del minimo legale) secondo una
testimonianza di Lisia, sul finire del quinto secolo (Baldry, 1987).
Se il corego non bada a spese lo spettacolo dovrebbe avere maggiori probabilità di vincere, almeno in teoria, sempre ovviamente se il testo e gli attori sono
di buon livello. Tra le molte variabili, spesso non valutabili con certezza, sicuramente sono decisivi altri fattori economici e politici, quali il valore attribuito
all’investimento, lo scopo che il corego si prefigge e il risultato che riesce a ottenere. Proprio qui si può ravvisare a nostro avviso il maggior punto di contatto
tra l’antica coregia e il moderno sponsor: nelle probabili ricadute in termini di
‘immagine’ dell’intera operazione. Qui sta in entrambi i casi l’evidente beneficio
per chi finanzia uno spettacolo, specie se si tratta di un uomo politico: in caso
di primo premio, o di successo strepitoso, la ‘buona pubblicità’ e l’incremento
di popolarità compensano ampiamente le spese sostenute.
Non ci stupisce dunque, scorrendo le liste ufficiali, ritrovare come coreghi
gran parte degli uomini illustri dell’epoca, che fanno a gara in munificenza per
motivi di prestigio personale o propaganda politica. In una comunità ristretta,
con democrazia diretta, il teatro rappresenta evidentemente un’occasione pubblica da non perdere. Una vittoria riportata ai concorsi più prestigiosi, di fronte
all’intera città e agli stranieri, è senz’altro uno dei modi migliori per mettersi in
evidenza, acquistare o mantenere il potere, consolidare il proprio prestigio personale e altro ancora. Ad Atene come in molte città antiche e moderne.
5. La comunità a teatro
L’esame approfondito del nostro caso rivela diversi aspetti significativi, e per
certi versi esemplari. In primo luogo conferma l’importanza di una accurata
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LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
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valutazione del contesto, globale e locale, in cui il teatro è immerso. La potenza
di Atene e i rapporti con gli alleati, infatti, appaiono condizioni necessarie per
la nascita e lo sviluppo del teatro, e così pure il sistema politico della città e il
peso di singoli componenti del gruppo sociale sono fattori fondamentali per lo
svolgimento degli spettacoli e l’intera organizzazione dei festival.
A questo scopo si sono finora sottolineate diverse componenti di ordine storico, politico ed economico, che non sono tuttavia gli unici strumenti di cui
disponiamo, né sembrano peraltro sufficienti a spiegare, misurare e comprendere gli aspetti più prettamente simbolici e ideologici che il teatro assume, ieri
come oggi. In altre parole, un bilancio, antico o moderno, può certamente aiutarci a valutare quale importanza rivesta il teatro per la vita di una comunità. Ma
occorre al tempo stesso considerare altri fattori: alcuni materiali e tangibili – ad
esempio l’affluenza e la composizione del pubblico – altri immateriali e simbolici, come il grado di coinvolgimento e partecipazione dei cittadini a uno spettacolo o a un evento simile.
Che significato ha, dunque, il teatro per un ateniese di quinto secolo, e in
misura minore anche per gli spettatori dei secoli successivi? Rispondere non è
impresa facile. Si è detto che il teatro rientra a pieno titolo tra i diritti e doveri
fondamentali di ogni cittadino. Oggi questa affermazione è probabilmente condivisibile da molti, ma più in termini ideali che concreti, tanto da apparire spesso una meta difficilmente raggiungibile.
Non è così nell’Atene di quinto secolo, dove possiamo supporre che gran parte
della popolazione attiva sia in qualche modo coinvolta nell’evento a livello di
preparazione, di attuazione e di fruizione. E lo è al punto che, in pratica, la città
è il teatro. E il teatro è la città. Almeno in questa fase storica. Ma visto dall’ottica opposta – ossia dal punto di vista dell’individuo – tutto questo significa che
il teatro gioca sempre e comunque una parte, più o meno importante, nella vita
di ogni cittadino della polis e del suo territorio.
Nei festival di quinto secolo si calcola che i partecipanti attivi ad ogni spettacolo siano quasi millecinquecento. Una parte sono professionisti, ad esempio gli
attori e gli autori dei drammi, gli istruttori del coro e i musicisti. Ma molti di più
sono semplici cittadini, dilettanti e appassionati. Chi ha doti di tipo musicale o
artistico probabilmente ha, prima o poi, occasione di essere reclutato e prendere parte direttamente alla rappresentazione, dopo un opportuno addestramento
teso a migliorare le doti e competenze del singolo e dare coesione al gruppo.
Ma dobbiamo presupporre che allo stesso modo, anche in altri campi, ogni
capacità artistica, artigianale o organizzativa venga valorizzata, e presumibilmente per vari motivi. Uno di questi è il già citato carattere agonistico e competitivo dello spettacolo antico. Non a caso tra i ruoli decisivi che ogni cittadino
potenzialmente può aspirare a ricoprire c’è quello di giudice, nelle giurie dei
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
processi come nei concorsi teatrali. I giudici vengono selezionati con un complicato meccanismo per evitare brogli o parità di voto: da una prima lista di cittadini ne vengono estratti a sorte dieci, che esprimono le proprie preferenze, cinque di questi giudici decretano il vincitore.
Simili complicate procedure sono un’ulteriore conferma del valore simbolico
attribuito dalla comunità al teatro e all’esito dei concorsi. Ciascun autore, attore
o musicista si cimenta con i suoi pari, ogni artista o artigiano con i concorrenti,
ogni membro del coro o corego con quelli degli altri drammi in gara. Come nelle
gare ginniche vincere il concorso e prevalere sugli altri, significa acquisire gloria agli occhi della città, ma anche conquistare il titolo del migliore nel proprio
campo. Rispetto ad altre gare antiche e moderne, inoltre, possiamo immaginare
che qui non siano in gioco solo i talenti individuali, i nomi di spicco, i professionisti affermati. È vero, alle cerimonie ufficiali vengono premiati individui
singoli, autori o attori. Ma per vincere conta soprattutto il valore del gruppo, la
coesione della compagnia, la risposta della collettività.
Questo vale anche per chi sta seduto dall’altra parte: gli spettatori e i giudici
sono chiamati presumibilmente a valutare lo spettacolo nel suo complesso, e
non solo un drammaturgo o un attore. E anche chi si limita in apparenza ad
andare a teatro, come spettatore, non assiste semplicemente a uno spettacolo, ma
partecipa in maniera totale a un evento che a sua volta fa parte integrante di un
processo collettivo: prima una lunga e complessa serie di preparativi che occupano quasi tutto l’anno, poi i giorni del festival e infine le cerimonie che precedono, accompagnano e seguono gli spettacoli. A tutto questo ogni cittadino ateniese è teoricamente tenuto a prendere parte.
Questa partecipazione di massa non è solamente un dovere civico: la componente fin qui delineata, per così dire ‘civile’, si somma ad un’altra altrettanto
importante che oggi definiremmo ‘religiosa’. Questa è a dire il vero distinguibile dalla prima, va precisato, solo agli occhi di noi moderni: per un ateniese dell’epoca non sarebbero probabilmente separabili in alcun modo, né in teoria né
in pratica. Il teatro ad Atene difatti non è solo una pratica sociale, ma rientra
anche a pieno titolo nella sfera del sacro. L’edificio intero, come l’altare che ne
è il centro, è da sempre consacrato a Dioniso, il dio dell’ambivalenza, dell’irrazionale, della follia: sue sono le feste in cui vengono compiuti sacrifici e processioni, si eseguono i ditirambi, si rappresentano commedie e tragedie. Lo stesso dio compare anche come personaggio in due ipostasi assolutamente dissimili, ma entrambe vere e autentiche, nella tragedia Le Baccanti di Euripide (404
a.C.) e nella commedia Le Rane di Aristofane (405 a.C), per citare solo i drammi
conservati.
Anche per quest’ultimo aspetto, in sintesi, il teatro antico si può meglio comprendere, riproporre e valorizzare con un’accurata analisi del contesto, che
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LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
metta in luce i molteplici legami tra città e teatro e il carattere composito dello
spettacolo antico: un evento civile e festivo al tempo stesso, dal carattere fortemente rituale e ripetitivo, eppure unico e straordinario. Infatti ogni dramma
nasce per essere rappresentato una sola volta, come parte integrante di una cerimonia ‘religiosa’ collettiva: una festosa e solenne celebrazione del dio compiuta
periodicamente dall’intera città (si veda Beltrametti, 2005).
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6. Un teatro in evoluzione
Abbiamo fin qui delineato il contesto d’origine del teatro, il gioco di ingranaggi e meccanismi che nasce e si perfeziona nell’arco di almeno un secolo, il
circolo virtuoso che pone in stretta interconnessione teatro e città, rito e spettacolo. La storia del teatro antico tuttavia non è ovviamente circoscritta ad Atene,
né si esaurisce in quest’epoca aurea. Attività analoghe o fenomeni simili sono
osservabili, anche se con frequenza e misura variabile, in molte città e vari luoghi del Mediterraneo che ospitano rappresentazioni teatrali in fasi diverse della
loro storia.
Risalendo indietro nel tempo possiamo del resto ipotizzare, come si è detto, che
dapprima semplici spettacoli più o meno articolati e poi veri e propri festival si
siano tenuti con sempre maggior frequenza anche in altre località della Grecia e
delle colonie. Gli stessi testi dei drammaturghi ateniesi sono sicuramente rappresentati in prima istanza nel grande teatro di Atene, che ospita la ‘prima’, ma presumibilmente vengono replicati subito dopo. E sono poi oggetto di riprese a distanza anche nei teatri periferici e nei cosiddetti festival ‘rurali’, cioè extraurbani.
Col tempo gli stretti rapporti tra città-madre e territorio tendono però ad allentarsi, la partecipazione al rito comincia progressivamente a perdere di coesione,
il legame tra istituzioni e pubblico si va sfaldando. E al tempo stesso appaiono
via via modificarsi ed evolversi, rispetto al modello originario, molti altri elementi che si riveleranno fondamentali ai fini della nostra indagine. In primo
luogo le molte e complesse dinamiche che connettono la pratica teatrale e la
struttura architettonica, l’aspetto e uso degli edifici e la loro collocazione nel territorio, le occasioni dei festival e le forme di spettacolo.
Gli studi storici, letterari e archeologici hanno da tempo messo in luce un’evoluzione dei modelli teatrali ben visibile in un lungo arco di tempo e su vari livelli, a cominciare dagli edifici teatrali che sono il nostro oggetto di studio primario.
Questi si diffondono a macchia d’olio in tutto il Mediterraneo: prima in Grecia,
poi nelle colonie in Magna Grecia e Asia Minore, e infine a Roma. Storicamente,
dal quarto secolo in poi, il quadro di riferimento e l’orizzonte culturale si allargano sempre di più: i centri egemoni non sono più le città greche, ma i regni elle-
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
nistici del Mediterraneo. La stessa Atene, ormai priva di vera autonomia, è gradualmente ridotta al rango di provincia periferica e vede cambiare rapidamente
le sue forme di governo e di partecipazione alla vita politica.
Per quanto riguarda l’evoluzione dei testi basti qui dire, sintetizzando studi
recenti, che le modifiche nella forma e struttura del dramma appaiono via via
rispecchiare le mutate dinamiche sociali e politiche. Così, ad esempio, il coro,
che semplificando si può vedere come ‘doppio scenico’ della comunità stessa,
subisce un inarrestabile declino già a partire dal quarto secolo: comincia a perdere di importanza nell’economia del dramma e viene sempre più sacrificato a
livello scenico e testuale, per poi scomparire del tutto.
La sorte del coro è solo un esempio del lungo e complesso processo, una vera e
propria metamorfosi, che caratterizza in questo periodo il teatro, ancora una volta
inteso sia come contenitore sia come contenuto. Per ricostruire questo percorso
le testimonianze archeologiche di quest’epoca sono più che mai preziose, vista la
penuria dei testi rimasti della cosiddetta Età di Mezzo. Un lungo periodo di silenzio, se si eccettuano pochi resti, si estende infatti tra gli ultimi drammi greci conservati integralmente, le commedie di Menandro (fine quarto secolo a.C.) e i
primi latini: le commedie latine di fine terzo-inizio secondo secolo a.C.
Per quanto riguarda l’aspetto testuale basti qui ricordare che gli studi condotti
in parallelo tra i testi superstiti consentono di valutare almeno in parte la trasmissione dei modelli teatrali dalla Grecia a Roma, e l’eredità che gli stessi autori latini riconoscono pubblicamente. Possiamo dire semplificando che il teatro
greco viene programmaticamente ‘copiato’, o se si vuole ‘importato’ a Roma tramite i Greci del sud Italia: anche sotto questo aspetto potremmo dire, parafrasando il celebre “Graecia capta”, che i vincitori o conquistatori in termini militari
appaiono di fatto ‘conquistati’ dai ‘sudditi’ in campo culturale. Difatti questi ultimi sono perlopiù letterati, intellettuali e colti, anche se in gran parte schiavi.
In tal senso anche il basso status dei teatranti a Roma appare rivelatore in confronto alla condizione privilegiata di cui godono le stesse categorie nell’Atene
classica. Gli attori sono perlopiù schiavi, proprietà del dominus gregis o capocomico. Gli stessi autori del teatro latino delle origini non sono di Roma, sono
spesso schiavi o liberti e di condizione economica non agiata. O comunque si
presentano tradizionalmente come tali, il che non è meno significativo. In gran
parte schiavi sono anche i loro alter ego nelle trame delle commedie romane.
E, in generale, il quadro della società romana che traspare dalle commedie, come
dimostrano studi recenti, è più o meno di questo tipo: le persone perbene non
dovrebbero fare gli attori, né ordire trame di inganni e raggiri, per entrambe le
mansioni ci sono giustappunto i servi (Bettini, 1991).
Non è un caso dunque, ci preme sottolineare, se a Roma i teatranti godono di
scarsa libertà e considerazione, rispetto ai loro colleghi greci: su questa stessa
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LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
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linea si pongono altre peculiarità rilevanti del teatro romano, che vale la pena di
citare, relative alle occasioni e agli spazi della rappresentazione. È vero, infatti,
che anche a Roma – come in Grecia – gli spettacoli teatrali continuano a trovare spazio in occasioni festive, almeno formalmente. Ma più che un vero e proprio rito collettivo sembra trattarsi di un’occasione di intrattenimento, se non un
semplice passatempo, che il pubblico romano può scegliere in alternativa ad
altre forme di ‘divertimento’. Non meraviglia, dunque, che sia oltremodo difficile la vita dei teatranti, soggetti alla concorrenza sleale dell’anfiteatro o del
circo. Queste ultime attrazioni diventano sempre più popolari nella società
romana – un po’ come accade oggi col cinema, la televisione e altre forme di
intrattenimento – e sottraggono spettatori al teatro, in modo così sensibile da
lasciare talvolta deserta la platea, a quanto ci dicono le nostre fonti.
Rientra in questa stessa ottica anche un altro dato rilevante, ai nostri fini, ossia
il lento sviluppo dell’architettura teatrale romana: il primo teatro stabile in
muratura in città viene infatti costruito solo all’epoca di Pompeo (55 a.C.).
Stranamente tardi, se si pensa non solo alla storia del teatro latino, ma anche alla
rapidità con cui la città cresce e si afferma in campo politico, militare e culturale. Non meraviglia che una costruzione stabile non sia tra le sue priorità.
L’edificio conserva per molto tempo un carattere provvisorio, dall’uso strettamente limitato, in primo luogo perché il teatro è considerato un divertimento tra
tanti, persino ‘minore’ ed episodico.
A simili posizioni non sono del resto estranee, forse, certe spinte ideologiche,
scelte politiche ed esigenze sociali: una struttura stabile potrebbe essere sede di
riunioni pericolose, rivolte e sedizioni. E probabilmente depongono a suo sfavore anche le resistenze di un certo ceto senatorio all’acquisizione della cultura
greca in generale e dei suoi modelli architettonici. Sia come sia, in ogni caso il
teatro non è più considerato uno dei fulcri simbolici dell’intera città, come
avviene ad Atene, o comunque una componente essenziale del tessuto urbano
– al contrario delle città greche e dei regni ellenistici, dove il teatro è praticamente onnipresente – ma è un luogo di divertimento tra tanti nella cornice di
feste stagionali ed episodiche.
Anche in questo sono rivelatori i diversi usi linguistici delle varie culture: il
termine latino “ludi” cioè ‘giochi’, denomina le feste romane che ospitano
indiscriminatamente spettacoli teatrali e altre forme di intrattenimento disimpegnato. Quanto allo spazio scenico, per noi essenziale, se il termine greco
significa come si è detto “luogo da cui guardare”, il latino ci tramanda un altro
termine, auditorium, dal verbo ‘ascoltare’. A Roma cambiano dunque i luoghi,
le occasioni, il concetto stesso di teatro. E anche l’edificio in sé riflette i diversi modi di intendere e concepire lo spettacolo, nonché la società stessa che vi
si rispecchia.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
7. Molti teatri, una comunità
Ci siamo limitati al caso di Atene e Roma, per ovvie ragioni, per meglio evidenziare alcuni dati e i criteri di ricerca che andrebbero applicati anche agli altri
teatri antichi sparsi per il Mediterraneo: un insieme molto eterogeneo per storia
e collocazione, caratteristiche e funzioni, varietà e ricchezza. Tutti insieme testimoniano non solo la diffusione capillare della pratica teatrale, ma anche la progressiva evoluzione dell’edificio e la varietà delle soluzioni adottate dai costruttori. L’archetipo è evidentemente dinamico e flessibile, capace di rinnovarsi e
mutare, adeguandosi di volta in volta al contesto, al tipo di rappresentazione o
evento, alla funzione e soprattutto alla popolazione, che continua a usufruire
dell’edificio teatrale per gli spettacoli e per altri possibili usi.
Con un simile processo simbiotico la civiltà romana acquisisce e ingloba i
modelli teatrali greci, modificandoli e dando vita a un nuovo tipo di edificio,
adatto alle nuove esigenze, ai gusti del pubblico e alla natura delle rappresentazioni. Il ‘nuovo prodotto’ viene poi esportato nelle zone del Mediterraneo
che passano gradualmente sotto il controllo di Roma. Questo fenomeno si
osserva non solo nei teatri romani di nuova costruzione, ma anche in quelli già
presenti nelle aree di lingua e cultura greca, oggetto di modifiche più o meno
sostanziali.
Basti pensare al teatro di Dioniso ad Atene, protagonista di un’inarrestabile
evoluzione che lo porta a ospitare spettacoli ben diversi da quelli per cui viene
originariamente concepito e che deve essenzialmente all’epoca romana l’aspetto che ha tuttora. Le varie fasi e peculiarità di questa assimilazione sono oggetto di studio e di riflessione ancora oggi da parte degli studiosi di teatro antico.
Anche per questo l’interdipendenza tra edificio e contesto si conferma un principio fondamentale non solo per ricostruire correttamente l’evoluzione dell’edificio e dello spettacolo teatrale, ma per ipotizzarne il recupero e i possibili usi
in epoca moderna.
Quel che abbiamo finora sintetizzato rappresenta ormai un patrimonio condiviso per gran parte dei cultori e degli specialisti. Non altrettanto si può dire del
vasto pubblico di spettatori, critici e perfino operatori del settore teatrale: la
scarsa conoscenza dei contesti d’origine porta molti a sottovalutare l’importanza del luogo in cui si rappresenta uno spettacolo, perfino a pensare che non
influisca sul contenuto. Al contrario in ogni rappresentazione antica o moderna
lo spazio teatrale, il suo contesto e la sua storia rivestono una estrema importanza. Il teatro antico non fa eccezione, anzi. E se ogni teatro costituisce un caso
a sé, una corretta strategia di utilizzo dovrebbe partire dalle sue peculiarità e
dallo specifico rapporto con il territorio, studiando a fondo i loro tratti specifici
per poi valorizzarli adeguatamente.
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LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
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Lo studio del caso specifico non deve però perdere di vista l’insieme, né portare all’eccesso opposto, ma è bene tenere presente un altro tipo di rischio da
non sottovalutare: ossia che l’edificio in sé o col suo contesto assuma un’importanza talmente preponderante da offuscare il contenuto che è destinato a ospitare, o da condizionarlo in maniera troppo rigida. Un edificio teatrale antico già
di per sé, specie se ben conservato e immerso in un luogo incontaminato, può
facilmente attirare l’attenzione e l’ammirazione del visitatore. Anche uno sguardo disattento e superficiale può coglierne il fascino.
Alcuni arrivano a considerarlo quasi un luogo magico, custode di memorie,
simbolo portatore di molti significati, proprio per la storia che ha dietro e che è
visibile in ogni pietra, in ogni gradino. A questo riguardo vale la pena di citare
la testimonianza autorevole del celebre archeologo Carlo Anti che dedica anni
di scavi e di studi al teatro greco di Siracusa e inaugura così la sua Guida per il
visitatore del teatro antico di Siracusa:
Esso merita perciò una visita accurata da parte di ogni persona colta.
Nessuno si pentirà di avergli dedicato alcune ore: una mezza giornata
passata nella sua conca luminosa e pittoresca, interrogandone e meditandone i resti venerandi, nel silenzio del luogo e sotto il cielo di Sicilia,
sarà ricordata per tutta la vita come un momento di felice serenità, come
una delle rare soste del nostro vivere tormentato, trascorsa nell’“elisio
regno dei ricordi e dell’arte” (Anti, 1948).
Chi più subisce tale fascino arriva a sviluppare per i teatri antichi una vera e
propria passione, o ossessione, ad assistere regolarmente ai festival di spettacoli classici, a girare il Mediterraneo di teatro in teatro, collezionando visite e rappresentazioni. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, la fruizione di un teatro
antico non è certo di questo tipo, né rimane circoscritta agli studiosi di teatro, ai
turisti monomaniaci o ai frequentatori abituali: il numero di spettatori e visitatori occasionali è ben più ampio, e il bacino di utenza dei teatri antichi risulta
difficilmente classificabile per quantità e qualità. E a questo riguardo ci pare
opportuna una riflessione sul tipo di rapporto che lega i fruitori del luogo al
luogo stesso, il pubblico agli spettacoli.
È evidente che un teatro oggi, come ogni monumento antico, si presta a molti
tipi di spettacolarizzazione. E si piega di fatto agli usi più vari, dai concerti alle
cerimonie, dalle sfilate di moda alle premiazioni. Ma si distingue rispetto agli
altri monumenti o siti archeologici per la peculiarità già citata, che lo rende ai
nostri occhi unico e insostituibile: può essere ancora impiegato per il suo scopo
specifico, e originario, cioè una rappresentazione. E nella fattispecie il testo rappresentato può coincidere con uno dei drammi antichi superstiti, originariamente concepiti per la messa in scena nel teatro di Dioniso.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
In quest’ultimo caso, specie se si subisce il fascino del luogo, è facile che si
inneschi un corto circuito tra contenitore e contenuto, passato e presente.
Talvolta un gioco di echi e di rimandi incrociati mette in comunicazione edificio e testo, che entrano in risonanza e si rispondono armonicamente. Si instaura così qualcosa di simile al circolo virtuoso già citato, ossia l’antica interdipendenza tra forma e funzione. Simili casi, seppure rari, non coincidono necessariamente con le cosiddette rivisitazioni archeologiche dei drammi antichi, tentate soprattutto in passato e in parte ancora accreditate tra gli studiosi di teatro
antico. Non siamo nemmeno tra coloro che vorrebbero riservare i teatri antichi
ai soli allestimenti di drammi classici, possibilmente alla ricerca delle originarie condizioni di rappresentazione. “Com’era e dov’era”, in altre parole, ci pare
uno slogan difficilmente attuabile. Sarebbe come ignorare la distanza che ci
separa da quel contesto, la diversa natura delle tecniche e degli artisti di oggi, la
mutata composizione del pubblico.
Non siamo convinti prima di tutto che sia effettivamente possibile riprodurre
oggi quello che si presuppone potesse essere uno spettacolo antico. E soprattutto, anche ammesso che si possa mettere in pratica alla lettera quel che sappiamo, che senso avrebbe una simile operazione? Possiamo vestire gli attori di
pepli ricorrendo alle raffigurazioni antiche, ricomporre le musiche greche sulla
base degli scarsi frammenti che possediamo. Ma si tratterebbe comunque di illazioni. E sinceramente non ci paiono del tutto giustificabili gli esperimenti fini a
se stessi, riservati a pochi cultori, poveri di senso e di utilità.
Ci sembra invece più consono ai nostri usi teatrali percorrere vie meno battute,
far interagire i teatri e gli spazi teatrali, antichi e moderni, senza radicarsi nel passato bensì al contrario adoperando le nuove tecnologie e sperimentando linguaggi innovativi. Utilizzare un teatro antico per incidere sul presente vuol dire prima
di tutto cercare di comprendere meglio possibile un testo classico, con tutti i
mezzi tradizionali, e poi trovare un modo di rappresentarlo inedito e personale,
possibilmente diverso da quelli che ci hanno preceduto, con sensibilità moderna.
Ci limitiamo a citare, a titolo di esempio, alcune testimonianze in tal senso:
l’Orestiade di Eschilo messa in scena da Gassman e Lucignani al teatro greco di
Siracusa nel 1960, nella libera versione di Pier Paolo Pasolini; le Orestiadi di
Gibellina, inaugurate tra il 1981 e il 1983 dalla trilogia siciliana composta da
Emilio Isgrò e ispirata a Eschilo; ‘U ciclopu di Euripide tradotto in siciliano da
Pirandello e riadattato dal palermitano Vincenzo Pirrotta, rappresentato nel 2004
al teatro greco di Palazzolo Acreide (si veda a riguardo Treu, 2005).
A caratterizzare fortemente tutti questi spettacoli è la libera reinvenzione dei
testi antichi da parte di drammaturghi e registi. Nel caso dei testi siciliani, inoltre, la commistione di passato e presente si accompagna a un forte radicamento
nel territorio, premiato non a caso da un grande successo di pubblico. Si perse-
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LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
gue così l’intento ultimo di raggiungere anche persone che non sono mai andate a teatro, e coinvolgere con la messa in scena di testi, non solo antichi, un pubblico moderno e variegato. Un simile obiettivo a prima vista può sembrare irrealizzabile; ma a nostro avviso viene talvolta raggiunto, spesso all’interno dei festival
di spettacoli classici, in diversi teatri del Mediterraneo, come Siracusa e Segesta,
Epidauro e Atene, Lione e Merida.
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8. Per una nuova koiné teatrale
Il nostro percorso ha preso le mosse dal teatro ateniese di quinto secolo, una
realtà apparentemente circoscritta nello spazio e nel tempo. Gli stessi testi antichi che leggiamo ancora oggi e consideriamo in un certo senso eterni e senza
tempo, sono in realtà nati per essere rappresentati in una sola città e in un teatro ben preciso, per un’unica rappresentazione. Per certi versi dunque si tratta
di situazioni che non si sono mai più verificate in seguito.
Eppure per altri aspetti il caso di Atene rimane paradigmatico, se raffrontato
alla gestione di un teatro oggi, e ricco di spunti di riflessione per una valorizzazione dei teatri antichi in termini di sviluppo turistico e culturale. In particolare ci riferiamo al principio fondamentale già citato, caratteristico del teatro ateniese: la stretta interdipendenza tra testo e spettacolo, contenitore e contenuto,
edificio e territorio, individuo e collettività, aspetti civili, politici e religiosi.
Crediamo di poterne ancora oggi cogliere degli echi – magari frammentari e slegati, non istituzionalizzati come ad Atene – anche nell’età contemporanea:
quando l’intera comunità si raccoglie a teatro, il testo entra in risonanza con l’edificio, la rappresentazione si integra e si compenetra con una festa collettiva,
civile o religiosa.
Un caso esemplare in tal senso è innanzitutto Siracusa, dove gli spettacoli
classici sono seguiti e ‘vissuti’ dalla comunità con la stessa passione dal 1914 a
oggi, o almeno fino ad anni recenti, come testimonia con grande verve il regista
Giuseppe di Martino (Di Martino, 1993). Uno spirito per certi versi analogo,
ancor più d’attualità, ci sembra animare anche due progetti contemporanei,
entrambi inaugurati dalla messa in scena di una stessa tragedia greca, i Persiani
(472 a. C.). Qui Eschilo, com’è noto, sceglie di rappresentare la celebre vittoria
dei suoi compatrioti sui Persiani (480 a.C.) non in prima persona per bocca dei
vincitori, ma al contrario nell’ansia, nel cordoglio e nello strazio dei vinti, che
costituiscono il coro e i personaggi della tragedia (si veda Treu, 2005).
Per questo messaggio universale e motivi storici contingenti – l’eterno conflitto tra Oriente e Occidente – questa tragedia negli ultimi anni è stata spesso
oggetto di un numero impressionante di rivisitazioni, spesso in spazi non anti-
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
chi e neppure teatrali, ma altamente simbolici: ad esempio un recente allestimento a New York vicino a Ground Zero, in memoria dell’11 settembre. Anche
i due casi che intendiamo presentare hanno ambientazioni e caratteristiche atipiche, e non sono propriamente spettacoli tradizionali, ma anzi si sottraggono
alle regole e alle convenzioni del genere.
Eppure entrambi ci appaiono interpretare fedelmente, anche se in modo inaspettato, lo spirito genuino dell’antica drammaturgia di Eschilo. Fino a qualificarsi, a nostro parere, come diretti eredi per certi versi del suo teatro ‘civile’ che
tanto piaceva a Pasolini. Ambedue infatti sono caratterizzati da un coro di attori non professionisti, di semplici cittadini e abitanti del luogo, reclutati e addestrati sul posto insieme agli attori. Lo scopo è coinvolgere nella performance e
nell’evento l’intera comunità e al tempo stesso annullare le rigide divisioni tra
pubblico e attori del teatro istituzionale.
Il primo caso è il progetto triennale condotto dal 2003 ad oggi dal gruppo teatrale Archivio Zeta1 e denominato ‘Linea Gotica’ dal luogo che ospita gli spettacoli: il Cimitero Militare Germanico del Passo della Futa, sugli Appennini, dove
sono sepolti migliaia di soldati tedeschi. Qui il confine tra vinti e vincitori si
annulla: “ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione” è la frase di
Cesare Pavese posta ad epigrafe allo spettacolo. Il coro dei Persiani della tragedia eschilea è interpretato in questo caso da vecchi del luogo, che hanno vissuto sulla propria pelle i conflitti della seconda Guerra mondiale e ne sono testimonianza vivente, insieme con i luoghi stessi: il cimitero, il passo e l’intera
Linea Gotica.
Il secondo progetto s’intitola significativamente Les Perses. Let’s experiment
democracy! e si èsviluppato nel corso del 2006. Anche qui il coro non è composto da attori professionisti, ma da abitanti del luogo, selezionati per concorso, che partecipano gratuitamente e vengono addestrati per mesi. Dovrebbero
essere cinquecento, nelle intenzioni dei coordinatori: la cifra simbolica vuole
richiamare i coreuti dei festival ateniesi, ma anche i membri del Consiglio dell’antica polis. L’intento dichiarato è ricreare una forma di partecipazione diretta
sul modello di quella ateniese, rinnovare quei legami simbolici che in origine
uniscono il teatro, la popolazione e il territorio.
Qui ritroviamo delle tracce del passato, ma anche anticipazioni del prossimo
futuro, segno di continuità ed eco di quell’interdipendenza di cui si è detto, che
è perno e cardine della democrazia ateniese, dall’assemblea al coro. A maggior
ragione gli esempi citati ci appaiono significativi e in linea con quelli esaminati nel resto del volume, sia per i teatri antichi, sia per i moderni. L’eredità del
teatro ateniese, ancora oggi vitale, rappresenta una risorsa inestimabile per la
1
www.archiviozeta.org.
49
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
50
valorizzazione dei teatri del Mediterraneo. Così lo studio degli edifici teatrali,
dei testi e delle loro condizioni di rappresentazione ci sembra possa essere utile
non solo a studenti e insegnanti, lettori e spettatori, ma agli operatori culturali,
a chi gestisce un teatro o si propone di mettere in scena un teatro antico, che sia
una compagnia o un regista, all’ente che commissiona uno spettacolo, o semplicemente a chi intende assistervi come spettatore.
Ma il nostro obiettivo ultimo, ancora più ambizioso, dovrebbe essere la costruzione di una vera e propria comunità teatrale basata sulle esperienze condivise,
al di là delle barriere linguistiche e politiche, e su una specie di linguaggio comune fondato sui diversi elementi delle varie realtà locali e nazionali. Qualcosa di
simile all’antica koiné, la lingua mista e composita del Mediterraneo ellenistico.
Il teatro diventerebbe così uno strumento utile per avvicinare e far comunicare tra
loro le diverse sponde del Mediterraneo.
Con questo auspicio si chiude il nostro intervento. Ma non si conclude qui,
anzi è appena cominciato, il percorso che dalle origini del teatro antico conduce al loro utilizzo oggi. Per noi risalire al contesto originario dei concorsi ateniesi non è solo rivolgersi al passato, ma anche al futuro; per questo ci soffermiamo sul mondo antico nell’intento di sottolinearne la modernità e di suggerirne oggi possibili equivalenti. Forse gli arconti, i magistrati e i sacerdoti di
Dioniso potrebbero indicare la strada ai nostri sindaci e assessori, alle giunte e
alle autorità civili e religiose. E il successo del modello ateniese potrebbe suggerire moderne strategie per riprodurre quell’efficace commistione tra finanziamento pubblico e sponsor privati, possibilmente senza ricorrere a balzelli o tributi imposti agli alleati.
Al di là dei dati storici e geografici, ci pare interessante sottolineare il forte
valore simbolico degli esempi citati. La nostra indagine ci porta a ricercare nel
presente la magia del passato. E la stessa frequentazione dei teatri antichi permette, ne siamo convinti, di cogliere qua e là le tracce di ciò che immaginiamo
sia l’essenza stessa, unica e inimitabile, degli spettacoli classici ateniesi. Quello
spirito dionisiaco che anima il teatro durante il rito, che ne fa un luogo al tempo
stesso di culto e di svago, passione civile e fede religiosa. L’immaginazione ci
può aiutare a ricreare le Grandi Dionisie in tutto il loro splendore: la parata dei
cori, i costumi, le musiche, le giurie popolari, i voti e i brogli, i premi agli attori e la folla in delirio.
Con questa suggestione guardiamo il teatro contemporaneo: non per riprodurla pedissequamente – sarebbe come copiare un pezzo da museo – ma per
ricrearla liberamente e autonomamente. Il che non è affatto facile, certo. È per
noi difficile anche solo immaginare qualcosa di paragonabile oggi, anche al di
fuori dal teatro. Ci vengono in mente forse per associazione alcuni riti civili e
religiosi molto antichi, sopravvissuti nell’Italia di oggi: Piazza del Campo a
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Siena il giorno del Palio, durante la mossa; il Festino di Santa Rosalia a
Palermo immersa, con la processione e il bagno di folla davanti alla Cattedrale;
il tifo di uno stadio a una finale dei Mondiali e il delirio che si scatena dopo
la vittoria.
Sono immagini di festa e di entusiasmo, ma il quadro non sarebbe completo se
non ne associassimo altre, di pace. Il teatro è contro la guerra. Lo dicono i suoi
autori, di tragedie e commedie, che spesso si pronunciano in favore della pace
e denunciano gli orrori della guerra: si pensi ad esempio alle commedie di
Aristofane, dagli Acarnesi (425 a.C.) alla Pace (421 a.C.). Sin dall’antica Grecia i
teatri si animano in tempo di pace, non di guerra. Il teatro è luogo di incontro,
di dialogo, tra cittadini e stranieri, ospiti e visitatori, ambasciatori e inviati che
accorrono ad Atene da tutto il mondo allora conosciuto. Neppure in tempo di
guerra, quando Atene è quasi in ginocchio, la città rinuncia al teatro, per quanto riduca le giornate dedicate agli spettacoli. Anche altrove, e in ogni epoca, le
cerimonie teatrali segnano un momento importante, forse l’unico, per dare respiro a una popolazione oppressa dalle guerre, l’occasione per celebrare una temporanea riconciliazione, se non pacificazione.
Così ancora oggi, in tutto il Mediterraneo, il teatro, la musica e le arti si fanno promotori della pace. Anche per questo è tempo di farli tornare a vivere, come centri
propulsori di civiltà, di aggregazione e di comunicazione. Non devono restare
un’oasi isolata nel deserto, specie di questi tempi e in zone di guerra, a partire dal
Medio Oriente. Devono recuperare il loro ruolo primario e simbolico, che non è
solo ospitare spettacoli, ma riunire insieme persone per scopi pacifici e benefici.
I teatri sono segni comuni e familiari che costellano il paesaggio mediterraneo:
vogliamo renderli di nuovo funzionali, integrati e ben collegati tra loro, come i
punti di una rete. La strada della cooperazione e della condivisione, di problemi e soluzioni, appare la più adeguata a valorizzare un patrimonio eterogeneo e
ricchissimo come quello di cui disponiamo: le situazioni specifiche degli edifici teatrali peculiari e del loro contesto sono tutti casi singoli e peculiari, da studiare a fondo uno per uno. Solo così potremo utilizzare al meglio ciascuno di
loro, e cercare di portare benefici al territorio e ai suoi abitanti in termini di
benessere, turismo, cultura. In questa maniera i teatri potranno anche tornare ad
essere luoghi simbolici e reali, come nell’antica Atene, di scambio e dialogo,
legami e alleanze: in una parola di cultura e di pace. In questo senso si conferma a maggior ragione l’importanza di tenere presente il passato se si vuole dare
un futuro al Mediterraneo.
51
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Bibliografia
Edifici teatrali, immagini, documenti
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LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Criteri di sostenibilità
e compatibilità per la
valorizzazione delle risorse
culturali: i teatri antichi
del bacino mediterraneo
di Michele Trimarchi
1. Riabilitazione e riuso dei teatri antichi: questioni e dilemmi
L’anfiteatro romano più importante del bacino mediterraneo, il Colosseo, è
attualmente oggetto di un flusso di visitatori imponente, che da solo altera (in
positivo) le statistiche sul consumo di cultura nella città di Roma. Vuoto, privo
di informazioni di qualsiasi natura (anche il nome “Colosseo” campeggia nella
vicina fermata della metropolitana, ma né il vero nome, né alcuna altra notizia
viene concessa in situ ai visitatori), continua ad esercitare il proprio fascino grazie a una stratificazione di conoscenze1 spesso surrettizie.
L’uso pubblico del Colosseo si concreta attualmente in tre manifestazioni: per
tutto l’arco dell’anno, i fornici vengono illuminati dall’interno quando in qualche parte del mondo un condannato a morte viene graziato (allo stesso modo, i
lampioni di via della Conciliazione si illuminano quando a Roma nasce un
bimbo); inoltre, all’inizio dell’estate il Colosseo fa da sfondo al concerto pubblico che il Comune di Roma offre, insieme ad una serie di importanti sponsor, alla
cittadinanza e ai turisti; infine, nella notte del Venerdì Santo i camminamenti
dell’anfiteatro ospitano la Via Crucis condotta dal Papa.
Usi legittimi, certo, e che utilizzano il fascino e qualche brandello di informazione storica per ridare temporaneamente al Colosseo una centralità che – in
modo del tutto diverso – ha occupato per decenni nell’immaginario popolare
della Roma imperiale. Se poi ripercorriamo la sua storia e l’evoluzione della sua
potenza iconica troviamo la cava di travertino dei Papi barocchi, così come le
rovine incolte di Piranesi, per finire agli usi estremi che ne fa in anni recenti la
pubblicità.
1
In parte infondate: come la credenza che nell’Anfiteatro Flavio i cristiani venissero mandati al
martirio facendoli divorare dalle belve. Il che potrebbe dimostrare che per il grande pubblico un
film come “Quo vadis?” ha finito per raccontare del Colosseo più di quanto lo stesso suo gestore
pubblico intenda fare. Allo stesso modo, nonostante le strutture che reggevano i montacarichi
siano tuttora visibili, nessuno le indica e ne illustra la tecnologia o l’uso; è stato il film “Il gladiatore” a mostrarne l’utilizzazione, sia pure in una ricostruzione ipotetica.
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LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
56
Non si deve tuttavia dimenticare che l’Anfiteatro Flavio è funzionalmente concepito e realizzato per ospitare spettacoli, e per accogliere tra i suoi spalti migliaia
di spettatori, che possiamo immaginare appassionati e vivaci anche ai tempi
dell’Impero. In questo caso, come in molti altri, ipotizzare un riuso che riporti – con tutte le dovute cautele tecniche – il monumento alla sua originaria destinazione suona a molti come offensivo della sua caratura culturale.
Questa sorta di vincolo etico, che pervade peraltro l’intero settore culturale,
finisce, più di una volta, per evidenziare alcune vistose contraddizioni: negli
anni Novanta si sviluppò una vivace polemica contro l’uso dell’Arena di Verona
per ospitare la serata finale del “Festivalbar”, polemica nella quale all’argomento dell’eccesso di decibel (cosa del tutto imprescindibile, ma oggettivamente
misurabile) si aggiungeva il ragionamento sulla profanazione del luogo sacro;
nello stesso periodo, il teatro greco-romano di Taormina veniva negato a un concerto acustico di Bruce Springsteen, ma concesso per la presentazione alla stampa del nuovo modello per la Formula Uno di Benetton, con uno squilibrio misurabile in tonnellate e rischio, ma forse anche in potenza finanziaria.
La questione è molto delicata, e non può essere affrontata sulla scia di credenze etiche. Manufatti monumentali, concepiti e costruiti per ospitare la realizzazione di spettacoli, ne appaiono tuttora la sede naturale salvo che motivazioni
tecniche non vi si oppongano. In questo senso bisogna tenere presente la sequenza degli argomenti. Innanzitutto, va realizzata un’analisi tecnica approfondita ed
esaustiva, in modo da verificare tutte le possibili cause di rischio, di decadimento, e di distruzione; trattandosi di casi caratterizzati da un elevato grado di irreversibilità, la massima cautela deve essere la regola.
Svolta questa analisi tecnica, l’orizzonte del decisore pubblico (tutti i teatri antichi nel bacino mediterraneo sono di proprietà pubblica) si sposta radicalmente sul
piano dell’opportunità, intesa nella sua duplice valenza semantica: è opportuno
ipotizzare un uso attivo del teatro? In che modo lo stesso uso può rappresentare
un’opportunità di esplicitazione del valore culturale, sociale, economico e finanziario del teatro stesso e del suo contesto storico e territoriale? I parametri di riferimento sulla base dei quali tale decisione viene adottata sono essenzialmente
due: la compatibilità e la sostenibilità.
Naturalmente si tratta di una decisione che può mutare nel corso del tempo,
al mutare di condizioni esterne e oggettive che ne suggeriscano la revisione. Al
tempo stesso, è una decisione che va adottata laicamente, in una prospettiva
nella quale l’obiettivo fondamentale sia, appunto, l’estrazione del valore multidimensionale del quale il bene culturale è portatore2. In un contesto del genere
2
Il tema della valutazione dell’offerta culturale è ovviamente controverso, tuttavia gli economisti
hanno tentato a più riprese di affrontarlo da una prospettiva analitica. Si vedano per tutti Nijkamp
(1991); Frey (1995); Klamer (1995).
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
sfumano velocemente le letture in base alle quali il dilemma relativo all’uso
riguarderebbe l’alternativa tra sacro e profano, o tra colto e popolare.
Nella catena di conversione (Trimarchi, 2005), che comporta dei cambi di
destinazione di beni monumentali in diverse epoche storiche, si deve rilevare
che in molti casi l’uso diverso da quello originario non soltanto comporta dei
costi di investimento e di gestione piuttosto elevati, ma soprattutto si frappone
in qualche misura alla pertinente conoscenza e fruizione di un bene il cui valore culturale traspare con la massima evidenza quando esso è utilizzato secondo
la propria vocazione originaria.
2. I processi di integrazione verticale
La rilevanza di un uso pertinente dei beni monumentali, e specificamente dei
teatri antichi qui oggetto di analisi, appare tanto più cruciale quanto più si fa
riferimento al valore economico della cultura. Nella vulgata, associare qualifiche
economiche al patrimonio e alle attività culturali viene di norma inteso come
capacità di generare ricadute finanziarie, o quanto meno di conseguire un reddito. In effetti, questi aspetti – certo non trascurabili, ma per nulla focali nella
mappa del valore della cultura – devono essere rubricati come finanziari.
Se si parla di profili economici, lo spettro analitico ed empirico si amplia notevolmente, ponendo in primo piano il processo di generazione del valore; in questo senso, economico significa: riferito alle strategie e alle scelte tra opzioni
alternative in un contesto segnato da risorse scarse (e nel nostro caso molte risorse sono addirittura estinguibili irreversibilmente); in positivo il termine rimanda alla possibilità che una certa attività possa generare benefici, che naturalmente andranno analizzati e valutati.
Il punto non è negligibile, se si pensa che spesso in vista di vantaggi finanziari si attribuisce poca importanza al delicato quadro delle compatibilità, grazie al
rispetto del quale il valore del bene culturale viene massimizzato. Tale valore è
prevalentemente cognitivo, e va pertanto ricostruito facendo riferimento al coagulo di informazioni e segnali che l’assetto organizzativo dell’offerta culturale è
capace di erogare nei confronti dei fruitori (e, a maggior ragione, degli studiosi
e degli esperti). Si tratta di un aspetto tutt’altro che secondario, se consideriamo
l’attuale fenomenologia dei teatri antichi.
In molti casi, infatti, i teatri sono utilizzati per ospitare spettacoli dal vivo, così
come proiezioni cinematografiche, convegni, incontri e manifestazioni di varia
natura. Fin qui, nulla quaestio. Se i vincoli tecnici sono rispettati, non si vede
alcuna ragione per opporsi a tali utilizzazioni, né per accampare pretesti basati
sulla scarsa pertinenza di forme espressive non antiche: non ha alcun senso ipo-
57
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
58
tizzare un uso esclusivo per rappresentare il teatro classico; neanche l’opera
all’Arena di Verona avrebbe alcuna giustificazione, se si cerca la coerenza linguistica. Ciò che è diverso è il pubblico, pertanto il problema non deve riguardare la presunta nobiltà di ciò che si rappresenta, ma l’eventuale rischio per il
manufatto sotto il profilo strettamente fisico.
Ciò che sul piano cognitivo appare invece discutibile è l’uso del teatro antico
come mero fondale di spettacoli che si presumono frequentati da un pubblico
più vasto di quello che visita il teatro come resto archeologico. Va, in effetti,
identificato il reticolo di flussi informativi che si possono trasmettere in entrambe le direzioni tra il manufatto come elemento del patrimonio culturale e lo spettacolo che vi si rappresenta come attività culturale. Normalmente non si istituisce alcun legame esplicito tra questi due momenti della produzione del valore
culturale, anzi le strategie e le attività sono segnate dalla reciproca indifferenza.
Sotto il profilo del consumo, si deve innanzitutto sottolineare che uno spettacolo progettato per essere messo in scena in un teatro antico acquista valore
addizionale per la specifica ricchezza creativa concessa a registi e scenografi, e
dunque è capace di generare un valore tanto più ampio quanto più pertinentemente le opportunità linguistiche e sceniche vengono sfruttate favorevolmente.
Non si tratta di spettacoli “più belli”, ma con una caratteristica specifica che
altrove non potrebbe essere esplicitata. I benefici dei quali può dunque godere il
versante della fruizione sono in buona parte idiosincratici e comportano un
“debito” dello spettacolo nei confronti del manufatto.
D’altro canto, anche in direzione contraria si generano, quanto meno potenzialmente, benefici specifici e infungibili: chi frequenta un teatro antico per il
richiamo degli spettacoli che vi sono rappresentati, si trova nondimeno in un
edificio monumentale di inarrivabile bellezza e può dunque ricavare un arricchimento sul piano emotivo, cognitivo e intellettuale grazie alla cornice monumentale dello spettacolo stesso, alla ricchezza scenografica del luogo (gli antichi
selezionavano la collocazione dei propri teatri con la massima efficacia) e alle
caratteristiche architettoniche ed estetiche del teatro stesso. Consapevolmente o
subliminalmente, lo spettatore sa di trovarsi in un sito archeologico e ne ricava
segnali specifici.
Come si vede, il riuso coerente dei teatri antichi permette, come in molti altri
casi in cui il patrimonio monumentale è destinato alla realizzazione di ulteriori
attività culturali, la produzione di una molteplicità di benefici, che si trasmettono tra i due diversi input di una complessa attività culturale accrescendone il
valore complessivo. Il punctum dolens è che nella generalità dei casi questa produzione di benefici è lasciata, come spesso avviene, all’esperienza e alla capacità argomentativa del fruitore, senza che ne vengano in alcun modo indirizzati
i processi cognitivi di apprendimento/apprezzamento. Tale difetto di comunica-
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
zione strategica è dovuto, nell’esperienza italiana così come in quella degli altri
Paesi che si affacciano sul bacino mediterraneo, alla separazione amministrativa tra le istituzioni che possiedono e gestiscono il teatro come manufatto archeologico e quelle che organizzano spettacoli e altre attività nel teatro stesso. In
alcuni casi si può trattare di diversi rami della stessa amministrazione, in altri
di amministrazioni del tutto estranee, per quanto ricadenti sullo stesso territorio. Il quadro può complicarsi ulteriormente quando le fasi di finanziamento, produzione e realizzazione degli spettacoli è affidata a strutture complesse – come ad esempio le fondazioni di diritto privato – cui partecipano,
in misura diversa e con diversi poteri decisionali, enti pubblici, imprese private, altre fondazioni, banche, eccetera. Ora, dal momento che l’attività di spettacolo realizzata in un teatro antico implica un processo di verticalizzazione sul
piano della produzione, appare del tutto consequenziale che tale processo non
risulti un prodotto del caso, ma venga al contrario governato con estrema efficacia. Il che non comporta necessariamente un’integrazione formale tra diverse
istituzioni: anche soltanto immaginare di costituire un ente unico cui cedano le
proprie potestà tecniche, decisionali e gestionali una soprintendenza archeologica e una fondazione musicale suona assolutamente fantascientifico; ma avviare dei percorsi strategici comuni alla finalizzazione di alcune attività, in modo
da massimizzare il benessere culturale derivante dall’uso dei teatri antichi,
appare invece ben possibile e certamente auspicabile.
Si tratta, soprattutto, di realizzare una cooperazione strategica su due piani
essenziali: il primo, e più facile da concretare, riguarda la necessità di ampliare
lo spettro informativo del fruitore, informando i visitatori del sito archeologico
sulle attività di spettacolo. Viceversa, agli spettatori che frequentano il teatro
nelle ore serali (quando il sito è chiuso) sono fornite informazioni critiche sui
profili archeologici, storici e architettonici del manufatto. Un ulteriore strumento di moltiplicazione del valore potrebbe consistere nel concedere riduzioni
contenute, ma simbolicamente importanti, ai visitatori che acquistano biglietti
per gli spettacoli ospitati nello stesso teatro, e agli spettatori che intendono visitare il sito durante le ore diurne. In questo caso, oltre all’incentivo finanziario si
trasmette un segnale piuttosto forte sul riconoscimento reciproco di rilevanza
culturale in capo a entrambi gli stadi della produzione.
Il secondo piano riguarda l’internalizzazione dei benefici che derivano per i
produttori di spettacolo dal poter sfruttare il potenziale creativo e linguistico
legato al sito e al tempo stesso dei costi che il sito stesso è costretto a sopportare per effetto dell’uso intensivo; in questo caso appare del tutto opportuno istituire delle forme di destinazione di una quota dei proventi ricavati con lo spettacolo alla manutenzione ordinaria del manufatto archeologico, possibilmente
in proporzione ai maggiori costi derivanti dall’uso del teatro in occasione degli
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LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
spettacoli. Si tratta di condizioni minime che vanno articolate nel corso del
tempo, includendo un’efficace strategia di comunicazione congiunta.
3. Le relazioni con il territorio: risorse e impatto
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La valorizzazione economica delle risorse culturali prende le mosse dal disegno di un’efficace organizzazione dei processi strategici e decisionali, in modo
da consentire ai diversi soggetti istituzionali che ne hanno la responsabilità, di
razionalizzare l’uso delle proprie risorse. Accanto ai profili legati all’organizzazione interna, è necessario mettere a fuoco le relazioni che intercorrono tra le
risorse culturali (nel caso qui in esame tra il teatro antico e le sue attività) e il
proprio territorio di riferimento. Anche per questo, si devono considerare due
flussi di scambio, in entrambe le direzioni: a monte del teatro si colloca il capitale umano, risorsa infungibile in tutte le attività culturali; esso fornisce al teatro competenze tecniche, gestionali e artistico-culturali, e pone naturalmente il
problema della formazione specialistica finalizzata all’acquisizione e al consolidamento di tali competenze, nonché al loro aggiornamento e approfondimento
on the job. Si tratta di percorsi formativi che non possono essere lasciati al caso,
soprattutto in una fase come quella attuale, in cui, a fronte di uno scomposto
proliferare di corsi di formazione, il fabbisogno dell’offerta culturale richiede
evoluzioni e adeguamenti efficaci e pertinenti.
A valle del teatro si trova quella cascata intensa ed eterogenea di ricadute, etichettate come “impatto economico”, che si concreta in una serie di effetti monetari (reddito, valore aggiunto), materiali (occupazione e allocazione delle risorse), intangibili (qualità della vita, socializzazione, inclusione sociale), simbolici
(identità e senso di appartenenza). Per quanto controverso, il tema dell’impatto
economico va comunque tenuto in conto, soprattutto alla luce dell’uso sommario che se ne fa spesso da parte di pubbliche amministrazioni in cerca di giustificazioni “oggettive” relativamente al sostegno accordato al settore culturale e
artistico. Entrambi questi flussi di scambio tra offerta culturale e territorio
appaiono ancora più rilevanti nel caso dei teatri antichi, in cui non soltanto il
valore originario dell’offerta risiede in edifici monumentali di notevole interesse, spesso considerati dei simboli del proprio territorio, ma anche le condizioni
dell’offerta di spettacoli e altre attività culturali è inevitabilmente legata alla stagione turistica, ponendo dunque una serie di importanti dilemmi nel possibile
trade off tra fruizione dei residenti e dei consumatori esterni, tra investimenti
per il consolidamento dell’identità culturale del patrimonio stesso e spese per
attrarre turisti internazionali. Se è vero che l’impatto economico della cultura è
il risultato di una reazione a catena che si verifica sui diversi mercati che com-
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
pongono, direttamente e indirettamente, la filiera produttiva delle attività culturali, è altrettanto vero che il tipo, la dimensione e il grado di sistematicità dell’impatto stesso sono grandezze che dipendono essenzialmente dagli obiettivi
strategici dei decisori coinvolti. L’esempio più evidente, e più ricorrente, è quello di attività mirate al turismo esterno (come festival generalisti, o grandi
mostre) che attraggono un pubblico molto numeroso, ma poco incline a generare ricadute stabili o comunque visibili sul territorio, e d’altra parte tengono ai
margini dell’offerta culturale proprio la comunità residente, che attende la fine
delle manifestazioni per “riprendersi” il proprio territorio.
Si tratta di scelte deliberate, spesso dettate non già dalla mancata percezione
degli effetti, ma dalla semplice esistenza di vincoli che incidono sul processo
decisionale. Il caso tipico è dato dall’orizzonte temporale della pubblica amministrazione, che di norma è piuttosto limitato e coincide con il mandato elettorale locale. In questo caso l’investimento finalizzato a conseguire una ricaduta
sistematica (e pertanto caratterizzata dal massimo grado possibile di sostenibilità) non viene preso in considerazione in quanto i suoi risultati non sarebbero
percettibili entro il termine dato, e pertanto non contribuirebbero a mantenere o
rafforzare il consenso dal quale il decisore pubblico ritiene di non poter prescindere. Al contrario, un impatto economico di qualche rilevanza può registrarsi nei casi in cui si concentri la strategia culturale su forme infungibili di
ricaduta in un orizzonte di lungo periodo, ossia la creatività, la capacità innovativa, la produttività, tutte grandezze sulle quali la produzione culturale può
conseguire un impatto soltanto dopo un lasso di tempo ampio. La ricerca di facili risultati, conseguibili in tempi brevi, appare dunque sconsigliabile, anche a
causa della sostanziale incertezza che tuttora permea le relazioni causali tra turismo e cultura.
Nel caso dell’Arena di Verona, ad esempio, per quanto si sostenga spesso che
il turismo estivo nella città scaligera sia dovuto agli spettacoli lirici e al gran
numero di spettatori stranieri che vi assistono, bisognerebbe ragionare sul fatto
che la prossimità del Lago di Garda – meta deliberata e diretta delle vacanze –
conferisce a Verona un’indubbia rendita di posizione; infatti trattandosi di una
meta ampiamente turistica per il suo patrimonio artistico ma anche per le
memorie shakespeariane (e dunque l’interesse ad acquistare la sua “atmosfera”
piuttosto che una somma di singoli monumenti, chiese e musei), il dato dell’impatto va valutato in termini differenziali: quale spesa addizionale (ossia che
non compirebbero altrimenti) che i turisti e gli spettatori delle opere all’Arena
effettuano in quanto spettatori.
La valutazione dell’impatto nel breve periodo risulta, dunque, di scarso significato, e comunque fuorviante rispetto agli obiettivi che si pone. La cascata di
effetti che l’esistenza e l’attività di un teatro antico possono generare sul territo-
61
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
62
rio di riferimento e sull’economia locale appare tanto più ampia e intensa quanto più il teatro è il fulcro di un piano strategico di crescita del benessere locale
attraverso la valorizzazione delle risorse culturali.
Un altro elemento di criticità, alla luce del potenziale impatto che l’attività di
un teatro antico può generare, è dato dal relativo isolamento rispetto al tessuto
urbano, sociale e culturale. Un gran numero di teatri antichi del bacino mediterraneo è infatti escluso dai percorsi urbani quotidiani. Così, la presenza del
teatro è ben conosciuta ma la vita e le attività della comunità residente si svolgono lungo percorsi che appena lo lambiscono (ne sono esempi piuttosto vistosi Taormina o Jerash, con una buona programmazione di spettacoli che tuttavia
non riesce a coinvolgere come potrebbe la comunità residente). Limitare l’isolamento non significa certo trasformare i teatri antichi in mercati o luoghi di ritrovo e di socializzazione; ma comporta certamente l’attivazione di un dialogo con
la comunità residente, attraverso iniziative e attività collaterali che contribuiscano a rafforzare i legami del teatro con il territorio. Quanto meno l’informazione – possibilmente interattiva – su quanto avviene al teatro dovrebbe potersi
trovare in tutto il territorio di riferimento. E la comunità locale dovrebbe essere
coinvolta, non soltanto per fornire, come avviene spesso, le professionalità
medio-basse utili a far funzionare il teatro come luogo di spettacolo. Come si
vede, si tratta di scelte strategiche dall’adozione delle quali dipende la caratura
e la sistematicità dell’impatto economico; esso altrimenti appare certo positivo
ma molto limitato, e soprattutto risulta controbilanciato dai costi inerenti lo
spiazzamento dei residenti, o, ancora peggio, la loro mancata evoluzione sul
piano progettuale e della partecipazione.
4. Misurazione del grado di efficacia istituzionale
La gestione complessiva di un teatro antico, in quanto sito monumentale utilizzato come input di ulteriori attività culturali, appare estremamente delicata,
alla luce della duplice esigenza – evidenziata nelle sezioni precedenti – di integrare l’elaborazione delle strategie e i processi decisionali da una parte, e di
governare consapevolmente le ricadute culturali, economiche e finanziarie che
il teatro e la sua attività possono generare sul tessuto sociale, produttivo e commerciale del proprio territorio di riferimento, dall’altra.
In questo quadro, un elemento cruciale è rappresentato dalla “tenuta” istituzionale, ossia dal grado di conformità (o dalla capacità di conformarsi progressivamente) che il reticolo istituzionale locale mostra rispetto alle finalità e alle
strategie di valorizzazione delle risorse culturali. La Matrice 1 è disegnata allo
scopo di consentire una valutazione della pertinenza e della possibile efficacia
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
di progetti e programmi. Gli aspetti che appaiono, in questo senso, più rilevanti sono la prospettiva adottata dai decisori pubblici, tanto a livello politico quanto a livello amministrativo, e l’ambito giuridico-istituzionale (e dunque il campo
d’azione possibile) all’interno del quale le scelte sono effettuate. Il perseguimento della sostenibilità culturale (Throsby, 1995; 1997b) è condizionato da una
varietà di fattori. Nella Matrice 1 i processi decisionali e gestionali sono descritti lungo una linea continua che si evolve in senso orizzontale, passando da un
assetto proprietario e gestionale pubblico a uno privato attraverso lo status di
non profit; per quanto non appaia opportuno svolgere valutazioni ex ante sulla
preferibilità dell’una o dell’altra forma3, è comunque possibile procedere all’identificazione dei costi e benefici associabili a ciascuna di esse:
• la proprietà pubblica comporta un elevato grado di protezione sul piano finanziario, e una dotazione piuttosto alta di informazioni, a costo di palesi rigidità
nei processi e talvolta di privilegi burocratici;
• la struttura non profit è di norma associata con una forte e visibile missione e
con una positiva reputazione, a costo di una certa debolezza istituzionale e di
una possibile instabilità finanziaria;
• la proprietà privata appare flessibile e orientata al mercato, due caratteristiche
associate con la prevalenza di obiettivi monetari e la presenza di un alto
rischio finanziario.
In senso verticale, la Matrice 1 analizza il grado di efficacia istituzionale, che
aumenta lungo una linea continua fino ad indicare un grado di avvicinamento
progressivo alla sostenibilità. Dal punto di vista del quadro istituzionale (che
comprende la pubblica amministrazione, ma anche le imprese, i tecnici, gli operatori culturali, le organizzazioni non governative, e quanti contribuiscono a formare l’ambiente strategico all’interno del quale si svolgono le scelte progettuali
qui in esame), l’approssimarsi a un elevato grado di sostenibilità dipende in gran
parte dall’esistenza di progetti di lungo termine che si mostrino capaci di combinare una forte coerenza culturale – ossia una destinazione pertinente e compatibile delle risorse culturali sulle quali il progetto si basa – e una sufficiente
credibilità sul piano finanziario. Si consideri che l’obiettivo, nell’uso di una
matrice siffatta, non è quello di una valutazione binaria, in base alla quale rigettare i progetti che non appaiono sostenibili. Più concretamente, si tratta di comprendere quali possono essere le cause di una limitata sostenibilità, allo scopo
3
Nel contesto italiano la discussione sulla struttura giuridico-istituzionale delle organizzazioni culturali appare viziata da un formalismo di fondo che ha spesso indotto il legislatore (a livello tanto
centrale quanto subcentrale) a preferire soluzioni macchinose, complicando il già articolato quadro istituzionale del settore culturale, senza porle concretamente a servizio di precise finalità. Sul
punto si veda Trimarchi (2005a).
63
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
di agire proprio sulle variabili cruciali in modo da accrescere progressivamente
il grado di sostenibilità dei progetti stessi. Si deve, infatti, presumere che la maggior parte dei progetti di riuso attivo dei teatri antichi si trovi a giacere in una
posizione intermedia: proprio in questo contesto la Matrice 1 può risultare utile
a indicare possibili percorsi di razionalizzazione nell’uso delle risorse.
MATRICE 1
Livello di efficacia istituzionale
Tenuta del quadro istituzionale e livelli di efficacia
(gestione, finanziamento, orizzonte temporale)
64
(1)
Bassa
(2)
Media
(3)
Alta
(A)
Settore pubblico
(B)
Terzo settore
(C)
Settore privato
A1
Sopravvivenza
B1
Breve termine
C1
Incertezza
Gettito fiscale
Spesa pubblica
Fund raising privato
ONG
Finanza privata
Azione privata
A2
Imprenditorialità
B2
Medio termine
C2
Affidabilità finanziaria
Titoli pubblici
Fiscalità di scopo
Impresa pubblica
Lotterie
Fondi pubblici e privati
ONG
Regolamentazione
Finanziamento misto
Azione privata
A3
Sostenibilità
B3
Lungo termine
C3
Stabilità
Finanza di progetto
Agenzia pubblica
Ricavi di mercato
Progetti pubblici
Incentivi fiscali
Azione privata
I campi che descrivono i possibili scenari, incrociando le informazioni relative alla tenuta istituzionale e allo stato giuridico-organizzativo dell’offerta culturale, si possono sinteticamente illustrare:
Settore pubblico/sopravvivenza – Molto spesso la pubblica amministraA1
zione si limita a questo obiettivo minimale, ma realisticamente raggiungibile. Esso è perseguito attraverso gli strumenti ordinari del bilancio pubblico e finisce per mancare obiettivi talvolta facili come i ricavi derivanti
dal merchandising o dal turismo. Si consideri che nel caso italiano questo
obiettivo appare spesso condizionato dalle rigidità legislative e amministrative che disincentivano qualsiasi iniziativa che vada al di là dell’ordinaria amministrazione.
A2
Settore pubblico/imprenditorialità – L’utilizzazione di strumenti più sofisticati nel finanziamento delle istituzioni e dei progetti culturali consente
un maggior grado di responsabilità imprenditoriale, anche grazie a mec-
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
A3
B1
B2
B3
canismi che collegano in parte gli elementi operativi degli strumenti con
gli scopi da perseguire. In questo caso appare fondamentale adottare
forme efficaci di monitoraggio, insieme con un credibile sistema di sanzioni, il che rende consapevole l’offerta culturale relativamente al nesso
tra attività progettate e fini pubblici.
Settore pubblico/sostenibilità – Si tratta di progetti complessi il cui successo si fonda su un ventaglio di elementi eterogenei che vanno combinati insieme in modo efficace. La probabilità di successo appare varia, in
quanto ad esso contribuiscono fattori esterni e solo parzialmente controllabili dall’offerta culturale. La struttura del finanziamento è disegnata ad
hoc: l’esempio più eclatante di queste forme specifiche di finanziamento
è la raccolta di fondi realizzata dal museo d’arte contemporanea “Ars
Aevi” a Sarajevo, con una sorta di azionariato istituzionale che rende complici le città europee, consegue fondi in misura rilevante e acquisisce credibilità per i contributi provenienti dal settore privato e per le progettazioni donate da architetti di fama mondiale. In questi casi, il problema più
incisivo è dato dalla necessità di combinare le modalità del finanziamento pubblico e privato, dati i diversi orizzonti temporali e il diverso reticolo di norme, vincoli e incentivi.
Terzo settore/breve termine – Il caso più semplice è rappresentato dalle
organizzazioni non profit che conseguono contributi finanziari dalle imprese private. Si tratta di un caso molto più frequente nel mondo anglosassone,
ma in progressiva diffusione nel bacino mediterraneo; la recente esperienza
italiana mostra la preferenza accordata dai donatori privati agli spettacoli,
rispetto al patrimonio culturale. La fragilità di questo meccanismo è data
dalla mancata garanzia di stabilità e durata dei contributi privati, che
dipendono – legittimamente – dalle strategie aziendali e dunque possono
mutare in tempi rapidi, senza alcun legame con la caratura e l’efficacia dei
progetti culturali.
Terzo settore/medio termine – La combinazione rappresentata da fondi
pubblici, sponsorizzazioni private e status giuridico-istituzionale non profit può condurre a un sufficiente grado di sostenibilità: un eloquente esempio in questo senso è dato dalla Fondazione Musica per Roma e dalle molteplici attività culturali dell’Auditorium Parco della Musica. L’eterogeneità
dei fini potrebbe risultare un limite in una prospettiva progettuale di
lungo periodo, ma certamente in un orizzonte di medio termine comporta notevoli vantaggi.
Terzo settore/lungo termine – Il grado di sostenibilità di un progetto
aumenta progressivamente quanto più le sue sorti finanziarie sono affidate
al successo di mercato; ciò non implica necessariamente attività di basso
65
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
66
C1
C2
C3
livello culturale o contaminazioni progettuali, ma una continua ed efficace attività di comunicazione, attrazione, consolidamento e rafforzamento
della domanda. La qualità elevata dell’offerta culturale è un elemento
imprescindibile, insieme alla capacità di reagire rapidamente e flessibilmente alle trasformazioni e alle evoluzioni nelle aspettative e nelle preferenze dei consumatori.
Settore privato/incertezza – I progetti che si basano esclusivamente su
finanziamenti e azioni da parte di privati possono mostrarsi piuttosto
deboli, salvo che non siano da ricondurre esclusivamente alla grande
impresa privata che entra nel versante dell’offerta culturale (si pensi al
caso di Progetto Italia di Telecom); il rifarsi a fonti esclusivamente private comporta, nel caso del patrimonio archeologico e dello spettacolo dal
vivo, la totale rinnovabilità delle fonti finanziarie, cosa che può risultare
realisticamente difficile.
Settore privato/affidabilità finanziaria – Progetti e finanziamenti privati
possono diventare affidabili sul piano finanziario se assistiti da un’efficace regolamentazione; in questo caso, pur non entrando nei piani finanziari del progetto culturale, la pubblica amministrazione garantisce – attraverso un incisivo reticolo di norme, vincoli e incentivi – la sua coerenza
sul piano culturale e su quello dell’identità locale.
Settore privato/stabilità – La combinazione che può presentare il grado
più elevato di sostenibilità è rappresentata dall’inserimento di progetti
privati all’interno di un più ampio programma culturale pubblico. In questo caso si verifica una buona corrispondenza tra strumenti e obiettivi. Un
ampio programma pubblico può favorire la capacità, da parte del settore
privato, di perseguire un efficace ventaglio di interventi e collaborazioni
da una molteplicità di rami della pubblica amministrazione.
In un quadro complesso come questo, si comprende facilmente come l’avvicinarsi progressivo di un progetto a un grado accettabile di sostenibilità dipende
in parte da circostanze legate alle strategie, alle scelte operative, e alle capacità
gestionali delle istituzioni culturali; si deve però sottolineare come un’influenza determinante sui risultati, che è possibile conseguire, viene esercitata dal
sistema di norme, vincoli e divieti che governano il patrimonio e le attività culturali. Si può osservare, a questo proposito, che i livelli di governo subcentrali
godono normalmente di maggiori gradi di libertà in confronto all’amministrazione centrale, anche se in più di un caso (si pensi alla concessione dei servizi
nei siti archeologici e nei musei) tendono, per comodità, a riprodurre la normativa statale in modo piuttosto acritico e certamente non sintonizzato alle esigenze specifiche del proprio territorio.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
5. Sostenibilità e compatibilità: criteri e indicatori
Il disegno e l’attuazione delle politiche culturali dipende da una molteplicità
di fattori. La politica economica e la prassi dell’amministrazione pubblica
mostrano con tutta evidenza che, una volta definiti con chiarezza gli obiettivi
della politica culturale in termini generali, e di ciascuna azione su un piano più
specifico, appare indispensabile procedere a identificare lo strumento o gli strumenti da assegnare a ciascun singolo obiettivo. Non sono rari i casi in cui, a fronte di obiettivi chiaramente definiti, l’amministrazione non ne trae le necessarie
conseguenze predisponendo ed azionando i relativi strumenti. Allo stesso
modo, nei casi in cui i diversi strumenti non risultino efficacemente coordinati
tra loro, il rischio è quello di un parziale conseguimento degli obiettivi. A monte
di tutto questo la massima attenzione deve essere prestata nei confronti di politiche culturali che definiscano i propri obiettivi con eccessiva generosità, così
da generare non soltanto reciproca indifferenza, ma addirittura conflitti e dunque sostanziali cadute di efficacia nell’azione pubblica.
La Matrice 2 definisce obiettivi e ambito dell’azione amministrativa, facendo
riferimento all’ipotesi della governance dell’offerta pubblica: per quanto il termine risulti attualmente fascinoso e pertanto adottato in una varietà di circostanze, forse basterebbe dire ‘amministrazione’. Si deve invece sottolineare
l’importanza del concetto di governance nel settore culturale, soprattutto negli
attuali tempi di evoluzione e di trasformazione. Non essendo l’oggetto specifico di questo lavoro, potrà bastare in questa sede definire la governance come
l’insieme delle regole capaci di generare opportunità, per contrasto con il
governo, che appare l’insieme delle regole che inducono determinati (e voluti)
comportamenti. Regole che permettono, dunque, ma anche regole che vincolano o che proibiscono; l’essenziale è che esse risultino per i molteplici soggetti
che operano nel settore culturale come un ventaglio di indirizzi e opportunità,
che permettano la massimizzazione dell’efficacia delle azioni intraprese.
L’analisi che segue intende, dunque, fornire uno spettro critico della politica
culturale, lungo una linea continua che parte dalla mera protezione per spostarsi sull’accesso e sulla valorizzazione; per quanto in termini generali, si deve
osservare che in effetti questi possibili ampi obiettivi della pubblica amministrazione comportano – nel passaggio dal più basico al più complesso – l’impiego di risorse (fondi, capitale umano, tempo, ecc.) crescenti, pur implicando
più estesa opportunità in termini di ritorni tanto monetari quanto intangibili.
Allo stesso modo, il passaggio verso obiettivi più ampi comporta l’adozione di
uno spettro progressivamente articolato di strumenti dell’azione pubblica (regolamentazione, finanziamento diretto, esenzione fiscale, ecc.) e una crescente
complessità dei processi di selezione, dei meccanismi di monitoraggio, dei cri-
67
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
68
teri di valutazione e dei processi di adempimento e sanzione.
La molteplicità di obiettivi di norma adottati dalle politiche culturali porta
con sé un’ulteriore conseguenza: può accadere che un governo locale scelga
– anche per le capacità, competenze e risorse a sua disposizione – di concentrare i propri sforzi sulla partecipazione culturale della propria comunità trascurando la protezione (per mancanza di fondi, o di competenze tecniche).
Come nella precedente Matrice 1, anche nella seguente la descrizione delle
diverse opzioni va intesa come un supporto interpretativo ai fini di eventuali
passi di avvicinamento verso un grado più elevato di sostenibilità rispetto a
quello attuale.
Gli obiettivi identificati nella Matrice 2 possono essere associati a una serie
di costi e benefici: la protezione comporta un notevole ventaglio di vincoli e
proibizioni, che in fondo contribuiscono a ridurre i costi politici legati alla
necessità di scegliere tra diverse opzioni; i processi decisionali possono dunque risultare piuttosto rapidi e semplici, e qualche impresa privata potrà essere interessata a fornire il proprio contributo finanziario, materiale o tecnologico4. Gli obiettivi dell’accesso e della partecipazione richiedono scelte politiche più incisive, si pensi, ad esempio, all’identificazione dei beneficiari dell’azione pubblica e alla necessità di effettuare un esteso monitoraggio al fine
di valutare correttamente l’impatto delle politiche sulla dimensione e la composizione del pubblico.
La valorizzazione implica la necessità di un sistematico coordinamento con
altri decisori pubblici, a causa della complessità di politiche che coinvolgono
diversi rami della stessa pubblica amministrazione, e diversi livelli di governo;
le risorse impiegate sono notevoli e i risultati di queste politiche fanno riferimento a una molteplicità di gruppi sociali.
4
La recente normativa italiana in materia di contributi privati al settore culturale fornisce più di
un’opportunità ai soggetti privati che vogliano realizzare attività dirette (ad esempio, restauri) sul
patrimonio culturale.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Matrice 2
Livello di efficacia della governance
(compatibilità culturale, sostenibilità finanziaria)
Obiettivi e orizzonti della governance
(A)
Protezione
(B)
Partecipazione
(C)
Valorizzazione
(1)
Sopravvivenza
A1
Mera conservazione
B1
Partecipazione statica
C1
Turismo locale/esterno
Politiche neutrali
Indifferenza rispetto
al contesto
di riferimento
Assenza di incentivi
Nessuna politica
mirata all’accesso
qualificato
Nessuna
pianificazione
Risorse culturali
come attrattiva
turistica
(2)
Identità
A2
Compatibilità culturale
B2
Accesso selettivo
C2
Qualità della vita
Politiche coordinate
Attenzione rispetto al
contesto di riferimento
Riduzione dei costi
Accesso favorito per
categorie specifiche
Pianificazione locale
Incentivi e coerenza
con l’economia
locale
A3
Riabilitazione
B3
Diffusione
C3
Sostenibilità
Politiche integrate
Integrazione efficace
tra patrimonio
e attività
Formazione del
gusto Marketing per
ridurre il costo del
consumo
Integrazione
di obiettivi Coerenza
di politiche culturali
ed economiche
(3)
Sviluppo
Come per la matrice precedente, le diverse opzioni si possono descrivere analiticamente:
A1
Mera conservazione – Si tratta dell’opzione più semplice, tipica di contesti caratterizzati da un basso livello di sviluppo e da scarse risorse finanziarie. Comporta tuttavia una spesa non indifferente in tutti quei casi in
cui il patrimonio culturale versi in condizioni di emergenza. E appare
piuttosto forte nei casi di resistenza al cambiamento da parte dei rami tecnici della pubblica amministrazione culturale. In questo caso l’offerta culturale è considerata un valore di per sé, senza alcun riferimento con il proprio contesto territoriale.
Compatibilità culturale – Le politiche culturali perseguono l’obiettivo del
A2
rafforzamento dell’identità attraverso il coordinamento e un efficace inserimento nel contesto territoriale dell’offerta, in modo che essa possa essere fruita nel suo complesso in termini tanto materiali quanto cognitivi. Si
osservi che un certo numero di teatri antichi è tuttora inserito in un ampio
sito archeologico (si pensi a Pompei, Ostia antica, Jerash, Volubilis), rendendo così più efficaci le politiche culturali.
69
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
A3
70
B1
B2
B3
C1
Riabilitazione – In questo caso le politiche sono volte a inserire l’offerta
culturale in un ambiente urbano e territoriale vivace ed attivo, anche attraverso l’attivazione di una serie di interazioni tra l’offerta culturale e i suoi
fruitori, da una parte, e la comunità locale o suoi specifici gruppi, dall’altra. In questo modo è possibile, nel caso dei teatri antichi e di molta offerta archeologica e monumentale, superare l’isolamento rispetto alla comunità del territorio e avviare un processo di consolidamento del consenso
rispetto all’offerta culturale.
Partecipazione statica – Gli economisti sostengono che nel settore culturale l’offerta crea la propria domanda. Ciò tuttavia non implica alcun processo automatico, ma la consapevolezza che l’assenza di offerta rappresenta spesso un vincolo materiale che impedisce alla domanda potenziale di
emergere. In una lettura passiva dell’affermazione, si ritiene – a torto – che
basti tenere aperto un sito e il pubblico arriverà.
Accesso selettivo – Le politiche di accesso selettivo sono mirate alla riduzione del costo finanziario del consumo per alcune categorie “deboli” di
fruitori (come, ad esempio, studenti o pensionati); non c’è alcuna dimostrazione effettiva che tali categorie si trovino in una condizione di “merito” superiore ad altre, tuttavia è ormai accettato convenzionalmente che il
loro consumo vada incoraggiato con degli sconti sul prezzo d’ingresso. Si
sottolinea come in molti casi il prezzo del consumo culturale è quasi irrilevante rispetto alla scelta di fruire: se si tratta di un bene culturale molto
importante, il prezzo non è quasi mai un deterrente; se si tratta di un bene
culturale secondario, raro o poco conosciuto, la riduzione del prezzo non
è quasi mai un incentivo.
Diffusione – Tale obiettivo comporta un vero e proprio investimento, e
dunque un approccio di mercato da parte della pubblica amministrazione
che gestisce l’offerta culturale. Il processo di attrazione dei consumatori
attraverso l’uso efficace di strumenti del marketing ha lo scopo di ridurre
il costo-opportunità del consumo culturale grazie all’attivazione della
progressiva accumulazione di conoscenze che la letteratura economica
definisce cultural addiction. Il rischio, in questo caso, consiste nell’adozione di strumenti di marketing obsoleti e mutuati dal settore manifatturiero, come alcuni testi di marketing culturale lascerebbero intendere.
Turismo locale/esterno – La presenza di beni culturali in un contesto territoriale attrattivo può contribuire a richiamare turisti da un bacino locale così come dal bacino internazionale. Per quanto i turisti possano arrecare ricchezza finanziaria ai luoghi visitati, bisogna considerare che,
innanzitutto, il turismo locale è sempre preferibile a quello esterno, a
causa della maggiore “morbidezza” dei processi e del minor costo di con-
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
C2
C3
gestione; inoltre, la presenza di beni culturali non è quasi mai la causa
determinante di una visita che sembra di norma dovuta all’atmosfera culturale del luogo, ma non a singoli beni; infine, la mera attesa di visite turistiche non comporta alcun costo specifico ma non sfrutta alcuna opportunità di crescita sostenibile.
Qualità della vita – L’offerta culturale è organicamente inserita nella vita
della comunità locale, mostrandosi non soltanto capace di attrarre talenti,
competenze e volontariato, ma anche di risultare una credibile destinazione per i contributi privati (tanto individuali quanto societari) a causa
del percettibile consenso ricevuto da parte della comunità locale. La capacità di utilizzare l’offerta culturale come input di più intensi processi di
creazione e produzione culturale accresce la qualità della vita urbana.
Sostenibilità – Si tratta di un’opzione ancora ampiamente utopistica, e tuttora limitata – casi in cui prevale un approccio di mercato e una capacità
di pianificazione nel lungo periodo e in un ambito territoriale internazionale. La sostenibilità presuppone l’elaborazione e la realizzazione di una
strategia di crescita che coinvolga una pluralità di soggetti e che si rivolga a una varietà di mercati5. Nel caso dei teatri antichi, una possibile fonte
di crescita finanziaria risiede nell’uso incisivo della propria immagine
(dalla commercializzazione delle immagini e del marchio fino alla location cinematografica e pubblicitaria).
6. Il disegno delle politiche culturali
I teatri antichi rappresentano un patrimonio di infungibile valore per tutto il
bacino mediterraneo. La complessità della loro gestione appare in tutto il suo
peso se si fa riferimento a una società in trasformazione radicale, soprattutto per
quanto concerne le aspettative cognitive e la rilevanza dei valori intangibili. Al
tradizionale problema della conservazione materiale dei teatri si aggiunge la percezione dell’insufficienza dei protocolli tecnici più efficaci di protezione ai fini
della stessa sopravvivenza dei teatri antichi e del patrimonio archeologico6, in
un contesto caratterizzato da un progressivo prosciugamento delle fonti di finanziamento pubblico e da un’inadeguata attenzione da parte delle possibili fonti
private quali imprese e individui. Se uno degli obiettivi delle politiche culturali è l’accrescimento del grado di sostenibilità dell’offerta culturale, insieme al
mantenimento e al rafforzamento della compatibilità, ossia della coerenza inter-
5
6
Sui profili economici della crescita sostenibile si vedano Pezzey (1989); Baranzini e Bourguignon (1994).
Si vedano, sul punto, Fusco Girard (2001); Carta (2004).
71
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
72
na e della ricchezza informativa, che va trasmessa integralmente tra le generazioni, allora la questione diventa estremamente più complessa, e implica l’acquisizione di responsabilità, orizzonte temporale e approccio imprenditoriale da
parte della pubblica amministrazione. La dialettica tra i diversi obiettivi strategici e le diverse ampiezze di prospettiva comporta l’esigenza di un delicato equilibrio: il percorso che conduce a benefici finanziari di notevoli dimensioni è
molto spesso fonte di sfruttamento eccessivo e di costi crescenti di manutenzione e restauro; al tempo stesso, il favore nei confronti del turismo internazionale
può spiazzare le aspettative della comunità locale, innescando un processo di
disaffezione e dissenso che nel lungo periodo pregiudica qualsiasi finalità di sviluppo. Anche la ricerca di finanziamenti, che si aggiungano alle quote limitate
dei bilanci pubblici destinate alla cultura, può risultare fuorviante nella misura
in cui sia gli obiettivi degli sponsor, sia le stesse valutazioni degli esperti della
pubblica amministrazione risultino in contrasto con le aspettative della domanda attuale e potenziale. Una composizione articolata delle fonti di finanziamento deve associarsi a un approccio gestionale efficace e versatile, indipendentemente dall’assetto giuridico-istituzionale (Bracewell-Milnes, 1982; Koboldt,
1995). In questo senso, se da una parte la divisione tra settore pubblico e privato appare binaria e rigida, è invece desiderabile un processo che, metodologicamente, si mostri capace di coniugare il perseguimento delle garanzie con l’esigenza di flessibilità.
La valorizzazione dei teatri antichi va, dunque, considerata paradigmatica di
un modello di crescita basato sulle risorse culturali in cui un’ampia prospettiva
territoriale e un orizzonte temporale di lungo termine costituiscano il contesto
nel quale una molteplicità di soggetti istituzionali e di stakeholder progettino un
riassetto strategico del territorio, con l’obiettivo principale della crescita del
benessere della comunità locale. In un contesto siffatto, non soltanto i valori
meno radicati nel territorio come quelli riferiti all’universalità del patrimonio
culturale vengono tutelati e rafforzati in massimo grado, ma il consenso crescente può rappresentare la fonte di credibilità capace di attirare finanziamenti,
risorse e talenti lungo il sentiero della sostenibilità.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
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LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
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75
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Analisi multicriterio semplice,
per la valutazione e il
monitoraggio dei progetti
di valorizzazione culturale
di Emilio Cabasino
77
La valutazione di progetti e attività di ambito culturale è un argomento sul
quale si è intensificato negli anni passati l’interesse degli studiosi, portando ad
una discreta produzione bibliografica, secondo diversi approcci e differenti metodologie. La produzione teorica e la casistica delle applicazioni pratiche realizzate fino a questo momento non dev’essere ignorata dagli operatori del settore,
soprattutto dai responsabili della gestione dei musei e dei siti monumentali o
archeologici, ma sovente gli strumenti proposti sono molto articolati e complessi. Sono, infatti, sicuramente pertinenti ed efficaci se utilizzati da gruppi di ricerca, uffici pubblici o studi privati dotati di adeguati mezzi economici e strumentali, di professionalità specializzate e, soprattutto, di dati che non sono facilmente disponibili nei formati richiesti e secondo le opportune serie cronologiche.
Volendo essere realisti, va osservato che il funzionario di una istituzione pubblica o privata che deve prendere decisioni in merito a differenti progetti culturali,
oppure monitorarne gli effetti e illustrare sinteticamente alle proprie comunità di
riferimento (amministrative, civili o scientifiche) i perché delle scelte effettuate e
i benefici generati, in molti casi non dispone di queste risorse e si trova a dover
operare le scelte in tempi rapidi e con mezzi modesti. Si intende, pertanto, fornire un quadro teorico e metodologico generale, seguito da una proposta di analisi multicriterio semplice, applicabile alla gestione e valorizzazione dei beni culturali, rigorosa quanto a spettro di analisi e individuazione dei fattori rilevanti,
ma agile e semplice quanto a valori di cui disporre e alle regole della loro interazione. Completano il testo una sintetica bibliografia pertinente, una esercitazione
pratica e griglie schematiche, a supporto della metodologia proposta.
1. Cenni sulla valutazione di beni e attività culturali
1.1. Valutazione economica dei beni e delle attività culturali
Il termine valutazione implica anche etimologicamente la nozione di attribuzione di un valore a qualcosa (economico, in prima istanza), rispetto a una scala di
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
78
misurazione nota. La prassi di valutare sotto il profilo economico anche i beni e le
attività culturali ha preso sempre più piede in Italia negli ultimi venti anni del
secolo scorso, quando si è iniziato a considerare il settore come possibile destinatario di fondi pubblici straordinari e come ambito da collegare a piani di investimento per lo sviluppo del territorio. In questa sede si ricordano solo le principali
metodologie proposte nel tempo, rinviando alla bibliografia citata gli approfondimenti pertinenti i singoli argomenti e i rimandi a più ampia bibliografia.
Un primo e spesso evocato strumento è quello dell’analisi costi-benefici, che
nel settore della cultura si scontra soprattutto con la difficoltà di attribuire prezzi a cose e/o attività in parte “fuori mercato”, così come anche a esternalità positive non misurabili. Ciononostante sono state formulate proposte interessanti nel
merito della programmazione pubblica (Icomos-Mbca, 1990; Formez, 1993;
Formez, 2004) e anche per quanto attiene alla valutazione di progetti sostenuti da
erogazioni liberali delle fondazioni di origine bancaria (Valentino, 1998). Le tecniche di valutazione economica non si esauriscono solo all’analisi costi-benefici
e possono essere rivolte ad analizzare aspetti macro o micro economici dei beni
e delle attività culturali, considerati, comunque, come ambiti cui applicare tecniche di valutazione multi-attributo, così come accade già da tempo al settore dell’ambiente (Mazzanti 2003). Tra le diverse tecniche già sperimentate si segnalano
come interessanti anche quelle della contingent valuation (Santagata 2000;
Moreschini 2005), finalizzate ad indagare la disponibilità a pagare un prezzo da
parte del pubblico per fruire di un bene (culturale), quelle del business plan
(Dubini 2005), finalizzate a misurare la capacità di un progetto a generare reddito e quelle finalizzate a individuare l’impatto economico-sociale dei progetti culturali (Sulli, Trimarchi, 2001).
1.2. Valutazione qualitativa dell’offerta culturale
Accanto alle metodologie di analisi prettamente economiche si sono consolidate nel tempo quelle che potrebbero essere definite come qualitative, partendo
soprattutto dall’esperienza anglosassone, finalizzata alla misurazione dell’offerta culturale e dei servizi ad essi pertinenti, soprattutto in ragione dell’individuazione dei criteri di allocazione dei ridotti (rispetto al nostro Paese) finanziamenti pubblici disponibili. Tale misurazione (rating) è ovviamente indirizzata
anche ai più numerosi (rispetto al nostro Paese) sostenitori privati delle istituzioni culturali, ai quali si deve rendere conto in modo più puntuale dell’impiego delle risorse ricevute.
Un momento di svolta in tale direzione si è avuto in Italia con il lavoro di una
commissione mista, cui hanno partecipato funzionari dei diversi livelli di governo (Stato, Regioni ed enti locali), e alcuni tra i migliori specialisti del settore, che
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
ha portato all’emanazione di un decreto ministeriale (DM MiBAC 2001), da considerare come pietra miliare nel nostro Paese per quanto riguarda questo tipo di
attività. La definizione da parte dell’allora Ministro per i beni e le attività culturali, Giovanna Melandri, di criteri tecnico-scientifici e degli standard per la
gestione e lo sviluppo dei musei italiani ha costituito un felice momento di sintesi di lavori precedenti (Negri, Sani 2001) e ha generato un processo di graduale (e a volte solo parziale) adeguamento a quanto previsto, soprattutto da parte
delle Regioni, interessate a individuare criteri di accreditamento delle istituzioni culturali (in questo caso musei) alle quali attribuire il proprio sostegno organizzativo ed economico-finaziario (Maresca, Compagna 2005).
Lo stesso Ministero ha avviato successivamente un’indagine per verificare il
rispetto degli standard gestionali da parte di alcuni dei principali musei statali,
dalla quale sono emerse luci e ombre del sistema vigente (Maresca Compagna
2005), evidenziando, comunque, un forte interesse degli operatori rispetto a questi argomenti. In ogni caso si può dire che la cultura della qualità dell’offerta e
dei servizi culturali si sta affermando con sempre maggiore evidenza e importanza e si ha notizia di musei che già propongono delle vere e proprie carte dei
servizi da loro offerti1.
Per quanto attiene più direttamente ai beni archeologici possono essere interessanti sul piano della valutazione anche le variabili individuate come rilevanti nella costruzione e sperimentazione di piani integrati di conservazione,
gestione e valorizzazione sostenuti recentemente dall’Unione europea nell’area
euro-mediterranea (Valentino, Misiani, 2004).
Sul piano internazionale, e legati al sistema dei siti dichiarati patrimonio culturale dell’umanità, sono i piani di gestione richiesti dall’Unesco per mantenere valido l’accreditamento in tale sistema. Anche su questo fronte, negli ultimi
anni, è stato dato un forte impulso alla verifica e alla omogeneizzazione delle
esperienze e si dispone di riferimenti bibliografici aggiornati (Micoli, Palombi,
2005).
È opportuno ricordare gli ambiti oggetto di analisi e valutazione da parte del
decreto ministeriale citato (DM 2001), in quanto circoscrivono con precisione e
pertinenza i limiti entro i quali è stato ritenuto opportuno valutare i musei e, si
può aggiungere, con gli adeguamenti del caso, anche altri tipi di beni culturali:
I – Status giuridico; II – Assetto finanziario; III – Strutture; IV – Personale; V –
Sicurezza; VI – Gestione delle collezioni; VII – Rapporti con il pubblico e relativi servizi; VIII – Rapporti con il territorio.
1
Su questi temi è molto avanzato il settore delle biblioteche, per le quali si registrano già esperienze
di valutazione secondo le norme dei marchi di qualità UNI-ISO (Vision 2000 – Aib 2002; Sardelli,
2001).
79
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Alcuni di questi elementi, semplificati, costituiscono o hanno ispirato la definizione degli assi portanti dell’analisi multicriterio proposta nei paragrafi successivi.
80
2. Analisi multicriterio semplice per la valutazione
di progetti culturali
2.1. L’analisi multicriterio
L’analisi multicriterio (AMC) è una metodologia di supporto alla scelta articolata in quattro fasi principali:
• individuazione delle variabili considerate rilevanti rispetto a ciò che si deve
valutare;
• definizione dei criteri e dei pesi secondo i quali attribuire i valori, secondo
priorità e preferenze stabilite da chi deve effettuare la scelta stessa;
• espressione di un giudizio (tradotto in valore numerico) su quanto analizzato,
filtrato attraverso le diverse variabili;
• interazione dei voti/numeri espressi secondo i pesi stabiliti e raggiungimento
di valori finali che permettono di capire quanto l’oggetto dell’analisi si discosta o si avvicina rispetto ai risultati attesi o ai valori considerati come ottimali a priori.
Si ribadisce la definizione di metodologia di supporto alla scelta in quanto più
che raggiungere risultati certi e definiti, l’analisi multicriterio permette di avere
una visione complessiva di quanto analizzato, non esclusiva rispetto ad un singolo aspetto (come, ad esempio, l’analisi costi-benefici, finalizzata a valutare
espressamente i vantaggi economici di una iniziativa) e può essere utilizzata nei
tre momenti di vita di un progetto: 1) prima che sia realizzato, ex ante; 2) durante la realizzazione, monitoraggio; 3) una volta concluso, ex post.
In questa sede, quindi, si intende illustrare una procedura, piuttosto che proporre valori assoluti della valorizzazione dei beni culturali, in quanto si ritiene
che ogni situazione presenti valori peculiari e contingenti, noti solo a coloro che
conoscono a fondo le realtà in cui ci si trova ad operare.
Le griglie e le esercitazioni proposte vanno intese solo come dimostrazione
pratica della metodologia illustrata in queste pagine, in modo da rendere più
evidenti i concetti espressi e suggerire una possibile strada da percorrere a chi
intendesse applicarla.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Figura 1
Fasi essenziali dell’analisi multicriterio
FASE 1
Individuazione delle variabili rilevanti
p.es., ex ante: 1. presentazione dell’iniziativa; 2. motivazioni/obiettivi; 3. strumenti/strategia;
4. impatto/i; 5. aspetti economico-finanziari; 6. soggetto proponente
FASE 2
Definizione dei criteri e dei pesi
Esempio di valutazione ex ante
variabile
criterio
1. presentazione dell’iniziativa
il progetto deve essere presentato …
peso in %
5
2. motivazioni/obiettivi
ci si prefigge di fare…
10
3. strumenti/strategia
l’azione si deve realizzare mediante …
30
4. impatto/i
il risultato finale dovrà...
5
5. aspetti economico-finanziari
l’iniziativa costa... e sarà sostenuta...
50
6. soggetto proponente
il soggetto che la realizzerà deve...
sì/no
totale
100
FASI 3 e 4
Espressione del giudizio e somma ponderata secondo i pesi assegnati
Esempio di valutazione ex ante del progetto “…”
variabile
voto (da 0 a 3)
peso in % (coeff.)
voto finale
1. presentazione dell’iniziativa
2
5 (0,05)
0,10
2. motivazioni/obiettivi
3
10 (0,10)
0,30
3. strumenti/strategia
2
30 (0,30)
0,60
4. impatto/i
1
5 (0,05)
0,05
5. aspetti economico-finanziari
2
50 (0,5)
1,00
6. soggetto proponente
sì
sì/no
sì
max 3
100
2,05
totale
81
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
82
Nella figura 1 vengono illustrate schematicamente le quattro fasi e si fornisce
un esempio concreto, e sommario, di cosa si intende per variabili rilevanti, criteri, pesi, coefficienti, elementi essenziali dell’AMC, che verranno analizzati in
dettaglio nei paragrafi seguenti.
Il sistema dei criteri, dei voti e dei pesi, qui presentato nei suoi aspetti generali, può essere riprodotto anche per la scomposizione di ciascun criterio in
sotto-criteri, rendendo più complessa in tal modo la procedura, ma adattandola
a tutti gli aspetti ritenuti rilevanti di quanto analizzato. Anche di questo si cercherà di rendere conto nel presente contributo.
Per evitare ripetizioni, la trattazione svilupperà l’analisi di questi elementi
essenziali seguendo l’ordine logico di pertinenza e descrivendo in un paragrafo
successivo le particolarità legate alla sequenza cronologica delle fasi ex ante,
monitoraggio, ex post.
2.2. Variabili rilevanti
Il primo passo dell’attività di valutazione è quello di circoscrivere chiaramente quanto è oggetto di analisi e dichiararlo agli interlocutori coinvolti, siano essi
soggetti esterni che presentano un progetto o terzi ai quali si deve rendicontare
un’attività svolta. Tali variabili e i criteri conseguenti devono essere chiaramente indicati in caso di emanazione di un bando per la presentazione di progetti:
chiarezza di esposizione e coerenza complessiva su questi punti portano ad evitare contestazioni in merito alle scelte effettuate.
L’esempio che si propone individua sei variabili essenziali: 1) presentazione dell’iniziativa; 2) motivazioni/obiettivi; 3) strumenti/strategia; 4) impatto/i; 5) aspetti
economico-finanziari; 6) soggetto proponente. Chi volesse ispirarsi a questa proposta di metodologia, potrà inserirne altre o non considerarne alcune, ma si ritiene che queste sei siano effettivamente le più rilevanti da considerare e l’ordine in
cui sono proposte rispecchia una sequenza logica di presentazione e analisi.
La presentazione di un progetto deve essere sintetica, chiara, essenziale nell’illustrare le motivazioni dell’iniziativa, gli obiettivi, la strategia operativa e gli
strumenti messi in opera, gli impatti attesi, i costi pertinenti, i metodi di valutazione adottati e le caratteristiche del soggetto proponente. Anche i progetti più
complessi possono essere spiegati in poche pagine: qualora necessario è possibile rimandare agli eventuali allegati la descrizione dettagliata di ciascuno di
questi elementi. Il documento di riferimento deve permettere di capire in poco
tempo a chi lo legge per la prima volta:
• cosa si vuole fare;
• perché lo si vuole fare;
• per mezzo di quali azioni; secondo quali programmi, priorità ed eventuali alleanze;
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
• con quali risorse umane e professionali;
• con quali costi e quali risorse;
• in quanto tempo;
• che l’organizzazione proponente è quella più idonea per realizzare l’iniziativa
proposta.
Questa enunciazione può apparire banale, ma l’esperienza diretta di chi scrive dimostra che nella prassi è molto difficile avere a che fare con progetti ben
fatti secondo tale schema e che tutte le voci siano complete e chiare.
Si ritiene utile specificare ancora meglio alcuni elementi. L’oggetto precipuo
dell’iniziativa e le motivazioni che spingono a realizzarla, ad esempio, devono
essere in sintonia non tanto con logiche interne del soggetto proponente, quanto piuttosto con quelle del soggetto che la sostiene/finanzia. Il modo in cui la si
intende realizzare, i costi pertinenti e le risorse umane, professionali e finanziarie disponibili sono gli elementi intorno ai quali si gioca il successo di quanto si
propone: per questo devono avere una coerenza interna stringente e hanno un
peso molto elevato nel giudizio finale. Non è da trascurare, infine, il fattore
tempo: un chiaro e buon cronoprogramma aiuta a mettere ordine (e a comunicare) le scadenze progressive e i differenti stati di avanzamento del progetto.
Le variabili rilevanti, dunque, costituiscono l’ossatura portante del sistema di
valutazione e servono a stabilire i limiti entro i quali verranno effettuate le analisi puntuali di quanto proposto o realizzato e a cui vengono assegnati i giudizi/valori/voti corrispondenti.
2.3. Criteri e pesi
Una volta fissati i limiti dell’analisi, vanno definiti gli aspetti qualitativi da cui
deve essere composto ogni singolo elemento (criteri) e il valore (peso) che si
vuole assegnare ad ogni elemento (variabile) nella costruzione del giudizio finale, che, per comodità, può essere espresso da un valore numerico, per esempio
con una scala da 0 a 3, corrispondente ai seguenti giudizi: 0 insufficiente; 1 sufficiente; 2 buono; 3 ottimo.
I “pesi” rappresentano l’importanza delle variabili per l’elaborazione del
giudizio finale: per essere pratici, si può notare come ciascuno nella propria
vita di ogni giorno effettui delle scelte di impiego di risorse e/o tempo secondo una gerarchia di valori in parte assoluti e in parte contingenti, senza codificarli, per esempio, mangiare in orari stabiliti e rimandare a dopo gli impegni
professionali, effettuare o ricevere telefonate in determinati periodi della giornata, impiegare una parte del proprio tempo in attività sportive o ludiche, ecc.
Nella metodologia proposta si tratta di classificare (e dichiarare anche a terzi)
83
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
le variabili per ordine di importanza, per esempio, nel seguente modo:
Variabile
Peso in %
Coefficiente
sì/no
sì/no
5. aspetti economico-finanziari
50
0,50
3. strumenti/strategia
30
0,30
2. obiettivi
10
0,10
1. presentazione dell’iniziativa
5
0,05
4. impatto/i
5
0,05
100
1,00
6. soggetto proponente
84
totale
Nell’esempio è indicata una prima variabile che può essere definita come
discriminante (in ambito anglosassone viene definita killing factor) in quanto
individua un elemento che, qualora giudicato come negativo, pregiudica l’avanzamento della valutazione analitica delle altre variabili. Il soggetto proponente
può essere analizzato sotto due aspetti, uno formale/sostanziale, ovvero può non
essere idoneo a realizzare il progetto per qualità della sua natura statutaria (per
esempio, un soggetto profit non può essere sovvenzionato da unafondazione di
origine bancaria italiana o un soggetto non profit non può svolgere attività commerciale prevalente), oppure sotto l’aspetto organizzativo/strumentale, considerato in rapporto agli obiettivi da raggiungere e ai mezzi da impiegare per realizzare il progetto. In questo caso il giudizio viene espresso tenendo conto delle
informazioni pertinenti tutte le altre variabili identificate.
Immediatamente dopo la variabile discriminante quella indicata come più
rilevante nell’esempio (vale per il 50% del punteggio) è riferita agli aspetti economico-finanziari del progetto ed è scomponibile in due sotto-categorie: 1) la
pertinenza e coerenza dei costi rispetto a quanto proposto; 2) il piano di copertura dei costi stessi. Appare evidente che la reale fattibilità di qualsivoglia iniziativa passa attraverso una congrua stima dei costi e la disponibilità delle
somme di denaro necessarie per coprirli e si ritiene opportuno attribuire ad essa
il peso maggiore nella determinazione del punteggio finale2.
Segue, con un valore del 30%, la variabile che identifica le strategie e gli strumenti messi in opera per realizzare il progetto, in quanto nel settore culturale
riveste un’importanza capitale una modalità di azione che preveda alleanze e
2
Possibili sotto-categorie di analisi sono: 1) entità dei costi; 2) congruità dei costi rispetto a quanto
realizzato; 3) la percentuale di co-finanziamento ottenuta, ovvero le quote di costi sostenute da
altri soggetti; 4) la percentuale di autofinanziamento, ovvero le quote di costi coperti da eventuali ricavi dalla vendita di servizi/beni generati dall’iniziativa.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
strumenti idonei a mantenere alto il valore culturale del progetto, coniugandolo
con efficacia ed efficienza a quanto realizzato3.
Si suggerisce, poi, di attribuire agli obiettivi solo un 10% del peso, in quanto,
pur ritenuti essenziali per identificare il valore dell’iniziativa, si suppone che
siano ab origine in linea con quanto preferito dal soggetto valutatore, dichiarati,
ad esempio nelle caratteristiche del progetto indicate in un bando pubblico e,
pertanto, già aderenti al programma ideato4.
In ultimo vengono indicati con un peso del 5% la presentazione e l’impatto. La
prima, perché se pur importante e auspicabilmente caratterizzata dalle qualità
descritte nel paragrafo precedente, non può essere paragonata per importanza alle
altre variabili5. L’impatto, invece, è una variabile estremamente importante, ma
risulta molto difficile da valutare se non si dispone di precisi indicatori di risultato e di dati pertinenti rilevati anche ex ante la realizzazione del progetto6.
Diversamente, per esempio nel caso di utilizzo di beni archeologici per la realizzazione di iniziative come spettacoli o manifestazioni che prevedono affluenza di
pubblico, la variabile di impatto potrebbe essere considerata come discriminante
(killing factor), in quanto la conservazione del bene assumerebbe un peso e un
valore determinanti e assoluti per l’accettazione o meno della proposta.
L’esempio propone, dunque, variabili, criteri (sotto-criteri) e pesi pertinenti la
valorizzazione dei beni culturali, ma opinabili e tutti questi elementi sono presentati con l’intento di rendere meglio comprensibile l’analisi multicriterio semplice per la valorizzazione dei beni culturali. Coloro i quali volessero applicarla nelle proprie esperienze professionali non devono fare altro che adattarli ai
caratteri peculiari della realtà in cui operano.
2.4. Griglie di analisi: ex ante, monitoraggio, ex post - Indicatori
Per favorire la comprensione della metodologia e l’applicazione di quanto proposto si consiglia l’utilizzo di due griglie di lavoro, nelle quali inserire, espandendo le griglie stesse, tutte le variabili in gioco, tutti i criteri e i coefficienti
derivati dai pesi che verranno stabiliti. Il modello andrebbe trasposto in un
foglio di lavoro Excel, software mediante il quale è possibile predisporre e far
interagire tutti i dati, mediante formule semplici ed elaborabili anche da un
utente poco esperto del programma.
3
4
5
6
Possibili sotto-categorie, sono: 1) quantità e qualità delle organizzazioni coinvolte; 2) quantità e
qualità delle risorse umane impiegate; 3) pertinenza delle fasi di progetto ipotizzate.
Possibili sotto-categorie sono: 1) coerenza del progetto rispetto a quanto dichiarato; 2) coerenza
con il contesto di riferimento; 3) grado di innovazione proposta.
Possibili sotto-categorie sono: 1) chiarezza dell’esposizione; 2) capacità di sintesi; 3) rispetto dei
limiti richiesti nel bando.
Possibili sotto-categorie sono relative alla qualità dell’impatto: 1) culturale; 2) economico; 3) sociale.
85
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
86
Le variabili che nella valutazione ex ante vengono analizzate su valori e dati che
potremmo definire statici-ipotetici, nel momento del monitoraggio e della valutazione ex post devono prendere in considerazione dati e valori dinamici, ovvero
attività che devono aver prodotto dei risultati, strategie che devono aver creato
valore aggiunto non solo sotto il profilo del risultato concreto, tangibile, ma anche
sotto quello della creazione di alleanze e mutui scambi di esperienze e saperi.
Ad esempio, le variabili proposte possono evolversi secondo il seguente schema:
valutazione ex ante
monitoraggio e valutazione ex post di:
1.
presentazione dell’iniziativa
svolgimento complessivo dell’iniziativa
2.
motivazioni/obiettivi
raggiungimento degli obiettivi
3.
strumenti/strategia
efficacia della strategia
4.
impatto/i
diversi tipi di impatto
5.
aspetti economico-finanziari
bilancio economico-finanziario
6.
soggetto proponente
efficienza dell’organizzazione proponente
Appare evidente che la misurazione risulta più facile se sono stati richiesti e/o
individuati autonomamente degli indicatori di risultato, pertinenti ciascuna
delle voci analizzate, come, ad esempio, il numero e la qualità dei soggetti che
si è riusciti a legare in partenariato, la quantità di spettatori/visitatori che hanno
beneficiato dell’iniziativa, le citazioni in rassegna stampa, ecc.
Gli indicatori possono essere uno strumento tangibile di misurazione, ma non
devono essere, ovviamente, considerati un rigido “vaglio” attraverso il quale
promuovere o bocciare un’iniziativa.
Anche nel caso del monitoraggio l’analisi dinamica del risultato potrà essere
scomposta secondo i criteri e sotto-criteri individuati e terrà conto di pesi e coefficienti stabiliti.
Ad un operatore culturale con formazione eminentemente umanistica anche
l’analisi multicriterio semplice proposta in queste pagine può apparire un po’
troppo complessa e di difficile applicazione pratica nell’attività quotidiana, ma
i confronti a cui si viene chiamati in modo sempre più stringente con attori
diversi e realtà abituate a linguaggi in cui è necessario operare sintesi estreme e
chiare, obbligano a dotarsi di adeguati strumenti di lettura e di analisi del proprio e dell’altrui agire. L’AMC semplice sin qui illustrata ha l’ambizione di costituire, almeno, una traccia di riflessione in questo senso e una metodologia di
approccio alla valorizzazione dei beni culturali in cui siano considerati tutti gli
elementi ritenuti essenziali per una visione moderna e dinamica del ruolo professionale e sociale delle professionalità relative ai beni e alle attività culturali.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
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Bibliografica, Milano.
• Sulli R., Trimarchi M. (2001), L’economia dei beni culturali e il turismo, in
Fuortes (2001), pp. 108-158.
87
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
88
• Valentino P.A. (1998), L’analisi costi-benefici nella valutazione dei progetti
delle Fondazioni bancarie, Manuale ACRI n. 9, Roma.
• Valentino P.A., Misiani A. (2004), Gestione del patrimonio culturale e del territorio. La programmazione integrata nei siti archeologici nell’area euro-mediterranea, Carocci Editore, Roma.
• Vision 2000 – Aib (2002), Applicare la norma Uni EN ISO 9001: 2000 nelle
biblioteche, Uni – Ente Nazionale Italiano di Unificazione, Roma.
Documenti
• Decreto ministeriale (MiBAC) 10 maggio 2001, Atto d’indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei (Art.
150 comma 6, D.lgs. n. 112/1998), in particolare pp. 35-36 e pp. 95-107 (pubblicato in S.O. alla G.U. n. 244 del 19 ottobre 2001, S.G., n. 238).
• Deliberazione Giunta Regione Lombardia 20 dicembre 2002, n. 7/11643,
Criteri e linee guida per il riconoscimento dei musei e delle raccolte museali
in Lombardia, nonché delle linee guida sui profili professionali degli operatori dei musei e delle raccolte museali in Lombardia, ai sensi della L.r. 5 gennaio
2000, n. 1, commi 130-131 (Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, 16
gennaio 2003).
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Appendice 1
Esercitazione pratica per la
verifica della metodologia
proposta
89
L’esercitazione pratica intende suggerire una verifica empirica di quanto illustrato nelle pagine precedenti. Va realizzata da un gruppo di almeno tre o quattro operatori (meglio se con competenze e professionalità differenti) ciascuno
dei quali deve proporre il proprio punto di vista per perfezionare gli strumenti
di valutazione ipotizzati.
Svolgimento dell’esercitazione
Si suppone di aver emanato un bando dal titolo riportato qui sotto (punto 1),
per la presentazione di progetti che devono avere alcuni requisiti, indicati come
richiesti e/o preferiti (punto 2).
In risposta al bando sono pervenute tre proposte, con le caratteristiche illustrate nei punti di ciascuna scheda di progetto (punti 3 a, b, c).
I partecipanti all’esercitazione dovranno utilizzare la scheda per la valutazione ex ante (Appendice 2) e: 1) indicare i criteri di valutazione adottati per ciascuna variabile, compresi sotto-criteri ed eventuali pesi relativi; 2) decidere i
pesi da attribuire alle variabili per la composizione del voto finale; 3) stabilire la
scala di voti da utilizzare nel giudizio; 4) procedere alla valutazione delle proposte, secondo le caratteristiche indicate nelle schede dell’esercitazione.
La prassi dimostrerà quanto siano differenti e soggettivi i punti di vista di ciascuno e quanto sia importante confrontarsi per individuare punti di vista condivisi, chiari e utili per una scelta responsabile.
1. TITOLO DEL BANDO
Valorizzare i beni culturali mediante l’organizzazione di attività di spettacolo
2. REQUISITI RICHIESTI/PREFERITI
• Disporre di un bene culturale “classico”
• Creare nuove opportunità di conoscenza e comunicazione
• Proporre artisti consolidati e nuove proposte
• Richiedere un finanziamento non superiore a 30.000 euro
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
90
• Disporre di un cofinanziamento pari al 30% del costo totale
• Generare un autofinanziamento
• Agire in partenariato
• Creare opportunità per le filiere collegate
• Essere un’organizzazione accreditata o di nuova costituzione, ma “solida”, in
modo ragionevolmente dimostrabile
• Capacità di realizzare il progetto/programma entro 6 mesi
• Effettuare attività di comunicazione locale, nazionale, internazionale.
3.a. PROPOSTA 1
• Non dispone di un bene culturale classico, ma di una ex stazione ferroviaria
• Propone la redazione di un programma, di una piccola guida sui beni culturali locali e prodotti enogastronomici
• Propone 3 artisti rinomati e 8 nuove proposte
• Il costo complessivo dell’iniziativa è di 50.000 euro, se ne chiedono 25.000
• Si dispone di uno sponsor che eroga 15.000 euro
• L’accesso all’iniziativa è gratuito
• Il museo xy presta 4 opere
• Si prevede un’affluenza di circa 3.000 visitatori in due mesi
• L’ente proponente è un’Associazione non profit, creata nel 2001 ed ha realizzato già 2 spettacoli
• Si dichiara che l’evento sarà realizzato entro 6 mesi dall’approvazione del progetto
• Si prevede l’uscita della notizia sui giornali locali e nazionali.
3.b. PROPOSTA 2
• L’evento viene realizzato in un castello del XV secolo, di proprietà privata
• Viene aperto al pubblico (temporaneamente) un monumento usualmente non
accessibile
• Si propongono 6 artisti accreditati e 3 nuove proposte
• Il costo complessivo dell’iniziativa è di 120.000 euro e si richiedono 30.000 euro
• Uno sponsor eroga 30.000 euro, una Fondazione bancaria 5.000 euro
• È previsto un prezzo al pubblico di accesso di 8 euro
• Una convenzione regola il rapporto di partenariato tra ente proponente, musei
civici, 1 museo statale e 1 fondazione straniera per un programma di attività
comuni, tra le quali è inserita questa iniziativa
• Viene prodotto un catalogo, un programma e cartoline con riproduzioni di
opere, vi è una convenzione con un ristorante del posto che offre pasti in convenzione in occasione dell’iniziativa, alcuni prodotti tipici locali sono promossi in un apposito stand
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
• L’ente proponente è una fondazione culturale, attiva da 30 anni con un curriculum e una fama accreditati nell’ambito dell’arte e della promozione letteraria
• Si propone un cronoprogramma con scadenze e fasi dettagliate alla giornata,
scadenzate su 6 mesi e 1/2
• Si comunicano i giornalisti e le testate che verranno interessate all’iniziativa e
le riviste straniere in cui sarà segnalata. L’iniziativa è gemellata con un’altra
che si tiene in un Paese UE.
3.c. PROPOSTA 3
• Si propone di utilizzare parte di un antiquarium archeologico (non si comunicano gli estremi dell’autorizzazione della Soprintendenza)
• L’antiquarium verrà aperto anche in giorni e in orari in cui è usualmente chiuso. La visita sarà estesa ad un vicino cantiere di scavo archeologico
• Vengono proposti 3 artisti accreditati e 3 nuove proposte
• L’iniziativa ha un costo di 80.000 euro e si chiede un finanziamento di 26.000
euro
• Il progetto è inserito in un programma UE e beneficia di 20.000 euro di sostegno e di 4.000 di uno sponsor privato
• Non viene previsto un prezzo di entrata, ma la pubblicazione di un opuscoloprogramma (venduto a 2 euro)
• Il programma UE è, ovviamente, gestito in partenariato con altre 2 istituzioni
e, in più, vi è un accordo con 2 associazioni situate in Comuni vicini che offrono contributi in servizi, comunicazione e personale
• Viene prodotto un Dvd in cui si riproducono gli spettacoli, si permette di
conoscere biografie e modo di operare degli artisti
• L’ente proponente è una Onlus che unisce scopi di carattere sociale a impegno
culturale, è fondata da 10 anni (ha già realizzato iniziative simili) ed è presentata da 3 lettere di accreditamento di personaggi noti
• È possibile realizzare l’iniziativa in 8 mesi, in quanto vi sono dei tempi organizzativi un po’ lunghi
• Viene realizzato un sito Internet e si ritiene di poter contare sull’uscita nei
notiziari radiotelevisivi locali e nazionali.
91
92
Obiettivi
Strumenti/Strategia
Impatto/i
Aspetti economico-finanziari
Soggetto proponente
2
3
4
5
6
Giudizi/punteggio finale
Presentazione dell’iniziativa
1
Variabili sottoposte a valutazione
criteri
punteggio
Problematica
Non idonea/
Idonea/
peso relativo
tot.100%
coefficiente
punteggio
finale
Progetto/iniziativa: ........................………………………………………………………………......................…………………………………………….
Schema di griglia tipo per la valutazione ex ante di una iniziativa culturale
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
APPENDICE 2
Proposta di griglie per la valutazione di una iniziativa culturale
Raggiungimento degli obiettivi
Efficacia della strategia
Diversi tipi di impatto
Bilancio economico-finanziario
Efficienza dell’organizzazione proponente
2
3
4
5
6
Giudizio/punteggio finale
Svolgimento complessivo dell’iniziativa
1
Variabili sottoposte a valutazione
criteri
punteggio
peso relativo
tot.100%
coefficiente
punteggio
finale
Progetto/iniziativa: ........................………………………………………………………………......................…………………………………………….
Schema di griglia tipo per il monitoraggio e/o la valutazione ex post di una iniziativa culturale
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
93
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Modelli istituzionali e logiche
manageriali per un intervento
integrato su archeologia
e spettacolo dal vivo
di Marco Meneguzzo
95
1. Logiche aziendali e sistemi manageriali
Il settore artistico e culturale e dello spettacolo è stato investito, negli ultimi
anni, dal processo di diffusione di logiche aziendali e manageriali; questo fenomeno, ormai consolidato a livello internazionale (basti ricordare il network legato alla International Association of Arts and Cultural Management; il primo corso
di Museum Management è stato attivato nel 1963 dalla New York University), ha
interessato anche, a partire dall’inizio degli anni Novanta, le organizzazioni e le
istituzioni culturali operanti nel sistema della pubblica amministrazione italiana,
a livello centrale, regionale e locale.
Logiche aziendali sono ovviamente adottate con successo pure dalle istituzioni ed organizzazioni artistiche e culturali profit (le imprese culturali) e non profit (le fondazioni culturali); ma è stato proprio il settore pubblico a muoversi con
maggiore dinamismo e vivacità per recuperare il deficit di operatività e conoscenze, accumulato a seguito della persistenza di prassi burocratiche. La ‘burocratizzazione’ del settore culturale pubblico aveva, infatti, reso difficile la valorizzazione delle potenzialità esistenti e l’introduzione della cultura e delle prassi manageriali.
In questa situazione è, quindi, opportuno fare il punto, a più di un decennio,
sulle esperienze concrete vissute dalle organizzazioni artistiche e culturali, a cui
si sono accompagnate lo sviluppo della ricerca, accademica e non, interventi formativi rivolti ai professional e agli operatori della cultura e progetti di sensibilizzazione, attraverso ricerche intervento, alle tematiche manageriali. Recenti
esempi promossi direttamente dal Formez oltre a Mediteatri.pa sono Globcultura
ed Info – CTS.
In questo contributo, dopo l’analisi dei contenuti caratterizzanti le logiche
aziendali nelle organizzazioni culturali, verranno introdotte alcune riflessioni
sui risultati effettivamente raggiunti, grazie all’introduzione delle logiche manageriali, e sulle tendenze in atto, a partire dalla pianificazione al controllo strategico, allo sviluppo di reti interorganizzative e interistituzionali.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
96
Questo nella prospettiva di offrire ai teatri antichi, che costituiscono uno snodo
importante tra la cultura, l’archeologia e lo spettacolo dal vivo, indicazioni e stimoli per sviluppare in modo critico ed innovativo le logiche manageriali, senza
cadere, come sintetizza in modo efficace uno studioso del settore (Zan, 1999)
nella “retorica del management”.
Nella figura 1 si presentano i contenuti caratterizzanti del management artistico e culturale, a cui sono appunto riconducibili le formule istituzionali, che
vedono l’attivazione di differenti modalità di cooperazione e partenariato pubblico-privato e le logiche manageriali.
Un primo ambito importante di applicazione delle logiche aziendali è rappresentato dall’assetto organizzativo; a questo ambito fanno ovviamente riferimento
gli interventi sull’organizzazione esistente che possono essere distinti tra:
• riprogettazione dell’assetto organizzativo esistente, che si caratterizza, nel
caso dei teatri, per la presenza di un vertice direzionale, con ruoli di direzione tecnico-amministrativa ed artistica e funzioni di line, distinte tra supporto
tecnico-amministrativo-logistico e progettazione e gestione di eventi e spettacoli dal vivo. Gli interventi di riprogettazione si basano sul superamento dei
modelli funzionali (Bagdadli, 2003) e sull’adozione di modelli organizzativi
più innovativi quali l’organizzazione su base dipartimentale o i modelli a
matrice;
• l’affidamento di attività e servizi all’esterno (outsourcing e/o esternalizzazione), con un chiaro obiettivo di riduzione e contenimento dei costi;
Figura 1
Logiche aziendali nel settore artistico e culturale
Assetto
organizzativo
Network
e reti organizzative
Outsourcing
Imprese
Istituzioni/Organizzazioni
artistiche e culturali
Stakeholders
Scelte strategiche
e logiche
di governance
Gestione
del personale
Modelli organizzativi
Assetto istituzionale
e Proprietario
Risorse intangibili
Sistemi contabili
Artisti professional
Direzione “duale”
Creazione valore
Patrimonio
Assets
Gestione finanziaria
Sviluppo
Risorse Umane
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
• la creazione e lo sviluppo di reti interorganizzative ed interistituzionali
(musei, teatri, eventi culturali, parchi archeologici, eventi culturali, ecc.).
La creazione e lo sviluppo di reti tra le organizzazioni artistiche e culturali
costituiscono il segnale forte dell’innovazione strategica e organizzativa del settore e sono stati spesso risultato di politiche di intervento, promosse dalla pubblica amministrazione a livello regionale e locale.
Esempi significativi di sviluppo di network sono, fin dagli anni Ottanta, i
sistemi bibliotecari intercomunali, i circuiti teatrali e cinematografici, le reti
museali, le stesse reti “informali” di teatri (per una sintetica presentazione dell’esperienza italiana si veda il successivo riquadro).
Le «reti teatrali» in Italia
•
ARTEVEN - Regione Veneto
•
AMAT - Regione Marche
•
Coordinamento teatrale trentino - Provincia autonoma Trento
•
Sistema teatrale Cremonese - Provincia Cremona
•
Teatri metropolitani fiorentini - Città di Firenze
•
Metropoli - Provincia di Milano
La creazione di reti, anche in una prospettiva sopranazionale quale quella
del bacino del Mediterraneo, può diventare per i teatri antichi un’alternativa
strategica di notevole interesse in quanto consente il conseguimento di rilevanti sinergie.
Secondo importante ambito è rappresentato dall’assetto istituzionale e proprietario.
Anche in questo ambito si possono individuare alcune tematiche rilevanti; la
prima, che verrà indagata in modo più approfondito in seguito, è rappresentata
dalla scelta dell’assetto proprietario e dell’assetto istituzionale.
La prevalenza e la dominanza di un assetto proprietario privato, profit o non
profit, ha dirette conseguenze sulla formulazione delle strategie di intervento e
sulla valutazione dei risultati aziendali, in primo luogo le performance economico-finanziarie.
Nel caso di assetto proprietario pubblico, in cui il proprietario è rappresentato o dalla pubblica amministrazione centrale o in alternativa, dalla pubblica
amministrazione regionale e locale, i contenuti delle politiche e delle strategie
di crescita e sviluppo di un museo e di una rete di musei o di un teatro antico
sono il risultato di un processo che vede rappresentata una molteplicità di soggetti ed attori con differenti aspettative ed interessi (gli stakeholder sempre
richiamati nella figura 1).
97
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
98
Altra conseguenza importante della prevalenza di un assetto proprietario pubblico è collegata alla valutazione delle performance; nella successiva figura 2 si
presenta la prospettiva multidimensionale nella valutazione dei risultati, che
diventa scelta obbligata quando si prendono in considerazione aziende e organizzazioni inserite nel sistema della pubblica amministrazione. Alle dimensioni di efficienza tecnica ed economica (produttività), di efficacia ed economicità
(equilibrio economico e reddituale) si aggiungono le dimensioni dell’equità, particolarmente rilevante nei confronti di gruppi di utenti “deboli”, di contributo
alla competitività, del rispetto dell’etica, del miglioramento della qualità, della
sostenibilità economica, sociale e ambientale delle diverse politiche di intervento, della creazione di valore pubblico, della trasparenza e della capacità di
render conto (accountability) ai diversi portatori e gruppi di interesse, interni ed
esterni alle amministrazioni pubbliche (Meneguzzo, 2006).
Figura 2
Le dimensioni per la valutazione dei risultati nelle organizzazioni pubbliche
Efficacia/Impatto
Sostenibilità istituzionale,
sociale ed ambientale
Efficienza tecnica
ed economica
Equità
Qualità
Trasparenza, rendicontabilità
a cittadini, utenti e clienti
Competitività
Etica
All’ambito dell’assetto istituzionale e proprietario fanno riferimento altre
importanti tematiche; tra queste vanno ricordate la governance e l’analisi degli
stakeholder, ossia dei portatori di interesse ed aspettative nei confronti di una
istituzione ed organizzazione culturale. Il tema della governance assume valenze molto differenti a seconda che si considerino:
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
• organizzazioni culturali profit e/o non profit, a cui possono essere ricondotte
le considerazioni, sviluppate dalla economia aziendale e dalla business administration sulla corporate governance;
• organizzazioni culturali pubbliche a cui possono essere estese le riflessioni del
filone della public governance;
• la governance di reti e network di organizzazioni artistiche e culturali.
99
Tra i principali stakeholder di una organizzazione culturale ed artistica, possono essere ricordati la stessa amministrazione pubblica ai diversi livelli istituzionali (centrale, regionale e locale) che può fare da interlocutore influente o
come più volte ricordato, di proprietario, le associazioni industriali e le imprese; queste ultime possono giocare un duplice ruolo, o di sostenitori, attraverso
fund raising e donazioni o di fornitori di beni e servizi. Altri stakeholder importanti sono rappresentati dagli intermediari finanziari (banche), dalle fondazioni
bancarie e dalle fondazioni di comunità, dalle organizzazioni appartenenti al
terzo settore (fondazioni, associazioni e cooperative sociali), dai sindacati e
dalle organizzazioni professionali degli operatori artistici e culturali, dalle associazioni di utenti.
La mappatura degli stakeholder e soprattutto l’individuazione del contenuto
di possibili accordi, finalizzati a sviluppare progetti comuni, a stimolare l’acquisizione di messa a disposizione di risorse da parte di questi ed il superamento di possibili “veti o freni” all’azione, rappresentano componenti rilevanti
delle scelte strategiche delle organizzazioni culturali.
Altri due importanti ambiti della applicazione di logiche aziendali sono poi:
• il patrimonio aziendale, in cui assumono particolare rilevanza le attività intangibili, ossia il know how e le competenze professionali e tecniche accumulate
così come altri asset immateriali rappresentati dalla reputazione e dall’immagine; non va inoltre dimenticato che il patrimonio culturale ed artistico affidato a queste aziende assume caratteristica di patrimonio indisponibile;
• la gestione del personale, in cui assumono rilevanza le figure dei professional
della cultura, ben distinte dagli operatori a cui sono affidate attività amministrative e/o tecniche ed in cui sta assumendo crescente importanza la riflessione sui contenuti del ruolo manageriale, con la necessità di ricomporre il
dualismo, che caratterizza molte aziende culturali, tra cui molti teatri, in cui
vengono distinte le figure di direttore artistico (art manager) e di direttore
generale (chief executive officer) (si veda su questo punto la riflessione sul
manager culturale in Bagdadli, 2003).
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
2. Innovazione e benchmarking
100
La riflessione sulle tecniche e sui sistemi manageriali va ricondotta a due dinamiche che hanno caratterizzato il settore culturale negli ultimi anni; da un lato,
si sono registrate numerose esperienze innovative che hanno riguardato principalmente l’adozione di formule istituzionali alternative alla gestione diretta, dal
partenariato pubblico-privato al partenariato pubblico-pubblico, processi di
cambiamento organizzativo ed appunto l’inserimento di logiche manageriali,
con diretto impatto sui sistemi di offerta dei servizi e con particolare attenzione
al marketing strategico ed operativo, alla comunicazione, alla pianificazione
strategica e alla gestione e sviluppo del personale.
Alle esperienze innovative, progettate e messe in atto da aziende ed organizzazioni culturali leader, si è affiancata la diffusione della innovazione, grazie ad
una attenzione al benchmarking da parte dei centri di governo e coordinamento
del settore artistico e culturale che, ai diversi livelli istituzionali, hanno cercato
di replicare l’esperienza delle organizzazioni leader.
L’individuazione di esperienze pilota innovative e di un processo organizzato
e sistematico di benchmarking può diventare indicazione importante per una
rete tra gli stessi teatri antichi, proprio nella prospettiva sopranazionale prima
ricordata.
In questo quadro di riferimento si ritiene opportuno dedicare alcune riflessioni alle modalità di diffusione della innovazione e della conoscenza ad essa associabile, diffusione che è avvenuta e sta manifestandosi attraverso i “meccanismi
ausiliari” rappresentati da:
• i premi alla qualità ed alla innovazione;
• i progetti di benchmarking;
• gli accordi di partnership e la creazione di network (le comunità di pratiche);
• le politiche di mobilità del personale, sia interna che rispetto al settore privato.
Tra le esperienze di premi alla innovazione presenti nel contesto italiano assume particolare rilevanza il premio Cultura di gestione, promosso da Federculture
giunto alla terza edizione.
Altra importante iniziativa è rappresentata da “Cento progetti”, promossa dal
Dipartimento della funzione pubblica in collaborazione con il Formez, grazie
alla quale è stato possibile creare una banca dati di circa 2000 progetti innovativi1. In questa banca dati sono stati classificati progetti che fanno riferimento ad
una pluralità di aree di innovazione sviluppate in diversi settori di intervento,
dall’ambiente, alla educazione, allo sviluppo locale, alla sanità ed al socio-assi1
www.buoniesempi.it.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
stenziale e ovviamente al settore culturale. Per quanto riguarda quest’ultimo settore, la banca dati contiene circa 100 progetti.
Le aree d’innovazione maggiormente rappresentate riguardano la comunicazione istituzionale e i rapporti con i cittadini, il rafforzamento del sistema di
offerta attraverso la creazione di nuovi servizi o il miglioramento di quelli esistenti, la cooperazione interistituzionale e le reti pubblico-privato. Alla banca
dati di Buoni Esempi sono stati collegati interventi di formazione, confronto e
scambio, attraverso l’organizzazione di laboratori finalizzati alla divulgazione
delle esperienze d’innovazione, alla formazione di funzionari e dirigenti pubblici e all’elaborazione di linee guida per l’applicazione delle innovazioni e
degli strumenti sperimentati.
Per quanto riguarda il settore culturale, nell’ambito di Buoni Esempi è stato
organizzato il Laboratorio “GlobCultura – La governance locale dei beni e dei servizi culturali”, che, nel panorama nazionale, rappresenta un’iniziativa innovativa, finalizzata a valorizzare e sistematizzare le esperienze presenti nella banca
dati, relative al tema della governance locale dei beni e dei servizi culturali.
Alle tre edizioni hanno partecipato mediamente 100 progetti per edizione, presentati in gran parte da amministrazioni pubbliche regionali e locali e da soggetti privati (non profit e profit), con una prevalenza di progetti sviluppati nel
centro nord.
Va ricordato che, a differenza di altre esperienze premiali nel settore pubblico,
come Cento progetti, non viene posta adeguata attenzione alla sostenibilità organizzativa ed economico-finanziaria delle iniziative presentate ed in molti casi si
tende a prendere in considerazione semplicemente l’idea progettuale.
Le diverse iniziative premiali testimoniano una vivacità di idee e progetti e
una attenzione al cambiamento degli operatori culturali della P.A., non limitate
semplicemente a tecniche e sistemi di management, ma interessate ad aree quali
la cooperazione pubblico-privato, inteso come privato non profit e profit, la collaborazione interistituzionale tra le diverse amministrazioni pubbliche, i sistemi di rendicontazione sociale e la creazione di reti e network.
A titolo di esempio si presentano nella tabella 1, i progetti premiati nella terza
edizione di Cultura di gestione (Federculture, III Rapporto annuale 2006) mettendo in rilievo l’elemento innovativo caratterizzante che ne ha motivato il riconoscimento premiale; ruolo rilevante viene assunto dalla intersettorialità (cultura, educazione, sviluppo locale, ambiente) che implica, come la cooperazione
interistituzionale tra le diverse amministrazioni pubbliche, lo sviluppo di ruoli
manageriali di frontiera.
Molto importanti sono poi la promozione, l’attivazione e il coordinamento di
reti e sistemi culturali, che richiedono ovviamente capacità di network management e di governo e coordinamento strategico delle reti.
101
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Per contro i sistemi manageriali sembrano essere limitati ai sistemi per il
miglioramento e lo sviluppo della qualità e, in misura molto limitata, all’introduzione di progetti di information communication tecnhnology.
Tabella 1
102
I progetti premiati nella III edizione Cultura di gestione Federculture
C o m u n e A l g h e r o – Sistema museale integrato (Sardegna)
Reti e network museali culturali; intersettorialità turismo e cultura
R e c h b u r g e B e t z k o j – Insieme alla scoperta dell’arte (Campania)
Intersettorialità cultura ed educazione; cooperazione interistituzionale
A s s o c i a z i o n e c u l t u r a l e M a r c o v a l d o – ARTEA Sistema territoriale beni ed attività culturali (Piemonte)
Cooperazione pubblico-privato; cooperazione interistituzionale; sistema culturale territoriale
V a l o r i z z a z i o n e P a r c o I d r o s c a l o M i l a n o (Lombardia)
Intersettorialità cultura, sport e territorio; certificazione di qualità
C o m u n e M o r i n o “ A m b i e n t ’ a r t i a M o r i n o ” (Abruzzo)
Agenda 21 intersettorialità cultura ambiente e sviluppo locale
F o n d a z i o n e T o r i n o M u s e i (Piemonte)
Creazione reti culturali e polo artistico; cooperazione interistituzionale; cooperazione pubblico-privato
I s t i t u z i o n e S a n t a M a r i a d e l l a S c a l a S i e n a (Toscana) - Sistema integrato di sicurezza (Toscana)
Information communication technology
M E F M i n i s t e r o B e n i c u l t u r a l i e F o n d a z i o n e L a B i e n n a l e V e n e z i a – Sensi contemporanei
Cooperazione interistituzionale; fund management ed utilizzo risorse UE
S i s t e m a m u s e a l e C r e m o n a – La qualità si mette in mostra (Lombardia)
Reti e network museali; sistemi per il miglioramento della qualità
Fonte: rielaborazione da Federculture – Cultura tra identità e sviluppo. III Rapporto annuale 2006.
Insieme ai meccanismi di diffusione della innovazione assumono crescente
importanza i processi di benchmarking, che presentano confini sempre più
mobili con i premi alla innovazione.
I processi di benchmarking prevedono una sistematica attività di osservazione, apprendimento e replicazione contestualizzata dei processi, delle pratiche,
degli assetti organizzativi, delle procedure ritenute migliori tra quelle analizzate nelle realtà di riferimento.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Si distingue a questo proposito tra data benchmarking in cui vengono messi a confronto indicatori di performance (attività svolta, servizi erogati, risultati economicofinanziari, qualità) e process benchmarking, in cui vengono comparati processi
interni legati alla acquisizione dei fattori produttivi, alla offerta di servizi, alle politiche di marketing e comunicazione, alla logistica e alla gestione della dotazione
infrastrutturale, alle attività di fund raising e alla ricerca di sponsorizzazioni.
Evidente è la sempre maggiore attenzione alla attività di process benchmarking.
Altro importante elemento è rappresentato dalle diverse tipologie di benchmarking; si distingue infatti tra benchmarking interno, in cui vengono comparate funzioni ed attività simili svolte da differenti centri servizio/unità operative
di una stessa azienda e/o istituzione culturale.
Altre tipologie sono rappresentate dal benchmarking funzionale, che prevede
un confronto con altre aziende/organizzazioni operanti in settori diversi da
quello culturale effettuato su una specifica funzione, benchmarking competitivo, in cui ci si concentra sui concorrenti ritenuti più significativi e benchmarking best in class, rivolto alle aziende/organizzazioni culturali ritenute
eccellenti in relazione a specifici processi e funzioni.
Il benchmarking costituisce così uno degli strumenti più efficaci per sviluppare processi di competizione collaborativi basati sulla replica e sulla imitazione positiva. Fare benchmarking nel settore dei beni culturali significa formalizzare tutte quelle pratiche adottate per individuare prassi eccellenti e stimolare
una gestione economica del patrimonio culturale.
In Italia non è stata ancora effettuata una significativa analisi sullo stato dell’arte del benchmarking nel settore dei beni culturali ma una prima ricognizione, come mostra la figura 3, è stata condotta nel 2001 dal Dipartimento della funzione pubblica.
Figura 3
Le esperienze di benchmarking nella P.A. italiana
Ambiente
Università
P.A.
Cultura
Sanità
Dipartimento della funzione Pubblica 2001
Sviluppo locale
Area controlli
interni
103
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
104
Le esperienze censite sono state in prevalenza esperienze di data benchmarking in gran parte riconducibili alle tipologie di benchmarking interno alla
singola azienda ed organizzazione culturale o meglio benchmarking interno al
settore culturale.
Una prima esperienza analizzata è rappresentata dalla attività di consulenza,
basata su logiche di benchmarking e svolta da Federcultura Turismo e Sport,
l’organizzazione della Confcooperative che rappresenta e assiste le cooperative
operanti nel settore culturale del turismo e dello sport. Sono state raccolte informazioni sulla professionalità del personale, sulla disponibilità di servizi accessori, su materiale informativo, guide, servizi linguistici. Obiettivo ultimo è la
possibile adozione di logiche di benchmarking strategico, che consentono l’adattamento delle strategie di successo presenti nel settore con conseguente
modifica di alcuni processi operativi (cambiamento degli orari di apertura, riorganizzazione dei turni del personale, particolari tipologie di visite guidate).
Altra esperienza censita è stata quella di Federculture; oltre al premio Cultura
di gestione, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, Federculture ha
svolto periodicamente una importante indagine volta a monitorare le esperienze di “esternalizzazione”, ossia la creazione di soggetti esterni, autonomi alle
amministrazioni per la gestione dei servizi culturali e turistici con l’obiettivo di
individuare le best practice che possono essere diffuse a livello nazionale.
Le diverse indagini condotte nel corso degli ultimi anni, attraverso una logica
di data benchmarking hanno evidenziato come formule istituzionali adottate
con maggior frequenza le società per azioni e le s.r.l., le istituzioni, le aziende
speciali, i consorzi, le cooperative ed infine le fondazioni, le fondazioni di partecipazione e le associazioni.
Unitamente alla adozione di formule istituzionali l’indagine periodica di
Federculture si è focalizzata sulle scelte di affidamento a terzi di servizi complementari quali consulenza amministrativo-legale e pulizie, sicurezza e ristoro,
bookshop e biglietteria. Ulteriore aspetto preso in considerazione nelle analisi di
data benchmarking di Federculture è rappresentato dalla composizione delle
entrate e dal grado di autonomia finanziaria.
Il data benchmarking ha consentito di evidenziare i vantaggi legati alla adozione di nuove formule istituzionali ed alle scelte di esternalizzazione in termini di aumento dei visitatori, di maggiore autonomia finanziaria, di impatto occupazionale, di sviluppo di competenze manageriali in termini di organizzazione
per obiettivi, di responsabilizzazione verso i risultati, di flessibilità e orientamento al cliente.
Infine va ricordata l’indagine, sempre fondata su logiche di data benchmarking, condotta congiuntamente da Nomisma ed Istat sulla partecipazione dei
privati alla valorizzazione dei beni culturali e alla gestione dei servizi che pre-
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
vede l’istituzione e la gestione, nei musei e nelle altre istituzioni culturali pubbliche, dei servizi aggiuntivi quali:
• servizio editoriale e di vendita riguardante riproduzioni di beni culturali e la
realizzazione di cataloghi ed altro materiale informativo
• servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba e di vendita di altri beni
correlati all’informazione museale.
105
Obiettivo di questa indagine era rappresentato dalla individuazione di best
practice interne al settore culturale con la conseguente possibilità di trasferirle
facilmente tra le diverse aziende ed organizzazioni pubbliche; importante indicatore dell’effetto di imitazione positiva e replica è rappresentato dalla crescita
accelerata dei servizi di accoglienza (nel 1998 erano attivati solo in 18 musei statali; nel 2000 erano presenti in ben 105 istituzioni tra musei, monumenti nazionali, gallerie e aree archeologiche statali).
L’analisi dei dati forniti è stata quindi utile per porre le basi per un benchmarking strategico (prolungamento orario delle visite, aumento dei servizi
aggiuntivi, ecc.) e un benchmarking di processo sviluppando in maniera adeguata attività di supporto e complementari come il marketing, i servizi al pubblico, l’impiego delle nuove tecnologie.
Tra le altre esperienze di benchmarking da ricordare va sicuramente citato il
premio Cultura di impresa, anch’esso con esperienza decennale e l’individuazione delle best pratice comunitarie, svolta dalla UE su progetti di intervento,
sviluppati in diversi settori e finanziati a valere sulle risorse provenienti dai
fondi strutturali (periodo di programmazione QCS 2000-2006).
La panoramica degli strumenti di sostegno e supporto alla innovazione si
chiude con un breve accenno agli accordi di partnership e di network.
Il trasferimento e la diffusione dell’innovazione sono in questo caso affidate
alla capacità delle persone provenienti dall’esterno di farsi portatori e valorizzatori del know how accumulato in precedenti esperienze positive di cambiamento. Il sistema pubblico non ha spesso facilitato tale mobilità, per gli elevati
gradi di rigidità che lo caratterizzano, anche se ci sono importanti e qualificanti segnali di mobilità interistituzionale (dalla Soprintendenza di Milano alla
Direzione del Settore cultura della Regione Lombardia) e soprattutto si stanno
aprendo spazi importanti con l’avanzamento del processo di graduale privatizzazione del pubblico impiego.
Gli accordi di partnership e la creazione di network consentono la diffusione
di innovazioni tra i diversi nodi che compongono la rete e soprattutto, permettono il conseguimento di qualificanti sinergie.
Come viene illustrato nella tabella 2, molto diverse sono le sinergie che possono essere conseguite grazie alla creazione e allo sviluppo dei network, da eco-
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Tabella 2
Le sinergie nelle reti culturali
Economie di scala/
Vantaggi competitivi
106
Rete museale
e teatrale informale
Rete culturale
Partnership pubblico-privata
Rete interistituzionale
teatrale museale
Acquisti Produzione
Sistema di offerta
Logistica infrastrutture
Tecnologie
Apprendimento
Conoscenza
Ricerca e sviluppo
Sviluppo mercato
Capacità fund raising
Negoziazione istituzionale
Legenda: ■■ non presente; ■■ intensità debole; ■■ forte intensità.
nomie di scala negli acquisti, nella produzione di servizi culturali e nei sistemi
di offerta.
A queste economie di scala se ne affiancano altre sulla gestione e la logistica
delle infrastrutture culturali (manutenzione edifici ed impianti) e sulla stessa
tecnologia (informatica e telematica in primo luogo, sicurezza).
Altri vantaggi ottenibili riguardano il trasferimento e la diffusione di conoscenze e competenze, visti come interventi coordinati di formazione e/o sensibilizzazione degli operatori e degli utenti/clienti o come gestione in comune di
iniziative di ricerca e sviluppo di know how.
Non vanno infine trascurate tre importanti sinergie, con impatto immediato
sulla messa a disposizione di fondi:
• la gestione coordinata di iniziative nel campo del fund raising;
• la messa in atto di politiche di negoziazione interistituzionale da parte dei
diversi soggetti pubblici locali, operanti nel settore culturale, volte ad ottenere maggiori risorse dal livello regionale e/o dal livello centrale;
• lo sviluppo del mercato culturale, attraverso eventi e programmi coordinati,
con effetti di promozione congiunta e co-marketing tra le diverse iniziative.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
3. Quali modelli istituzionali per i teatri antichi?
Come prima evidenziato nella rappresentazione delle organizzazioni ed istituzioni culturali basata sulle logiche aziendali, le scelte sull’assetto istituzionale
rappresentano variabili di particolare rilevanza.
La ricostruzione della esperienza vissuta dal settore artistico e culturale a livello italiano ed internazionale evidenzia dinamiche molto interessanti che non possono essere riconducibili semplicemente alla adozione di formule istituzionali
innovative per musei, teatri lirici, biblioteche ed archivi, e in misura minore altre
gestioni pubbliche come i parchi archeologici e i teatri antichi.
Infatti nel settore non profit si sta assistendo alla costituzione di veri e propri
gruppi non profit che prevedono una fondazione con ruolo di capogruppo a cui
sono collegate società operative ed associazioni; questo modello è presente negli
Stati Uniti e in alcuni Paesi anglosassoni ma tende, recentemente, ad affermarsi
nel nostro Paese.
Le imprese culturali profit tendono ovviamente a confermare il loro assetto
societario; anche in questo settore sono presenti dinamiche caratterizzate dalla
creazione di gruppi aziendali e altre modalità, quali accordi, joint venture e partnership.
Il settore pubblico rappresenta il laboratorio privilegiato per l’adozione e lo
sviluppo di formule istituzionali; questa definizione comprende le formule
gestionali alternative alla gestione diretta.
Il processo decisionale che spinge le organizzazioni artistiche e culturali a sperimentare nuove formule gestionali può essere ricondotto a tre principali ambiti, di seguito sintetizzati:
• esigenze e fabbisogni che portano all’abbandono e al superamento della gestione diretta;
• intensità e peso delle diverse esigenze nelle diverse aree di intervento/attività
delle istituzioni culturali (rapporto con il pubblico, conservazione, archiviazione, servizi di supporto, edutainment);
• individuazione delle formule gestionali da adottare, attraverso un processo di
scelta che combina una chiave di lettura di management e una giuridico istituzionale.
A questi tre ambiti di indagine, nella fase di formulazione delle decisioni,
sono direttamente riconducibili altre tematiche quali la analisi dei comportamenti dei diversi stakeholder interni ed esterni interessati, le valutazioni sulla
fattibilità giuridico-istituzionale, organizzativo-logistica, economico-finanziaria,
e soprattutto la gestione della transizione tra gestione diretta e la nuova formula adottata. La gestione della transizione ha infatti rilevanti implicazioni sulla
107
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
108
gestione del personale, che rappresenta un fattore produttivo decisivo per le
organizzazioni culturali.
Le principali esigenze che spingono al superamento della gestione diretta sono
rappresentate, in ordine, dalla:
• ricerca di maggiore flessibilità nell’acquisizione e nell’utilizzo delle risorse;
• necessità di liberare energie imprenditoriali (interne e sociali);
• sviluppo di iniziative di fund raising e di diversificazione delle fonti di finanziamento della gestione corrente e degli investimenti;
• realizzazione di partnership con soggetti privati, imprese ed organizzazioni
non profit, anche attraverso logiche di public private partnership (PPP).
Perché maggiore flessibilità? Le amministrazioni pubbliche nel settore culturale presentano vincoli importanti derivanti dai condizionamenti esercitati dal
quadro normativo e dei regolamenti. Questi vincoli giocano un ruolo rilevante
nel processo d’acquisto di beni e servizi, nelle scelte di affidamento a terzi dei
servizi, nella gestione delle risorse umane, nelle politiche d’innovazione tecnologica e nella gestione e valorizzazione del proprio patrimonio.
Per meglio comprendere l’impatto esercitato dai vincoli legati al quadro giuridico-amministrativo è opportuno fare alcuni esempi.
Gli acquisti pubblici prevedono solo in alcuni casi il ricorso diretto ai fornitori attraverso trattativa privata e sono essenzialmente basati o sulle gare aperte
(invito a tutti i potenziali fornitori) o sulle gare ristrette (invito ad una lista di
fornitori preselezionati). In più le procedure di gara presentano spesso tempi
lunghi e costi amministrativi legati alle necessità di trasparenza e pubblicizzazione delle diverse fasi del processo.
Procedure amministrative complesse regolano, con lacci e lacciuoli, le operazioni di acquisizione (accettazione di lasciti e donazioni) e soprattutto di valorizzazione economica e smobilizzo del patrimonio immobiliare e mobiliare. Le
stesse politiche di acquisto e sviluppo nel campo dell’information communication technology, sempre più importanti per le organizzazioni culturali, sono in
molti casi subordinate alla approvazione di autorità indipendenti e/o pubbliche
(agenzie esterne o piani di e-government predisposti a livello nazionale), con
evidenti riflessi in termini di ritardo nei tempi, perdita di opportunità ed
aumento dei costi.
Un discorso a parte meritano i vincoli relativi alla gestione del personale;
infatti le fasi in cui si articola la gestione del personale, dalla selezione, regolata dalla modalità del concorso aperto, e solo per alcune posizioni aperta alla
chiamata diretta, all’inserimento ed ai meccanismi di progressione di carriera,
sono regolate dalla normativa sull’impiego pubblico, che ha visto peraltro succedersi, nell’ultimo periodo, continui cambiamenti nel quadro normativo di
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
riferimento. Vincoli e condizionamenti si manifestano in particolare nei sistemi
retributivi e premianti, trascinando così le amministrazioni pubbliche in una
situazione di “svantaggio strutturale” rispetto alle imprese private e alle organizzazioni non profit che operano nelle stesse aree di attività. Va però ricordato
che grazie alla diffusione, a livello italiano ed internazionale, delle logiche di
new public management sono state introdotte, negli ultimi dieci anni, innovazioni significative nelle politiche e nella gestione corrente del personale ed aperti importanti spazi di manovra.
In parallelo alla esigenza della flessibilità sono emerse esigenze altrettanto
importanti: in primo luogo la necessità di liberare energie imprenditoriali interne alle amministrazioni pubbliche, in settori come i servizi alle persone (socioassistenziali, socio-sanitari ed educativi) in particolar modo nella cultura e nel
tempo libero. La liberazione di energie e competenze individuali, sempre in una
prospettiva di “creazione di impresa”, ha riguardato inoltre servizi skill intensive (ossia ad alta intensità professionale) come la progettazione, i servizi ingegneristici, la logistica, l’informatica, la consulenza legale ed assicurativa.
Oltre all’imprenditorialità interna propria dei servizi culturali ed educativi, si
è decisamente rafforzato il bisogno di valorizzare l’imprenditorialità sociale diffusa, di cui dispongono le organizzazioni non profit. I decisori pubblici e lo stesso management pubblico si sono sempre più convinti della necessità di creare
dei “nuovi contenitori organizzativi” per valorizzare l’imprenditorialità interna
ed offrire un ponte con l’imprenditorialità sociale.
Competenza chiave nei territori è sempre rappresentata dalla capacità di innovazione sociale, da molti autori collegato al tema, in voga in questa fase, della
“individuazione e valorizzazione dei talenti” (Florida, 2003).
Per innovazione sociale si intende innanzitutto la capacità di intuizione ed
immaginazione di politiche e progetti, in cui arte e cultura diventano fattore di
innovazione sul territorio stesso; immediato è il collegamento con la attività di
strategic thinking presente nelle imprese private e con l’innovazione sociale, che
caratterizza le organizzazioni non profit che operano nel settore sanitario, educativo, ambientale, sociale e della cooperazione allo sviluppo.
L’innovazione sociale va poi vista come imprenditorialità sociale, in cui si
passa dalla idea di progetto alla realizzazione; l’imprenditorialità sociale richiede di conseguenza assunzione di rischi, attenzione alle esigenze dei diversi
stakeholder e creazione di un tessuto di relazioni esterne, favorevoli al successo delle iniziative poste in atto.
Perno di questo tessuto possono diventare gli incubatori di imprese sociali; il
governo metropolitano di alcune grandi città europee (Londra, Barcellona,
Roma) sta lanciando incubatori sociali sul modello degli incubatori di imprese
e dei parchi tecnologici per i processi di new business creation.
109
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
110
Il Comune di Roma sta attivando (www.autopromozionesociale.it) tre incubatori sociali, di cui due (Start e Play) specificatamente dedicati al settore culturale ed al settore multimediale.
La crescita di imprenditorialità sociale e l’attivazione di specifiche formule istituzionali, finalizzate a cogliere questa nuova opportunità, sono sicuramente favorite nel contesto italiano dalla massiccia presenza di circa 235.000 non profit. Tra
le cooperative sociali l’8% opera nel “settore cultura sport e ricreazione”; questa
percentuale sale al 16,7% se si considerano le organizzazioni di volontariato
(associazioni riconosciute e non riconosciute).
Del tutto inadeguata è la gestione diretta da parte della P.A. per rispondere in
modo fattivo all’esigenza di sviluppo del fund raising, che costituisce per il non
profit culturale (ed in parte lo stesso profit culturale) una sempre più rilevante
fonte di finanziamento, strettamente collegata ad una politica più generale di
diversificazione delle fonti di finanziamento.
La raccolta di fondi, da quelli provenienti da donatori individuali a quelli
riconducibili alle imprese, fino a quelli provenienti dal sistema bancario (fondazioni bancarie, sponsorizzazioni collegate alla tesoreria) viene sicuramente
meglio gestita se si prevede un assetto istituzionale (fondazioni ed associazioni)
basato su un forte coinvolgimento della società civile e del settore non profit.
Altre alternative sono rappresentate dalla creazione di strutture ad hoc, le
società veicolo (special purpose vehicle) destinate a coordinare modalità innovative di finanziamento degli investimenti, la finanza di progetto, la cartolarizzazione immobiliare, le stesse emissioni obbligazionarie.
Infine l’esigenza di ricerca di partnership non si manifesta soltanto con il settore non profit ma soprattutto con le imprese profit. Sempre più avvertita è nelle
amministrazioni pubbliche la consapevolezza sulla acquisizione di servizi specializzati dalle stesse imprese, lungo tutto il ciclo della catena del valore del servizio pubblico (Rebora, Meneguzzo, 1990; Porter, 1986). Questo processo può
avvenire mediante:
• l’affidamento all’esterno di specifiche attività;
• l’attivazione di vere e proprie partnership basate sulla creazione di società a
capitale misto pubblico-privato.
In entrambi i casi evidente è il conseguimento di valore nella relazione cliente-fornitore.
Nel settore culturale possibili affidamenti all’esterno o creazione di partnership con soggetti privati possono essere sviluppati in altri ambiti quali le interrelazioni di approvvigionamento (gestione del calore, gestione dell’energia, global service) e le interrelazioni tecnologiche (ICT, parco veicoli, attrezzature speciali), aree queste generatrici di spesa per le amministrazioni che gestiscono
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
“grandi contenitori” o infrastrutture culturali. In entrambi i casi le amministrazioni pubbliche non hanno uno specifico interesse ad investire risorse finanziarie in aree di attività “non caratteristiche”, aree che peraltro richiedono investimenti periodici per meglio rispondere alla evoluzione tecnologica. Non avendo,
quindi, professionalità interne capaci di gestire in modo globale i servizi generali, optano per forme di collaborazione a vario titolo con imprese private.
Situazione simile si riscontra nelle interrelazioni infrastrutturali (servizi amministrativi e contabili, finanza, servizio legale, brokeraggio e servizi assicurativi)
oltre evidentemente nella produzione dei servizi (logistica in entrata, gestione
delle risorse umane, attività operative e logistica in uscita) e nel processo di
offerta dei servizi, dai sistemi di gestione del servizio al marketing ed alla comunicazione sociale.
Infatti le imprese private possono apportare, attraverso operazioni di joint venture con il Comune, know how tecnologico e manageriale e soprattutto risorse
finanziarie per rispondere all’innovazione tecnologica e sociale.
Una volta individuate e specificate le esigenze occorre meglio comprendere,
così come illustrato dalla figura 5, la loro effettiva rilevanza nelle due macro aree
di intervento delle organizzazioni artistiche e culturali, quella dei servizi di supporto ai “clienti interni” e quella direttamente riconducibile all’attività caratteristica ed all’offerta di servizi a clienti/utenti/cittadini.
Figura 5
La relazione tra esigenze e settori di intervento delle organizzazioni
culturali ed artistiche
Partnership imprese profit
Servizi di supporto
Interni
Amministrativi ICT
Logistici
Flessibilità
Esternalizzazione
Servizi caratteristici
Area educazione
Cultura sport Leisure
Flessibilità
Imprenditor Sociale
Partnership non profit
Innovazione finanziaria
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LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
112
Per l’offerta dei servizi caratteristici, come ad esempio per i teatri antichi, eventi e spettacoli dal vivo sono sicuramente preponderanti le esigenze di maggiore
flessibilità gestionale, di valorizzazione delle capacità, delle conoscenze e delle
competenze interne ed esterne (imprenditorialità interna e sociale) e di diversificazione delle fonti di finanziamento, attraverso anche l’avvio di logiche di
fund raising, collegate ad un quadro di riferimento più articolato, quale quello
rappresentato dall’attivazione di fondazioni ad hoc e/o di partecipazione a fondazioni comunitarie.
Nei musei e nei teatri per i servizi di supporto come acquisti, amministrazione
e contabilità, finanza, servizi informatici, gestione del personale, logistica ed allestimenti scenici e manutenzione, rilevanti sono le esigenze di sempre maggiore
flessibilità gestionale, di riduzione dei costi e di miglioramento della qualità e dei
tempi di risposta. Sono possibili scelte di partnership con le imprese private,
come ad esempio la creazione di società miste, anche se l’orientamento prevalente sembra essere quello dell’esternalizzazione tout court di attività/servizi.
Il punto d’arrivo del processo decisionale sulle formule gestionali è l’individuazione delle alternative di intervento percorribili; a questo proposito, le esperienze sviluppate negli ultimi anni all’interno dei processi di modernizzazione e
di sviluppo manageriale ed organizzativo del settore pubblico e delle organizzazioni artistiche e culturali riconducibili alla P.A., hanno portato all’individuazione di tre principali alternative strategiche o formule gestionali rappresentate da:
• la formula imprenditoriale, basata sulla creazione di un’impresa, variamente
partecipata dall’amministrazione pubblica promotrice, dotata di autonomia
gestionale ed organizzativa, orientata al mercato e direttamente responsabile
del conseguimento dell’equilibrio economico e finanziario;
• la formula redistributiva, basata sulla creazione di un’agenzia/azienda pubblica, strettamente collegata all’amministrazione pubblica promotrice, dotata di
margini di autonomia gestionale e flessibilità organizzativa variabili, responsabile del conseguimento di un equilibrio finanziario ed economico da conseguire anche attraverso trasferimenti finanziari per la gestione corrente e per gli
investimenti erogati dal promotore pubblico;
• la formula contrattuale, basata sull’affidamento all’esterno della attività/servizio, attraverso la formulazione di un contratto con un soggetto terzo, in cui
sono definiti gli obiettivi, i risultati, i costi, riservando all’amministrazione
pubblica la funzione di monitoraggio e controllo.
Nella successiva figura 6 si presenta un quadro sinottico delle diverse formule gestionali.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Figura 6
Le formule gestionali; un quadro di insieme
Imprenditoriale
società capitali/anonime
pubbliche/miste
Fondazioni dir privato
Redistributiva
Agenzie pubbliche
Enti aziende pubbliche
Fondazioni pubbliche
Contrattuale
Contracting out imp. private
Contracting out non profit
Contracting in enti pubblici
Contracting in agenzie
pubbliche
Nella formula contrattuale è importante distinguere tra contracting out e contracting in. Con il primo termine si intende l’esternalizzazione ad imprese private profit di diverse tipologie di servizi, quali quelli di supporto interno (amministrazione, finanza, personale, ICT) o i servizi logistici, di manutenzione immobiliare e tecnologica.
Sempre nel contracting out (formula contrattuale volontaristica) ricade l’affidamento ad organizzazioni non profit e quando possibile ad imprese private
profit di altre tipologie di servizi direttamente legati all’attività caratterizzante
delle organizzazioni artistiche e culturali, dal marketing alla comunicazione,
agli allestimenti scenici e scenografici, alla organizzazione di eventi e spettacoli. In alcuni casi si assiste a processi di offerta coordinata in cui le organizzazioni
non profit mettono a disposizione risorse professionali e gli enti pubblici risorse infrastrutturali (spazi, edifici) e finanziarie.
Le scelte di contracting in si attuano attraverso l’affidamento ad altre aziende
pubbliche dei servizi di supporto interno, dei servizi tecnico-tecnologici a rete e
degli stessi servizi alla persona e ad altre amministrazioni pubbliche. Questo
può avvenire direttamente o attraverso specifici contratti oppure attraverso la
costituzione di consorzi o agenzie pubbliche, caratterizzate come partnership
interorganizzative ed interistituzionali.
Il ricorso alle diverse formule gestionali dipende da un insieme di variabili tra
cui è opportuno ricordare la capacità delle diverse formule di meglio soddisfare le esigenze di flessibilità, partnership, esternalizzazione, innovazione finanziaria e fund raising, imprenditorialità interna ed imprenditorialità sociale.
È evidente a questo proposito che la formula imprenditoriale soddisfa al
meglio le esigenze di partnership, dove le nuove società sono aperte al capitale
113
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
114
di soggetti privati e flessibili sull’acquisizione ed utilizzo delle risorse e di valorizzazione dell’imprenditorialità interna. La formula contrattuale, ed in particolare la modalità di contracting out, risponde più che adeguatamente alle esigenze di esternalizzazione, evitando la creazione di nuove strutture (società e/o
agenzie) e permettendo maggiore flessibilità, nell’ipotesi in cui si assuma che le
imprese private dispongono di margini di manovra più ampi nella acquisizione
e gestione delle risorse.
Netta è la tendenza ad adottare formule redistributive in settori quali educazione, cultura, sport e tempo libero a fronte di una limitata sostenibilità economico-finanziaria della formula imprenditoriale.
Tabella 3
Le formule gestionali: modello interpretativo ed esperienze in atto
Formule Gestionali
Esempi UE
Imprenditoriale
Spa pubbliche e miste (Italia)
SEM (FR)
SA pubbliche e miste (SP)
Fondazioni diritto privato (IT, SP, D)
Redistributiva
Aziende speciali (IT)
Organizzazioni autonome (SP)
Fondazioni pubbliche (IT, SP, D)
Agenzie pubbliche locali (D, IT)
Ètablissement public (FR)
Agenzie Next steps (UK)
Contrattuale
Contracting out
Contracting in
Contracting out
volontaristico
Competitive tendering UK
Affidamento all’esterno ed outsourcing verso imprese private (IT, SP,D)
Convenzioni con organizzazioni non profit (IT, SP, D)
Il confronto condotto sui Paesi UE, che hanno una pluriennale esperienza di
ricorso a formule gestionali innovative nei servizi pubblici locali, presentato
nella tabella 3 evidenzia una attenzione alle formule imprenditoriali e alle formule redistributive. Unica eccezione è il caso britannico, in cui si è verificata, a
partire dalla metà degli anni Novanta, una decisa virata verso la formula contrattuale, attraverso il meccanismo del competitive tendering, che richiede alle
amministrazioni pubbliche di mettere in gara i servizi da loro gestiti direttamente con le imprese private.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
In conclusione, guardando al panorama europeo, che sicuramente può offrire
un articolato quadro di riferimento per la ridefinizione degli assetti istituzionali dei teatri antichi del bacino del Mediterraneo, è possibile individuare come
elemento caratterizzante il ricorso alla formula redistributiva della agenzia per
la gestione o di istituzioni ed interventi in campo culturale o per il coordinamento, in alcuni casi, gestione di reti interistituzionali negli ambiti dell’arte e
della cultura.
Principali esempi sono:
• établissement public (di carattere amministrativo e commerciale-industriale)
in Francia;
• le Organizzazioni autonome in Spagna;
• i Quangos (quasi autonomous no governamental organizations), organizzazioni di interesse pubblico non governative, nel Regno Unito.
Gli établissement public devono rispettare procedure e regole proprie del
sistema della amministrazione pubblica (gestione finanziaria, acquisti, politiche
del personale) e prevedono la presenza di rappresentanti designati dall’amministrazione centrale e locale.
Due sono le tipologie di istituzioni pubbliche; quelle a carattere amministrativo e quelle a carattere industriale e commerciale. Le prime sono largamente
dipendenti da trasferimenti di risorse finanziarie dalla pubblica amministrazione ed hanno accumulato negli ultimi anni un consistente patrimonio di conoscenze tecniche ed amministrative, come è il caso dei grandi musei nazionali
(Louvre, Versailles, Gare d’Orsay).
Molto interessante è il caso delle istituzioni pubbliche di carattere commerciale ed industriale; questi organismi possono vendere servizi sul mercato,
dispongono di un maggior grado di libertà nella programmazione e gestione
delle risorse finanziarie, e possono costituire direttamente o partecipare al capitale di società ad economia mista.
Una importante caratteristica distintiva di questi organismi è l’essere centro di
governo e coordinamento di una rete o network di imprese pubbliche, organismi
ed associazioni a cui sono affidate diverse missioni operative, dalla raccolta
fondi, ai rapporti con il terzo settore e le organizzazioni di volontariato, alla
gestione dei servizi tariffabili, al mantenimento e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare e tecnologico, alla promozione degli asset di immagine,
conoscenza e know how.
In Spagna è molto difficile tracciare linee di tendenza unitaria sulle formule
gestionali a motivo della rilevanza e della forza delle Comunità Autonome, che
possono introdurre e sperimentare in modo discrezionale assetti istituzionali
differenziati.
115
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
116
Esperienza di sicuro interesse è quella della Catalogna che prevede una pluralità di alternative; da quelle più specificamente imprenditoriali come la società
ad economia mista o la società di capitali con azionista pubblico di minoranza,
alle imprese locali a prevalente capitale pubblico, ai consorzi tra diversi enti
pubblici, alle fondazioni ed infine alle Organizzazioni autonome (O.A.).
Queste ultime possono essere distinte tra O.A. a carattere amministrativo, a
minore discrezionalità e largamente dipendenti dai trasferimenti a carico del
bilancio comunale e O.A. a carattere industriale, commerciale e finanziario che
dispongono di più ampi spazi di manovra, finanziate da trasferimenti locali e da
una quota di entrate proprie. Tra queste sono previste sovvenzioni provenienti
da altri organismi, la vendita di servizi all’esterno, donazioni e lasciti nonché
proventi patrimoniali; inoltre le O.A. possono acquistare beni mobili ed immobili, effettuare operazioni di credito, compresa l’emissione di obbligazioni, partecipare a società di capitali.
Dall’inizio degli anni Ottanta il Regno Unito ha rappresentato il laboratorio
pilota a livello europeo con intensi e significativi cambiamenti nelle formule
istituzionali e nelle modalità di gestione della pubblica amministrazione locale.
Si è così assistito ad una spettacolare crescita dei Quangos; si tratta di agenzie,
che al pari delle agenzie centrali, dispongono di larga autonomia strategica ed
operativa, sono affidate a manager dotati di ampia discrezionalità e sono titolari di un budget di risorse finanziarie, trasferito dagli enti locali.
In alcuni casi i fondi trasferiti coprono i costi totali di gestione; in altri si integrano entrate proprie legate alla vendita dei servizi sul mercato (o altre agenzie
governative). La formula Quangos è presente nel settore educativo, in quello culturale ed in quello sanitario. I Quangos dispongono di ampia discrezionalità
nelle politiche del personale, stipulando contratti integrativi e adottando sistemi retributivi differenziati e nella gestione e valorizzazione economica del patrimonio immobiliare e mobiliare loro assegnato.
Questi organismi possono inoltre decidere autonomamente le politiche di
offerta di servizi e tariffarie e ricorrere ai mercati finanziari, scegliendo le più
convenienti modalità di acquisizione di fondi.
LE RISORSE: VALORE, GESTIONE E RELAZIONI CON IL TERRITORIO
Bibliografia
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117
PARTE SECONDA
STRUMENTI, ESPERIENZE,
INDIRIZZI
119
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Il patrimonio teatrale antico
nel Mediterraneo:
un’analisi critica
di Marcello Minuti
121
Il progetto Mediteatri.pa prevede quattro step fondamentali, uno dei quali è
rappresentato dalla fase di “analisi”, declinata nella costruzione di un database
sperimentale contenente informazioni sul sistema nazionale e internazionale di
valorizzazione dei teatri antichi presenti nell’area del Mediterraneo. Federculture
Servizi, struttura di affiancamento e supporto agli enti locali nel settore della
gestione dei servizi culturali, ha interpretato questo input mediante la costruzione di un database di valorizzazione (da ora DB), sistema informativo completo che racchiude informazioni riguardanti i vari aspetti di conservazione e
valorizzazione delle strutture teatrali e degli anfiteatri. L’obiettivo del database
è quello di definire un quadro cognitivo in merito agli elementi di valorizzazione dei teatri e anfiteatri greci e romani della Sponda Sud del Mediterraneo,
intendendo per valorizzazione un ben più complesso processo di gestione integrata del patrimonio, che considera le problematiche di conservazione, messa in
sicurezza, conoscenza, formazione, monitoraggio, e che parte dall’esistenza dei
teatri per muovere nella direzione dello sviluppo sostenibile e duraturo delle
comunità locali. Il bene monumentale in sé, appunto il teatro, è considerato sì
per il suo valore intrinseco1 ma soprattutto per il sistema di relazioni e attività
che si ritiene esso possa innescare nel più ampio quadro territoriale di riferimento e nel network che per esso si intende costruire2.
Tra le finalità di un DB così concepito, si richiama l’importanza su alcuni
aspetti specifici:
• rendere “visibile” la ricchezza del patrimonio teatrale nel Mediterraneo, mediante uno strumento di facile accessibilità per operatori, amministratori, studiosi
delle materie di gestione e valorizzazione dei beni culturali;
1
2
Valore intrinseco inteso come identità culturale di una comunità e senso di appartenenza ad un
territorio, eredità del passato da trasmettere alle generazioni future.
Appare di rilevante importanza la promozione di uno sforzo da parte delle amministrazioni competenti, anche attraverso partenariati col settore privato, per la valorizzazione e la successiva fruizione del patrimonio culturale, utilizzando la risorsa del dialogo con le controparti nei Paesi mediterranei quale strumento di scambio e diffusione di buone pratiche di gestione e valorizzazione di
tale patrimonio.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
122
• ottimizzare le esperienze di gestione e animazione all’interno dei teatri affinché diventino: sapere collettivo, risorsa comune, oggetto da utilizzare come
verifica, esperienza da riprendere, modello di rete culturale;
• facilitare la diffusione dei dati e la circolazione delle esperienze più significative attraverso un servizio informativo strutturato su Internet;
• fornire riferimenti di conoscenza alle amministrazioni locali e agli operatori
del settore che volessero agire nella direzione di una messa a sistema del patrimonio teatrale antico nelle proprie regioni;
• diffondere lo scambio di buone pratiche di gestione e valorizzazione di tale
patrimonio utilizzando la risorsa del dialogo con le controparti nei Paesi del
Mediterraneo.
L’analisi svolta, contenuta nella sua versione di sintesi all’interno del DB, ha
riguardato – come accennato – i teatri e gli anfiteatri dei Paesi della sponda sud
del Mediterraneo, ed è stata finalizzata ad identificare, oltre alla consistenza
della dotazione per ciascun Paese, alcuni elementi che caratterizzano le strategie d’intervento per la valorizzazione del patrimonio culturale e, in particolare,
dei teatri e anfiteatri antichi. Sono stati censiti tutti i teatri, gli odeon antichi,
greci e romani, conosciuti e noti attraverso fonti archeologiche, letterarie ed epigrafiche3.
Il database è strutturato in 5 livelli di approfondimento o “sotto-DB”, secondo
il seguente schema:
• DB1: teatri “stella”;
• DB2: teatri delle regioni pilota;
• DB3: altri teatri nelle regioni ob.1 e FAS;
• DB4: teatri dei Paesi obiettivo nel Mediterraneo;
• DB5: resto dei paesi della sponda sud del Mediterraneo.
I primi tre livelli, il DB1, il DB2 e il DB3, comprendono i teatri e gli anfiteatri
presenti nelle regioni italiane obiettivo 1 e FAS4: Abruzzo, Basilicata, Campania,
Calabria, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. In particolare, il primo sotto-DB
(DB1), raccoglie le informazioni sui teatri “stella”, i teatri cioè che ricadono
3
4
Si veda la bibliografia e la sitografia infra.
Si fa riferimento alle regioni ricadenti nell’area 1 come da regolamento (CE) 1260/99 e nell’area
Fondo Aree Sottoutilizzate; il Fondo Aree Sottoutilizzate, istituito con la legge finanziaria per il
2003 (n. 289/2002, artt. 61 e 62) come fondo a gestione unitaria è articolato in due fondi distinti,
assegnati rispettivamente al Ministero dell’economia e delle finanze e al Ministero delle Attività
produttive. Nel Fondo confluiscono tutte le risorse aggiuntive nazionali destinate alle aree caratterizzate da un ritardo nell’utilizzo dei propri fattori di sviluppo. Non sono considerate, quindi,
nell’universo di riferimento, né le risorse ordinarie, né le risorse comunitarie e i relativi cofinanziamenti nazionali (Fonte: Rapporto DPS 2005).
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
nelle 5 regioni “obiettivo”5 e che, per la loro significatività dal punto di vista
organizzativo, gestionale e architettonico e/o per quello che riguarda gli spettacoli organizzati al loro interno, sono stati individuati dal progetto Mediteatri.pa
quali oggetti specifici di intervento e di azioni di assistenza tecnica. I teatri “stella” individuati sono sette, localizzati nelle cinque regioni: teatro greco di
Metaponto in Basilicata, teatro e anfiteatro romano di Roccelleta di Borgia in
Calabria, teatro e anfiteatro romano di Lecce in Puglia, teatro romano di Nora in
Sardegna ed infine il teatro greco di Segesta in Sicilia.
Relativamente al DB2, riguardante i rimanenti teatri ed anfiteatri delle regioni “obiettivo”, i livelli informativi considerati – e nei quali si articola il relativo sotto-DB – sono stati gli stessi del DB1, sebbene per queste strutture non sia
stata svolta una visita in loco né un approfondimento analitico di tipo qualitativo.
Nel terzo sotto-DB – DB3 – confluiscono le informazioni riguardanti le strutture delle tre regioni che – ricadendo comunque in area obiettivo 1 o FAS – non
hanno aderito formalmente al Progetto Mediteatri.pa: Molise, Abruzzo e
Campania. Le informazioni ottenute, per il tramite di analisi desk e con l’aiuto
di guide turistiche, mostrano un livello di approfondimento minore rispetto a
quello dei primi due sotto-DB e, quindi, il numero di campi di questa sezione è
inferiore a quello del DB1 e del DB26.
Allargando l’orizzonte ai Paesi della sponda sud del Mediterraneo il quadro di
riferimento diventa più ampio. Si tratta in tutto di sedici Paesi che hanno in
comune il fatto di godere di un affaccio sulla sponda sud del mar Mediterraneo e
di avere una qualche dotazione di patrimonio teatrale o ludico antico.
Il DB, per questi Paesi, è suddiviso in due differenti sotto-DB: il DB4 e il DB5.
Il primo comprende i teatri e gli anfiteatri ospitati in Marocco, Giordania,
Tunisia, Grecia ed Egitto, Stati che hanno aderito al Progetto Mediteatri.pa (si
potrebbe parlare di Paesi “obiettivo esteri”).
Infine, nel DB5 sono raccolte le informazioni sui teatri e anfiteatri degli altri
undici Paesi della sponda sud del Mediterraneo (Albania, Algeria, Cipro,
Cisgiordania, Croazia, Israele, Libano, Libia, Siria, Spagna e Turchia).
Individuati dunque gli ambiti territoriali che caratterizzano i “confini” di cia-
5
6
Si tratta delle regioni che hanno aderito formalmente al progetto Mediteatri.pa: Sicilia, Sardegna,
Puglia, Calabria e Basilicata.
Per esempio, i dati riguardanti lo stato di conservazione attuale del bene architettonico – presenti
nei primi due sotto-DB – sono stati ricavati solo grazie alla collaborazione di esperti (architetti o
altri esperti nel settore dei beni culturali) operanti nella regione interessata, nei quali si è potuto
fare affidamento nel caso delle 5 Regioni “obiettivo”. Diversamente, non si è potuto ottenere il dato
per quelle regioni che non hanno dato la disponibilità a collaborare (Abruzzo, Campania e Molise).
Queste ultime godono, dunque, di un approfondimento più marginale rispetto alle regioni-pilota
del progetto.
123
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
124
scuna sezione del DB generale, si riporta a seguire l’articolazione delle informazioni contenute in ciascun sotto-DB.
Per il DB1 e il DB2 che, come visto, hanno gli stessi livelli informativi, sono
riportate informazioni riguardanti i seguenti macro-ambiti di ricerca:
• informazioni anagrafiche, sezione che comprende tre sotto-ambiti: informazioni sul sito teatrale, sull’ente titolare e sul gestore7;
• localizzazione, che comprende sei sotto-ambiti strutturati in: tipo di ambiente
urbano e socio-economico, sito archeologico connesso, trasporti, distanza dall’aeroporto e dai centri urbani più prossimi al teatro8;
• accessibilità suddivisa in: modalità di visita del teatro e motivazione di non
accessibilità;
• dati tecnici comprendenti: stato di conservazione, rispetto normative di sicurezza, limitazioni all’utilizzo del teatro in passato e accessibilità per i disabili9;
• attuale valorizzazione suddiviso in: periodo di visita, tariffe, servizi aggiuntivi, biglietti emessi;
• eventi da scomporsi in 4 sotto-ambiti: spettacoli nel teatro, posti a sedere,
ampliamento della capienza e descrizione degli spettacoli realizzati.
Il DB3, presenta le stesse sezioni analizzate per i primi due DB, ma con un
numero inferiore di sotto-sezioni. Così, ad esempio, le informazioni sulla localizzazione includono solo la distanza dai principali centri abitati e la sezione sulla
valorizzazione non include gli orari di apertura. Inoltre, nel DB3 non sono presenti
la sezione relativa agli eventi e quella che riguarda gli aspetti tecnici del teatro.
Stesso discorso vale, poi, per i teatri del DB4: le informazioni comprendono
quelle riguardanti l’anagrafica, la localizzazione, l’accessibilità e l’attuale valoriz7
8
9
Nella prima sotto-sezione “sito” si riporta la denominazione della località moderna in cui è
impiantata la struttura, la sua denominazione storica, la tipologia (greco, romano, greco-romano,
odeon, anfiteatro), il periodo di costruzione, il secolo di eventuali rimaneggiamenti; nella sottosezione riguardante l’Ente titolare, si riportano tutte le informazioni riguardanti il soggetto giuridico titolare del bene; nella terza sotto-sezione relativa alla “gestione”, si riportano le indicazioni
della stessa natura relative all’eventuale soggetto che – per conto del soggetto titolare – è incaricato della gestione delle attività di valorizzazione e la relativa modalità (gestione indiretta).
Sono incluse informazioni riguardanti la localizzazione del teatro, specificando in questo caso se
si tratta di una struttura inserita in prossimità di un centro abitato, all’interno di un perimetro
urbano, ecc. Si definisce il tipo di ambiente socio-economico, si rileva se il sito è connesso a un
sito archeologico più ampio e quali sono le possibilità di fruire di servizi pubblici di trasporto (presenza di linee urbane, ferrovia, ecc.). In questa sezione, inoltre, è indicata la distanza dall’aeroporto più vicino e dai principali centri urbani.
Questa sezione non ha la pretesa di voler rappresentare il quadro scientifico su cui poter basare
politiche e programmi strutturali di recupero/conservazione/manutenzione. Riguardo lo stato di
conservazione è riportato, infatti, un giudizio sulla scala “buono-sufficiente-mediocre”, includendo inoltre un’informativa sul rispetto delle normative riguardanti la sicurezza dei luoghi (sì/no),
l’eventuale apposizione di limitazioni all’utilizzo pubblico delle strutture (sì/no) e l’accessibilità
per i disabili motòri (sì/no).
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
zazione, con un livello di approfondimento ancora inferiore rispetto al DB3, mentre l’ultimo sotto-DB, il DB5, è supportato da una lista di teatri che si trovano
attualmente nel resto dei Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Dunque, ciascun livello del DB generale è strutturato in funzione di diversi livelli di approfondimento – costruiti in relazione alla possibilità concreta di ottenere una serie di
informazioni per ambito territoriale di riferimento – secondo la figura 1.
125
Figura 1
Livelli informativi del DB
DB1 + BOX
DB3
DB5
DB4
DB2
Si tenga conto, tuttavia, che lo strumento proposto (DB) deve essere considerato come un primo passo verso una ricostruzione completa ed onnicomprensiva degli elementi di valorizzazione delle strutture teatrali e anfiteatrali mediterranee. Esso offre un’interessante opportunità per le amministrazioni regionali e
comunali, le soprintendenze e i Paesi del Mediterraneo, che, partendo da questo
strumento, possono contribuire a costruire un database condiviso in rete, alimentando ciascuno per la propria competenza i campi informativi ad oggi mancanti o parzialmente incompleti.
1. L’universo di riferimento dell’indagine
L’insieme dei “record” del DB, la consistenza cioè degli oggetti indagati in
totale (e quindi nel totale dei 5 sotto-DB) è di 543 strutture antiche. Nel grafico
1, si notano le cinque sezioni del DB generale e le relative strutture censite per
ognuno di esse. Oltre al DB1, inclusivo dei soli sette teatri stella, il DB2, rappresentativo delle regioni a cui appartengono i teatri “stella”, contiene tutte le
altre strutture presenti nelle regioni pilota, per un totale di 38 unità.
Nel DB3, invece, l’universo di riferimento è più ampio, essendo comprese 72
strutture, distribuite prevalentemente nella Regione Campania. Continuando a
scendere nel dettaglio informativo, il DB4 accoglie 191 strutture ripartite tra 5
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Paesi esteri del Mediterraneo e, infine, l’ultimo livello (DB5) ne comprende 235
per undici Paesi esaminati.
Grafico 1
Numerosità dei sotto-DB
126
250
200
150
100
50
0
DB1
DB2
DB3
DB4
DB5
Fonte: elaborazioni da DB
Il grafico 2 aiuta ad interpretare la suddivisione dell’intero universo di riferimento per tipologia architettonica. Le strutture più diffuse sono i teatri romani
(37%) e i teatri greci (27%).
Grafico 2
Universo di riferimento per tipologia
Teatro greco-romano 3%
Anfiteatro romano 9%
Teatro romano 36%
Teatro 0 odeon 3%
Teatro n.c. 15%
Odeon 7%
Teatro greco 27%
Fonte: elaborazioni da DB
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
La consistenza degli anfiteatri si aggira invece sul 9%, così come per gli odeon,
la cui quota relativa sul totale delle strutture è del 7%10.
Si tratta di un patrimonio di straordinaria rilevanza, dislocato (sebbene secondo una distribuzione più concentrata in alcune regioni) praticamente in tutto il
bacino mediterraneo. Da un primo sguardo di sintesi, si nota come da sole l’Italia
del Sud, la Grecia e la Turchia assorbano l’80% circa di queste risorse culturali.
A parte la consistenza numerica delle strutture, qui richiamata per dare senso
e dimensione all’analisi svolta, appare interessante svolgere alcune analisi specifiche che restituiscano un quadro sintetico del “chi sono” e del “come operano”
i teatri analizzati. Nei paragrafi che seguono, dunque, ci si muove su due diversi
livelli: da un lato le strutture italiane (per le quali, si è sottolineato, è stato possibile recuperare una buona mole di informazioni), dall’altre quelle mediterranee.
2. La situazione nel sud Italia
Il patrimonio riferito a questa macro regione è costituito da oltre 115 strutture, perlopiù rappresentate da teatri e anfiteatri romani (si tratta di circa il
70% del totale). Per ciò che riguarda la titolarità dei beni si registra che nel
94% dei casi questa rimanga in capo alla soprintendenza territoriale competente in materia archeologica. Sono dunque molto rari i casi di titolarità diversa da quella statale.
Per quel che attiene l’accessibilità alle strutture si osserva (grafico 3) che un
grande numero di queste non è accessibile (quasi il 40%). Escludendo percentuali relative a categorie di analisi residuali (“altro” o “n.d.”, pari a un 10%
circa), risulta che il totale dei teatri e anfiteatri ai quali è possibile – a diverso
titolo – accedere è di circa il 50%. La metà delle strutture nel Mezzogiorno
d’Italia è, dunque, accessibile al pubblico. Tuttavia le modalità variano dai casi
in cui è previsto un biglietto di ingresso (23%), ai casi in cui non esiste recinzione e dunque il sito è accessibile senza restrizioni (5%), e infine, ai casi in cui
l’ingresso è gratuito ma in orari determinati (24%).
Rispetto alle motivazioni di non accessibilità (grafico 4), si tratta principalmente di ragioni legate all’interramento parziale o totale della struttura teatrale.
In alcuni casi le campagne di scavo limitano l’accesso alle aree o sono problemi
di carattere burocratico (o economico finanziario) a non permettere l’apertura al
pubblico.
10
Rappresentano una buona percentuale anche tutti quei teatri a cui non è stato possibile attribuire
una tipologia di stile definita, indicati nel DB come teatri “n.c.” (non classificabili), che rappresentano il 15% del totale. Basse quote percentuali sono rappresentate dalle tipologie miste come
i teatri greco-romani o i teatri-odeon o ancora i teatri romani-odeon che insieme raggiungono una
percentuale del 6%.
127
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Grafico 3
L’accessibilità nelle strutture delle regioni meridionali
Non recintato e quindi
accessibile senza
restrizioni 4%
n.d. 6%
Accessibile dietro pagamento
di un biglietto che copre il sito
in cui è inserito il teatro 19%
128
Non accessibile al
pubblico e non visibile
dall’esterno 32%
Accessibile in orari
determinati senza
pagamento di un
biglietto 24%
Altro 5%
Non accessibile
al pubblico
ma visibile
dall’esterno 6%
Accessibile dietro pagamento
di un biglietto che copre solo
il teatro 4%
Fonte: elaborazioni da DB
Grafico 4
Motivazioni della non accessibilità
Per problemi burocratici 2%
Altro: per mancanza di un servizio di custodia 2%
Perchè sono in corso campagne di scavo 7%
Perchè il teatro è
completamente
o parzialmente
interrato 89%
Fonte: elaborazioni da DB
La situazione che complessivamente, dunque, si presenta è quella di un enorme
patrimonio quanto a unità teatrali esistenti, ma diversamente valorizzato. In termini assoluti solo 25 dei 117 teatri e anfiteatri sono fruibili secondo uno schema che
prevede, a fronte dell’ingresso, il pagamento di un biglietto. Per l’altra parte delle
strutture che risultano accessibili, invece (si parla di circa quaranta teatri), non esiste un “prezzo da pagare”, circostanza, questa, che condiziona negativamente:
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
• la percezione del valore intrinseco della struttura da parte del visitatore, mancando un prezzo d’acquisto viene a mancare, in quanto manca il metro per
misurare un valore del bene pubblico “cultura”;
• il bilancio della amministrazione pubblica, in quanto, seppur marginale, il
prezzo di ingresso rimane una delle principali voci di entrata dei siti culturali.
È inoltre rappresentato spesso, un indicatore “proxy” dell’assenza presso il
sito di altri servizi aggiuntivi di accoglienza e conoscenza per il pubblico, condizione questa che influenza negativamente qualsiasi possibilità di fare leva
sulla disponibilità a spendere del visitatore culturale.
Tra i teatri che invece non sono accessibili, una gran parte riferimento a situazioni di interramento parziale o totale della struttura: si tratta di siti la cui conoscenza è condivisa tra gli studiosi, ma per i quali non sono iniziate operazioni
di scavo finalizzate a dar loro luce.
Non si entra, in questa sede, nel merito delle ragioni che possono giustificare l’opportunità di dare il via a campagne di scavo sì finalizzate; ma si tiene a
sottolineare come gran parte dei problemi che la pubblica amministrazione si
trova oggi ad affrontare siano quelli relativi al reperimento di risorse per far
funzionare, vivere e sopravvivere i teatri che già sono al di sopra – si direbbe –
della linea di terra; quelli per i quali non esistono recinzioni o videocamere di
sorveglianza, né la dotazione minima di personale che ne potrebbe garantire
un’apertura a condizioni minime di qualità per il visitatore. Ecco, in questo
senso si può affermare che in molti casi la non accessibilità nei teatri, perchè
interrati, è forse un dato positivo, quantomeno per la maggiore garanzia di conservazione (minori impatti atmosferici, minori impatti umani) che tale situazione assicura.
Esistono però altre cause che limitano l’accessibilità e, in alcuni casi, a queste
si potrebbe porre rimedio: problemi burocratici e – soprattutto (7% dei casi) –
ostacoli derivanti dalle campagne di scavo in corso. Su questo aspetto, a parte le
situazioni in cui lo scavo sia pervasivo rispetto all’intera area, si ritiene utile
poter iniziare a considerare la campagna di scavo come elemento di valorizzazione del sito, coniugando la visita ad una illustrazione delle tecniche e delle
modalità di scavo. Per non parlare, poi, dell’impossibilità di aprire un teatro per
mancanza di personale (2% dei casi): come può una collettività concentrarsi su
sforzi di recupero se non riesce a garantirne poi la fruibilità pubblica?
Rispetto al dato regionale, ciò che sembra evidenziarsi è una maggiore difficoltà a rendere accessibile il sito da parte di quelle regioni che hanno la maggiore dotazione: Campania e Abruzzo. Le regioni – a parte il Molise – che hanno
una piccola dotazione sembrano poter orientare meglio gli sforzi e rendere così
accessibili i siti.
129
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Grafico 5
Accessibilità per Regione
45
40
35
30
130
25
20
15
10
e
M
C
a
m
o
ni
a
p
ru
b
A
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a
o
zz
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ci
eg
rd
Sa
accessibile
Si
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g
Pu
la
a
C
Ba
sil
ic
b
a
ta
r ia
0
non accessibile
Fonte: elaborazioni da DB
Un tema interessante che è stato indagato mediante lo strumento del DB è
quello della gestione, intendendo con questo termine la gestione delle attività di
valorizzazione. Come noto, è in atto ormai da diversi anni da parte degli enti
locali un profondo ripensamento delle modalità di gestione dei servizi culturali, orientato a garantire:
• maggiore autonomia gestionale,
• una più flessibile gestione delle risorse finanziarie e organizzative e degli output di offerta,
• una più spiccata capacità di dialogo con le altre istituzioni e con il settore privato.
Ciò è avvenuto e sta avvenendo, mediante il ricorso a forme organizzative c.d.
autonome, o – secondo una recente definizione – indirette. Il tipo di gestione,
per ciò che riguarda i teatri censiti, è per lo più diretta, attuata cioè mediante
strutture tecniche dell’ente titolare (soprintendenze, assessorati), con una percentuale che arriva al 72%11, mentre è indiretta per solo 7 strutture, (28% dei
casi). Entrando nel dettaglio, la gestione indiretta è attuata per l’86% delle volte
mediante un rapporto convenzionale con un ente locale.
Riguardo la localizzazione delle strutture, i teatri e gli anfiteatri (grafico 6)
sono localizzati laddove, oggi, sorgono città (35,6% dei casi), in prossimità di
piccoli centri abitati (40%), in prossimità di città (4,4%) o all’interno di piccoli
centri abitati (6,7%). In alcuni casi sono localizzati in piena campagna, lontano,
perciò, dai centri abitati (13,3%). Il dato sembra interessante laddove si stabili-
11
Per la determinazione della percentuale si sono considerate, dunque, le 25 strutture di cui si
disponeva il dato e non le 45 iniziali.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
sca una relazione diretta tra fruibilità del sito culturale con la sua localizzazione. In effetti, solo nel 41% dei casi, la struttura teatrale è inserita nel perimetro
di una città (grande o piccola) e quindi raggiungibile con i normali mezzi di trasporto pubblici. Negli altri casi (oltre il 50%), si tratta di siti comunque esterni
ad un perimetro urbano e – dunque – raggiungibili con più alti gradi di complessità e – dunque – siti per i quali le politiche di valorizzazione non potranno
prescindere da opportune politiche di promozione (più incisive), di trasporto
pubblico (bus navetta, biglietti integrati), e di coordinamento con gli organizzatori professionali di viaggio (tour operator).
Grafico 6
La localizzazione dei teatri nelle Regioni pilota
20
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
All’interno del
perimetro
urbano di un
piccolo
centro abitato
All’interno del
perimetro
urbano di una
città
In prossimità
di un piccolo
centro abitato
In prossimità
di una città
Lontano dai
centri abitati
Fonte: elaborazioni da DB
Grafico 7
Aree archeologiche connesse al teatro nelle regioni pilota
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Sì
Fonte: elaborazioni da DB
No
131
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
132
Sempre in merito alla localizzazione delle strutture, uno dei dati rilevati
riguarda l’inserimento del teatro in una più ampia zona archeologica (grafico 7).
In merito si nota che il 79% delle strutture teatrali è ubicato all’interno di un’area archeologica12, mentre il 21% riguarda strutture a sé, non facenti parte di
nessun complesso più ampio.
Raggiungere le località aperte al pubblico con mezzi di trasporto pubblici è
possibile solo nel 63% dei casi. Di questa percentuale, ogni struttura è servita da
più di un mezzo di trasporto. Si tratta per lo più di linee urbane (98% delle
volte) ed extraurbane (22%) accompagnate qualche volta dalle linee ferroviarie
(11%). In rari casi esistono navette per il trasporto dei visitatori al sito considerato (5%). La situazione del trasporto, dunque, non è delle più rosee, sottolineando di nuovo come una delle precondizioni per la fruibilità dei siti sia la
possibilità di avere a disposizione linee di trasporto pubblico sufficientemente
valide, in numero e funzionalità. Focalizzando l’attenzione sui dati tecnici, considerati in questa sede quali pre-condizioni di accessibilità, emerge che lo stato
attuale di conservazione (grafico 8) per i 32 teatri aperti al pubblico è mediamente buono nel 38% dei casi, discreto e mediocre nel 28% dei casi, mentre per
il 6% lo stato di conservazione risulta pessimo. Si tratta, ovviamente, di un giudizio qualitativo che risente di un certo margine di discrezionalità ma che – allo
stesso tempo – può aiutare a restituire un’idea di massima sulla funzionalità
delle strutture analizzate.
Grafico 8
DB1 e DB2, stato di conservazione delle strutture
Pessimo 7%
Buono 37%
Mediocre 28%
Discreto 28%
Fonte: elaborazioni da DB
12
La percentuale è stata calcolata su 33 strutture delle quali è stato possibile rilevare il dato, escludendo, perciò, tutte le strutture non accessibili e quelle in cui il dato non è stato ottenuto.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
L’adeguamento alle normative che disciplinano la sicurezza del bene culturale
riveste primaria importanza e – alla stregua del dato sullo stato di conservazione
– deve essere interpretato quale importante indicatore della fruibilità del bene. A
tal proposito, il 63% delle strutture assicurano adeguate misure di sicurezza per
ciò che concerne l’esposizione al rischio di furti, il degrado e l’abbandono.
I risultati meno confortevoli arrivano dalle elaborazioni dei dati che indicano la
possibilità o meno di tali strutture di ospitare disabili sia per le visite archeologiche che per le manifestazioni ospitate. La percentuale dei beni archeologici in
grado di ospitare disabili è, infatti, ancora molto bassa. Raggiungono una quota del
36% le strutture accessibili ai disabili. Il 27% dichiara una accessibilità parziale,
mentre il 36% non ha una struttura in grado di accogliere i disabili.
Riguardo agli elementi legati alla visita al sito, si rileva che il 94% dei teatri
accessibili garantiscono il periodo di visita tutto l’anno (con chiusura nei giorni
festivi e per alcuni di essi un giorno a settimana). Il prezzo medio13 di ogni entrata a pagamento è di € 2,5 per le tariffe intere e di € 1,25 per quelle ridotte.
In circa metà delle strutture sono presenti servizi aggiuntivi o di accoglienza,
principalmente relativi a bookshop, visite guidate, biglietteria con prevendita e
servizi di documentazione e informazione, oltre che punti di ristoro, servizi igienici e pannelli didattici. Il dato, a prescindere da quali e quanti servizi sono presenti in ciascun sito mette comunque in evidenza le grandi opportunità che
emergono dall’attivazione di alcuni di questi servizi di accoglienza del pubblico nelle altre strutture.
Passando, invece, all’animazione all’interno dei teatri si riscontra come in
molti di essi vengano organizzate manifestazioni e spettacoli di diverso genere,
che variano dalla prosa alla poesia, dalla danza al teatro classico e moderno fino
alla musica classica e moderna, in una cornice suggestiva come può essere quella di un teatro o anfiteatro antico. Più della metà dei teatri considerati e per i
quali è stato possibile ricavare il dato, organizzano spettacoli o manifestazioni
all’interno del teatro stesso e altri due ne hanno organizzati nel passato. La
capienza attuale durante tali manifestazioni è variabile, attestandosi sui 150
posti per i teatri più piccoli (è il caso del teatro romano di Nora), fino ad arrivare ai 4.500 del teatro greco-romano di Taormina.
L’analisi svolta a livello di teatri ed anfiteatri del sud Italia, permette di svolgere alcune considerazioni valutative di sintesi:
• la titolarità delle strutture è prevalentemente in capo allo Stato e ai suoi uffici
territoriali competenti (soprintendenze); ciò avviene nel 94% dei casi;
• riguardo all’accessibilità si è rilevato che, nella metà delle strutture, non è pos-
13
Il prezzo medio è stato calcolato sommando i prezzi di entrata per ogni struttura teatrale e dividendo per il totale delle strutture.
133
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
134
sibile accedere, principalmente perché interrate interamente o parzialmente. Il
dato, di per sé forse poco significativo, deve aiutare a far riflettere sulla reale
opportunità di investire per il recupero delle strutture non accessibili; gran parte
dei problemi che si rilevano sono inerenti alla gestione delle strutture già potenzialmente fruibili, ma per le quali carenze di varia natura (principalmente legate all’annoso tema delle risorse) ne ostacolano una reale valorizzazione; la grande sfida che allora appare più utile affrontare è quella di come “far funzionare”
ciò che già esiste ma che per diverse ragioni non funziona come potrebbe;
• la funzione di gestione delle strutture, e in particolar modo la gestione delle
attività di valorizzazione, è detenuta dalle stesse soprintendenze; solo in alcuni casi si assiste ad un decentramento verso gli enti locali, incaricati dallo
Stato di gestire le strutture nel 28% degli stessi. Ancora non nascono, nella
gestione dei beni culturali di proprietà statale, esperimenti di innovazione
gestionale autonoma, come si assiste invece da più di un decennio nell’organizzazione amministrativa degli enti locali (fondazioni, istituzioni, società
pubbliche, ecc.). Ciò che inoltre appare dall’analisi dei dati è che il coinvolgimento di soggetti terzi nel governo di istituzioni culturali archeologiche, quali
possono essere considerati i teatri e i siti in cui gli stessi ricadono, è ancora
praticamente nullo. Non si assiste a sperimentazioni gestionali che prevedano
un coinvolgimento attivo di soggetti privati che – senza fine di lucro – siano
istituzionalmente interessati allo sviluppo di un territorio (camere di commercio, fondazioni bancarie, associazioni di categoria, ecc.). Sebbene il Codice
dei Beni Culturali e del Paesaggio preveda nuove interessanti possibilità di
scelta per gli enti pubblici statali in merito alle modalità di gestione, il percorso in questo senso è ancora molto lungo;
• i teatri e gli anfiteatri sono localizzati solo in parte presso centri urbani, rimanendo gran parte delle strutture localizzate in zone al di fuori delle città. Da
qui la necessità di politiche di promozione, coordinamento dei tour operator,
integrazione con i trasporti pubblici che creino le condizioni di raggiungibilità
di questi siti, svantaggiati – a parità di altre condizioni – rispetto a quelli localizzati in città; di fatto, si avverte una necessità generale di integrazione e coordinamento tra siti culturali e territorio che li circonda. Il massimo dell’integrazione a cui si assiste – peraltro in rari casi – è quella del biglietto integrato.
Si dovrebbe invece investire di più su un approccio condiviso tra i vari attori
in gioco, soprattutto nell’ottica di una integrazione con altri servizi della filiera turistica: trasporti, ristorazione, accoglienza, ecc;
• solo nel 60% dei casi è previsto un biglietto di ingresso, peraltro spesso relativo al solo teatro o al solo sito archeologico più ampio in cui lo stesso è inserito e comunque a relativo buon mercato; si insiste, ancora una volta, sulla
necessità e l’importanza di legare la fruizione della cultura ad un prezzo che
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
rappresenti uno sforzo per l’utente e dunque valorizzi, nella sua percezione,
l’esperienza;
• le condizioni strutturali, considerate quale pre-requisito alla fruibilità del sito,
sono dichiarate “buone” solo nel 36% dei casi; le normative sulla sicurezza
vengono rispettate solo nel 63% dei casi e l’accessibilità ai disabili (motòri) è
garantita nel 36% dei casi. Ciò spinge a riconsiderare il concetto di valorizzazione spostando l’ottica, in alcuni casi, verso elementi strutturali che possono
condizionare in negativo – e a lungo termine – qualsiasi sviluppo di politiche
(anche economiche o commerciali) di valorizzazione;
• i teatri accessibili sono visitabili pressoché tutto l’anno, con orari estivi e
invernali tra loro anche molto simili. Questo dato, sebbene positivo per certi
versi, deve però far riflettere circa l’opportunità di rintracciare elementi di
flessibilità che consentano un più equilibrato utilizzo dei fattori produttivi
(lavoro), definendo standard di servizio (orari) più coerenti con la domanda
(concentrata in alcuni periodi) di cultura;
• sono presenti servizi aggiuntivi solo nel 50% dei casi circa, da cui la necessità
di una riflessione in merito all’opportunità di attivazione di nuovi servizi in
nuovi spazi, da realizzarsi anche secondo regole e parametri diversi che garantiscano una maggiore convenienza ai privati interessati ad investire in zone e
siti apparentemente poco appetibili (perché poco visitati);
• è interessante, infine, il dato sugli spettacoli, organizzati in un numero medioalto di strutture. Laddove la struttura tecnica del teatro lo permetta, e dove sia
presente un’organizzazione di gestione capace di garantire le condizioni di
fruibilità per gli spettacoli, il teatro antico si dimostra uno dei più validi luoghi dove ospitare eventi spettacolari.
3. La situazione nel bacino mediterraneo
Come visto, l’analisi è stata sviluppata anche con riferimento ai teatri ed anfiteatri del bacino del Mediterraneo. Il livello informativo raccolto, tuttavia, non
presenta quei caratteri di completezza propri dello studio a livello di sud Italia.
Per ciò che attiene alla dotazione14 per singolo Paese, la Turchia detiene il
32% del totale delle strutture, la Grecia più del 30%; a seguire la Tunisia con
circa il 10%. Rispetto alle categorie di struttura si segnala una maggioranza rela-
14
Diversamente dal DB Italiano, in questo caso l’insieme delle strutture considerate riporta anfiteatri solo per la Tunisia; ciò non perché non esistano anfiteatri nelle altre regioni considerate, ma
solo perché l’analisi è di fatto stata svolta con soli fonti desk che non hanno permesso l’individuazione di altri anfiteatri. Ovviamente, questa lacuna del DB potrà essere compensata in futuro
mediante un approfondimento su questo specifico versante.
135
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
136
tiva di teatri greci e teatri romani, che da soli assorbono il 70% circa del totale
delle strutture. Riguardo le classi più numerose (evidenziate nella tabella 1), si
segnalano:
• i teatri greci in Grecia (17,37%)
• i teatri greci in Turchia (10,80%)
• i teatri romani in Turchia (8,92%)
• i teatri non classificabili in Turchia (8,45%).
Tabella 1
Teatri e anfiteatri nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo
per tipologia (V.A. e valori percentuali)
Anfiteatro
v.a.
Odeon
%
Teatro
Greco
Teatro
Greco-Romano
v.a.
%
v.a.
%
-
1
v.a.
Teatro
n.c.
Teatro
o odeon
Teatro
Romano
%
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
%
4
0,94
1
-
1
0,23
2
0,23
10
5,16
1
0,23
-
TOT
v.a.
%
0,47
8
1,88
2,35
12
2,82
14
3,29
128
30,05
-
3
0,70
3
0,70
-
30
7,04
40
9,39
Egitto
-
0,23
-
Giordania
-
1
0,23
-
-
Grecia
-
16
3,76
74 17,37
1 0,23
Marocco
-
-
-
-
-
-
2
0,47
1,17
-
2
0,47
0,47
1
0,23
11
2,58
-
-
-
-
11
2,58
11
2,58
0,23
1 0,23
-
-
2
0,47
4
0,94
-
-
3
0,70
3
0,70
Tunisia
1,64
1
0,23
Albania
-
1
0,23
Algeria
-
-
Cipro
-
-
Cisg.
-
-
-
-
Croazia
-
-
-
-
Israele
-
-
-
-
Libano
-
-
1
0,23
-
Libia
-
-
3
0,70
-
Siria
-
-
-
-
Spagna
-
-
-
-
-
18
4,23
24
5,63
Turchia
-
13
3,05
46 10,80
2 0,47
36 8,45
4
0,94
38
8,92
139
32,63
1,64
32
7,51
131 30,75
4 0,94
78 18,31
12
2,82
Totale
7
22
7
5
1
1
0,23
-
3
2
2
0,70
-
2
0,47
6
1,41
1
-
4
0,94
5
1,17
0,47
6
1,41
8
1,88
-
1
0,23
5
1,17
0,23
8
1,88
12
2,82
-
11
2,58
13
3,05
162 38,03
426 100,00
Fonte: elaborazioni da DB
Visitare il cospicuo numero di strutture teatrali antiche presenti nei Paesi della
sponda sud del Mediterraneo15 (accessibilità) è possibile per più della metà
delle volte (grafico 9). Solo l’1% delle strutture, invece, risulta inaccessibile, a
causa della chiusura temporanea del sito per presenza di campagne di scavo.
15
I dati si riferiscono, da questo punto in poi, alle strutture dei cinque Paesi del DB4.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Per il resto delle strutture, il 45% dei casi, non è stato possibile rilevare il dato
neanche tramite analisi desk e consultazione su Internet. È però immaginabile,
da questa generale carenza informativa, che le strutture considerate non siano
aperte al pubblico o siano interrate. Non è un dato che si discosta, nelle sue proporzioni generali, da quello osservato nel sud Italia.
137
Grafico 9
DB4, accessibilità
120
100
80
60
40
20
0
accessibile
non accessibile
n.d.
Fonte: elaborazioni da DB
Riguardo l’eventuale pagamento di un biglietto di ingresso nei teatri accessibili (grafico 10), ciò avviene in più di 50 casi su circa 100. Si nota, anche in questo caso, che il biglietto è normalmente un biglietto integrato che copre, oltre il
teatro, il sito archeologico in cui è lo stesso è inserito. È un dato maggiore rispetto al dato osservato nell’analisi del patrimonio nazionale del sud.
I prezzi medi, calcolati sui dati dei siti accessibili e a pagamento, sono di 3,6
euro per i biglietti interi e di 2,8 euro per i biglietti ridotti. Una cifra maggiore
rispetto al dato italiano, per il quale, lo si ricorda, le medie erano di 2,5 euro per
il biglietto intero e di 1,5 euro per il ridotto.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Grafico 10
DB4, modalità di ingresso
60
50
138
40
30
20
10
0
gratuito
biglietto a
pagamento integrato
biglietto a pagamento
per il solo teatro
Fonte: elaborazioni da DB
Come accennato in premessa, e questo è ancor più evidente nella sezione relativa al bacino del Mediterraneo, il lavoro svolto rappresenta solo un “primo mattone” sul quale poter costruire un sistema di rilevazione statistica che integri i
livelli informativi tra i Paesi del Mediterraneo e che possa dunque rappresentare, per il futuro, uno degli strumenti sui quali costruire politiche, programmi e
progetti di integrazione culturale nell’ambito del bacino mediterraneo.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Bibliografia
• Ciancio Rossetto P., Pisani Sartorio G. (1994-1996), Teatri greci e romani alle
origini del linguaggio rappresentato: censimento analitico. Voll. 3. SEATDivisione STET, Roma.
• Ciancio Rossetto P., Pisani Sartorio G. (1992), Memoria del futuro: teatri antichi greci e romani: censimento, Edizioni GRAF-ROMA, Roma.
• Istituto geografico DeAgostini, Guide d’Italia, Calabria, Torino, 2003.
• Istituto geografico DeAgostini, Abruzzo, Novara, 2005.
• Le guide Mondadori, Puglia, Fabio Ratti Editoria, Milano, 2004.
• Lonely planet, EDT, Isole della Grecia, Torino, 2004.
• Lonely planet, EDT, Grecia continentale, Torino, 2004.
• Lonely planet, EDT, Giordania, Cuneo, 2005.
• Lonely planet, EDT, Marocco, Cuneo, 2006.
• Touring Club Italiano, Sardegna, Milano, 2005.
Sitografia
• www.beniculturali.it
• www.archeogate.it
• www.archart.it
• www.archeona.arti.beniculturali.it
• www.archemail.it
• www.archeobasi.it
• www.palermoweb.com/archeo/sitiarcheologici.asp
• www.terremarsicane.it
• http://www.andreas-praefcke.de/carthalia/list_ancient_theatres.html
• http://www.greeklandscapes.com/greece/ancient_theaters.html
• http://homepage.usask.ca/~jrp638/skenotheke.html
• www.geocities.com
• www.civitascamunnorum.com
139
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
La gestione integrata dei
teatri antichi: individuazione e
valorizzazione del patrimonio
materiale ed immateriale
di Carla Maurano
141
1. La gestione integrata del patrimonio: identificazione,
conservazione, valorizzazione e monitoraggio
Un progetto che ponga come suo obiettivo finale la valorizzazione dei teatri
antichi del Mediterraneo è un progetto per sua stessa natura obbligato a confrontarsi con le tematiche della gestione integrata del patrimonio e con le relative scelte metodologiche ad essa connesse. Tali scelte sono tese da una parte alla
conservazione del patrimonio e dall’altra alla definizione di strategie di sviluppo socio-economiche sostenibili e durature per le comunità locali.
In un dibattito internazionale aperto e alle volte conflittuale sul tema innanzi
citato, quello appunto della gestione integrata del patrimonio, si ritiene sia necessario chiarire preliminarmente la posizione concettuale qui assunta, al fine di
garantire piena comprensione al lavoro svolto per la valorizzazione del patrimonio dei teatri antichi.
Il chiarimento parte dal concetto stesso di patrimonio qui proposto, in linea con
le più innovative posizioni internazionali. L’approvazione delle recenti convenzioni Unesco sulla diversità culturale e sul patrimonio intangibile1, le strategie di
sviluppo discusse da organismi quali The World Bank Group e l’Inter American
Development Bank, indicano la condivisa tendenza a considerare il patrimonio
come l’espressione, incarnata in forme tangibili ed intangibili, dell’identità culturale di una comunità, ed individuano nel binomio identità/diversità un valore
atto ad innescare forme sostenibili di sviluppo economico.
La definizione di patrimonio, da quella di semplice bene culturale, sito archeologico e monumentale, centro storico, collezione artistica e museale, passa ad
inglobare l’insieme di tutte quelle manifestazioni, saperi, pratiche, abilità, che in
modo olistico rappresentano la cultura di un popolo. Ecco quindi che il patrimonio, materiale ed immateriale, recupera il suo originario collegamento con la
1
World Commission on Culture and Development, Our Creative Diversity, Unesco, 1995.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
142
comunità che lo ha prodotto, utilizzato, modificato, e che ha operato nel corso del
tempo in base a strategie economicamente vantaggiose all’interno di processi unitari, integrati, di gestione tradizionale.
La conservazione e la trasmissione alle future generazioni del patrimonio
diventano così sinonimi della conservazione e della trasmissione della cultura
dei popoli.
Cultura dei popoli che si esprime attraverso le forme del costruito e dell’arte, le
tecniche, l’elaborazione dei linguaggi comunicativi ed espressivi, i codici scritti
ed orali, le scoperte, le religioni, i miti ed i riti, la forza multiforme dell’umano
genio creativo. Cultura dei popoli che si basa su solide leggi comportamentali e
sociali, e sul valore profondo dell’economia.
Come infatti è stato enfatizzato dalla World Commission on Culture and
Development “it is meaningless to talk of the relation between culture and economy, since economy is part of a people’s culture”.
Che il binomio cultura-patrimonio/economia sia una finta dicotomia è consapevolezza radicata in quanti si occupano professionalmente di tutela e conservazione di paesaggi culturali, di beni architettonici, di arte. In quanti, sul campo,
sono chiamati ad indagare sulla genesi e sul futuro degli elementi del patrimonio
culturale, e a prevederne la conservazione agendo anche attraverso forme nuove
di valorizzazione sostenibile.
Si ritiene, infatti, che la valorizzazione in termini economici del patrimonio
culturale non sia né possa essere argomento altro rispetto all’individuazione dei
“valori” del patrimonio, al riconoscimento dell’identità e della diversità culturale, alle esigenze di rappresentazione e di proiezione simbolica, all’uso delle risorse, all’adeguamento agli ambienti e agli eventi della storia, ai diritti e alle necessità delle comunità locali. Che essa non sia né possa essere altro rispetto alla conservazione delle manifestazioni tangibili ed intangibili del patrimonio e alla loro
inscindibile specularità.
Grazie a questo assunto, diventa evidente anche come la valorizzazione economica non possa prescindere dalla consapevolezza dei motivi che hanno portato le culture a esercitare la propria creatività producendo il patrimonio, antichi significanti, antichi e nuovi significati.
Come essa debba obbligatoriamente confrontarsi con opportune strategie per il
raggiungimento di obiettivi primari che, come inizialmente detto, sono tanto la
conservazione del patrimonio nella sua molteplicità di espressioni quanto il
miglioramento delle condizioni di vita delle comunità, che ad esso sono legate
e di cui esse sono custodi e portatrici di valori. Obiettivi da valutare in progress,
attraverso nuove ed adeguate strategie di monitoraggio.
Possiamo qui riassumere che la gestione integrata è quindi il complesso processo che unifica e coordina azioni quali l’individuazione, la conservazione, la
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
consapevolezza, la formazione, la valorizzazione, il monitoraggio del patrimonio,
da applicare sul campo e nella specificità di interventi mirati che contemplano lo
sviluppo socio-economico sostenibile e duraturo delle comunità detentrici del
patrimonio stesso. Possiamo anche qui aggiungere che tale processo è necessario
agisca con piena coscienza delle dinamiche e dei pericoli legati all’evoluzione
delle società, alle sfide dei processi di globalizzazione, alle fragili componenti
della diversità culturale, ai rischi e alle opportunità del mercato globale.
Il processo della gestione integrata, dinamico, ha bisogno dell’impegno transdisciplinare di specialisti, architetti ed economisti, antropologi e conservatori, e
di un adeguato quadro di riferimento legislativo e normativo. Quest’ultimo
aspetto si traduce nell’adesione alle convenzioni internazionali, nell’adeguamento delle legislazioni nazionali e locali, nello studio di un’azione tesa non
solo alla tutela ma anche alla incentivazione di processi virtuosi di utilizzo del
bene patrimonio a servizio della società. Una società in cui i valori complessivi
del patrimonio, in uno con multietnicità e multiculturalità, siano considerati
base per una convivenza pacifica e uno sviluppo economico sostenibile e duraturo, nel rispetto del più volte citato binomio identità/diversità.
Il modello proposto richiede la costruzione di nuove figure professionali, dotate non solo di solide basi disciplinari ma anche di altrettanta solida capacità di
relazione e di individuazione di linguaggi comuni, di vocazione alla transdisciplinarietà.
La valorizzazione del patrimonio, in questo contesto, assume anche il ruolo di
garante dei valori del patrimonio. Il patrimonio può essere veramente valorizzato solo se ad esso si ri-attribuisce il ruolo tradizionalmente attivo avuto nel
tempo nelle dinamiche economiche e sociali.
Un ruolo, esistente in origine, che nel tempo si è spesso trasformato ma che,
quando è giunto fino a noi, è rimasto vivo grazie alla sua capacità di conservarsi all’interno di dinamiche sociali in evoluzione e di adattarsi ad eventi determinati dalle più varie contingenze.
Il ruolo di garante dei valori del patrimonio attribuito alla valorizzazione può e
deve essere la risposta alla esigenza di preservare la memoria e l’esistenza delle
culture e di proiettarle verso il futuro in modo coerente, sostenibile e vantaggioso nel rispetto identitario delle comunità locali. Comunità locali che, proprio in
quanto depositarie dei valori culturali che esse stesse hanno costruito nel tempo
e nello spazio, devono essere riconosciute come co-protagoniste dei processi di
gestione e di valorizzazione. Comunità locali che devono essere compartecipe
delle scelte e delle politiche che le riguardano per l’oggi e per il domani.
Non è questa una nostra scelta di specialisti, né un semplice appello a forme
diverse di approccio al patrimonio e alla sua gestione. Si tratta piuttosto del
richiamo al rispetto dell’“obbligo di assicurare l’identificazione, la tutela, la con-
143
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
servazione, la valorizzazione e la trasmissione alle future generazioni del proprio patrimonio culturale e naturale” a cui tutti i Paesi membri dell’Unesco si
sono impegnati firmando la Convenzione sulla protezione del Patrimonio
Mondiale, culturale e naturale.2
2. Il patrimonio dei teatri antichi
144
Se come innanzi detto la gestione integrata deve tendere alla conservazione
del patrimonio, tangibile ed intangibile, e allo sviluppo socio economico sostenibile e duraturo delle comunità di cui questo patrimonio esprime l’identità, e
se ciò deve avvenire attraverso adeguati strumenti di valorizzazione, è evidente
che la prima necessità deve essere quella della corretta individuazione del patrimonio stesso.
Quale è, quindi, il patrimonio dei teatri antichi?
Sicuramente, quello definito dai teatri come bene archeologico monumentale
in sé, le sue architetture, gli affascinanti scenari magicamente creati dal sapiente inserimento nei paesaggi culturali mediterranei. Nell’apprezzamento della
costruzione e dell’apparato scenico di questi monumenti antichi, nell’apparente similitudine costruttiva dei teatri mediterranei e quindi nella comune articolazione del linguaggio espressivo dell’architettura, si rileva al tempo stesso
anche però la presenza di citazioni, stilemi, tecniche, decorazioni, miti, con una
forte connotazione locale.
Sono questi elementi a definire, all’interno di un codice architettonico diffuso
e condiviso, l’originalità di ogni teatro, la sua appartenenza ad un preciso ambito culturale, l’influenza dei saperi tradizionali nell’arte edificatoria, nell’uso dei
materiali.
Ad essi si aggiunge la cura per la scelta del luogo e del contesto che ospita il
teatro, la sua collocazione urbana e paesaggistica.
Il teatro, lo stesso segno, lo stesso significato, può essere facilmente riconosciuto, ma grazie all’attenzione data al suo inserimento, presentarsi e rivelare
qualcosa di sempre diverso.
Un sempre diverso che è nel rapporto con il mare dei traffici commerciali, della
ricchezza e dei pericoli. Nel rapporto con la campagna e le coltivazioni di ulivi e
di viti, con la città e con le sue botteghe artigiane e le sue taverne.
Questo rapporto, che non è casuale, è il legame del teatro con la sua terra, con
la sua gente. Questo rapporto, che narra di autenticità e di contaminazioni, di
incontri e di scontri, di frutti della terra e di bellezza, è un valore del patrimonio
dei teatri antichi.
2
Unesco, Convenzione sulla protezione del Patrimonio Mondiale, culturale e naturale, 1972.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Sempre, visitando i siti archeologici, i non specialisti riconoscono immediatamente, oltre che le strutture in elevato dei templi, la struttura del teatro. Tutti
si attardano sui suoi spalti a guardarsi intorno, ad osservare le gradinate, la
scena. Si incuriosiscono quando trovano scolpite sui blocchi decorativi le
maschere, o decori che non avevano mai visto prima. C’è poi un momento in
cui lo sguardo si sposta “al di là” del teatro stesso. E di quel teatro si scopre l’unicità. Se infatti come detto l’architettura dei teatri si ripete attraverso un linguaggio architettonico noto e comprensibile a tutti, stilisticamente ripetuto nel
Mediterraneo, essa si esprime anche con una incredibile capacità di creare
spazi sempre diversi, radicati in contesti ambientali irripetibili. Spazi tanto
apparentemente globalizzati quanto unici, grazie appunto al citato rapporto privilegiato con la natura, con i luoghi della vita quotidiana e del culto, grazie
all’applicazione di invenzioni e tecniche locali, di stilemi, materiali, saperi,
conoscenze, influenze religiose.
Il patrimonio dei teatri antichi comprende quindi anche il rapporto vivo con
la città, con i suoi abitanti le sue abilità e i suoi saperi, con il paesaggio e con le
sue trasformazioni culturali, con la natura, con manifestazioni e valori materiali ed immateriali. Un rapporto che è segno distintivo di identità e di diversità.
Identità e diversità. Essere unici ed universali. Esclusivi e condivisi.
Il teatro è koinè, rappresentazione di un mondo e delle sue genti la cui anima
universale è nel teatro rappresentata, trasmessa. È il luogo in cui, attraverso la tragedia, l’individuo si riconosce nella collettività. In cui, con essa condividendo
uno spazio comune, il singolo elabora, metabolizza, esorcizza i drammi esistenziali, proietta sulla scena il suo travaglio interiore di fronte alla vita e alla morte,
all’odio e all’amore. L’individuo si trasferisce in una dimensione che riconosce
appunto come universale, ne ritorna alla fine tranquillizzato, rasserenato.
Funzione catartica. Teatro come strumento politico. Koinè condivisa del
Mediterraneo, lingua comune, opere che si rappresentano e viaggiano nelle
diverse comunità. Con lo scopo di liberare dalle angosce, di creare unione nel
gruppo sociale attraverso il riconoscimento di temi comuni.
Ma è evidente, non può non esserlo, che il teatro antico per questi stessi motivi è anche qualcosa d’altro. Come luogo di espressione del sentire dei singoli e
delle comunità, diventa inevitabilmente anche il luogo in cui si dà voce a quanti, alla fine delle rappresentazioni, salgono sulla scena per parlare di disagi più
contingenti, più reali.
Gli stessi autori teatrali capiscono quale cassa di risonanza possa avere il teatro sulla consapevolezza del popolo nei confronti della politica.
Erodoto, nelle sue Storie, narra che “I persiani, dopo che ebbero vinto gli Ioni
nella battaglia navale assediarono Mileto per terra e per mare praticando scavi
sotto le mura e impiegando ogni sorta di macchine da guerra la conquistarono
145
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
146
da cima a fondo nel sesto anno dalla rivolta da Astigora, e ridussero la città
schiava”3. Gli ateniesi subirono la sconfitta come un colpo terribile e “Quando
Frinico, che aveva composto una tragedia sulla presa di Mileto, l’aveva rappresentata, il teatro scoppiò in pianto”4. Così, l’arte del teatro, che doveva servire
per allietare e distrarre le anime, si trasformò in un rito di consapevolezza e di
riflessione collettiva sugli errori della politica. Frinico fu multato dalle autorità
ateniesi con la draconiana multa di mille dracme, e gli fu proibito di rimettere
in scena l’opera.
Il racconto di Erodoto chiarisce, ove mai ce ne fosse necessità, il valore del
patrimonio dei teatri antichi, il suo essere a un tempo strumento di diffusione e
di presa di consapevolezza tanto delle tematiche universali quanto delle colpe e
delle strategie della politica, tanto del sentire e dei bisogni individuali quanto
di quelli intangibili e tangibili della polis.
C’è dell’altro, e questo altro è preziosamente, simbolicamente, conservato nei
disegni dei mosaici mediterranei, sui vasi e le coppe degli antichi convivi. Dal
nord Africa al Medio Oriente i pavimenti musivi, gli oggetti, restituiscono immagini del teatro, tragedia e commedia, maschere, Dioniso danzante, a significare
come le varie forme d’arte partecipino alla rappresentazione olistica di un
mondo in cui le arti si intrecciano, si sovrappongono, si raccontano a vicenda,
raccontando così i valori unitari del loro mondo.
Il patrimonio dei teatri antichi del Mediterraneo, tra arte e filosofia, tra architettura e paesaggio, mestieri e saperi tradizionali, opere scritte, suoni e danze,
universalità e individualità, è una delle espressioni della identità e della diversità culturale complessa del Mediterraneo.
I suoi valori universali sono la nostra memoria, il nostro presente e il nostro
futuro.
3. La conservazione del patrimonio dei teatri antichi del
Mediterraneo e la sua valorizzazione
Avere individuato ed aver preso consapevolezza del patrimonio dei teatri antichi del Mediterraneo ci permette di riscoprire il ruolo attivo che essi hanno
avuto nella struttura sociale ed economica del mondo antico. Un ruolo che oggi
chiameremmo di valorizzazione, proiettato tanto introspettivamente verso la
specificità del teatro, espressione della genialità artistica, momento ricreativo,
comunicazione e condivisione di idee, quanto verso l’esterno.
3
4
Erodoto, Storie, VI, 18. Le citazioni di Erodono sono tratte da: Storie, traduzione di A.Izzo
D’Accinni, Rizzoli, Milano, 1984.
Ivi, VI, 21.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Verso l’esterno, direttamente ed indirettamente, il teatro esercitava tra l’altro
anche funzione di elemento propulsore dell’economia della città, dei mercanti,
degli artigiani, dei proprietari di botteghe e di taverne, di tutti quelli che, intorno al teatro, lontani dal teatro, trovavano motivi per migliorare il proprio benessere grazie alla sua presenza.
I riferimenti più immediati, ma non per questo meno importanti, vanno alla tradizione dell’artigianato delle maschere, di cui splendidi esempi, anche miniaturizzati, sono oggi nei più importanti musei del mondo; a quegli artisti che dipingevano sui vasi, ma anche sulle lastre tombali, attori, divinità ed elementi del teatro; a venditori ed osti, che dal teatro ricavavano indiretto beneficio.
Il teatro, attraverso le sue forme e la sua narrazione, e valga qui l’esempio citato da Erodoto, forniva poi mezzi e strategie di comunicazione sociale, oltre che
di promozione dei valori della città e dello stato.
È evidente che la volontà di utilizzare il patrimonio dei teatri come uno strumento di valorizzazione della più ampia realtà socio-economica ad esso storicamente collegata implica oggi la necessità di un approccio complesso al tema
della conservazione da un lato e della valorizzazione del patrimonio dall’altro.
Non si tratta, come visto, solo di preservare con interventi di restauro ed adeguate norme di protezione il sito archeologico che ospita il teatro e la struttura
architettonica del teatro stesso, né solo di comprendere come le antiche strutture possano accogliere senza problemi le rappresentazioni.
Si tratta invece di individuare e di conservare tutte le componenti che costituiscono il patrimonio materiale ed immateriale dei teatri antichi, nel rispetto delle
loro relazioni reciproche. Di restituire al patrimonio dei teatri un ruolo attivo in
un contesto territoriale e comunitario allargato e dinamico, nel rispetto dei suoi
valori e della sua conservazione, con un giusto equilibrio tra nuove sperimentazioni e tutela puntuale.
Di utilizzare il patrimonio, complesso ed unitario, dei teatri antichi, trasformandolo in strumento di valorizzazione socio-economica conciliando conservazione e sviluppo.
Tema centrale resta il come attivare con queste premesse un processo di gestione integrata che tenga conto della originalità e dinamicità del patrimonio dei teatri antichi, delle sue relazioni interne ed esterne, dei suoi rapporti con le comunità locali che agiscono e si evolvono in contesti in continua trasformazione.
Un processo in cui la valorizzazione parta dalla consapevolezza del patrimonio per consegnarlo, integro nei suoi valori, alle future generazioni.
Come e cosa fare allora per restituire ai teatri antichi il ruolo di elemento strategico per la tutela dell’identità culturale delle nostre comunità, per l’esaltazione degli elementi di diversità?
Come e cosa fare perché i teatri antichi, pur nella loro apparente immobilità
147
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
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archeologica, nel loro obbligato, per motivi di tutela, isolamento fisico, possano
ritornare ad essere strumento dinamico delle politiche di sviluppo socio-culturali ed economiche?
Quali progetti possono nascere non solo sui teatri, ma dai teatri?
Una ipotesi, che pare opportuna, ci suggerisce di attualizzare i principi e le
regole utilizzate in passato e di costruire un modello metodologico nel segno
della continuità e dell’attenzione al patrimonio.
Un buon punto di partenza può essere individuato nella ri-costituzione della
rete mediterranea dei teatri antichi. La grandissima diffusione di questo elemento culturale in tutto il Mediterraneo, e specialmente in quei Paesi colonizzati dall’impero romano, ce li indica immediatamente come costituenti una rete.
Rete le cui maglie appaiono comunque e sempre collegate, in obbligo ad una ben
precisa strategia sociale ed economica che usa alcuni elementi culturali, e tra
essi il teatro, per l’attuazione di un progetto politico di condivisione e di raccordo tra territori e tra popoli spesso diversi e lontani.
Una rete internazionale di teatri antichi, luogo di koinè e di accentuazione
della diversità culturale. Ma anche elemento di maggior forza politica ed economica in un Mediterraneo scosso da conflitti e in cerca di elementi di mediazione e di pace. Se ben costruita, e mi riferisco ad un’adesione formale e sostanziale ad essa delle istituzioni locali e nazionali, questa rete ri-costituita può essere in grado, proprio perché riconosciuta come utile a strategie di sviluppo e di
pace condivise tra le diverse etnie mediterranee, di meglio affrontare problematiche comuni, tra cui quella della ricerca internazionale di fondi per le sue attività. Il sistema proposto non è assolutamente un appiattimento su strategie omologate o una diminuzione del contributo autonomo delle singole entità che vi
partecipano. Al contrario, un sistema di rete dovrebbe fondarsi sull’esaltazione
dei valori della diversità e sul contributo autonomo, sulle proposte, sull’inventiva, sui suggerimenti, sui bisogni e sui valori dei singoli territori.
Tra i suoi compiti, primariamente c’è la coesione tra i luoghi e le comunità che
ospitano siti con teatri antichi. Segue la redazione, lo sviluppo e il monitoraggio
di programmi ed azioni che concilino la conservazione e la condivisione strategica del patrimonio dei teatri con lo sviluppo sostenibile e duraturo. Nel rispetto dell’impegno alla trasmissione del patrimonio dei teatri alle future generazioni.
La rete dovrebbe occuparsi della promozione e della diffusione di progettualità legate al teatro in sé, ma anche di quelli più in generale connesse al patrimonio dei teatri nei termini fin qui indicati, con particolare attenzione alle attività promosse autonomamente dai singoli siti e territori che ospitano i teatri.
Questo ovviamente per il discorso, che qui si ribadisce, inerente al rispetto ritenuto fondante dei valori identitari e della diversità culturale, in un contesto che
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
si vuole condiviso in nome dell’arricchimento derivante dalla libera accettazione di percorsi comuni e di comuni strumenti adoperati per il raggiungimento
degli obiettivi.
Le rete dei teatri dovrebbe essere strumento di assistenza per l’attuazione ed il
trasferimento di buone pratiche; di network informatici e multimediali. Essa
dovrebbe individuare le possibilità di raccordo, a vario titolo e con varie modalità, tra settore pubblico e privato, tanto per la programmazione e gestione di
attività direttamente connesse ai teatri, quanto per altre ad essi diversamente
correlate.
Suo compito ulteriore va individuato nella contribuzione alla costruzione di
appositi circuiti per il movimento facilitato di programmazioni ed allestimenti
teatrali, ma anche di mostre, esibizioni, nonché per il trasferimento di tecniche
e saperi tradizionali, e per agevolare in generale lo spostamento di idee, persone e prodotti legati ai territori che ospitano i teatri. A tal proposito, privilegiando l’acquisizione di conoscenze e di consapevolezza da parte delle giovani generazioni, anche attraverso l’uso di Internet e della multimedialità, la rete dovrebbe occuparsi della circuitazione delle attività che coinvolgano i più giovani e le
scuole, anche attraverso festival, turismo scolastico, corsi specialistici, incontri,
stesura e scambi di materiali didattici.
Al fine di innescare dinamiche realmente sostenibili e soprattutto durature di
crescita economica delle comunità, dinamiche che direttamente ed indirettamente valorizzino i citati saperi tradizionali, le produzioni locali, l‘artigianato,
le tradizioni, è importante sottolineare l’importanza della conoscenza del comportamento dei mercati di nicchia e del rispetto degli standard richiesti per le
produzioni. La rete dovrà attivare meccanismi per assicurare la qualità, dall’altro comuni strategie di mercato e di comunicazione, un attento monitoraggio
delle strategie individuate ed eventualmente attivate per la commercializzazione. Aspetti questi delicatissimi, che presuppongono anche un serio impegno
legislativo rivolto alla tutela delle produzioni agricole tipiche e del patrimonio
immateriale e la possibilità di applicazione di affidabili marchi di qualità e riconoscibilità che individuino non un singolo prodotto, ma aspetti correlati di una
cultura.
Tali marchi dovrebbero agire, nel caso di produzioni artigianali, di danze,
canti e musica popolari, anche a garanzia del rispetto della tradizione e dell’effettivo legame con le comunità locali. L’esperienza internazionale insegna ancora una volta la necessità del coinvolgimento, anche questo da definire con le
immaginabili difficoltà pratiche ed operative, degli attori locali e dei detentori
dei saperi tradizionali.
Sono loro infatti i veri custodi del patrimonio, e con loro vanno individuati
moderni meccanismi in grado di sostituire, là dove necessario, la gestione tradi-
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STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
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zionali dei beni, soprattutto di quelli immateriali, attraverso forme di responsabile e rispettoso co-management.
Come detto nel paragrafo iniziale, la valorizzazione è solo uno degli elementi
del processo di gestione integrata. La realtà attuale dei modelli di gestione, specie in alcuni Paesi mediterranei, è concentrata sul singolo bene archeologico,
sulla sua puntuale conservazione e sulla sua puntuale valorizzazione.
Il diverso approccio qui proposto presuppone pertanto anche l’implementazione delle capacità tecniche e manageriali di quanti sono e saranno chiamati a
lavorare sui siti archeologici con teatri antichi. Tale capacità può e deve essere
migliorata grazie all’attivazione di processi formativi ad hoc impostati su nuovi
modelli trans-disciplinari che facilitino una prospettiva della gestione integrata
dei teatri antichi attenta alle varie forme del suo patrimonio e al più ampio sistema territoriale. Anche in questo caso l’esistenza di una rete, di un sistema internazionale teoricamente facilitato all’accesso di dati, informazioni, opportunità
di training, potrebbe ottimizzare il raggiungimento di tale obiettivo.
Va detto, per onestà intellettuale, che in tal senso molto resta ancora da fare, a
livello locale, nazionale ed internazionale, per la diffusione di effettive metodologie di formazione e per la predisposizione di banche dati del patrimonio atte
ad essere consultate ed utilizzate in modi e per strategie che guardino in modo
olistico al patrimonio.
Ma anche molto resta da fare per la individuazione, la conservazione, la valorizzazione, la gestione integrata del patrimonio dei teatri antichi.
Una sfida. Da accettare e da portare avanti nel nome dei teatri antichi e del loro
patrimonio. Del patrimonio di ognuno di noi, e di tutta l’umanità.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Buone pratiche di
valorizzazione nelle tre
sponde del Mediterraneo
di Gianpiero Perri,
Arturo Agostino
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1. Le politiche di valorizzazione del patrimonio culturale
Nella nostra società uno dei caratteri dominanti nel grande processo di trasformazione in atto è quello di società dell’informazione e della conoscenza. Si tratta dunque di una società a più alto contenuto informativo, una società in cui
assumono sempre più rilevanza i beni intangibili e simbolici. Un mondo in cui
le fonti di ricchezza, anche dal punto di vista specificamente economico, non
sono soltanto fisiche, e dove i fattori immateriali sono altrettanto rilevanti ed economicamente preziosi dell’acciaio o dei semiconduttori (Pine, Gilmore, 2000).
In questo contesto che segna il passaggio da un’economia orientata in senso “tecnico-materiale” ad una “simbolica”, secondo la descrizione offerta dal sociologo
Peter Koslowski (1991), il patrimonio culturale assume una particolare rilevanza.
Riflesso di questo mutamento culturale è una legislazione sempre più attenta
alla valorizzazione e fruizione dei beni culturali e paesaggistici e non solo alla
tutela, conservazione e restauro. Ambito quest’ultimo dove, non a caso, l’Italia
vanta una grande tradizione giuridica ed una straordinaria competenza tecnica
e scientifica, come in diversi saggi ed interventi ha ricordato Salvatore Settis.
Dalla legge Ronchey al Codice Urbani, per citare i principali protagonisti dell’evoluzione legislativa che ha dato crescente rilevanza ai temi della valorizzazione, fruizione e gestione dei beni culturali nel nostro Paese, è possibile riscontrare quel nuovo orientamento presupposto di politiche settoriali ed integrate
che individuano nel patrimonio culturale una significativa leva dello sviluppo
locale. Politiche che alimentano nuova progettualità e nuove iniziative per la
messa in valore di tale patrimonio.
Questo orizzonte consente di cogliere compiutamente la fecondità di un approccio che sempre più si va affermando e che considera il patrimonio culturale a partire dal suo aspetto immateriale, ossia ideale e intellettuale, che lo contiene e che
ne è causa, attribuendo senso e significanza a quello “materico”, oggetto, per questo, di particolare tutela e conservazione, dimensioni tangibili del senso culturale
di una comunità, come opportunamente sottolinea Roberto De Mattei (2004).
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
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“Senza la varietà e la ricchezza del patrimonio culturale nazionale ed europeo
– ricorda Settis – non ci sarebbero state infatti le cattedrali, i castelli, i quadri e
le sculture, i monumenti, le opere musicali e tutti gli altri innumerevoli gioielli
artistici che vengono conservati gelosamente” (Settis 2002).
L’attenzione all’aspetto strictu sensu immateriale del patrimonio culturale ha
trovato, peraltro, un puntuale riscontro negli orientamenti Unesco volti alla protezione non solo dei siti storici e monumentali riconosciuti e tutelati come patrimonio dell’umanità, ma anche alle componenti eminentemente culturali delle
singole tradizioni.
Da alcuni anni, come noto, è sempre più avvertita l’esigenza di andare oltre la
mera tutela ponendo l’accento sul problema della valorizzazione e della fruizione
del patrimonio culturale immaginando come tale valorizzazione possa generare
processi virtuosi di sviluppo del territorio e delle comunità locali. Questa esigenza di porre al centro della riflessione le politiche legate alla fruizione e alla valorizzazione è un tema che condiziona la stessa efficacia delle politiche di tutela ed
è, allo stato, una concreta vera sfida che attende i soggetti pubblici e privati.
Se, infatti, nel passato, anche recente, almeno per quanto riguarda il nostro
Paese, la cultura costituiva negli interessi della politica e delle istituzioni un
“genere” minore, marginale, percepito in qualche caso persino come un lusso,
da alcuni anni si va scoprendo la centralità delle politiche culturali non solo per
rafforzare i fattori identitari e comunitari, ma anche lo sviluppo sociale ed economico.
Tracce evidenti di questa nuova consapevolezza sono presenti nei documenti
di programmazione sia di livello comunitario che nazionale, oltre che regionale; mentre una articolata letteratura sottolinea i nessi e i fattori di interdipendenza tra ambiti precedentemente ipotizzati come autonomi e distinti (ambiente, agricoltura, artigianato, beni culturali) rimarcando i nuovi termini del rapporto cultura-economia-sviluppo.
Si apre così un vasto scenario che potremmo anche definire, come alcuni suggeriscono, un’economia della memoria, che assume i beni culturali come un
mondo che può produrre redditi ed occupazione grazie ad un approccio innovativo fondato su una efficace comunicazione e fruizione delle risorse culturali,
considerate dunque anche sotto il profilo di “beni economici”, potenziando così
la filiera in cui si articola il “culturale” secondo un’accezione ampia, organica
ed integrale che va dalle diverse forme di produzione e comunicazione ai nuovi
servizi collegati ai diversi aspetti della valorizzazione, fruizione e gestione del
patrimonio culturale. Una strategia di cui gli aspetti più propriamente collegati
allo sviluppo del turismo culturale sono immediatamente percepibili, trattandosi di un settore in costante crescita ed i cui risvolti sono ampiamente osservati e documentati.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Nell’epoca del cosiddetto “turismo globale”, con gli enormi progressi fatti nel
campo della comunicazione e grazie alla “rivoluzione” dei trasporti, si è soliti ricordare che non sono più le mete a fare la differenza, ma le molteplici esperienze che
si possono vivere e il particolare rapporto che viene a crearsi tra individuo e luogo.
In tale ottica, diversi sistemi locali hanno fondato il loro modello di sviluppo
del territorio sulla valorizzazione culturale del loro patrimonio storico-artistico,
orientato al recupero delle radici culturali e delle identità locali e alla loro messa
in valore grazie a più efficaci forme di comunicazione e a nuove forme di mediazione culturale. Infrastrutture ed eventi culturali, in tale prospettiva, costituiscono un’importante occasione di posizionamento nell’offerta culturale globale
e di strategie di marketing del territorio con significative ricadute in termini economici, occupazionali e socio-culturali.
In virtù di tale nuovo orientamento, il turismo assieme alla cultura può, attraverso mirati interventi strutturali, dare un contributo fondamentale per far uscire dall’isolamento aree marginali e favorire l’avvio di un processo di sviluppo di
particolari realtà locali. Qualsiasi azione tesa a promuovere la valorizzazione di
un determinato patrimonio culturale favorisce, infatti, esternalità positive di
natura economica e non.
I casi di seguito illustrati, di innovazione di processo o di prodotto nell’ambito del patrimonio culturale, testimoniano un investimento crescente nel rafforzamento del sistema di offerta culturale e la valenza strategica che essi intendono assumere nel quadro delle politiche di sviluppo locale.
Le esperienze in corso nei teatri antichi e nelle aree archeologiche per “rianimare” luoghi di cultura ed aprire ad una più “intima” fruizione, vanno evidentemente in questa direzione, mentre ulteriori modalità che si avvalgono anche
del supporto di tecnologie digitali, di ricostruzioni virtuali, di ambientazioni
luminose e sonore, di allestimenti artistici e scenografici, in altre parole dei
nuovi linguaggi della comunicazione, costituiscono l’esito di una nuova progettualità volta a rafforzare i fattori di “fascinazione” e di “seduzione” per meglio
veicolare processi di acculturazione.
In tale contesto, le tecnologie digitali si trovano a svolgere un ruolo sempre più
importante in quanto “non semplici strumenti accessori, ma veri e propri motori nel progettare una esperienza culturale, nelle sue componenti sia emozionali
sia didattiche” (Granelli, Traclò, 2006). L’integrazione delle moderne tecnologie
con la fruizione dei beni culturali, attraverso la creazione di una “esperienza
culturale”, permette infatti, di trarre da essi un duplice beneficio: il divertimento e l’apprendimento.
Negli ultimi anni gli sviluppi e le innovazioni nel campo delle nuove tecnologie hanno avuto un impatto determinante sul settore dei beni culturali, trasformando i sistemi di gestione del patrimonio culturale sia per quanto riguarda
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STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
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la sua conservazione che per la sua produzione e fruizione. Il loro utilizzo come
ricorda Andrea Granelli “permette alle istituzioni culturali (musei, archivi,
biblioteche, ecc.) di ampliare la propria offerta di servizi e di trasformarsi da
centro di conservazione dei beni culturali a centro di innovazione, sperimentazione e trasmissione culturale. I servizi tecnologici offerti non solo possono
aumentare il grado di soddisfazione degli utenti, ma rappresentano un valido
strumento di comunicazione e di immagine, oltre che una importante fonte di
reddito” (Granelli, Traclò, 2006).
L’innovazione attraverso la ricerca della qualità e dell’originalità costituisce,
evidentemente, uno strumento indispensabile per qualsiasi attività economica,
al fine di riuscire a far fronte alla crescente concorrenza e competitività di mercato. L’obiettivo è quello di superare la standardizzazione dei prodotti cercando,
al contrario, la specializzazione per poterne offrire alcuni ad alto valore aggiunto. Diminuisce, dunque, l’arco di tempo di vita di un prodotto e aumenta, attraverso la ricerca e l’innovazione, la sua specificità e qualità. Questo processo
investe tutti i settori e pone, anche nell’ambito della cultura, sollecitazioni crescenti a tener conto del cambiamento in atto, così da superare la scarsa elaborazione di offerta segmentata per i diversi settori di domanda, non soltanto reale,
ma anche e soprattutto potenziale che “ha spesso impedito di intercettare flussi
di utenti. Infatti è un dato che l’offerta culturale è stata sovente predisposta senza
un’adeguata valutazione degli strumenti cognitivi e interpretativi dei visitatori, o
di larga parte di essi. Ne è derivato un messaggio rivolto a pochi che ha escluso
vasti strati di possibili fruitori.
Alla luce di queste osservazioni, questioni peraltro più volte evidenziate nelle
ricerche e nei saggi di Francesco Antinucci (2005), si comprende lo sforzo in atto
per articolare modelli di offerta culturale coerenti per raggiungere vasti strati di
fruitori potenziali, così da tradurre in pratica quel ruolo convenzionalmente riconosciuto del patrimonio culturale quale motore di sviluppo.
La sfida competitiva riguarda, in definitiva, non solo la conservazione e la
tutela del patrimonio, ma il modo di comunicare l’esperienza culturale che si
propone, l’idea di valorizzazione, la capacità di utilizzare linguaggi coerenti con
la sensibilità della nostra epoca.
Nel tempo dell’economia della cultura, della crescente domanda di conoscenza e di esperienze culturali, si va dunque dispiegando una interessante sperimentazione volta ad arricchire spazi museali, aree archeologiche, dimore storiche, borghi antichi, aree con particolari valenze paesaggistiche e storico-culturali, con i nuovi linguaggi della comunicazione e/o attraverso la realizzazione di
grandi attrattori pensati e realizzati secondo le nuove esigenze di mediazione
culturale e con utilizzo intelligente e attento delle nuove tecnologie che allargano la fruizione sensoriale e aumentano l’impatto emotivo. I casi segnalati, che
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
riguardano la valorizzazione del patrimonio archeologico, possono costituire un
interessante riferimento per meglio cogliere tendenze e dinamiche in atto,
ponendo in modo più concreto e puntuale la realtà che si cela dietro termini
come valorizzazione e fruizione.
2. La valorizzazione del patrimonio culturale: alcuni casi
esemplari in Europa
Di seguito, sono stati analizzati quattro casi esemplari individuati in Europa,
non solo per le caratteristiche di originalità e di innovazione nella comunicazione e fruizione del patrimonio, ma anche e soprattutto in termini di modelli
di trasferibilità e di buone prassi applicabili ai Paesi della sponda sud del
Mediterraneo.
Ciò che accomuna i progetti realizzati nei singoli siti, è l’obiettivo di puntare ad
una divulgazione innovativa della conoscenza del patrimonio artistico/archeologico/paleontologico, rivolgendosi ad un pubblico che non è solo di “addetti ai
lavori”.
In sintesi, si tenta attraverso l’utilizzo di linguaggi non esclusivamente scientifici, di restituire alla collettività un patrimonio che gli appartiene, di ricostruire un legame con le proprie radici e la propria identità.
2.1 Il Paleosito di Saint-Césaire
Un esempio recente di innovativo approccio al tema della valorizzazione e fruizione e di utilizzo delle nuove tecnologie per contribuire con più efficacia alla diffusione di contenuti scientifici e culturali accessibili ad un vasto pubblico, è costituito dal Paleosito di Saint-Césaire, nel Dipartimento della Charente-Maritime, in
Francia. Inaugurato nel maggio 2005, il Paleosito può definirsi un centro di interpretazione del patrimonio dedicato alla preistoria che, attraverso modalità ludiche
a finalità pedagogica, propone una rappresentazione scenografica di contenuti
scientifici mediante ricostruzioni virtuali e l’utilizzo di tecniche interattive.
Il parco è stato concepito in modo da poter rispondere alle aspettative dell’attuale pubblico di fruitori, ovvero rivolge uno sguardo attento alle nuove generazioni e
alle abitudini di consumo culturale delle stesse, che privilegiano la forza dell’immagine, l’essere attori dei processi di conoscenza, l’apprendere divertendosi.
L’accesso “più conviviale e ludico” è accompagnato dal rigore scientifico dei
contenuti presentati, da una particolare attenzione alle politiche di accoglienza
e alla qualità dei servizi offerti, da un modello gestionale avanzato affidato a
parti private, pur essendo il parco frutto di un investimento pubblico.
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STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
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Il Paleosito rientra tra i “grandi progetti” del Dipartimento della CharenteMaritime finalizzati allo sviluppo locale e alla creazione di sinergie territoriali.
Obiettivo principale del finanziamento pubblico di 13 milioni di euro, che ha
consentito la nascita del parco, è stato la promozione del territorio e le conseguenti ricadute economiche attese su scala locale e regionale; un ingente investimento iniziale, dunque, che ha consentito di preparare le migliori condizioni
di start up e di suscitare l’iniziativa dei privati.
Il concept del Paleosito è frutto di un lavoro che ha visto la partecipazione di
differenti professionalità che hanno lavorato in stretta correlazione con eminenti specialisti facenti parte del comitato scientifico appositamente costituito per
garantire uno sviluppo coerente dell’iniziativa.
A far parte del gruppo di lavoro internazionale, oltre al comitato scientifico,
alcuni esponenti delle istituzioni locali, una società esperta in materia di ingegneria culturale, scientifica e turistica, un importante gruppo specializzato in
audiovisivi e scenografia, un’agenzia specializzata in materia di tutela ambientale
e paesaggistica, uno studio tecnico, importanti architetti, una società di gestione.
Al fine di facilitare il pubblico nell’apprendimento di contenuti a volte complessi, la visita è sequenziale, ovvero il visitatore, con l’ausilio delle nuove tecnologie e l’uso di scenografie, è accompagnato in un percorso organizzato in cui
è invitato a partecipare e a vivere delle esperienze costruite nella logica di trasmettere contenuti scientifici secondo modalità ludico/pedagogiche di apprendimento. È la tecnologia spettacolare che viene messa al servizio della scienza:
schermi panoramici giganti per un’“immersione totale”, film di ricostruzione
virtuale in 3D, tecniche morphing, ricostruzione di laboratori di ricerca, proiezioni, effetti speciali, differenti esperienze interattive.
Al Paleosito si crea una reale interazione con il pubblico, possibile grazie ad un
“biglietto intelligente”, il Paleopass, ovvero una sorta di carta di identità che il
visitatore riceve fin dal suo arrivo, a guisa di biglietto di ingresso. Il Paleopass
consente di personalizzare il proprio percorso e di essere riconosciuto sia durante l’arco temporale di visita che al termine, al ritorno a casa, essendo possibile
registrarsi e, tramite password, accedere al sito Internet e continuare l’avventura.
2.2 L’archeoparco di Baragiano
Altro esempio di sperimentazione originale, sebbene di dimensioni sia finanziarie che allestitive molto contenute, questa volta in Italia, è l’Archeoparco, un
giardino archeologico nel Comune di Baragiano (Pz), che rientra tra i progetti
infrastrutturali previsti nel quadro della realizzazione del Progetto Integrato
Territoriale “Marmo Platano Melandro” – POR Basilicata 2000-2006, progetto
approvato e finanziato ed oggi in fase di realizzazione.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Si tratta di un’area tematica tipologicamente non riconducibile a parco giochi,
ma piuttosto ad uno spazio urbano tematico, dedicato alla scoperta della ricchezza e varietà del patrimonio archeologico della Basilicata attraverso un percorso ludico-didattico.
Un sito dedicato alla “scoperta e alla conoscenza” della cultura e della storia
antica in un’area in prossimità di luoghi dove ci sono stati significativi rinvenimenti come quello della tomba di un “guerriero aristocratico” il Basileus, con un
ricco arredo funerario. Scoperta che ha legittimato questo piccolo paese lucano
nel definire la propria offerta culturale valorizzando il potenziale insito nella
rilevanza del rinvenimento della necropoli e delineare una strategia di valorizzazione turistica dell’area nel segno del turismo culturale. In particolare, il “giardino archeologico” si propone quale percorso open air articolato in tappe che
attraverso indizi e informazioni diverse accompagna il visitatore in una sorta di
cerca di contenuti e significati storico-culturali. L’idea perseguita è quella di
avvicinare il pubblico alla conoscenza dell’antichità utilizzando lo schema di un
gioco, disseminando, grazie a specifici allestimenti, un insieme di elementi
materiali (ricostruzioni di reperti particolarmente significativi) e simbolici lungo
la passeggiata, così da sollecitare curiosità ed interesse verso contesti culturali e
significati diversamente estremamente oscuri e complessi. Un itinerario, dunque, di conoscenza e di ricostruzione di alcuni momenti e dimensioni della
mitologia e della storia della archeologia lucana.
Tutti gli interventi sono stati progettati tenendo conto della morfologia e della
natura dell’area, minimizzando l’impatto ambientale e, in particolare, riducendo per quanto possibile gli interventi di scavo. La scelta dei percorsi e le soluzioni tecniche realizzative hanno tenuto conto, inoltre, dell’accessibilità e della
visitabilità del parco da parte di persone diversamente abili.
2.3 Il parco archeologico di Saalburg
Il caso, pur riguardando una realtà territoriale che non affaccia direttamente
sul bacino del Mediterraneo, è stato preso in esame in quanto in Germania l’istituzione dei parchi archeologici vanta una lunga tradizione: essi sono presenti in numero considerevole, d’interesse sia regionale che sovraregionale, così
come i musei all’aperto.
Di particolare rilevanza sono i parchi archeologici che custodiscono testimonianze del periodo romano, tra tutti quello di Saalburg in Assia. Parchi concepiti con una forte attenzione al grande pubblico, al fine di contemperare l’esperienza culturale con la domanda di svago e di godimento del tempo libero.
Saalburg è un piccolo centro, di 1.400 abitanti, situato nell’Assia presso Bad
Homburg a 20 km a nord-ovest di Francoforte. Il suo parco archeologico è uno
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STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
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dei più antichi in Germania ed è continuamente rinnovato. Essendo stato inaugurato a cavallo del secolo presenta un interesse anche per una sorta di stratigrafia della musealizzazione stessa.
Nel suo insieme, il complesso offre una visione plastica dei castra militari sul
‘limes’ nella Germania Superior, che fino alla sua caduta (259-260 d.C.) costituirono un’efficace difesa dei confini dell’Impero contro i Germani.
Ancor oggi Saalburg è oggetto di un’intensa attività scientifica nel campo dell’archeologia delle province romane e della ricerca sul ‘limes’. Il museo organizza incontri per gli specialisti e mostre tematiche per il grande pubblico; esso
risponde ai requisiti delle più moderne tecniche di esposizione con reperti non
solo significativi sulla storia del castrum, ma anche idonei a fornire preziose
informazioni sulle condizioni di vita nella zona al di qua e al di là del confine
settentrionale dell’impero romano.
Pur non essendo situata in una zona di grande turismo, ogni anno Saalburg
può vantare un numero di visitatori considerevole. Nel 1997, l’anno del centenario, sono stati contati 177.216 visitatori, fra cui 26.159 gruppi.
D’altra parte la direzione del museo svolge con successo una politica d’informazione dei media così da suscitare o mantenere vivo l’interesse del pubblico.
A intervalli il museo organizza con grande successo le cosiddette “giornate
romane”. Vale la pena ricordare che questo tipo di attività, oggi di gran moda, e
denominata “archeologia sperimentale” non è certamente un’invenzione dei
nostri tempi, potendo vantare una tradizione che risale agli anni Sessanta del
secolo scorso sia in Germania che in Francia.
L’impianto può vantare una funzione esemplare di prototipo per tutti i parchi
archeologici sorti in seguito con simili intenti. Generazioni di studiosi vi hanno
lavorato, contribuendo ad accrescere i dati scientifici del sito, ed aggiornando la
parte espositiva e didattica del parco archeologico e del suo bel museo.
2.4 La grotta di Altamira
La grotta di Altamira (nei pressi di Santillana del Mar nella Cantabria, in Spagna)
accoglie un capolavoro che testimonia le prime forme artistiche dell’umanità.
A partire dalla scoperta della grotta avvenuta nel 1879, i famosi bisonti policromi hanno attirato un numero sempre maggiore di visitatori per il valore artistico, per lo stato di conservazione sorprendente e per il carattere estetico temporale che li caratterizza.
Furono proprio l’interesse e l’aumento di flussi di visitatori ad Altamira a sollecitare la richiesta del re nel 1924 di creare un comitato di conservazione con
la parecipazione di organi del Governo e delle amministrazioni provinciali e
locali. Ben presto però la presenza rilevante di visitatori si è rivelata incompati-
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
bile con la fragilità delle pitture: aumentando la sua popolarità aumentavano i
problemi di conservazione.
Nel 1977 quando ormai, insieme con il Museo del Prado, la grotta d’Altamira
rappresentava il luogo più visitato del Paese, si decise la sua chiusura al pubblico allo scopo di intraprendere un esaustivo studio sulle cause del deterioramento delle pitture fissando un tetto massimo di visitatori in 8.500 l’anno.
Per compensare questa limitazione fu poi successivamente progettata la creazione di una riproduzione assolutamente fedele all’originale che permettesse
una divulgazione del patrimonio artistico della grotta ad un numero illimitato di
visitatori.
Nasce così la Neocueva che, insieme con i nuovi locali del Museo di Altamira
di cui è parte integrante, fu inaugurata il 17 luglio del 2001. Entrambi si trovano a circa 300 metri dalla grotta naturale, all’interno di una struttura progettata
e costruita in maniera tale da tenere basso l’impatto visivo, senza alterare minimamente l’ambiente ed il fragile equilibrio degli strati calcarei.
La Neocueva rappresenta una replica delle parti più interessanti della grotta,
ricreandone con precisione millimetrica le strutture, i rilievi, le variazioni di colore e perfino gli stessi pigmenti naturali usati per le pitture dagli uomini preistorici.
Prima di iniziare la visita, un filmato viene proiettato su grande schermo in un
ambiente iniziale, presentando velocemente la storia della grotta, dagli avvenimenti più importanti nelle due fasi di occupazione (la prima il Solutreano risalente a 18.500 anni fa e l’altra il Magdaleniano risalente a 14.500 anni fa), al
periodo di abbandono intermedio fino poi alla sua scoperta in epoca recente.
In maniera gradevole, emozionante e immediata, la Neocueva permette di
rispondere a tutte le domande che il visitatore medio si pone sulla ricchezza
artistica e grafica delle pitture presenti, sollecitando le sue riflessioni e il suo
immaginario, non mancando peraltro di presentare momenti di vita quotidiana
dell’uomo del Paleolitico.
Il Museo adiacente costituisce la seconda parte del percorso permettendo di
approfondire tutte le tematiche espresse e rappresentate nella Cueva, attraverso
“atelier archeologici” che, con linguaggi audiovisivi e scenografici, ricostruiscono le varie attività quotidiane delle comunità preistoriche.
3. Trasferibilità del modello di valorizzazione culturale ai Paesi
della sponda sud del Mediterraneo
Come noto, i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, e nello specifico quelli che hanno aderito al Progetto Mediteatri.pa, presentano un patrimonio culturale ed archeologico particolarmente ricco di emergenze, oggetto negli ultimi
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STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
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anni di crescente attenzione da parte di organizzazioni internazionali come
l’Unesco e l’Iccrom (International Centre for the Study of the Preservation et
Restoration of Cultural Property) che sono state promotrici di significativi interventi di recupero e conservazione.
La valorizzazione del patrimonio culturale euro-mediterraneo è affrontato in
questi Paesi soprattutto in termini di documentazione, catalogazione, conservazione e gestione del rischio. Ne sono un esempio le campagne di tutela e i progetti “operativi”1 portati avanti dall’Unesco dagli anni Sessanta ad oggi in Egitto
(campagna internazionale di tutela dei monumenti della Nubia – 1960-1980,
campagna internazionale per il Museo della Nubia, Assouan, e il Museo della
civiltà, Il Cairo, 1980, in atto, Conservazione delle pitture murali della tomba
reale di Amenophis III – Fasi I e II – 2001-2004), in Giordania (progetto operativo di conservazione dell’altare del Tempio di Qasr el Bint), in Marocco (campagna internazionale di tutela della città di Fès – 1980); in Tunisia (campagna
internazionale di tutela del sito archeologico di Cartagine – 1972-1992; il progetto “Navigazione del sapere”), in Grecia (campagna internazionale di tutela
internazionale dell’Acropoli di Atene – 1977).
Tra i diversi progetti di cooperazione in atto, particolare rilevanza assume la
recente costituzione, presso il Centro regionale per il restauro della Regione
Siciliana, di Herimed, un’associazione che raccoglie dieci Paesi – Algeria,
Tunisia, Egitto, Libano, Palestina, Turchia, Spagna, Portogallo, Francia, Italia – che
cooperano nel settore della catalogazione, conservazione e valorizzazione del
patrimonio culturale. Herimed è il risultato del progetto Unimed Cultural
Heritage finanziato dalla Commissione europea e realizzato da 21 partner coordinati dall’Unimed, Unione delle università del Mediterraneo. Un vero e proprio
organismo euromediterraneo che opererà nell’ambito del restauro e conservazione dei beni e che promuoverà la nascita della Carta del rischio del
Mediterraneo, una piattaforma tecnologica per i rilievi del patrimonio a rischio
nel Mediterraneo, che assumerà le indicazioni della lista già stilata dall’Unesco.
Se, tuttavia, gli interventi legati alla tutela e conservazione del patrimonio
archeologico sono supportati da un’intensa attività di studio e ricerca e dalla
sinergia di soprintendenze, organi governativi, istituzioni scientifiche, ecc., il settore della valorizzazione intesa quale applicazione di nuovi modelli di fruizione
è in questi Paesi ancora in una fase embrionale. Da una panoramica sui principali
siti archeologici, ed in particolare su quelli oggetto della ricerca, è emerso che il
1
A differenza di una campagna internazionale di tutela, il cui lancio è deciso dalla Conferenza
Generale dell’Unesco, che si riunisce ogni due anni, i progetti operativi sono emanati dagli Stati
membri e possono rivestire un carattere d’urgenza. Essi sono unicamente finanziati dai fondi
“extra-budget” e interessano i monumenti o i siti che hanno subito danni nel corso di conflitti
armati, catastrofi naturali, o per effetto dell’inquinamento o delle intemperie, o ancora a causa dell’abbandono e dell’indifferenza umana.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
concetto di valorizzazione è legato esclusivamente all’utilizzo del “bene” quale
contenitore atto ad ospitare manifestazioni artistiche e spettacolari (teatro antico
e moderno, concerti, danza, musical, ecc.). Ne sono un esempio i teatri di Kom el
Dikka ad Alessandria e di Lixus a Tangeri. Pertanto, la visita tradizionale dei siti,
se pur supportata da un valido sistema organizzativo, rimane lo standard di fruizione culturale più diffuso in risposta alla domanda turistica.
La sfida in atto, invece, che vede coinvolti attori istituzionali e organismi di
cooperazione a livello nazionale, comunitario e mondiale, punta ad andare oltre
il concetto di conservazione e tutela, proponendo l’adozione di modelli di sviluppo sostenibile e valorizzazione finalizzati ad una fruizione innovativa, propria delle nuove tendenze del turismo culturale. Questo anche a fronte di quanto dichiarato dalla Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) che stima, nell’arco dei prossimi 5 anni, la presenza di 100 milioni di turisti nell’area del
Mediterraneo. Sulla base di tali dati, i Paesi del Mediterraneo dovrebbero accrescere il proprio grado di attrazione di un tasso medio superiore al 5% l’anno.
In questa prospettiva risulta di rilevante interesse per i Paesi della sponda sud
del Mediterraneo il confronto con le esperienze in corso in Europa di nuovi
modelli di valorizzazione e fruizione. Tra i diversi, nel corso della ricerca, ne
abbiamo evidenziati alcuni cercando di segnalare esempi che traducono sensibilità culturali attente alla “mediazione” e “interpretazione” del patrimonio; ad
un approccio finalizzato ad una maggiore comprensione e conoscenza di contesti culturali e di testimonianze storico-archeologiche grazie a differenti modalità, linguaggi e supporti rappresentativi e comunicativi. Esempi di valorizzazione e fruizione facilmente adattabili e trasferibili nei diversi contesti, individuando linee guida, percorsi aperti, da commisurare alle reali potenzialità del
territorio non ripetendo passivamente uno schema rigido, definito a priori, ma
intraprendendo un sentiero lungo il quale si coagulino e prendano forma idee
progettuali. Modelli, peraltro, che in ambiti non inerenti l’archeologia bensì la
memoria storica più in generale e l’identità locale – si pensi al Grand Parc e alla
Cinescènie di Puy du Fou in Francia o al Parco della Grancia in Italia – si declinano in forme di spettacolarizzazione e in modalità di animazione di indubbio
interesse, soprattutto per le ricadute turistiche. Se per un verso si tratta infatti di
efficaci forme di comunicazione culturale, per altro verso conseguono un risultato di rilevante significato sociale: il coinvolgimento delle popolazioni locali
con il risultato di accrescere la consapevolezza del proprio patrimonio e di partecipare allo sviluppo e al successo di una progettualità in grado di esaltare il
genius loci.
Si tratta, dunque, di una prospettiva che punta all’implementazione di un sistema di offerta culturale integrato spendibile sul piano turistico da collocare all’interno di un progetto di sviluppo complessivo del territorio, che comprenda:
161
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
162
• la promozione di una strategia fondata sul territorio, sulla specificità delle
risorse e sull’identità culturale locale;
• l’integrazione del sistema turismo con gli altri sistemi – culturale, sociale, economico, ecologico – al fine di attivare efficaci sinergie;
• la concentrazione delle risorse attorno ad alcune emergenze culturali o alcuni
ambiti territoriali ritenuti strategici per lo sviluppo;
• la partecipazione e la condivisione delle comunità locali;
• la valorizzazione del patrimonio esistente in un’ottica di sostenibilità e di
competitività.
La strategia che ne deriva punta a concentrare risorse e investimenti per la realizzazione di iniziative a forte capacità comunicativa che “raccontino” e/o presentino in modo suggestivo, affascinante ed esemplare, momenti della storia e
della cultura dei luoghi, che aiutino, in altri termini, i potenziali fruitori nella
ricomposizione di senso e di contesto delle emergenze culturali con cui vengono in contatto, concorrendo a determinare un valore aggiunto rispetto alle caratteristiche di pregio dei siti oggetto dell’intervento.
In tale orizzonte si evidenzia la rilevanza delle innovative forme di rappresentazione e promozione legate all’applicazione dei nuovi linguaggi derivanti
dalla contaminazione di quelli propri del cinema, del teatro, della museografia,
del web e della comunicazione in genere nell’ambito del patrimonio culturale.
In sintesi, lo ricordavamo in esordio, si tratta di misurarsi con un nuovo tipo
di economia, quello della cultura, dove attori istituzionali e attori sociali ed economici siano pienamente coinvolti e dove le potenzialità di queste nuove forme
dell’economia siano pienamente comprese ed espresse.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Bibliografia
• Antinucci F. (2005), La comunicazione museale, Editori Laterza, Bari.
• De Mattei R. (2004), L’identità culturale come progetto di ricerca, Liberal
Edizioni, Roma.
• Granelli A., Traclò F. (2006), Innovazione e Cultura, Il Sole 24 ore, Milano.
• Koslowsky P. (1991), La cultura postmoderna. Le conseguenze socio-culturali
dello sviluppo tecnico. Vita e Pensiero, Milano.
• Pine B.J. II, Gilmore J.H. (2000), Oltre il servizio. L’economia delle esperienze,
Etas Libri, Milano.
• Settis S. (2002), Italia spa, Einaudi, Torino.
• Settis S. (2005), Battaglie senza eroi. Le istituzioni culturali tra istituzioni e
profitto, Electa, Milano.
163
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Il patrimonio teatrale antico
per lo sviluppo locale:
problematiche e linee guida
dall’analisi dei casi del
Progetto Mediteatri.pa
di Elena Ragazzi
1. Progetti culturali e sviluppo locale: quale causalità?
Il tema della cultura come motore dello sviluppo locale ha ricevuto negli ultimi anni un’enfasi notevole, parallelamente al crescente interesse per le realtà
locali quali soggetti interlocutori che fronteggiano la dimensione globale e transnazionale che hanno invece assunto la società e l’economia.
Una prova concreta di questo atteggiamento viene, per esempio, dall’analisi
dei finanziamenti europei per progetti culturali. Nel passato periodo di programmazione, solo l’8,3% dei progetti culturali ha attinto i propri fondi da programmi comunitari espressamente dedicati alla cultura, mentre l’83% andava ad
incidere sui fondi strutturali. Si finanzia dunque massicciamente la cultura con
il presupposto che essa possa creare occupazione e sviluppo economico.
Questa impostazione, da cui l’Italia ha tratto grandissimi vantaggi, arrivando a
riservare un asse del proprio Quadro comunitario di sostegno alle risorse culturali, non è però esente da problemi. In primo luogo questo ha significato l’assenza di una programmazione strategica comune della politica culturale. In
secondo luogo, l’enfasi eccessiva ha portato a trascurare di approfondire gli
effetti reali sui sistemi economici di tali interventi che, soprattutto quando si
tratta di opere di conservazione, sono sicuramente indiretti e aleatori.
Queste considerazioni iniziali non mirano certo ad accusare l’inesistenza di
un legame fra valorizzazione del patrimonio culturale e sviluppo, ma intendono
indurre una certa cautela, invitando a considerare il fatto che i benefici sull’economia, in particolare a livello di sistema locale, non si manifestano automaticamente.
Lo sviluppo locale equilibrato discende dall’azione di numerose variabili tra
loro strettamente interconnesse. Questo principio di interazione deve quindi
animare la progettazione, che deve integrare innanzitutto i livelli rilevanti di
politica culturale: le politiche per la conservazione, le politiche di tipo sociale,
volte a favorire l’accesso della popolazione alla fruizione culturale e le politiche
con obiettivi di sviluppo economico. Tradizionalmente le tre impostazioni
165
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
166
hanno seguito alvei differenti al punto da arrivare ad essere a volte competenza
di istituzioni diverse e poco disposte a collaborare. In particolare, paiono spesso inconciliabili le ragioni di coloro che vogliono valorizzare il patrimonio e
quelle di chi mira alla sua tutela in vista della trasmissione alle generazioni future, mentre l’aspetto sociale è in genere relegato al settore dei servizi culturali e
viene quindi lasciato fuori dal dibattito. L’ipotesi forte sottostante alla programmazione integrata è che invece sia non solo possibile, ma anche conveniente
considerare i tre fattori congiuntamente, facendo in modo che la promozione di
un indotto economico non sia solo rispettosa dell’integrità del patrimonio ma ne
favorisca la tutela. L’aspetto “sociale” del progetto può invece essere salvaguardato avendo presente che i primi fruitori del patrimonio culturale locale devono essere i cittadini. In questo modo il turismo culturale non si traduce in un’invasione con un impatto devastante sugli equilibri sociali locali.
Il secondo livello di integrazione preso in considerazione è quello fra attori
differenti. Qualsiasi politica di sviluppo a livello locale deve innanzitutto mirare a che le risorse locali si attivino in un sistema, che poi nella sua maturità sia
in grado di perpetuarsi e progredire autonomamente. Anche nel caso della valorizzazione del patrimonio è essenziale fare leva su tutti gli attori del territorio,
sfruttandone le complementarietà, trovando gli spazi di integrazione e instaurando delle pratiche di collaborazione che possano poi essere sostenibili anche
in assenza di una direzione centralizzata.
2. Limiti e potenzialità dello sviluppo dei poli turistici
I distretti turistici, cioè quei sistemi produttivi articolati e concentrati territorialmente e fondati sulla specializzazione nei servizi turistici, sono ampiamente
diffusi anche in contesti meno sviluppati, seguendo ovviamente la localizzazione delle risorse naturali o del patrimonio culturale che fungono da catalizzatore.
I distretti turistici sono caratterizzati da un’alta concentrazione di attività al
servizio del turismo in un luogo di forte richiamo. Si tratta di fenomeni tutt’altro che recenti; al contrario, nelle epoche in cui era tendenza diffusa l’idea di
poter governare lo sviluppo con grandi progetti (tipicamente gli anni Settanta),
sono sorti numerosi distretti in svariate località, a volte con iniziativa privata (è
il caso della Costa Smeralda in Sardegna o più recentemente della riviera del
Mar Rosso a Sharm el Sheik in Egitto), ma più frequentemente con il forte sostegno pubblico (come, per esempio, in alcune grandi stazioni sciistiche francesi).
Vocazione naturale a diventare distretti turistici hanno le località che ospitano un patrimonio culturale di estremo valore, e che ricevono quindi flussi turistici imponenti di provenienza mondiale.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
La grande scala delle presenze all’interno dei distretti turistici permette che
l’offerta locale si strutturi in una rete, nel quale i singoli operatori si specializzano in una moltitudine di attività specifiche, fino al configurarsi di una vera e
propria filiera di cui il turista vede solo gli snodi terminali. Gli operatori possono divenire in questo modo estremamente competitivi1 perché godono delle
migliori economie di scala per ogni snodo della filiera e del vantaggio di offrire
servizi estremamente vari e differenziati che incontrano tutte le esigenze del
cliente. Inoltre, l’interdipendenza degli operatori che agiscono in rete favorisce
la nascita di un clima di responsabilità collettiva, per cui è possibile coinvolgere anche soggetti privati nel finanziamento di opere volte a preservare l’elemento di richiamo, naturale o culturale che sia.
A fronte di tali innegabili vantaggi, sono rilevabili però numerosi problemi,
che rendono il modello dello sviluppo di poli turistici concentrati poco auspicabile, in particolare per i Paesi meno sviluppati e per i poli basati sul patrimonio culturale. L’ampia e lunga casistica permette infatti di concludere che tali
casi sono spesso caratterizzati da uno sviluppo non armonico e sostenibile.
Per esempio un primo problema è rappresentato dalla stagionalità nel caso di
distretti de plesance. La concentrazione dei flussi in pochi periodi dell’anno è in
parte inevitabile, in quanto collegata ai ritmi di vita delle società da cui provengono i turisti, ma può essere limitata con adeguate politiche di differenziazione
dell’offerta. Quando essa si verifica, il territorio soffre di gravi scompensi dovuti
all’alternanza di periodi di congestione con periodi di completa stagnazione.
Questo ha ovvie conseguenze negative a livello sociale per la popolazione residente e ostacola l’attrazione di risorse umane di alta qualità. Le soluzioni per
fronteggiare i picchi di attività non sono anch’esse esenti da problemi. Da un lato,
i distretti turistici tendono, da un punto di vista strutturale, a sovradimensionarsi in modo da offrire una capacità adeguata ai periodi di alta stagione, ma questo
genera spesso abusi sul paesaggio e sprechi di risorse, investimenti faraonici che
non ricevono adeguata manutenzione e che cadono rapidamente nel degrado, o
che si rivelano poi, nei fatti, incapaci di generare flussi sufficienti a ripagare delle
somme impiegate. Dall’altro, la seconda soluzione che riguarda le risorse non
strutturali e, in particolare, le risorse umane è quella di utilizzare fattori produttivi di provenienza esterna, come la manodopera non residente. Anche questo
però non è completamente auspicabile da un punto di vista sociale, perché la
concentrazione di lavoratori sradicati dal loro contesto di vita abituale può generare problemi di ordine pubblico, di inclusione sociale e anche, più semplicemente, scarsa motivazione a una valorizzazione durevole del territorio.
1
Gli albergatori di Rimini, uno dei distretti turistici non culturali più studiato di Italia per le sue
dimensioni e completezza, possono permettersi di offrire a parità di categoria prezzi che sono
quasi dimezzati rispetto ai concorrenti di altre località.
167
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
168
Un altro problema strutturale dei distretti turistici è la loro vulnerabilità legata alla concentrazione di attività economiche su un unico settore. I servizi culturali e i viaggi sono consumi voluttuari, sebbene oggi godano di preferenze
sempre crescenti da parte dei consumatori; l’industria turistica risente quindi,
più che altri settori, della congiuntura economica. La variabilità è poi amplificata nel caso di Paesi caratterizzati da instabilità politica e sociale e, in generale, in tutti i Paesi in via di sviluppo, a causa di possibili ripercussioni di eventi
bellici o terroristici. Basti pensare all’effetto di drastica riduzione dei flussi che
si è avuto per lungo tempo dopo gli attacchi alle torri gemelle, anche per quei
Paesi musulmani considerati tradizionalmente moderati. L’estrema dipendenza
del sistema di un territorio dalla risorsa turismo può quindi generare crisi gravissime in caso di forti contrazioni, anche temporanee, della domanda.
Per quanto riguarda specificatamente i distretti sorti intorno a grandi elementi del patrimonio culturale (le piramidi in Egitto, Pompei in Italia, Petra in
Giordania), si riscontrano problematiche specifiche, che spesso vanificano gli
aspetti positivi del turismo culturale (minore stagionalità, buona propensione
alla spesa, attenzione a tutti gli aspetti del territorio). In queste località, contrariamente a quanto si verifica per le attrazioni minori e per le aree caratterizzate
da molti elementi di interesse minore (per esempio, la campagna toscana in
Italia, le vallate del Draa e del Dadès in Marocco, ecc.), i flussi turistici tendono
ad assumere le seguenti caratteristiche indesiderabili soprattutto nell’ottica dello
sviluppo territoriale:
• “concentrazione su pochi punti”. I turisti non si dedicano a una ricognizione
di tutti gli aspetti di interesse offerti dal Paese, ma si limitano alla visita dei
siti di richiamo mondiale;
• “durata limitata dei soggiorni” (turismo “mordi e fuggi”). La permanenza è
strettamente limitata al tempo necessario per la visita del sito e quindi ha ricadute limitate sull’indotto;
• “visita inquadrata all’interno di viaggi organizzati”. Due sono gli aspetti negativi di questo punto: la natura sopranazionale dei grandi tour-operator, che
riduce quindi ancora una volta il beneficio a livello locale, e la scarsità di
tempo lasciato al turista per l’esplorazione del territorio circostante, che riduce la possibilità di valorizzare merci tipiche e servizi prodotti a livello locale;
frequente “abbinamento della visita a un soggiorno effettuato in altra località”.
Tipicamente il turista risiede nelle località balneari, maggiormente attrezzate
di strutture a livello internazionale, e si reca sul luogo che ospita il sito per una
breve visita in giornata.
L’effetto congiunto di tutti questi elementi fa sì che le località che ospitano i
grandi siti ricevano un beneficio ridotto dai grandi flussi in arrivo, mentre ne
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
pagano completamente gli effetti negativi: congestione, inquinamento, danni
antropici sul patrimonio dovuti alla frequentazione di un numero troppo elevato di visitatori.
3. Potenzialità e problematiche legate alla valorizzazione
dei teatri antichi
Questo paragrafo si basa sull’analisi degli otto casi che il Progetto Mediteatri.pa,
anche su segnalazione delle amministrazioni locali coinvolte, ha selezionato come
maggiormente interessanti nella prospettiva di una futura valorizzazione. Cinque
casi (l’anfiteatro romano di Lecce in Puglia, il teatro greco di Metaponto in Basilicata, il teatro romano di Nora in Sardegna, il teatro romano di Scolacium in
Calabria e il teatro greco di Segesta in Sicilia) sono situati nelle regioni meridionali italiane, tre (i teatri di Alessandria, Jerash e Lixus) si riferiscono invece a Paesi
della sponda sud del Mediterraneo, rispettivamente Egitto, Giordania e Marocco.
Va segnalato che tali realtà non sono affatto rappresentative della situazione
generale del patrimonio teatrale antico, in quanto si tratta di casi appositamente prescelti in quanto potenzialmente suscettibili di ospitare una valorizzazione
di successo.
Il primo elemento di differenziazione rispetto alla situazione media dei siti
archeologici e che accomuna invece i casi analizzati, è rappresentato dal livello
di interesse e partecipazione attiva delle amministrazioni coinvolte, che rappresenta un fattore di successo irrinunciabile per qualsiasi progetto di sviluppo
locale. La scarsità di casi, in particolare a livello internazionale ma non solo,
testimonia che il concetto che il patrimonio culturale possa essere considerato
una risorsa per il sistema locale è ben lungi dall’essere acquisita presso gli
amministratori locali e presso gli enti titolari del patrimonio stesso.
Il salto di mentalità verso la scelta di investire nel turismo culturale non è facile in un territorio come quello dei Paesi in via di sviluppo, da sempre concentrati verso esigenze primarie che vanno a diretto beneficio dei propri cittadini
oppure ad azioni di sostegno e sviluppo all’economia locale, che consentono un
beneficio immediato in termini di incremento di distribuzione di risorse2.
L’attenzione delle amministrazioni non è comunque di per sé sufficiente. Le
amministrazioni responsabili del patrimonio risultano a volte persino sprovviste dei fondi minimamente necessari alla conservazione e alla tutela e non pos2
In realtà il turismo costituisce una fonte di reddito estremamente rilevante per molte economie
mediterranee come mostrato dalla tabella a pagina seguente, in particolare per quelle non dotate
di rilevanti disponibilità di risorse naturali, e incide direttamente in modo benefico sulla bilancia
dei pagamenti. Molti Governi hanno già preso coscienza di ciò e si stanno dotando a livello centrale e locale di politiche di sviluppo basate sulla promozione del turismo.
169
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
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sono quindi fornire aiuto ai progetti di valorizzazione se non in termini di competenze messe a disposizione delle iniziative. Per quanto riguarda le amministrazioni locali risulta in generale carente la consuetudine ad operare in modo
integrato, sia coagulando, intorno a un progetto, obiettivi competenza di enti
diversi, sia in termini di cooperazione con partner privati, extra-regionali o addirittura internazionali. Il discorso della programmazione integrata è dunque tutto
da costruire, creando nuove competenze attraverso la formazione, indagando la
possibilità di nuove pratiche amministrative, agevolando la nascita di reti di
partnership.
Il secondo elemento di differenziazione deriva dal fatto che si è ovviamente
focalizzata l’attenzione su situazioni le cui condizioni fossero promettenti, sia per
quanto riguarda il sito archeologico in sé, sia per il contesto circostante. Questo
spiega la diffusione presso tutti i casi analizzati di precedenti esperienze di valorizzazione, non solo attraverso il normale accesso al sito, ma anche attraverso la
realizzazione di eventi. Si riscontra però una diversa impostazione di tali iniziative di spettacolarizzazione. Nei Paesi arabi, con la parziale eccezione del teatro di
Jerash che ospita un festival internazionale, le iniziative di valorizzazione sono
rivolte prevalentemente alla popolazione locale3, mentre nelle regioni italiane gli
eventi vengono chiaramente organizzati con lo scopo di richiamare turisti e di
qualificare l’immagine della zona agli occhi di un’utenza più esigente.
Algeria
Egitto
Giordania
Grecia
Italia
Marocco
Tunisia
Valore in milioni dollari
1.580
8.400
1.250
15.300
81.600
5.600
2.760
Percentuale attività turistiche su PIL
1,5
7,9
9,2
6,5
4,6
10,1
9,2
Fonte: Organizzazione mondiale del turismo (WTO)
I casi prescelti hanno ancora una caratteristica in comune: si è evitato di concentrarsi su obiettivi già troppo famosi e frequentati, concentrandosi invece su
casi che, sia pur oggettivamente interessanti in sé come valore del sito archeologico, lasciassero ancora ampi spazi allo sviluppo di iniziative turistiche di contorno. In tutte le situazioni ci troviamo dunque a metà strada fra i due casi estremi
del sito situato in una zona assolutamente inospitale e priva delle risorse sociali
ed economiche su cui innestare un processo di sviluppo locale e quello del sito
3
Questo però è anche connesso alle caratteristiche dei flussi turistici che interessano le due zone in
Marocco e in Egitto, flussi prevalentemente interni.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
già eccessivamente frequentato che si è scontrato con limiti all’ulteriore sviluppo.
Non tutti i teatri si trovano in uno stato di conservazione ottimo. La condizione minima richiesta era infatti che lo stato di conservazione non ponesse vincoli alla valorizzazione nel teatro o nei suoi pressi, sia per la sicurezza del teatro
stesso, sia per la sicurezza dei visitatori. Questo non è un impedimento alla progettazione. La progettazione integrata può infatti lavorare insieme sui due fronti della conservazione/restauro e della valorizzazione. Certo il progetto diviene
in tali casi ancora più complesso (per numero di attori coinvolti, obiettivi da
coordinare) e impegnativo, perché richiede più risorse finanziarie e temporali.
Un problema analogo a quello della conservazione è quello delle dimensioni.
Non tutti i teatri e gli anfiteatri elencati hanno una dimensione o una struttura
adeguata per ospitare al loro interno un numero elevato di spettatori, tale da giustificare un progetto internazionale. Anche questo però non è un ostacolo insormontabile. Infatti il teatro antico va visto come luogo simbolico, non come un
mero contenitore funzionale. La disamina dei casi ha mostrato già molte esperienze in cui la valorizzazione (teatrale o di altro genere, per esempio esposizioni di artisti contemporanei) aveva come sfondo il teatro, ma avveniva in strutture appositamente create nelle sue prossimità. È invece importante evitare
interventi invasivi sul teatro. In Europa si possono rintracciare già numerose cattive pratiche che mostrano la scarsa lungimiranza di tali interventi. Per esempio
vi sono teatri che sono stati completamente oscurati dalla struttura per creare le
gradinate che ospitano il pubblico (teatro di Cagliari); il risultato è un brutto
contenitore all’aperto che ha perso completamente il fascino del richiamo alle
radici storico-culturali. Ugualmente da sanzionarsi sono interventi radicali,
anche di tipo edilizio, che arrivano a stravolgere l’aspetto originario del teatro
(Sagunto, Comunitad Valenciana); l’effetto operativo nell’esempio indicato è
stato che la soprintendenza ha bloccato il progetto ed ora il teatro risulta inutilizzabile a tempo indeterminato.
Se può accadere che in alcuni Paesi le briglie delle autorità titolari del patrimonio archeologico siano meno strette, anche per mancanza di risorse, questo
non deve lo stesso permettere abusi negli interventi ai fini della valorizzazione
che vadano a discapito della conservazione e del rispetto del teatro. Tali abusi
sono irresponsabili per quanto riguarda il dovere che ogni generazione ha di trasmettere il patrimonio storico e artistico a quelle successive, ma sono anche più
concretamente dannosi nell’ottica dello sviluppo locale sostenibile.
L’attuale livello di valorizzazione dei siti archeologici, al fine di garantire l’accessibilità ai visitatori è piuttosto varia. I casi più strutturati sono quelli in cui il
teatro è inserito in un sito archeologico comprendente molti monumenti. In questi casi l’accesso è possibile dietro pagamento di un biglietto che copre l’intero
sito e sono in genere disponibili servizi per i visitatori. I più frequenti sono le
171
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
172
visite guidate e il materiale informativo (didascalie, poster, brochure), mentre
più rari sono gli ausili di tipo tecnologico, come audioguide e postazioni multimediali, in genere più diffuse nei musei che nei siti all’aperto. Sono anche abbastanza diffusi i servizi di tipo tecnico, come parcheggi, servizi igienici, caffetterie. Qualche sito è anche attrezzato per accogliere i disabili. In generale si può
osservare che i siti archeologici tendono ad essere meno attrezzati di servizi
accessori rispetto ai musei. Completamente diversa la situazione quando il teatro è isolato. In questi casi il teatro è recintato, può essere visto dall’esterno ma
risulta accessibile solo in occasione di eventi. Non sono in genere previsti servizi per il visitatore né alcuna valorizzazione ordinaria.
È interessante osservare che quasi tutti i teatri esaminati hanno un qualche collegamento a musei archeologici che espongono reperti rinvenuti sul sito. Tali
musei però sono spesso lontani dal teatro; caso esemplare il teatro di Segesta, il cui
materiale è esposto in un museo di Palermo, in un’altra provincia e a 75 km di
distanza. Questo legame non viene però in alcun modo valorizzato né segnalato al
turista, perdendo quindi un’occasione di prolungarne la permanenza sul territorio.
Venendo ora al tema specifico dello sviluppo locale a partire dalla valorizzazione turistica del teatro, si sono riscontrati alcuni problemi generalizzati,
che sarà necessario affrontare nella pianificazione operativa di interventi in
contesti simili.
Il primo nodo è rappresentato dai trasporti che sono ovunque deficitari rispetto a quanto sarebbe necessario per supportare flussi turistici regolari. Sia nelle
regioni italiane, sia nei casi stranieri esaminati risulta estremamente difficoltoso essere un turista “fai da te”, cioè non inquadrato in un tour organizzato, a
meno di non possedere o noleggiare un’auto propria. In alcuni casi il sito si trova
lontano dagli aeroporti e dalle stazioni servite da treni a lunga percorrenza, difficoltà di cui il progetto non può farsi carico direttamente, ma il problema che
maggiormente ostacola invece lo sviluppo di un turismo diffuso è la qualità del
trasporto intraregionale e locale. Le corse di collegamento fra le località balneari e il comune in cui si trova il sito sono scarse, lente e poco reclamizzate. Ma
l’anello più debole è spesso rappresentato dal collegamento fra il paese o la città
e il sito archeologico. A volte mancano navette e collegamenti regolari, come nel
caso di Segesta, dove esiste una navetta per muoversi all’interno del sito, ma l’unico mezzo per raggiungere il sito dal paese è il taxi. In altri casi i collegamenti
esistono ma non sono affidabili, come nel caso di Lixus dove le guide segnalano come raggiungere il sito con i mezzi pubblici, ma anche che è difficile poterci fare conto per il ritorno!
Il turista non inquadrato nei tour organizzati è quello più interessante dal
punto di vista dello sviluppo locale, in quanto tenderà a fare soggiorni più lunghi, usufruendo dei servizi e dei prodotti locali e entrando in contatto con il con-
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
testo socio-economico. È dunque fondamentale che nei progetti territoriali il
nodo dei trasporti pubblici venga affrontato in modo completo, garantendo la
copertura, almeno affidabile se non frequente, di tutte le tratte di interesse per
la mobilità dei visitatori.
Il secondo nodo riscontrato riguarda la ricettività. Il quadro risulta piuttosto
vario e mai completamente negativo, ma in tutte le situazioni permangono zone
d’ombra. Nei Paesi arabi manca l’offerta di strutture di media qualità, in cui il
turista possa essere ospitato a prezzi moderati, ma con standard internazionali;
infatti in tali contesti si passa direttamente dalle pensioni non classificate, destinate ad un’utenza prevalentemente locale, ai resort di lusso. In Italia, al contrario, in certe regioni mancano le strutture di lusso o di grande capienza. Se l’obiettivo è quello di sviluppare un turismo che, a partire dal teatro, risulti attento al patrimonio sparso sul territorio è molto utile lo sviluppo dell’offerta atipica (b&b, agriturismi, accoglienza presso privati), che non è invasivo, è in grado
di valorizzare il patrimonio edilizio non monumentale, permette il contatto
diretto fra turista e popolazione locale, e agevola la nascita di piccole iniziative
private.
Un modello interessante in tale ottica è quello dell’albergo diffuso, nato a
Comeglians, in Carnia. L’albergo diffuso può essere definito come un albergo
orizzontale, situato in un centro storico, con camere e servizi dislocati in edifici diversi, seppure vicini tra di loro. È una struttura ricettiva unitaria che si
rivolge ad una domanda interessata a soggiornare in un contesto urbano di pregio, a contatto con i residenti, usufruendo dei normali servizi alberghieri
(Dall’Ara 2002).
Tale formula si è rivelata particolarmente adatta per borghi e paesi caratterizzati da centri storici di interesse artistico e architettonico, che in tal modo possono recuperare e valorizzare vecchi edifici chiusi e non utilizzati, e al tempo
stesso possono evitare di risolvere i problemi della ricettività turistica con nuove
costruzioni.
Infine, il terzo nodo problematico riguarda l’immagine e la promozione del territorio. Tale attività viene di solito delegata ad appositi enti di promozione che
però non riescono ad avere un’azione specifica ed incisiva. Al contrario la promozione del territorio deve partire da una preventiva decisione su cosa valorizzare e su come farlo.
Quello che si riscontra dall’analisi dei casi è la scarsa capacità di valorizzare i
punti di richiamo diffusi sul territorio in modo integrato con offerte complete.
La promozione avviene per comparti stagni: per esempio, la vacanza marittima,
la visita ai grandi monumenti, la vacanza naturalistica o di avventura, o ancora
il territorio come origine di specialità gastronomiche o di abilità artigianali.
Raramente al turista viene invece offerta la possibilità di vivere il territorio in
173
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
174
tutti i suoi aspetti, suggerendo le modalità per approfittare, nel breve tempo
della vacanza, dei vari richiami che gli sono offerti.
Un esempio di tale scollamento è la valorizzazione dei prodotti tipici. In tutti i
casi analizzati è stata segnalata la presenza di prodotti agricoli o gastronomici tutelati da marchi commerciali o di origine. La casistica è ricca in Italia dove la convinzione che la tutela della qualità e dell’immagine sia fondamentale per commercializzare con profitto i prodotti agro-industriali sta diffondendo rapidamente.
Alcuni marchi sono stati segnalati anche nei casi esteri. Quello che però manca è
un’azione comune che utilizzi la forza di questi marchi non solo per la promozione in mercati lontani, ma anche per valorizzare i prodotti tipici nei confronti dei
turisti che visitano il territorio e che possono meglio apprezzarne il valore non
solo puramente gastronomico, ma anche di tradizione culturale contadina.
4. Linee guida per la realizzazione di progetti di valorizzazione
integrata nei Paesi mediterranei
In passato il teatro – così come molti altri edifici pubblici, quali i templi o le
terme – nasceva nei luoghi dove l’economia era forte e produceva ricchezza.
L’agricoltura e i commerci, poi, non producevano solo ricchezze che potevano
essere investite in monumenti “futili”, ma originavano anche un network internazionale di scambi e di relazioni economiche. Su queste rotte viaggiavano l’oro
e le merci, ma anche la cultura, e il teatro, con la circolazione delle compagnie,
era un soggetto principe di unificazione fra località lontanissime.
Il processo che ora vorremmo ricreare fa il cammino inverso: a partire da un
network teatrale, cioè con la circolazione di spettacoli o di altri eventi su monumenti storici di interesse, si desidera incentivare lo sviluppo dell’economia in
Paesi e regioni meno sviluppati. Questo è possibile se il progetto di circolazione di spettacoli si innesta su una programmazione specifica per ogni località,
attenta a valorizzare tutte le potenzialità del territorio.
Questo ha tanto più valore poiché parliamo di nazioni o di regioni in cui l’economia presenta numerosi ritardi e in cui quindi il peso degli introiti generati
dal turismo sono tutt’altro che marginali. Ma potrebbe essere facilmente generalizzato ad altri contesti, come testimonia il fatto che sono numerosi anche i casi
di città situate in zone altamente industrializzate che hanno puntato sui progetti di valorizzazione culturale come strumento per agevolare fasi di difficile transizione e per rilanciare globalmente l’immagine e lo sviluppo dell’area.
Il turismo internazionale, controllato dai grandi tour operator, si è storicamente sempre concentrato sulle stazioni balneari o climatiche e su siti culturali
di enorme interesse e ha favorito la nascita di sistemi “industriali” per la realiz-
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
zazione dei servizi necessari. In tale contesto la filiera tende ad avere ricadute
ridotte sul territorio e lascia poco spazio all’iniziativa locale. La valorizzazione
dei siti archeologici consentirebbe di creare un’alternativa a questo, con forme
di offerta turistica più diffusa, più tagliate su un turismo “artigianale” che acquista autonomamente i suoi servizi da punti di produzione sparsi sul territorio e
non da un unico grande intermediario. Un tale modello ha chiaramente un maggiore impatto sul sistema locale, ma richiede nelle sue fasi iniziali di sviluppo
investimenti infrastrutturali per adeguare le condizioni ambientali e la programmazione per evitare che il mercato, ancora viscoso e immaturo, trascuri qualche
elemento importante dell’offerta.
Paradossalmente per fare sviluppo a partire dal teatro è meglio che il focus non
sia troppo concentrato sul teatro stesso. Questo consente tra l’altro di evitare
molti errori legati a progetti troppo invasivi – per esempio, ristrutturazioni pesanti che modificano la struttura, sfruttamenti incontrollati che danneggiano il bene,
progetti bloccati per non aver previsto i vincoli, progetti faraonici con poche ricadute – e consente di trasferire parte delle risorse complessive (finanziarie, creative, umane) sugli altri aspetti legati all’accoglienza del visitatore nel territorio.
Questo non toglie però l’importanza di dare centralità all’elemento di patrimonio antico, soprattutto nel suo aspetto simbolico. L’esperienza dei grandi progetti di trasformazione urbana mostra che la percezione del cambiamento e della
propria identità da parte della popolazione è un fattore fondamentale per avviare i processi endogeni di sviluppo economico.
Dal punto di vista dello sviluppo locale, le analisi sui contesti dei teatri selezionati permettono di evidenziare alcuni fattori a cui sarebbe opportuno dare
priorità all’interno della progettazione:
• puntare a valorizzare località che dispongano di numerosi e variegati spunti di
interesse, piuttosto che di un unico grande elemento di richiamo. L’esperienza
dei distretti turistici mostra infatti che, se l’integrazione dei soggetti crea efficienza, l’eccessiva concentrazione crea diseconomie e ostacola la sostenibilità
del progetto nel lungo periodo;
• favorire lo sviluppo di strutture di offerta dei servizi diffuse. Queste hanno
numerosi vantaggi che si possono così sintetizzare: sono gestibili da privati a
livello locale, hanno un impatto ridotto sulle risorse naturali e sul paesaggio
e non alterano l’equilibrio sociale locale. L’alternativa, rappresentata da strutture di grande capienza gestite da operatori turistici specializzati, sicuramente raggiunge l’obiettivo di creare un’offerta di qualità e qualificata ma rischia
di essere invasiva e di avere pochi benefici per il sistema locale, in quanto dal
sistema attinge solo risorse di profilo basso e con basse remunerazioni;
• puntare più su luoghi dove ci sia ancora molto cammino da fare, che su località che stanno già in piedi da sole, in quanto è facile scontrarsi con limiti allo
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STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
sviluppo ulteriore, per esempio, la mancanza di acqua, di spazio edificabile,
di risorse umane da impiegare nelle iniziative di interesse da parte delle istituzioni.
176
Nello stesso tempo è indispensabile puntare su sistemi locali che esistono già
in quanto tali. Non si fa sviluppo locale dal nulla, ma solo esportazione di progetti calati completamente dall’alto con risorse esterne. I progetti devono valorizzare le risorse presenti sul territorio, modellando il progetto su queste. In presenza di insufficienze nella dotazione del sistema si deve in prima istanza adottare politiche per far crescere le risorse locali e solo al limite integrare con risorse esterne. Va assolutamente evitata la tentazione di importare un modello dall’esterno, per quanto perfetto appaia a priori.
Oltre alla vera e propria progettazione tecnica, la progettazione integrata impone alcune condizioni che in molti casi andranno create con azioni preventive.
La prima azione riguarda sicuramente la formazione delle risorse umane.
Questa deve avvenire a due livelli. Innanzitutto è necessario prevedere una
formazione per gli operatori pubblici che verranno coinvolti, anche quando
essi siano in possesso delle competenze tecniche richieste. La progettazione
integrata impone infatti di passare dalla cultura dell’eseguire a quella del progettare, da una del conservare a una del valorizzare, da una del “mi compete”
a quella del “fare insieme”. In molti contesti pubblici la progettazione integrata impone di uscire dalle procedure consolidate per avviarsi nel campo
della sperimentazione. Ne discende quindi che i responsabili dei progetti
devono essere guidati a comprendere come realizzare gli obiettivi prefissati
nei limiti dell’azione amministrativa.
Parallelamente deve essere avviata una formazione rivolta al mercato del lavoro e mirante a creare profili di competenze adeguati alle nuove professioni del
turismo. Questo permette di evitare il tanto criticato modello di sviluppo del
turismo nelle regioni arretrate, con il quale le professioni specializzate meglio
remunerate restano appannaggio di esperti esterni, mentre al mercato locale del
lavoro vengono offerti soltanto posti di lavoro di basso profilo, generici e con
bassi salari.
Un problema che è anche generalizzato delle regioni con ritardo di sviluppo,
sia nelle regioni meridionali italiane sia, in misura probabilmente maggiore, nei
paesi del Nord Africa, è quello dello start-up di imprese. Dove il problema ha
radici culturali o di mancanza di risorse, il progetto deve predisporre strumenti
di sostegno di tipo generico (microcredito, servizi di consulenza, formazione) e
specifico per i progetti culturali (convenzioni in presenza di eventi, frammentazione delle gare per la concessione dei servizi connessi alla valorizzazione, semplificazione delle procedure di gara, ecc.).
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Dove invece gli ostacoli alla nascita di un tessuto di piccola imprenditoria
sono di tipo istituzionale è necessario che il progetto di sviluppo locale negozi
con le autorità competenti degli spazi di azione per l’iniziativa privata. Il problema dell’adeguamento degli strumenti legislativi alle nuove prassi della valorizzazione del patrimonio culturale è un tema che anima in Europa, e in Italia in
particolare, la letteratura teorica e la progettazione empirica. Chiaramente si tratta di un discorso molto ampio, con sviluppi diversi nei vari contesti nazionali.
Per questo motivo è anche fondamentale che le pratiche di programmazione
integrata avviate in modo sperimentale, in particolare con iniziative di cooperazione in vari Paesi, vengano adeguatamente rese note, affinché le difficoltà evidenziate dall’esperienza siano di indirizzo all’abbattimento dei numerosi ostacoli di tipo amministrativo che oggi si incontrano.
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STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
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STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Processi di integrazione
e strumenti di comunicazione
multimediale per la
valorizzazione delle risorse
turistico-culturali
di Maria I. Simeon
Il dibattito politico-istituzionale ed accademico, ma anche gli indirizzi strategici internazionali e le politiche comunitarie, supportati da numerosi riscontri
empirici, stanno sempre più evidenziando come le risorse culturali materiali ed
immateriali possano costituire componente di redditività e concept strategico
per lo sviluppo delle economie locali. Ciò ovviamente a condizione che il sistema
degli attori operanti sul territorio – economici, non economici ed istituzionali –
gestiscano tali risorse in maniera integrata: beni culturali, identità culturale, ambiente naturale e prodotti tipici devono essere inseriti in reti o sistemi di offerta.
D’altro canto, le risorse e i beni culturali costituiscono un capitale strutturato
e un fattore specifico di specializzazione del nostro sistema paese, in grado di
contrastare gli impatti negativi della globalizzazione dei mercati valorizzando i
propri elementi distintivi di identità ed autenticità, contro i rischi della banalizzazione e omogeneizzazione culturale (Simeon, 2000). Come è noto, i beni
culturali presentano in Italia le caratteristiche della rilevanza e della diffusione
territoriale: in molte attività, il nostro Paese ha maturato notevoli vantaggi competitivi, in particolar modo nel campo della ricerca teorica ed applicata, nell’artigianato artistico, nell’intera filiera produttiva del restauro e della conservazione. La dotazione di cui l’Italia dispone in termini di risorse culturali può determinare un reale e duraturo vantaggio competitivo se, oltre che sul fronte della
conservazione dei beni, verranno ulteriormente sviluppate le politiche relative
alla loro valorizzazione e fruizione1.
Va inoltre considerato che – sia nel dibattito teorico che negli indirizzi programmatici2 – da un lato si sta progressivamente estendendo il concetto stesso di
patrimonio culturale, fino a comprenderne elementi, oltre che materiali, anche
1
2
In questa direzione, è in corso una fase d’innovazione e trasformazione del settore, che va sempre
più sperimentando modelli organizzativi e gestionali ed interventi che prevedono un maggior
grado di autonomia degli istituti museali, una più ampia integrazione sia nel rapporto tra Stato ed
enti locali che tra pubblico e privato ed un più pronunciato orientamento al mercato.
Ciò viene confortato anche dai recenti orientamenti strategici internazionali come quelli Unesco
della Convenzione sul patrimonio intangibile, della Dichiarazione sulla diversità culturale e del
Programma “The Masterpiece of the Oral and Intangible Heritage of Humanity”.
179
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
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immateriali e intangibili fondati sul riconoscimento dell’identità delle comunità e sul valore della diversità che vanno dagli ambienti naturali antropotizzati (paesaggi culturali), alla produzione artistica, allo spettacolo, all’alto artigianato, alla filiera enogastronomia, alle culture tradizionali; dall’altro si pone
un’attenzione crescente all’elaborazione e sviluppo di modelli di gestione integrata di tali risorse culturali materiali e immateriali, utilizzando un approccio
sistemico, che supera una accezione del bene culturale meramente conservativa e/o economicistica.
Muovendo da queste considerazioni, cercheremo di porre al centro dell’analisi la risorsa culturale quale attrattore e volano di sviluppo per i settori del turismo culturale di qualità e dell’industria culturale nella sua accezione allargata,
ed in quanto tale in grado di:
• rafforzare i processi di identità culturale di aree territoriali;
• promuovere lo sviluppo socio-economico locale;
• sviluppare processi di sviluppo sostenibile dei flussi turistici.
1. Processi di integrazione tra risorse culturali – patrimonio,
identità locale, produzione artistica e dello spettacolo – e
sviluppo turistico
I beni culturali possono alimentare e sostenere i processi di sviluppo locale,
contribuendo alla competitività del territorio. Le risorse culturali, nella dotazione di un territorio, oltre che svolgere un ruolo identitario significativo per la
comunità, attraggono flussi significativi di turismo. In tal senso, i beni culturali
possono essere considerati come testimonial dell’unicità della destination; ne
deriva che l’efficienza-efficacia nella loro gestione è condizione di qualità
imprescindibile e soltanto in tali condizioni possono essere utilizzati quali
punti di forza delle strategie di comunicazione volte a promuovere l’affluenza
turistica (Stazio, 2004). Il perseguimento di obiettivi di efficacia-efficienza non
può a sua volta prescindere da logiche integrate che assicurino continuità tra
processi/attività all’interno della stessa filiera dei beni culturali. Se prendiamo
il museo come esempio emblematico, vediamo che senza le attività di recupero,
restauro, conservazione, ricerca – senza, cioè, le tradizionali attività del museo –
non è possibile produrre un valore d’uso, il percorso espositivo, che abbia un
valore di scambio: “un museo insegna ciò che lui stesso pensa” (Pinna, 1989).
Tale orientamento viene confermato anche in sede europea (programmazione 2007-2013), dalle
politiche di World Bank Group per i Paesi in via di sviluppo, dalla IADB (Inter-American
Development Bank) oltre che da tutte le organizzazioni impegnate a vario titolo nei programmi di
tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio (Icomos, Iccrom, Iucn, ecc).
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Il valore d’uso dei beni costituisce quindi un fattore di valorizzazione di ciò che
possiamo produrre, e di attività nelle quali il nostro Paese ha maturato competenze distintive; è quindi necessario assicurare coerenza tra attività di conservazione e tutela ed attività di comunicazione e fruizione, oggi spesso esternalizzate ed affidate a privati.
Premesso quindi che i processi di integrazione vanno ricercati a partire dall’interno della stessa filiera dei beni culturali, l’integrazione tra risorse culturali
del territorio – heritage, prodotti dell’identità locale (enogastronomia, artigianato artistico, culture tradizionali) e dell’industria culturale (spettacolo dal vivo,
danza, musica, ecc.) – rappresenta un investimento capace di trainare processi
di sviluppo socio-culturale ed economico per almeno altri tre ordini di motivi:
rafforza i processi di identità culturale ed eleva la qualità della vita dei residenti, produce innalzamento ed estensione sia del mercato culturale che del mercato turistico legato ad istanze di tipo culturale (Simeon, Stazio, 2006).
Secondo il primo punto di vista, l’integrazione tra risorse stimola un processo
di costruzione e rafforzamento dell’identità, che suscita orgoglio e senso di
appartenenza e rende più saldo il legame tra la comunità ed il territorio; tra l’altro, senza questo processo di sedimentazione culturale tra i residenti, qualunque
intervento di politica culturale e turistica calato dall’alto può determinare banalizzazione turistica e mercificazione della cultura.
In secondo luogo, i processi di integrazione tra heritage ed altri prodotti dell’industria culturale – ad esempio, produzione artistica e spettacolo – generano
benefici in termini di espansione del mercato culturale per residenti e turisti. Nei
consumi culturali non vale infatti il principio della “razionalità del consumatore”, per il quale i gusti sono invariabili e l’utilità diminuisce in modo proporzionale al consumo stesso (Benhamou, 2001). Al contrario, i consumi culturali
darebbero vita ad un interessante “circolo virtuoso”, in forza del quale quanto
maggiore è il livello di consumo di beni di natura culturale, tanto maggiori risultano l’apprezzamento e la propensione al consumo degli stessi, anzi il consumatore di arte e cultura svilupperebbe una vera e propria dipendenza (addiction)
entrando nella dinamica di consumo (Stigler, Becker, 1977): la moltiplicazione
delle offerte culturali ha, quindi, come effetto la moltiplicazione della domanda3.
Infine, ma non in ordine di importanza, una gestione coordinata e di qualità tra
risorse culturali crea “esternalità” positive nella filiera del turismo, producendo
benefici totali (diretti, indiretti e nell’indotto) nel sistema economico-territoriale
3
L’offerta culturale deve però articolarsi con continuità, stabilità e coordinamento. In particolare le
politiche pubbliche devono saper rispondere efficacemente alle esigenze del sistema della cultura in tutte le sue componenti: formazione, conservazione, ricerca, innovazione, produzione, distribuzione. Inoltre i finanziamenti devono essere certi, continuativi, assegnati con trasparenza e
secondo principi capaci di interpretare e valorizzare le caratteristiche produttive specifiche del
sistema della cultura.
181
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
182
di riferimento. In quest’ottica, una buona offerta culturale sul territorio supporta
politiche di destagionalizzazione dei flussi turistici, contrasta il fenomeno dell’escursionismo e sostiene l’aumento della permanenza media, attirando nel contempo target turistici desiderabili e con buona capacità di spesa. Sul mercato turistico, l’integrazione tra risorse va sostenuta anche tenendo conto che i visitatori
motivati esclusivamente all’heritage sono pochi, e la domanda esprime sempre
più esigenze di conoscenza, ma anche di svago e socializzazione; un’offerta culturale integrata, attenua la competizione tra prodotti culturali4, per connettere
insieme heritage e consumi culturali quali indispensabili corollari all’esperienza
di visita. Per aumentare il potenziale di attratività dei beni culturali a fini turistici vanno sviluppate azioni di policy tese ad estendere ed innalzare l’offerta culturale. Da un lato, vanno sostenute politiche di offerta integrate e differenziate
per target di utenza: ad esempio, possono essere incentivati itinerari minori
mediante facilitazioni o l’introduzione di biglietti cumulativi che comprendono
i trasporti e le visite a musei. Dall’altro, vanno sviluppati pacchetti che comprendano prodotti culturali diversificati, o che concentrano prodotti culturali in
un periodo di tempo (ad es., festival) o in un luogo (distretti artistici); queste iniziative esercitano un maggiore livello di attrattività e raggiungono quel mercato
più vasto di persone motivate solo in parte verso il prodotto culturale.
Per tutte le ragioni esposte va sostenuta, quindi, una offerta culturale caratterizzata da una elevata articolazione, qualità ed integrazione dei servizi culturali
e turistici rivolti all’utenza ed un marcato sviluppo delle filiere produttive collegate. Ciò presuppone la concertazione tra attori locali economici ed istituzionali e lo sviluppo sul territorio di una cultura e una pratica della relazione, del
consorzio e della rete.
In tal modo il territorio può assumere una identità forte e riconoscibile, in uno
scenario sempre più caratterizzato da una crescente varietà-variabilità ambientale e da una competitività a livello internazionale. Nel mercato turistico l’ambiente competitivo è infatti sempre più incerto e dinamico, con l’emergere di
nuovi bacini di origine e destinazione turistica, a causa della globalizzazione dei
mercati, dell’intensificarsi dell’innovazione tecnologica, della crescente differenziazione dell’offerta e complessità della domanda. In questo scenario, lo sviluppo sostenibile delle destinazioni turistico-culturali dipende in larga misura
dalla capacità di valorizzare le risorse e le competenze distintive di territori e
destinazioni turistiche, differenziando i prodotti e puntando in maniera strate-
4
Nel settore culturale l’ambito competitivo diventa sempre più dinamico per l’affermarsi di nuovi
media, per i rapidi cambiamenti che si determinano nelle modalità e tempi di fruizione, per le
modificazioni che intervengono incessantemente nelle tecnologie di produzione. In questo scenario si accentua la competizione tra forme di offerta sia diretta che indiretta e potenziale con altre
attività culturali e del tempo libero.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
gica e manageriale sui propri elementi di attrattiva per ottenere e rafforzare vantaggi competitivi.
A livello metodologico, ne deriva che la valorizzazione delle risorse del territorio deve fondarsi su di un approccio resource-based e sistemico; da un lato,
deve puntare sulla vocazione del territorio, sulle sue risorse di eccellenza e sulle
caratteristiche distintive dell’identità locale, dall’altro, deve concepire il territorio come un insieme di risorse tra loro collegate, che necessitano di una gestione congiunta. In quest’ottica, il prodotto turistico-culturale deriva dall’integrazione orizzontale, verticale e intersettoriale di una offerta che va al di là dell’heritage e dell’identità del territorio (prodotti di eccellenza, culture tradizionali), per estendersi alla produzione artistica e allo spettacolo5.
Con l’obiettivo di aumentare il valore del territorio nel suo complesso e la sua
attrattività per residenti e turisti, attivando un circolo virtuoso soddisfazioneattrattività-valore (Ancarani, 1999), al territorio andranno applicati gli strumenti dell’analisi strategica e del marketing propri dell’impresa, secondo una logica
orientata al mercato. Il marketing territoriale (Varaldo, Caroli, 1999; Ancarani,
1999; Valdani, Ancarani, 2000; Bellini, 2000) è volto a costruire, mantenere e
rafforzare rapporti di scambio vantaggiosi con gli stakeholder (marketing territoriale interno) e con i pubblici esterni di riferimento (marketing territoriale
esterno). Il territorio assume, quindi, assetti sempre più reticolari, e le sue finalità comunicative sono correlate e variano in funzione del tipo di utente a cui la
comunicazione è rivolta6. In particolare, in riferimento ai turisti, la comunicazione è orientata a rendere note le caratteristiche ed i principali elementi di
attrattività del territorio al fine di accrescerne il potenziale competitivo ed attrarre nell’area nuovi investimenti. A livello strategico, invece, il flusso comunicativo è finalizzato a sviluppare nel pubblico la percezione del posizionamento e
a diffondere lo “spirito del luogo” (Caroli, 1999), cioè la modalità intangibile
attraverso cui si esprime la vocazione del territorio.
Va inoltre tenuto presente che allo sviluppo dell’integrazione tra risorse territoriali è strettamente connesso il problema del modello di management. Questo
può avvenire secondo due modalità (Haimayer, 2003): in alcuni casi, fenomeni
5
6
La musica, il teatro, la danza, costituiscono produzioni culturali e un patrimonio strettamente
legato alla storia e al territorio: un fattore di identità che – se è fondante per i cittadini – rappresenta anche una caratteristica riconoscibile e distintiva dell’Italia fuori d’Italia: queste tradizioni e
questi settori produttivi esemplificano un modello sistemico che si compone di beni, saperi, capacità tecniche e perfomance.
È possibile individuare le tipologie di pubblico in base a due criteri (Caroli, 1999): il tipo di interesse verso il territorio e l’appartenenza o meno al territorio stesso. Il primo criterio definisce i soggetti acquirenti (reali o potenziali) del territorio ed i soggetti influenzatori di tali acquirenti, mentre il secondo distingue tra utenti interni (residenti) e turisti. La relazione con i pubblici interni è
identificabile con la soddisfazione, mentre quella con i pubblici esterni con l’attrazione (Valdani,
Ancarani, 2000).
183
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
184
di spontanea evoluzione partono dal basso; in altri casi, sempre più numerosi, i
confini delle destinazioni vengono tracciati dall’alto e il processo di formazione
delle destinazioni è gestito tramite la promozione e il sostegno delle amministrazioni pubbliche locali, oltre che delle relative organizzazioni turistiche. In
assenza di una leadership riconosciuta, sono infatti le istituzioni ed i policy
maker che, svolgendo una funzione di integratori delle risorse e delle competenze presenti nel territorio, assumono l’onere di includere i diversi stakeholder
nei progetti di sviluppo (Palmer, Bejou, 1995), di promuovere il consenso
(Bramwell, Sherman, 1999) e l’apprendimento collettivo generato da processi di
conversione della conoscenza tacita in conoscenza esplicita, codificata e trasferita (Saxena, 2005).
La competitività del territorio, che può essere sostenuta – come verrà
approfondito di seguito – anche mediante le tecnologie informatiche, non può
quindi prescindere dalla concertazione tra soggetti pubblici e privati. Lo sviluppo di una offerta turistico-culturale integrata può essere esemplificato come un
percorso a tappe: le risorse del territorio vengono riconosciute come potenziali
attrattori, rese accessibili, inserite in occasioni di fruizione e in prodotti turistici complessivi, infine commercializzate e promosse presso i mercati (Bencetti,
Rosato, Traclò, 2004). Ma è solo grazie alle capacità degli attori locali che le
risorse diventano attrattive ed il territorio si trasforma in destinazione turistica:
l’insieme delle risorse di un territorio ne determina quindi la vocazione, ma
deve essere posto al centro di un sistema organizzato di gestione, utilizzando
categorie di analisi, tecniche e strumenti propri del destination management
(Tamma, 2000; Manente, Cerato, 2000; Franch, Martini, 2002).
2. Internet per la valorizzazione integrata delle risorse
turistico-culturali
È stato evidenziato come nei territori e nelle destinazioni turistiche si stiano
attivando processi di crescente competizione; in questo scenario, le tecnologie
dell’informazione e della comunicazione (ICT) diventano cruciali per il successo delle destinazioni, quali infrastrutture elettroniche in grado di superare la
frammentazione dell’offerta e di sviluppare un sistema nervoso digitale intelligente (Pollok, 2000)7. L’elemento tecnologico permette di potenziare l’integrazione territoriale, ovviamente a condizione che siano gia presenti nell’area
forme di aggregazione e processi organizzativi. L’intensificarsi del confronto
7
La metafora sviluppata da Pollok vede l’industria turistica di una destinazione come un sistema
organico ed aperto guidato da un cervello, in grado di ricevere ed elaborare gli stimoli provenienti dall’esterno, così come di trasferire in periferia le elaborazioni centrali.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
competitivo tra territori richiede una crescente capacità, da parte dei gestori del
territorio – stakeholder rilevanti e soprattutto policy maker – di realizzare e promuovere, anche mediante l’impiego di tecnologie innovative, attività che creino
benefici addizionali per i fruitori interni ed esterni, nonché effettivi e potenziali, in modo da motivarli a mantenere e/o ad attivare il legame con il territorio.
Pur tenendo presente i molteplici prodotti e applicazioni ICT nel turismo
(Morvillo, Simeon, Vellecco, 2006), nonché i numerosi servizi tecnologici che
possono essere attivati a sostegno dei processi di integrazione tra attori e di valorizzazione delle risorse turistico-culturali nel territorio (Bencetti, Rossato,
Traclò, 2004), verrà qui esaminato, in particolare, l’apporto dato da Internet
all’interno delle tecnologie multimediali. Le caratteristiche della rete Internet da
un lato (Dematté, 2000) e alcune caratteristiche del mercato dei servizi turistici
dall’altro, hanno rappresentato le condizioni ideali affinché il mercato turistico
fosse, tra gli ambiti di applicazione di Internet, uno dei primi in senso storico
(Poon, 1993), nonché un contesto capace di registrare una elevata velocità di diffusione e di progresso delle applicazioni (Simeon, Vellecco, 2005).
Nel mercato turistico, non sussiste ormai alcun dubbio circa la capacità comunicativa e convenienza economica nell’attivazione di ambienti virtuali di comunicazione, relazione e transazione. Sotto il profilo dell’offerta, Internet può supportare ampi processi organizzativi di interazione tra operatori spesso di piccola
dimensione, e permette alle piccole imprese di competere con le grandi organizzazioni, mentre sul fronte della domanda contribuisce a rendere il turista più
informato, consapevole ed esigente. Internet incide infatti sia sulla configurazione dei modelli di business, che sulle modalità di creazione del valore per il cliente finale (Vernuccio, 2002): da un lato, ad esempio, abilita le PMI, rimaste escluse dalle logiche di integrazione nelle reti dominate dalle grandi imprese, ad
acquisire visibilità diretta presso il consumatore, bypassando uno o più stadi di
intermediazione. Dall’altro, i consumatori possono accedere direttamente al sistema di offerta territoriale, comparando prodotti e servizi e svolgendo un ruolo attivo nella composizione del pacchetto di servizi acquistato. Internet assume, inoltre, ruoli diversi nelle varie fasi del processo di acquisto del prodotto turistico e
mentre funge da canale di informazione nella fase di scelta della destinazione
turistica, terminata l’esperienza di visita diventa uno strumento per mantenere la
relazione con il territorio e la sua offerta (Checchinato, Gazzola, 2005). Inoltre dà
l’opportunità, mediante la multimedialità, l’ipertestualità e la realtà virtuale, di
veicolare informazioni complesse e di far sperimentare virtualmente il viaggio,
aggiungendo quindi una sorta di tangibilità al servizio: in questa prospettiva,
accresce il contenuto esperienziale della fruizione.
La flessibilità ed efficacia degli strumenti offerti dal web costituiscono un fondamentale strumento di supporto per valorizzare in un’ottica integrata le risor-
185
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
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se turistico-culturali e le competenze distintive della destinazione, per la promozione di un’immagine unitaria e per creare relazioni collaborative finalizzate
alla creazione e alla condivisione di conoscenza8.
Gli strumenti web di valorizzazione turistico-culturale del territorio possono
essere distinti tra comunicativi e transattivi (Premazzi, 2001). Alle finalità di
scambio comunicativo – da molti a molti (per esempio, forum); da uno a molti
(promozione); da uno a uno (e-mail) – vanno infatti aggiunte quelle di trasferimento di risorse immateriali o materiali: informazioni, e-commerce, e-service.
Le attività comunicative sono volte a dare visibilità alle peculiarità ed attività
produttive del territorio, mentre le attività transattive sono volte a erogare online beni e servizi, che generano benefici addizionali per i fruitori.
A seconda delle finalità perseguite, in via generale è possibile individuare le
seguenti categorie di strumenti web: di promozione turistica, di accoglienza turistica a distanza, di e-commerce e e-service e di indagine sulla domanda. La
prima categoria ha lo scopo di comunicare la rilevanza del territorio per incentivarne la visita, mentre la seconda è finalizzata alla prenotazione e/o acquisto
del viaggio e programmazione del soggiorno. Gli strumenti di e-commerce e eservice, che comprendono in qualche misura la tipologia precedente, sono rivolti al trasferimento di risorse materiali di beni e/o servizi. Uno strumento a parte
– che contribuisce al progressivo miglioramento del sistema creato ed all’arricchimento delle fonti informative da utilizzare per pianificare le strategie di
marketing – è dato dalla raccolta di informazioni sul consumatore, consente di
effettuare indagini sulla domanda e permette di memorizzare un profilo comportamentale nella navigazione, di orientare la comunicazione secondo i precedenti comportamenti in rete assunti dall’utente e di effettuare proposte di e-service e/o e-commerce personalizzate. Gli strumenti più complessi tra quelli
descritti integrano varie finalità, dato che l’interattività del mezzo web permette di creare percorsi di fruizione differenziati e con funzionalità graduali: dalla
sola comunicazione alla transazione parziale o completa on-line.
I soggetti emittenti di ambienti virtuali di comunicazione e relazione stanno
sempre più integrando tutte le funzioni che una buona accoglienza turistica
richiede – dalla promozione, all’informazione, all’erogazione di beni e servizi –
in una stretta interrelazione fra finalità promozionali, informative e comunicative e funzionalità capaci di garantire accoglienza turistica a distanza.
Naturalmente ciò suppone – al di fuori dalla rete telematica, ma comunque in
una logica di rete – di tessere le alleanze e consolidare le relazioni capaci di tradursi ipertestualmente in una pluralità di scelte e di offerte tali per cui il fruito-
8
Per un approfondimento sul ruolo di Internet a supporto della valorizzazione turistica del territorio, cfr. Simeon, Vellecco (2005).
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
re potenziale, giunto sul territorio virtuale, diventi un fruitore effettivo.
Ne deriva la crescente diffusione di siti web ad elevata valenza informativa,
complessità ipertestuale e potenzialità interattive, finalizzati non solo ad evidenziare le peculiarità, le caratteristiche uniche e non trasferibili né riproducibili del territorio (ambiente e beni culturali), ma soprattutto a dare visibilità alle
attività produttive e ad erogare on-line beni e servizi: vendita di biglietti aerei,
ricerca e prenotazione dei trasporti, ricerca e prenotazione di alberghi e ristoranti in base alle esigenze – di spesa, logistiche, di servizi – dell’utente, vendita
di pacchetti di viaggio, di prodotti tipici, di guide turistiche, prenotazione di
visite guidate, prenotazione e vendita di biglietti per musei, spettacoli, ecc.
Internet infatti svolge anche un ruolo, proprio degli intermediari, di composizione dell’offerta, ossia di integrazione di componenti elementari di servizio in
un pacchetto completo; tale attività costituisce un passaggio fondamentale nei
processi di creazione di valore per il turista, in quanto permette di ridurre la
complessità dell’organizzazione del viaggio.
In questa direzione si stanno muovendo i portali turistici che promuovono
specifiche aree geografiche utilizzando il web come strumento per collegare gli
operatori del sistema locale di offerta con il mercato e con gli utenti finali.
Numerose e varie sono, da un lato, le esperienze concrete e le applicazioni realizzate, dall’altro le analisi tese a ricondurre tali applicazioni a modelli trasferibili ed imitabili. In particolare, la progressiva evoluzione dei portali realizzati,
accompagnata da una crescente ricchezza di funzionalità ed opzioni, sembra
riflettere la profonda trasformazione dei modelli di consumo turistico, segnando il passaggio da un uso modulare ad un uso reticolare del territorio (Pollarini,
2005). Mentre nel primo caso il portale territoriale assolve a poche semplici funzioni di incoming, informazioni su attrattive ed eventuale assistenza9, nel secondo caso il portale da strumento meramente informativo si trasforma in strumento anche suggestivo, in grado di vendere un’esperienza, e diventa il luogo in cui
questa esperienza inizia ad essere vissuta e percepita come tale. In tal modo, il
portale offre supporto già nella costruzione o nella ridefinizione dell’immagine
di una destinazione, che risulta frutto della combinazione tra fattori di tipo
razionale/informativo e fattori di tipo emozionale (Beerli, Martìn, 2004).
A seconda del grado di coinvolgimento degli attori locali e della ricchezza
informativa e servizi offerti, è possibile individuare tre diverse categorie di portali turistici (De Angelis, 2004): informativi, di collegamento e integrati o
Destination Management System (DMS)10.
9
10
Si tratta di funzioni tipiche dell’Ufficio di Promozione Turistica.
I portali informativi hanno una funzione prevalentemente promozionale, realizzata attraverso la messa
in rete di banche dati e l’accesso telematico alle informazioni ed ai servizi turistici erogati nella destinazione. Di solito, l’attività di gestione e immagazzinamento dati è svolta quasi esclusivamente da un
187
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
188
Questi ultimi rappresentano l’ultimo stadio evolutivo tra i modelli di e-business per la promozione e la gestione delle destinazioni. Oltre agli aspetti di elevata complessità tecnologica, vanno considerate le notevoli implicazioni organizzative, manageriali e di coordinamento legate alla partecipazione di numerosi attori, all’esistenza di rapporti di competizione oltre che di cooperazione, alla
definizione delle politiche comuni o differenziate in termini di qualità e di prezzo. In tal senso, i DMS richiedono una vera strategia di Internet marketing e la
presenza, nella località, di organismi di coordinamento che svolgano funzioni
manageriali (destination management). Gli attori locali sono, infatti, fortemente
coinvolti sia nella definizione e nell’aggiornamento dei contenuti, sia nella
gestione delle transazioni e delle prenotazioni, ed il successo della singola
impresa è strettamente legato al successo dell’intero network, basato sulle capacità sviluppate da ogni membro di collaborare con gli altri partner, sulla reciproca fiducia, sulla capacità di pianificare e sviluppare le risorse locali (Della
Corte, Sciarelli, 2003).
Per il futuro, nuove e crescenti opportunità per la promozione integrata del territorio sono offerte dai fenomeni di convergenza tra televisione, telefonia e personal computer che, attraverso l’aggiunta di componenti capaci di condividere
standard tecnologici e di interconnessione, raggiungono l’obiettivo della interoperabilità combinando le prestazioni dei tre sub-sistemi per progettare servizi
integrati capaci di massimizzare la generazione di valore per il cliente (Martini
2000, Buhalis, Licata, 2002). Nuove sfide si pongono, dunque, al destination
management, per realizzare le strategie di sviluppo del territorio, mentre servizi
sempre più complessi concorrono a rafforzare le azioni di marketing. Una prima
sfida consiste nello sviluppo di contenuti e informazioni adatti ad essere distribuiti attraverso differenti piattaforme11 (Buhalis, Licata, 2002); un’ulteriore sfida
è invece connessa all’integrazione delle competenze tecnologiche all’interno dei
network di stakeholder destinati a pianificare e a realizzare le azioni di sviluppo
e di marketing.
unico soggetto della pubblica amministrazione locale. I portali di collegamento prevedono, in aggiunta alle funzionalità dei portali informativi, la possibilità di prenotare e/o acquistare i principali servizi turistici offerti nella destinazione, grazie al collegamento tra il portale – il cui obiettivo è quello di
attrarre potenziali turisti – ed i siti dei singoli fornitori di servizi, attraverso i quali avviene la reale
transazione. In questa tipologia, è coinvolto un maggior numero di operatori locali, coordinati per
omogeneizzare le modalità di presentazione della propria offerta. I portali integrati (DMS) riguardano
paesi, regioni o destinazioni, dove è possibile trovare informazioni turistiche sull’area, descrizioni dei
siti e delle principali attrazioni, così come pacchetti e prodotti turistici venduti da operatori locali. I
DMS si caratterizzano per una rilevante complessità tecnologica dovuta sia alla necessità di gestione
di vasti database – che implicano la definizione di standard, la classificazione, la gestione e l’aggiornamento dei dati – sia alla necessità di integrare piattaforme Intranet, Extranet ed Internet.
11
Si sviluppa, così, in parallelo, un nuovo ambito competitivo, quello dei fornitori di contenuti digitali (e-content), che definiscono il loro posizionamento in funzione delle opzioni tecnologiche prescelte per la distribuzione.
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
Un’offerta culturale di qualità può supportare validamente l’offerta turistica di
un territorio e, a sua volta, la valorizzazione turistica può costituire uno strumento e fornire risorse per sostenere gli investimenti necessari ad un’offerta culturale di qualità.
Questa prospettiva di analisi tende, in qualche misura, a ricomporre le logiche
divergenti, se non conflittuali, che intercorrono tra heritage, produzione artistica e dello spettacolo e turismo culturale. L’integrazione tra risorse culturali
tende alla costruzione e al rafforzamento dell’identità locale, incoraggia l’innalzamento culturale della domanda stessa, riduce i rischi ed i danni connessi sia
alla mercificazione della cultura che alla banalizzazione turistica del patrimonio
di identità culturale, soggetto, in molti casi, a ridursi a stereotipo e folklore in
manifestazioni avulse dalle loro radici storiche, culturali e sociali. Un turismo
di qualità può al contrario contribuire alla rinascita di una produzione artistica
identitaria del territorio e può sostenere, creare e diffondere la produzione culturale, mentre la produzione culturale può entrare nell’offerta territoriale di
destinazioni poco note o non particolarmente competitive.
Uno sviluppo virtuoso in questo senso resta però subordinato alla crescita,
innanzitutto sul territorio, di una cultura e una pratica della relazione, del
consorzio e della rete. In altre parole, è necessario che fra i diversi attori dell’offerta e policy maker si attuino accordi di tipo culturale ed economico, attraverso un lavoro di concertazione e di integrazione. A queste condizioni
Internet, in quanto tecnologia di connessione, facilita le esigenze di coordinamento tra gli attori coinvolti e permette ricomposizioni del sistema di offerta
nel territorio, anche attraverso l’aggregazione di operatori in ambienti virtuali. In tal senso, rappresenta una nuova modalità di governance dei sistemi di
imprese destinata ad essere utilizzata come volano di sviluppo locale dai
policy maker.
Internet offre significative opportunità per costruire, consolidare ed alimentare i vantaggi competitivi delle destinazioni attraverso la costruzione di
ambienti virtuali di comunicazione e di relazione; da un lato, imprime un’accelerazione alla competizione tra le destinazioni turistiche non più basata solo
sulla dotazione di risorse materiali ma anche, e soprattutto, sulla capacità di
generare risorse immateriali di conoscenza e di fiducia, dall’altro concorre a
differenziare le destinazioni rispetto ad altre concorrenti, in modo da estenderne la notorietà e quindi la fruibilità. Internet costituisce elemento di connessione del complesso reticolo relazionale tra gli attori della destinazione,
concorre a rendere visibili anche destinazioni meno note rispetto a quelle già
affermate sul mercato turistico (Buhalis, 2000) ed offre l’opportunità di stabilire una forte interdipendenza con il target (Pastore, Golinelli, Ricotta,
Vernuccio, 2002). Permette inoltre al fruitore di elaborare una immagine della
189
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
destinazione molto prima dell’esperienza di visita (Rayport, Sviokla, 1995) e
rafforza infine nella mente del consumatore una visione sistemica del complesso ed eterogeneo paniere di prodotti tangibili ed intangibili che compongono la destination.
190
STRUMENTI, ESPERIENZE, INDIRIZZI
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193
PROFILI DEGLI AUTORI
Arturo Agostino è avvocato, ricercatore senior dello IEREF. Amministratore delegato di Officine
Rambaldi spa. Consulente per conto di enti e società di rilevanza nazionale in materia di sviluppo delle risorse umane e di accesso ai finanziamenti comunitari. Esperto in progetti di valorizzazione del patrimonio culturale, tra cui il Parco della Grancia e l’Istoriale di Cassino.
Direttore editoriale della Literalia srl.
Emilio Cabasino è archeologo, valutatore di progetti culturali, esperto del lavoro nei beni culturali. È laureato in Topografia antica, specializzato nella medesima disciplina e ha conseguito, in Francia, il Mastère Spécialisé Européen Management des Entreprises Culturelles. Dopo
aver collaborato a ricerche archeologiche svolge da quindici anni attività di ricerca, consulenza e formazione su temi relativi all’economia della cultura e del management culturale, per
istituzioni pubbliche e private italiane e straniere. Lavora come libero professionista e in forma
associata, con ECCOM (Centro Europeo per l’Organizzazione e il Management Culturale), da
lui stesso fondato con altri specialisti. È autore di numerosi articoli su questi argomenti e del
libro I mestieri del patrimonio. Professioni e mercato del lavoro nei beni culturali in Italia,
Franco Angeli, Milano, 2005.
Carla Maurano è esperta internazionale di gestione integrata del patrimonio materiale ed
immateriale e dei paesaggi culturali. È consulente Unesco, Icomos e Banca Mondiale. Collabora
con istituzioni nazionali ed internazionali, università italiane e straniere e agenzie non governative per l’elaborazione di progetti e programmi tesi a conciliare la conservazione del patrimonio con lo sviluppo socio-economico sostenibile e duraturo delle comunità locali, nel
rispetto delle diversità culturali e del patrimonio intangibile. È consulente per la compilazione di linee guida e per l’allineamento dei progetti alle buone pratiche internazionali.
Marco Meneguzzo è professore ordinario di Economia delle aziende e amministrazioni pubbliche (public management) presso l’Università di Roma 2 - Tor Vergata. A partire dal 1994 ha
svolto attività di docenza in corsi universitari e post universitari di formazione sui temi della
organizzazione e del management culturale presso Università italiane (Bocconi e Roma Tor
Vergata) ed europee (ESADE Spagna, USI Svizzera). Ha seguito numerosi progetti di introduzione e sviluppo di formule gestionali nel settore culturale (Fondazioni, Fondazioni di partecipazione e Istituzioni) e ha collaborato sui temi del management culturale con Federculture
e Formez.
Marcello Minuti è economista d’azienda, consulente per la P.A. in tema di gestione dei servizi
culturali, monitoraggio e valutazione delle politiche pubbliche; responsabile operativo di
Federculture Servizi srl, società di diretta emanazione di Federculture, per la quale cura lo sviluppo dei progetti, il coordinamento degli uffici e l’attività di sviluppo. Ha curato, tra gli altri,
i progetti Campania Artecard, Piano strategico ETI, Monitoraggio e Valutazione delle politiche
nel campo della cultura e dello sport della Regione Sardegna (Innovacultura, Innovasport,
Innovaspettacolo). Docente per master post universitari su materie relative alla gestione dei
beni culturali.
195
PROFILI DEGLI AUTORI
Gianpiero Perri si occupa di programmazione e di ricerca socio-economica per conto di organismi privati di ricerca, di organismi transnazionali e di enti pubblici. Dal 2001 collabora con
il Premio Oscar Carlo Rambaldi per la progettazione e realizzazione di iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale. È stato componente della Commissione per l’Arte – Musei
Virtuali del MiBAC (2001-2003). Dal 2003 collabora con il CNR ed è attualmente membro del
Comitato scientifico del dipartimento patrimonio culturale di Roma. Dal 2005 è Presidente
196
dell’Institut Européen de Recherches Etudes et Formation. È attualmente Commissario
Straordinario dell’Azienda di Promozione Turistica della Basilicata.
Elena Ragazzi è ricercatrice presso il Ceris, Istituto di ricerca del CNR finalizzato allo studio
dell’economia applicata e dell’impresa. I suoi principali ambiti di ricerca riguardano lo sviluppo locale, la valorizzazione dei beni culturali, la valutazione delle politiche pubbliche. È
responsabile dell’Osservatorio sui distretti tecnologici, di numerosi progetti di ricerca ed è
professore a contratto presso il Politecnico di Torino.
Maria I. Simeon è ricercatrice e project manager presso l’Istituto di Ricerche sulle Attività
Terziarie (IRAT) del CNR di Napoli. Si occupa di gestione dei servizi turistici e dei beni culturali. L’attività di ricerca si focalizza sulla valorizzazione economica delle risorse culturali e
sullo sviluppo turistico sostenibile nel Mezzogiorno e in diverse aree del Mediterraneo. Ha
acquisito competenze specifiche nella progettazione e nel coordinamento scientifico in progetti di ricerca e di alta formazione di rilievo nazionale e internazionale. Attualmente è impegnata sui temi dell’integrazione tra risorse culturali, turistiche e produttive per lo sviluppo
locale di aree territoriali.
Martina Treu ha lavorato per diversi teatri italiani e stranieri, e per le Università di Pavia,
Venezia e Brescia. Attualmente svolge attività di ricerca presso l’Università IULM di Milano.
Collabora con le riviste Hystrio e Diario della Settimana e alla drammaturgia di spettacoli teatrali. Ha pubblicato articoli e volumi su Aristofane (Undici Cori Comici) e su riscritture e allestimenti moderni del dramma antico (Cosmopolitico Il teatro greco sulla scena italiana contemporanea).
Michele Trimarchi (Ph.D., Buckingham) è professore ordinario di Analisi economica del diritto presso l’Università di Catanzaro, e insegna Economia della cultura presso l’Università di
Bologna. È responsabile scientifico del Master in Arts and Heritage Management presso la
Luiss Business School, e del Master in Music and Opera Management presso l’Università
Cattolica di Milano. Ha fatto parte (2000-2006) dell’Executive Board of Association for Cultural
Economics International. È componente dei Comitati Scientifici del Sistema Impresa e
Cultura, della lacet Life Economy Foundation, della Fondazione dei Musei Senesi, della
Fondazione Università IULM, dell’Osservatorio dello Spettacolo in Emilia-Romagna. Fa parte
del Direttivo dell’Associazione per l’Economia della Cultura, del Comitato di Redazione della
rivista Economia della Cultura, e dell’Editorial Advisory Board della rivista Creative
Industries Journal.
Le collane del Formez
197
Quaderni
1.
2.
Quarto rapporto nazionale sulla
formazione nella P.A. – Lo scenario della
formazione nel sistema delle autonomie
locali
(maggio 2001)
La riforma del welfare e le nuove
competenze delle amministrazioni
regionali e locali
(giugno 2001)
3.
Patti territoriali e Agenzie di sviluppo
(giugno 2001)
4.
Il ruolo delle Agenzie locali nello sviluppo
territoriale
(luglio 2001)
5.
Comuni e imprese – 56 esperienze di
Sportello unico
(ottobre 2001)
6.
Progetto Officina – Sviluppo locale e
eccellenza professionale
(febbraio 2002)
7.
Quinto rapporto nazionale sulla
formazione nella P.A. – Lo scenario della
formazione nel sistema delle autonomie
locali
(maggio 2002)
8.
9.
Lezioni sul nuovo ordinamento
amministrativo italiano
(ottobre 2002)
Le Province nell’attuazione del Piano di
e-government
(novembre 2002)
10. Integrazione dell’offerta formativa – La
normativa nazionale
(aprile 2003)
11. Sesto rapporto nazionale sulla
formazione nella P.A. – Lo scenario della
formazione nel sistema delle autonomie
locali
(maggio 2003)
12. L’amministrazione liberale – Appunti di
lavoro
(giugno 2003)
13. La valorizzazione sostenibile della
montagna
(giugno 2003)
14. Governare lo sviluppo locale – Le aree
protette marine della Sardegna
(giugno 2003)
15. Le Agenzie di sviluppo al Centro Nord –
Strategie di rete e comunità professionali
(giugno 2003)
16. Contabilità ambientale negli Enti locali
(giugno 2003)
17. Le Agende 21 Locali
(giugno 2003)
18. Integrazione dell’offerta formativa –
Normativa regionale
(luglio 2003)
19. Piani di azione e politiche di innovazione–
Il caso dello Sportello unico
(dicembre 2003)
20. Le autonomie locali nelle Regioni a
Statuto speciale e nelle Province
autonome
(marzo 2004)
21. La Pubblica Amministrazione e il sistema
delle imprese – Rapporto di ricerca
(marzo 2004)
22. La comunicazione pubblica – Linee
operative
(giugno 2004)
198
23. La semplificazione amministrativa nelle
Regioni
(giugno 2004)
38. Note e commenti sul sistema
amministrativo italiano – 2004 (3 voll.)
(ottobre 2005)
24. Settimo rapporto nazionale sulla
formazione nella P.A. – Lo scenario della
formazione nel sistema delle autonomie
locali
(luglio 2004)
39. Autonomia tributaria e federalismo
fiscale
(novembre 2005)
25. La formazione nella P.A. che cambia –
L’esperienza del Ministero dell’Ambiente
(luglio 2004)
26. L’attrattività dei territori nelle politiche di
internazionalizzazione
(ottobre 2004)
27. La governance dell’internazionalizzazione
produttiva – Il laboratorio
(ottobre 2004)
28. La governance dell’internazionalizzazione
produttiva – L’osservatorio
(ottobre 2004)
29. La comunicazione interna nella P.A.
regionale e locale
(novembre 2004)
30. La public governance in Europa (7 voll.)
(dicembre 2004)
31. Nuovi soggetti della governance esterna
(dicembre 2004)
32. L’analisi di impatto della regolazione in
dieci Paesi dell’Unione europea
(gennaio 2005)
40. Nuovi profili di accountability nelle P.A.
(2 voll.)
(novembre 2005)
41. Il governo della salute – Regionalismi e
diritti di cittadinanza
(dicembre 2005)
42. Autonomia regionale e unità della
Repubblica
(dicembre 2005)
43. La contrattazione integrativa nei
comparti della P.A. – Quadriennio
2001/2004
(febbraio 2006)
44. Sostenibilità urbana e decentramento –
La Rete dei Municipi di Roma per
Agenda 21 Locale
(febbraio 2006)
45. Scenari e tendenze della formazione
pubblica
(marzo 2006)
46. I livelli essenziali delle prestazioni –
Questioni preliminari e ipotesi di definizione
(giugno 2006)
33. Le risorse culturali – Studi di fattibilità ed
esperienze di gestione
(gennaio 2005)
47. Nono rapporto nazionale sulla
formazione nella P.A. – Lo scenario della
formazione nel sistema delle autonomie
locali
(luglio 2006)
34. Scenari per il ‘buon governo’ delle Regioni
(aprile 2005)
48. L’amministrazione per Sportelli
(ottobre 2006)
35. Qualità nei Servizi per l’Impiego – Sistemi
locali e nuovi strumenti di rilevazione
(aprile 2005)
49. I confronti di performance tra Comuni
come strumento di apprendimento
(ottobre 2006)
36. Ottavo rapporto nazionale sulla
formazione nella P.A. – Lo scenario della
formazione nel sistema delle autonomie
locali
(luglio 2005)
50. La semplificazione tra Stato, Regioni e
Autonomie locali
(novembre 2006)
37. L’empowerment degli Sportelli unici
(settembre 2005)
51. Note e commenti sul sistema
amministrativo italiano in contesto
internazionale. 2006 (3 voll.)
(dicembre 2006)
Strumenti
1.
Il contenzioso nel lavoro pubblico
(maggio 2001)
2.
Modello e strumenti di valutazione e
monitoraggio dei corsi RIPAM
(luglio 2001)
17. Il ruolo delle Province in materia di
viabilità
(febbraio 2004)
18. Investimenti pubblici e processo decisionale
(maggio 2004)
3.
Appunti di programmazione, bilancio e
contabilità per gli Enti locali
(gennaio 2002)
19. Manuale per il responsabile dello
Sportello unico – Regione Campania
(maggio 2004)
4.
Project Cycle Management – Manuale
per la formazione
(marzo 2002)
20. Manuale per il responsabile dello
Sportello unico – Regione del Veneto
(luglio 2004)
5.
Il governo elettronico – Rassegna
nazionale e internazionale
(marzo 2002)
21. Il contratto di servizio – Elementi per la
redazione e la gestione
(luglio 2004)
6.
Il governo delle aree protette
(aprile 2002)
7.
Il contenzioso nel lavoro pubblico –
L’arbitrato
(aprile 2002)
22. Guida alla progettazione dell’offerta
formativa integrata
(luglio 2004)
8.
9.
Common Assessment Framework – Uno
strumento di autovalutazione per le
pubbliche amministrazioni
(giugno 2002)
Il controllo di gestione negli Enti locali
(luglio 2002)
10. Comunità di pratiche, di apprendimento
e professionali – Una metodologia per la
progettazione
(dicembre 2002)
11. Modello e strumenti web based di
valutazione e monitoraggio dei corsi
RIPAM
(marzo 2003)
12. L’impresa artigiana e lo Sportello unico
per le attività produttive
(marzo 2003)
13. Programmazione e realizzazione di
progetti pubblici locali – Un sistema di
monitoraggio degli interventi
(giugno 2003)
14. Manuale per il responsabile dello
Sportello unico – Regione Lombardia
(giugno 2003)
15. Manuale per il responsabile dello Sportello
unico – Regione Emilia-Romagna
(settembre 2003)
16. Il sistema normativo della Protezione civile
(novembre 2003)
23. Programmazione e gestione della
formazione – Il sistema Informal
(novembre 2004)
24. Manuale per il responsabile dello
Sportello unico – Regione Piemonte
(dicembre 2004)
25. La governance locale – Linee guida per
i Comuni
(agosto 2005)
26. Il lavoro coordinato e continuativo nella
P.A. – Linee guida
(settembre 2005)
27. La finanza di progetto – Esperienze a
confronto
(ottobre 2005)
28. La governance locale – Linee guida per
le Province
(novembre 2005)
29. La governance locale – Linee guida per
le Comunità montane
(dicembre 2005)
30. Le garanzie nel sistema locale delle
comunicazioni: le deleghe ai Co.Re.Com. –
Linee guida per le materie delegate
(dicembre 2005)
31. Manuale per il responsabile dello
Sportello unico – Regione Lazio
(dicembre 2005)
32. Le misure del cambiamento nella P.A. –
Indicatori di performance
(febbraio 2006)
199
33. La governance locale. Strumenti e
buone pratiche (6 voll.)
(maggio 2006)
34. Scenari della riforma dell'Unione
europea
(dicembre 2006)
Collana Azioni di Sistema per la Pubblica Amministrazione
200
1.
Sportello unico e servizi alle imprese – Le
azioni delle Regioni
(novembre 2002)
2.
L’impatto economico dello Sportello
unico
(novembre 2002)
3.
Scambio di innovazioni tra
amministrazioni
(aprile 2003)
4.
Il Bilancio di Competenze – Una
proposta per la Pubblica
Amministrazione
(giugno 2003)
5.
Progetti Integrati e sviluppo territoriale –
Regioni Obiettivo 1
(luglio 2003)
6.
L’attuazione della riforma del welfare
locale (2 voll.)
(agosto 2003)
7.
Le politiche di incentivazione del
personale nella P.A.
(agosto 2003)
21. Riforma del welfare e gestione dei servizi
sociali – Quadro normativo e strumenti di
lavoro
(dicembre 2004)
8.
Lo sviluppo delle risorse umane – Casi di
sistemi premianti
(agosto 2003)
22. Lo sviluppo dei sistemi turistici locali –
Regioni Obiettivo 1
(dicembre 2004)
9.
Lo Sportello unico e le politiche regionali
per le imprese
(dicembre 2003)
23. Gli osservatori provinciali sociali
(febbraio 2005)
10. Modelli di gestione per i Progetti Integrati
Territoriali
(dicembre 2003)
11. Governance e sviluppo territoriale
(dicembre 2003)
12. Le competenze delle Agenzie di sviluppo –
Sperimentazione in Calabria e Sardegna
(dicembre 2003)
13. Il partenariato socioeconomico nei
Progetti Integrati Territoriali
(dicembre 2003)
14. Apprendimento e cambiamento
organizzativo nella P.A. – Tre casi europei
a confronto
(aprile 2004)
15. L’esperienza dei PIT – Studi di caso
(aprile 2004)
16. La formazione continua nella P.A. –
L’approccio integrato di Gymnasium
(aprile 2004)
17. Lavoro pubblico e flessibilità – Manuale
operativo
(maggio 2004)
18. Gestione delle procedure telematiche di
acquisto nelle P.A. – Linee guida sul
marketplace
(maggio 2004)
19. Sistemi informativi per i Progetti Integrati
Territoriali
(luglio 2004)
20. Percorsi evolutivi dei Piani Sociali di Zona –
Analisi di sfondo
(novembre 2004)
24. Strategie di utilizzo del marketplace nelle
amministrazioni pubbliche
(marzo 2005)
25. Sviluppo territoriale, Agenzie e Pubblica
Amministrazione – Interpretazioni e
pratiche innovative
(maggio 2005)
26. La programmazione sanitaria –
Metodologie e strumenti di valutazione
per le Regioni e le Aziende Sanitarie
(giugno 2005)
27. Dai sistemi di qualità alla qualità di
sistema – La domanda-offerta di
formazione per la P.A.
(dicembre 2006)
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Finito di stampare nel mese di marzo 2007
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