trasparenze antiche dalle città vesuviane

Vega Ingravallo*, Maria Stella Pisapia**
Trasparenze antiche dalle città Vesuviane:
frammenti di lapis specularis da Pompei e da Ercolano
Abstract: The diaries of the excavation of Pompeii and Herculaneum gave news of discoveries of windows, skylights and glass
porches. Also specify that the glasses were lapis specularis, which is sometimes classified as mica, sometimes as talc. The Archaeological
Museum of Naples and in the stores of Pompeii, preserved numerous plates of lapis cut into rectangles, usually 11 x 22 cm and
Pompeii are metal grates of the windows both in situ and in the stores. Herculaneum in the house of the Skeleton, a horizontal grille,
in small nymphaeum, is to assume a skylight and glass windows, of which the frame charred remains, in the house of the Mosaic.
Pompei ed Ercolano, pur essendo cittadine
dell’Italia meridionale e godendo di un clima
mite, per la loro vicinanza al mare, erano esposte al vento e alla brezza marina, specialmente
in inverno.
Esaminando la planimetria delle domus salta
subito all’occhio dell’osservatore che la distribuzione degli ambienti verteva spesso su ampi
spazi porticati (peristilia) che circondavano
giardini (viridaria), sui quali si affacciavano le
varie stanze della zona estiva della casa: cubicula, triclinia, oecus ecc. La zona invernale della
domus si sviluppava intorno all’atrio, al centro
del quale c’era l’impluvium con il compluvium, il
tablinum ed i cubicula invernali spesso privi di
finestre, e se c’erano aperture, queste erano
piccole all’esterno e strombate verso l’interno,
con lo scopo di catturare la luce ad illuminare
la stanza, inoltre erano così alte da non permettere sguardi indiscreti. La forma di queste
aperture era pensata per evitare introspezioni
dall’esterno e per proteggere l’intimità degli
abitanti, mentre nei piani superiori aperture e
logge incombevano anche sulla strada.
Nelle grandi ville, però, come ad esempio le
ville di Stabia, finestrature più grandi si aprivano sul panorama del golfo. a Pompei, la Villa
di Diomede e la Villa dei Misteri, dato il leggero dislivello del pianoro di Pompei da Nord/
Est a Sud/Ovest, si sviluppavano in architetture gradonate verso il panorama, così come
le case-ville arroccate sulle mura dell’Insula
Occidentalis.
Le finestre in genere avevano lastre di vetro o
di lapis specularis; il vetro, infatti era stato già inventato da molti secoli, ma solo verso il I sec.
d.C. era stata scoperta la tecnica che permetteva la soffiatura della massa vetrosa. Dapprima
si crearono vasi con pareti sottili forgiati liberamente sia dentro forme di pietra che ceramica, per poter avere una superficie decorata a
rilievo. il passo fu breve per pensare di soffiare
la massa vetrosa in lunghi cilindri che, una volta aperti con le forbici, potevano essere spianati, riscaldando nuovamente l’oggetto fino a
realizzare lastre che potevano anche arrivare
a 1,5 m.
Il vetro però era costoso1 per cui, si preferiva
un materiale meno caro, traslucido, opalescente e dalle caratteristiche particolari: la così detta petra specularis o lapis specularis. Si tratta di un
materiale naturale, “gesso” o “talco” o “vetro
vulcanico” (mica) che aveva la proprietà di essere tagliato in lastrine sottili in un modulo
Architetto. Soprintendenza Archeologia Speciale di Napoli e Pompei.
Collaboratore Soprintendenza Archeologia Speciale di Napoli e Pompei.
1
Secondo l’Edictum Diocletiani, (XVI, 1-2 e 5), del 301 d.C., il calmiere dei prezzi indicava il costo del vetro a 24 denari la libra,
mentre quello del Lapis Specularis a 8 denari la libra.
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Vega Ingravallo, Maria Stella Pisapia
Fig. 1. Pompei, deposito Casa Bacco. Grata in ferro, dalle Regio I, IX.
Fig. 3. Pompei, Casa dell’Apollo, Citaredo (I, 4, 25), Peristilio.
Fig. 2. Pompei, grata, in situ, nella casa I, 9, 8.
più o meno fisso di cm 11 x 20, anche se per
le finestre più grandi ne sono state trovate
di cm 25 x 25. Dette lastrine venivano utilizzate montate su telai a maglia rettangolare o
quadrata costituiti da una serie di piattine di
ferro o bronzo larghe circa cm 2 nelle quali,
attraverso fori, erano infilati tondini verticali che formavano un graticcio (Figg. 1 e 2), il
quale veniva irrigidito montandolo su un telaio in legno di sezione cm 4 x 4. All’interno
del reticolo le lastrine erano saldate con stucco
o malta, frammenti delle quali sono stati trovati in situ, come nella casa di Paquio Proculo
(I,7,1) a Pompei.
Le lastre più grandi erano invece impiegate
per chiudere finestre-lucernario o oculi fissi
che assicuravano luminosità agli ambienti an-
2
Plinio, N.H., XXXVI, 18-22.
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che pubblici come, per esempio, nelle Terme
del Foro a Pompei e nelle Terme di Ercolano
o nelle terme private della Villa di Diomede
a Pompei. Anche i peristilia avevano i portici
chiusi fra le colonne da vetrate montate su telai di legno, come nella Villa dei Misteri, o vere
e proprie finestre vetrate, come nel peristilio
fenestrato della casa dell’Apollo Citaredo (I, 4,
25) (Fig. 3) a Pompei o nella casa dell’Atrio a
mosaico di Ercolano (Fig. 4).
Esaminando le notizie reperite nei diari di scavo e le descrizioni di coloro che scavarono nel
‘700 e nell’‘800, si evidenzia il fatto che per il
lapis specularis c’era una grande confusione sul
tipo di materiale, difatti veniva definito a volte
“talco”, a volte “gesso” e a volte “mica”, ma la
cosa certa era che veniva differenziato dal vetro, del resto anche gli scrittori antichi confondevano i vari tipi di materiali, come ad esempio Plinio, il quale confonde la “mica” con il
gesso cristallino e lo spato gessoso2. In epoca
moderna, poi, lastrine provenienti da Pompei
e conservate al Museo Archeologico di Napo-
Trasparenze antiche dalle città Vesuviane: frammenti di lapis specularis da Pompei e da Ercolano
Fig. 5. Lastra da Pompei
Fig. 4. Ercolano, Casa dell’Atrio a mosaico.
li, presumibilmente di gesso vengono classificate come “talco”3, mentre quelle di Ercolano
sono classificate come “mica” (Figg. 5, 6).
In base alle notizie reperite abbiamo diviso i
manufatti in: finestre, lucernari e portici vetrati.
Finestre
La prima menzione di una finestra in lapis specularis è del 1772, riferita dal Winkelmann4 il
quale dice che “in un casino antico dissotterrato a
Pompeja” si trovò bellissima vetrata, di poco
più di tre palmi (circa 80 cm), quadrata composta da tanti vetri di circa un palmo l’uno, di
una “perfezione cristallina”.
In quegli anni si scavava la Villa di Diomede,
come riferisce il Fiorelli5 che in data 15 Febbraio 1772 dice di aver svuotato una stanza
nella quale sono stati ritrovate 40 lastrine di
lapis specularis da finestra6. In data 14 Novembre 1772, sempre nella Villa di Diomede si
scavava nel calidarium e nella sala adiacente, in
entrambe furono trovate lastre di finestra in
lapis specularis di circa 25 cm, ed anche il telaio
di legno che le conteneva7, per cui abbiamo
proposto la ricostruzione della finestra resa
Fig. 6. Frammenti di lastra da Ercolano.
Fig. 7. Pompei, Villa di Diomede, calidarium.
possibile dalle misure dei vetri e dalla larghezza del telaio che, aggiunto a quello delle
lastre, poteva entrare perfettamente nel vano
della finestra (Figg. 7, 8).
Al Museo di Napoli si conservano un centinaio di lastrine delle dimensioni di cm 11 x 22 circa, classificate come “talco”.
Winckelmann 1831, VII, p. 37, n. 59.
5
Fiorelli 1860, p. 263.
6
Questa notizia era stata riportata già da Breton 1855, p. 242, il quale dice che i vetri sono stati trovati nella zona servile nel
lato occidentale della villa.
7
Fiorelli 1860, p. 267; vedi pure Chipiez 1896, p. 1039; cfr. Nissen 1877, p. 135.
3
4
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Vega Ingravallo, Maria Stella Pisapia
Fig. 8. Ipotesi ricostruttiva (arch. Vega Ingravallo).
Il Mazois8 nel 1829 riferisce che anche la finestra del tepidarium della Terme del Foro aveva
un telaio di bronzo del quale riporta le misure
ed il disegno, con scanalature nelle quali erano inseriti i vetri dello spessore di circa mezzo
centimetro9 che erano tenuti da bottoni girevoli per stringere ed erano stati ritrovati due
pannelli di lapis specularis. Anche di questa finestra (cm 75 x 75) è stata riproposta la ricostruzione in base alle dimensioni del vano in
situ (Fig. 9).
Negli anni 1910-1923, a Pompei, sulla via
dell’Abbondanza, Vittorio Spinazzola che
scavava la casa di Paquio Proculo (I, 7, 1)10,
nell’atrio rinvenne una delle finestre con la griglia ancora in situ, nella quale erano inserite 25
lastrine di “talco” della misura di cm 22 x 16
cm, tenute con stucco, formanti una finestra
di m 1,10 x 0,8011, anche di questa finestra è
stato possibile fare una ricostruzione in base
alle misure (Fig. 10). La finestra, assieme ad
Fig. 9. Pompei. Terme del Foro, Tepidarium. Ipotesi ricostruttiva (arch. Vega Ingravallo).
Mazois 1829, tav. L, pp. 76-77.
Breton 1855, p. 293.
10
Spinazzola 1953, pp. 70-71, fig. 76.
11
Alcune di queste lastrine sono conservate a Pompei nel deposito di Casa Bacco.
8
9
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Trasparenze antiche dalle città Vesuviane: frammenti di lapis specularis da Pompei e da Ercolano
Fig. 10. Pompei, Casa di Paquio Proculo (I, 7, 1). Ipotesi ricostruttiva (arch. Vega Ingravallo).
un’altra poco distante, era situata nella parte
alta della parete Ovest ad un’altezza di circa m 6, per catturare gli ultimi raggi del sole
al tramonto, difatti come si è detto prima la
funzione principale delle finestre era quella
di illuminare gli ambienti della casa dall’alba
al tramonto. Anche per la Casa dell’Augustale
(II, 2, 4), sempre sulla via dell’Abbondanza, lo
Spinazzola fa disegnare ad acquerello la porta
d’ingresso sulla quale c’era un finestrone claustrato, oggi scomparso, dove dietro la grata si
distinguono chiaramente lastrine di lapis specularis12 (Fig. 11).
Ad Ercolano, dal vestibolo della palestra vengono le lastrine di “mica” ritrovate sotto uno
dei due finestroni del lato Sud, (Fig. 12) ma
non c’è traccia del telaio di legno o notizie più
precise. Nella casa dell’Alcova sono ancora in
situ i telai di legno carbonizzato del triclinio
(Fig. 13), sulla parete contigua alla strada, con
le grate di ferro all’esterno. Il Maiuri, che sca-
vò la casa, dice di aver trovato incastrati nel
fango eruttivo grandi pezzi di lastre delle suddette finestre13, del resto anche il Romanelli a
proposito delle case di Ercolano dice che avevano le finestre chiuse con fogli trasparenti di
“talco”14.
Anche la pittura parietale ci ha restituito immagini di vuoti chiusi da lastre di lapis specularis, difatti la parete di II stile della casa di M.
Fabius Rufus (VII, 16, Insula Occidentalis 22),
piano inferiore, cubiculo 71, parete E, la quale
raffigura la facciata di un tempio, nella parte
alta della cella sono raffigurati due oblò di lapis
specularis sui quali rimbalza un raggio di luce15
(Fig. 14).
Lucernari
Nel 1854, il Niccolini16 dà notizia del ritrovamento, nella Casa n. 57 della via Stabiana di
Pompei, del tetto della cucina nel quale erano
inserite tegole lucernario, ovvero tegole nelle
Spinazzola 1953, pp. 134-135, fig. 157, Tav. VIII.
Maiuri 1958, pp. 388-393, fig. 326.
14
Romanelli 1811, p. 242.
15
Grimaldi 2006, pp. 402-403.
16
Niccolini 1854, pp. 5-6 Tav. I; vedi pure Brizio 1890, pp. 298-299 e Finati 1856, pp. 1-12 e Tavv. A, B.
12
13
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Vega Ingravallo, Maria Stella Pisapia
Fig. 11. Pompei, Casa dell’Augustale (II, 2, 4).
Fig. 12. Ercolano, vestibolo della palestra.
Fig. 13. Ercolano, casa dell’alcova, Triclinio.
quali erano inserite lastre di lapis specularis e
delle quali riporta il disegno (Fig. 15).
Ad Ercolano, nella Casa dello Scheletro, nel
ninfeo piccolo, si conserva una grata orizzontale in ferro a chiusura del vuoto dello spazio
aperto superiore (Fig. 16), questa grata è identica a quelle in situ a Pompei che chiudevano
le finestre, formata da piattine di circa 2 cm
nelle quali si inserivano tondini a formare la
grata (Fig. 1), per cui questa similitudine ci fa
pensare che ci troviamo di fronte ad un vero e
proprio lucernario vetrato, cosa che a Pompei
si potrebbe ipotizzare anche nella Casa della
Grata Metallica (I, 2, 28), nella quale una grata
di ferro chiudeva l’apertura superiore dell’impluvium (Fig. 17) e che ora ha una riproduzione ottocentesca, più semplice. Anche nella Fullonica di Stefanus (I, 6, 7) a Pompei, lo
Spinazzola osserva che i gocciolatoi del compluvium erano stati otturati perché questo era
diventato un lucernario in quanto l’impluvium
era stato trasformato in una vasca per l’ultimo risciacquo della lana lavorata17.
Portici vetrati
Una prima notizia sull’usanza di chiudere i
portici dei peristilia con sportelli vetrati si ha
da Plinio il giovane il quale, nel descrivere la
sua casa di Laurentum, dice di avere un portico a forma di D che offre un piacevole riparo
contro il cattivo tempo perché protetto da
vetri “nam specularibus ac multo magis imminentibus tectis muniuntur”18; anche il Winckelmann
riporta nei Monumenti Inediti una pittura
antica che rappresenta il Balneum Faustinae
con portici chiusi da vetri19 e nella Villa di Q.
Voconio Pollione vicino Roma, si rinvenne
una grande quantità di lastre di lapis specularis
facenti parte di una vetrata di almeno 10 m
lineari, ancora con i telaietti di metallo dorato20.
A Pompei, la Casa VI, 17, (Insula Occ. 3236), conosciuta come Casa di Polibio, aveva
un portico vetrato che chiudeva lo spazio del
giardino, il Breton21, infatti descrive minuzio-
Spinazzola 1953, pp. 776-779.
Plinio il giovane, Lettere, II, 17, 4-5 (1969) p. 132.
19
Winckelmann 1767, tav. 204.
20
Le lastre dello spessore dai 3 ai 16 mm, furono trovate ammucchiate in un corridoio di comunicazione col giardino, vedi
Visconti 1884, p. 159.
21
Breton 1855, pp. 265-266.
17
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Trasparenze antiche dalle città Vesuviane: frammenti di lapis specularis da Pompei e da Ercolano
Fig. 14. Pompei, casa di M. Fabius Rufus.
Fig. 15. Da Niccolini, tegole lucernario.
samente il portico che dice fatto da arcate e
pilastri ai quali erano addossate semicolonne,
ancora con i cardini sulle tavolette di marmo
dei plutei per ricevere i montanti del telaio
di legno degli sportelli (Fig. 18), anche il Mazois22 aveva dato notizia di questo ritrovamento eccezionale, dicendo pure che il lapis
era degno di essere paragonato ai più bei pezzi di vetro moderno.
A Pompei, molti portici di peristilia hanno nelle colonne grappe di ferro che dovevano reggere gli sportelli vetrati o di legno. L’esempio
più evidente è quello della Villa dei Misteri,
la quale, nei quattro angoli dell’edificio, presenta dei portici sotto i quali si aprivano le
finestre degli ambienti e delle quali sono stati fatti i calchi degli sportelloni di legno che
le chiudevano (Fig. 19); i portici esterni avevano chiusure vetrate in modo da assicurare
la luce, ma anche proteggere le camere dalle
intemperie. Sui plutei fra le colonne sono ancora visibili i cardini di bronzo sul piano di
marmo (Fig. 20), che permettevano agli sportelli di girare e sulle colonne ci sono i fori
per le grappe che dovevano reggere il telaio
di legno. In questo caso però, la chiusura fra
le colonne era fino ad una certa altezza, in
quanto a circa due metri di altezza dal pluteo
ci sono gli incassi della trave che conteneva
gli sportelli. Di questi portici abbiamo proposto una ricostruzione (Fig. 21) anche se
non abbiamo la certezza che i vetri siano stati
di lapis specularis, in quanto una villa di quella importanza avrebbe potuto averli avuti di
vetro. Anche ad Ercolano la Casa dell’Atrio a
mosaico conserva una vera e propria veranda
di legno carbonizzato sul giardino e finestre
con gli stipiti in legno, ma anche in questo
caso non abbiamo notizie certe sul tipo di
lastre.
22
Concludendo possiamo dire che questo tipo
di ricerca ci ha prospettato un’immagine di
Pompei e di Ercolano del tutto nuova perché si è visto che le superfici vetrate erano
molto diffuse, come si deduce dalle notizie
degli studiosi antichi ma anche dalle quantità
di lastre di lapis specularis conservate nei depositi di Pompei e del Museo Archeologico di
Napoli e dalle grate di ferro che si possono
osservare ancora in situ oltre a quelle conservate in deposito.
Fig. 16. Ercolano, casa dello Scheletro, ninfeo piccolo.
Mazois 1824, II, pp. 51-52, tav. XIII, fig. II.
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Vega Ingravallo, Maria Stella Pisapia
Fig. 17. Pompei, casa della grata metallica (I, 2, 28).
Fig. 18. Pompei, Casa VI, 17 (ins. occ. 32-36) da Ma
2015.
Fig. 19. Pompei, Villa dei Misteri, calco della finestra
del portico.
Fig. 20. Pompei, Villa dei Misteri. Pluteo con cardini.
Fig. 21. Pompei, Villa dei Misteri, proposta di ricostruzione della chiusure vetrate fra le colonne dei portici (arch.
Vega Ingravallo).
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