La filosofia si divide in tanti rami quanti sono i generi delle

De Cive, Lettera dedicatoria - 1642
La Filosofia si divide in tanti rami quanti sono i generi delle cose a cui la ragione
umana può applicarsi, e cambia nome secondo la diversità della materia che tratta. Se
tratta delle figure, si chiama Geometria; se dei moti, Fisica; se del diritto naturale,
Morale; e tutte sono Filosofia; così come è tutto Oceano il mare che qui è detto
britannico, lì Atlantico, altrove Indiano, dai lidi che bagna. Gli studiosi della
Geometria hanno molto ben coltivato il loro campo. Difatti, tutto quell’aiuto alla vita
umana che si può trarre dall’osservazione delle stelle, dalla descrizione della terra,
dalla misura del tempo, dalle lunghe navigazioni; tutto quel che appare di bello negli
edifici, di solido nelle fortezze, di meraviglioso nelle macchine; tutto quel che
distingue i tempi moderni dall’antica barbarie, è quasi completamente un beneficio
della Geometria; poiché quello che dobbiamo alla Fisica, la Fisica stessa lo deve alla
Geometria.
1. definizione hobbesiana di ‘ Filosofia’; 1.1. in che cosa differisce dalla Filosofia intesa in
senso classico? 1.2. in che cosa differisce da quella cartesiana?
2. ruolo della Geometria secondo Hobbes
Se i filosofi morali avessero compiuto i loro studi con esito altrettanto felice, non
vedo come l’ingegno umano avrebbe potuto contribuire meglio alla propria felicità in
questa vita. Se si conoscessero con ugual certezza le regole delle azioni umane come
si conoscono quelle delle grandezze in geometria, sarebbero debellate l’ambizione e
l’avidità, il cui potere s’appoggia sulle false opinioni del volgo intorno al giusto e
all’ingiusto; e la razza umana godrebbe una pace così costante, che non sembrerebbe
di dover mai più combattere, se non per il territorio, in ragione del continuo aumento
della popolazione.
3. limiti e problemi della Filosofia morale
4. cause dell’ infelicità umana
Ora, invece, la guerra, con le armi o con la penna è continua; non si sa nulla di più
oggi di quel che non si sapesse una volta di diritto o di leggi naturali; ogni partito
difende il proprio diritto trincerandosi dietro a teorie filosofiche; alcuni lodano e altri
biasimano la medesima azione; uno stesso individuo approva ora quel che in un altro
momento aveva condannato, e usa due pesi e due misure nel giudicare, quando sono
gli altri a compiere le stesse sue azioni; tutto questo è un segno ben chiaro che gli
scritti pubblicati sino ad oggi dai filosofi morali sono serviti ben poco alla
conoscenza della verità; e che questi scritti sono piaciuti, non perché illuminavano le
menti, ma perché confermavano con parole ornate e secondano le passioni di chi le
ascoltava, opinioni già accettate imprudentemente. A questa parte della Filosofia
tocca la stessa sorte delle strade pubbliche, che tutti imboccano percorrendole in su e
ingiù; alcuni vi camminano per diletto; altri vi attaccano una lite; ma non vi si
conclude nulla.
5. Hobbes qui descrive la situazione culturale inglese alla vigilia della I guerra civile. Come
viene descritta tale situazione?
6. Di chi ne è la maggiore responsabilità?
7. Qual’ è dunque il compito vero della Filosofia?
L’unica ragione di questo risultato negativo sembra essere che nessuno di quelli che
hanno trattato tale materia ha scelto un giusto punto di partenza per la sua teoria. Il
punto d’inizio di una scienza non si può prendere a nostro piacere, come su una
circonferenza. Una specie di filo conduttore del ragionamento comincia nelle stesse
tenebre del dubbio, e seguendone la guida si può arrivare alla chiarezza più luminosa;
da questo punto bisogna tornare indietro a far luce sui dubbi ancora da sciogliere.
Tutte le volte che uno scrittore ha abbandonato quel filo per incapacità, o lo ha
spezzato attratto da altri desideri, si è messo a, scrivendo, sulle tracce non già della
scienza, ma dei suoi errori.
8. Inizia la descrizione del metodo hobbesiano. Quale analogia scorgi (per ora) con quello
cartesiano?
Perciò, quando ho diretto i miei studi alla ricerca dalla giustizia naturale, sono stato
avvertito dal nome stesso di giustizia, che significa una volontà costante di attribuire
a ciascuno ciò che gli spetta, di cercare prima perché qualcuno dica sua una cosa
piuttosto che altrui. Essendomi risultato che ciò proveniva non dalla natura, ma da un
accordo degli uomini (quel che la natura ha loro offerto, gli uomini se lo sono poi
distribuito tra loro), sono passato ad un’altra questione, cioè da quale vantaggio e da
quale necessità siano stati spinti gli uomini a preferire di possedere in proprio quello
che prima era di tutti. Così ho notato che dall’essere tutto in comune doveva essere di
necessità seguire la guerra, e da essa ogni genere di disgrazia, dato che gli uomini si
contendevano colla violenza l’uso di ogni cosa; ma dalla guerra tutti rifuggono per
natura.
9. Ricostruisci a ritroso il percorso logico che parte dalla giustizia per arrivare alla guerra.
Ho trovato, dunque, due postulati sicurissimi della natura umana: 1) il desiderio
naturale, per cui ciascuno richiede per sé l’uso di cose che sono in comune; 2) la
ragione naturale, per cui ciascuno si sforza di evitare una morte violenta come il più
grande dei mali naturali. Partendo da questi principi mi pare d’aver dimostrato in
questo mio scritto, con la massima evidenza e il massimo rigore, la necessità di
stringere patti e tenervi fede, e quindi gli elementi della virtù morale e dei doveri
civili.
10. In che senso quelli esposti sono ‘postulati’? In senso proprio o metaforico? Spiega
11. Quali conseguenze Hobbes trae da tali postulati?
12. Qual è lo scopo pratico delle sue osservazioni?