Appunti di Relatività Ristretta

I.S.I.S.S. “A. Scarpa” – Motta di Livenza (TV) Liceo Scientifico Classe V A Anno Scolastico 2007/2008 Appunti di Relatività Ristretta Escher ‐ Relatività Tutto è relativo! L’astuzia matematica di Lorentz Il pensiero innovativo di Einstein Le 4 dimensioni spazio‐temporali di Minkowsky A cura del Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” Un giornalista : “ Prof. Einstein, ci spieghi in parole povere cosa si intende per tempo relativo”. Einstein: “Pensi di stare in compagnia di una bella donna, il tempo sembra fuggire via; viceversa pensi si stare con i piedi sui carboni ardenti, un secondo sarà un’eternità.” “Il tempo si fonde, ma non si confonde con le variabili spaziali…” V. Fock Anno scolastico 2007/2008 Pag. 1 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” Appunti ‐ Relatività Ristretta Questi appunti non esauriscono l’argomento relatività, ma sono un supporto alla normale attività di docenza. Quindi è necessario integrare il tutto con appunti personali durante la lezione e la lettura del testo. Introduzione La teoria della relatività, elaborata da Albert Einstein all’inizio del XX secolo, è alla base dell’intera fisica moderna. Solo mediante la teoria della relatività si può dare una sistemazione completa all’elettromagnetismo e alla teoria della gravitazione; ed è solo grazie ad essa che la fisica nucleare e la fisica delle particelle elementari hanno potuto svilupparsi e avere le applicazioni ingegneristiche attuali. La teoria della relatività si può suddividere, anche storicamente, in due “fasi” successive: la relatività speciale e la relatività generale. Il problema di fondo, per risolvere il quale Einstein elaborò la propria teoria, è in ambedue i casi quello di dare una forma invariante, indipendente cioè dal sistema di riferimento, alle leggi fisiche. Per molto tempo si rimase convinti che l’unica risoluzione del problema fosse costituita dal “Principio di relatività di Galileo”. Secondo questo principio tutti i sistemi di riferimento “inerziali” sono equivalenti per la descrizione dei fenomeni meccanici. Ricordiamo che un sistema di riferimento è detto “inerziale” se in esso sono soddisfatte le tre leggi di Newton della meccanica. Comunemente si dice che il sistema delle stelle fisse (cioè un sistema avente come origine il centro del Sole e l’orientazione degli assi invariante rispetto alla posizione delle stelle fisse) è inerziale. Un sistema di riferimento solidale con la Terra non è inerziale in quanto la Terra è in moto rotatorio su se stessa. Gli effetti dovuti a questo moto sono però così piccoli che, in prima approssimazione, si possono trascurare e considerare la Terra un sistema di riferimento inerziale. Il principio di relatività venne dedotto da Galileo dallo studio dei fenomeni meccanici noti al suo tempo (basta ricordare il famoso esperimento della caduta dei gravi dalla torre di Pisa). Esso viene messo in discussione alla fine del XIX secolo in seguito alla scoperta dei fenomeni elettromagnetici. In modo particolare la formulazione maxwelliana dell’elettromagnetismo e la scoperta della natura elettromagnetica della luce portavano a contraddizioni molto profonde con il principio di relatività galileiano. Alcuni tra i più famosi fisici dell’epoca, in particolare il francese Jules‐Henry Poincarè e l’olandese Hendrik A. Lorentz tentarono di risolvere queste contraddizioni ma con scarsi risultati. Bisogna attendere il 1905, anno in cui viene pubblicato da Albert Einstein (1879 – 1955) sulla rivista “Annalen der physik” il famoso articolo intitolato Electrodynamic bewegter korpen (Sull’elettrodinamica dei corpi in moto) perché si riescano a superare le contraddizioni tra principio di relatività e teoria elettromagnetica. È in questo articolo che Einstein espone i concetti della sua teoria. La teoria della relatività di Einstein si basa su due postulati: • Le leggi della fisica devono essere le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali. • La velocità della luce è una costante, cioè è la stessa in tutti i sistemi di riferimento. Egli inoltre analizza a fondo i concetti di spazio e di tempo e dimostra, sulla base di due postulati, che né lo spazio né il tempo hanno carattere assoluto; ogni osservatore ha un suo proprio tempo e un suo proprio sistema di coordinate. Einstein dimostra inoltre, partendo dall’esistenza di un tempo proprio per ogni osservatore, che le trasformazioni di Galileo sono errate. Esse vanno sostituite con leggi di trasformazione più generali, note come “leggi di trasformazione di Lorentz”. Utilizzando queste leggi di trasformazione Einstein dimostra che le equazioni di Maxwell del campo elettromagnetico sono invarianti; non esiste quindi alcuna contraddizione tra principio di relatività ed elettromagnetismo. La teoria della relatività einsteiniana non si limita a spiegare i fatti sperimentali: partendo da essa si derivano una nuova cinematica Anno scolastico 2007/2008 Pag. 2 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” e una nuova dinamica, chiamate “relativistiche”, che sostituiscono la meccanica newtoniana. La dinamica relativistica è alla base di tutta la moderna ingegneria nucleare. Con la teoria della relatività Einstein stabilisce la completa equivalenza, per quanto riguarda la descrizione dei fenomeni fisici, di tutti i sistemi di riferimento inerziali; così facendo egli estende il principio di Galileo, valido per i soli fenomeni meccanici, a tutta la fisica. La teoria rimane però limitata ai soli sistemi di riferimento inerziali, da cui il nome di “relatività ristretta”. Il desiderio di generalità vorrebbe un principio di relatività valido anche per tutti i sistemi di riferimento, anche non inerziali. È ancora Einstein a risolvere il problema formulando la “teoria della relatività generale” nell’opera “Die Grundlage der aligemeinen Relativitätstheorie“ (I fondamenti della relatività generale), presentata nel 1916. egli dimostra l’equivalenza tra un sistema di riferimento inerziale e uno non inerziale in cui è presente un campo gravitazionale; si può cioè passare da un sistema di riferimento inerziale a uno non inerziale introducendo un opportuno campo gravitazionale. Su queste basi Einstein sviluppa una nuova teoria della gravitazione, che si sostituisce a quella newtoniana e che è alla base di tutta la moderna cosmologia. Relatività Galileana Si considerino due sistemi di riferimento inerziali, Σ0 (x,y,z) e Σ’0’ (x’,y’,z’), tali che Σ’ si muova di moto rettilineo e uniforme rispetto Σ con VELOCITA’ RELATIVA , ed in modo che l’asse x’ si muova rispetto ad x nella stessa direzione con velocità , ed y’e z’ parallelamente a rispettivamente a y, z con la stessa velocità. Inoltre si consideri , e quindi dopo che al tempo t0=0, un tempo t ,il Sistema Σ’ si trovi ad una distanza · . Nelle ipotesi appena fatte si sono dati per impliciti due concetti cardine della posizione galileana di relatività, dopo ereditati dalla meccanica Newtoniana, tali concetti sono: Principio di Spazio Assoluto ( ed infinito) : Lo Spazio misurato da un Osservatore solidale con Σ0, è sempre lo stesso sia per Σ che per Σ’. Lo spazio è da considerarsi INFINITO. Principio di Tempo Assoluto: Due Cronometri fissati in O e in O’, azionati all’istante t0=0, segnano sempre lo stesso tempo; quindi implicitamente si intende che il tempo t per Σ è sempre uguale al tempo t’ per Σ’ (t=t’) Se si considera un punto P solidale con Σ’ , le sue Coordinate, in un determinato istante t, nel sistema Σ’ saranno P(x’,y’,z’,t’), allo stesso momento le sue coordinate in Σ saranno P(x,y,z,t). SI FACCIA ATTENZIONE CHE OLTRE LE CANONICHE COORDINATE SPAZIALI SI E’ INTRODOTTA UNA QUARTA COORDINATA (o dimensione), IL TEMPO. In tale tipo di concezione può anche omettersi, per quanto detto sopra, ma ci Anno scolastico 2007/2008 Pag. 3 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” servirà come riferimento. Per trasformare le coordinate di Σ’ in quelle di Σ e viceversa si avra bisogno di queste due semplici TRASFORMAZIONI GEOMETRICHE, Traslazioni in questo caso particolare: Σ
Σ
, mentre viceversa Σ
Σ
Da questa impostazioni discende il celeberrimo Teorema dalla somma delle velocità. Se il punto P si muoverà con velocità di componenti ,
,
rispetto gli assi omologhi, e ricordando che nel caso che il punto P(x’,y’,z’) in Σ’, e P(x,y,z) in Σ, si muova le sue coordinate sono delle funzione in t e quindi si dovrebbero esprimere in questo modo P’(x’(t),y’(t),z’(t)), e quindi P(x(t),y(t),z(t)) :
Esempio: Un uomo corre con velocità v’x all’interno di un vagone ferroviario, e il vagone si muove con velocità V, un osservatore sulla terra ferma a quale velocità vedrà correre l’uomo sul vagone? L’osservatore vedrà l’uomo correre alla velocità vx = v’x+V Principio di Relatività Galileana : Tutte le leggi Meccanica ( e quindi si estende a tutte le leggi della fisica) sono le stesse in tutti i possibili sistemi di riferimento inerziali. O meglio, tutte le leggi della fisica sono invarianti rispetto le trasformazioni galileane. La teoria dell’elettromagnetismo non è invariante rispetto le trasformazioni galileane. La CRISI della Fisica. Come nell’esempio precedente si consideri un uomo su di un vagone ferroviario che si muove con velocità V, e l’uomo accende un torcia elettrica. L’uomo sul treno vedrà la luce propagarsi con velocità 3,00 ·
10 / , velocità costante determinata da MAXWELL, carta e penna, partendo dalle quattro celeberrime equazioni (Si ricordi che Anno scolastico 2007/2008 . Pag. 4 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” L’osservatore a terra, secondo il teorema della somma velocità vedrà la luce propagarsi alla velocità . Ma ciò è un paradosso, in quanto la velocità della luce non è più costante! E’ crisi della fisica! La velocità della luce calcolata da Maxwell, dovrebbe aver bisogno di sistemi “privilegiati di riferimento”. Insomma una legge delle fisica non è invariante rispetto le trasformazioni galileleane. Ciò va contro un principio di tutta la fisica, e quindi SCRICCHIOLA TUTTA LA FISICA. Ricordiamo che se le ipotesi di qualsiasi teoria vengono contraddette nell’ambito della stessa teoria, la teoria stessa viene a cadere per contraddizione e bisogna trovare nuove ipotesi che possano essere prive di contraddizioni. La velocità della luce e l’etere La contraddizione appena esposta, fu al centro di molte interpretazioni e nuove ipotesi. La comunità scientifica reagì, in modo conservatore e ipotizzo che la luce, radiazione elettromagnetica, non si potesse propagare nel vuoto. Infatti si suppose l’esistenza in una “fantasmagorica” sostanza che avvolgeva tutti e tutto chiamata “etere”. Così facendo si sarebbe distrutta la teoria Maxwell. Tale ipotesi creava un parallellismo tra le onde meccaniche, tra cui il suono, che ha bisogno di mezzo per propagarsi e la luce che avrebbe bisogno dell’etere per propagarsi. Invece la luce è capace di propagarsi nel vuoto, o meglio nello SPAZIO VUOTO! Torniamo all’etere, l’etere era inteso come mezzo immobile in cui tutto si muove. Quindi anche il moto di rivoluzione della terra attorno al sole si svolge nell’etere. Ma se indichiamo la velocità della terra, un osservatore sulla terra “POTREBBE PERCEPIRE UN VENTO D’ETERE” con velocità v e quindi potrebbe vedere propagarsi la luce con velocità compresa nell’intervallo ;
. Serviranno a questo punto delle prove sperimentali! L’esperimento di Michelson‐Morley Per verificare l’esistenza dell’etere e quindi la sua incidenza sulla velocità della luce, si ricorse ad un esperimento particolare che avrebbe permesso di rilevare anche le più piccole variazioni della velocità della luce dovute al vento d’etere. L’esperimento fu eseguito con un particolare tipo di interferometro così fatto Anno scolastico 2007/2008 Pag. 5 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” La posizione iniziale è stata quella del fascio di luce dell’emettitore è parallelo alla superficie terrestre e il rilevatore perpendicolare alla superficie terrestre stessa. Il fascio di luce emessa dalla fonte colpisce lo specchio semi‐riflettente e lo scinde in due fasci di luce che vanno a colpire i due specchi percorrendo le distanze d1 nel tempo t1 e d2 nel tempo t2. La differente distanza e l’influenza del vento d’etere fanno si che ∆
2‐t1 provochi un particolare spettro d’interferenza costituito da una particolare successione di frange d’interferenza. In seguito si ripete l’esperimento ruotando di 90° l’interferometro, così che la distanza d1 sia percorsa dalla luce, per il diverso effetto del vento d’etere, in un tempo t’1 e la distanza d2 in tempo t’2. Così facendo si avrà ∆
2‐t’1 , con ∆ ≠∆ . Questo dovrebbe produrre un diverso spettro di interferenza. Ma le ripetute prove effettuate, con strumentazioni sempre più sofisticate, e cambiando persino l’angolo di inclinazione rispetto la superficie terrestre con ampiezze comprese tra 0° e 90°, non hanno prodotto alcun cambiamento delle frange d’interferenza. Da ciò si dedusse che la luce si propagava in tutte le direzioni alla stessa velocità, non subendo l’azione del vento d’etere! Chi aveva ragione a questo punto …. Galileo e Newton oppure Maxwell? EINSTEIN ideò questo paradosso, a tal proposito, intuendo che c fosse costante e che Maxwell avesse ragione : “Un uomo viaggia alla velocità della luce c su di una navicella spaziale e parallelamente ad esso viaggia un raggio luminoso. L’uomo dovrebbe rilevare un campo elettromagnetico statico, quindi la luce non potrebbe esistere.” Le Trasformazioni di Lorentz – Un virtuosismo matematico per spiegare la propagazione della luce. Lorentz tentò di coniugare il tutto con un virtuosismo matematico, per spiegare l’ISOSTROPIA della propagazione della luce. Partendo dalle TRASFORMAZIONI DI GALILEO, già esposte precedentemente, le modificò introducendo tre parametri γ, a, b. Dopo innumerevoli tentativi riuscì a posizionarli nel modo giusto e riuscì ad ottenere un gran bel risultato che giustificava il fenomeno, ma fu Einstein a giustificarlo con un significato fisico adeguato. Anno scolastico 2007/2008 Pag. 6 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Reelatività ristreetta C
Classe V A – Li
iceo Scientificco “A. Scarpa”” delle nuove trasformazio
oni è la segue
ente: L’impostazione teorica d
omeno fisico particolarmente semplicce: supponiaamo di averee Per determinare γ , a e b consideriaamo un feno
me fissa in O,, la quale all’istante t=0 , in cui O’ paassa per O eemette un brreve segnalee una sorgentte puntiform
elettromagn
netico, che ssi propaga in tutto lo spazio circostan
nte formando
o un’onda sfferica il cui raaggio r 2 = x2 + y2 + z2 cresce con iil passare deel tempo . IIn S la equaazione della superficie d
dell’onda al tempo t
t dell segnale emessso al tempo
o t=0 sarà: x 2 + y 2 + z 2 = (ctt ) 2 (*) ccome volevamo una sup
perficie sfericca. Poiché le
e leggi dellaa fisica devono
o avere la stessa form
ma in tutti i sistemi dii riferimento inerziali, i
e la l velocità d
della luce de
eve avere ill m
medesimo va
alore in tali ssistemi ,in S’’ avremo: x ′ 2 + y ′ 2 + z ′ 2 = (ct ′) 2 Sostituendo
o le trasform
mazioni di sop
pra : γ 2 ( x 2 − 2vxtt + v 2 t 2 ) + y 2 + z 2 + = c 2 (a 2 t 2 + 2abxt + b 2 x 2 ) Cioè: x 2 (γ 2 − b 2 c 2 ) − 2 xt (γ 2 v + c 2 ab) + y 2 + z 2 = (a 2 − γ 2
v2 2 2
)cc t c2
principio di id
dentità dei po
olinomi si haa: Che deve esssere identicca alla (*), peer cui per il p
γ 2 − b 2 c 2 = 1;
γ 2 v + c 2 ab = 0;
a2 − γ 2
v2
= 1 c2
Risolvendo le tre equazioni a tre inccognite di sop
pra avremo:
2
1 2
2
2 v
, a
=
1
+
γ
, con γ =
b = 2 (γ − 1)
c2
c
2
1
1−
2
v
c2
Anno scolasticco 2007/2008 Pag. 7
Prof. G
Giulio Stringellii Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” Quindi b = −γ
v
e a = γ c2
Abbiamo quindi determinati le celebri trasformazioni di Lorentz: 1
γ
1
Le trasformazioni di Lorentz soddisfano il principio di reciprocità infatti se risolviamo il sistema di equazioni rispetto a x, y,z,t avremo: 1
γ
1
Che differiscono dalle precedenti solo per il segno di v ; il fattore γ non è cambiato in quanto dipende da (v / c) 2 . Notiamo che quando v → c allora γ → ∞ , mentre per v << c allora possiamo con buona approssimazione, considerare γ = 1 , ritornando alle trasformazioni di Galileo. Le trasformazioni delle velocità Quando un punto materiale P si muove la sua velocità è diversa a seconda che l’osservatore che la misura sia fermo nel riferimento Σ o Σ’. L’osservatore in Σ’ trova infatti: Anno scolastico 2007/2008 Pag. 8 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” ′ dx ′
′ dy ′
′ dz ′
; v y =
; v z =
vx =
dt ′
dt ′
dt ′
Mentre quello in Σ: vx =
dx
dy
dz
; v y =
; v z =
dt
dt
dt
Differenziando ambo i membri delle trasformazioni: dx ′ = γ ( dx − vdt ) ; dy ′ = dy ; dz ′ = dz ; dt ′ = γ ( dt −
v
dx ) ; c2
dividendo le prime tre equazioni per la quarta e , successivamente, dividendo le espressioni a destra per dt si ottiene: ⎧
⎪ ′
v −v
dx − vdt
= x
⎪v x =
v
v
⎪
dt − 2 dx 1 − 2 v x
c
c
⎪
⎪⎪
vy
1
dy
′ 1
=
⎨v y =
γ dt − v dx γ 1 − v v
⎪
x
⎪
c2
c2
⎪ ′ 1
vz
1
dz
⎪v z =
=
γ dt − v dx γ 1 − v v
⎪
x
⎪⎩
c2
c2
Le regole per la composizione delle velocità si riducono alle trasformazioni di Galileo per v/c<<1. Per chiarire il significato di tali trasformazioni consideriamo un caso semplice in cui : ⎧v x = v
⎪
⎨v y = 0 ⎪
⎩v z = 0
⎧ ′ vx − v
⎪v x =
vv
⎪
1 − 2x
c
⎪
⎪ ′
Le velocità in Σ’ saranno ⎨v y = 0
⎪ ′
⎪v z = 0
⎪
⎪
⎩
Ponendo v x = c avremo ′ c − v c (v − c )
vx =
=
=c v
v−c
1−
c
Ciò conferma il fatto che la velocità della luce ha lo stesso valore ne sistemi Σ e Σ’. Anno scolastico 2007/2008 Pag. 9 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” Il principio di relatività di Einstein. Abbiamo visto come i risultati sperimentali relativi alla propagazione della luce appaiano tra loro in contraddizione quando si cerchi d’interpretarli utilizzando l’ipotesi dell’etere come sede dei fenomeni elettromagnetici e le leggi di trasformazione galileiana per il passaggio da un sistema di riferimento a un altro in moto rettilineo e uniforme rispetto al primo. La spiegazione e il superamento di queste contraddizioni fu opera di Albert Einstein il quale pubblicò nel 1905 il celebre scritto “Sull’elettrodinamica dei corpi in moto”, nel quale veniva enunciata la teoria della relatività einsteiniana. Einstein innanzitutto estese il principio di relatività di Galileo, valido per i fenomeni meccanici, a tutti i fenomeni fisici, basandosi sul fatto che, sperimentalmente, i fenomeni elettromagnetici sembravano indipendenti dal moto rettilineo e uniforme della sorgente. Egli enunciò quindi il principio di relatività (ristretta): le leggi della fisica rimangono identiche in tutti i sistemi di riferimento in moto rettilineo ed uniforme uno rispetto all’altro. Una conseguenza immediata di questo principio è l’abolizione dell’etere. Infatti, se anche l’etere esistesse, non sarebbe in alcun modo distinguibile dagli altri sistemi di riferimento: questo, fisicamente, equivale a negarne l’esistenza. A questo principio Einstein aggiunse anche il seguente postulato, relativo alla propagazione della luce: la velocità di propagazione della luce è sempre la stessa, indipendentemente dal moto del sistema di riferimento in cui viene misurata. Questo risultato è pienamente confermato dal risultato dell’esperimento di Michelson e Morley, secondo cui la velocità della luce è indipendente dal moto della sorgente. In sintesi, Einstein poggiò le fondamenta della NUOVA teoria che mette d’accordo tutti e tutto; tali fondamenta sono i PRINCIPI DI RELATIVITA’ EINSTENIANA: Principio Zero: La velocità della luce nel vuoto deve avere lo stesso valore e in tutti i sistemi inerziali. Principio 1: Tutte le leggi della MECCANICA e dell’ELETTROMAGNETISMO devono essere invarianti in tutti i possibili sistemi inerziali. Principio 2: Se i fenomeni studiati si svolgono a velocità Lorentz) devono ridursi alle trasformazioni di Galilelo. , le nuove trasformazioni (Trasformazioni di Il concetto di tempo nella fisica relativistica. La simultaneità. Il principio di relatività di Einstein impone che le leggi dell’elettromagnetismo abbiano la stessa forma per due osservatori O e O’ in moto rettilineo uniforme uno rispetto all’altro. Sappiamo che questo non è vero per le equazioni di Maxwell, che non sono invariati per trasformazioni di Galileo. Per risolvere questa contraddizione bisogna abbandonare o le equazioni di Maxwell oppure le trasformazioni di Galileo. Ma le equazioni di Maxwell hanno avuto troppe conferme sperimentali per essere messe in dubbio. Sono le leggi di trasformazione di Galileo che, come mostrò per la prima volta Einstein, non sono corrette. Einstein riuscì inoltre a dimostrare che il punto debole delle equazioni di trasformazione di Galileo sta nell’assunzione di un tempo assoluto, indipendente dal sistema di riferimento. Come vedremo, questa ipotesi non ha alcuna giustificazione fisica, pur sembrando al senso comune logico e naturale. Anno scolastico 2007/2008 Pag. 10 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” Il concetto di tempo è intuitivo e tutta la nostra esperienza quotidiana ci dice che il tempo scorre. Nasciamo giovani e diventiamo vecchi con il passare del tempo; il sole sorge la mattina e tramonta la sera, che è più tardi della mattina. Un altro concetto intuitivo, legato alla nostra esperienza quotidiana, è quello di simultaneità: in base a esso ci capita sovente di affermare che degli eventi sono avvenuti “contemporaneamente”. Molte volte però noi usiamo la parola “simultaneo” in modo errato. Consideriamo infatti un treno immaginario, enormemente lungo, tanto che dal vagone di testa non si possa vedere il vagone di coda. Quando il treno si ferma due viaggiatori scendono, uno (A) dal vagone di testa l’altro (B) da quello di coda. In che modo possiamo dire se sono scesi simultaneamente? La risposta più banale è: fornendo a ciascuno un orologio e facendoci poi riferire l’ora in cui sono scesi. Il metodo sembra ragionevole, ma non tiene conto del fatto che un orologio potrebbe ritardare rispetto all’altro. Il problema diviene allora quello di poter “sincronizzare” gli orologi. Alla stessa distanza da A e da B mettiamo una sorgente luminosa S. S emette un raggio luminoso che viaggia sia verso A sia verso B. Ora, per il secondo dei due postulati di Einstein, il raggio luminoso si propagherà con la stessa velocità c sia nella direzione di A sia in quella di B, e quindi giungerà nel medesimo istante in A e in B. Quando la luce arriva ad A e B, entrambi regolano i loro orologi in modo da indicare la stessa ora, ad esempio le 12. In questo modo e solo in questo modo è possibile sincronizzare gli orologi e quindi parlare di simultaneità di due eventi. Il punto fondamentale di questo esempio sta nell’utilizzo del postulato d’invarianza della velocità della luce: senza questa assunzione non si può trovare alcun metodo logicamente corretto per sincronizzare gli orologi e quindi stabilire la simultaneità di due eventi. La domanda che sorge spontanea a questo punto è la seguente: se due eventi A e B sono simultanei per un certo osservatore S , essi risultano simultanei anche per una altro osservatore S’ in moto rettilineo uniforme rispetto ad S ? Consideriamo allora la seguente situazione: abbiamo cioè un treno in moto, con velocità v rispetto a un osservatore S, fermo a terra. Supponiamo che in A e B si accendano due lampade, e che questo avvenga, per l’osservatore S, simultaneamente. Vediamo cosa accade per un osservatore S’ solidale con il treno. Al momento dell’accensione delle lampade in A e in B i due ipotetici osservatori S e S’ si trovano nello stesso punto. Se il treno non si muovesse, i raggi di luce emessi da A e B raggiungerebbero S’ simultaneamente. Ma l’osservatore S’ si sta muovendo, rispetto ad S, incontro al raggio di luce proveniente da B, mentre sta “sfuggendo” al raggio di luce emesso da A. Quindi il raggio di luce emesso da B raggiungerà S’ prima di quello emesso da A e quindi per S’ l’accensione della lampada in B è avvenuta prima dell’accensione della lampada in A: per S’ i due eventi non sono simultanei. Il concetto fondamentale che si ricava dall’esempio riportato è il seguente: gli eventi che sono simultanei per un certo osservatore S non saranno in generale simultanei per un altro osservatore S’, in movimento rispetto ad S. Possiamo quindi affermare che ogni osservatore (sistema di riferimento) ha il suo tempo proprio. Lo Anno scolastico 2007/2008 Pag. 11 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” specificare un tempo o un dato intervallo di tempo ha significato solo quando venga specificato anche il sistema di riferimento cui ci si riferisce. Questo fatto è assolutamente nuovo nella fisica; prima dell’avvento della teoria della relatività al tempo veniva attribuito un carattere assoluto. Un’ipotesi del genere è però incompatibile con la più naturale definizione di simultaneità, come abbiamo visto nell’esempio precedente. Se abbandoniamo l’ipotesi del tempo assoluto, scompare anche l’incongruenza tra leggi di Maxwell e principio di relatività. Tale apparente incongruenza era legata alla legge di composizione della velocità; questa legge si basa però sulle trasformazioni di Galileo in cui il tempo è assunto essere lo stesso nei due sistemi di riferimento. Poiché questa ipotesi non è sostenibile, anche le trasformazioni di Galileo devono essere abbandonate. In che modo è allora possibile determinare il tempo e la posizione di un evento, rispetto a un osservatore S’, quando conosciamo il tempo o la posizione dello stesso evento rispetto a un osservatore S, in moto relativo rispetto ad S’ ? Bisogna trovare delle nuove leggi di trasformazione: queste leggi dovranno essere in accordo con i due postulati della teoria della relatività: in particolare dovranno essere tali per cui la velocità della luce nel vuoto rimanga la stessa per tutti gli osservatori, quale che sia il loro stato di moto. La contrazione delle lunghezze di Lorentz. Come diretta conseguenza, le trasformazioni di Lorentz portano a due importanti modifiche, poiché introducono il concetto di relatività in grandezze normalmente considerate assolute: la lunghezza e il tempo. La lunghezza di un corpo appare più corta se misurata quando il corpo è in movimento e più lunga quando il corpo è fermo. Un corpo lanciato alla velocità della luce ci apparirebbe di lunghezza nulla, mentre il suo orologio non camminerebbe! La misura della lunghezza di un oggetto, quando esso è in movimento rispetto al sistema di riferimento in cui avviene la misurazione, è minore del valore misurato quando esso è fermo (questo valore si chiama lunghezza propria) Supponiamo di dover misurare la lunghezza di un regolo di lunghezza L solidale con il sistema Σ’ (che si muove in modo solidale con Σ’) fissato per comodità sull’asse x’. Anno scolastico 2007/2008 Pag. 12 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” Nel momento iniziale del moto, quando il regolo è ancora fermo, la sua lunghezza L si misura in coordinate “simultanee” rispetto Σ, e tale lunghezza risulterà: con x2 e x1, le coordinate degli estremi del regolo in Σ e L0 Lunghezza a riposo . Mentre, una volta che il moto è iniziato il regolo si muoverà con il sistema Σ’, e la sua Lunghezza (relativistica) si misurerà in coordinate “simultanee” rispetto Σ’, tale lunghezza sarà: con x’2 e x’1, le coordinate degli estremi del regolo in Σ’ e L Lunghezza relativistica. (Relativa all’osservatore solidale con Σ ). Riprendendo le equazioni di Lorentz, si ha: 1
1
1
1
1
1
Questo risultato significa che: Rispetto ad un osservatore solidale con Σ, gli oggetti in moto APPAIONO contratti nella direzione del moto. Non si contraggono, ma appaiono contratti, e ritorneranno ad apparire a dimensione “normale” quando si fermeranno, a riposo! NON ESISTE PIU’ LO SPAZIO ASSOLUTO! Esempio: Un’astronave sfreccia sopra la testa di osservatore alla velocità di 0,9 c, se l’astronave misura a riposo 1Km, quanto sembrerà lunga all’osservatore? ,
· ,
Anno scolastico 2007/2008 Pag. 13 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” La dilatazione temporale di Einstein. Con il solito schema di sistemi inerziali, si considerino ulteriormente due cronometri fissati nell’origine dei sistemi Σ e Σ’. Cronometrando un qualsiasi evento, nell’uno e nell’altro sistema si ottengono i seguenti intervalli temporali: Σ
Σ Applicando la quarta equazione di trasformazione di Lorentz si ha: 1
1
1
–
1
1
1
1
L’intervallo di tempo T’ risulta essere dilatato rispetto a T. Pensando ad un evento che a riposo si compie in un secondo, a velocità prossime a quelle della luce, potrebbe diventare pressoché infinito per un osservatore sulla terra. Anno scolastico 2007/2008 Pag. 14 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” Osservazioni: La durata minima dell'intervallo di tempo è misurata da un orologio solidale con gli eventi; tale intervallo T viene chiamato tempo proprio. Si definisce tempo proprio di un corpo, il tempo misurato da un orologio che si muove insieme a quel corpo. Un osservatore che veda questo corpo in movimento può sempre risalire al tempo proprio, che sarà chiaramente diverso dal tempo misurato nel proprio sistema di riferimento, purché ovviamente conosca la velocità del corpo. Il tempo proprio appare quindi come un invariante della teoria, nel senso che tutti gli osservatori inerziali possono facilmente calcolarlo. Il tempo misurato da un orologio in movimento scorre più lentamente rispetto al tempo misurato da un orologio fermo, in modo tanto più evidente quanto più velocemente l'orologio si muove. In altre parole, il tempo misurato da una persona che corre rallenta, in modo tanto più evidente quanto più veloce essa corre. Questo rallentamento dello scorrere del tempo corrisponde a una dilatazione dei tempi, ossia degli intervalli di tempo misurati, per cui due eventi, contemporanei per un osservatore in quiete, non lo saranno più per un osservatore che si muova rispetto al primo. Ciascun osservatore non noterà alcun effetto sul "proprio" tempo, vale a dire per ciascuno di essi il tic‐tac del "proprio" orologio batterà sempre con la consueta velocità; ma tanto maggiore sarà la velocità relativa dei due osservatori, tanto più lento apparirà marciare all'uno l'orologio dell'altro. Paradossalmente, al raggiungimento della velocità limite della luce, i due osservatori, in moto relativo, vedranno fermarsi l'uno l'orologio dell'altro, pur continuando a veder camminare regolarmente il "proprio" orologio. In sostanza, se i due osservatori sono in moto relativo uniforme fra di loro, senza accelerare, né rallentare, né cambiare direzione, e hanno con sè orologi identici, ognuno dei due osserverà l'orologio dell'altro funzionare più lentamente. Vale a dire: esiste una perfetta simmetria tra i due osservatori, per cui ognuno dei due darà una descrizione analoga, ugualmente valida, del fenomeno. Anche nel caso della teoria della relatività ristretta, come per tutte le teorie è sempre necessario che ci siano delle verifiche sperimentali. La dilatazione temporale è stata confermata con un elevato grado di precisione da numerosi esperimenti eseguiti nei laboratori di fisica atomica dove studiando il tempo di vita delle particelle subatomiche, in quiete ed in moto, è possibile verificare appunto che le particelle in moto relativistico vivono più a lungo di quelle in quiete o comunque in moto newtoniano. Uno degli esperimenti più noti fu compiuto nel 1966, in un acceleratore di particelle al CERN a Ginevra: dei muoni (mesoni instabili), che si muovevano a una velocità di pari al 99,6% della velocità della luce, avevano una vita media esattamente 12 volte più lunga di quella dei muoni a riposo. Si noti che questo effetto è importante soltanto a velocità relativistiche, ossia a velocità che siano una considerevole frazione della velocità della luce. È chiaro però che nel momento in cui consideriamo eventi che si muovono a velocità molto basse rispetto a quella della luce vale la fisica classica. Ma cosa succede se il moto non è più uniforme? ‹ Paradosso dei gemelli A tale proposito, Einstein suggerì l'ormai famoso "paradosso dei gemelli" (anche se in realtà non si tratta di un "paradosso", in quanto viene spiegato completamente nel contesto dei due postulati della teoria della Relatività Ristretta). Anno scolastico 2007/2008 Pag. 15 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” "Se un organismo vivente, dopo un volo arbitrariamente lungo ad una velocità approssimativamente uguale a quella della luce, potesse ritornare nel suo luogo d'origine, egli sarebbe solo minimamente alterato, mentre i corrispondenti organismi rimasti, già da tempo avrebbero dato luogo a nuove generazioni." (Einstein, 1911) Ci sono due gemelli, inizialmente nello stesso posto e dotati di due orologi uguali, sincronizzati. Uno dei due gemelli rimane sulla Terra, mentre l'altro parte per un viaggio interstellare a bordo di un'astronave, la cui velocità, molto elevata, raggiunge l'80% di quella della luce. Al suo ritorno a Terra, l'orologio del gemello astronauta segna che sono trascorsi 30 anni (di tempo "proprio") dalla partenza, mentre quello del suo gemello, rimasto a Terra, quanti ne segnerà? ,
√ ,
·
Ne segnerà ben 50 dalla partenza dell'astronave. Poiché nel veicolo spaziale, in movimento ad altissima velocità, tutti i fenomeni scorrono più lentamente, nell'ipotesi che gli orologi biologici (ad esempio, le pulsazioni ritmiche del cuore, i battiti del polso) si comportino come gli ordinari segnatempo, anche l'invecchiamento avverrà con un ritmo più lento. In altri termini, dopo avere fatto questo viaggio a velocità elevatissime, ritornando sulla Terra, l'astronauta ritroverà il fratello gemello più vecchio di lui di ben 20 anni! In questo caso, poiché il gemello astronauta non compie un moto uniforme, ma deve necessariamente accelerare e decelerare per effettuare l'andata e il ritorno, la situazione non è più simmetrica: l'astronauta avrà, in effetti, vissuto di meno rispetto al suo gemello rimasto a Terra. Questo fatto è sorprendente, ma, di per sé, non paradossale. Il paradosso emerge se si tiene presente che anche per gli astronauti i fenomeni terrestri sarebbero rallentati, poiché essi vedono la Terra muoversi; per le stesse ragioni considerate sopra, essi potrebbero arguire che il gemello terrestre rimane più giovane, in contraddizione con le previsioni terrestri. Poiché non si tratta di opinioni soggettive, al ritorno dell‘astronave, si potrebbe comunque decidere quale delle due opzioni è vera, e quindi la relatività conterrebbe una vera contraddizione. L’errore che invalida queste ultime considerazioni, e che vanifica il presunto paradosso, è contenuto nella considerazione secondo la quale anche l‘astronave sarebbe un sistema inerziale, mentre le variazioni di velocità (accelerazione e decelerazione) mostrano chiaramente che l‘astronave non costituisce un sistema inerziale durante l‘intera missione. Per descrivere correttamente come appaiono gli eventi terrestri agli astronauti bisognerebbe conoscere le trasformazioni tra coordinate di sistemi non inerziali, ai quali non si applica il principio di relatività formulato all‘inizio di questo lavoro. Cioè, si dovrebbe ricorrere alla teoria della relatività generale.
Nonostante l'apparente irrealizzabilità, il paradosso dei gemelli è stato verificato sperimentalmente! Questo grazie a degli orologi atomici collocati a bordo di due aerei che volavano in direzioni opposte rispetto al pianeta: l'aereo che viaggia in direzione est somma la sua velocità a quella di rotazione della terra, dunque viaggia più velocemente di quello che viaggia in direzione ovest, e quindi deve segnare un tempo inferiore di alcune frazioni di secondo. Anno scolastico 2007/2008 Pag. 16 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” Questo effetto ha ricevuto recentemente un’ulteriore conferma: orologi molto precisi sono stati messi a bordo di aerei in viaggio intorno al mondo ed in seguito confrontati con orologi rimasti a Terra. Anche se l’effetto è piccolo, perché gli aerei ovviamente viaggiavano a velocità molto inferiori rispetto a quella della luce, si è visto che il tempo segnato dagli orologi che hanno viaggiato in aereo era diverso da quello segnato dagli orologi rimasti a Terra, in perfetto accordo con le previsioni della relatività (nei calcoli si è tenuto anche conto del rallentamento degli orologi in un campo gravitazionale previsto dalla relatività generale). Spazio‐tempo di Minkowski Il matematico lituano Herman Minkowski (1864‐1909), nel 1908 poco dopo la pubblicazione delle idee di Einstein, diede alle stesse una formulazione geometrica molto elegante. Nella visione di Minkowski, il tempo è trattato alla pari delle altre coordinate spaziali. Dato che un evento può essere sempre individuato tramite la sua posizione nello spazio e lungo l'asse temporale, il formalismo relativistico può essere formulato in uno spazio a 4 dimensioni (spazio‐tempo), nel quale le prime 3 coordinate coincidono con le normali coordinate spaziali e la quarta è rappresentata dal tempo. In questo modo un evento è identificato da una quaterna di numeri (x,y,z,t) che lo individuano nello spazio‐tempo detto di Minkowski o cronotopo. Uno spaziotempo è semplicemente la versione matematica di un universo che, come il nostro universo fisico, ha dimensioni sia spaziali che temporali. Uno spaziotempo piatto è uno spaziotempo che non considera gli influssi gravitazionali, poiché questi ultimi tendono a deformarne la struttura. Ciò che rende uno spaziotempo diverso da un spazio euclideo sono, naturalmente, le differenti leggi che lo governano. Definizione matematica di spazio‐tempo L’usuale spazio euclideo può essere definito a partire dall'invariante della distanza: Δs2 = Δx2 + Δy2 + Δz2 Con gli assiomi della relatività einsteniana, e in particolare con l'assunto della costanza della velocità della luce, ad essere invariante è, a questo punto, la distanza percorsa dalla luce in un detto intervallo temporale Δt: s = c Δt e quindi s2 = Δx2 + Δy2 + Δz2 = c2Δt2 Anno scolastico 2007/2008 Pag. 17 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” I nuovi vettori, che fanno parte di uno spazio a quattro dimensioni, sono tali per cui: Δx2 + Δy2 + Δz2 ‐ c2Δt2 = 0 Si possono, quindi, utilizzare due convenzioni: o si assegna il segno positivo al quadrato del tempo e quello negativo a quello dei vettori spaziali, o viceversa; l'importante è che i due quadrati, temporale e spaziale, siano opposti in segno, ovvero che uno dei due venga considerato immaginario. Quindi mentre per la fisica classica spazio e tempo sono due entità fra loro separate, perché il tempo scorre con un suo ritmo indipendente da quale sistema di riferimento usiamo, al contrario nella teoria della relatività spazio e tempo sono talmente intrecciati fra di loro che non possono più essere considerati separati, ma si deve introdurre il concetto di spazio‐tempo per sottolineare questa mutua influenza. I punti dello spaziotempo sono detti eventi e ciascuno di essi corrisponde ad un fenomeno semplice che si può riscontrare verificarsi in una certa posizione spaziale in un certo istante. Ogni evento è individuato da quattro coordinate. Può così accadere che in un certo sistema di riferimento un evento A preceda, cioè accada prima di, un evento B, mentre in un altro sistema di riferimento sarà l’evento B a precedere l’evento A. L’inversione temporale si può verificare solo se un raggio di luce partito da uno dei due eventi è in grado di raggiungere il punto spaziale corrispondente all’altro evento, solamente dopo che questo secondo evento si è verificato. La natura non ci fornisce evidentemente nessun sistema di assi cartesiani il cui riferimento è assoluto. Nel mondo reale le coordinate devono essere definite artificialmente. Di conseguenza due differenti osservatori O e O’ posti in uno spaziotempo possono avere sistemi di coordinate diversi, e possono quindi trovarsi in disaccordo su una posizione spaziotemporale di un evento. Da qui nasce la necessità di creare delle relazioni fra le diverse misurazioni attuate dagli osservatori, relazioni che possono essere suddivise in due tipi: la prima quando i due osservatori sono tra loro in stato di quiete, l’altra quando gli osservatori sono in moto relativo fra loro. Di quest’ultimo caso ci occuperemo in modo particolare in quanto base fondamentale della relatività ristretta. Possiamo rappresentare su un piano una sezione dello spazio‐tempo limitandoci alle coordinate x e t. Inoltre, per rendere omogenee le coordinate, moltiplichiamo la coordinata tempo per la costante c. Il generico evento è quindi rappresentato dalla quaterna (x,y,z,ct). Due sistemi di riferimento O e O’, in moto l’uno rispetto all’altro lungo l’asse x e con origini coincidenti all’istante t=t’=0, saranno rappresentati dallo schema sotto riportato. Gli eventi A e B hanno, rispettivamente, coordinate (xA , ctA) e (xB , ctB) in O e (x’A , ct’A) e (x’B , ct’B) in O’. Inoltre gli eventi A e B risultano contemporanei per O, mentre A è antecedente a B per O’. Anche la distanza spaziale tra i due eventi, xB‐xA e x’B‐x’A appare diversa se misurata da O o da O’. Le due linee gialle rappresentano due raggi di luce partiti all’istante t=t’=0 dall’origine e propagantesi in direzioni opposte. La Anno scolastico 2007/2008 Pag. 18 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” loro equazione nei due sistemi di riferimento, per la costanza della velocità della luce, è x = ±ct e x’ = ±ct’ Ciò che risulta identico (invariante per trasformazioni di Lorentz) per i due osservatori è il cosiddetto intervallo s, dato dalla seguente espressione: I raggi di luce dividono lo spazio‐tempo di O e O’ in tre regioni, passato, presente e futuro. Il passato è costituito da tutti gli eventi che possono aver trasmesso informazione ad O, il presente da tutti quegli eventi che non possono inviare informazione ad O e il futuro da tutti quegli eventi che possono ricevere informazioni da O. A causa dell'insuperabilità della velocità della luce cui si è fatto riferimento, non tutti i punti del cronotopo possono essere raggiunti a partire da uno di essi; ad esempio, quelli per i quali vale la relazione: x > ic t sono così lontani dall'origine che non può raggiungerli neppure la luce, e dunque sono fuori dalla portata di un osservatore posto nell'origine. Quelli per cui invece vale la relazione: x < ic t
possono essere raggiunti, e quindi costituiscono il passato (se t < 0) o il futuro (se t > 0) dell'osservatore che si trova nell'origine dei tempi (t = 0 significa il presente) In uno spazio tridimensionale i punti che soddisfano l'equazione precedente sono i punti interni di un cono, che viene detto cono di luce. Tali punti possono avere relazioni di causa ed effetto con l'origine. E' facile dimostrare che non esiste la possibilità di invertire cronologicamente la causa e l'effetto, cioè di invertire la freccia del tempo; e ciò rende materialmente impossibile realizzare una macchina del tempo come quella sognata da Herbert George Wells. Siamo pertanto indotti a concludere che la posizione e la velocità sono fisicamente concepibili solo in quanto relazione tra differenti oggetti. Una “posizione assoluta” ed un’”assoluta velocità” sono astrazioni compiute dalla nostra mente, senza nessun significato concreto. Un osservatore inerziale è un osservatore che non sta accelerando. Le sue coordinate sono coordinate inerziali. La premessa basilare della relatività, quella per cui la natura non fornisce alcun sistema di coordinate fisiche, porta a concludere che l’universo sia uguale in tutte le sue parti per ogni osservatore inerziale; tutto questo è riassunto dal Principio di relatività di Einstein: Le leggi della fisica sono le stesse in ogni sistema di coordinate inerziale. Anno scolastico 2007/2008 Pag. 19 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” Equivalenza massa‐energia. Un'altra conseguenza fondamentale della Relatività Ristretta riguarda il concetto stesso di massa ed energia. Se a un corpo che si muove a velocità prossima a quella della luce si fornisce energia, la sua velocità aumenterà molto poco, mentre a subire un effettivo incremento sarà la sua massa. Quando si modifica la Dinamica di Newton, che è invariante per le trasformazioni di Galileo, per renderla invariante per le trasformazioni di Lorentz, si ottiene come conseguenza che la quantità di moto di una particella la cui massa è m, non è più data semplicemente dal prodotto m v. Infatti la massa della particella aumenta con il progressivo aumentare della sua velocità, secondo la legge: E' proprio questo aumento relativistico dell'inerzia ad impedire alle particelle di venire accelerate fino alla velocità della luce, che risulta così assolutamente insuperabile. Tale effetto è stato osservato innumerevoli volte negli acceleratori di particelle ad alta energia. Einstein ha inoltre mostrato che ciò che in un sistema di riferimento inerziale appare come energia si può manifestare come massa in un altro sistema di riferimento; quindi entrambe sono manifestazioni della stessa entità e sono collegate fra loro dalla famosa equazione, celebre quanto Einstein stesso e nota con il nome di equazione relativistica per l'energia: 1
dove m rappresenta la massa di un corpo, c la velocità della luce ed E l’energia di riposo, relativa al caso in cui il corpo è fermo. La formula esprime un concetto "filosofico" completamente nuovo e ricco di conseguenze inaspettate (rispetto alla meccanica classica): esso afferma la totale equivalenza di massa ed energia (a meno della costante moltiplicativa c²). Afferma cioè che massa ed energia sono due aspetti apparentemente diversi di una medesima realtà. Di conseguenza una piccola massa equivale ad una grandissima energia (dato che la massa m va moltiplicata due volte per la velocità della luce che è una quantità molto grande). Viceversa una grande variazione d’energia corrisponde ad una piccola variazione di massa. Nel mondo subatomico tuttavia le variazioni di energia sono talmente grandi da provocare cospicue variazioni nella massa. La massa è dunque una specie di energia "congelata" che in determinate condizioni si può trasformare in altri tipi di energia, come nel caso dell’energia nucleare che deriva, almeno in parte, dalla differente massa posseduta da un grande nucleo e dai frammenti più piccoli nei quali si è diviso. Alla conservazione della massa ed alla conservazione dell'energia va perciò sostituita la conservazione della massa‐energia. Questo spiega perché, nelle reazioni nucleari, una piccola frazione di massa sparisce, dando luogo ad un'enorme liberazione di energia, purtroppo adoperata in modo nefasto nelle armi termonucleari, contro l'uso delle quali Einstein si batté a spada tratta fino alla morte, sentendosi responsabile della loro invenzione. Ma spiega anche come mai una coppia particella‐antiparticella può essere generata apparentemente "dal nulla", quando l'energia si materializza secondo la E = mc². Oggi i principi della relatività speciale sono incorporati e verificati nel funzionamento degli acceleratori di particelle. Anno scolastico 2007/2008 Pag. 20 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” Simili energie si ottengono nelle reazioni atomiche di fissione (in cui nuclei pesanti tipo l'uranio si rompono generando parti più leggere ed energia dal difetto di massa (reattori nucleari, bombe atomiche)) e di fusione (in cui nuclei leggeri come per esempio il deuterio si fondono formando elio con trasformazione del difetto di massa in energia (stelle, bombe H)). Energia e quantità di moto relativistiche Anche un corpo a riposo in un certo sistema di riferimento (energia cinetica = 0) e sul quale non agisce alcun campo di forze (energia potenziale = 0) è dotato di un'energia, chiamata energia a riposo. L'energia totale posseduta dal corpo in moto è allora pari alla somma dell'energia a riposo e dell'energia cinetica, secondo la formula: m d c 2 = m0 c 2 +
1
m0 v 2 2
Attraverso complessi calcoli che richiedono l'uso del calcolo infinitesimale, si possono riscrivere le espressioni della quantità di modo e dell'energia totale di un corpo secondo la dinamica einsteiniana: p=
m0 v
1− β 2
Etot =
m0 c 2
1− β 2
Sostituendo la prima delle due dentro l'altra si trova il legame tra di esse: Etot = c p 2 + m02 c 2
mentre la corrispondente formula nella dinamica newtoniana era E = p 2 / 2m Se nella precedente si pone nulla la massa a riposo si trova Etot = p c, il che significa che possono esistere delle particelle prive di massa. Sono tali i fotoni, i quanti di luce (cioè i "pacchetti" di energia trasportati dalla radiazione luminosa), che sono dotati di energia e di quantità di moto pur essendo privi di massa a riposo. Anno scolastico 2007/2008 Pag. 21 Prof. Giulio Stringelli Appunti di Relatività ristretta Classe V A – Liceo Scientifico “A. Scarpa” Conclusione Con la teoria della relatività Einstein stabilisce la completa equivalenza, per quanto riguarda la descrizione dei fenomeni fisici, di tutti i sistemi di riferimento inerziali; così facendo egli estende il principio di Galileo, valido per i soli fenomeni meccanici, a tutta la fisica. La teoria rimane però limitata ai soli sistemi di riferimento inerziali, da cui il nome di “relatività ristretta”. Il desiderio di generalità vorrebbe un principio di relatività valido anche per tutti i sistemi di riferimento, anche non inerziali. È ancora Einstein a risolvere il problema formulando la “teoria della relatività generale” egli dimostra l’equivalenza tra un sistema di riferimento inerziale e uno non inerziale in cui è presente un campo gravitazionale; si può cioè passare da un sistema di riferimento inerziale a uno non inerziale introducendo un opportuno campo gravitazionale. Anno scolastico 2007/2008 Pag. 22 Prof. Giulio Stringelli