CULTURA / Piante ALBERI CHE PARLANO “Sapete che gli alberi parlano? Eppure è così, gli alberi parlano. Parlano tra loro e parleranno anche a voi se li ascolterete. Il problema è che i visi pallidi non ascoltano. Non hanno mai imparato ad ascoltare gli indiani, e dubito che sappiano ascoltare le altre voci della natura. Eppure gli alberi hanno insegnato, moltissime cose, sul tempo, sugli animali e anche sul "Grande Spirito". Tatanka Mani (Bisonte che cammina) dei Sioux di Stefano Cazora 28 - Il Forestale n. 66 a sempre la foresta incarna il selvaggio e il magico. È un luogo di confine, uno spazio altro potenzialmente avventuroso ed iniziatico. E allora nella letteratura di tutti i tempi può capitare di incontrare alberi incantati. Dalla selva aspra e forte e al pruno parlante: “ Perché mi schiante?” in cui è racchiusa l’anima di Pier della Vigna di dantesca memoria, al bosco prodigioso di Oberon e Titania in “Sogno di una notte di mezza estate”, agli alberi guerrieri nel “Mago di Oz”, fino alle piante che ingaggiano vere e proprie battaglie nelle “Cronache di Narnia” di Lewis e al più famoso “Signore degli Anelli” dove troviamo esseri difficili da rappresentare, gli Ent, sorta di uomini-alberi. Essi non sono, però, totalmente frutto della fantasia di Tolkien, ma sono la rielaborazione di un aspet- D to del patrimonio nordico, che egli conosceva accuratamente. Gli Ent sono i Pastori degli Alberi, hanno il compito di curare e preservare i boschi dai pericoli del mondo. Cosa ha provocato il risvegliarsi di questi esseri millenari? Essi, è vero, “non sono propriamente da nessuna parte, perché nessuno è totalmente dalla loro”. La terra umiliata ed offesa però reclama vendetta, così come gli alberi divelti lasciati a marcire per pura malignità. Oasi di verde distrutte, anzi cancellate, in cui il deserto ha preso il sopravvento, spazzando via secoli di storie e ricordi racchiusi nei tronchi, la cui unica colpa è quella di essersi acquietati, stanchi di osservare il mondo. Nella saga fantascientifica di Didier van Cauwelaert, “Thomas Drimm”, il tema della guerra degli alberi si lega a quello della foresta proibita e del Il Forestale n. 66 - 29 culto degli alberi - motivo mitico antichissimo e interculturale - che vede nel mondo vegetale un mezzo di comunicazione tra i morti (le radici che affondano nella terra), i vivi (il tronco) e gli dei (i rami che si innalzano verso il cielo). “Avatar” infine rappresenta il nuovo patto con la natura. Non viene rappresentata la decadenza umana ma ci viene raccontato che la Terra è in crisi ambientale, sociale, economica. E gli esempi potrebbero continuare tanto nella letteratura classica che in quella contemporanea. Arrivando ai giorni nostri tra le ultime novità editoriali italiane interessante è “Emmi e la quercia parlante” della scrittrice Giuliana Bertolo (Notes edizioni). Una storia senza tempo ispirata al racconto di George Sand “La quercia parlante”. Emmi è un piccolo pastore che, per sfuggire a una mandria di maiali inferociti, si rifugia tra i rami di una vecchia quercia. Ma quell’albero è molto speciale, è una quercia incantata... che parla, a chi sa ascoltare i sussurri delle piante. La quercia lo ospita, lo protegge e, quando soffia il vento, gli bisbiglia parole che solo lui sa capire. Quando Emmi fugge in cerca di una vita migliore diventa la sua casa. Molti incontri attendono il ragazzo: una misteriosa vecchina, strani personaggi, ecc. Attraverso una serie di avventure Emmi diventerà grande, ma non dimenticherà le parole e i consigli dell’amica quercia. Il linguaggio delle piante Alcuni studi condotti da ricercatori del Dipartimento di Ortofrutticoltura dell’Università di Firenze e da studiosi di Bonn stanno dimostrando che anche le piante, oltre agli animali, hanno un “cervello” e quindi possibilità cognitive, emozioni, pensieri ed elaborazione degli stessi, e sanno o per lo meno tentano di risolvere i problemi che si presentano. “Le Piante hanno una testa pensante con la quale comunicano, prendono decisioni, ricordano, cioè hanno memoria e perfino una sorta di autocoscienza”. Le Piante mettono in atto una trasmissione sinaptica identica a quella dei tessuti neurali animali. Esse comunicano con le altre piante attraverso l’atmosfera ed il terreno stesso nel quale sono radicate. Il loro cervello segreto è nell’apice radicale delle radici e precisamente nelle cellule della 30 - Il Forestale n. 66 zona detta “di transizione” esse comunicano fra di loro e quindi con tutte le cellule della pianta, per mezzo di neurotrasmettitori; nella regione di transizione ci sono cellule con capacità simili a quelle dei neuroni animali; sono persino capaci di “cure parentali”. Negli anni 60-70 ci furono ricercatori che fecero degli esperimenti con le piante e la musica, ripetendo lo stesso esperimento anche con il rumore; essi scoprirono che le piante sono molto sensibili alla musica, vengono invece infastidite dal rumore; esse crescono meglio e più forti, grosse e nel caso di piante fruttifere vi sono frutti più dolci, se sottoposte a certa musica, mentre “soffrono” con il rumore o con musiche non dolci. Quando pensiamo al fatto che le piante sono sensibili alla luce solare noi consideriamo l’effetto di una piccola parte dello spettro elettromagnetico, quello che riguarda la luce visibile, ma esse sono sensibili ovviamente a tutte le frequenze dello spettro elettromagnetico. Il suono è parte integrante di questo spettro, quindi esse reagiscono ad esso come qualsiasi altro essere vivente. Sentimenti vegetali Il dogma di Aristotele che le piante hanno l’anima, ma non le sensazioni, hanno dichiarato gli studiosi americani Tompkins e Bird nel volume “La vita segreta delle piante”, è rimasto incontestato per tutto il Medioevo, e fino al XVIII secolo. “Solo allora”, hanno dichiarato i due studiosi, “lo scienziato Carl Von Linné, iniziatore della botanica moderna, proclamò che le piante si differenziavano dagli animali e dal genere umano soltanto per l’assenza del movimento; tale concetto fu poi superato da Charles Darwin, il grande scienziato del XIX secolo, che dimostrò come i viticci, per esempio, abbiano una propria capacità di movimento indipendente. Per dirla con le parole di Darwin, le piante si valgono di tale capacità e la rivelano soltanto quando se ne avvantaggiano”. Le piante intelligenti All’inizio del XX secolo uno stimato biologo viennese, Raoul France, avanzò l’ipotesi, rivoluzionaria per i fisici contemporanei, che le piante muovessero il proprio corpo liberamente ed in modo aggraziato, al pari del più abile corpo animale o umano, e che soltanto la maggiore lentezza di movimenti delle piante ci impediva di notarlo. “Quando il viticcio, che forma un cerchio in sessantasette minuti, trova un appoggio, entro venti secondi comincia ad avvilupparlo e in meno di un’ora vi si è attorcigliato così saldamente da rendere difficile la rimozione. Il viticcio, poi, si avvolge a spirale come un cavatappi, e così facendo solleva il tralcio verso di sé”. Cosa c’entra tutto ciò con la parapsicologia? È presto detto. Queste azioni presuppongono una sorta di “pensiero”, di “volontà” da parte delle piante. E se nelle piante esiste un pensiero sensoriale, può esisterne uno extrasensoriale. “Circa l’esistenza di un pensiero vegetale”, sostiene il parapsicologo Roberto Volterri, “si potrebbero citare moltissimi esempi. Ma bastino, per tutti, due: quello della drosera che cattura la mosca con precisione infallibile, muovendosi nella direzione ove si trova esattamente la preda da ghermire, e quello dell’altra notissima pianta carnivora, la dionea, chiamata in America “pigliamosche di Venere”. Non capita spesso, infatti, di vedere una pianta che ha dei movimenti rapidi e ancor meno capita di vedere una pianta che con questi movimenti cattura un insetto, lo uccide e poi lo digerisce in santa pace. La digestione dura da 9 a 35 giorni, secondo le dimensioni e la composizione del cibo catturato, dopodiché le foglie “trappola” della dionea si riaprono. Precognizione e telepatia Il comportamento “intelligente” di queste piante, prosegue Volterri, non può presupporre l’esistenza di una specie di sistema nervoso, o addirittura di un cervello pensante? “È davvero per una strana coincidenza che l’orchidea Trichoceros parviflorus renda i suoi petali simili alla femmina di una varietà di mosche, così che il maschio, tratto in inganno dalla perfetta imitazione, tenti l’accoppiamento, impollinando così l’orchidea stessa? Oppure che la Stapelia variegata crei un odore straordinariamente simile a quello della carne in putrefazione, in zone ove abbondano solo le mosche?”. “Le piante”, sostengono sempre Tompkins e Bird, “sono anche sensibili all’orientamento e... al futuro. Pionieri e cacciatori delle praterie nella valle del Mississippi scoprirono una pianta girasole, il Silphium laciniatum, le cui foglie indicavano loro esattamente i gradi della bussola. Il Forestale n. 66 - 31 dracene, intuendo il bluff, non mostravano alcuna reazione chimica. Lo stesso accadeva anche con le piante di Filodendro. Tutto ciò non dovrebbe stupire più di tanto. Le fotografie ad effetto Kirlian hanno dimostrato che anche le piante hanno l’aura. E quindi dispongono di energie paranormali. Le felci velenose La liquirizia indiana, o Arbrus precatorius, ha una sensibilità così acuta per le induzioni elettriche e magnetiche di ogni genere, da essere usata come pianta meteorologica. I botanici che per primi la sottoposero ad esperimenti nei Kew Gardens di Londra trovarono in essa un mezzo per predire cicloni, uragani, tornado, terremoti ed eruzioni vulcaniche”. Secondo alcuni la pianta reagiva a vere e proprie percezioni extrasensoriali, recanti in sé informazioni provenienti dal futuro. Quanto alle dracene, esperimenti condotti dal parapsicologo ed agente CIA Cleve Backster sin dagli anni Sessanta hanno permesso di appurare che esse sono telepatiche. I ricercatori applicavano dei sensori alle foglie delle piante; subito dopo nel laboratorio entrava uno sperimentatore, incaricato di agire sulle stesse. Incredibile a dirsi, i sensori reagivano quando lo sperimentatore stava per annaffiare le piante, registrando uno stimolo elettrico affine ad una sensazione di piacere. Ma se lo sperimentatore pensava di voler tagliare alcune foglie alle Dracene, queste producevano un’acuta scarica, come di paura. Se infine lo sperimentatore pensava di voler “far del male” ad una pianta, ma segretamente non era intenzionato a farlo, le 32 - Il Forestale n. 66 Poteri telepatici a parte, che le piante abbiano una sorta di intelligenza, almeno questo, è dimostrato ed accettato dalla scienza ufficiale. Prendiamo ad esempio un diffusissimo tipo di felci, dal nome scientifico di Dicranopterus cyatheoides. Si tratta di una pianta che risale all’epoca dei dinosauri, una felce leggermente tossica che, se ingerita inavvertitamente, provoca un’eruzione nel cavo orale. Una teoria vuole che queste felci abbiano sviluppato la loro tossicità proprio nel Giurassico, allorché la vita vegetale era gravemente minacciata dai branchi di erbivori giganti che consumavano ogni giorno tonnellate di piante, per difendersi dai dinosauri erbivori. Le piante si evolvono come ogni altra forma di vita e, col tempo, hanno sviluppato dei meccanismi di difesa. Le acacie, per esempio, producono nelle foglie grandi quantità di tannino, una sostanza letale per quelle giraffe che non si lasciano scoraggiare dalle spine lunghissime che queste piante mettono in bella vista. E proprio le acacie hanno sviluppato un originalissimo sistema di comunicazione e difesa. Si tratta di un vero e proprio allarme chimico. Quando un erbivoro, solitamente antilopi e giraffe, comincia a brucare un’acacia, questa diffonde etilene nell’aria, e questo spinge tutte le altre acacie vicine ad intensificare la produzione di tannino. Nel giro di pochi minuti tutti gli alberi nei dintorni producono un’elevata e tossica quantità di tannino. E in questo modo riescono a proteggersi abbastanza dall’assalto degli erbivori. Abbraccia un albero Avete mai abbracciato un albero? È un’esperienza stupenda! Abbracciate un albero, e un giorno scoprirete che non solo voi lo avete abbracciato, ma anche l’albero vi ha corrisposto. Lo scrittore José Saramago ha raccontato La silvoterapia Il Comune di San Casciano, vicino Firenze, ha deciso di prendere in prestito un’antica tecnica orientale proponendola in forma sperimentale alle neomamme in un programma di prevenzione della depressione post parto. Pini, cipressi, ulivi e querce: gli alberi del Chianti diventano tutor naturali a sostegno delle mamme, in cerca di energia e dello spazio di donna perduti dopo l’esperienza di rinascita fatta insieme al proprio piccolo. L’iniziativa si intitola “Luna nuova”, è la prima ed unica esperienza in Italia. L’obiettivo è prevenire le classiche depressioni post partum, orientare e supportare le donne travolte dal vortice della maternità, aiutarle ad affrontare difficoltà, sciogliere dubbi e incertezze legate all’esperienza della gestione del bimbo soprattutto nei primi mesi di vita. “Abbracciare un albero - dichiara la psicopedagogista Marzia Gentilini - significa stabilire un contatto con l’origine della terra, una fonte generatrice di energia che può essere paragonata a quella della donna mentre dà alla luce una nuova creatura”. La cura del corpo attraverso medicinali e prodotti derivanti dalle piante risale alla notte dei tempi, ma la fitoterapia non è l’unica pratica comune a tutte le culture e le popolazioni sin dalla preistoria. Dai popoli celti arriva fino a noi la silvoterapia: una speciale arte terapeutica, allora applicata dai sacerdoti, legata alle antiche pratiche e credenze che rintracciavano nei luoghi boschivi, forze ed energie con le quali l’uomo entrava in relazione animica. Oggi sappiamo che la propagazione radiante dalle piante procura stati di benessere psicofisico e non è necessario conoscere tutti i segreti druidici per trarne beneficio, basta un po’ di empatia: l’albero più adatto al vostro stato d’animo o alle vostre necessità di ricarica è spesso quello giusto per rilassarsi e rigenerarsi. Generalmente la silvoterapia si pratica appoggiando la schiena al tronco di un albero, il palmo della mano destra sulla bocca dello stomaco e il dorso della mano sinistra sui reni, toccando l’albero con il palmo. Questa posizione deve essere mantenuta per circa una ventina di minuti respirando profondamente. Ecco di seguito alcuni alberi e il loro significato. • Betulla: sacrificio, purificazione, rinascita, conoscenza. il suo colore, bianco, simboleggia la purezza. • Sorbo selvatico: rinascita, magia e protezione contro le negatività. • Ontano: protezione spirituale e potere oracolare. • Salice: aspetti lunari e femminili della vita e dell’ispirazione poetica. • Frassino: è l’albero del mondo, della rinascita e dell’iniziazione. • Biancospino: purezza, viaggi interiori e intuizione. • Quercia: potere, energia, sopravvivenza, e passaggio tra i mondi. • Agrifoglio: vita e protezione. • Nocciolo: meditazione, saggezza interiore, intuizione, potere di divinazione. • Melo: scelta. • Vite: poteri di profezia e istinto. • Edera: risorse interiori e ricerca del sé. • Giunco: sogni e ambizioni. • Pruno selvatico: azioni forti, influenze esterne a cui è necessario obbedire. • Sambuco: rigenerazione, vita e morte. che suo nonno, prima di morire, è sceso nell’orto e ha abbracciato i suoi alberi. L’invito “To hug a tree” (abbraccia un albero), è scritto su alcuni cartelli all’interno dei Royal Botanic Gardens di Sidney. Una bella storia racconta di una donna indiana che, per opporsi al taglio di un bosco deciso dal re, abbracciò un tronco. A questa vicenda si ispira il movimento pacifista Chipko. Trecento anni fa, più di 300 membri della comunità indiana Bishnoi nel Rajasthan, guidati da una donna di nome Amrita Devi, sacrificarono le proprie vite per salvare dall’abbattimento i loro khejri, alberi sacri, cingendoli con le braccia. Il Forestale n. 66 - 33