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Indice
1 Introduzione all’atmosfera
1.1 Introduzione all’atmosfera . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 Origine e composizione dell’atmosfera . . . . . . . . . . . .
1.3 Meccanismi che influenzano il comportamento atmosferico
1.4 Descrizione dell’aria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.5 Stratificazione della massa . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.6 Distribuzione della temperatura . . . . . . . . . . . . . . .
1.7 Costituenti in tracce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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2 Termodinamica dei gas
2.1 Termodinamica dell’atmosfera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Concetti termodinamici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.1 Proprietà termodinamiche . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.2 Lavoro di espansione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.3 Lavoro e calore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.4 Entalpia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.5 Calore specifico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.6 Processi adiabatici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.7 Temperatura potenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.8 Comportamento dinamico accompagnato da moto verticale
2.2.9 Processi non adiabatici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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3 La seconda legge e le sue implicazioni
3.1 La seconda legge e le sue implicazioni . . . . . .
3.2 Ciclo di Carnot . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2.1 rendimento termodinamico . . . . . . . .
3.2.2 Entropia . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2.3 Potenziali termodinamici . . . . . . . . .
3.3 Condizioni di equilibrio termodinamico . . . . .
3.4 Relazioni tra entropia e temperatura potenziale
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4 Aria Umida
4.1 Trasformazioni di aria umida . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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INDICE
INDICE
4.1.1
4.1.2
4.1.3
4.1.4
Equilibrio chimico . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Trasformazioni di fase di equilibrio . . . . . . . .
Distribuzione del vapor acqueo . . . . . . . . . .
Comportamento termodinamico associato al moto
5 Equilibrio idrostatico
5.1 Equilibrio idrostatico . . . .
5.2 Geopotenziale . . . . . . . .
5.3 Bilancio idrostatico . . . . .
5.4 Temperatura virtuale . . . .
5.4.1 Tensione di vapore di
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saturazione
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6 Equilibrio radiativo
6.1 Modello di equilibrio radiativo . . . . . . . .
6.2 Radiazioni a breve e lunga lunghezza d’onda
6.3 Assorbimento ed emissione . . . . . . . . . .
6.4 Equilibrio radiativo in una atmosfera grigia .
6.4.1 Effetto serra . . . . . . . . . . . . . .
7 Clima e cambiamento climatico
7.1 Il clima terrestre . . . . . . . . . . . . . .
7.2 Variazioni climatiche . . . . . . . . . . . .
7.3 Ere glaciali . . . . . . . . . . . . . . . . .
7.4 l’influenza degli oceani . . . . . . . . . . .
7.5 L’influenza umana sul clima . . . . . . . .
7.6 Rinforzo delle effetto serra . . . . . . . . .
7.7 processi retroattivi . . . . . . . . . . . . .
7.8 Modellizzazione del cambiamento climatico
7.9 Risposta dinamica alle forzanti esterne . .
7.10 impatti climatici . . . . . . . . . . . . . .
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verticale
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Capitolo 1
Introduzione all’atmosfera
1.1
Introduzione all’atmosfera
La scienza dell’atmosfera comprende nelle sue linee generali la metereologia cioè
la scienza che si occupa della dipendenza temporale dei fenomeni atmosferici e la
climatologia che si occupa delle proprietà a lungo termine dell’atmosfera le quali
costituiscono le proprietà climatiche del sistema.
1.2
Origine e composizione dell’atmosfera
L’atmosfera come noi la osserviamo oggi è probabilmente molto diversa da quella
originale che si è sviluppata come il risultato dell’espulsione delle sostanze volatili
dall’eruzione vulcanica. L’atmosfera attuale è approssimativamente costituita dal
76 % di N2 e 23 % O2 in massa. In contrasto l’emissione gassosa vulcanica è
costituita da circa 85 % di vapore acqueo, 10 % di CO2 e poche percentuali di
prodotti a base di zolfo e N2 .
Per capire come la presente atmosfera possa essersi formata da sostanze volatili
espulse dall’interno della terra è necessario vedere l’atmosfera non come un’entità
isolata ma come una componente accoppiata alla idrosfera, biosfera e litosfera.
1.3
Meccanismi che influenzano il comportamento atmosferico
L’attrazione gravitazionale è sicuramente il fattore che maggiormente influenza il
comportamento atmosferico. Benché l’atmosfera non abbia dei limiti precisi essa
è mantenuta dal campo gravitazionale del pianeta che impedisce ai gas dell’atmosfera di sfuggire nello spazio. La massa dell’atmosfera risulta concentrata su
circa 10 Km cioè meno dell’1% del raggio del pianeta. L’attrazione gravitazionale
comprime l’atmosfera in un sottile strato nel quale le masse e i costituenti sono
stratificati verticalmente.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
La stratificazione verticale delle masse impone dei forti vincoli cinematici al
moto dell’atmosfera. La circolazione delle masse con dimensioni più grandi di poche decine di chilometri sono quasi orizzontali cosı̀ che gli spostamenti verticali
sono molto piccoli rispetto agli spostamenti orizzontali. Sotto queste circostante
i costituenti come vapor acqueo e ozono si presentano in strati. Gli spostamenti
verticali sono comparabili agli spostamenti orizzontali solo in circolazioni di piccola scala come nelle celle convettive e nei fronti che hanno dimensioni orizzontali
comparabili con la scala verticale della distribuzione di massa.
La compressibilità dell’aria a sua volta complica la descrizione del comportamento atmosferico perchè essa permette alla porzione di volume del fluido di
cambiare come esso sperimenta variazioni della pressione che lo circondano. Le
concentrazioni della massa e dei costituenti per ogni elemento individuale di volume di aria possono a sua volta cambiare benchè il numero di molecole rimanga
fisso. La concentrazione dei costituenti può a sua volta variare per mezzo delle trasformazioni interne che alterano il numero di un particolare tipo di molecola. Per
esempio, la condensazione diminuirà l’abbondanza di vapor acqueo nell’elemento
di volume che passa attraverso un corpo nuvoloso. La fotodissociazione dell’ossigeno incrementerà l’abbondanza di ozono nella porzione che passa attraverso una
regione di luce solare. Gli scambi di energia con il suo intorno e le trasformazioni di energia da una forma all’altra alterano le proprietà della porzione di aria.
L’espansione di una porzione di aria ad esempio implica uno scambio di energia
meccanica con il suo intorno attraverso il compimento di un lavoro sull’intorno. Il
trasferimento di calore che si verifica attraverso l’assorbimento di energia radiante
con la superficie terrestre rappresenta uno scambio termico di energia con l’intorno della porzione di aria. L’assorbimento di vapor acqueo (quando ad esempio
l’elemento di volume è a contatto con la superficie dell’oceano caldo) ha un simile
effetto. Quando il vapore condensa, il calore latente di vaporizzazione è rilasciato
alle molecole di aria fredda che lo circondano.
Come la gravità anche la rotazione terrestre esercita una forte influenza sul
moto atmosferico e quindi sulla distribuzione e sulle proprietà della atmosfera.
Poichè la terra è un sistema di riferimento non inerziale le leggi convenzionali
della meccanica devono essere modificate tenendo presente la sua accelerazione.
Le forze introdotte dalla rotazione terrestre sono responsabili delle circolazioni su
larga scala come i flussi di aria attorno al centro di basse e alte pressioni. Queste
forze a sua volta inibiscono i moti lungo i meridiani e quindi il trasferimento di
calore e dei costituenti tra l’equatore e i poli. Conseguentemente la rotazione tende
a stratificare le proprietà lungo i meridiani, come la gravità tende a stratificarli
verticalmente,
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
1.4
Introduzione all’atmosfera
Descrizione dell’aria
Il punto di partenza per la descrizione del comportamento atmosferico è la legge
dei gas ideali.
pV = nR∗ T ∴ pV =
m ∗
R T ∴ pV = mRT
M
(1.1)
dove R∗ rappresenta la costante universale dei gas e abbiamo posto R = R∗ /M .
Dividendo tutto per il volume la (1.1) otteniamo inoltre un’altra utile relazione
p = ρRT
(1.2)
dove ρ = m/v rappresenta la densità del gas. Riferendoci al volume specifico del
gas 1/ρ = v possiamo riscrivere la legge dei gas in una forma indipendente dalle
dimensioni del sistema.
pv = RT
(1.3)
Quando invece ci riferiamo alle singole pressioni o volumi parziali abbiamo
pi V = mi Ri T
pVi = mi Ri T
P
P
Applicando la legge di Dalton p = i pi e V = i Vi abbiamo:
X
pV = T
m i Ri
(1.4)
(1.5)
(1.6)
i
definendo la costante specifica dei gas come:
P
R̄ =
i
m i Ri
m
(1.7)
otteniamo allora che
pV = mR̄T
(1.8)
il peso molecolare medio della miscela è definito come
M̄ =
m
n
(1.9)
poiché l’abbondanza molare della miscela è uguale alla somma delle abbondanze molari di singoli componenti individuali abbiamo
X mi
n=
Mi
i
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
cosı̀ la 1.9 diventa
M̄ = P
m
i mi /Mi
e moltiplicando numeratore e denominatore per la costante universale dei gas R∗
otteniamo
M̄ = P
R∗ m
∗
i mi (R /Mi )
ricordando inoltre che Ri = R∗ /Mi otteniamo che
R∗ m
M̄ = P
i mi Ri
applicando la relazione 1.7 otteniamo
M̄ =
R∗
R∗
∴ R̄ =
R̄
M̄
(1.10)
A causa del loro coinvolgimento nei processi radiativi e chimici le componenti
dell’aria devono essere quantificate. La concentrazione assoluta della specie iesima viene misurata per mezzo della densità ρi , o alternativamente attraverso il
cosidetto numero di densità
µ
[i] =
NA
Mi
¶
ρi
dove NA è il numero di Avogadro. La concentrazione relativa della specie
i-esima viene invece misurata attraverso la frazione molare Ni
ni
n
(1.11)
Vi
pi
=
P
V
(1.12)
Ni =
che possiamo esprimere anche come
Ni =
Un più conveniente modo per esprimere la concentrazione relativa delle singole
specie è il rapporto di miscelamento di massa definito come
ri =
mi
md
(1.13)
dove il suffisso d si riferisce all’aria secca ed è espresso in g/Kg per il vapor
acqueo nella troposfera e in parti per milioni per massa ppm per l’ozono stratosferico. Rispetto alle frazioni molari la massa di riferimento md è costante per
porzione di aria individuale.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Figura 1.1: Bilancio idrostatico
Per le specie in tracce, tali come il vapor acqueo o ozono il rapporto di
mescolamento è approssimativamente uguale alla frazione molare
ri
Ni ∼
=
²i
(1.14)
dove
N ²i =
Mi
Md
(1.15)
poiché la massa dell’aria in presenza di tali specie è virtualmente identica a
quella dell’aria secca.
1.5
Stratificazione della massa
Come abbiamo osservato la gravità esercita una profonda influenza sul comportamento atmosferico. Se ignoriamo l’accelerazione verticale possiamo applicare la
seconda legge di Newton ad una colonna di aria tra alcuni livelli di pressione.
Consideriamo un blocco di atmosfera della forma di un parallelepipedo e consideriamo uno strato sottile di altezza dz. Sia dm la massa associata allo strato
dz e sia ρ(z) la densità funzione solo dell’altezza z. In questo modo allora posso
scrivere che
dm = ρAdz
(1.16)
dove A è l’area dello strato sottile. La forza peso associata all’altezza è invece gdm esprimibile altresı̀ come gρAdz. Assumiamo inoltre che passando da
un’altezza z ad un’altezza z + dz il peso cambi di un fattore dF = gρAdz e ciò
corrisponde ad una variazione di pressione
dp =
dF
= gρdz
A
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(1.17)
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Poiché la pressione diminuisce con l’altezza dP deve essere una quantità
negativa in altre parole otteniamo l’espressione per l’equazione idrostatica.
dP
= −ρg
dz
(1.18)
quest’equazione conosciuta come bilancio idrostatico costituisce una buona
approssimazione nell’atmosfera benché ci siano spostamenti di massa verticali.
Applicando la legge di stato dei gas nella forma 1.2, l’equazione 1.18 diventa
dp
pg
=−
dz
RT
(1.19)
g
dp
=−
dz
p
RT
(1.20)
½ Z z
¾
p
dz 0
= exp −
ps
zs H(z)
(1.21)
o
integrando tra 0 e zs otteniamo
dove
H(z) =
RT (z)
g
(1.22)
è definita come scala delle altezze e ps è la pressione di superficie.
Nella più semplice approssimazione la relazione 1.21 si riduce a
p ' ps exp(−z/H)
(1.23)
che afferma che la pressione scende di un’unità logaritmica (e = 2.718) nel
salire verso uno strato di altezza H. Poiché p e ρ sono direttamente proporzionali
(1.2) allora possiamo scrivere che
ρ ' ρs exp(−z/H)
(1.24)
La scala delle altezze rappresenta la dimensione verticale della distribuzione
della massa e varia da circa 8 Km sulla superficie a 6 Km nelle regioni fredde
dell’atmosfera.
La pressione e la densità diminuiscono con l’altezza approssimativamente esponenzialmente. Una pressione di circa 1000 mb o 105 Pascals (Pa) alla superficie
diminuisce di circa il 10% di tale valore ad un’altezza di circa 15 Km. In accordo
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
al bilancio idrostatico il 90% della massa totale dell’atmosfera giace sotto questo
livello. La pressione diminuisce di un altro fattore 10 dopo altri circa 15 Km di
altezza. Da un valore di circa 1.2 Kg/m3 la densità media diminuirà con l’altezza
con la stessa velocità.
Sopra i 100 Km la pressione e la densità diminuiranno sempre esponenzialmente con l’altezza ma ad una velocità che differisce da quella sottostante. La
variazione distintiva di comportamento vicina a 100 Km individua una transizione nel processo che controlla la stratificazione della massa e della composizione
dell’aria. Il cammino libero medio delle molecole, che risulta determinato dalla
frequenza di collisione, varia inversamente con la densità dell’aria. Conseguentemente il cammino libero medio incrementa esponenzialmente con l’altezza da
circa 10−7 alla superficie a circa 1 m ad una altezza di 100 Km. Poiché esso controlla la diffusione molecolare, il cammino libero medio determina le proprietà
dell’aria tali come la viscosità e la conducibilità termica.
Sotto i 100 Km il cammino libero medio è abbastanza piccolo per vortici
turbolenti nella circolazione per essere solo debolmente smorzato dalla diffusione molecolare. A quelle altitudini il trasporto massivo è dominante rispetto al
trasporto diffusivo dei componenti dell’atmosfera. Poiché i moti turbolenti provocano agitano i differenti gas con la stessa efficienza i componenti sono allora detti
ben mescolati. I mescolamenti turbolenti sotto i 100 Km fanno si che i rapporti di mescolamento siano costanti e conducono ad una composizione omogenea
(rN2 ∼
= 0.78, rO2 ∼
= 0.21 e le costanti dei gas risultano essere
Md = 28.96 g mol−1
−1
−
Rd = 287.05 J Kg mol 1
(1.25)
(1.26)
la regione ben mescolata sotto i 100 Km è conosciuta come omosfera. Sopra i 100 Km il cammino libero medio diventa leggermente più grande rispetto
agli spostamenti turbolenti dell’aria. Pertanto i moti turbolenti risultano fortemente smorzati e il trasporto diffusivo diventa il meccanismo dominante per il
trasferimento delle proprietà verticali. La transizione da moto turbolento a moto diffusivo è conosciuto anche come turbopausa. La regione sopra l’omopausa e
sotto i 500 Km è conosciuta come eterosfera. Nell’eterosfera i flussi di aria sono
approssimativamente laminari. Poiché esso opera su gas in accordo al loro peso
molecolare la diffusione molecolare stratifica i costituenti cosı̀ che la specie più
pesanti diminuiscono con l’altezza più rapidamente delle specie più leggere.
La separazione diffusiva è primariamente responsabile per il processo di stratificazione dei costituenti nell’eterosfera. Comunque anche la fotodissociazione
giuoca il suo ruolo. Le radiazioni energetiche ultraviolette (UV) sulla cima dell’atmosfera dissociano l’ossigeno molecolare provvedendo ad un’importante sorgente di ossigeno atomico a queste altitudini. In effetti l’ossigeno atomico diventa
la forma dominante di ossigeno non troppo lontano dall’omopausa. La fotodis-
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Figura 1.2: atmosfera terrestre
sociazione dell’acqua ad altitudini più basse condotta da radiazioni UV meno
energetiche libera idrogeno atomico che è gradualmente mescolato e diffuso ad altezze più alte. Attraverso la dissociazione di queste molecole la radiazione solare
più energetica viene filtrata dallo spettro solare penetrante a livelli più bassi.
Nell’omosfera e l’eterosfera le molecole atmosferiche interagiscono fortemente mediante frequenti collisioni. Sopra l’altezza di 500 Km riferita anche livello
critico, le collisioni sono cosı̀ rare che una frazione significativa di molecole passa
fuori dall’atmosfera senza sostenere una singola collisione. La regione sopra il livello critico è conosciuta come esosfera, si estende per circa 10000 Km e contiene
quelle molecole che lasciano l’atmosfera più densa per muoversi verso lo spazio.
Le molecole nell’esosfera eseguono traiettorie balistiche (paraboliche) che sono
determinate dalle relative velocità molecolari al livello critico e dall’attrazione
gravitazionale del pianeta. Molte delle molecole nell’esofera sono catturate dal
potenziale gravitazionale terrestre. Esse ritornano nell’atmosfera più densa lungo
traiettorie approssimativamente di tipo parabolico. Comunque alcune delle molecole hanno velocità sufficienti per sfuggire al potenziale gravitazionale e quelle
sono perdute negli spazi profondi.
La velocità di fuga ve è determinata da un’energia cinetica adeguata a liberare una molecola dal potenziale definito dal campo gravitazionale. Quando
l’energia uguaglia il lavoro necessario per portare via una molecola dal livello
critico all’infinito allora
1 2
mv =
2 e
Z
∞
mg0
a
³ a ´2
r
dr
(1.27)
dove a è il raggio della terra g0 è l’attrazione gravitazionale mediata sulla superficie della terra e la distanza tra a e il livello critico è trascurabile. Cosı̀ la velocità
di fuga segue dalla 1.27
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Figura 1.3: Distribuzione di Boltzmann delle velocità per un insieme molecolare di
atomi di ossigeno e atomi di idrogeno. La velocità di fuga per la terraè anche indicata.
ve =
p
2g0 a
(1.28)
Per la terra ve ha un valore di 11 Km s−1 . Indipendentemente dal loro peso
molecolare la velocità di fuga è la stessa per tutte le molecole. Tuttavia differenti
molecole non hanno la stessa distribuzione di velocità poiché l’energia è equiripartita in modo tale che le molecole più pesanti hanno velocità più basse di quelle
leggere.
Il livello critico dell’atmosfera terrestre giace intorno a 500 Km. A questa
altezza la temperatura è di circa 1000 K sotto le normali condizioni di attività
solare ma può raggiungere anche 2000 K durante condizioni disturbate. La Fig.
1.3 mostra le distribuzioni di Boltzmann per gli atomi di O e H di un insieme molecolare in funzione della velocità molecolare. Dalla distribuzionepdi Boltzmann
si può calcolare la velocità più probabile che risulta essere v0 = 2kT /m dove
m è la massa delle molecole e k la costante di Boltzmann. Si può inoltre calcolare quale potrebbe essere la frazione di molecole che presenta un velocità di
fuga superiore alla velocità più probabile. Per l’ossigeno atomico la velocità più
probabile è v0 = 1.02 Km s−1 . La frazione di atomi di ossigeno aventi una velocità
superiore alla velocità di fuga è solo 10−45 . Il tempo medio inferiore necessario
per esaurire tutte le molecole di O che si trovano inizialmente al tempo critico è
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
dato dal tempo medio tra una collisione diviso la frazione di molecole con una
velocità v > ve . Vicino a 500 Km il tempo medio tra le collisioni è circa di 10 s.
Quindi il tempo medio affichè tutte le molecole di O possano sfuggire dal campo
gravitazionale terrestre è maggiore di 1046 s che è un tempo di maggiore di 4
bilioni di anni rispetto all’età del pianeta. Le specie più pesanti sono catturate
dal campo gravitazionale terrestre ancora più efficacemente.
La situazione per l’idrogeno differisce bruscamente. La popolazione dell’idrogeno è distribuita su un intervallo di velocità più alte cosı̀ che molti atomi superano al velocità di fuga. La velocità più probabile è di 4.08 Km s−1 mentre la
frazione di molecole avente una velocità superiore alla velocità di fuga ve è circa
10−4 . Cosı̀ applicando lo stesso ragionamento visto prima il tempo necessario per
perdere le molecole nello spazio è circa 105 s o un giorno. Durante le condizioni
disturbate di attività solare le molecole di idrogeno sfuggono ancora più velocemente. Questo fenomeno spiega perchè l’idrogeno sia cosı̀ scarso nell’atmosfera
terrestre nonostante la continua fotodissociazione dell’acqua.
1.6
Distribuzione della temperatura
Le prime esplorazioni sulla struttura verticale della temperatura nell’atmosfera
sono state condotte mediante misure in situ attraverso palloni aerostatici. Questi
strumenti hanno permesso di osservare che la temperatura solitamente decresce
di circa 7 gradi/Km nel livello più basso sotto i 10 Km. Il gradiente verticale di
temperatura è altamente variabile ma non supera mai i 10 gradi/Km se non in
prossimità del suolo.
Sopra i 10 Km la temperatura rimane costante o aumenta ulteriormente con
l’altezza. Al di sotto di tale discontinuità si parla di troposfera e la zona limitante prende il nome di tropopausa. Sopra questo livello abbiamo la stratosfera. Lo
schema 1.4 mette in evidenza il profilo verticale di temperatura per “l’atmosfera standard”. Come indicato dalla figura il proflo verticale può essere diviso in
quattro distinti strati: troposfera, stratosfera, mesosfera e termosfera le cime di
questi strati sono chiamati tropopausa, stratopausa, mesopausa e termopausa.
La troposfera contiene più dell’80% della massa totale e virtualmente tutto
il vapor acqueo, nuvole e precipitazioni dell’atmosfera terrestre. Essa è caratterizzata da piuttosto forti mescolamenti verticali. Non è insolito che le molecole
dell’aria in questa zona possano traversare l’intera profondità dell’atmosfera in
pochi giorni.
La transizione dalla troposfera alla stratosfera è individuata da un improvviso
cambiamento delle tracce dei suoi costituenti. Il vapor acqueo diminuisce rapidamente mentre la concentrazione dello O3 incrementa di un ordine di grandezza
all’interno dei primi pochi chilometri sopra la tropopausa. La stratosfera è caratterizzata da un lieve mescolamento verticale. Strati sottili di aerosol persistono
per lunghi periodi di tempo in certi intervalli di altezza. Anche i più vigorosi tem-
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Figura 1.4: profilo verticale di temperatura
porali sono incapaci di penetrare in questa zona per più di qualche chilometro.
La pressione nell’atmosfera è di circa 1 mb rispetto ai 1000 mb sulla superficie
terrestre. La stratosfera e la troposfera contengono circa il 99.9% della massa
totale dell’atmosfera.
La mesosfera si sovrappone nella parte più bassa con la zona ionosfera e la parte più bassa nella quale sono osservate le aurore (fenomeno ottico caratterizzato
dal manifestarsi di luce nel cielo notturno). Come nella troposfera la temperatura
diminuisce con l’altezza.
La termosfera si estende sopra il livello della mesopausa per molte diverse
centinaia di chilometri dove l’intervallo di temperatura va di circa 500 K a 2000
K. Sopra i 500 Km le collisioni sono cosı̀ poco frequenti che è difficile definire
la temperatura. Al di fuori della magnetosfera la temperatura è determinata dai
venti solari.
All’interno della troposfera la temperatura diminuisce con la latitudine. Negli
strati bassi della stratosfera la temperatura è distribuita in un modo piuttosto
complicato. L’emisfero estivo è caratterizzato da un equatore freddo e poli caldi
mentre l’emisfero invernale mostra distinti massimi di temperatura sulle latitudini
di mezzo.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Figura 1.5: Rapporto di mescolamento del biossido di carbonio misurato a Mauna Loa,
Hawaii
1.7
Costituenti in tracce
Al di là dei suoi primari costituenti l’atmosfera contiene delle specie in tracce.
Molte di queste giocano un ruolo chiave nei processi chimici e radiativi. La più
semplice di queste molecole è forse il CO2 che è chimicamente inerte e ben mescolato nell’atmosfera. Come l’N2 e O2 il biossido di carbonio ha un rapporto di
mescolamento uniforme pari a rCO2 ∼
= 350 ppmv.
• Biossido di carbonio
Il biossido di carbonio è coinvolto in processi chimici e biologici ed è prodotto naturalmente vicino alla superficie terrestre. Comunque, l’aumento
del biossido di carbonio ha raggiunto massimi record a causa dell’attività
umana contribuendo ad una importante perturbazione nel bilancio naturale
del CO2 .
Benché l’interazione con gli oceani e con la biosfera renda il suo bilancio
complesso l’influenza umana sembra influenzare fortemente il bilancio della
CO2 come suggerisce la figura 1.5. Essa mostra la crescita di rCO2 a Mauna
Loa in questi ultimi anni. Il rapido incremento del biossido di carbonio negli
anni recenti viene associato con il riscaldamento globale essendo il CO2 un
gas serra.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Figura 1.6: variazione della temperatura e del biossido di carbonio in funzione del
tempo
Queste considerazioni sono in accordo con le integrazioni numerica su larga
scala. I modelli di circolazione generale predicono un incremento di 2-3 K
in risposta ad un raddoppio del CO2 che potrebbe verificarsi nei prossimi
100 anni. In assenza di fattori mitiganti questo incremento porterebbe a
forti variazioni climatiche come la fusione delle calotte polari e conseguente aumento del livello degli oceani. Nella stratosfera, dove il CO2 gioca un
ruolo predominante nel bilancio energetico, si potrebbe verificare un raffreddamento a causa dell’assorbimento della radiazione infrarossa da parte del biossido di carbonio che provocherebbe un raffreddamento con una
diminuzione di circa 10 K.
Inoltre le informazioni ricavate dalle carote di ghiaccio prelevate a grandi profondità forniscono informazioni sulla composizione atmosferica nel
passato. In combinazione con con le informazioni geologiche questi risultati suggeriscono una forte correlazione tra la concentrazione di CO2 e la
temperatura globale. La figura 1.6 mostra la correlazione tra la CO2 e la
temperatura negli ultimi 160000 anni.
• Vapor acqueo
A causa del suo coinvolgimento con i processi radiativi, la formazione di
nubi e gli scambi di energia con gli oceani, il vapor acqueo è la traccia più
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
importante nell’atmosfera. Il vapor acqueo è confinato praticamente tutto
nella troposfera. Il suo rapporto di mescolamento diminuisce fortemente
con l’altezza da un massimo di circa 20 g/Kg ai tropici sulla superficie ad
un minimo di poche parti per milioni nella tropopausa. La concentrazione
assoluta di vapo acqueo o umidità assoluta ρ̄He O diminuisce con l’altezza
anche più rapidamente. Dalla 1.13 la densità del costituente i-esimo non è
altro che il prodotto tra il rapporto di mescolamento e la densità dell’aria
secca.
ρi = ri ρd
(1.29)
Poiché ρd diminuisce esponenzialmente con l’altezza il vapore acqueo tende ad essere concentrato nei primi 2 Km dell’atmosfera. Molto del vapore
acqueo si sviluppa vicino all’equatore dagli oceani caldi. Conseguentemente
il trasporto gioca un ruolo chiave nel determinare la distribuzione media
r̄H2 O . Il trasporto verticale ed orizzontale prendono il nome di convezione e
avvezione
• Ozono
Un altro gas in traccia che gioca un ruolo importante nella vita sulla terra
è l’ozono. L’assorbimento della radiazione UV da parte dell’O3 permette la
vita sulla terra come noi la conosciamo. L’evoluzione dell’atmosfera terrestre
e la formazione degli strati di ozono sono pensati essere fortemente correlati
con lo sviluppo della vita sulla terra.
Evidenze geologiche suggeriscono che le forme primitive di vita si siano originate nella profondità degli oceani quando l’atmosfera terrestre conteneva
un piccola quantità di ossigeno o non lo conteneva affatto. La radiazione
ultravioletta passava liberamente fino ad arrivare alla superficie del pianeta. Attraverso i processi fotosintetici queste primordiali forme di vita hanno sviluppato O2 il quale a sua volta è passato all’atmosfera dove veniva
fotodissociato dalla radiazione UV in accordo alla reazione
O2 + hν → 2O
(1.30)
l’ossigeno atomico prodotto poteva a sua volta ricombinarsi con l’ossigeno
molecolare per formare ozono.
O2 + O + M → O3 + M
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(1.31)
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
dove M rappresenta il terzo corpo necessario per assorbire l’energia in eccesso liberata dalla combinazione dell’ossigeno atomico con l’ossigeno molecolare. L’ozono formatosi a sua volta si ridissocia assorbendo la radiazione
UV secondo la reazione
O3 + hν → O2 + O
(1.32)
Le reazioni 1.31 e 1.32 costituiscono un ciclo chiuso che non coinvolge perdita di componenti ma solo assorbimento di energia solare. Attraverso la
rimozione della radiazione UV dannosa dallo spettro solare l’O3 è ritenuto
essere responsabile della diffusione della vita sulla superficie degli oceani.
L’ozono è concentrato nella stratosfera e il suo rapporto di mescolamento
incrementa rapidamente sopra la tropopausa raggiungendo un massimo di
circa 10 ppmv intorno ai 30 Km.
La vita fotochimica dell’ozono varia rapidamente con l’altezza. Nella bassa stratosfera l’ozono ha un tempo di vita fotochimico di molte settimane.
Rispetto ai moti dell’aria che sono di circa 1 giorno è un tempo lungo e si
comporta come un tracciante a queste altezze e la sua distribuzione è controllata dalle influenze dinamiche. La sua solubilità in acqua rende l’ozono
prontamente assorbito dai sistemi convettivi che lo precipitano in superficie dove può essere distrutto attraverso processi ossidativi. La troposfera
rappresenta un pozzo per la distribuzione dell’ozono.
• Metano
Il metano rappresenta un altro importante gas nei processi radiativi ed è
prodotto principalmente dall’attivià batterica. Il metano ha un tempo di
vita lungo ed è ben mescolato nella troposfera con un rapporto di mescolamento dell’ordine di 1.7 ppmv. Nella stratosfera rCH4 diminuisce con l’altezza a causa dei processi ossidativi. Questi processi conducono alla formazione
di acqua ed è ritenuto essere responsabile dell’incremento del rapporto di
mescolamento dell’acqua rH2 O nella stratosfera.
• Clorofluorocarburi
I clorofluorocarburi sono usati come propellenti in vari processi industriali. Il
rilascio di questi gas nell’atmosfera è incrementato fortemente dalla seconda
guerra mondiale. Queste specie di origine antropogenica sono stabili nella
troposfera e la loro insolubilità in acqua li rende immuni dalle normali
attività di “pulizia” associate con le precipitazioni. Questi gas una volta
raggiunta la stratosfera subiscono l’irraggiamento solare con produzione di
cloro e conseguente scomparsa dell’ozono.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
Introduzione all’atmosfera
• Composti azotati
Gli ossidi di azoto come N2 O e NO sono a loro volta rilevanti nella fotochimica con l’ozono. Le sorgenti antropogeniche di N2 O come i fertilizzanti o
la combustione dei fossili hanno alterato il ciclo naturale dell’azoto.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Capitolo 2
Termodinamica dei gas
2.1
Termodinamica dell’atmosfera
Il legame tra la circolazione, il trasferimento radiativo e il calore latente tra la
superficie della terra e l’atmosfora è la termodinamica. La termodinamica affronta
le trasformazioni interne dell’energia di un sistema e gli scambi energetici tra il
sistema e il suo intorno. Noi qui svilupperemo i principi della termodinamica per
un sistema discreto inteso come una porzione di aria in movimento per mezzo
della circolazione.
2.2
Concetti termodinamici
Un sistema termodinamico si riferisce ad uno specifico insieme di elementi. Tale
sistema può essere chiuso se sussiste solo uno scambio di energia con l’intorno.
La porzione di aria che prenderemo spesso in considerazione è in principio un
sistema chiuso. Gli scambi di materia sono infatti lenti rispetto agli altri processi
che può essere considerato un sistema chiuso. Viceversa un sistema si dice aperto
se scambia energia e materia con l’esterno e infine isolato se non scambia né
energia né materia con l’esterno.
Un sistema si dice in equilibrio termico se le coordinate che definiscono il
sistema non cambiano nel corso del tempo quando le parti del sistema che lo
costituiscono sono in contatto mediante una parete conduttrice.
Il concetto di equilibrio termico permette a sua volta di definire il concetto di
temperatura. La temperatura T di un sistema è quella proprietà che determina
se un sistema sia o non sia in equilibrio termico con altri sistemi
2.2.1
Proprietà termodinamiche
Due tipi di proprietà caratterizzano lo stato di un sistema. Una proprietà che
non dipende dalla massa del sistema è detta essere intensiva altrimenti estensiva.
Le proprietà intensive e estensive sono di solito denotate rispettivamente con le
lettere minuscole e maiuscole. Pressione e temperatura sono esempi di proprietà
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Termodinamica dei gas
Termodinamica dei gas
intensive mentre il volume è un tipico esempio di proprietà estensiva. Una proprietà intensiva z può essere definita da una proprietà estensiva Z ad esempio
riferendo quest’ultima alla massa m del sistema attraverso
z=
Z
m
(2.1)
in questo caso la proprietà intensiva viene riferita come proprietà specifica.
Un sistema è inoltre detto omogeneo se le sue proprietà non variano nello spazio
altrimenti eterogeneo.
Un sistema può scambiare energia con il suo intorno mediante due processi
fondamentali. Può scambiare lavoro con il suo intorno attraverso un processo
meccanico o calore mediante uno scambio termico di energia.
2.2.2
Lavoro di espansione
In meccanica classica, si definisce lavoro il prodotto di una forza per uno spostamento. In termodinamica spesso ci riferiamo al lavoro di espansione. Partendo
allora dalla definizione meccanica possiamo scrivere che
δW = F · ds ∴ δW = F ds cos θ
(2.2)
Se consideriamo un lavoro di espansione il verso associato alla forza della porzione
di aria che si espande contro la pressione esterna sarà contrario alla pressione
esterna. Conseguentemente cos θ = −1. A sua volta il modulo della pressione è
una forza su una superficie p = F/A. In altre parole il lavoro di espansione sarà
δW = −pest Ads ∴ δW = −pest dV
(2.3)
dove pest rappresenta la pressione esterna. Nel caso ci riferiamo a condizioni di
reversibilità meccanica nel senso che la differenza tra la pressione interna e quella
esterna non sia altro che un infinitesimo allora la 3.3 diventa
δW = −pdV
2.2.3
(2.4)
Lavoro e calore
Come è noto lo stato di un sistema può essere variato non solo attraverso il lavoro
meccanico ma anche attraverso altre vie. Se consideriamo un cilindro munito
di pistone possiamo ad esempio espandere il gas adiabaticamente in un cilindro
chiuso da un pistone accoppiato ad un corpo in nodo tale che durante l’espansione
il corpo si solleva e compie lavoro. Se viceversa il nostro cilindro è chiuso e viene
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Termodinamica dei gas
Termodinamica dei gas
messo in contatto attraverso una parete conduttrice con la fiamma di un becco
bunsen si osserverà un aumento di pressione e temperatura senza compiere lavoro.
Nel caso in cui al sistema sia invece anche permesso di espandersi allora si avrà sia
compimento di lavoro che aumento della temperatura del sistema. L’ente che viene
scambiato tra un sistema e l’ambiente circostante in virtà solo della differenza di
temperatura prende il nome di calore.
Un importante risultato sperimentale mette inoltre in evidenza che il lavoro
adiabatico non dipende dal cammino percorso ma solo dallo stato iniziale e finale del sistema. La generalizzazione di questo risultato prende il nome di primo
principio della termodinamica. Questo risultato ci permette di dire che esiste una
funzione delle coordinate termodinamiche il cui valore nello stato finale meno
quello dello stato iniziale è uguale al lavoro adiabatico. Tale funzione prende il
nome di energia interna.
Wadiabatico = Uf − Ui
(2.5)
La differenza Uf −Ui interpreta fisicamente la variazione di energia del sistema
ed esprime il principio di conservazione dell’energia. Essendo l’energia interna
funzione delle coordinate del sistema (p,T,V) si può sempre pensare l’energia
interna come funzione di qualunque coppia di queste coordinate. Questo è vero
per un sistema semplice ad esempio
µ
dU =
∂U
∂T
µ
¶
dT +
V
∂U
∂V
¶
dV
(2.6)
T
Immaginiamo ora due esperimenti diversi eseguiti sullo stesso sistema. In uno
misuriamo il lavoro adiabatico necessario per cambiare lo stato del sistema da i
a f : tale lavoro risulta uguale a Uf − Ui . Nell’altro, sottoponiamo il sistema allo
stesso cambiamento di stato, ma in modo non adiabatico e misuriamo il lavoro
speso. Come risultato si trova che il lavoro non adiabatico non è uguale a Uf − Ui .
Affiché tale risultato sia compatibile con il principio di conservazione dell’energia
dobbiamo concludere che c’è stato trasferimento di energia avvenuto non attraverso l’esecuzione di lavoro. Questa energia, che deve essere stata scambiata, per
il principio di conservazione dell’energia fra il sistema e l’ambiente circostante è
proprio ciò che abbiamo definito come calore. Assumeremo allora la seguente definizione termodinamica di calore: quando un sistema, che si trovi a temperatura
diversa da quella dell’ambiente circostante e su cui può essere eseguito del lavoro, compie una trasformazione, l’energia trasferita con mezzi non meccanici che
è uguale alla differenza fra la variazione di energia interna e il lavoro compiuto
viene detta calore Q.
Q = Uf − Ui − W
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(2.7)
Termodinamica dei gas
Termodinamica dei gas
La relazione 2.7 costituisce la forma matematica del primo principio della
termodinamica e che possiamo riscrivere
∆U = Q + W
(2.8)
e nella forma infinitesima abbiamo
dU = δQ + δW
(2.9)
Nel caso particolare in cui si analizzi un sistema capace di fare solo del lavoro di
espansione allora possiamo scrivere
dU = δQ − pdV
(2.10)
durante l’espansione di un gas ∆V > 0 e quindi l’energia interna diminuisce
perchè il gas compie lavoro sull’ambiente.
Essendo l’energia interna una funzione di stato essa si annulla in processo
ciclico nel qual caso la prima legge della termodinamica si riduce a
I
I
pdV =
δq
(2.11)
Cosı̀ il lavoro effettuato dal sistema durante un processo ciclico è bilanciato
dal calore netto assorbito dal sistema. Un sistema chiuso che genera lavoro attraverso la conversione di calore assorbito è detta macchina termica. Al contrario un
sistema che elimina calore attraverso il lavoro è detto frigorifero. Noi vedremo che
porzioni di aria incluse nella circolazione dell’atmosfera si comportano proprio come una macchina termica. Esse assorbiranno calore dalla superficie terrestre, per
trasferimento radiativo, o calore latente e lo riemetteranno nell’alta troposfera; in
questo modo le porzioni di aria svolgeranno un lavoro netto che evolve attraverso
un ciclo termodinamico. In accordo con la 2.11 il lavoro netto effettuato durante
tale ciclo uguaglierà il calore netto assorbito.
2.2.4
Entalpia
Molti processi avvengono a pressione costante in questo caso il primo principio
della termodinamica può essere scritto nella forma
δQ = d(U + pV )
(2.12)
l’argomento del differenziale dell’equazione 2.12, che indicheremo con il simbolo H
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Termodinamica dei gas
Termodinamica dei gas
H = U + pV
(2.13)
definisce un’utile funzione di stato del sistema avente la proprietà di identificarsi
con il calore scambiato a pressione costante
dH = dQ
(2.14)
differenziando H e sostituendo l’espressione del primo principio otteniamo che
dH = δQ + V dp
2.2.5
(2.15)
Calore specifico
Quando un sistema assorbe calore, a seconda del tipo di trasformazione impiegata
esso può incrementare la sua temperatura. Si definisce la capacità termica media
il rapporto
C=
Q
δT
(2.16)
cioè la capacità termica rappresenta la quantità di calore necessaria per innalzare la temperatura di un corpo di 1 grado. Questa quantità assumerà valori
diversi a secondo che la trasformazione avvenga a volume o pressione costante parleremo in questo caso di calore specifico a volume Cv o a pressione costante Cp .
Possiamo individuare delle utili relazioni termodinimache partendo direttamente
dalla definizione di energia interna o di entalpia. Per prima cosa consideriamo il
differenziale della funzione U (T, V )
µ
dU =
∂U
∂T
¶
µ
dT +
V
∂U
∂V
¶
dV
(2.17)
T
Sostituendo questa espressione nell’equazione del primo principio 2.10 otteniamo
µ
δQ =
∂U
∂T
¶
·µ
dT +
V
∂U
∂V
¶
¸
+ p dV
(2.18)
T
dividendo tutto per dT otteniamo
δQ
=
dT
µ
∂U
∂T
¶
·µ
+
V
∂U
∂V
¶
¸
+p
T
dV
dT
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(2.19)
Termodinamica dei gas
Termodinamica dei gas
ma a volume costante, la 3.10 implica che δQ = dU e la 3.19 si riduce all’espressione che ci fornisce un’utile espressione per il calore specifico a volume
costante.
µ
Cv =
δQ
dT
¶
µ
=
V
∂U
∂T
¶
(2.20)
V
In modo del tutto analogo partendo dall’espressione per l’entalpia possiamo
trovare che
µ
Cp =
∂H
∂T
¶
(2.21)
p
Consideriamo un recipiente termicamente isolato a pareti rigide e diviso in
due da un setto. Supponiamo che uno scompartimento sia pieno di un gas ideale
e l’altro sia vuoto. Togliendo il setto, il gas compie quella che si chiama espansione
libera in cui non si compie lavoro e non c’è trasmissione di calore. risulta allora dal
primo principio che Q e W sono nulli in un espansione libera e l’energia interna
non cambia. Se la temperatura del gas vari o meno durante tale espansione è un
problema che per circa 100 anni ha attirato l’attenzione dei fisici. A partire da
Joule nel 1843 sono stati fatti vari tentativi per misurare la quantità (∂T /∂V )U
noto come coefficiente di Joule. Per un gas ideale la temperatura non varia e
µ
¶
∂U
=0
(2.22)
∂V T
Nel caso particolare di un gas ideale U è solo funzione di T e quindi la sua
derivata parziale coincide con la derivata totale. Cosı̀ in questo caso
µ
Cv =
dU
dT
¶
µ
e Cv =
V
dH
dT
¶
p
e
δQ = Cv dT + pdV
(2.23)
differenziando la legge dei gas ideali P V = nRT otteniamo
pdV + V dp = nRdT
(2.24)
sostituendo quest’equazione nella 2.23 otteniamo
δQ = (Cv + nR)dT − V dp
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(2.25)
Termodinamica dei gas
Termodinamica dei gas
e dividendo ambo i membri per dT otteniamo
δQ
dp
= Cv + nR − V
dT
dT
(2.26)
a pressione costante otteniamo allora
Cp = Cv + nR
(2.27)
in accordo alla meccanica statistica il calore specifico a volume costante è
Cv = 3/2R per un gas monoatomico e Cv = 5/2R per un gas biatomico.
2.2.6
Processi adiabatici
Dalla relazione 2.15 possiamo scrivere
δQ = Cp dT − V dp
(2.28)
quest’equazione e la 2.23 per un processo adiabatico diventano semplicemente
−Cv dT = pdV
Cp dT = V dp
dividendo la seconda equazione per la prima
dp
Cp dV
=−
P
Cv V
se indichiamo il rapporto tra le capacità termiche con γ allora
dV
dp
= −γ
P
V
(2.29)
tenendo presente che per intervalli di temperatura di circa 2000 gradi gamma
rimane praticamente costante allora possiamo integrare l’equazione 2.29 e scrivere
ln p = − ln V + costante
(2.30)
pV γ = costante
(2.31)
ovvero
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Termodinamica dei gas
Termodinamica dei gas
questa equazione è conosciuta come equazione di Poisson e definisce un cammino adiabatico per un gas ideale. possiamo scrivere quest equazione in forme
diverse appliando l’equazione di stato dei gas. Sostituendo a p nella 3.31 T /V
otteniamo
T γ
V = costante
V
cioè
T V γ−1 = costante
(2.32)
Sostituendo invece sempre nell’equazione dell’adiabatica 2.31 T /p al posto di
V otteniamo
µ ¶γ
T
p
= costante ∴ p1−γ T γ = costante
p
passando ai logaritmi posso scrivere
(1 − γ) ln p + γ ln T = costante
ancora
(1−γ)
(1−γ)
(1 − γ)
ln p + ln T = costante ∴ ln p γ + ln T = costante ∴ T p γ = costante
γ
ma
(1 − γ)
1 − Cp /Cv
Cv − Cp
R
=
=
=−
γ
Cp /Cv
Cp
Cp
definendo R/Cp = k otteniamo
T p−k = costante
(2.33)
quest’ultima espressione è ancora una delle forme dell’equazione di Poisson e
risulta più adatta per lo studio dei fenomeni atmosferici.
2.2.7
Temperatura potenziale
La relazione di Poisson tra la pressione e la temperatura ci permette di motivare
l’introduzione di una nuova variabile di stato che è preservata durante un cammino adiabatico. Definiamo cosı̀ la temperatura potenziale Θ come la temperatura
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Termodinamica dei gas
Termodinamica dei gas
assunta dal sistema quando questo è compresso o espanso adiabaticamente in riferimento ad una pressione p0 = 1000mb. In accordo con la 2.33 per un processo
adiabatico dallo stato (p, T ) allo stato di riferimento (p0 , Θ) soddisfa la relazione
−k
Θp−k
0 = Tp
cosı̀
Θ
=
T
µ
p0
p
¶k
(2.34)
risulta che Θ è invariante lungo un cammino adiabatico.
Il comportamento adiabatico per porzioni di aria individuali è una buona
approssimazione in molte applicazioni atmosferiche. Al di là del confine con i corpi
nuvolosi e all’esterno delle nuvole la scala dei tempi per il trasferimento del calore
è dell’ordine di 2 settimane che è grande rispetto alla scala dei tempi caratteristica
degli spostamenti che influenza una porzione di aria attraverso cambiamenti di
pressione e lavoro di espansione. Per esempio gli spostamenti verticali dell’aria
accompagnati dalle variazioni di pressione e volume che si verificano nei cumuli,
che si formano per convezione, hanno un tempo di scala che va dai minuti ad
un’ora. Cosı̀ in generale la scala dei tempi associata alle variazione di pressione
e di lavoro di espansione è molto piccola rispetto a quella del trasferimento di
calore.
Sotto queste circostanze, la temperatura potenziale di porzioni singole di aria
è approssimativamente conservata. Una porzione di aria discendendo verso una
regione di maggiore pressione subisce un incremento di temperatura in accordo
con la 2.33 a causa del lavoro di compressione effettuato su esso ma in una proporzione tale da mantenere la temperatura potenziale costante in accordo alla
2.34. Le stesse considerazioni possono applicarsi ad una porzione di aria che si
muove in moto ascendente. Segue che sotto condizioni adiabatiche Θ è conservata
e si comporta con un tracciante del moto dell’aria. Sulla scala dei tempi per le
quali porzioni individuali di aria possono essere considerate adiabatiche, particolari valori di Θ tracciano il movimento di questi corpi nell’aria. Viceversa una
raccolta di porzioni di aria aventi un particolare valore di Θ si muovono nello
spazio seguendo le particolari isoplete di temperatura potenziale.
La distribuzione di Θ è determinata dalle condizioni di temperatura e pressione. Poiché la pressione diminuisce rapidamente con l’altezza implica che le
superfici a Θ costante tendono ad essere quasi orizzontali come le superfici isobariche.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Termodinamica dei gas
2.2.8
Termodinamica dei gas
Comportamento dinamico accompagnato da moto
verticale
In accordo alle equazioni adiabatiche la temperatura di una porzione di aria che
si muove verticalmente cambia a causa del lavoro di espansione in proporzione
alla sua pressione per preservare la temperatura potenziale. Un espressione per
valutare la velocità di variazione della temperatura T 0 con la sua altezza z 0 può
essere valutata partendo dalla relazione 1.20 e 1.22 che possiamo riscrivere
dz
(2.35)
H
inoltre utilizzando l’equazione 2.28 in condizioni adiabatiche e applicando la
legge di stato dei gas possiamo scrivere
d ln p = −
Cp dT −
RT
dp = 0
p
(2.36)
o anche
Cp d ln T − Rd ln p = 0
(2.37)
sostituendo la 2.35 nella 2.37 otteniamo
dz 0
=0
H
applicando la 1.22 per la quale R/H = g/T
Cp d ln T 0 + R
Cp d ln T 0 − g
dz 0
=0
T0
(2.38)
(2.39)
quindi
Cp T 0 d ln T 0 + gdz 0 = 0
Cp dT 0 + gdz 0 = 0
(2.40)
cosı̀ la temperatura di una porzione di aria che si muove adiabaticamente
diminuisce con l’altezza ad una velocià costante
Cp dT 0 + gdz 0 = 0
(2.41)
dT 0
g
=
= Γd
0
dz
Cp
(2.42)
cioè
−
che definisce il gradiente adiabatico di temperatura per l’aria secca. La temperatura diminuisce linearmente con l’altezza con una pendenza paria Γd . Il valore
di Γd è approssimativamente pari a 9.8 K/Km
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Termodinamica dei gas
2.2.9
Termodinamica dei gas
Processi non adiabatici
Come abbiamo osservato per molti scopi il comportamento di una porzione di aria
può essere visto come adiabatico, tuttavia questa condizione può essere violata
in certe zone e per scale temporali più lunghe. In prossimità della superficie
la conduzione termica e il mescolamento turbolento rendono la scala temporale
dell’ordine del giorno. Allo stesso modo all’interno delle nuvole il rilascio del calore
latente opera sulla stessa scala temporale.
Sotto condizioni non adiabatiche il sistema interagisce con il suo intorno
sia meccanicamente che termicamente e la temperatura potenziale non è più
conservata. Prendendo il logaritmo della 2.34 otteniamo
ln Θ − ln T = k ln p0 − k ln p
differenziando otteniamo
d ln Θ − d ln T = −kd ln p
(2.43)
dividendo la 2.28 per T e introducendo la legge dei gas otteniamo
Cp
dT
V
δQ
dT
dp
δQ
− dp =
∴ Cp
−R
=
T
T
T
T
p
T
o ancora
Cp d ln T − Rd ln p =
δQ
T
dividendo tutto per Cp
d ln T − kd ln p =
δQ
Cp T
(2.44)
confrontando la 2.43 con la 2.44 otteniamo
d ln Θ =
δQ
Cp T
(2.45)
Cosı̀ l’incremento della temperatura potenziale è una misura diretta del calore
trasferito al sistema. Per questa ragione una porzione di aria che si muove attraverso superfici di temperatura potenziale scambierà con il suo intorno un calore
netto proporzionale alla differenza di temperatura potenziale.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Termodinamica dei gas
Termodinamica dei gas
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Capitolo 3
La seconda legge e le sue
implicazioni
3.1
La seconda legge e le sue implicazioni
La seconda legge delle termodinamica può essere enunciata attraverso i suoi due
postulati
Postulato di Kelvin È impossibile realizzare una trasformazione termodinamica il cui unico risultato sia quello di assorbire calore da un serbatoio e
trasformarlo completamente in lavoro
Postulato di Clausius Non è possibile realizzare una trasformazione termodinamica il cui unico risultato sia quello di trasferire del calore da un corpo
più freddo ad uno più caldo
In entrambi i postulati la parola chiave è unico ed un semplice esempio può
illustrare il punto. Se un gas ideale è espanso reversibilmente e isotermicamente
il gas compie lavoro. Poiché in questo processo ∆U = 0 il lavoro fatto è uguale
al calore assorbito durante l’espansione. Quindi una certa quantità di calore è
convertita interamente in lavoro. Questo però non è il solo effetto perchè il gas
occupa un volume più grande nello stato finale.
Il postulato di K e il postulato di Clausius C sono equivalenti. Per dimostrare
questo proveremo che se il postulato di Kelvin è falso allora lo è anche quello di
Clausius e vice versa.
Supponiamo che K sia falso. Allora noi possiamo estrarre calore da una riserva
a temperatura T1 e convertirla interamente in lavoro con nessun altro effetto.
Possiamo successivamente convertire questo lavoro in calore e rilasciandolo ad
una riserva alla temperatura T2 > T1 con nessun altro effetto. Il risultato netto
sarà stato quello di trasferire una quantità di calore da un corpo più freddo ad
uno più caldo contraddicendo il postulato di Clausius.
Per dimostrare che se C è falso allora è falso anche K dobbiamo per prima
cosa definire una macchina termica cioè un sistema termodinamico che compie
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Termodinamica dei gas
La seconda legge e le sue implicazioni
una trasformazione ciclica ( cioè una trasformazione il cui stato finale è identico
allo stato iniziale) che esegue le seguenti cose e solo le seguenti cose.
1. assorbe un ammontare di calore Q2 > 0 da una riserva a temperatura T2 ;
2. elimina un ammontare di calore Q1 > 0 ad una riserva T1 , con T1 < T2 ;
3. produce una quantità di lavoro W > 0;
Supponiamo allora che C sia falso. Estraiamo una quantità di calore Q2 da
una riserva a temperatura T1 e rilasciamola ad una riserva T2 > T1 . Facciamo
operare un ciclo ad una macchina termica tra le temperature T1 e T2 e facciamo
in modo che la macchina termica estragga esattamente la quantità di calore Q2 .
Il risultato netto sarà allora quello di aver estratto una quantità di calore da T1 e
di averlo convertito interamente in lavoro contraddicendo il postulato di Kelvin.
3.2
Ciclo di Carnot
Una macchina di Carnot è una macchina termica che compie un ciclo reversibile
tra due isoterme e due adiabatiche. Il ciclo viene mostrato in figura 3.1 in un
diagramma pV dove ab è relativa all’isoterma a temperatura T2 durante il quale
il sistema assorbe la quantità di calore Q2 ; il ramo bc è adiabatico; cd è isotermo
alla temperatura T1 con T1 < T2 durante il quale il sistema rilascia la quantità di
calore Q1 ; e da è adiabatico. Il lavoro fatto dal sistema in un ciclo in accordo con
il primo principio è
W = Q2 − Q1
(3.1)
poiché ∆U = 0 per ogni trasformazione ciclica. L’efficienza della macchina
termica è definita
η=
W
Q1
=1−
Q2
Q2
(3.2)
noi mostreremo che se W > 0, allora Q1 > 0 e Q2 > 0. É ovvio che Q1 6=
0 altrimenti violerebbe il postulato di Kelvin. Supponiamo allora che Q1 < 0.
Questo significa che la macchina assorbe una quantità di calore Q2 da T2 e un
ammontare di calore −Q1 da T1 e converte l’ammontare netto di calore Q2 − Q1
in lavoro. Possiamo allora convertire questa quantità di lavoro, che per assunzione
è positiva, in calore e rilasciarla ad una riserva di calore T2 senza nessun altro
effetto. Il risultato netto è il trasferimento di una quantità positiva di calore −Q1
da T1 a T2 senza nessun altro effetto. Poichè T2 > T1 per assunzione questo
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
La seconda legge e le sue implicazioni
Termodinamica dei gas
Figura 3.1: ciclo di canot
risultato contraddice il postulato di Clausius. Quindi Q1 > 0 Dalla 3.1 e W > 0
segue immediatamente che Q2 > 0.
Allo stesso modo possiamo mostrare che se W < 0 e Q1 < 0 allora Q2 < 0 in
questo caso la macchina termica diventa un frigorifero.
L’importanza del ciclo di Carnot giace sul seguente teorema
Teorema di Carnot
Nessuna macchina termica operante tra due date temperature è più efficiente
del ciclo di Carnot
dimostrazione Consideriamo una macchina di Carnot C ed una macchina
termica arbitraria X che operino tra le due riserve termiche alla temperatura T2 e
T1 con T2 > T1 . Siano rispettivamente Q1 , Q2 e Q01 , Q02 i calori messi in gioco dalla
macchina di Carnot e dalla macchina X. Per la prima legge della termodinamica
W = Q2 − Q1
W 0 = Q02 − Q01
sia
N0
Q2
=
Q02
N
(3.3)
dove N 0 e N 0 sono due interi. Questa uguaglianza può essere soddisfatta per ogni
grado di accuratezza rendendo N e N 0 sufficientemente grandi. Effettuiamo ora
N cicli inversi della macchina di Carnot C e N 0 cicli per la macchina X. Alla fine
di questa operazione avremo che il lavoro totale sarà
Wtot = N 0 W 0 − N W
il calore Q2 totale invece applicando la relazione 3.3 sarà
(Q2 )tot = N 0 Q02 − N Q2 = 0
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(3.4)
Termodinamica dei gas
La seconda legge e le sue implicazioni
inoltre il calore Q1 totale sarà invece
(Q1 )tot = N 0 Q01 − N Q1
(3.5)
D’altra parte possiamo scrivere che
Wtot = (Q2 )tot − (Q1 )tot = −(Q1 )tot
(3.6)
Il risultato netto implicherà allora una violazione del postulato di Kelvin a
meno che
Wtot ≤ 0
(3.7)
La relazione 3.7 implica allora che (Q1 )tot ≥ 0
Cosı̀ la 3.5 diventa
N 0 Q01 − N Q1 ≥ 0
(3.8)
dividendo tutto per N e applicando la 4.3 otteniamo
N0 0
Q2 0
Q1 − Q1 ≥ 0 ∴
Q − Q1 ≥ 0
N
Q02 1
cioè
N0 0
Q2 0
Q1 − Q1 ≥ 0 ∴
Q − Q1 ≥ 0
N
Q02 1
cioè
Q0
Q1
≤ 10
Q2
Q2
(3.9)
cambiando tutto di segno e aggiungendo 1 da ambo i membri otteniamo
µ
Q1
1−
Q2
¶
µ
¶
Q01
≥ 1− 0
Q2
(3.10)
in altre parole il rendimento della macchina di Carnot è maggiore del rendimento di qualunque altra macchina termica.
Consideriamo di nuovo il ciclo di Carnot come viene rappresentato nella figura
3.1 e cerchiamo di valutare il il lavoro compiuto e il calore scambiato durante il
ciclo
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
La seconda legge e le sue implicazioni
Termodinamica dei gas
espansione isoterma il gas alla temperatura T2 assorbe il calore Q2 e si espande reversibilmente dal volume Va al volume Vb . Essendo una espansione
isoterma ∆U = 0 e il lavoro eseguito è uguale al calore assorbito. Conseguentemente utilizzando la relazione 2.4 e applicando l’equazione di stato
dei gas ideali per integrazione otteniamo il lavoro di espansione
W2 = −RT2 ln
Vb
Va
(3.11)
e dalla 3.10 otteniamo
Q2 = RT2 ln
Vb
Va
(3.12)
espansione adiabatica Il gas si espande adiabaticamente e reversibilmente da
Vb a Vc . Pertanto avremo che Q = 0 mentre applicando la relazione 3.23
possiamo scrivere
δQ = Cv dT − δW cioè δW = Cv dT
in altre parole
W = Cv (T1 − T2 )
(3.13)
dove abbiamo assunto che Cv sia indipendente dalla temperatura
compressione isoterma In questo ramo il gas viene compresso isotermicamente
e reversibilmente da Vc a Vd . Il calore emesso si trasferisce al serbatoio
più freddo a temperatura T1 . Abbiamo che ∆U = 0 e il lavoro compiuto
applicando la relazione 2.4 diventa
W1 = −RT1 ln
Vd
Vc
(3.14)
e il calore emesso
Q1 = RT1 ln
Vd
Vc
(3.15)
compressione adiabatica il gas è compresso adiabaticamente e reversibilmente
da Vd a Va . Come risultato la temperatura passa da T1 a T2 . La variazione
di calore è nulla Q = 0 e il lavoro compiuto sarà questa volta
W = Cv (T2 − T1 )
Allora il calore totale sarà
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(3.16)
Termodinamica dei gas
La seconda legge e le sue implicazioni
Q = Q1 + Q2
(3.17)
e il lavoro complessivo sarà esrpimibile dalla somma dei due lavori isotermi i lavori
adiabiatici si elidono essendo uguali e contrari
W = −RT2 ln
Vb
Vd
− RT1 ln
Va
Vc
(3.18)
troviamo ora una relazione tra i volumi e a tale scopo utilizziamo la legge di Boyle
e la legge di Poisson cosı̀ possiamo scrivere per il nostro ciclo che
pa Va = pb Vb pc Vc = pd Vd
pb Vbγ
=
pc Vcγ
pa Vaγ
=
pd Vdγ
(3.19)
(3.20)
facendo i rapporti delle relazioni adiabatiche otteniamo
pb Vbγ
pc Vcγ
=
pa Vaγ
pd Vdγ
o anche
pb Vb Vbγ−1
pc Vc Vcγ−1
=
pa Va Vaγ−1
pd Vd Vdγ−1
applicando la 3.19 otteniamo che
µ
Vb
Va
¶γ−1
µ
=
Vc
Vd
¶γ−1
o anche
Vb
Vc
=
Va
Vd
(3.21)
allora dalla 3.18 il lavoro netto compiuto durante il ciclo sarà
W = −R(T2 − T1 ) ln
Vb
Va
(3.22)
e
Q1 = RT1 ln
Vd
Vb
= −RT1 ln
Vc
Va
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(3.23)
La seconda legge e le sue implicazioni
3.2.1
Termodinamica dei gas
rendimento termodinamico
Possiamo ora determinare il rendimento della macchina termica sfruttando utilizzando il lavoro netto compiuto dalla macchina termica e il calore assorbito dalla
macchina.
dalla relazione 3.2 possiamo scrivere
η=
R(T2 − T1 ) ln(Vb /Va )
RT2 ln(Vb /Va )
(3.24)
dove abbiamo preso il valore assoluto del lavoro netto compiuto dalla macchina
termica. Semplificando otteniamo
η =1−
T1
T2
(3.25)
Per il teorema di Carnot per il quale tramite l’espressione 3.10 abbiamo individuato che il rendimento di una macchina termica ideale è sempre superiore a
quello di una qualsiasi altra macchina termica e in particolare il rendimento della
macchina di Carnot ideale può essere espresso mediante la relazione 3.25 l’unione
della 3.25 con la 3.10 implica
1−
T1
Q1
≥1−
T2
Q2
(3.26)
dove abbiamo eliminato gli apici relativi alla macchina non ideale.
3.2.2
Entropia
Consideriamo una trasformazione ciclica ϑ di un sistema S. Supponiamo che
durante il ciclo il sistema ceda o riceva calore da un insieme di sorgenti alle
temperature rispettive T1 , T2 , . . . , Tn . Siano Qi l’ammontare di calore scambiato
dal sistema durante lo stadio i-esimo dalla riserva di calore alla temperatura Ti .
Conteremo le Q come positive se esse rappresentano quantità di calore ricevuto
dal sistema, come negative nel caso contrario. Accanto alle n sorgenti di calore, di
cui sopra, introduciamo un’altra sorgente di calore a temperatura T0 arbitraria, e
introduciamo anche n motori di Carnot reversibili ( consideriamo n cicli di Carnot
C1 , C2 . . . , Cn che lavorano rispettivamente tra le temperature T1 , T2 , . . . , Tn e la
temperatura T0 . Scegliamo l’i-esimo ciclo di Carnot, Ci di dimensioni tali che esso
ceda, alla temperatura Ti , una quantità di calore Qi , cioè una quantità di calore
uguale a quella acquistata dal sistema alla temperatura Ti . In altre parole i nostri
cicli di Carnot lavorano in modo tale che ogni ciclo
1. operi tra Ti e T0 con T0 ≥ Ti per tutti i valori di i
(0)
2. assorba una quantità di calore Qi
da T0
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Termodinamica dei gas
La seconda legge e le sue implicazioni
3. elimini un ammontare di calore Qi alla sorgente Ti
Consideriamo ora un ciclo composto comprendente un ciclo del sistema S e
un ciclo di ciascuno dei cicli di Carnot C1 , C2 . . . , Cn . In cicascuna delle sorgenti
T1 , T2 , . . . , Tn ko scambio complessivo di calore durante il ciclo composto è nullo:
infatti, la sorgente Ti cede una quantità Qi di calore al sistema S, ma essa riceve
un uguale quantitaà di calore dal ciclo Ci .
dalla 3.26 abbiamo
(0)
Q1
T0
=
Qi
Ti
(3.27)
L’ammontare di calore netto sarà allora
Q0 =
n
X
(0)
Qi
(3.28)
i=1
applicando la relazione 3.27 otteniamo
Q 0 = T0
¶
n µ
X
Qi
Ti
i=1
(3.29)
questa quantità è assorbita interamente da dalla riserva T0 e convertita interamente in lavoro senza nessuna altro effetto. In accordo alla seconda legge questo
è impossibile a meno che Q0 ≤ 0. Quindi
¶
n µ
X
Qi
Ti
i=1
≤0
(3.30)
Se ϑ è reversibile noi possiamo invertire il ciclo e attraverso gli stessi argomenti
sviluppati prima possiamo individuare la disuguaglianza
¶
n µ
X
Qi
−
≤0
(3.31)
T
i
i=1
Combinando la 3.30 con la 3.31 otteniamo
¶
n µ
X
Qi
=0
Ti
i=1
(3.32)
e per n → ∞ otteniamo
I µ
δQ
T
¶
=0
(3.33)
rev
in generale avremo
I µ
δQ
T
¶
≤0
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(3.34)
La seconda legge e le sue implicazioni
Termodinamica dei gas
che prende il nome di disuguaglianza di Clausius.
Per una trasformazione reversibile, l’integrale
Z µ ¶
δQ
T
non dipende dal cammino percorso ma solo dagli stati iniziali e finali della
trasformazione.
Siano A e B rispettivamente lo stato iniziale e finale di una trasformazione e
siano I e II cammini arbitrari reversibili che uniscono lo stato iniziale con quello
finale. Sia inoltre II il cammino inverso allora per la 3.33 possiamo scrivere
Z
Z
δQ
δQ
+
=0
(3.35)
II 0 T
I T
ma
Z
II 0
Z
δQ
=−
T
II
δQ
T
(3.36)
quindi
Z
I
δQ
=
T
Z
δQ
T
II
(3.37)
in altre parole non dipende dal cammino percorso. Possiamo allora definire la funzione di stato entropia S definita come segue. Scegliamo uno stato di riferimento
fisso O allora l’entropia per ogni stato A sarà
Z
A
δQ
T
S(A) =
O
(3.38)
dove l’integrazione viene lungo un cammino reversibile. L’entropia è cosı̀ definita a meno di una costante additiva e la differenza di entropia tra due stati sarà
completamente definita
Z
A
S(A) − S(B) =
B
δQ
T
(3.39)
dove il cammino di integrazione è un qualsiasi cammino reversibile che unisce
B con A. Da ciò segue che per ogni variazione infinitesimale reversibile
dS =
δQ
T
che è un differenziale esatto.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(3.40)
Termodinamica dei gas
La seconda legge e le sue implicazioni
per una trasformazione arbitraria qualunque abbiamo che
Z
B
A
δQ
≤ S(B) − S(A)
T
(3.41)
il segno di uguaglianza vale per trasformazioni reversibili. Possiamo dimostrare
questa affermazione scegliendo due cammini uno reversibile R e uno irreversibile
I che congiunge A a B.
per la 3.34 possiamo scrivere
Z
I
δQ
−
T
Z
δQ
≤0
T
(3.42)
δQ
≡ S(B) − S(A)
T
(3.43)
R
o anche
Z
I
δQ
≤
T
Z
R
Dalla 3.43 segue inoltre che la variazione di entropia per un sistema isolato
aumenta sempre nel tempo finché non si raggiunge l’equilibrio. Ponendo δQ = 0
otteniamo proprio
S(B) − S(A) ≥ 0
(3.44)
Un immediata conseguenza di ciò è che per un sistema termicamente isolato
lo stato di equilibrio corrisponde al massimo di entropia consistente con i vincoli
esterni.
Per un’interpretazione fisica dell’entropia, consideriamo il seguente esempio.
Supponiamo di espandere una mole di un gas ideale da un volume V1 ad un
volume V2 seguendo una trasformazione reversibile e una trasformazione irreversibile. Calcoliamo allora la variazione di entropia del gas e quella dell’ambiente
in entrambi casi.
Espansione isoterma reversibile Poiché abbiamo un gas ideale U = U (T ),
quindi ∆U = 0 ne segue che l’ammontare di calore assorbito sarà uguale al
lavoro fatto. In altre parole
allora per la 2.10 δQ = pdV quindi
Q = RT ln
V2
V1
quindi
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(3.45)
La seconda legge e le sue implicazioni
Z
(∆S)gas =
Termodinamica dei gas
δQ
Q
V2
=
= R ln
T
T
V1
(3.46)
L’ambiente fornisce l’ammontare di calore −Q, quindi
(∆S)ambiente = −
Q
V2
= −R ln
T
V1
(3.47)
La variazione di entropia complessiva è pertanto nulla, mentre il lavoro sarà
V2
V1
W = Q = RT ln
(3.48)
Espansione libera Gli stati finali e iniziali sono identici a quelli dell’espansione
reversibile. Quindi (∆S)gas è lo stesso dato che S è una funzione di stato
cosı̀
(∆S)gas = R ln
V2
V1
poichè non c’è scambio di calore con l’ambiente esterno allora
(∆S)ambiente = 0
(3.49)
che conduce ad un incremento dell’entropia dell’intero sistema + ambiente.
Conseguentemente
(∆S)totale = R ln
V2
V1
(3.50)
Rispetto al caso precedente un ammontare di energia utile
W = T (∆S)totale
(3.51)
viene dissipata. Questo esempio illustra il fatto che l’irreversibilità è generalmente associata ad una dissipazione dell’energia che viene evidenziata
mediante un incremento entropico del sistema totale preso in considerazione. Per questa ragione l’entropia dello stato può essere vista come una
misura della quantità di energia utile non disponibile.
Possiamo notare che il passagio di calore per conduzione è ad esempio un
processo irreversibile al quale sarà associato un incremento totale di entropia.
Supponiamo che il metallo conduca calore dalla riserva T2 alla riserva T1 alla
velocità di Q per secondo. L’incremento netto di entropia per secondo dell’intero
sistema sotto considerazione è
¶
µ
1
1
−
>0
(3.52)
Q
T1 T2
Il solo modo per trasferire energia in modo reversibile è quello di operare per
mezzo di una macchina di Carnot tra le due riserve.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Termodinamica dei gas
3.2.3
La seconda legge e le sue implicazioni
Potenziali termodinamici
Introduciamo due funzioni di stato ausiliare energia libera di Helmoholtz A e
energia libera di Gibbs G. Esse sono definite come
A = U − TS
(3.53)
G = A + PV
(3.54)
esse sono utili per determinare lo stato di equilibrio di un sistema aperto rispettivamente a volume e pressione costante.
Consideriamo la relazione 3.41 che possiamo riscrivere a T costante
Q
≤ ∆S
T
(3.55)
dove Q è l’ammontare di calore assorbito durante la trasformazione e ∆S =
S(B) − S(A). Per il primo principio della termodinamica otteniamo
W ≤ −∆U + T ∆S
(3.56)
dove W è il lavoro fatto dal sistema. Pertanto per la definizione di energia
libera 3.53 abbiamo
W ≤ −∆A
(3.57)
l’uguaglianza è valida solo per trasformazioni reversibili. L’energia libera rappresenta cosı̀ il massimo lavoro possibile.
3.3
Condizioni di equilibrio termodinamico
Riprendendo l’equazione 3.43 nella forma
dS ≥
δQ
T
(3.58)
e sostituendola nelle due forme del primo principio 2.9 e 2.15 otteniamo
dU ≤ T dS − pdV
(3.59)
dH ≤ T dS + V dp
(3.60)
e
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
La seconda legge e le sue implicazioni
Termodinamica dei gas
Queste due relazioni rappresentano dei criteri di stabilità dell’equilibrio termodinamico. Consideriamo un sistema in un dato stato termodinamico. Un sistema
è detto termodinamicamente stabile se nessun processo virtuale (cioè un’arbitraria trasformazione infinitesimale emanante da uno stato di riferimento) è un
processo naturale. In altre parole tutti i possibili cammini virtuali o sono reversibili o impossibili. Se tutti i cammini virtuali che si allontanano dallo stato sono
naturali allora il sistema è in equilibrio instabile. Se solo alcuni processi virtuali
che allontano il sistema dallo stato di riferimento sono naturali il sistema è detto
metastabile.
Analogamente possiamo utilizzare queste altre relazioni termodinamiche
dF ≤ −SdT − pdV
(3.61)
dG ≤ −SdT + V dp
(3.62)
ovviamente le disuguaglianze opposte evidenziano un processo impossibile.
Un arbitrario processo infinitesimale emanante da uno stato di riferimento
3.4
Relazioni tra entropia e temperatura potenziale
Ricordando l’espressione 2.45 per i processi non adiabatici e sostituendola nella
3.41 nella forma non integrata dS ≤ δQ/T otteniamo
d ln θ ≤
dS
Cp
(3.63)
il segno di uguaglianza vale per processi reversibili. Poiché l’uguaglianza coinvolge solo variabili di stato allora il segno di uguaglianza deve valere sia che il
processo sia o non sia reversibile. Quindi
d ln θ =
dS
Cp
(3.64)
la variazione della temperatura potenziale è direttamente correlata con la variazione di entropia.
Se un processo è adiabatico dθ = 0 e dS ≥ 0 l’entropia allora o rimane costante o aumenta attraverso un cammino irreversibile. Nel caso di una porzione
di aria le condizioni sono abbastanza vicine a quelle della reversibilità. Il comportamento adiabatico richiede non solo che non ci sia scambio di calore ma che non
ci sia nessun scambio termico tra le varie parti del sistema. Quest’ultima richiesta esclude mescolamento turbolento che è la principale forma di irreversibilità
meccanica.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Termodinamica dei gas
La seconda legge e le sue implicazioni
A causa dell’esclusione di importanti sorgenti di irreversibilità il comportamento adiabatico corrisponde generalmente ad un comportamento isoentropico.
Poiché queste superfici tendono ad essere quasi orizzontali ne segue che i comportamenti adiabatici non implicano nessun moto verticale netto. Le porzioni di aria
possono salire o scendere lungo superfici isoentropiche ma esse non soggiacciono
in nessun moto verticale sistematico.
Sotto condizioni non adiabatiche la porzione di aria attraversa le superfici
isoentropiche e scambia calore con il suo intorno.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Capitolo 4
Aria Umida
4.1
Trasformazioni di aria umida
L’atmosfera è una miscela di aria secca e acqua in varie proporzioni e pertanto costituisce un sistema eterogeneo. Il vapore acqueo tuttavia rappresenta solo
poche percentuali rispetto alla massa totale dell’aria.
In un sistema omogeneo solo due variabili intensive descrivono lo stato termodinamico del sistema che ha due gradi di libertà. Per un sistema eterogeneo. Ogni
fase può essere vista come un sistema omogeneo aperto che scambia con l’altra
fase presente. L’equilibrio termodinamico tra le fasi introduce addizionali vincoli
che riducono i gradi di libertà del sistema.
4.1.1
Equilibrio chimico
Per stabilire le condizioni di equilibrio tra le due fasi dobbiamo a sua volta aggiungere oltre all’equilibrio termico e meccanico l’equilibrio chimico. A tale scopo
è utile introdurre il potenziale chimico definito come
µ
µk =
∂G
∂nk
¶
(4.1)
in questo modo la variazione di energia di Gibbs può essere scritta come
dG ≤ −SdT + V dp +
X
µi dni
(4.2)
i
dove il segno di disuguaglianza vale per i processi irreversibili.
nel caso considerassimo una fase condensata (c) e la fase vapore a P e T
costante, la relazione 4.2 diventa
dG ≤ (µv − µc )dnv
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Aria umida
Aria Umida
Per un sistema all’equilibrio tutti i processi virtuali emananti da uno stato di
riferimento dovranno essere reversibili o impossibili, in altre parole la condizione
di equilibrio possiamo scriverla come
dG ≥ (µv − µc )dnv
la condizione di equilibrio sarà
µv = µc
4.1.2
(4.3)
Trasformazioni di fase di equilibrio
In accordo con quanto visto precedentemente il calore trasferito durante un processo isobarico in un sistema omogeneo è proporzionale alla variazione di temperatura e la costante di proporzionalità è il calore specifico (Cp ). In contrasto
il calore trasferito in condizioni isobariche tra due stati eterogenei non coinvolge
variazioni di temperatura.
in questi processi entra in gioco il cosı̀ detto calore latente di trasformazione
l = δQp = dH
che per il primo principio uguaglia l’entalpia di trasformazione.
Consideriamo due fasi a e b allora il calore latente di trasformazione tra le due
fasi può essere espresso come
l
(4.4)
T
all’equilibrio dobbiamo avere che Ga = Gb o anche dGa = dGb quest’ultima
relazione implica allora
dS =
−(Sb − Sa )dT + (Vb − Va )dp = 0
in altri termini
∆S
dp
=
dT
∆V
(4.5)
applicando la 4.4 otteniamo
l
dp
=
(4.6)
dT
T ∆V
Conosciuta come Equazione di Clausius-Clapeyron che per un vapore e una fase
condensata applicando la legge di stato dei gas l’equazione diventa
l
d ln p
=
dT
RT 2
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(4.7)
Aria Umida
4.1.3
Aria umida
Distribuzione del vapor acqueo
I valori di saturazione descrivono l’abbondanza massima di vapore che può essere
in equilibrio per una data temperatura e pressione. La diffusione di massa dalla
fase vapore a quella condensata è bilanciata dalla diffusione della massa in senso
opposto. Se il sistema è eterogeneo ed ha un quantità di vapore al di sotto del
valore di saturazione (es. particella di aria insatura in contatto con la superficie
dell’oceano) il vapore sarà assorbito fino a che la differenza di potenziale chimico
non si annulla. Affinché tale trasformazione si verifichi è necessario che l’acqua assorba calore latente pari al calore latente di vaporizzazione. Viceversa se il sistema
è sovrasaturo (es. aerosol) il vapore condenserà per rimuovere lo sbilanciamento
di potenziale chimico. In questo caso l’acqua dovrà eliminare il calore latente di
vaporizzazione.
Alle temperature e pressioni rappresentative dell’atmosfera la tensione di vapore di saturazione eccede di circa 60 mb e il rapporto di mescolamento eccede
di circa 30 g/Kg. Questo è il motivo per cui il vapore acqueo esiste solo in tracce
nell’atmosfera. In accordo con l’equazione di Clausius-Clapeyron la tensione di
vapore di saturazione dipende esponenzialmente con la temperatura. Per questa ragione il vapore è prodotto efficacemente ai tropici dove la superficie calda
degli oceani corrisponde ad un più alta tensione di vapore alla temperatura di
superficie. Al contrario l’acqua condensa e precipita quando le particelle di aria
si spostano in zone più fredde attraverso un espansione adiabatica.
La produzione di vapore alla superfice degli oceani si verifica solo se le componenti dell’acqua assorbono il calore latente associato alla trasformazione di fase.
Quando il vapore ricondensa il calore latente è rilasciato all’aria circostante per
condensare e rimane nell’atmosfera dopo che il condensato precipita alla superficie. Questo ciclo implica allora che non ci sia nessun scambio permanente di massa
ma un trasferimento netto di calore dalla superficie degli oceani all’atmosfera.
Sotto le condizioni di mancata saturazione i processi termodinamici per l’aria
umida sono praticamente identici a quelli dell’aria secca. Abbiamo solo delle lievi
modificazioni del calore specifico.
Sotto condizioni di saturazione (in presenza di aerosol di goccioline di acqua)
le relazioni termodinamiche viste per l’energia interna e l’entalpia non vanno più
bene. La tensione di vapore e deve essere in equilibrio con quella della fase condensata ec . Le variabili di stato descriventi sistemi a due componenti eterogenei
devono pertanto tenere conto di questi comportamenti ad esempio per un sistema
chiuso la variazione di entalpia totale può essere espressa come
µ
dH =
∂H
∂T
¶
µ
dT +
pm
∂H
∂p
¶
dp + (Hv − Hc )dmv
Tm
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(4.8)
Aria umida
Aria Umida
Figura 4.1: livello di condensazione oltre il quale la particella di atmosfera diventa
satura
4.1.4
Comportamento termodinamico associato al moto
verticale
Lo stato termodinamico di una particella di aria umida cambia attraverso il moto
verticale. Gli spostamenti verticali in accordo con la 1.21 alterano la pressione
dell’intorno. Per preservare l’equilibrio meccanico la particella si espande o si
contrae.
Dalla 4.7 nella sua forma integrata possiamo scrivere la variazione della tensione di vapore rispetto ad una temperatura di riferimento T0 ad una temperatura
T può essere espressa come
µ
ln
ec
ec0
¶
1
=−
Rv
µ
1
1
−
T
T0
¶
(4.9)
cioè
·
µ
¶¸
1
1
1
ec
= exp −
−
ec0
Rv T
T0
(4.10)
ed esprimendo in funzione del rapporto di mescolamento possiamo scrivere
h
³
´i
1
1
1
exp
−
−
Rv
T
T0
rc
=
(4.11)
p
rc0
p0
In accordo con questa relazione il rapporto di mescolamento incrementa con
la diminuzione della pressione. Comunque rc diminuisce rapidamente con la temM. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Aria Umida
Aria umida
peratura in relazione al moto ascendente. Benché durante l’ascenzione della particella la pressione diminuisca la diminuzione della temperatura prevale cosı̀ che
il rapporto di mescolamento diminuisce monotonamente con l’altezza.
Se consideriamo una particella di aria umida ascendente per convezione termica. Sotto condizioni di non saturazione il rapporto di mescolamento soddisfa
la relazione r < rc . Come la particella sale essa effettua del lavoro di espansione a
spese della sua energia interna con diminuzione della sua temperatura alla velocità Γd . Dalla 4.11 la diminuzione della temperatura è attesa da una riduzione del
rapporto di mescolamento di saturazione rc . Un sufficiente spostamento verticale
ascendente ridurrà il rapporto di mescolamento di saturazione fino a che rc = r,
a quel punto la particella è satura. l’altezza dove si verifica questa uguaglianza
prende il nome di livello di condensazione ascendente (LCL).
Al di sotto di questo livello il comportamento della particella d’aria può essere
visto come adiabatico per il caratteristico tempo di scala.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Aria umida
Aria Umida
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Capitolo 5
Equilibrio idrostatico
5.1
Equilibrio idrostatico
5.2
Geopotenziale
Il geopotenziale Φ ad ogni punto dell’atmosfera è definito come il lavoro che
deve essere eseguito contro il campo gravitazionale allo scopo di sollevare una
massa di 1 Kg dal livello del mare ad un dato punto. In altre parole Φ rappresenta il potenziale gravitazionale per unità di massa. L’unità di geopotenziale è J
Kg−1 o m2 s−2 . La forza espressa in Newton su un Kg all’altezza z sopra il livello del mare è numericamente uguale a g (modulo dell’accelerazione di gravità).
Conseguentemente il lavoro (in joules) nel sollevare un Kg da £z a z + dz sarà
gdz
dΦ = gdz = −vdP
(5.1)
Dove abbiamo usato l’equazione idrostatica nella forma rappresentata dall’equazione 1.18 dalla quale possiamo scrivere che dP/ρ = −gdz e sostituendo a 1/ρ
il volume specifico v cioè il volume occupato dall’unità di massa del gas allora si
evince che gdz = −vdP
Il geopotenziale all’altezza z dal livello del mare sarà dato dalla relazione
Z
z
Φ(z) =
gdz 0
(5.2)
0
comunque g varia con l’altezza z per tenere conto di questa variazione possiamo introdurre un’altra coordinata verticale Z nella quale la dipendenza con
l’altezza di g viene inglobata1
Z=
g0
Z
z
0
gdz 0 =
1
Φ(z)
g0
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(5.3)
Equilibrio idrostatico
Equilibrio idrostatico
dove g0 = 9.8 m s− 2 in riferimento al valore medio sulla superficie della terra,
allora
1
z
dΦ(z) = dz
g0
g0
(5.4)
dp = −ρgdz = −ρg0 dZ
(5.5)
dZ =
e ricordando la 1.18 otteniamo
Benché si abbia un vantaggio formale l’altezza geopotenziale nell’omosfera è
quasi identica all’altezza perchè g ' g0 .
Il gradiente adiabatico di temperatura per l’aria secca ricavato attraverso la
relazione 2.42 può essere messo in relazione con il geopotenziale. Ricordando
infatti la relazione 2.15 e applicando la 5.1 possiamo scrivere
dH = dH + dΦ ∴ dH = d(H + Φ) ∴ dH = d(Cp T + Φ)
Quindi per una particella di aria che si muove in un atmosfera idrostatica, la
quantità (H + Φ) è costante se il gas in considerazione non guadagna né perde
calore (in altre parole dQ = 0).
5.3
Bilancio idrostatico
riscrivendo la 1.18 nella forma
gdz = −vdp
(5.6)
dove con v indichiamo il volume molare V /m e per la legge dei gas ideali
dz =
RT
d ln p = −Hd ln p
g
(5.7)
dove la scala delle altezze è definita dalla relazione 1.22 in accordo con la 5.7 la
variazione dell’altezza è proporzionale alla temperatura locale e alla variazione di
ln p. Poiché le variazioni di temperatura e di H sono piccole rispetto alle variazioni
di pressione, la quantità − ln p può essere vista come una misura adimensionale
dell’altezza.
Consideriamo uno strato definito da due superfici isobariche p = p1 (x, y, z) e
p2 (x, y, z). Integrando la 5.7 otteniamo
∆z = z2 − z1 = − < H > ln
p2
p1
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(5.8)
Equilibrio idrostatico
Equilibrio idrostatico
dove
< H >=
R<T >
g
(5.9)
e
R p2
< T >=
T d ln p
Rp1p2
p1
d ln p
R p2
=
p1
T d ln p
ln pp21
(5.10)
definiscono la scala delle altezze e la temperatura dello strato medio. Le equazioni
5.8-5.10 definiscono le equazioni ipsometriche e asseriscono che lo spessore dello
strato limitato da due superfici isobare è proporzionale alla temperatura media
dello strato e alla differenza di pressione che lo attraversa. Nelle regioni di aria
fredda, la scala delle altezze è piccola e secondo la relazione 1.21 la pressione
diminuisce rapidamente con l’altezza e lo spazio verticale tra le due superfici isobariche è compresso. Al contrario, H è grande nelle regioni calde, cosı̀ la pressione
diminuisce più lentamente con l’altezza e lo spazio tra le due isobariche è espanso.
5.4
Temperatura virtuale
Fino ad ora abbiamo sempre discusso dell’atmosfera come se sempre si trattasse
di aria secca. Spesso tuttavia ci troviamo di fronte ad aria umida e la presenza del
vapor acqueo deve in questi casi essere preso in considerazione. L’aria umida ha
un peso molecolare apparente più basso rispetto a quello dell’aria secca. Quindi
la costante dei gas per 1 Kg di aria umida risulterà più grande rispetto a quella
dell’aria secca. Comunque poiché l’ammontare di umidità è piuttosto variabile
è più conveniente considerare la costante dei gas per l’aria secca e tenere conto
dell’umidità mediante una temperatura fittizia che chiameremo temperatura virtuale nell’equazione dei gas. Possiamo derivare l’equazione un’espressione per la
temperatura virtuale nel seguente modo.
Consideriamo un volume V di aria umida alla temperatura T e pressione totale
P che contenga una massa md di aria secca e una massa mv di vapor acqueo. La
densità ρ per l’aria umida sarà data da
ρ=
md + mv
= ρ0d + ρ0v
V
(5.11)
dove ρ0d è la densità che la stessa massa di aria secca occuperebbe se occupasse
da sola il volume V e ρ0v è la densità che occuperebbe la stessa massa di vapor
acqueo occupasse da sola tutto il volume. Possiamo chiamare queste quantità
densità parziali. Se applichiamo ora la legge di stato dei gas ideali ponendo con
il simbolo e la tensione di vapore dell’acqua otteremo:
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Equilibrio idrostatico
Equilibrio idrostatico
e = Rv ρ0v T e Pd0 = Rd ρ0v T
Per la legge di Dalton allora
P = Pd0 + e
Combinando queste tre equazioni otteniamo
i
P h
e
ρ=
1 − (1 − ²)
Rd T
P
(5.12)
con ² = Rd /Rv
definendo inoltre
Tv =
T
1 − (e/P )(1 − ²)
(5.13)
dove Tv viene definita temperatura virtuale e la 5.12 diventa
P = Rd ρTv
(5.14)
Da qui segue che la temperatura virtuale è la temperatura che l’aria secca deve
avere per avere la stessa densità dell’aria umida e la stessa pressione. L’aria umida
è sempre meno densa dell’aria secca pertanto la temperatura virtuale è sempre
maggiore della temperatura reale. Comunque la temperatura virtuale eccede solo
di pochi gradi quella reale.
L’ammontare di vapor acqueo in un certo volume di aria può essere definito
come il rapporto della massa mv di vapor d’acqua rispetto alla massa di aria secca
md .
w=
5.4.1
mv
md
(5.15)
Tensione di vapore di saturazione
Consideriamo una piccola scatola contenente aria alla temperatura di TK e sia il
pavimento della scatola ricoperto con acqua pura. Se l’aria della scatola è inizialmente secca l’acqua evaporerà e la tensione di vapore dell’aria invrementerà a sua
volta. Alla fina verrà raggiunto uno stato di equilibrio in modo tale che la velocità
di evaporazione sarà uguale a quella di condensazione. Quando questa condizione
è verificata allora l’aria è detta essere saturata rispetto al piano di superfice di
acqua pura. e la tensione di vapore es è detta tensione di vapor saturo rispetto
al piano di superficie di acqua pura. Analogamente si può definire la tensione di
vapore di saturazione esi rispetto ad una superficie di ghiaccio.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Capitolo 6
Equilibrio radiativo
6.1
Modello di equilibrio radiativo
L’energia solare irradiata dal sole ha un ruolo fondamentale nella distribuzione
energetica dell’atmosfera. Questa energia riscalda l’aria e guida i moti dell’atmosfera che noi percepiamo come venti. La distribuzione stagionale dell’energia
dipende dall’orbita della terra intorno al sole.
La rotazione giornaliera della terra attorno al suo asse provoca invece un ciclo
giornaliero. Molta della radiazione solare viene assorbita dalla superficie terrestre
e provvede all’energia responsabile per la fotosintesi.
6.2
Radiazioni a breve e lunga lunghezza d’onda
Il trasferimento dell’energia nell’atmosfera coinvolge radiazioni in due distinte
bande di lunghezza d’onda. La radiazione a bassa lunghezza d’onda viene emessa
dal sole, mentre quella a lunga lunghezza d’onda viene emessa dalla superficie
terrestre. Le due lunghezze d’onde sono ampiamente separate a causa dell’elevata
differenza di temperatura dei due emettitori. La fig. 6.1 mostra lo spettro di emissione del corpo nero alle due temperature medie che corrispondono alla superficie
del sole e della terra.
Lo spettro a corta lunghezza d’onda è centrato nel visibile ad una lunghezza
d’onda di circa 0.5 µm mentre quello a lunghezza d’onda più lunga è centrato a 10
µm.. La sovrapposizione tra le due regioni è trascurabile cosı̀ è possibile trattare
separatamente le due radiazioni.
Le radiazioni energetiche con una lunghezza d’onda inferiore a 0.3 µm sono
assorbite ad alti livelli in connessione con la fotodissociazione e la fotoionizzazione
dell’ossigeno molecolare e dell’ozono. Come risultato solo una piccola parte della
radiazione UV raggiungerà la tropopausa. In contrasto lo spettro nel visibile e
nel vicino infrarosso arriverà alla tropopausa praticamente non attenuato ad eccezione delle strette bande di assorbimento dell’anidride carbonica e dell’acqua.
Comunque nel passaggio dagli 11 Km fino al terreno il rimanente spettro a bas-
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Modello di equilibrio radiativo
Equilibrio radiativo
Figura 6.1: spettro di emissione del corpo nero in funzione della lunghezza d’onda per
temperature corrispondenti alla temperatura superficiale media del sole e della terra m
su un anello rotante verticale
sa lunghezza d’onda è quello che è stato sostanzialmente assorbito nella regione
infrarossa dall’acqua e dall’anidride carbonica.
Conseguentemente lo spettro che raggiunge il terreno è concentrato sopratutto
nel visibile per il quale l’atmosfera risulta praticamente trasparente.
In contrasto la radiazione emessa dalla terra a grande lunghezza d’onda risulta
essere quasi completamente assorbita dall’atmosfera principalmente dall’acqua e
dell’anidride carbonica.
La radiazione del corpo nero in realtà rappresenta il limite superiore relativo
all’ammontare della radiazione che un corpo reale può emettere ad una data
temperatura. Per una data lunghezza d’onda λ possiamo parlare di emissività
²λ ≡ Eλ /Eλ∗
(6.1)
dove Eλ è l’energia emessa da un corpo e Eλ∗ quella emessa dal corpo nero. L’emissività è una misura di quanto forte sia la radiazione emessa dal corpo ad una
data lunghezza d’onda. Per definizione l’emissività del corpo nero è unitaria mentre quella di una sostanza reale risulta compresa tra 0 e 1 e può variare con la
lunghezza d’onda.
Risulta inoltre utile definire l’emissività di un “corpo grigio”. Ricordiamo a
tale scopo la legge di Stefen-Boltzamann relativa alla radiazione di un corpo nero
valida per tutte le lunghezze d’onda E ∗ = σT 4 ; in questo modo la 2.1 diventa
²λ ≡ Eλ /Eλ∗ = E/σT 4
(6.2)
Il termine grigio deriva dal trascurare le lunghezze d’onda associate con un
colore dipendenti dall’emissività. Strettamente parlando un corpo grigio è un
corpo la cui emissività è indipendente dalla lunghezza d’onda.
Analogamente possiamo definire le corrispondenti quantità chiamate assorbività (aλ ) e l’assorbività del corpo grigio (a), esse misurano il rapporto dell’intensità della radiazione assorbita da un particolare corpo rispetto a quello della
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Equilibrio radiativo
Modello di equilibrio radiativo
luce incidente (Bλ (T )) e Bλ (T ) rappresenta lo spettro dell’intensità emessa da un
corpo alla loro temperatura assoluta, per definizione l’assorbività del corpo nero
è uguale ad 1 a tutte le lunghezze d’onda.
Possiamo considerare per semplicità che l’atmosfera possegga un coefficiente
di assorbimento uniforme su tutte le zone che emettono nell’infrarosso e indipendente dalla pressione e temperatura. L’atmosfera pertanto è associabile ad un
corpo grigio.
I costituenti molecolari che assorbono nell’atmosfera hanno un complicato
spettro di assorbimento pertanto l’approssimazione appena citata risulta abbastanza brutale. Tuttavia a causa della sovrapposizione di bande l’approssimazione non risulta cosı̀ drastica e ci permette di ricavare delle caratteristiche della
struttura base dell’atmosfera.
6.3
Assorbimento ed emissione
Per prima cosa è necessario ricavare delle equazioni base e trascureremo gli effetti
dovuti alla nuvole e alla diffusione (scattering).
Consideriamo che la radiazione incidente (asse z) agisca su uno strato piano
di atmosfera ortogonale alla luce incidente. La legge di Lambert-Beer stabilisce
che l’assorbimento di una data radiazione I (la cui unità di misura la esprimiamo
come potenza per unità di area per unità di angolo solido) che attraversa uno
strato sottile elementare di atmosfera di spessore dz è proporzionale alla massa
dell’assorbitore ρdz sul quale incide la radiazione e alla stessa intensità della
radiazione (ρ è la densità dell’assorbitore) Cioè:
dI = −Ikρdz
(6.3)
con k coefficiente di assorbimento. Integrando
µZ
I = I0 exp
¶
kρdz
(6.4)
R
La quantità exp( kρdz) è conosciuta come trasmittanza del cammino ottico
R
e kρdz è il cammino ottico χ (quando è misurato dall’alto verso il basso prende
il nome di profondità ottica). La quantità k rappresenta invece il coefficiente di
assorbimento di massa.
Uno strato atmosferico a sua volta può essere considerato anche un emettitore
ad una data temperatura.
Consideriamo due strati infiniti che comunicano l’uno con l’altro solo per via
radiativa supponiamo che uno sia un corpo nero e l’altro un corpo grigio con
costante di assorbività a ed emissività ². Supponiamo che i due corpi siano in
equilibrio termico cosı̀ che assorbono ed emettono energia in uguale porzione.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Modello di equilibrio radiativo
Equilibrio radiativo
Supponiamo inoltre che questo stato sia caratterizzato dal fatto che i due strati
abbiano diversa temperatura. Immaginiamo ora di inserire una superfice conduttrice tra uno strato e l’altro allora il calore fluirà dallo strato più caldo verso lo
strato più freddo. Per ristabilire l’equilibrio allora la radiazione dovrebbe andare
dal più freddo al più caldo ma questo violerebbe il secondo principio della termodinamica. Segue allora che la temperatura di equilibrio radiativa dello strato
grigio, che è la temperatura alla quale esso emette energia alla stessa velocità di
come assorbe energia dal suo intorno, deve essere identica a quella dello strato
nero.
Per uno strato grigio all’equilibrio, il flusso di energia che esso emette ²σT 4 ,
deve essere uguale al flusso di energia che esso assorbe dal corpo nero aσT 4 .
Applicando il ragionamento alle sostanze con una assorbività ed emissività monocromatiche arbitrarie conduce alla conclusione che
²λ = aλ
(6.5)
questa relazione è conosciuta come legge di Kirchhoff che asserisce che una
sostanza emette una radiazione ad ogni lunghezza d’onda tanto efficientemente
come essa la assorbe.
Applicando le condizioni di equilibrio termodinamco la legge di Kirchhoff permette di dire che l’ammontare di radiazione emessa per unità di area sarà pari
a kρdz per B(T ) dove B(T ) è lo spettro di emissione del corpo nero per unità
di angolo solido per unità di area della superficie ad una data temperatura T . In
particolare risulta B = σT 4 /π.
L’atmosfera terrestre non è propriamente in equilibrio termico, tuttavia si possono applicare le condizioni di equilibrio termico locale che costituiscono sempre
una buona approssimazione.
L’equazione per il trasferimento radiativo considerando solo la radiazione
trasferita verticalmente può essere espressa dalle equazioni di Schwarzshild’s
dI = −Ikρdz + πBkρdz
(6.6)
dI
= I − πB
dχ
(6.7)
o più semplicemente
La radiazione ovviamente viaggia in tutte le direzioni, comunque sotto l’assunzione di una atmosfera piatta e parallela il problema si riduce ad un sistema
monodimensionale considerando solo i due flussi F ↑ e F ↓ .
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Equilibrio radiativo
6.4
Modello di equilibrio radiativo
Equilibrio radiativo in una atmosfera grigia
Cerchiamo ora di trovare le condizioni di equilibrio in una atmosfera nella quale il trasferimento della radiazione infrarossa rappresenti il solo meccanismo di
trasmissione dell’energia il quale possiede per lo strato più basso una superficie
limitante alla temperatura Tg .
Sotto queste assunzioni la variazione netta di temperatura dT /dt che si origina
in un piano parallelo di atmosfera dovuto ai due flussi precedentemente indicati
può essere espresso come
d
dT
(F ↓ − F ↑ ) = ρcp
dz
dt
(6.8)
dove ρ rappresenta la densità. All’equilibrio dT /dt = 0 l’equazione 2.8 diventa
d
(F ↓ − F ↑ ) = 0
dz
(6.9)
che integrata conduce al risultato
(F ↓ − F ↑ ) = φ
(6.10)
dove φ rappresenta il flusso netto costante
inoltre dalla 6.7 l’equazioni di trasferimento sono
dF ↑
dF ↓
↑
=
F
−
πB
and
−
= F ↓ − πB
dχ∗
dχ∗
(6.11)
dove l’asterisco è relativo alla profondità ottica misurata dalla cima dell’atmosfera.
Se
Ψ = F↓ + F↑
(6.12)
sommando le due equazioni della 6.11 otteniamo
dΨ
=φ
dχ∗
(6.13)
Sottraendo invece le due equazioni della 2.11 otteniamo
dφ
= Ψ − 2πB
dχ∗
(6.14)
poiché φ è costante allora dφ/dχ∗ = 0 quindi
Ψ = 2πB
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
(6.15)
Modello di equilibrio radiativo
Equilibrio radiativo
Sostituendo questo risultato nella 3.13 e integrando otteniamo
B=
φ ∗
χ + costante
2π
(6.16)
le condizioni al contorno implicano che alla cima dell’atmosfera χ∗ = 0 e a sua
volta il flusso irradiato verso il basso sarà nullo cioè F ↓ = 0 allora ψ = φ e la
costante diventa φ/2π cosı̀
B=
φ ∗
(χ + 1)
2π
(6.17)
Nella parte bassa dell’atmosfera dove χ∗ = chi∗0 , F ↑ = πBg (Bg è la funzione
del corpo nero alla temperatura del suolo). Possiamo mostrare che c’è una discontinuità tale che Bg − B0 = φ/2π dove B0 è la funzione del corpo nero nell’aria
in prossimità del suolo. Introducendo inoltre la nozione di equilibrio radiativo
otteniamo che nella parte alta dell’atmosfera
F ↑ (χ = 0) =
Q¯
(1 − α) = F∞
4
(6.18)
Dove Q¯ è l’irraggiamento globale annuo medio della radiazione proveniente dal
sole alla cima dell’atmosfera ed α è l’albedo planetario. Allora φ = F∞ , ricordando
inoltre la relazione 3.17 e che πB = σT 4 (χ) otteniamo che
σT 4 (χ) =
F∞
(χ + 1)
2
(6.19)
Nella parte più bassa dell’atmosfera dove χ∗ = χ∗0 e F ↑ = πBg = σTg4 ( Bg
rappresenta la radiazione del corpo nero al suolo) da ciò segue che F ↑ − F ↓ =
Φ = F∞ in altre parole σTg4 − F ↑ = F∞ . Allora σTg4 + F ↑ = F∞ (χ0 + 1) e che
σTg4 (χ) =
F∞
[2 + χ0 ]
2
(6.20)
F∞
χ0
2
(6.21)
alla superficie
Fg↓ = F ↓ (χ0 ) =
La 6.20 e la 6.21 ci permettono di predire i profili di temperatura. Uno dei
risultati di questo semplice modello è quello di stimare la temperatura della “pelle” che pensiamo essere la temperatura della stratosfera. Ponendo allora χ = 0
nell’equazione 3.19 abbiamo σT 4 (χ = 0) = F∞ /2 e sapendo che F∞ ' 235Wm−2
segue che la temperatura della pelle sia di 213 0 K. Le equazioni 6.20 e 6.21 predicono inoltre una discontinuità tra la temperatura di superficie Tg e la temperatura
dell’aria sopra il suolo T (χ0 ) Differenziando le due equazioni si ottiene
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Modello di equilibrio radiativo
c
Equilibrio radiativo
Figura 6.2: Profili dei flussi e della funzione corpo nera predetta attraverso il semplice modello del corpo grigio b) Profilo della temperatura di equilibrio radiativo come
funzione dell’altitudine.
σTg4 − σTg4 (χ0 ) =
F∞
2
(6.22)
Il risultato del modello è mostrato in fig. 6.2 a che mostra i profili dei due flussi
e il profilo della temperatura. A prima vista, il modello non sembra condurre ad
una buona rassomiglianza con il profilo reale della temperatura. Questo perchè la
coordinata χ non è una semplice coordinata da interpretare. Supponiamo che χ
sia principalmente definita dal vapor acqueo e che ρ(H2 O) = ρ0 e−z/H dove H ≈
2 Km. In altre parole noi assumiamo che χ vari con l’altezza z nello stesso modo
di come varia ρ(H2 O) con z.
χ = χ0 e−z/2
(6.23)
nella figura 6.2 b viene presentato il profilo equivalente della temperatura con
l’altezza equivalente alla figura 6.2 b. Notiamo che nella parte più bassa dell’atmosfera il gradiente verticale della temperatura ha una pendenza molto ripida e
alla superficie stessa c’è una discontinuità di temperatura. Come abbiamo mostrato precedentemente il gradiente verticale di temperatura è instabile rispetto
al moto verticale e presto sarà distrutto dai processi convettivi che tenderanno a
stabilire un gradiente verticale medio adiabatico. In fig 6.2 b l’aria della vicina
superficie tenderà a salire lungo la linea che è stata tracciata con pendenza di 6
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Modello di equilibrio radiativo
Equilibrio radiativo
0
K/Km (gradiente verticale adiabatico medio) e che taglia la curva di equilibrio
radiativo approssimativamente all’altezza di 10 Km. Questo semplice modello e
in relazione con quello che accade veramente nella atmosfera reale. La tropopausa
è la superficie situata all’altezza di ∼ 10 Km che divide la regione sottostante
(troposfera) nella quale la convenzione ha un meccanismo dominante per il trasferimento verticale del calore da quello della stratosfera nella quale l’atmosfera
è stratificata e il trasferimento radiativo è dominante.
6.4.1
Effetto serra
Combinando la 6.17 e la 6.18 troviamo che la condizione di equilibrio radiativo
nell’atmosfera è caratterizzata dall’equazione
Bg =
φ ∗
(χ + 2)
2π 0
dove χ∗0 è la profondità ottica in fondo all’atmosfera. Se χ∗0 = 0 allora Bg =
φ/2π e la temperatura di superficie è in equilibrio con la radiazione entrante
e uscente coincidente con φ. Se χ∗0 è grande la temperatura di superficie rappresentata per mezzo della funzione del corpo nero Bg sarà considerevolmente
aumentata e questo viene interpretato come l’effetto serra.
In pratica la profondità ottica dipenderà dalla concentrazione dei gas come
il vapor acqueo evaporato dalla superficie la cui concentrazione a sua volta incrementerà rapidamente con la temperatura superficiale. Esiste quindi un meccanismo per feedback positivo che risulta essere particolarmente importante, ad
esempio, per l’atmosfera di venere.
Questo meccanismo è stato chiamato runaway greenhouse effect. Supponiamo
ad esempio che l’atmosfera dei pianeti venere, marte e terra si siano formati per
mezzo dei gas che si sono sviluppati dalla superficie dei pianeti quando la temperatura della superficie era regolata essenzialmente dall’equilibrio tra la radiazione
solare assorbita e quella riemessa a lunghezza d’onda superiore. Mano a mano che
il vapore acqueo si è accumulato nell’atmosfera a causa dell’effetto serra la temperatura della superficie è aumentata incrementando a sua volta l’evaporazione fino
a che l’atmosfera non è diventata satura di vapor acqueo o tutta l’acqua è evaporata. La formazione delle nuvole per condensazione rafforza a sua volta l’effetto
eccetto per il pianeta marte dove l’atmosfera è cosı̀ sottile da non permettere la
formazione delle nuvole e l’effetto coltre (blanketing effect) è molto piccolo. Per
la terra la situazione di equilibrio è tale che la maggior parte dell’acqua è nella
forma liquida mentre per venere, con queste stesse assunzioni, dovrebbe sempre
essere ad una temperatura superiore al punto di ebollizione dell’acqua alla pressione di superficie. Nessuna presenza di acqua liquida dovrebbe esserci su venere.
Supponendo che venere originalmente avesse lo stesso ammontare di acqua della
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Equilibrio radiativo
Modello di equilibrio radiativo
Figura 6.3: semplice schematizzazione dell’effetto serra
terra, l’atmosfera primordiale di venere dovrebbe aver avuto come maggior costituente il vapor acqueo. Nessun altro gas sarebbe stato presente per prevenire
la dissociazione dell’acqua da parte della radiazione solare ultravioletta alla cima
dell’atmosfera. L’idrogeno risultante dal processo dissociativo sarebbe sfuggito e
l’ossigeno rimasto sarebbe stato consumato nei vari processi ossidativi alla superficie terrestre. Questa spiegazione permette di giustificare la scarsa presenza
di acqua su venere rispetto alla grande presenza di acqua sulla terra. La grande quantità di biossido di carbonio presente nell’atmosfera di venere piuttosto
che sotto forma di carbonati nelle rocce è a sua volta consistente con la storia
dell’atmosfera.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Equilibrio idrostatico
Equilibrio radiativo
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Capitolo 7
Clima e cambiamento climatico
7.1
Il clima terrestre
Le componenti fisiche del sistema climatico includono, l’atmosfera, gli oceani, il
ghiaccio sul mare, il terreno con le sue caratteristiche (includendo la vegetazione,
l’albedo, le biomasse e gli ecosistemi), la copertura nevosa, i ghiacciai (includendo
anche gli strati semi permanenti) e le componenti dei cicli idrogeologici (come i
corpi nuvolosi, i laghi etc). Queste componenti interagiscono tutte su un ampio intervallo di scale spaziali e temporali che a sua volta interagiscono con componenti
che sono viste come esterne (esempio il sole e le sue emissioni, la rotazione della
terra e la geometria della sua orbita, le caratteristiche geografiche della superficie
terrestre e la massa e la composizione base dell’atmosfera e degli oceani).
A causa della grande influenza delle attività umane sull’ambiente c’è un forte imperativo scientifico di studiare attentamente per quanto possibile tutti gli
aspetti legati al cambiamento climatico in relazione all’impatto umano. Programmi internazionali come l’International Geosphere Biosphere Programme (IGBC),
Word Climate Research Program (WCRP) e l’Intergovernmental Panel on Climate Change) (IPCC) hanno messo in evidenza il cambio climatico di origine
antropogenica.
7.2
Variazioni climatiche
Il clima può essere debolmente definito come la media del tempo atmosferico. Più
esattamente le caratteristiche di un dato regime climatico sono definite per mezzo
delle sue proprietà statistiche in relazione ai parametri caratteristici( Temperatura, precipitazioni, radiazione solare, nuvolosità etc). Le scale tipiche temporali
possono essere lunghe in relazione allo studio del clima dell’ordine di migliaia di anni durante l’era glaciale o relativamente brevi in relazione agli ultimi
cambiamenti negli ultimi anni dovuti all’attività umana.
Benché il termine clima possa riferirsi ad ogni parte dell’atmosfera o agli
oceani è il clima vicino alla superficie terrestre che a noi interessa. Spesso nell’u-
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Modello di equilibrio radiativo
Clima e cambiamento climatico
tilizzazione del termine clima ci riferiamo proprio ai parametri che sono coinvolti
vicino alla superficie terrestre.
Le variazioni climatiche si verificano nell’intero intervallo delle scale temporali
di interesse. Negli ultimi 140 anni la variabilità termica da decennio a decennio
e la variabilità da anno ad anno mostra un trend di riscaldamento pari a 0.6
0
C. Inoltre i cambiamenti nella temperatura media nell’emisfero nord negli ultimi
mille anni indicano un periodo di raffreddamento tra il 1400 e il 1900 conosciuto
come piccola era glaciale.
Molte spiegazioni sono state fornite per spiegare la variazione climatica dell’ultimo millennio. La prima cosa da notare è il forte riscaldamento osservato alla
fine dell’ultimo secolo; globalmente la decade associata al 1990 è stata la più calda
e per l’emisfero nord è stata la decade più calda dell’ultimo millennio. C’è una
forte evidenza che molto del riscaldamento durante la seconda metà del ventesimo
secolo sia dovuta all’aumento dei gas serra come il biossido di carbonio. Questo
non può tuttavia essere la causa del primo riscaldamento associato all’inizio del
ventesimo secolo. La variazione significativa della concentrazione dei gas serra è
relativamente recente.
Una seconda spiegazione è che ci siano state variazioni nell’attività vulcanica
che possono avere immesso elevate quantità di polveri e gas come la SO2 nell’atmosfera le quali a sua volta possono aver generato particelle di solfato (aerosol)
cosı̀ da ridurre la radiazione dell’energia solare in ingresso sull’atmosfera. Questo
avrebbe condotto ad un raffreddamento tipicamente di circa mezzo grado centigrado nella media globale su un periodo di cerca due anni rispetto alla più grande
eruzione vulcanica ( 1991 eruzione del Pinatubo) fino alla rimozione delle polveri
dall’atmosfera.
Una terza spiegazione è che ci potrebbe essere stata una variazione della radiazione solare. Misure dirette accurate della radiazione incidente fuori dell’atmosfera
durante gli ultimi due decenni, disponibili dalle misure fatte dalle sonde spaziali,
mostrano variazioni dell’ordine dello 0.1%.
Una quarta spiegazione, che non invoca forzanti esterne, è associata alle
interazioni tra l’atmosfera e gli oceani e tra differenti parti degli oceani.
7.3
Ere glaciali
Le variazioni climatiche dagli ultimi mille anni al milione di anni sono dominate
dalle ere glaciali quando gli strati di ghiaccio ricoprivano buona parte del nord
america e del nord europa. I dati relativi a questi periodi sono disponibili dalle
carote di ghiaccio prelevate in groelandia e in antartica. Informazioni circa la
temperatura alla quale si trovava il ghiaccio possono essere recuperate dalle misure
dirette del rapporto degli isotopi dell’ossigeno all’interno del ghiaccio; l’analisi
dell’aria inglobata nelle bolle all’interno del ghiaccio provvede alle informazioni
sulla composizione dell’atmosfera.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Clima e cambiamento climatico
Modello di equilibrio radiativo
I primi suggerimenti relativi alle forze esterne associate alle variazioni relative
alle ere glaciali si devono a James Croll il quale sosteneva che tali variazioni
fossero dovute alle variazioni secolari dell’orbita terrestre attorno al sole. Tali
variazioni sono relative all’eccentricità e dell’orbita con un periodo a di 97000
anni, variazioni nell’oblicità ² del suo asse con un periodo di circa 40000 anni e
variazioni dovuti alla precessione longitudinale ω del perielio con un periodo circa
di 21000 anni. La variazione nella distribuzione dell’energia solare che risulta
particolarmente importante nelle regioni polari dove ammonta ad un valore di
circa ±5%.
Studi più precisi sulle relazioni tra le età del ghiaccio e le variazioni dell’orbita terrestre mostrano che la dimensione dei cambiamenti climatici è più grande
rispetto a quanto potremmo aspettarci considerando la sola energia raggiante.
Per spiegare le variazioni climatiche è necessario considerare le varie retroazioni
che coinvolgono l’atmosfera, gli oceani, i ghiacci, i terreni e le interazioni tra loro.
Di particolare interesse sono le retroazioni che si verificano tra la temperatura
atmosferica e la concentrazione dell’anidride carbonica. Il biossido di carbonio
influenza la temperatura atmosferica attraverso l’effetto serra e la concentrazione stessa del biossido di carbonio è influenzata da fattori che dipendono dalla
temperatura atmosferica.
Un importante inferenza concernente il clima può essere fatta dallo studio
del grado di regolarità e consistenza associata alla risposta climatica in relazione
alla radiazione solare. Questi dati suggeriscono che il sistema climatico non è
fortemente caotico rispetto a queste grandi variazioni. Possiamo notare che i
cambiamenti climatici come il risultato di un incremento nei gas serra sono guidati
dalle variazioni nel regime radiativo sulla cima dell’atmosfera. Si può sostenere
che l’incremento dei gas serra implica una risposta largamente predicibile nel
clima.
7.4
l’influenza degli oceani
Fino ad ora è stato assunto che la superficie degli oceani che è responsabile di
molti eventi atmosferici abbia una temperatura fissata. Per le previsioni del tempo questa assunzione è adeguata dato che la temperatura superficiale degli oceani
varia solo lentamente. Tuttavia per considerazioni relative alle variazioni su lunga scala come quelle associate ai cambiamenti climatici le variazioni termiche
associate alla superficie degli oceani sono molto importanti.
Non è sorprendente che l’atmosfera e la sua circolazione sia fortemente influenzata dalla temperatura superficiale degli oceani. Il più grande contributo
all’ingresso di calore nell’atmosfera è dovuto all’evaporazione dalla superficie degli oceani i quali a causa della rapida variazione della saturazione della tensione di vapore dell’acqua incrementa rapidamente con la temperatura superficia-
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Modello di equilibrio radiativo
Clima e cambiamento climatico
le dell’oceano. L’energia portata dall’evaporazione è successivamente rilasciata
nell’atmosfera sotto forma di calore latente di condensazione.
Gli studi relativi all’impatto delle variazioni termiche della superficie dei mari
sulla circolazione atmosferica e sui patterns climatici regionali sono stati condotti
sia da osservazioni che da modelli climatici. Questi dimostrano che la temperatura superficialie dei mari influenza frequentemente il clima nelle regioni lontane
rispetto alle zone in cui si registrano variazioni termiche delle temperature dei
mari.
Le più grandi variazioni nella temperatura di superficie dei tropici sono trovate
nelle zone tropicali del pacifico situate ad est durante il periodo del El Niño
quando la temperatura superficiale dell’acqua aumenta fino a 7 K rispetto alla
media climatologica normale, questi eventi si verificano mediamente ogni 5 anni.
Questi eventi possono essere compresi solo o modellati trattando l’atmosfera e gli
oceani come sistemi dinamici di sistemi fisici accoppiati.
7.5
L’influenza umana sul clima
Di particolare interesse nella comunità mondiale nei recenti anni è stato l’effetto
dell’attività umana sulle varie parti dell’ambiente che ci circonda e i possibili danni che possono risultare. L’inquinamento atmosferico locale, specialmente
nelle città, è stato ed è ancora oggi un grosso problema da risolvere e le singole
amministrazioni si impegnano più o meno a ridurre tale inquinamento. Tuttavia esiste anche la possibilità che esista un inquinamento su scala globale. Ci
sono due particolari esempi di questo. Uno è la parziale distruzione dello strato
di ozono attraverso l’introduzione di piccole concentrazioni di composti clorurati
come i clorofluorocarburi. Gli altri esempi sono relativi all’impatto dei gas serra
immessi nell’atmosfera dall’attività umana sul clima globale. Inoltre la presenza
degli aerosol nell’atmosfera dovuti alla combustione di biomasse o solfati formati
come risultato dell’emissione di anidride solforosa possono riflettere o assorbire
radiazione solare ed avere un effetto significativo sul clima.
Il più importante tra i gas serra è il biossido di carbonio e il suo aumento
nell’atmosfera è largamente dovuto alla combustione di combustibili fossili (come
è evidenziato dagli studi sugli isotopi) con un significativo apporto dovuto alla
deforestazione. L’incremento del metano e dell’ossido nitroso su questo periodo è
stato del 145% e del 15% rispettivamente.
Il biossido di carbonio soggiace inoltre ad un ciclo noto come ciclo del carbonio attraverso il quale il carbonio viene trasferito in natura tra un numero di
riserve naturali (oceani, atmosfera, suolo e biota). I flussi di carbonio nella forma
di biossido di carbonio che entrano ed escono dall’atmosfera sono grandi. Circa
un quarto dell’ammontare dell’atmosfera è ciclato in un anno circa la metà nel
terreno biota e l’altra metà attraverso processi chimico fisici sulla superficie degli
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Clima e cambiamento climatico
Modello di equilibrio radiativo
oceani. Nella scale temporale di un secolo approssimativamente tutto il carbonio
antropogenico emesso è distribuito tra queste riserve.
I dettagli della distribuzione tra le maggiori riserve possono essere stimate
dalla combinazione delle misure nelle variazioni nelle concentrazioni del biossido di
carbonio e dell’ossigeno nell’atmosfera. Il prelievo del biossido di carbonio da parte
degli oceani non conduce a nessuna variazione dell’ossigeno atmosferico mentre
il prelievo del biossido di carbonio da parte della biosfera aggiunge carbonio alla
biosfera e rilascia ossigeno. Circa il 40% Nel periodo delle emissioni di biossido di
carbonio dovute alla combustione dei fossili rimane nell’atmosfera il resto viene
rozzamente diviso tra gli oceani e biosfera.
Gli scambi tra le riserve su un ampio intervallo di scale temporali determinate
rispettivamente da un caratteristico turnover che può andare da un anno ad un
migliaio di anni a seconda della riserva considerata. Prima che l’attività umana
risultasse un disturbo significativo, la concentrazione del biossido di carbonio
nell’atmosfera era praticamente stazionaria.
Il largo intervallo dei tempi di turnover significa che il tempo preso in considerazione per una perturbazione atmosferica nella concentrazione del biossido
di carbonio affinchè possa ritornare alla sua concentrazione di equilibrio non può
essere descritta da una singola costante temporale. Benché il tempo di vita media
di circa 100 anni sia spesso considerato per il biossido di carbonio, l’uso di un
singolo tempo di vita media può condurre ad errore. Gli ossidi di azoto posseggono un tempo di vita media altrettanto lungo. In contrasto il tempo di vita del
metano nell’atmosfera prima di essere distrutto dai processi chimici è dell’ordine
dei dieci anni. Il tempo di vita degli aerosol nella troposfera è molto più breve
essi cadono a terra in pochi giorni. Nella stratosfera le microparticelle cadono
lentamente e possono rimanere per diversi anni.
7.6
Rinforzo delle effetto serra
L’effetto serra è stato introdotto attraverso argomenti qualitativi mostrando come
i gas che assorbono nell’infrarosso agiscono come una coperta sulla superficie
terrestre.
Sul pianeta venere ad esempio a causa del fatto che l’atmosfera contiene principalmente gas assorbenti come il biossido di carbonio, la dimensione dell’effetto
serra è molto grande e conduce ad una temperatura che supera i 500 0 C. Sulla
terra è di circa 30 0 C senza di esso la temperatura media della terra sarebbe di
circa -15 0 C. Questo costituisce l’effetto serra naturale derivante dai gas serra
che naturalmente si trovano in natura (i più importanti dei quali sono l’acqua, il
biossido di carbonio, il metano, gli ossidi di azoto e l’ozono) e dalla corpertura
nuvolosa.
Abbiamo inoltre visto che a causa dell’attività umana la concentrazione di
questi gas è aumentata conducendo ad un incremento dell’effetto serra. Di parti-
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Modello di equilibrio radiativo
Clima e cambiamento climatico
colare interesse è l’incremento del biossido di carbonio il quale ha contribuito di
circa 2/3 dell’innalzamento associato all’effetto serra.
Supponiamo che la concentrazione del biossido di carbonio nell’atmosfera raddoppi dal suo valore dell’età preindustraile di circa 280 ppm ad una valore di 560
ppm (il suo valore nel 1998 era di 365 ppm). Se nessuna forte azione verrà presa
questo raddoppio è stimato attorno al 2100. Inoltre dato che la temperatura superficiale del pianeta costituisce il parametro probabilmente più importante per
la descrizione del clima cercheremo di capire quale dovrebbe essere la temperatura media del pianeta associata ad un raddoppio della concentrazione del biossido
di carbonio.
Per prima cosa osserviamo quale potrebbe essere l’effetto sulla stratosfera.
Le emissioni termiche verticali della terra e dell’atmosfera quando arrivano in
cima all’atmosfera sono private di una forte banda di assorbimento attorno a 667
cm−1 associata all’assorbimento del biossido di carbonio avvenuto nella stratosfera e nella mesosfera. Questa è una regione che si trova approssimativamente in
equilibrio radiativo. In questa parte dell’atmosfera la distribuzione della temperatura è determinata principalmente dal bilancio radiativo tra il raffreddamento
nell’infrarosso dovuto all’assorbimento della banda del biossido di carbonio e dal
riscaldamento dovuto all’assorbimento della radiazione solare da parte dell’ozono.
Utilizzando al relazione 6.8 è possibile stimare la temperatura, la quale all’altezza di 50 Km risulta di 280 K. Se la concentrazione della CO2 passasse a 560
ppm lo stesso calcolo condurrebbe sempre all’altezza di 50 Km una diminuzione
della temperatura di circa 20 0 C. L’effetto sulla stratosfera dell’incremento della
CO2 implica pertanto un raffreddamento.
Volgiamoci ora all’effetto sulla troposfera che in prima approssimazione è disaccoppiata dai cambiamenti sulla stratosfera. Per prima cosa è necessario stimare
la variazione in uscita della radiazione della CO2 sulla cima della troposfera. Questa radiazione è costituita da due bande che si originano dalla troposfera e che
individuano un minimo associato al massimo di assorbimento della CO2 attorno
al valore di 667 cm−1 . Se la concentrazione del biossido di carbonio raddoppia la
radiazione uscente delle due bande si originerà da livelli più alti. A causa dell’abbassamento della temperatura con l’altezza questi livelli più alti sono più freddi
e quindi l’ammontare della radiazione emessa diminuisce.
Si può mostrare che l’ammontare di questa caduta nella radiazione emessa
quando la concentrazione del biossido di carbonio è raddoppiato allora l’origine
della radiazione si muove ad un livello più alto dove la pressione è più bassa di
un fattore pari a 2−0.5 circa 3 km più alta e assumendo un gradiente di velocità
pari a 6 0 C/Km la temperatura media sarà intorno circa 18 0 C inferiore. Se
noi assumiamo una temperatura radiante media (la temperatura radiante viene
misurata mediante un termometro infrarosso)di 250 K per il caso non disturbato
con un raddoppio dell’anidride carbonica sarà allora di circa 232 K. Con questa
differenza di temperatura la caduta della radiazione emessa nell’intervallo 700-750
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Clima e cambiamento climatico
Modello di equilibrio radiativo
cm−1 sarà di circa 3 W m−2 .
Questo ovviamente costituisce una stima rozza e calcoli più dettagliati per la
variazione media dell’energia sulla cima della troposfera a causa di una raddoppio
del biossido di carbonio conducono ad un valore di circa 4W m−2 .
Questa variazione nella radiazione sulla cima della atmosfera è nota come
forzante radiativa. L’effetto dei diversi gas serra possono essere convenientemente confrontati per mezzo della forzante radiativa. Lo sbilanciamento di 4W m−2
alla cima della troposfera crea uno sbilanciamento nel bilancio energetico. Per
contrastare tale sbilanciamento la temperatura dell’atmosfera sottostante e della
superficie dovrà incrementare. Se noi assumiamo che ciò si verifichi senza nessuna
variazione nel gradiente di velocita termico la temperatura media della superficie
e dell’atmosfera più bassa dovrebbe incrementare approssimativamente di 1.2 0 C.
È da notare che la variazione della radiazione alla cima della troposfera è approssimativamente logaritmica rispetto alla concentrazione del biossido di carbonio.
Quadruplicando la concentrazione del biossido di carbonio per esempio si avrebbe uno sbilanciamento di circa 8 W m−2 . La rimozione del biossido di carbonio
condurrebbe ad una diminuzione della temperatura di circa 6 gradi.
L’influenza dell’incremento del biossido di carbonio sulla temperatura atmosferica è quello di raffreddare la stratosfera e la mesosfera e di riscaldare gli strati
più bassi dell’atmosfera e della superficie terrestre. Un importante fattore nel
riscaldamento della troposfera è l’esistenza della caduta del gradiente di velocità della temperatura con l’altezza come risultato dell’influenza dell’effetto serra
naturale.
Le analisi fatte costituiscono una descrizione base relativa al rinforzo dell’effetto serra provocato dal biossido di carbonio. In questa analisi è stato ignorato
qualsiasi altro fattore consequenziale che può verificarsi in altre parti dell’atmosfera o del sistema climatico. In realtà molti altri fattori cambieranno alcuni di
loro in modo da riscaldare ancora (retroazione positiva) e alcuni altri riducendo il
riscaldamento (retroazione negativa). La situazione è pertanto molto più complessa rispetto all’analisi mostrata. In realtà se teniamo presenti queste retroazioni
l’incremento medio della temperatura sulla terra sarebbe il doppio rispetto al
calcolo semplicistico fatto in precedenza cioè un riscaldamento di 2.5 0 C (con
un intervallo di incertezza di 1.5-4.5 0 C). Confrontando queste variazioni nella
temperatura media globale con le variazioni che tipicamente si sono verificate nel
passato (per esempio quelle di 5 o 6 0 C tra la metà di un era glaciale e il periodo
caldo) possiamo osservare che si tratta di una grande variazione termica. Inoltre se questo cambiamento si verificasse in un periodo inferiore ad un secolo si
tratterebbe di un cambiamento rapido rispetto alle principali variazioni termiche
subite in passato.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Modello di equilibrio radiativo
7.7
Clima e cambiamento climatico
processi retroattivi
I quattro principali processi di retroazione che possiamo considerare nell’influenza
della temperatura globale sono:
• contenuto del vapore nell’atmosfera - l’aumento di temperatura conduce ad
un incremento nell’evaporazione e quindi un incremento medio dell’ammontare di vapor acqueo nell’atmosfera. Poichè il vapore acqueo costituisce un
potente gas serra questo provoca una retroazione positiva.
• struttura della temperatura atmosferica derivante dalla variazione del contenuto di vapor acqueo - questo è noto come gradiente verticale di retroazione
(lapse rate feedback). l’effetto medio di tale retroazione sulla temperatura
di superficie tende ad essere negativo.
• la copertura del mare o dei ghiacciai - se una parte della superficie del
mare con un albedo di circa 0.1 o una parte della superficie terrestre con
un albedo di 0.3 è coperta con il ghiaccio o neve con un albedo di 0.6 o
più l’ammontare di energia solare assorbita alla superficie può causare un
ulteriore raffreddamento questa è una retroazione positiva conosciuta come
ice-albedo feedback.
• copertura nuvolosa - poichè le nuvole hanno un forte effetto di assorbimento della radiazione riflessa o emessa questa è spesso conosciuta come retroazione della radiazione nuvolosa. Il clima risulta estremamente sensibile
alla copertura nuvolosa. Un aumento della nuvolosità di poche percentuali è comparabile con i cambiamenti da un raddoppiamento del biossido di
carbonio. asopettati
In addizione a queste retroazioni fisiche sono associate cambiamenti nell’atmosfera e nella circolazione degli oceani o retroazioni dinamiche che altereranno il
pattern dei cambiamenti sulla superficie terrestre. Ci sono inoltre retroazioni biochimiche derivanti dalle variazioni nella biosfera che possono derivare in relazione
alle variazioni della composizione atmosferica.
gas serra
come ora
nessuno
come ora
come ora
come ora
raddoppio della della CO2
raddoppio della della CO2
nuvole
come ora
nessuno
nessuno
3% di copertura nuvolosa più alta
3% in meno di copertura nuvolosa
come ora senza retroazioni
retroazione inclusa
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
∆T in C
0
-21
4
0.3
-1.0
1.2
2.5
Clima e cambiamento climatico
Modello di equilibrio radiativo
È utile confrontare di differenti processi di feedback impiegando un parametro
δ di feedback definito come
δ=
∆(FL − FS )
∆TS
(7.1)
dove FL e FS sono le componenti della radiazione solare alla cima della
troposfera e TS è la temperatura di superficie.
7.8
Modellizzazione del cambiamento climatico
Abbiamo considerato l’influenza dell’effetto associato all’incremento dei gas serra
su una colonna verticale di atmosfera. Questo modello ha permesso di dare delle utili indicazioni sulla risposta complessiva della variazione della temperatura.
Un estensione relativamente semplice del modello monodimensionale è quello di
permettere delle variazioni con la latitudine generando cosı̀ un modello bidimensionale. La risposta climatica è ovviamente lontana da essere uniforme su tutto
il globo. Per una descrizione più accurata del cambiamento climatico necessitiamo di modelli più elaborati capaci di descrivere la struttura e la dinamica in tre
dimensioni. Ovviamente la complessita di calcolo richiede computer sempre più
potenti.
Modelli recenti accoppiano la circolazione dell’atmosfera con quella degli oceani. Allo scopo di sviluppare i modelli climatici sono importanti le osservazioni
sperimentali sul sistema climatico allo scopo di validare il modello climatico
7.9
Risposta dinamica alle forzanti esterne
La struttura dettagliata sul globo rispetto alla risposta del clima in relazione ai
cambiamenti nella radiazione netta alla cima dell’atmosfera risulta in ogni luogo
ed è uniforme. Questo non è sorprendente quando si prenda in considerazione il
fatto che la risposta del sistema dinamico atmosfera è fortemente non lineare.
Prendiamo ad esempio il semplice modello introdotto da Lorenz per la circolazione dell’atmosfera. Gli attrattori di Lorenz in assenza di forzanti esterne mostrano
che la funzione di densità di probabilità nell’intorno dei massimi è identica in
carattere. Se una debole forzante esterna perturba l’attrattore di Lorenz le maggiori componenti associate alla funzione risposta implicano un incremento nella
funzione di densità di probabilità di un regime e una diminuzione sull’altro. La
localizzazione dei regimi o la forma non viene alterata. Possiamo cosı̀ sostenere
che analogamente molte delle risposte atmosferiche correlate a forzanti esterne
( variazioni solari, eruzioni vulcaniche o cambiamenti nelle concentrazioni del
biossido di carbonio etc) si manifesteranno in cambiamenti nell’intensità e nella
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
Modello di equilibrio radiativo
Clima e cambiamento climatico
frequenza di eventi di alcuni preferenziali regimi di circolazione naturale che sono
similarmente non lineari.
A causa della larga influenza associata a manifestazioni di eventi estremi El
Niño è il più importante di questi regimi. Di speciale interesse è la possibilità di
cambiamenti nell’intensità frequenza o carattere di El Niño dovuto alle forzanti
incrementate degli effetti serra.
7.10
impatti climatici
I principali impatti dovuti al cambiamento climatico dovuto ad un sostanziale
incremento dei gas serra sono i seguenti
1. L’incremento termico della temperatura globale superficiale durante il 21esimo secolo è probabilmente il più grande che si sia verificato negli ultimi
10000 anni. Nelle vicinanze del terreno il riscaldamento incrementerà maggiormente rispetto alla media globale. Ci sarà un incremento delle giornate
calde e di periodi caldi specialmente nelle maggiori aree continentali
2. Un incremento dei livelli dei mari si verificherà a causa dell’espansione degli
oceani con l’incremento termico e a causa della fusione dei ghiacciai.Si stima
che questo valore sia intorno a 0.5 m per un raddoppio della concentrazione
del biossido di carbonio. I principali strati di ghiaccio dell’Antartica e della Groelandia non dovrebbero cambiare molto nella dimensione. I ghiacci
aggiunti a causa dell’incrementate precipitazioni tenderanno a bilanciare i
ghiacci fusi attorno ai margini.
3. Temperature più miti condurranno ad un incremento dell’evaporazione con
conseguente aumento del vapor acqueo e delle precipitazioni.
4. L’incrementato rilascio del calore latente di condensazione condurrà mediamente ad un più intenso ciclo idrologico. Questo significherà un incremento
di pesanti piogge in alcuni luoghi e viceversa in altri si avranno regioni di
più grande siccità. Ci si aspetta inoltre un sostanziale cambiamento nella
disponibilità delle risorse di acqua.
Gli effetti di questi impatti sulle attività umani sono a sua volta aspettati. In
particolare molti uomini ed ecosistemi saranno incapaci di adattarsi facilmente
alla velocità stimata di tali cambiamenti. Per mitigare i cambiamenti l’emissione
dei gas serra ed in particolare della CO2 dovrà essere sostanzialmente ridotta.
Appropriate azioni dovranno essere prese sia dagli stai nazionali che a livello
internazionale.
M. Rustici, Scienza dell’atmosfera
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