1/1
27/08/2004 |
Economia keynesiana
Il termine economia keynesiana indica sia le teorie macroeconomiche riconducibili a John Maynard Keynes
(1883-1946), sia le Politiche economiche a esse ispirate. Secondo Keynes, nel Capitalismo i Mercati non
possono assicurare da soli un equilibrio di piena occupazione. Nei periodi di crisi, a causa di diminuzioni di
reddito previste o effettive, che in caso di disoccupazione possono arrivare fino alla perdita dell'intero salario,
i lavoratori dipendenti limitano i consumi, mentre gli imprenditori riducono gli investimenti a causa delle
sfavorevoli prospettive di guadagno. La scarsità della domanda deve essere in parte compensata con la
crescita della spesa pubblica, che non va finanziata con un aumento delle imposte ma con l'accensione di
Crediti (deficit spending) in modo da assorbire i risparmi improduttivi. I crediti verranno poi ammortizzati anticiclicamente - nelle fasi di crescita economica. Dopo la seconda guerra mondiale, il pensiero keynesiano
assunse i tratti di una teoria sistematica della congiuntura, e le sue diverse correnti ebbero un peso
predominante nel quadro dell'economia politica (Scienze economiche). Dagli anni 1970-80 l'economia
keynesiana, a causa della sua focalizzazione sul mercato interno in un periodo di crescente interdipendenza
economica a livello intern., è stata costretta sulla difensiva dalle teorie neoliberali (Neoliberalismo),
inizialmente soprattutto dal Monetarismo, che si stava affermando nei Paesi anglosassoni.
Contrariamente a un'idea ampiamente diffusa, durante la Crisi economica mondiale in Svizzera le teorie
keynesiane non vennero accolte. Le misure per incrementare l'occupazione furono varate in seguito a
pressioni politiche e sociali e risultarono di gran lunga insufficienti a garantire un rilancio dell'economia. Le
giustificazioni teoriche addotte spec. da parte sindacale (Fritz Marbach, Max Weber) si basavano sulle teorie
del sottoconsumo allora largamente diffuse, molto meno convincenti della Teoria generale di Keynes,
pubblicata solo nel 1936 e non recepita in tempo. Nel secondo dopoguerra, le teorie keynesiane assunsero un
notevole peso in ambito univ., ma non trovarono applicazione pratica nella politica economica nazionale.
Poiché le forze dominanti concordavano sulla necessità di combattere la disoccupazione tramite la riduzione
della manodopera straniera ("teoria del cuscinetto"), gli strumenti necessari per la direzione globale
dell'andamento economico non vennero mai potenziati. I programmi occupazionali dei decenni 1970-80,
1980-90 e 1990-2000 risultarono talmente modesti che non si può parlare di un effetto anticiclico, ma al
limite di un'attenuazione della politica finanziaria prociclica.
Bibliografia
– J. M. Keynes, Teoria generale dell'occupazione dell'interesse e della moneta, 1971 (inglese 1936)
– E. Allgoewer, «Überinvestitionen oder Unterkonsumtion?», in Arbeit in der Schweiz des 20. Jahrhunderts, a
cura di T. Geiser et al., 1998, 187-216
– K. Armingeon, «Wirtschafts- und Finanzpolitik», in Handbuch der Schweizer Politik, 1999, 725-766
Autrice/Autore: Bernard Degen / vfe
URL: http://www.hls-dhs-dss.chI26194.php
© 1998-2017 DSS: Tutti i diritti d'autore di questa pubblicazione elettronica sono riservati al Dizionario Storico della Svizzera, Berna. I testi
pubblicati su supporto elettronico sono soggetti alla stessa regolamentazione in vigore per i testi stampati. Diritti di uso e norme di citazione
(PDF).