Léger La visione della città contemporanea 1910

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Léger
La visione della città contemporanea
1910 - 1930
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LE SEZIONI DELLA MOSTRA
All’inizio del XX Secolo il ritmo della modernità palpita lungo le strade delle città
europee. La massiccia migrazione dalla campagna – fenomeno che ha dato origine
alla metropoli moderna - segna una svolta epocale nella storia del mondo occidentale.
Nel fatidico anno 1900, il giovane Fernand Léger arriva a Parigi dal paesino rurale in cui
era nato. Diciannove anni dopo realizzerà La città, un dipinto monumentale che coglie
la trasformazione della vita di tutti i giorni nella metropoli. A partire da questo snodo
fondamentale, la mostra ripercorre il decennio successivo, quando Léger svolgerà un
ruolo chiave nel condurre l’arte a un rapporto del tutto nuovo con la realtà urbana.
Confrontandosi con altri pittori, poeti, architetti, registi teatrali e cinematografici
delle avanguardie internazionali approdati a Parigi, Léger andrà “oltre il cavalletto”
prefigurando un nuovo “realismo” in grado di “uguagliare” la città moderna, accogliendo
i cambiamenti creativi che derivano dalla contaminazione tra diverse forme ed
espressioni artistiche e tra arte e mass media: incontri fecondi che solo le città erano
e sono in grado di generare.
SALA 1
La metropoli prima della guerra
A diciannove anni, Léger arriva a Parigi all’alba del nuovo secolo, per lavorare come
disegnatore architettonico. Quando parte per il fronte della Prima Guerra Mondiale nel
1914, è già un pittore emergente tra le avanguardie dell’epoca. Parigi è allora il luogo
migliore in cui trovarsi per un artista giovane e ambizioso. La città è il centro mondiale
dell’arte e della cultura, nonché la capitale del commercio e del bel vivere. Le recenti
invenzioni cominciano a rivoluzionare la vita di tutti i giorni: il telefono, la radio e la
stampa portano nelle case informazioni e notizie internazionali, mentre le automobili,
i treni espressi e gli aeroplani stanno accelerando il ritmo della vita. Il cinema e i
grammofoni offrono intrattenimenti alla portata di tutti, e la luce elettrica trasforma le
strade notturne in luna park.
SALA 2
Léger si accorge che la metropoli in via di trasformazione ha bisogno di un’arte nuova. È
una rivelazione comune anche ad altri artisti: si pensi ad esempio che proprio in quegli
anni prende vita in Italia e si impone all’attenzione di tutta Europa il movimento futurista
(il primo manifesto è del 1909), muovendo proprio dalla necessità di una nuova visione
del mondo, basata sulla contemporaneità, la tecnologia, la velocità, il movimento che
caratterizzavano appunto le nuove realtà urbane. “La portiera del vagone o il parabrezza
dell’automobile’’, scrive Léger nel 1914, “uniti alla velocità acquisita, hanno cambiato
l’aspetto abituale delle cose. L’uomo moderno registra un numero di impressioni cento
volte superiore rispetto a un artista del XVIII secolo.”
Le opere qui esposte vedono il lavoro di Léger affiancato a quello di altri artisti, con i
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quali egli instaura rapporti di collaborazione, scambio di idee, amicizia. Li accomuna
l’intento di cogliere con la pittura i nuovi ritmi della vita urbana moderna, nel contesto
irripetibile di fioritura delle molte diverse e rivoluzionarie tendenze artistiche che
nascono e si intrecciano nella Parigi prebellica– dal cubismo nelle sue varie declinazioni,
al futurismo, al simultaneismo - che per Léger e i suoi amici sono semplicemente un
“nuovo modo di vedere”.
SALA 4
Léger dipinge La città
Nel 1918, dopo quattro anni passati prima rischiando la vita sul fronte e poi smaltendo
un’intossicazione da gas in ospedale, Léger torna a Parigi. La guerra ha imposto una
frustrante interruzione al suo lavoro, ma gli ha anche impartito una dura lezione, un
“contatto con la realtà nuda e cruda”, che l’artista metterà in pratica con urgenza e
concentrazione.
Il quadro La città rappresenta l’esito culminante di questo intenso sforzo– comprovato
da 14 studi preparatori, di cui due qui esposti- un vero e proprio manifesto postbellico.
Secondo Léger il compito dell’arte è quello d’essere “equivalente” alla vita moderna
anziché limitarsi a rappresentarla. L’energia creativa della sua Città regge il confronto
con la frenesia della vita nella metropoli. Immagini fugaci di tabelloni pubblicitari, sbuffi
di fumo, cartelli stradali e impalcature sono collocati tra colori vividi e forme contrastanti
per produrre l’effetto di “massima intensità” che ricorda il disorientamento e l’assalto
sensoriale provati da chi cammina lungo una strada affollata.
Il dipinto ha la linearità grafica di un cartellone pubblicitario, il movimento tremolante
di uno schermo cinematografico, l’espansione di un fondale di teatro e l’audacia di
un murale. Si proietta così oltre la cornice, aspirando a competere con altre immagini
dell’ambiente urbano. Per Léger, La città è l’annuncio di una nuova direzione e un punto
di riferimento creativo cui tornerà continuamente.
E quando nel 1942, facendo un bilancio della sua attività, affermerà che solo tre opere
fondamentali l’hanno “dominata per intero”, La città sarà la prima della lista.
Il tentativo di conferire monumentalità e forza viscerale al soggetto della vita urbana
rimarrà il progetto principale della sua carriera, tradotto come si può osservare nelle
sale successive in molte nuove opere nel campo del design murale, del teatro, del
cinema e della pittura.
SALA 5
La pubblicità
Il 1919, anno in cui Léger dipinge La città, segna l’inizio di un’età dell’oro per la pubblicità
a Parigi. Mentre l’economia si riprende dopo la guerra, le vie della capitale sono invase
da manifesti e grandi cartelloni. Come i giornali, la pubblicità viene considerata una
forma di comunicazione pubblica, o publicité. Il suo obiettivo è produrre un poderoso
impatto visivo capace di emergere dal caos del traffico cittadino e di trasmettere il
messaggio desiderato. A questo scopo, le aziende del settore si rivolgono agli artisti più
moderni, nelle cui mani il design pubblicitario diventa una forma d’arte commerciale
innovativa.
Dopo La città, Léger semplifica le sue composizioni, ricorrendo a motivi iconici disposti
ritmicamente e a una gamma cromatica audace. I dipinti acquisiscono un nuovo piglio
aggressivo, percepibile anche da lontano.
Se questo approccio deve molto alla pubblicità moderna, i designer pubblicitari
imparano a loro volta molto da Léger, al punto che l’artista viene definito “il padre del
manifesto francese contemporaneo”. Egli, tuttavia, prende a prestito determinati effetti
anche dal cinema. Come il manifesto pubblicitario, il primo piano cinematografico attira
l’attenzione sugli oggetti quotidiani in modo completamente nuovo. Léger arriva
addirittura a paragonare la sequenza di manifesti lungo una strada alla bobina di un film
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che si srotola. Non contento di usare questi mezzi visivi come fonte d’ispirazione per la
sola pittura, gira anche un film, crea manifesti e illustrazioni per libri e riviste.
SALA 6
Lo spettacolo
Ballet Mechanique
È l’unico film di Lèger, realizzato con il contributo artistico di Man Ray e la collaborazione
alla regia di Dudley Murphy. Non ha trama ma consiste nell’interazione ritmica di oggetti
d’uso comune, tra primi piani, scomposizioni o ribaltamenti simmetrici. Per Léger è una
sorta di dichiarazione d’intenti sul potere del cinema di trasformare oggetti ordinari in
uno spettacolo intensamente lirico. Interpreti e trama sono irrilevanti, in modo che la
potenza del mezzo filmico emerga come capacità di rappresentazione dell’immagine
animata e in questo senso si ponga come attività strettamente artistica, al pari della
pittura o della poesia. In seguito, Léger attingerà al repertorio figurativo del film in
diversi dipinti.
La versione che qui vediamo è probabilmente l’originale presentato alla prima del film
nel ’24.
SALA 7
Lo spettacolo e il design teatrale
La vita moderna, scrive Léger nel 1924, “scorre a una velocità tale che [...]un pezzo di
vita visto dalla terrazza di un caffè è uno spettacolo”. Animata da cartelloni pubblicitari
e da vetrine variopinte, da veicoli che sfrecciano e insegne che lampeggiano, la strada è
diventata essa stessa un evento teatrale, uno spettacolo.
Ne consegue che una delle possibilità più allettanti per un pittore che voglia entrare
nella “grandiosa messa in scena della vita” sia lavorare per il teatro.
Negli anni Venti, Léger s’ interessa sempre di più all’allestimento teatrale, una passione
che condivide con amici esponenti delle avanguardie del tempo, dal pittore dada
Francis Picabia, di cui ammira in modo particolare lo straniante balletto Relache,
ove s’intrecciano forme cinematografiche e performance dal vivo, a Sonia Delaunay,
capace di decostruire con i suoi costumi di scena i corpi stessi degli attori attraverso
“cubistiche” geometrie di colori.
SALA 8
Lo spettacolo e il design teatrale
Léger giudica obsoleto il teatro classico, che privilegia le parole del drammaturgo e la
performance dell’attore. Sogna invece una “scena pubblica” che combini circo, luna
park, spettacolo di varietà, danza e cinema.
Collaborando con i Ballets suédois (Balletti svedesi), immagina il palcoscenico come
un dipinto che prende vita: una composizione mobile di colori brillanti e di forme
inaspettate, coreografata secondo la sua “legge pittorica dei contrasti”. ll suo teatro
vuole produrre uno “stato lirico di stupore”, un poema spettacolare di scene ed eventi
costantemente reinventati in modi inattesi e sorprendenti, proprio come è la vita
moderna.
SALA 9
Lo spazio
Léger ritiene che l’arte del suo tempo abbia “liberato” il colore, che nelle epoche
precedenti era stato vincolato alla rappresentazione degli oggetti e che è invece
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“un’esigenza naturale, come l’acqua e il fuoco [...] una materia prima indispensabile
alla vita”, nonché un elemento cruciale dell’ambiente urbano.
Questa visione del colore liberato nell’ambiente scaturisce dagli incontri con l’architetto
svizzero Le Corbusier e con il pittore olandese Theo van Doesburg. Seppur in modi
diversi, anch’essi sentono l’esigenza di una nuova libertà spaziale in cui il colore diventi
un elemento attivo.
SALA 10
Lo spazio
Liberato dalla pittura moderna, il colore può invadere le vie. Léger sogna di coreografare
intere città dipingendone i muri a tinte accese. Immagina che la pittura, uscendo fuori
dalla tela, possa vagare per la metropoli: “Tutti gli insediamenti umani invasi dal colore”.
Proprio in questa direzione è chiaro il suo legame con De Stjil (Neoplasticismo), il
movimento fondato nel 1917, insieme a van Doesburg, da Piet Mondrian, amico di Lèger
fin dai tempi di Montparnasse, cui aderisce anche lo scultore Georges Vantongerloo.
Con Léger essi condividono l’idea dall’interazione tra le diverse discipline, della
permeabilità tra interno ed esterno, del rapporto tra spazio e colore. Tra il 1924 e il
1926, Léger crea una serie di “dipinti murali” astratti ispirati a tutto ciò. Non più “quadri
da cavalletto”, sono opere che intendono interagire con l’ambiente circostante. “Tra
tutti i pittori moderni”, avrebbe osservato Le Corbusier, Léger è “ l’unico i cui dipinti
richiedano una nuova architettura.”
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