L’itinerario inizia dal parcheggio presso la chiesetta di Santa Apollonia a Piazzo, recentemente restaurata. Si tratta di un edificio sacro di semplici dimensioni e decorato secondo il gusto barocco nel corso del XIX secolo. Prima di questa data dove, ore sorge la chiesetta, probabilmente c’era solo campagna; da qui il nome piazzo-spiazzo. Una chiesetta, dedicata a San Zeno o Zenone, esisteva vicino al filatoio ed era documentata nelle carte fin dal 1683; essa scomparve per essere sostituita dalla chiesetta di Santa Apollonia a Piazzo. Per arrivare al filatoio si attraversa il ponte sul rio e si sale per via Filatoio, sulla sinistra si nota un grande edificio bianco, il Filatoio, oggi considerato un importante esempio di architettura industriale. Il filatoio, imponente costruzione del 1802, doveva servire per importare in zona nuove tecnologie di produzione della seta. Le prime testimonianze che abbiamo di questa attività, risalgono ad un questionario presentato a Rovereto nel 1806-1807, nel quale si chiedeva alla popolazione se esistessero delle manifatture, delle fabbriche o altri rami di industria. La risposta fu che “fuorché quello del filatoio da seta di Piazzo non esiste alcun altro ramo d’industria.” A suo tempo, la nobile famiglia Marzani, che aveva un palazzo a Villa Lagarina, era proprietaria dell’edificio; ciò è documentato dallo stemma presente sulla chiave di volta del portale d’ingresso al filatoio. Oltre agli spazi dedicati alla lavorazione della seta, nell’edificio erano presenti: numerose stanze, alcune cucine, 2 stalle e 5 botteghe. Al primo piano vi erano uffici e stanze per la direzione, al secondo doveva trovarsi l’abitazione del custode ed al terzo piano vi erano sia le macchine per la lavorazione sia i locali per il deposito.Il filatoio al suo interno aveva tre piante alte circa 11 metri, tutte di uguali dimensioni, che venivano mosse da una ruota idraulica, la quale riceveva il movimento da una cascatella che scende, ancora oggi, a fianco dell’edificio. Questo tipo di filatoio era formato da due strutture cilindriche concentriche, aventi per altezza le dimensioni di un piano della casa. Per far muovere queste strutture veniva impiegata forza umana ed animale a seconda delle dimensione della struttura stessa, mentre per i filatoi a più piani veniva impiegata la forza dell’acqua. L’introduzione e la divulgazione della gelsi-bachicoltura si deve alla vicina presenza della Repubblica di Venezia. IL territorio della Vallagarina, sotto la giurisdizione del principe vescovo di Trento, comunicava direttamente con la Repubblica della Serenissima, tanto che è questo il territorio trentino più vicino alla cultura veneta. L’introduzione della gelsi-bachicoltura impose lo sfruttamento di nuovi terreni per cui venne sottratto spazio al bosco e si realizzarono terrazzamenti per permettere una più vasta diffusione del gelso. Le fasi di lavorazione della seta non potevano svolgersi nel medesimo luogo e prevedevano quindi rapporti diversi di lavoro, proprio come in un sistema industriale. E’ utile ricordare che questo tipo di procedimento era funzionante fino al 1870, quando il diffondersi di malattie del baco da seta ne decretarono la chiusura, anche in territorio trentino. Momentaneamente l’edificio è in fase di restauro; l’intento è quello di ricostruire, in modo più fedele possibile l’ambientazione del tempo e garantire, al più presto, una visita interna di questo edificio di archeologia industriale. Il nostro itinerario continua con una passeggiata tra gli ulivi che in questa zona trovano un clima più mite grazie alla vicinanza del lago di Garda. Camminando per il sentiero che parte a destra del filatoio, si raggiunge la località Caseti. Qui si può andare a destra, fino ad un gruppo di betulle, e dirigersi verso una piccola chiesetta realizzata dagli alpini dove si può godere di un magnifico paesaggio sulla Vallagarina; oppure girare a sinistra e arrivare ad uno dei molti molini che, una volta, caratterizzavano questa zona. Qui ci sono infatti molti rii e l’acqua serviva sia per il funzionamento del filatoio sia per macinare i vari prodotti che derivavano dalla coltivazione dei terrazzamenti. Il primo molino che si incontra, sulla strada per Pedersano, è il Molino Cavalieri, oggi abitazione privata, caratterizzato da una facciata con doppio ordine di finestre monofore. Vicino alla casa si trovano ancora grandi mortai in pietra rossa di antica data che servivano per macinare il grano, a ricordo dell’antica funzione del posto. La passeggiata continua per Pedersano; arrivati al Maso Zandonai si svolta a destra e si sale attraverso un piccolo sentiero aperto nella campagna fino a raggiungere l’antica chiesetta di San Sisinio. Qui il panorama è dei più belli: tutta la valle si apre e si mostra in tutta la sua bellezza naturalistica. Nelle giornate più limpide si vede da Rovereto fino a Besenello, da sud a nord, tutta la piana del fiume Adige. Osservando bene si può notare, sulla sinistra, Castel Beseno che da un colle domina il restringimento della conca dell’Adige, a destra Castel Noarna, roccaforte della famiglia Lodron, che controllava gli estremi confini meridionali del principato vescovile di Trento. L’itinerario prosegue verso Pedersano; bisogna ritornare sui propri passi, lungo la strada principale e raggiungere la chiesa di San Lazzaro, principale edificio sacro di Pedersano. Sul lato settentrionale della chiesa è presente una terrazza dalla quale si può osservare il borgo di Villa Lagarina dall’alto. Sulla destra del paese si nota un lungo palazzo con vigneti attorno che è il Palazzo Lodron a Nogaredo. Per ritornare verso Piazzo, da cui si è partiti, bisogna prendere una piccola stradina, la cosiddetta, Via Strova, che porta al suggestivo abitato dei Molini. Qui, anche se la strutturazione degli edifici è molto cambiata, si può ancora portare alla memoria la presenza di molti molini lungo il piccolo Rio. Si attraversa un ponte di pietra sul Rio di Cavazzim in corrispondenza del Molino Bertagnolli e successivamente si scende a sinistra fino alla piazzetta Baldessarini. Infine, si scende dalla provinciale per qualche metro e si prende la strada per Nogaredo. Qui si percorre il viale dei Tigli fiancheggiato dai caratteristici capitelli della via Crucis, sulla sinistra si nota l’antico edificio del Monte di Pietà ed all’incrocio con via Solari si prende la stradina pedonale detta Sagrà Vecio che costeggia il podere della canonica e conduce alla chiesa parrocchiale di Villa Lagarina. Si prosegue verso sinistra, attraversando la strada provinciale e si giunge agli impianti sportivi comunali. Ancora pochi passi e vi ritroverete davanti alla chiesetta di Piazzo. << Torna alla homepage