L’ANNO DELLA FEDE La crescita nella verità dell’atto di Fede Dalle piaghe d’Egitto alla costruzione del vitello d’oro Credo in Dio Padre Onnipotente Creatore e Signore del Cielo e della terra. Chi è il Signore? In seguito, Mosè e Aronne vennero dal faraone e gli annunciarono: «Così dice il Signore, il Dio d’Israele: “Lascia partire il mio popolo, perché mi celebri una festa nel deserto!”». Il faraone rispose: «Chi è il Signore, perché io debba ascoltare la sua voce e lasciare partire Israele? Non conosco il Signore e non lascerò certo partire Israele!» (Es 5,1-5). Il popolo viene angariato, si scoraggia, si lamenta, perde la fede. Allora Mosè si rivolse al Signore e disse: «Signore, perché hai maltrattato questo popolo? Perché dunque mi hai inviato? Da quando sono venuto dal faraone per parlargli in tuo nome, egli ha fatto del male a questo popolo, e tu non hai affatto liberato il tuo popolo!» (Es 5,22-23). Dio aiuta l’atto di fede con segni, miracoli, prodigi. La fede nasce dalla lotta di Dio con il Faraone e con il suo popolo. Non solo con il Faraone, ma con il Faraone e con il suo popolo. È il popolo che deve maturare la sua fede nel Dio di Mosè. È il popolo che viene meno nella fede. È lui che la perde ad ogni difficoltà che incontra sul suo cammino. La lotta di Dio è senza fine. Mai avrà un termine. Il bastone trasformato in serpente Il Signore disse a Mosè e ad Aronne: «Quando il faraone vi chiederà di fare un prodigio a vostro sostegno, tu dirai ad Aronne: “Prendi il tuo bastone e gettalo davanti al faraone e diventerà un serpente!”». Mosè e Aronne si recarono dunque dal faraone ed eseguirono quanto il Signore aveva loro comandato: Aronne gettò il suo bastone davanti al faraone e ai suoi ministri ed esso divenne un serpente. A sua volta il faraone convocò i sapienti e gli incantatori, e anche i maghi dell’Egitto, con i loro sortilegi, operarono la stessa cosa. Ciascuno gettò il suo bastone e i bastoni divennero serpenti. Ma il bastone di Aronne inghiottì i loro bastoni. Però il cuore del faraone si ostinò e non diede loro ascolto, secondo quanto aveva detto il Signore. (Es 7,8-13). 1. Le acque in sangue Dice il Signore: Da questo fatto saprai che io sono il Signore; ecco, con il bastone che ho in mano io batto un colpo sulle acque che sono nel Nilo: esse si muteranno in sangue. I pesci che sono nel Nilo moriranno e il Nilo ne diventerà fetido, così che gli Egiziani non potranno più bere acqua dal Nilo!”». Il Signore disse a Mosè: «Di’ ad Aronne: “Prendi il tuo bastone e stendi la mano sulle acque degli Egiziani, sui loro fiumi, canali, stagni e su tutte le loro riserve di acqua; diventino sangue e ci sia sangue in tutta la terra d’Egitto, perfino nei recipienti di legno e di pietra!”». (Es 7,17-19). 2. Le rane Il Signore disse a Mosè: «Di’ ad Aronne: “Stendi la mano con il tuo bastone sui fiumi, sui canali e sugli stagni e fa’ uscire le rane sulla terra d’Egitto!”». Aronne stese la mano sulle acque d’Egitto e le rane uscirono e coprirono la terra d’Egitto. Ma i maghi, con i loro sortilegi, operarono la stessa cosa e fecero uscire le rane sulla terra d’Egitto. (Es 8,1-3). 3. Le zanzare Quindi il Signore disse a Mosè: «Di’ ad Aronne: “Stendi il tuo bastone, percuoti la polvere del suolo: essa si muterà in zanzare in tutta la terra d’Egitto!”». Così fecero: Aronne stese la mano con il suo bastone, colpì la polvere del suolo e ci furono zanzare sugli uomini e sulle bestie; tutta la polvere del suolo si era mutata in zanzare in tutta la terra d’Egitto. I maghi cercarono di fare la stessa cosa con i loro sortilegi, per far uscire le zanzare, ma non riuscirono, e c’erano zanzare sugli uomini e sulle bestie. Allora i maghi dissero al faraone: «È il dito di Dio!». Ma il cuore del faraone si ostinò e non diede ascolto, secondo quanto aveva detto il Signore (Es 8,12-15). 4. I tafani Il Signore disse a Mosè: «Àlzati di buon mattino e presèntati al faraone quando andrà alle acque. Gli dirai: “Così dice il Signore: Lascia partire il mio popolo, perché mi possa servire! Se tu non lasci partire il mio popolo, ecco, manderò su di te, sui tuoi ministri, sul tuo popolo e sulle tue case sciami di tafani: le case degli Egiziani saranno piene di tafani e anche il suolo sul quale essi si trovano. Ma in quel giorno io risparmierò la regione di Gosen, dove dimora il mio popolo: là non vi saranno tafani, perché tu sappia che io sono il Signore in mezzo al paese! Così farò distinzione tra il mio popolo e il tuo popolo. Domani avverrà questo segno”» (Es 8,16-20). 5. La peste Allora il Signore disse a Mosè: «Va’ a riferire al faraone: “Così dice il Signore, il Dio degli Ebrei: Lascia partire il mio popolo, perché mi possa servire! Se tu rifiuti di lasciarlo partire e lo trattieni ancora, ecco, la mano del Signore verrà sopra il tuo bestiame che è nella campagna, sopra i cavalli, gli asini, i cammelli, sopra gli armenti e le greggi, con una peste gravissima! Ma il Signore farà distinzione tra il bestiame d’Israele e quello degli Egiziani, così che niente muoia di quanto appartiene agli Israeliti”». (Es 9,1-7). 6. Le ulcere Il Signore si rivolse a Mosè e ad Aronne: «Procuratevi una manciata di fuliggine di fornace: Mosè la sparga verso il cielo sotto gli occhi del faraone. Essa diventerà un pulviscolo che, diffondendosi su tutta la terra d’Egitto, produrrà, sugli uomini e sulle bestie, ulcere degeneranti in pustole, in tutta la terra d’Egitto». Mosè (Es 9,8-12) 7. La grandine Ecco, io farò cadere domani, a questa stessa ora, una grandine violentissima, come non ci fu mai in Egitto dal giorno della sua fondazione fino ad oggi. Manda dunque fin d’ora a mettere al riparo il tuo bestiame e quanto hai in campagna. Su tutti gli uomini e su tutti gli animali che si troveranno in campagna e che non saranno stati ricondotti in casa, si abbatterà la grandine e moriranno”» (Es 9,13-20). 8. Le cavallette Se tu rifiuti di lasciar partire il mio popolo, ecco, da domani io manderò le cavallette sul tuo territorio. Esse copriranno la superficie della terra, così che non si possa più vedere il suolo: divoreranno il poco che è stato lasciato per voi dalla grandine e divoreranno ogni albero che rispunta per voi nella campagna. Riempiranno le tue case, le case di tutti i tuoi ministri e le case di tutti gli Egiziani, cosa che non videro i tuoi padri, né i padri dei tuoi padri, da quando furono su questo suolo fino ad oggi!”» (Es 10,16). (Es 10,1-6). 9. Le tenebre Allora il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano verso il cielo: vengano sulla terra d’Egitto tenebre, tali da potersi palpare!». Mosè stese la mano verso il cielo: vennero dense tenebre su tutta la terra d’Egitto, per tre giorni. Non si vedevano più l’un l’altro e per tre giorni nessuno si poté muovere dal suo posto. Ma per tutti gli Israeliti c’era luce là dove abitavano (Es 10,21-29). 10. La morte dei primogeniti Mosè annunciò: «Così dice il Signore: Verso la metà della notte io uscirò attraverso l’Egitto: morirà ogni primogenito nella terra d’Egitto, dal primogenito del faraone che siede sul trono fino al primogenito della schiava che sta dietro la mola, e ogni primogenito del bestiame. Un grande grido si alzerà in tutta la terra d’Egitto, quale non vi fu mai e quale non si ripeterà mai più. Ma contro tutti gli Israeliti neppure un cane abbaierà, né contro uomini, né contro bestie, perché sappiate che il Signore fa distinzione tra l’Egitto e Israele. (Es 11,4-8). Israele liberato dal sangue dell’agnello. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d’Egitto: «Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Non lo mangerete crudo, né bollito nell’acqua, ma solo arrostito al fuoco, con la testa, le zampe e le viscere. Non ne dovete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato, lo brucerete nel fuoco. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne (Es 12,1-14). Il Faraone decide di lasciare partire il popolo del Signore. Cede, ma non crede. Si piega, ma non confessa la grandezza del Dio di Mosè. Si ostina nella sua incredulità. Dopo aver fatto partire Israele, vuole ricondurlo di nuovi in Egitto. Il popolo perde la fede. Mosè rassicura il suo popolo. Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani marciavano dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. E dissero a Mosè: «È forse perché non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? Che cosa ci hai fatto, portandoci fuori dall’Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto”?». Mosè rispose: «Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore, il quale oggi agirà per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli». (Es 14,10-14). Il grande prodigio: l’apertura e la chiusura del mar Rosso. Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare. Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!». Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra (Es 14,21-29). In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto, e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè suo servo. Il Faraone è sconfitto per sempre. Ma è forse nata la vera fede nel popolo del Signore? La storia successiva ci rivela che il popolo solo per un poco gusta i prodigi del suo Dio. Subito dopo si abbandona nuovamente alla non fede. È come se Dio dinanzi ad una nuova realtà storica fosse incapace di portare salvezza. Cosa è allora il segno e cosa sono i prodigi? Sono la manifestazione delle virtù divine, delle sue proprietà, della sua gloria, di ciò che lui sa fare e può operare. Osserviamo bene: Dio si rivela il Dio di ciò piccolo (zanzare, rane, mosche). Si rivela il Dio dell’infinitamente piccolo (ulcere, peste). Si rivela il Dio che governa le cavallette, la grande, le tenebre. Si rivela come il Signore di ogni vita e della stessa morte. Si rivela come colui che è capace di spaccare un Mare in due. Dove ogni forza dell’uomo si ferma, lì comincia la forza di Dio, la sua Onnipotenza. Chi è il Signore allora? È l’irresistibile, l’invincibile, il dominatore, l’inarrestabile, colui dinanzi al quale non vi potrà mai essere alcuna resistenza né degli uomini né della natura, sia essa visibile, invisibile, grande, piccola, assente, presente, vicina, lontana. Questi segni e questi prodigi sono tutti per Israele. È Israele che deve credere nel suo Dio, fidarsi di Lui, sapendo che ogni storia è governata dal suo Dio e Signore. Questa verità della Scrittura ci deve insegnare una grande verità: noi siamo per costruire la fede negli altri. Questo è errato. Noi siamo per costruire la fede nello stesso popolo di Dio. È il popolo di Dio che oggi è senza fede. Non sono i pagani coloro che devono essere edificati da noi nella fede. Siamo proprio noi chiamati ad aiutarci perché la fede si radichi e si sviluppi in pienezza di verità in ogni cuore. Il Faraone è morte e sepolto nelle acque del Mare Rosso. Sono finiti per questo i segni di Dio? Nient’affatto. Essi sono ora più necessari che mai. Seguiamo la storia nel suo successivo sviluppo. Le acque amare. Mosè fece partire Israele dal Mar Rosso ed essi avanzarono verso il deserto di Sur. Camminarono tre giorni nel deserto senza trovare acqua. Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara, perché erano amare. Per questo furono chiamate Mara. Allora il popolo mormorò contro Mosè: «Che cosa berremo?». Egli invocò il Signore, il quale gli indicò un legno. Lo gettò nell’acqua e l’acqua divenne dolce. In quel luogo il Signore impose al popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova. Disse: «Se tu darai ascolto alla voce del Signore, tuo Dio, e farai ciò che è retto ai suoi occhi, se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi, io non t’infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitto agli Egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce!». La manna 3 Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. Ma il sesto giorno, quando prepareranno quello che dovranno portare a casa, sarà il doppio di ciò che avranno raccolto ogni altro giorno» ( (Es 16,1-38). Le acque di Massa e Meriba Tutta la comunità degli Israeliti levò le tende dal deserto di Sin, camminando di tappa in tappa, secondo l’ordine del Signore, e si accampò a Refidìm. Ma non c’era acqua da bere per il popolo. Il popolo protestò contro Mosè: «Dateci acqua da bere!». Mosè disse loro: «Perché protestate con me? Perché mettete alla prova il Signore?». In quel luogo il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?» (Es 17,1-7). L’Alleanza al Sinai Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!» (Es 24,3-8). La violazione dell’Alleanza: fabbricazione del vitello d’oro e idolatria generale Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte, fece ressa intorno ad Aronne e gli disse: «Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa, perché a Mosè, quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto». Aronne rispose loro: «Togliete i pendenti d’oro che hanno agli orecchi le vostre mogli, i vostri figli e le vostre figlie e portateli a me». Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani, li fece fondere in una forma e ne modellò un vitello di metallo fuso. Allora dissero: «Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto!». Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: «Domani sarà festa in onore del Signore». Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento.(Es 32,1-6). La Mediazione di Mosè. Allora il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”» (Es 32,7-13). Da questo storia complessa si evince una sola verità: L’atto di fede mai è posto una volta per tutte. Se così fosse, vi sarebbe totale assenza di prova e di tentazione. Invece prova e tentazione sono il pane quotidiano dell’atto di fede. L’atto di fede si nutre si prove e di tentazioni. Le prove sono una difficoltà umanamente impossibile da superare, per cui è necessario l’intervento del Signore. Tutto il cammino del popolo del Signore nel deserto è una prova. La tentazione invece è voltare le spalle al Signore per cercarsi altri dèi e altri signori da servire, cui prestare ossequio, verso i quali celebrare i culto. Vera tentazione per il popolo fu la costruzione del vitello d’oro. Qui veramente si abbandonò il Signore. Si scelse come proprio Dio l’opera delle mani dell’uomo. Tutta la pastorale a cosa serve allora: ad edificare l’atto di fede nel cuore del discepolo del Signore. Vi è la pastorale verso i lontani e verso i vicini. Non c’è pastorale verso i lontani se manca quella verso i vicini. Mai vi potrà essere un atto di fede da parte dei lontani, se sono senza atto di fede quelli che vivono attorno all’altare. Sono proprio i vicini gli attori che devono suscitare l’atto di fede nei lontani. Se i vicini sono senza atto di fede, mai potranno essere veri attori verso i lontani. Il Papa deve suscitare il vero atto di fede in tutto i vescovi. Un vescovo deve suscitare l’atto di fede in tutti i presbiteri del presbiterio diocesano. Il presbitero deve suscitare l’atto di fede in tutti i battezzati della sua parrocchia. Ogni battezzato deve suscitare l’atto di fede in ogni uomo che incontra sul suo cammino. È evidente che se il Papa, il vescovo, il presbitero cadono come è caduto Aronne, tutto il popolo di Dio si immerge nell’idolatria. Un popolo idolatra mai potrà suscitare un solo atto di fede in un altro uomo. ha bisogno lui stesso di essere ricomposto nella sua fede. Ancora una volta nell’atto di fede si rivela l’importanza del Mediatore. Mosè, uomo ricomposto da Dio nell’atto della sua fede, scende dal monte e ristabilisce nuovamente il suo popolo nella vera fede. Se il Mediatore cade lui dalla fede, tutto il popolo perisce. Mosè per un istante cadde dalla fede. Il Signore dona a lui questa volta un segno potente perché mai più possa cadere. Lui deve essere pietra di stabilità, sicurezza, certezza perenne. Questa virtù si richiede al Mediatore. Mancava l’acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne. Il popolo ebbe una lite con Mosè, dicendo: «Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore! Perché avete condotto l’assemblea del Signore in questo deserto per far morire noi e il nostro bestiame? E perché ci avete fatto uscire dall’Egitto per condurci in questo luogo inospitale? Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non vigne, non melograni, e non c’è acqua da bere». Allora Mosè e Aronne si allontanarono dall’assemblea per recarsi all’ingresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria del Signore apparve loro. Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e parlate alla roccia sotto i loro occhi, ed essa darà la sua acqua; tu farai uscire per loro l’acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al loro bestiame». Mosè dunque prese il bastone che era davanti al Signore, come il Signore gli aveva ordinato. Mosè e Aronne radunarono l’assemblea davanti alla roccia e Mosè disse loro: «Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da questa roccia?». Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e il bestiame. Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: «Poiché non avete creduto in me, in modo che manifestassi la mia santità agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete quest’assemblea nella terra che io le do». Queste sono le acque di Merìba, dove gli Israeliti litigarono con il Signore e dove egli si dimostrò santo in mezzo a loro (Num 20,2-13). L’atto di fede mancato e i quaranta anni di vita del popolo del Signore nel deserto. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Manda uomini a esplorare la terra di Canaan che sto per dare agli Israeliti. Manderete un uomo per ogni tribù dei suoi padri: tutti siano prìncipi fra loro». Mosè li mandò dal deserto di Paran, secondo il comando del Signore; quegli uomini erano tutti capi degli Israeliti. Questi erano i loro nomi: per la tribù di Ruben, Sammùa figlio di Zaccur; per la tribù di Simeone, Safat figlio di Orì; per la tribù di Giuda, Caleb figlio di Iefunnè; per la tribù di Ìssacar, Igal figlio di Giuseppe; per la tribù di Èfraim, Osea figlio di Nun; per la tribù di Beniamino, Paltì figlio di Rafu; per la tribù di Zàbulon, Gaddièl figlio di Sodì; per la tribù di Giuseppe, cioè per la tribù di Manasse, Gaddì figlio di Susì; per la tribù di Dan, Ammièl figlio di Ghemallì; per la tribù di Aser, Setur figlio di Michele; per la tribù di Nèftali, Nacbì figlio di Vofsì; per la tribù di Gad, Gheuèl figlio di Machì. Questi sono i nomi degli uomini che Mosè mandò a esplorare la terra. Mosè diede a Osea, figlio di Nun, il nome di Giosuè. Mosè dunque li mandò a esplorare la terra di Canaan e disse loro: «Salite attraverso il Negheb; poi salirete alla regione montana e osserverete che terra sia, che popolo l’abiti, se forte o debole, se scarso o numeroso; come sia la regione che esso abita, se buona o cattiva, e come siano le città dove abita, se siano accampamenti o luoghi fortificati; come sia il terreno, se grasso o magro, se vi siano alberi o no. Siate coraggiosi e prendete dei frutti del luogo». Erano i giorni delle primizie dell’uva. Salirono dunque ed esplorarono la terra dal deserto di Sin fino a Recob, all’ingresso di Camat. Salirono attraverso il Negheb e arrivarono fino a Ebron, dove erano Achimàn, Sesài e Talmài, discendenti di Anak. Ebron era stata edificata sette anni prima di Tanis d’Egitto. Giunsero fino alla valle di Escol e là tagliarono un tralcio con un grappolo d’uva, che portarono in due con una stanga, e presero anche melagrane e fichi. Quel luogo fu chiamato valle di Escol a causa del grappolo d’uva che gli Israeliti vi avevano tagliato. Al termine di quaranta giorni tornarono dall’esplorazione della terra e andarono da Mosè e Aronne e da tutta la comunità degli Israeliti nel deserto di Paran, verso Kades; riferirono ogni cosa a loro e a tutta la comunità e mostrarono loro i frutti della terra. Raccontarono: «Siamo andati nella terra alla quale tu ci avevi mandato; vi scorrono davvero latte e miele e questi sono i suoi frutti. Ma il popolo che abita quella terra è potente, le città sono fortificate e assai grandi e vi abbiamo anche visto i discendenti di Anak. Gli Amaleciti abitano la regione del Negheb; gli Ittiti, i Gebusei e gli Amorrei le montagne; i Cananei abitano presso il mare e lungo la riva del Giordano». Caleb fece tacere il popolo davanti a Mosè e disse: «Dobbiamo salire e conquistarla, perché certo vi riusciremo». Ma gli uomini che vi erano andati con lui dissero: «Non riusciremo ad andare contro questo popolo, perché è più forte di noi». E diffusero tra gli Israeliti il discredito sulla terra che avevano esplorato, dicendo: «La terra che abbiamo attraversato per esplorarla è una terra che divora i suoi abitanti; tutto il popolo che vi abbiamo visto è gente di alta statura. Vi abbiamo visto i giganti, discendenti di Anak, della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste, e così dovevamo sembrare a loro». (Num 13,1-33). Allora tutta la comunità alzò la voce e diede in alte grida; quella notte il popolo pianse. Tutti gli Israeliti mormorarono contro Mosè e contro Aronne e tutta la comunità disse loro: «Fossimo morti in terra d’Egitto o fossimo morti in questo deserto! E perché il Signore ci fa entrare in questa terra per cadere di spada? Le nostre mogli e i nostri bambini saranno preda. Non sarebbe meglio per noi tornare in Egitto?». Si dissero l’un l’altro: «Su, diamoci un capo e torniamo in Egitto». Allora Mosè e Aronne si prostrarono con la faccia a terra dinanzi a tutta l’assemblea della comunità degli Israeliti. Giosuè, figlio di Nun, e Caleb, figlio di Iefunnè, che erano stati tra gli esploratori della terra, si stracciarono le vesti e dissero a tutta la comunità degli Israeliti: «La terra che abbiamo attraversato per esplorarla è una terra molto, molto buona. Se il Signore ci sarà favorevole, ci introdurrà in quella terra e ce la darà: è una terra dove scorrono latte e miele. Soltanto, non vi ribellate al Signore e non abbiate paura del popolo della terra, perché ne faremo un boccone; la loro difesa li ha abbandonati, mentre il Signore è con noi. Non ne abbiate paura». Allora tutta la comunità parlò di lapidarli; ma la gloria del Signore apparve sulla tenda del convegno a tutti gli Israeliti. Il Signore disse a Mosè: «Fino a quando mi tratterà senza rispetto questo popolo? E fino a quando non crederanno in me, dopo tutti i segni che ho compiuto in mezzo a loro? Io lo colpirò con la peste e lo escluderò dall’eredità, ma farò di te una nazione più grande e più potente di lui». Mosè disse al Signore: «Gli Egiziani hanno saputo che tu hai fatto uscire di là questo popolo con la tua potenza e lo hanno detto agli abitanti di questa terra. Essi hanno udito che tu, Signore, sei in mezzo a questo popolo, che tu, Signore, ti mostri loro faccia a faccia, che la tua nube si ferma sopra di loro e che cammini davanti a loro di giorno in una colonna di nube e di notte in una colonna di fuoco. Ora, se fai perire questo popolo come un solo uomo, le nazioni che hanno udito la tua fama, diranno: “Siccome il Signore non riusciva a condurre questo popolo nella terra che aveva giurato di dargli, li ha massacrati nel deserto”. Ora si mostri grande la potenza del mio Signore, secondo quello che hai detto: “Il Signore è lento all’ira e grande nell’amore, perdona la colpa e la ribellione, ma non lascia senza punizione; castiga la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione”. Perdona, ti prego, la colpa di questo popolo, secondo la grandezza del tuo amore, così come hai perdonato a questo popolo dall’Egitto fin qui». Il Signore disse: «Io perdono come tu hai chiesto; ma, come è vero che io vivo e che la gloria del Signore riempirà tutta la terra, tutti gli uomini che hanno visto la mia gloria e i segni compiuti da me in Egitto e nel deserto e tuttavia mi hanno messo alla prova già dieci volte e non hanno dato ascolto alla mia voce, certo non vedranno la terra che ho giurato di dare ai loro padri, e tutti quelli che mi trattano senza rispetto non la vedranno. Ma il mio servo Caleb, che è stato animato da un altro spirito e mi ha seguito fedelmente, io lo introdurrò nella terra dove già è stato; la sua stirpe la possederà. Gli Amaleciti e i Cananei abitano nella valle; domani incamminatevi e tornate indietro verso il deserto, in direzione del Mar Rosso». Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Fino a quando sopporterò questa comunità malvagia che mormora contro di me? Ho udito le mormorazioni degli Israeliti contro di me. Riferisci loro: “Come è vero che io vivo, oracolo del Signore, così come avete parlato alle mie orecchie io farò a voi! I vostri cadaveri cadranno in questo deserto. Nessun censito tra voi, di quanti siete stati registrati dai venti anni in su e avete mormorato contro di me, potrà entrare nella terra nella quale ho giurato a mano alzata di farvi abitare, a eccezione di Caleb, figlio di Iefunnè, e di Giosuè, figlio di Nun. Proprio i vostri bambini, dei quali avete detto che sarebbero diventati una preda di guerra, quelli ve li farò entrare; essi conosceranno la terra che voi avete rifiutato. Quanto a voi, i vostri cadaveri cadranno in questo deserto. I vostri figli saranno nomadi nel deserto per quarant’anni e porteranno il peso delle vostre infedeltà, finché i vostri cadaveri siano tutti quanti nel deserto. Secondo il numero dei giorni che avete impiegato per esplorare la terra, quaranta giorni, per ogni giorno un anno, porterete le vostre colpe per quarant’anni e saprete che cosa comporta ribellarsi a me”. Io, il Signore, ho parlato. Così agirò con tutta questa comunità malvagia, con coloro che si sono coalizzati contro di me: in questo deserto saranno annientati e qui moriranno». Gli uomini che Mosè aveva mandato a esplorare la terra e che, tornati, avevano fatto mormorare tutta la comunità contro di lui, diffondendo il discredito sulla terra, quegli uomini che avevano propagato cattive voci su quella terra morirono per un flagello, davanti al Signore. Di quegli uomini che erano andati a esplorare la terra sopravvissero Giosuè, figlio di Nun, e Caleb, figlio di Iefunnè. Mosè riferì quelle parole a tutti gli Israeliti e il popolo ne fu molto afflitto. Si alzarono di buon mattino per salire sulla cima del monte, dicendo: «Eccoci pronti a salire verso il luogo a proposito del quale il Signore ha detto che noi abbiamo peccato». Ma Mosè disse: «Perché trasgredite l’ordine del Signore? La cosa non vi riuscirà. Non salite, perché il Signore non è in mezzo a voi; altrimenti sarete sconfitti dai vostri nemici! Infatti di fronte a voi stanno gli Amaleciti e i Cananei e voi cadrete di spada, perché avete abbandonato il Signore e il Signore non sarà con voi». Si ostinarono a salire verso la cima del monte, ma l’arca dell’alleanza del Signore e Mosè non si mossero dall’accampamento. Allora gli Amaleciti e i Cananei che abitavano su quel monte discesero e li percossero e li fecero a pezzi fino a Corma (Num 14,1-45). L’atto di fede mancato e i settanta anni del popolo del Signore nella schiavitù di Babilonia. Il popolo della terra prese Ioacàz, figlio di Giosia, e lo proclamò re, al posto del padre, a Gerusalemme. Quando divenne re, Ioacàz aveva ventitré anni; regnò tre mesi a Gerusalemme. Il re d’Egitto lo destituì a Gerusalemme e impose alla terra un tributo di cento talenti d’argento e di un talento d’oro. Il re d’Egitto nominò re su Giuda e Gerusalemme il fratello Eliakìm, cambiandogli il nome in Ioiakìm. Quanto al fratello di lui, Ioacàz, Necao lo prese e lo deportò in Egitto. Quando divenne re, Ioiakìm aveva venticinque anni; regnò undici anni a Gerusalemme. Fece ciò che è male agli occhi del Signore, suo Dio. Contro di lui salì Nabucodònosor, re di Babilonia, che lo legò con catene di bronzo per deportarlo a Babilonia. Nabucodònosor portò a Babilonia parte degli oggetti del tempio del Signore, che depose a Babilonia nella sua reggia. Le altre gesta di Ioiakìm, gli abomini da lui commessi e ciò che risulta a suo carico, sono descritti nel libro dei re d’Israele e di Giuda. Al suo posto divenne re suo figlio Ioiachìn. Quando divenne re, Ioiachìn aveva diciotto anni; regnò tre mesi e dieci giorni a Gerusalemme. Fece ciò che è male agli occhi del Signore. All’inizio del nuovo anno il re Nabucodònosor mandò a prenderlo per deportarlo a Babilonia con gli oggetti più preziosi del tempio del Signore. Egli nominò re su Giuda e Gerusalemme suo fratello Sedecìa. Quando divenne re, Sedecìa aveva ventun anni; regnò undici anni a Gerusalemme. Fece ciò che è male agli occhi del Signore, suo Dio. Non si umiliò davanti al profeta Geremia, che gli parlava in nome del Signore. Si ribellò anche al re Nabucodònosor, che gli aveva fatto giurare fedeltà in nome di Dio. Egli indurì la sua cervice e si ostinò in cuor suo a non far ritorno al Signore, Dio d’Israele. Anche tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme. Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Allora il Signore fece salire contro di loro il re dei Caldei, che uccise di spada i loro uomini migliori nel santuario, senza pietà per i giovani, per le fanciulle, per i vecchi e i decrepiti. Il 18 Signore consegnò ogni cosa nelle sue mani. Portò a Babilonia tutti gli oggetti del tempio di Dio, grandi e piccoli, i tesori del tempio del Signore e i tesori del re e dei suoi ufficiali. Quindi incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi. Il re deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremia: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni». Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”» (2Cro 36,1-23). L’atto di fede mancato e la perdita di Israele della sua stessa verità di popolo del Signore. Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta (Mt 21,33-46). Allontanate dunque ogni genere di cattiveria e di frode, ipocrisie, gelosie e ogni maldicenza. Come bambini appena nati desiderate avidamente il genuino latte spirituale, grazie al quale voi possiate crescere verso la salvezza, se davvero avete gustato che buono è il Signore. Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura:Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso. Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo. Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia (1Pt 2,1-10). Quando finirà l’atto di fede? Esso non finirà mai. Esso dura per tutto il tempo della vita di un uomo. Una verità che urge mettere nel cuore è questa: ogni atto di fede nasce da un atto di fede. Dio fa sorgere l’atto di fede nel suo Mediatore. Il Mediatore deve far sorgere l’atto di fede in ogni altro uomo. Ogni uomo nel cui cuore è sorto l’atto di fede deve impegnarsi perché esso sorga in altri cuori. Mai potrà sorgere un atto di fede da un cuore che non ha fatto esso stesso l’atto di fede. L’atto di fede posto una volta non basta perché si cammini nella fede per tutta la vita. Questa ultima regola vale per ogni sacramento: battesimo, cresima, eucaristia, penitenza, matrimonio, ordine sacro, unzione degli infermi. Urge chiedersi: perché il matrimonio e il sacerdozio falliscono? Perché l’atto di fede iniziale non è stato aiutato nel suo farsi continuo. Perché il battesimo e la cresima falliscono? Perché l’atto di fede è stato posto una sola volta, mai più poi è stato rinnovato. Perchè la nostra vita cristiana fallisce? Perché non vi sono ripetuti atti di fede e perché mancano i veri mediatori di essi. Ognuno ora sa cosa manca alla sua vita: un rinnovato, perenne atto di fede. Manca anche un grande mediatore che aiuti a farlo ogni volta che viene meno.