Giovanni Borraro 99 GIOSE E IL JAZZ L`arrivo in taxi in tarda serata

Giovanni Borraro
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GIOSE E IL JAZZ
L
'arrivo in taxi in tarda serata alla residenza di Pompano Beach, vicino
Miami, in un palazzo che sembrava un albergo con tanto di portiere,
registro delle presenze, sauna e campo da tennis. Con quel silenzio
secco, quei fruscii impalpabili tipici di un albergo. Anche l'interno
dell'appartamento appariva, a detta anche dello stesso Giose, neutro come i
quadri alle pareti scelti proprio per non lasciare alcun segno profondo e,
tuttavia, affissi per non far sentire vuoti. La tavola imbandita con una caprese,
il vino, l'accoglienza calorosa e semplificatrice, il dialogo lungo, il vivo
interesse verso me e il mio compagno di viaggio. Poi, la sua lunga clausura
nella toilette con la mia tesi. Ci addormentammo esausti e la mattina, appena
sveglio, ero in attesa di un suo giudizio, ma nello stesso tempo temevo di non
essere stato all'altezza. Giose ci accolse con tutta la gentilezza che sapeva,
tutta quella consentita a tre uomini eterosessuali che vivono sotto lo stesso
tetto e che non amano lasciarsi andare a grandi gesti di fratellanza: la tesi gli
era piaciuta e questo mi bastò, non volevo saperne di più. Volevo sapere dei
suoi tanti incontri, primo fra tutti quello con Pavese e poi quello con
l'America, il jazz, i grandi miti della mia adolescenza. Pendevo letteralmente
dalle sue labbra, i suoi ritmi lenti, la sua capacità affabulatoria era totale.
Diedi un'occhiata alla guida dei programmi televisivi e vidi, ad orari
differenti, dei cerchietti fatti con un pennarello: erano programmi sportivi e ci
scoprimmo entrambi amanti del tennis. Gli piaceva Agassi, lo conosceva
anche di persona!
Tutto mi sembrava così semplice, era come stare con un vecchio amico.
Non avvertivo imbarazzi, nessun timore reverenziale. C'era un'atmosfera
casual in cui mi muovevo completamente a mio agio. I discorsi ogni tanto
cadevano sul jazz. Giose mi parlò con entusiasmo di Bix di Joe Venuti e di
Eddie Lang. Era un vortice continuo stargli vicino, un'energia inesauribile, il
continuo emergere di ricordi e soprattutto di progetti. E in alcuni di questi
progetti mi trovavo incredibilmente coinvolto anche io. Forte solo della mia
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sfrontatezza beneficiavo di attenzioni insperate. La testimonianza ad hoc è
che oggi posso scrivere di Giose e di ciò che più mi ha incuriosito: il jazz. Il
rapporto fra Giose Rimanelli e la musica jazz è profondo, complesso ed
arcano. È mia intenzione, tuttavia, cogliere le connessioni, le similitudini, le
intersezioni fra i due elementi oggetto di questo studio.
Partiamo proprio dalle parole Giose e Jazz. Già ci imbattiamo in due
macigni refrattari ad ogni definizione. Giose non è un nome comune, Giose
non può festeggiare il suo onomastico: è un nome nuovo, sorto quasi
spontaneamente dalla fusione di più culture. Non è Giuseppe, non è Joseph e
non è nemmeno José: è una parola nuova, prima di lui non esisteva. E mi
torna in mente una frase di Gabriel Garcia Marquez all'inizio di Cent'anni di
solitudine: ci fu un tempo in cui "il mondo era così recente, che molte cose
erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito". Giose è il
nome di un bambino nato in Italia, ma da genitori con una storia di
emigrazione americana alle spalle. L'America, ο meglio il Nord America, ο
meglio ancora gli Stati Uniti, hanno avuto un tale crogiuolo di etnie, una tale
multi-culturalità, da creare i presupposti per qualcosa di veramente nuovo e il
jazz ne è la testimonianza più peculiare.
Jazz è una parola nuova come Giose. L'etimologia di jazz è incerta ma dal
significato in origine presumibilmente osceno ο comunque spregevole, forse
un'onomatopea. Ci sono delle parole che vengono inventate dagli scienziati e
che hanno un significato ben definito; ma ce ne sono altre nate quasi per caso
e che vengono usate e cambiano di significato spontaneamente. La parola
jazz è una di queste. È difficile definire il jazz proprio perchè cambia
continuamente. Che rapporto c'è, per esempio, tra Louis Armstrong e l'acidjazz? Dinanzi ad interrogativi imbarazzanti come questo può essere
illuminante leggere la diagnosi rilasciata dal tenente medico dell'esercito
sulla cartella clinica di Lester Young, grande sassofonista e "complemento
strumentale" di Billie Holiday: "Stato costituzionalmente psicopatico,
manifestantesi attraverso dipendenza da sostanze stupefacenti (canapa
indiana, barbiturici), alcolismo cronico e tendenza a vivere senza fissa
dimora...Problema puramente disciplinare". Come un ripensamento, quasi
una sintesi, aggiunse: "Jazz" .
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Proprio come il jazz, anche Giose Rimanelli sfugge ad ogni definizione
poiché continuamente mutevole; ma forse proprio in questo è la sua forza, la
loro forza, di Giose e del jazz: la forza di mettersi sempre in discussione e di
essere aperti sempre a nuovi stimoli, pronti al cambiamento, refrattari agli
schemi castranti.
L'iniziatore di Giose al jazz è stato suo nonno materno, Tony "Slim"
Dominick, "ombrellaio pazzo e suonatore di tromba", fra i protagonisti
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Natura morta con custodia di sax, di Geoff Dyer, Torino: Instar Libri, 1996, p. 30.
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reinventati di Una posizione sociale del 1959 e protagonista assoluto di
Nonno Jazz, la prima parte del recentissimo Familia. Nonno Jazz assistette al
massacro di New Orleans nel 1891 e rimase fortemente traumatizzato da
quest'evento. Successivamente si trasferì a St. Louis, imparò a suonare la
tromba e lavorò negli show-boats, gli spettacoli che si tenevano nei battelli
sul Mississippi per poi approdare in Italia negli anni '20.
Giose lo ricorda affettuosamente mentre si commuove fino alle lacrime
ascoltando i primi brani incisi di musica jazz come Tiger Rag, High society ο
St. James Infirmary. La musica, il suonare la tromba, distoglieva il nonno
dall'orrore dei ricordi sanguinosi; aveva bisogno di non restare mai solo con il
sonno ed il buio e si circondava di amici e suonava a più non posso. E
suonava soprattutto blues.
Ecco come Giose ricorda il nonno che attaccava un blues in do:
"Incomincio con un'infilata di note in do. Poi scivolo sull'accordo di settima
di fa. Lui chiamava quest'esercitazione break. Break significa, letteralmente,
interruzione. Per lui significava anche introduzione. Spesso incominciava in
quel modo. Succedeva quando sentiva arrivare in casa la pazzia della
solitudine, e gli amici non erano arrivati" .
In fondo Nonno Jazz "voleva solo suonare la tromba, stare in pace" . Il
romanzo di Giose Una posizione sociale non solo aveva fra i protagonisti un
trombettista jazz, ma aveva in allegato un 45 giri con 4 brani di musica jazz
composti dall'autore in stile dixieland e suonati dall'Original Lambro Jazz
Band . In appendice si trovava inoltre un glossario con i termini tecnici usati
e quasi tutti erano inerenti al jazz. L'idea di allegare al libro, nel lontano
1959, un 45 giri, è stata formidabile. In questo senso Rimanelli è stato
davvero un precursore della multimedialità.
Rimanelli ha contribuito senza dubbio alla diffusione del jazz in Italia
poiché nel 1954 è stato il primo, e lo ricorda egli stesso con orgoglio, a
proporre, in un quotidiano come La Gazzetta del Popolo di Torino, una
colonna critica settimanale dedicata al jazz .
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Una posizione sociale, Firenze: Vallecchi, 1959, p. 67.
Familia.Memoria dell'Emigraziione, Isernia: Cosmo Jannone Editore, 2000, p. 39.
Formazioni della Original Lambro Jazz Band per Una posizione sociale. I quattro brani furono
registrati il primo giugno 1959 a Milano (dati fornitimi gentilmente dal Maestro Jack Russo, che
per anni ha suonato il banjo nella Originai Lambro Jazz Band). In Lost Baby Blues Herman
Mayer: tromba; Francesco Cavallari: trombone; Renato Gerbella: clarinetto; Carlo Manto:
pianoforte; Mario Pratella: banjo; Raffaele Linares: sassofono; Claudio Clerici: batteria. In
Parish Prison Blues Peppino Ferrario sostituisce Mayer alla tromba, Mario Pratella suona la
chitarra e Raffaele Linares suona il contrabbasso. In Pink Red and Blue ci sono alla tromba sia
Mayer che Ferrario e Pratella è alla chitarra. In Οl' Man in Kalena alla tromba e al canto c'è
Enrico Ambrogi e Pratella è al banjo. Allego in appendice (p. 104) una mia trascrizione del tema
di Parish Prison Blues, eseguito alla tromba da Herman Mayer.
Tragica America, Genova: Immordino Editore, 1968, p. 168, nota 1.
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Giose si è trasferito negli Stati Uniti nel marzo del 1960. Da allora ad oggi
l'interesse verso il jazz è stato in continua crescita.
Non si può' vivere negli States senza avere un rapporto, sia pure subliminale,
col jazz.
Giose ha vissuto l'America profondamente. L'ha girata in ognidove.
Da una conoscenza così vasta dell'America non può che scaturire un
rapporto altrettanto articolato col jazz. In Tragica America c'è un interesse
sociologico per il jazz degli anni '60. Soprattutto il jazz che negli anni '60
ispirava i grandi scrittori come Jack Kerouac: il be-bop di Charlie Parker che
in realtà aveva avuto la sua fase propulsiva negli anni '40. Giose ha
conosciuto Kerouac personalmente ed ha tradotto dall'inglese all'italiano una
sua lirica dedicata proprio a Charlie Parker.
Come storico del jazz Giose ha ricercato direttamnete sul campo, come è
nel suo stile. Ha conosciuto personalmente a Philadelphia i discendenti di
Eddie Lang, il grande chitarrista degli anni '20 di origine molisana. Si è
spinto fino a Reno, Nevada, per intervistare Ketty, la moglie di Eddie. Su
Lang ha raccolto molto materiale ed ha pubblicato anche uno studio: The Guy
with the Guitar .
Come organizzatore Rimanelli è stato uno dei promotori del Festival di
Monteroduni, paese di origine della famiglia di Salvatore Massaro, vero
nome di Eddie Lang.
Giose non è interessato solo al jazz, ma anche ai suoi derivati, primo fra
tutti la black-music. Vicende personali si intrecciano in questo caso a quelle
di gusto propriamente musicale. La culla della black-music è infatti Detroit,
la città, dove sono emigrati quasi tutti i familiari di Giose. A Detroit c'è la
Motown, la casa discografica che produce tanti artisti del soul e del
rhythm&blues come Marvin Gaye, Diana Ross e soprattutto Stevie Wonder.
Detroit Blues è il romanzo di Giose più intriso di jazz e di black-music. Il
protagonista è infatti un chitarrista jazz con forti influenze blues.
Infine il recente Jazzymood è proprio, secondo le parole dello stesso Giose,
"un mio testamento lirico di ispirazione a tutto campo verso il senso, l'umore
e la gioiosa riflessione che favorisce questa musica", il jazz. Da Jelly Roll
Morton, pioniere del jazz classico, a Charlie Parker, grande innovatore degli
anni '40.
Ogni settore della produzione di Rimanelli ha rapporti col jazz. C'è jazz nei
romanzi, nelle poesie e nei saggi. I riferimenri diretti al jazz sono
numerosissimi, ma soprattutto mi semba che Giose assuma, nei confronti
della sua vita e della sua arte un costante atteggiamento jazzistico.
I musicisti per me più rappresentativi dell'atteggiamento jazzistico sono
Chet Baker e Dexter Gordon: hanno vissuto la propria arte con un'intensità
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Cfr. Vice Versa, n. 21 (novembre 1991), Montréal, Canada.
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esclusiva. Chet diceva di suonare ogni chorus come se fosse l'ultimo. Dexter
ringraziava il pubblico alla fine di ogni pezzo mostrando semplicemente il
suo strumento, il sax tenore, ed inchinandosi leggermente.
Baker e Gordon mi fanno pensare al fumetto Linus: lo strumento era la loro
"coperta" durante una vita raminga tra un club e una sala da concerto.
Giose assume un atteggiamento jazzistico dichiarandosi come posseduto
dall'arte e svincolato da tutto il resto. L'atteggiamemto jazzistico è aperto
anche a visioni scorate ed infatti scrive: "Non si può trascorrere Natale in
nessun posto se si è -come io s o n o - uprooted, sradicato. È per questa
ragione, forse, che a volte ho la sensazione di vivere non vivendo in alcun
posto, di vivere non avendo un posto in cui vivere, e che la realtà, il concreto
quotidiano, sfugga alla mia percezione" .
Ma sentirsi sradicati può anche dare una sensazione di grande libertà: "È
per questo piacere di non avere veri legami che la mattina me ne esco tutto
solo e torno a casa la sera" . E ancora lo stesso concetto espresso liricamente
come lui sa, "La mia vita è in nessun luogo: sono un alito nel mondo. La
passione mi travolge, mi rigenera di fuoco" .
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Pompano Beach, Florida
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Tragica America, op. cit., p. 144.
Ibid., p. 124.
Dalla "Ballata di Joe Selimo", in Moliseide and Other Poems, Brooklyn, N. Y.: Legas, 1998.
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APPENDICE
Parish Prison Blues
(Music and lyrics by Giose Rimanelli)