La villa di Mamurra sul promontorio di Giànola Salvatore Ciccone Giànola tra erudizione e archeologia Nel settecento si interessarono alle antiche vestigia il Pratilli e il Gesualdo i quali, in brevi cenni e senza altro elemento che la tradizione, sostennero l'attribuzione dei ruderi ad un santuario di Giano con antistanti bagni,collegato ad una strada selciata diretta alla via Appia. Solo nel l845 appariva litografata la singolare pianta ottagonale del Tempio di Giano in un saggio di Pasquale Nattej, dove si identificava l'antico complesso delle costruzioni con una sontuosa villa. Le peculiarità dell’edificio sono evidenziate nei seguenti brani descrittivi: “ Un’ampiaampia sala di forma ottagonale coperta da volta, nel centro sorretta da solido pilastro della stessa figura, costituisce di tutto l'edificio la parte principale. In essa niuno benché minimo spiraglio si mostra [ ...]. Lavorata a musaico è industriosamente Il promontorio di Giànola, estremità orientale del golfo di Gaeta era un tempo di difficile accesso dalla via Appia, che corre oltre due chilometri a settentrione. Era perciò frequentato da contadini e pescatori di Formia e di Scauri, che hanno fissato nella favola popolare imprese ed aspetti soprattutto per i misteriosi ruderi occultati dalla vegetazione: il Tempio di Giano, le "Trentasei Colonne” e la Grotta della Janara, della s trega, malefica eremita dei luoghi solitari aspri e selvosi. La volta a fondo bianco, in cui son simmetricamente condotte un gran numero di stelle delle quali la preziosa o fragile materia si staccava lasciando però visibili gli incastonamenti. Adornava il pavimento un altro ma più pregevole musaico distrutto assolutamente dal tempo [ ... ]. Nello spazio del pavimento che fra l'ingresso intercede ed il pilastro del centro esiste una vasca quadrilunga ch'esser dovea lastricata e fregiata di finissimi marmi; e scavate parimenti nel suolo, ma nel destro e manco lato, son due pile di figura circolare, di cui quella a destra comunica con la vasca grande per un piccolo canale, che prima era dal pavimento stesso ricoperto; attualmente ingombri di pietre e di terreno i descritti recipienti di acqua (che per tali uopo è che si riconoscano a fior d'ingegno), a noi non permisero di scovrire se con sotterranei meati avesser potuto aver relazione con l'esterne fabbriche. [ ... J La stessa ottagonale figura è serbata generalmente nel resto dell'edificio, che la suddetta sala circonda [ ... ] e vien formato questo da un porticato di otto stanze che si conseguitano e comunican fra loro per via di porte laterali regolarmente negli otto angoli distribuite. Ciascuna di queste stanze altra nell'estremità ne racchiude [ ... ] e chiusa in quel lato che immette nel portico da muro condotto a semicircolo". Su questa zona già allora diruta e invasa da fitta vegetazione, è opportuno riportare la testimonianza di Mattej riguardo ad altri due aspetti del monumento: "Ciò non ostante ascender volli sulla volta della sala ottagona, il cui pavimento è un composto durissimo [ ... J formato d'infranti mattoni assodati con cemento e nella superficie levigati, impenetrabili all'acqua. Nel modo stesso era condotto il pavimento del sottoposto portico, come è visibile dai frammenti. [ ... l Nel posteriore della descritta interna sala, volto tra il nord e l'est si scorge l'ingresso di quest'edificio, nella parte esterna fregiato, per quel che additano gli avanzi, di colonne, di frontespizio e di corrispondente stereobato e scalini". Nello studio storico- topografico della zona risaltano alcune indicazioni toponomastiche, a partire da quella stessa di Giànola. In una pergamena del 1328 è menzionato un certo "Andrea de dicto loco Janule dicto [ma]Murra[n]us", nome oggi limitato alla vasta area posta a 2 km a nord del promontorio. Del luogo si fa menzione già nel 1071, per una donazione al monastero cassinense di appezzamenti di terreno nel territorio del Castro d'Argento di cui uno era nel "mommoranu". Quel castello sorgeva sull'altro piccolo promontorio tra Giànola e la foce del Garigliano, del quale nel 945 sono tracciati i limiti delle sue pertinenze che potevano comprendere solo il promontorio di Giànola, evidenziando l'antica duplicità toponomastica. Nel 1908 venne documentata nel cuore del Mamurrano un'epigrafe con il cognomen Mamurra, fornendo una prova che questo fosse il praedium per vastità citato da Orazio (Satire. 1,5,37) come Mamurrarum urbs a sinonimo di Formia. Mamurra era il cavaliere formiano arricchitosi enormemente come prefetto dei genieri e socio di Cesare nelle campagne militari e del quale Plinio (Storia naturale. 36, 48) ricorda lo sfarzo della casa sul Celio, prima in Roma decorata di marmi. Il paesaggio e l'architettura della villa Giànola e il Monte di Scàuri (120 m s.l.m.) costituiscono un circoscritto complesso orografico tutto indicato come promontorio di Giànola, specifico alla zona interessata agli estesi ruderi romani in cui la tradizione individua un Tempio di Giano, allungata tra il mare e la piana retrostante, limitata ad occidente verso Formia dalla foce del Rio Santa Croce che la separa dalla spiaggia di Santo Janni e verso oriente dalla profonda insenatura del porto di Giànola, con i resti pertinenti di una piscina inglobati in un approdo moderno; il promontorio termina con l'appendice di monte D'Oro sulla spiaggia dell'antico borgo di Scàuri, dove un'altra villa romana sorta su più antiche mura megalitiche viene attribuita al censore Marco Emilio Scauro. Il versante meridionale del promontorio, accidentato. esposto all'inclemenza del sole e dei venti marini, risulta particolarmente asciutto e ricoperto da macchia aromatica talora modellata dal vento in forme bizzarre. Nella parte continentale a dolci pendii, l'apporto di umidità indotta dal mare favorisce l'estendersi della selva in cui si afferma la quercia da sughero. Il luogo è gradevole per il clima e per il suggestivo aspetto arcano e solitario, vera e propria isola verde nella dilagante e disordinata avanzata delle opposte periferie di Formia e di Scàuri, provvidenzialmente eretto nel 1987 come "Parco regionale suburbano di Gianola e del Monte di Scauri". Il rilievo delle rovine di Giànola ha restituito la planimetria di un complesso edificato esteso 600 m in lunghezza e 150 in profondità, distribuito su tre terrazze principali digradanti dalla sommità al mare e in due ali speculari rispetto ad un asse ideale passante per l'edificio ottagonale. Lunità del progetto è delineata da una tecnica costruttiva omogenea di epoca tardo-repubblicana nella quale si inseriscono adattamenti del I secolo d.C. Il tipo e la distribuzione delle varie parti funzionali, il carattere delle decorazioni, i motivi ambientali qualificano un impianto residenziale inconsueto per estensione in rapporto all'epoca e per originalità del disegno a schema aperto, a terrazze e a portici. Pianta dell'edificio ottagonale disegnata da P Mattej, pubblicata nel 1845 sul Poliorama Pittoresco. I percorsi in gran parte erano rappresentati da portici con colonne strutturate in opus testaceum, in funzione del paesaggio e di frangivento, che conferivano imponenza all'insieme. Costituivano la caratteristica preminente di questa residenza estesa in lunghezza, insieme a terrazze su dislivelli notevoli, collegate con scale audaci, come quella coperta che la tradizione popolare chiama "Grotta della Janara" di aspetto rupestre simile alle "Domus de Janas" sarde: la parte superstite rettilinea, sul ripido pendìo che separa il piano della scogliera da quello mediano, ha la rampa intagliata nella viva roccia e volte a botte sfalsate formano lucernari con spallette su piattabande. La presenza cospicua di architetture e idrauliche funzionali e ornamentali contrasta oggi con la natura arida dei luoghi, e richiama l'originaria copiosità delle acque, presenti ora solo in numerose sorgenti sottomarine. Due cisterne sono comprese nella terrazza mediana con analoghi caratteri costruttivi: all'esterno in spesso cementizio ad opus incertum e all'interno gettate in opus signinum. Ad oriente quella "maggiore" conserva tracce dei pilastri quadrati nonché delle volte su uno dei setti di ripartizione. Al centro la "Trentasei Colonne" è invece quasi integra, incassata nella roccia e di modesta altezza, in realtà con trentadue pilastri quadrati a sostegno L'ambulacro dell'edificio ottagonale nel settore nord-est, disegno di P Mattej, pubblicato nel 1845 sul Poliorama Pittoresco . (fototeca s. ciccone)f, Pianta della villa di Giànola: 1. musaeum cosiddetto Tempio di Giano: 2. cisterna cosiddetta Trentasei Colonne; 3. scala coperta cosiddetta Grotta della Janara; 4. canale ornamentale; 5. cisterna maggio-re e contiguo horreum; 6. castellum acquae e triclinio invernale; 7. fontane a nicchia; 8. balneum (S. Ciccone, 1987, 1996) di embrionali crociere e rivestita fin oltre le imposte di cocciopesto. La capacità di quest'ultima ammonta a circa 220 mc, mentre quella "maggiore" ne poteva contenere 900. All'estremità orientale del piano edificato prossimo aUa scogliera, è presente una torre di carico e distribuzione o castellum aquae, in opera incerta, all'interno circolare con volta anulare su pilastro centrale, alimentata da una condotta a pelo libero, in parte su archi, derivante da un vicino ipogeo rupestre. La parte centrale del medesimo piano, a costruzione molto articolata, è delimitata specularmente da due fontane decorative a nicchia che dimostrano la capacità dell'approvvigionamento idrico. In questa zona è inserito un balneum, alimentato dalla corrispondente cisterna "Trentasei Colonne", risaltato dalle possenti strutture di un bacino rettangolare condotto trasversalmente sulla scogliera in direzione nord-sud e concluso a monte da un'esedra semicircolare. Resti di ipocausti e di tubi fittili per intercapedini riscaldate qualificano l'ambiente come calidarium; il raddoppio scatolare dei muri laterali consentiva di contenere le spinte di una grande volta cilindrica. Immediatamente ad oriente vi è un bacino più piccolo e profondo, con struttura intagliata nella roccia e grande condotto immissario voltato, nel quale i riconosce un frigidarium. Sul pianoro ad oriente dell'edificio ottagono era inserito un canale ornamentale o euripus (75x5.30 m, profondità l m) della capienza di circa 390 mc, ben identificabile nei muri d'argine gettati in opus signinum all'interno rivestiti di cocciopesto. All'estremità orientale del bacino vi sono i resti di uno sfioratore da cui partiva un condotto emissario diretto alla cisterna "maggiore"; il condotto adduttore era all'opposta estremità vicino all'edificio ottagono, situato un paio di metri più in alto del fondo del bacino. Proprio nella sala ottagonale sono state osservate alcune vasche che suggeriscono qui l'opera di captazione di una sorgente, acclarata !'impossibilità di un rifornimento idrico artificiale. La terrazza più bassa della villa si trova esposta all'azione del mare anche se di non eccessiva potenza. Risultano dilavate o erose ampie zone edificate fino alle fondamenta, talvolta scomparse con intere porzioni di suolo, per la qual cosa non si può ammettere la praticabilità di queste costruzioni senza una sostanziale diversità della costa antica. La spiegazione è nelle strutture superstiti che hanno una positura in pendenza con strapiombo di circa il due per cento, e fanno individuare una risultante di moto diretta a sud come il verso di immersione degli strati di conglomerato pliocenico, sovrapposti in equilibrio instabile ad argille e alle rocce profonde mesozoiche dei monti Aurunci. Il loro slittamento subitaneo, Scala coperta cosiddetta Grotta della Janara dopo i restauri del 1995. (Fototeca S. Cicconre) evidente anche nella disposizione delle macerie, ha determinato lo sprofondamento di una parte della costa e l'estinzione di una sorgente diaclasica sulla sommità della collina. La piattaforma sommersa fino ad una cinquantina di metri davanti la villa, da uno a due metri di profondità, dev'essere stata il supporto di un'antica spiaggia sassosa che dal capo della Torre di Giànola doveva l'accordarsi al lido occidentale ben più largo dell'attuale, rilevabile dal materiale impiegato nelle malta delle murature con ghiaia marina di origine locale e frequenti frammenti di conchiglie. In que-' sta situazione doveva anche formarsi un ambiente lagunare nell'ansa del promontorio grazie al copioso apporto del Rio Santa Croce: questa parte del lido è detto ancora oggi "Pescinola" perché un più recente tombolo formava un pantano. Resta spiegata l'edificazione in questa parte così litoranea in rapporto al progetto del complesso residenziale, del quale si coglie la pregnanza di significati nei riferimenti fatti ai luoghi da Catullo nel carme 114: "Mamurra non a torto è ritenuto ricco per la vasta tenuta del Formiano (non "Firmano", nella corretta interpretazione del testo). Egli ha da parte sua tante cose singolari, caccia per uccelli di ogni specie, pesci, prati, pascoli e animali (aucupia omne genus, piscis, prata, arva ferasque). Non c'è nulla da fare: il guadagno supera le spese [ ... ]". Nel carme 115 è ironicamente più preciso: Interno della cisterna cosiddetta Trentasei Colonne. (Fototeca S. Cicconre) "Mamurra ha più di trecento iugeri di prato, quaranta di campi arati, il resto è mare. Perché non potrebbe superare in ricchezze Creso uno che di un grandissimo territorio dagli innumerevoli aspetti possiede ogni bene, prati. campi, e selve, e paludi (in saltu totmoda possideat. prata, arva, ingentis silvas saltusque paludesque) dagli Iperborei al mare e all'Oceano?". Il concetto di vastità e di varietà del paesaggio così espresso corrisponde ai contenuti della tradizione. Giànola o "Janula" deriva dal nome che i contadini latini davano a Diana, assumendo nel Medioevo il significato di strega dalle qualità attribuite alla dea, "vergine triforme", siderea, terrestre e ctonia, patrona delle pratiche magiche, la cui perenne verginità e giovinezza erano simbolicamente espresse dalle querce a chiome sempreverdi. Era protettrice dei boschi e della caccia, assimilata alla greca Artemide, spaziante per i luoghi selvaggi dalle cime dei monti alle selve e ai pascoli al limite dei campi coltivati, ai confini tra le città, verso il mare, paludi o laghi, le greche eschatìai: le terre estreme. Tali erano, e sono, le pendici del promontorio, solitarie e coperte dalle sughere, prossime a paludi, dalla costa impervia inoltrata nel mare, al limite della pianura e a cavallo del confine tra Formiae e Minturnae. L'edificio ottagono polo dei significati Nel progetto della residenza il punto fondamentale è l'edificio ottagonale che, orientato con i lati ai punti cardinali e centro dell'asse di specularità della villa, assegna una rispondenza astronomica a tutta la composizione. Le direzioni delle orditure in diretto rapporto di misura con l'edificio formano in diagramma una coppia di as i tra quelli cardinali di cui fa parte quello di specularità in direzione nord-est-sud-ovest, dal quale due quadranti sono rispettivamente ruotati con divergenza di 15 gradi. Lo schema coincide con la "rosa dei venti", ottenuta con l’opposizione di quattro triangoli equilateri, usata dagli antichi astronomi (Vitruvio, De architectura, 1,1,16;5,61-7,1), per il quale risultano esclusi i venti freddi settentrionali, in effetti schermati dal crinale della collina, e individuate zone d'uso stagionale: invernale quella intorno a sud-est, intensamente soleggiata con venti caldi; estiva quella intorno ad ovest-nord-ovest, di media esposizione con venti freschi; il settore centrale sud-ovest con irraggiamento costante, minima variazione di temperatura e con venti caldo-umidi, corrispondente all’area dell'impianto termale. Area del balneum risaltata dalla struttura quadrangolare del Calidarium . Il complesso residenziale rivela quindi (Fototeca S. Cicconre) una matrice compositiva stellare, derivata e conservata dalla configurazione dell'edificio ottagonale posto come polo gravitazionale e significativo, nell'obiettivo di armonizzare il progetto alla natura e alle sue manifestazioni, coniugando rigorosi principi astronomici e geometrici alla morfologia dei luoghi, sfruttando anche l'andamento delle rocce a parti integranti delle costruzioni, rendendo il disegno intellegibile rispetto alla vasta scala di sviluppo. Dopo gli eventi dell'ultimo conflitto, l'edificio ottagonale è oggi' un cumulo di grossi frammenti, parte dei quali confrontabili e restituibili alla loro positura origina ripartendo dai disegni del Mattej, come i catini absidali dei settori nord-ovest e sud-ovest, nord-est ed est, i muri e le volte delle strutture radiali e della sala centrale. Tra gli elementi di verifica i frammenti di volta della sala ottagona a mosaico realizzato con tessere di lucente marmo bianco sinnadico. Direzioni delle principali strutture della villa (in tratteggio),riferite ad un centro (1), ricondotte a quelle teoriche (2), relazionate all’anticaRosa dei Venti (3) e comparate con il diagramma annuale di soleggiamento (4): si individua a destra la zona invernale e asinistra quella estiva. (S Ciccone, 1987) Spigolo dell'edificio ottagonale intagliato nella roccia con la connessione del muro interno. (Fototeca S. Cicconre) Del perimetro solo la base del lato nord-ovest è interamente visibile, perché intagliato nella roccia insieme agli spigoli isolati da stretti anditi e con i setti radiali, come pure parte del lato ovest dove vi è la connessione dell’ambiente absidato; nessun'altra apertura è presente nell’elevato che nello spigolo ovest-nord-ovest raggiunge 1.40 m dall'attuale piano di campagna. Il lato è lungo 14.20 m, pari a 48 piedi romani (un piede 0.2957 m) a definire un ottagono che misura sul doppio apotema 34.30 m (116 piedi) e sul diametro 37 m. Laltezza tra il piano esterno antico del versante ricavato nella roccia e il solaio dell'edificio sul corrispondente catino absidale in sede è di 5 m (17 piedi = 5.02 m), insufficiente alla proporzione delle absidi se non si ammette un calpestìo interno seminterrato su diversi livelli, in coerenza con l'opera di approfondimento e d'intaglio del piano di spiccato. Il modello restitutivo è elaborato sulla ricerca dei lavori armonici del progetto attraverso l'individuazione del modulo, misura elementare che Vitruvio (De architectura, l, 2; 6, 2) ritiene fondamentale alla realizzazione delle corrispondenze "simmetriche". Questa grandezza appare originata dal lato dell'ottagono, dal quale si parte per la determinazione del centro del poligono mediante circonferenze progressive in rapporto radice di due e tra le quali si individua una coppia di segmenti A di 10 piedi (2.95 m) e B di 7 piedi (2.07 m), formanti un modulo binario A-B di 17 piedi (5.02 m), con la proprietà di collimare in varia combinazione sia il lato che l'apotema. Il modulo ha costantemente trovato riscontro con gli elementi rilevati, determinando le più probabili soluzioni di integrazione. Le più interessanti sono la sala ipostila nord-est, con otto colonne impiantate in due quadrati ai lati dell'abside secondo una matrice cruciforme, e il corpo delle scale per raggiungere la terrazza attorno al tumulo, il cui muro di ritenuta per certo poligonale è dagli assi dei setti sotto stanti individuato in 32 facce, multiplo delle otto direzioni fondamentali dei venti. Negli alzati le absidi risultano di tre tipi dimensionali, proporzionate da un quadrato sormontato dall'arco del catino, determinando per conseguenza i vari livelli dei calpestii seminterrati; l'altezza dell'edificio dal piano esterno si presentava pari all'apotema della pianta (58 piedi, 17.15 m); particolare la soluzione dell'avancorpo sud-ovest e per la connessione di un criptoportico di collegamento che lascia libero il piano sul fronte della villa. Le aperture sul perimetro, stabilite in relazione ai venti con altro criterio modulare, si disponevano per lo più nella metà superiore ed erano equivalenti nelle superfi: schermate in distanza dalla vegetazione, la luce penetrava gli interni dall'alto, evidenziando la funzione espositiva di queste sale rivestite in opus marmoratum che si confronta con la varietà formale e d'accesso, come nel caso di quella ovest con originale dilatazione sull'ambiente laterale. Catino dell'abside nord-est con traccia della connessione della volta della sala. (Fototeca S. Cicconre) Pianta e sezione longitudinale restitutive del musaeum di Giànola elaborate secondo il modulo binario A-B. (Fototeca S. Cicconre) Dalla distribuzione idrica della villa si individua nell’edificio ottagonale l'antica, copiosa scaturigine, dove la documentata presenza di vasche pavimentali puntualizza la precipua funzione di captazione idrica e il ruolo distintivo a fulcro del complesso. Questa presenza naturale è insita nei caratteri peculiari della costruzione, in quanto seminterrata a ridosso della cima, con la parte centrale destinata alla configurazione di un antro, resa nell’ambulacro dalle superfici delle volte con pseudo stalattiti, nonchè nelle pareti della sala ottagona eccetto il soffitto decorato a mosaico con un cielo stellato. Elementi di rilievo in un settore dell'edificio ottagono nel diagramma in rapporto radice di 2: i segmenti A e B individuano il modulo binario di L’analogia all'antro veniva ribadita nella sua corrispondenza superiore con un tumulo, residuato sul catino nord-est,. piantato progetto. (Fototeca S. Cicconre) più probabilmente ad essenze arbustive come cima artificiale della collina nella quale si aprivano gli ingressi di aspetto rupestre. Inoltre il diminuire della luce verso il centro realizzava la dinamica della pianta dall'esterno all'interno della grotta, ribadita tra il tumulo verso l'alto e la caverna in basso e ancora tra questa ultima e la sua volta stellata, Il predominante sviluppo del tema dell'antro artificiale sul luogo della fonte assegnerebbe all'edificio più che la generale definizione di nimphaeum, quella specifica di musaeum con maggiore pregnanza e varietà di significati rispetto alla funzione distintiva e regolatrice occupata nella villa e con questa nel particolare ambiente naturale. Questo tipo di edificio derivato dalla cultura ellenistica, andò assumendo il carattere peculiare di raccolta artistica e di luogo privilegiato in cui si condensavano plurime finali à legate al sapere e al mito, alle quali non è escluso fosse relazionata quella funeraria, come anche sottenderebbe il tumulo, costantemente compresa in molte ville nella stessa zona di Formia. Il valore delle soluzioni architettoniche si coglie pienamente considerando l'ambiente naturale entro cui si inseriva la villa. Il paesaggio è accentuato dalla particolare interazione di componenti marine, campestri e montane in uno scenario circolare che va dall'alta esedra settentrionale dei monti Aurunci al curvo litorale del golfo. con l'interposta ampia piana declive dalla quale i innalza il promontorio. Un dominio che spaziava nell'ampio contesto paesaggistico, dove la villa assumeva il carattere di città in un piccolo mondo e il musaeum ottagono quello di perno cardinale astronomico, materializzazione delle qualità della dea triforme della natura Diana-Selene- Ecate, terrestre, siderea e ctonia. Il modello per una reggia al centro del mondo L'ordinamento planimetrico del musaeum di Giànola aggiunge al nucleo centrale una periferia di ambienti. facendo intravedere una possibile derivazione della sala . ottagona dalla Torre dei Venti CI secolo a.C.) visibile nell'agorà di Atene, concepita da Andronico di Cirro (Vitruvio, De architectura, 1,6,4; Varrone, De re rustica. 3,5,17). Conteneva un orologio ad acqua mentre una ventarola a forma di Tritone indicava sulle facce esterne le personificazioni alate dei venti e delle relative stagioni, che si susseguono in senso antiorario rispetto al movimento della volta celeste su un asse polare ideale nel centro della Torre: nella sala di Giànola, oltre alla presenza dell'acqua, asse e volta celeste erano materialmente rappresentati. Pianta e sezione longitudinale restitutive del musaeum di Giànola elaborate secondo il modulo binario A-B. (Fototeca S. Cicconre) L'edificio formiano appare anche relazionato al plesso della sala ottagonale inserito nella Domus Aurea a Roma, edificata da Nerone dopo l’incendio del 64 d.C., considerato originale soluzione nell'architettura romana. La sua complessità e il forzato inserimento nelle convenzionali strutture del palazzo imperiale è evidente risultato dell'intelligente adattamento di uno schema preesistente che il Perkins ritiene essere stato una unità indipendente in qualche ricca villa oppure una grotta artificiale in una delle varie residenze di Nerone. Il prototipo, qui evoluto in organismo centripeto, si può identificare nell'edificio formiano. La sala imperiale è orientata ai punti cardinali, e come un ipogeo riceve la luce dal grande pozzo ottagono superiore, dove a fulcro si apre illumen circolare e i lucernari ricavati sull'estradosso della cupola per la corona di ambienti attigui, effetto esaltato da una cascata immessa nel vano nord. Anche qui si è in presenza di un musaeum d'altra parte suggerito dal contesto dell'intera ala, nei dipinti a soggetto omerico e nel mosaico ottagonale con l'offerta del vino a Polifemo, isolato sulla volta a grotta del ninfeo occidentale, questo come quella, interamente rivestito di marmi alle pareti. Oltre alle generali analogie tipologiche, si evidenziano importanti corrispondenze dimensionali con la sala neroniana, originate dal rovesciamento verso l'interno della pianta del musaeum di Giànola del quale la misura fondamentale del lato di 48 piedi (14.19 m) si trova qui adottata come doppio apotema alla traccia assiale del poligono; altre collimazioni dimensionali e nelle matrici formali, e nel proporzionamento della cupola, indicano l'evidente rielaborazione del disegno architettonico del prototipo secondo le nuove esigenze dislocative. Il plesso ottagono imperiale appare speculare, ma la fila di ambienti che si sviluppa ad oriente denota una diversa disposizione dei passaggi e della stessa connessione delle volte del corridoio, prodotta dal riallineamento disparimente condotto ai lati delle sale del versante sud dell'edificio originario. La conservazione della fonte architettonica è certamente legata alla comunione dei significati, anche nel complemento scultoreo di cui i doveva dotare il complesso imperiale e forse relativo a un antrum cyclopis, annuciato dal ninfeo di Polifemo. Vista restitutiva a facciata aperta della sala di ingresso nord-esi del musaeum di Giànola. (Riicostruzione S Ciccone, elaborazione digitale C. Briglia, 1995) I riscontri analogici e proporzionali trovano sostegno in una diretta relazione storica tra i due complessi residenziali, poiché una "Villa Mamurrana" viene menzionata nell'epigrafe funeraria dedicata da un dispensator imperiale dei Claudi trovata nei pressi di Marino (CIL, Xlr. 2431). Non vi è la certezza che fosse la villa di Formia. ma è comunque indicativa della situazione delle possidenze dei Mamurra in quel periodo, delle quali il complesso litoraneo di Giànola sembra improbabile potesse sottrarsi alle bramosie di Nerone. Una più generale imitazione nell'impianto planimetrico della villa di Giànola è in effetti riscontrabile nella re idenza neroniana, nella dislocazione sulle pendici meridionali del colle Oppio e nel ruolo fondamentale dell'ottagono come fulcro del palazzo: probabilmente la coenatio rotunda tramandata da 8etonio (Vita di Nerone, 6. 31), che ruotava giorno e notte a somiglianza dell'universo, sviluppo meccanico di perno astronomico nella reggia, da lui delineata come una villa circondata da campagne e boschi con pascoli e animali domestici di ogni specie e l'artificio di uno "stagno simile a un mare", bordato da costruzioni come delle città. Un'immagine richiamante quella del Mamurranus, che doveva rappresentare un complesso architettonico, ambientale e paesaggistico altamente originale ed esemplare, tradotto all'interno della cinta pomeriale dell'Urbe per esercitare l'imperium e come centro del mondo allora conosciuto. La Piscina nel Porto di Giànola Salvatore Ciccone Nel Parco regionale di Giànola e del Monte di Scàuri sono rilevanti le testimonianze connesse all´uso residenziale di epoca romana, in particolare sul promontorio di Giànola propriamente detto nel Comune di Formia, occupato da un´estesa villa marittima a terrazze e a portici culminata da un edificio a pianta ottagonale che la tradizione indica "Tempio di Giano", costruita intorno al 50 a.C. e attribuibile al cavaliere formiano Mamurra. Questo aspetto è tuttavia sminuito da un luogo di più facile accessibilità, il Porto di Giànola, noto come opera romana perfettamente conservata quando invece è di evidente fattura contemporanea. Si sa che a realizzarlo fu verso il 1930 il marchese Carlo Afan de Rivera, proprietario di una villa posta dietro l´insenatura, per consentire l´ormeggio delle piccole imbarcazioni personali e di quelle da pesca che per consuetudine riparavano nel luogo: tra i frequentatori i reali d´Italia, appassionati di pesca, che vi si recavano dalla Villa Guja (odierno Albergo Miramare). La struttura portuale è nella profonda insenatura che separa quasi il promontorio di Giànola dal nucleo orografico del Monte di Scàuri. Da un capo all´altro due bracci, allineati verso una bocca centrale delimitano un bacino di forma leggermente trapezia: moli e banchine sono di pietra locale grezza legata con malta cementizia; pietra sagomata è invece impiegata nei dispositivi di ormeggio, negli spigoli e nelle scalette. Vani sono stati finora gli sforzi per correggere un così grave errore d´attribuzione e di datazione, poiché alla denominazione tradizionale si trova ormai aggiunto in modo indelebile l´aggettivo "romano", autentico falso storico che coinvolge ed espone allo scherno cittadini ed operatori turistici. Alcune cartoline d´antiquariato ne suggellano l´assenza. Una inquadra il profondo seno di mare in controluce con lo sfondo di Gaeta: al posto dell´attuale porticciolo, tra le sagome buie delle opposte sponde, appare una struttura muraria rettilinea a pelo d´acqua senza apprezzabili interruzioni. I moli attuali utilizzano parte di quell´argine come fondazione, interrotto al centro per l´accesso, visibile sotto di essi come opera cementizia indubbiamente romana, composta di malta idraulica, calce e pozzolana che indurisce in acqua, e frammenti di tufo. Immediatamente all´interno della bocca si scorge sul fondo uno spesso muro parallelo con inserita una grande soglia lapidea solcata da due profonde scanalature. Questa e altri elementi di pietra con una sola scanalatura, uno murato nella banchina orientale, un altro sull´estremità esterna medesima e ancora esternamente al molo davanti la scaletta, appartengono senza dubbio ai dispositivi di chiusura dei canali di alimentazione di una piscina ossia peschiera per l´allevamento del pesce: gli elementi verticali scanalati e la soglia consentivano lo scorrimento e il serraggio di paratoie e griglie, regolando il flusso idrico trattenendo il pesce, come si osservano nella piscina antistante la Villa Comunale di Formia. E´ anche presente una debole sorgente d´acqua dolce, presso un pozzetto quadrato costruito vicino la spiaggetta, necessaria a comporre una miscela particolarmente gradita alle specie ittiche pregiate e per far fronte al surriscaldamento e all´aumento di salinità per evaporazione all´interno del bacino. Il vivaio doveva essere suddiviso in varie vasche con composizione geometrica per la selezione del pesce, ma di esse solo le tracce prossime alla bocca ne indicano una fila parallela rettangolari e per il resto se ne può ipotizzare una grande centrale forse romboidale. L´attribuzione di questi ruderi ad un porticciolo invece che alla peschiera appartenente alla grande villa è dovuta principalmente al nome tradizionale del luogo, Porto di Giànola, che si trova già in una pergamena del 1391 pubblicata nel Codex Diplomaticus Cajetanus, in cui è scritto "portum Janulae prope Scaulum", ossia presso Scauri. Frequente è la qualifica di "porto" alle insenature rocciose adatte all´approdo pur senza alcuna opera artificiale, specialmente lungo una costa impervia come questa: prova è il "Porto Cofenello" subito ad oriente, che non mostra traccia alcuna di murature. Ecco quindi spiegata l´origine del "Porticciolo Romano di Giànola", sull´errore frequente di attribuire l´uso di una costruzione dai toponimi, come è accaduto per il Tempio di Giano dalla preesistente denominazione di "Janula"; questa a sua volta nulla ha che vedere con il dio Giano, bensì molto con la dea Diana secondo la variante di Jana. A fronte del dilagare di materiale propagandistico e segnaletiche relative ad un fantomatico porticciolo romano si può ora solo sperare in una non facile ammenda da un così pervicace errore, perché solo conoscendo in modo appropriato il patrimonio culturale si può aver ragione di una sua tutela e valorizzazione.