Il futuro delle tlc e della televisione

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Uomini & business – anno 18 numero 9 - Settembre 2006
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Il futuro delle tlc e della televisione
Come un anno fa, all’ombra di un castagno, nel disimpegno della
vacanza estiva, tra amici, si può anche lasciare che i pensieri
scorrano e trascriverli senza timore di essere presi del tutto sul
serio.
A:_ Che ne dici di questo affair Telecom-Sky?
B:_ E’ nella logica del business che i provider di rete e i provider di
contenuti si alleino. Internet diventerà entro cinque anni la
piattaforma più usata per la distribuzione di contenuti, la cui
fruizione sarà possibile da tre strumenti principali, e loro
derivazioni: il PC, il terminale personale mobile (ex telefonino) e la
TV, digitale ovviamente.
A:_ Ma Sky non si era già alleata con Fastweb nella stessa
prospettiva?
B:_ Quella non è stata un’alleanza spontanea. Nascendo dalla
fusione di Stream e Tele+, Sky si è trovata ad essere l’unico
operatore TV digitale attivo in Italia. L’antitrust ha consentito la
posizione monopolistica ma l’ha limitata imponendo il vincolo sulla
tecnologia: Sky poteva cioè operare solo via satellite ed era
costretta a rendere accessibili i propri contenuti ad operatori che
utilizzassero altre tecnologie. Fastweb si è avvalsa di questa
norma, che regolava anche il prezzo che avrebbe dovuto essere
riconosciuto a Sky per i contenuti.
A:_ Telecom e Sky potrebbero combinare anche scambi azionari?
C:_ Difficilmente, secondo me. Sembra che per la rete Telecom
stia vagliando altre opzioni.
A:_ Però RAI e Mediaset sono proprietarie anche delle reti, sia
analogiche che digitali.
B:_ E’ vero, ma vengono da un altro business, di un’altra epoca,
nella quale c’erano reti specializzate: la TV, la telefonia, i dati, la
telefonia mobile. Senza costruire la rete ad hoc RAI e Mediaset
non avrebbero potuto trasmettere. Le reti IP (internet) invece ci
sono già e si possono utilizzare; basta accordarsi con i proprietari.
C:_ In Telecom si lavora all’ipotesi di separare la gestione della
rete da quella dei servizi, come ha fatto BT in Gran Bretagna.
Infrastrutture da una parte, servizi dall’altra. Qualcuno arriva a
prospettare uno scorporo e una successiva cessione parziale.
B:_ Se ne parla da dieci anni di separare rete e servizi. Dai tempi
della SIP. Adesso Telecom potrebbe offrire all’Authority la gestione
separata della rete – e quindi l’accesso alla stessa a condizioni
uguali per tutti gli operatori – in cambio di una totale assenza di
vincoli nell’offerta di servizi e contenuti.
A:_ E la TV digitale terrestre?
B:_ E’ più parente della TV analogica che della rete IP. Anche in
questo caso parliamo di una rete dedicata, che può fare qualcosa
in più che trasmettere la TV ma non molto.
Massimo Biondi – [email protected] – agosto 2006
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Il business della TVDT è ancora in parte da decifrare. I servizi
accessori che può rendere lo sono altrettanto. Ci sono in giro
sperimentazioni varie, in parte finanziate dalla Fondazione
Bordoni, per servizi di e-Government e similari. Niente di
veramente rimarchevole. E’ parso più che altro un modo ulteriore
per favorire lo sviluppo del mezzo, sviluppo che sta a cuore a
Mediaset.
Quanto alla TV, in Gran Bretagna la fruizione free, finanziata con
la pubblicità come nella TV analogica, ha superato la pay-perview. In Italia il business al momento è quello delle schede
prepagate per acquistare eventi singoli, soprattutto calcio.
C:_ La legge Gasparri mette di fatto nelle mani del duopolio RAIMediaset anche la TVDT, come quella analogica. Una situazione
che non può piacere né a Sky né a Telecom, che pure è titolare di
frequenze. Forse è anche di questo che parlano.
A:_ Il ministro Gentiloni ha detto che la vuole cambiare, la
Gasparri.
C:_ Si, speriamo, e speriamo che la cambi in modo molto più
favorevole a nuove iniziative imprenditoriali. Per i nuovi nella
TVDT è difficile sia l’accesso alle piattaforme che l’accesso alla
pubblicità.
A:_ Come nuovi pensi a De Agostini, Espresso, RCS?
C:_ Si, e anche altri, magari piccoli e locali.
B:_ De Agostini inciucia con Telecom, o Telecom Italia Media. Così
si mormora.
A:_ Interessante. Comunque TV più che mai, tutta digitale, via
etere, sia terrestre che satellitare, e via internet. Altro che troppa
TV, ce ne sarà sempre di più!
C:_ Si, ma non solo la TV più o meno come quella attuale,
finanziata dalla pubblicità, sarà anche diversa, personalizzata, a
pagamento, di servizio. Veramente una internet-TV. Interattiva.
Fruibile on-demand, non per palinsesto. E fruibile per argomenti,
per frammenti.
A:_ Da cui i problemi dei quali già parlavamo l’anno scorso, della
necessità di motori di ricerca per selezionare frammenti di
informazione video e, di conseguenza, il rischio di utilizzare questi
motori anche come strumenti di censura.
C:_ Esattamente. Io per esempio digito sul mio strumento, sia
esso la TV del salotto o il videofonino, “Fidel Castro” e il motore mi
presenta una serie di opzioni, dall’ultimo notiziario della TV cubana
o della CNN o della RAI ai documentari di History channel o della
BBC. Nonché informazioni e servizi realizzati anche da dilettanti,
che sulle emittenti classiche di solito non passano. Il motore
potrebbe però selezionare i contenuti, cioè farmi vedere solo
quello che piace a chi il motore lo controlla o lo influenza, come in
Cina.
B:_ La TV on-demand, che è anche il telegiornale on-demand.
Oggi ci piazziamo davanti al televisore all’ora prevista dal
palinsesto e in genere scegliamo il giornale, ma non le notizie al
suo interno. Domani, censura a parte, potremo selezionare gli
Massimo Biondi - [email protected]
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argomenti, come sfogliando un giornale cartaceo. Potremo vedere
come lo stesso argomento viene presentato da diversi TG. Un
lusso che oggi può permettersi solo chi ha tempo per leggere molti
giornali o chi, come i parlamentari, fruisce di una rassegna stampa
tempestiva ed esauriente.
C:_ E’ chiaro che per far questo o l’utente paga – e dovrebbe
pagare “a consumo” - o accetta compromessi, come ricevere
pubblicità insieme alla notizia, esprimere proprie opinioni su
offerte commerciali, fornire informazioni su se stesso, eccetera.
Salvo quello del pagamento da parte dell’utente, i modelli di
business devono ancora essere elaborati. In questo contesto non
ha più senso per esempio parlare di “prime time” per fissare il
prezzo della pubblicità. Conterà solo l’audience di quello specifico
programma e l’audience sarà misurabile molto meglio che con il
sistema attuale dell’auditel.
B:_ Tutto ciò comunque non soppianterà la TV free, quella pagata
dalla pubblicità. Secondo tutti gli osservatori continuerà ad
esistere e a fare profitti. Si svilupperanno tutte le modalità di
fruizione: la free basata sulla pubblicità, la pay-TV basata sul
numero di abbonamenti e la pay-per-view che fonderà il suo
successo sul fatturato.
A:_ E il pirataggio? Se vado allo stadio con una videocamera
posso riprendere la partita e trasmetterla in tempo reale a chi sta
a casa.
C:_ Se è per questo puoi trasmettere a qualcuno anche il filmato
delle vacanze proprio mentre sei in vacanza.
A:_ Oh no! Come quei noiosissimi interminabili filmini che ti
obbligavano a vedere anni fa!
C:_ In questo caso forse è meglio, perché non si vede se il
ricevente sta attento o mentre tu trasmetti legge il giornale. Allo
stesso modo però c’è spazio per il porno fatto in casa. Sono già
disponibili strumenti che consentono la visione in modo selettivo,
cioè a chi paga.
A:_ Porno, filmini amatoriali, news, partita o cinema l’offerta di
contenuti e servizi diventa comunque nettamente prevalente per
determinare lo sviluppo del mercato. Occorrono però le
piattaforme tecnologiche, reti, computer e terminali, ma anche
norme e tecnologie anti pirataggio, se no il mercato non si
sviluppa.
C:_ Il rischio del pirataggio era ventilato anche quando sono
apparse le musicassette, sulle quali si potevano registrare i dischi,
allora in vinile. Poi però si è continuato a vendere dischi.
Comunque il problema esiste e la tecnologia deve aiutare a
risolverlo.
B:_ Per queste applicazioni le reti più adatte sembrano proprio le
reti IP, in gran parte possedute dai telco, purchè a banda molto
larga, perché la televisione sta diventando ad alta definizione.
Non a caso sta divampando il confronto di opinioni, e di interessi,
sul tema della cosiddetta net neutrality. Il tema riguarda
sostanzialmente il “chi paga” le nuove reti, gli investimenti.
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Secondo i telco, i telecom operators tradizionali, i fornitori di
contenuti dovrebbero pagare per utilizzare le nuove reti, che
forniscono migliori prestazioni. I fornitori di contenuto sostengono
invece che non dovrebbe crearsi una rete di serie A e una di serie
B; la cosa sarebbe in contrasto con lo spirito stesso di internet.
Per loro la rete rimane unica; semmai per avere prestazioni
migliori pagano i clienti finali, come adesso.
C:_ Rimane il problema che non si capisce perché Telecom
dovrebbe mettere la propria rete gratuitamente a disposizione di
Skype, che le sottrae traffico telefonico. Chi ripaga Telecom degli
investimenti? Questo è un esempio. Siamo sempre al problema dei
modelli di business, aggravato dall’incertezza creata proprio dal
rischio del pirateggio del quale parlavi tu.
B:_ Si potrebbe dire che paga sempre tutto il cliente finale, che fa
un contratto banda larga flat per navigare, corrispondere,
scaricare musica e filmati da pagare a parte ma anche per
utilizzare Skype. Flat perché la tendenza è quella di passare dal
pagamento dell’accesso, più o meno veloce, all’always-on, sempre
in linea. Ma fare un business plan, rispetto a servizi e mercati
ancora poco esplorati, è alquanto difficile.
C:_ Anche i modelli di cooperazione sono difficili da costruire
eppure la cooperazione fra soggetti diventa indispensabile. La
filiera comprende molti attori: i produttori di contenuti e servizi; i
produttori di piattaforme, dai server ai terminali; i realizzatori e i
gestori di infrastrutture di rete, che spesso non sono la stessa
organizzazione; i distributori, o aggregatori o grossisti. Un po' tutti
si stanno re-inventando il business, dagli editori agli integratori ai
telco.
A:_ E i telco che non sanno di preciso come re-inventarlo vivono
alla giornata o mollano, come Metroweb, che appartiene alla AEM
di Milano.
B:_ Quello è un discorso un po' diverso, con logiche tutte sue.
Metroweb è un’azienda che possiede una rete moderna ed estesa
in aree geografiche tra le più sviluppate e densamente popolate
d’Italia. Finora ha tirato avanti senza iniziativa facendo soprattutto
il network provider per Fastweb, insieme alla quale è stata fondata
dagli stessi soci. Ha perfino perso la gara per collegare le sedi
comunali di Milano!
Si può dire che finora Metroweb si è occupata più di opere
pubbliche, la posa della fibra ottica, che di telecomunicazioni.
Hanno investito e adesso che il mercato esplode mollano tutto.
Non capisco. Certamente c’è dietro una grave carenza di visione.
Come cittadino milanese me ne dispiaccio. Il vecchio sindaco
vantava Milano come città più cablata d’Europa ma nel frattempo,
sembra, dava il suo OK per vendere. Spero che il nuovo sindaco,
che mi sembra avere più visione prospettica, intervenga.
A:_ Vuoi dire che Metroweb potrebbe svilupparsi ed essere
redditizia oltre che utile alla città?
B:_ Si. Ci sono esempi interessanti in giro per l’Europa. Sono in
contatto per ragioni professionali con chi ha sviluppato i business
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plan, ha finanziato e gestisce reti cittadine altrove in Europa. Loro,
che sono esperti, considerano l’area di Milano, per sue
caratteristiche, un ambiente ideale per sviluppare un buon
business, nel rispetto dell’interesse pubblico, che almeno all’80%
coincide con quello degli investitori. Gestire il residuo 20%,
ammesso che ci sia, non è difficile, specialmente in presenza di un
piano d’impresa chiaro e concordato.
A:_ E invece la comprano gli inglesi per poco.
B:_ Non so se i 232 milioni dei quali si è parlato sono pochi, in
rapporto al valore attuale di Metroweb che fattura si e no 50
milioni. Forse sono pochi in rapporto alle prospettive.
Bisognerebbe analizzare la cosa alla luce delle prospettive
industriali. Non si tratta naturalmente di impedire l’ingresso “degli
stranieri”: è una sciocchezza. Se la loro proposta è più
conveniente di quella degli italiani niente da dire. Si tratta però di
definire bene e insieme il business plan proprio per tutelare anche
gli interessi pubblici, che possono e devono essere protetti – senza
pregiudicare quelli degli eventuali investitori privati - sia
mantenendo che non mantenendo una partecipazione pubblica.
Se l’AEM si vuole concentrare sull’energia ha tutto il diritto di farlo.
Il Comune però, che di AEM è azionista di riferimento (e sta
brigando per tornare in maggioranza), ha finalità diverse rispetto
ad una Spa. E ha interessi diversi anche la provincia, che ha
costituito una società dedicata proprio allo sviluppo e alla gestione
delle infrastrutture a capo della quale c’è una garanzia: Giulio
Sapelli. Magari può intervenire questa società, la ASAM. Il
cablaggio di Metroweb copre Milano ma anche l’hinterland.
A:_ I cablaggi urbani realizzati dalle ex municipalizzate però non
hanno avuto molto successo.
B:_ No, e la cosa mi rammarica molto. Sono stati commessi degli
errori. Il più grave è stato quello di voler fare anche l’operatore
più o meno integrato anziché limitarsi a mettere la rete a
disposizione dei terzi interessati a sviluppare servizi. Ma il
business è ancora li, più promettente che mai. Oltre agli operatori
tradizionali, alle TV e ai media in genere ci sono già possibili clienti
di tipo nuovo, nuovi attori come Google, Yahoo, Nintendo, oltre
alla pubblica amministrazione. Esiste, insomma, un ruolo chiaro di
grossista che garantisca parità di accesso a tutti gli operatori, di
tutti i tipi, senza competere sul cliente finale.
A:_ Ma la fibra ottica serve anche se c’è il DSL?
C:_ Si. Sia perché DSL vuole dire la rete di Telecom, cioè di un
concorrente di tutti, sia per prestazioni, fermo restando che le due
tecnologie si devono integrare, così come quelle wireless.
B:_ Ecco, il WiMax. In Italia siamo in ritardo ma la tecnologia è
molto promettente.
C:_ WiFi e WiMax, più la tecnologia mobile (GSM, UMTS ed
evoluzioni) più rete fissa, doppino o fibra con il VoIP, la voce su
rete internet. In una parola la convergenza fisso/mobile.
B:_ Il business del momento. Telecom, che integra TIM e
sostanzialmente possiede una delle più diffuse reti VoIP del
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mondo, è in partenza con il suo Unico. Gli altri cercano di darsi da
fare. Alcuni operatori fissi premono per diventare anche operatori
mobili virtuali, per esempio Albacom, Tele2, Eutelia e altri, anche
non telco.
C:_ Ho sentito della COOP.
B:_ Si, e altri della grande distribuzione, come Carrefour e
Auchan, o come Tesco che è già attiva in Gran Bretagna. Qualche
accordo dovrebbe essere annunciato a breve. Credo che l’anno
prossimo di questi tempi potremo commentare i primi riscontri.
C:_ In Europa gli operatori virtuali sono già circa 200, dei quali
almeno un centinaio attivi. Tra questi nomi come Wal-Mart,
Ryanair, Virgin, Ikea e altre aziende che non hanno storia nelle tlc
ma sanno come relazionarsi col mercato.
A:_ L’operatore mobile virtuale cambierà qualcosa anche nel
mercato? I prezzi scenderanno?
B:_ Dovrebbero scendere quelli della telefonia classica e degli
SMS, almeno a guardare quello che è successo finora
C:_ Gli operatori dovranno inoltre ridurre i prezzi del roaming e
forse affrontare anche il tema del costo delle ricariche, che pare
un fenomeno solo italiano che troverà l’ostilità dell’Unione
Europea. Però avranno altri elementi di reddito. Anche per loro
cambierà un po' il business.
A:_ La solita TV?
C:_ Si, ma anche le alleanze, sia per sfruttare sinergie di costo
che per ampliare l’offerta. Si parla di Wind e 3; di 3 e Mediaset; di
Telecom e Sky, come abbiamo detto; anche di Vodafone e un
operatore fisso, o più. Oltre, naturalmente, ai possessori di
contenuti, dalle agenzie giornalistiche alle squadre di calcio, e agli
operatori virtuali.
B:_ Di Wind e 3 si parla molto. Potrebbe uscirne anche un accordo
molto importante. L’anno corso parlavamo della nuova Wind e
della probabile uscita di Pompei. Pompei è uscito. La nuova Wind
no, non si capisce bene dove stia puntando, a parte la telefonia
mobile.
A:_ Per la verità si continua a parlare anche di Fininvest e
Olimpia, cioè Telecom. Da tempo ci sono illazioni su Berlusconi che
potrebbe fare un passo indietro in politica e uno in avanti nel
business.
B:_ Si, se ne parla da un pezzo, ma naturalmente la cosa è
tutt’altro che scontata, viste le implicazioni. Per il mercato interno
non sarebbe un affare. Potrebbe esserlo solo se il nuovo gruppo
Fininvest + Telecom puntasse a uno sviluppo internazionale
importante, il che non sembra pienamente nel loro DNA. Entrambe
fanno pochino, all’estero: Telecom ha un po' di storia in quel
senso, Fininvest solo Telecinco.
A:_ A proposito di grandi fusioni. A me la fusione Intesa-SanPaolo
piace.
B:_ Certo, ormai la strada è quella. Costerà un po' di posti di
lavoro in Italia, speriamo che ne creino all’estero, anche per
italiani.
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C:_ Bah! A me pare che nelle banche italiane, così vecchiotte, di
manager potenzialmente internazionali ce ne siano pochi.
A:_ Non sono d’accordo. Nelle banche d’affari di Londra gli italiani
non sono pochi e pare siano anche apprezzati.
B:_ Giusto. Dobbiamo avere fiducia nei giovani e incoraggiarli,
anche perché senza di loro l’Italia non cambierà abbastanza
rapidamente per restare decentemente a galla. Ma cosa c’entra
con le tlc?
A:_ Le tlc c’entrano con tutto, come le banche.
B:_ Anche l’informatica c’entra con tutto. Informatica e tlc sono
sempre più la stessa cosa.
A:_ E qui non andiamo bene. O no?
B:_ Non continuerei a piangerci sopra. Le cose non vanno così
male, anche se i venditori di tecnologie tendono a lamentarsi.
Come, d’altra parte, quasi tutti in Italia.
C:_ Però pare che permanga un problema di scarsa adozione di
risorse tecnologiche da parte delle medie e piccole imprese.
B:_ Questo è vero. Io sostengo da sempre che la colpa va divisa
tra domanda e offerta.
A:_ Forse c’è troppa sperimentazione. I progetti durano anni e
hanno costi spaventosi, che certamente le piccole imprese non
possono sostenere. Io quando ho a che fare con gli informatici
sono prevenuto, li guardo con sospetto e ho sempre l’impressione
di non riuscire a comunicare in modo esauriente.
B:_ Indubbiamente l’offerta conosce la tecnologia molto meglio di
quanto conosca i processi di business dei suoi clienti.
C:_ Una sorpresa dell’estate è stato leggere del grande rilancio
dello studio universitario della filosofia! Alla faccia di chi dice che
bisogna incentivare la frequenza delle facoltà scientifiche.
A:_ Quello forse riguarda il soddisfacimento di altri bisogni.
C:_ D’altra parte bisogna mettersi d’accordo. Quando un ragazzo
si iscrive alla facoltà di ingegneria si ritiene un privilegiato ma in
tanti dopo qualche anno si ritrovano a scrivere codici software,
lavorando molto e spesso lontano da casa, per 1200 euro al mese,
magari con contratti precari.
A:_ Certo noi alla loro età eravamo più fortunati, da questo punto
di vista.
B:_ Ci sono aziende che curano ricerca e marketing. Tutto il resto
è in subappalto. Spesso c’è anche il subappalto del
subappaltatore.
C:_ Si scarica il rischio, o l’impegno, a valle. Gli scrittori di
software sono gli operai della conoscenza.
A:_ E gli addetti ai call center?
C:_ I nuovi commessi.
A:_ Commessi di negozi che non chiudono mai e nei quali non
entra mai nessun cliente, fisicamente.
C:_ Invisibili. E precari.
B:_ E’ il lavoro manuale che non si è svalutato. Elettricisti,
imbianchini, idraulici, giardinieri, eccetera.
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A:_ Nemmeno quello dei professionisti: avvocati, commercialisti,
notai, medici.
B:_ Ma nemmeno i manager. E’ vero che rischiano il posto più che
in passato, ma va riconosciuto che sono molto protetti dai loro
contratti e che il loro lavoro gode di prestigio sociale.
A:_ Eccessivamente protetti ed eccessivamente pagati, secondo
me.
C:_ Allora è soprattutto dove è arrivata la tecnologia che sono
peggiorate le condizioni di lavoro.
A:_ Appunto. I nuovi operai. Invece di lavorare a una pressa
meccanica lavorano a un computer.
B:_ Col rischio di perderlo, il lavoro. Per esempio con le fusioni:
vedi anche nel settore delle tlc Ericsson-Marconi, Alcatel-Lucent,
Siemens-Nokia.
C:_ Meno vendor, però più integratori.
B:_ Si, credo anch’io che queste cose comportino un adeguamento
del mercato. Magari nel breve si perdono posti di lavoro, ma poi le
cose si riassestano diversamente, nascono nuovi attori e la
situazione si ricompone.
A:_ Meno male che finiamo con una nota ottimistica, anche se
secondo me non riguarda gli over 50 come noi. Che però siamo
ancora in grado di giocare decentemente a tennis.
Andiamo!
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