Il Cervello e i sogni Relatore Candidato

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA CALABRIA
Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di Laurea in Filosofie e Scienze della Comunicazione e della
Conoscenza
Elaborato Finale
Il Cervello e i sogni
Relatore
Candidato
Prof. Francesco Ferretti
Paolo Miraglia
Matr. 77486
Area
Discipline Semiotiche-linguistiche
Anno Accademico 2005/2006
INDICE
Abstract.....................................................................................................................................pag. 3
Introduzione..............................................................................................................................pag. 4
Capitolo I
STORIA NATURALE DEL SOGNO
I.1 Breve excursus tra le teorie metafisiche e psicologiche del sogno……..………………...pag. 7
I.2 Lo studio del sogno nel XIX secolo……………….………...….….……………..……....pag. 10
Capitolo II
LA PSICOANALISI DI FREUD
II.1 Freud e il progetto di una psicologia scientifica …………………………………...……pag. 14
II.2 La teoria psicoanalitica del sogno……………………..….………………………..…….pag. 16
II.3 La revisione della teoria freudiana……………….…………….…………………..…….pag. 22
II.4 La riflessione critica di Hobson alla teoria psicoanalitica di Freud………………..…….pag. 23
Capitolo III
IL CERVELLO COME MACCHINA DEI SOGNI
III.1 La scoperta della fase REM…………………………………………….…....………....pag. 27
III.2 L’ipotesi attivazione-sintesi di Hobson………………………………………....……...pag. 32
Conclusioni……………………………………………………………..................................pag. 38
Bibliografia…………………………………………………………………………..………pag. 40
2
ABSTRACT
The dream is an activity of the human brain that has always
interested mankind since the origin of civilization.
During the human history the dream has always been considered
as an activity founded by hidden symbols, that they could be
translated only by an intermediary.
This thesis, divided into three chapters, is centered upon the
concept of the dream that could be considered as a clear and
accessible activity of the human brain, thanks to the
improvements of the modern neurobiology.
In the first chapter, there is the discussion of the historical
evolution of the concept of the dream until the 19th century. We
have described the different metaphysics and psycological
theories about the dream.
In the second chapter attention has first been paid to the theory
of the dream produced by Sigmund Freud. He has considered
the dream as a product of the unconscious, therefore it is not
simple and direct.
But this theory was not built upon scientific principles, so
different researchers, especially Allan J. Hobson, have criticized
the most of the thesis.
Finally, the last chapter is entirely dedicated to the analysis of
the scientific results of the phase REM (Rapid Eye Movement),
and the description of the theory “Activation-Synthesis
Hypothesis” proposed by Hobson and McCarley.
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INTRODUZIONE
Nel corso della storia umana il sogno è stato sempre considerato
come un’esperienza soggettiva dal significato occulto, che
ancora oggi necessita di un mediatore in grado di decifrarne il
contenuto.
L’intento di questa tesi è quello di mostrare come l’attività
onirica possa essere considerata un avvenimento trasparente e
accessibile grazie ai progressi compiuti dalla moderna
neurobiologia.
Il presente elaborato si articola su tre capitoli.
Il primo, di carattere prettamente storico, ripercorrerà l’evolversi
della concezione del sogno dall’antichità fino al XIX secolo. In
particolare, ci si soffermerà sulle differenti teorie metafisiche e
psicologiche proposte nel corso dei secoli. In tal senso verranno
prese in esame le prime testimonianze pervenuteci dai popoli
mediorientali, presso i quali si riteneva che i sogni fossero
connessi al mondo dell’aldilà, che rappresentassero delle
rivelazioni di provenienza divina, che avessero funzioni
predittive e premonitrici.
Successivamente saranno ripercorse le osservazioni sull’attività
onirica dell’uomo poste in essere nei primi anni del XIX secolo,
studi che si concentrarono su indagini di carattere prettamente
fisiologico.
Si potrà constatare che sul finire del secolo, nonostante i positivi
risultati ottenuti in questa direzione, le ricerche scientifiche
furono
soppiantate
dallo
straordinario
successo
della
psicoanalisi di Sigmund Freud.
Nel secondo capitolo verrà esplicitata nello specifico la teoria
dei sogni elaborata appunto dal padre della psicoanalisi in base
alla quale si riteneva che il sogno fosse la via che conducesse
alla graduale riflessione e cognizione dell'inconscio. Le
coordinate freudiane evidenziavano come le rappresentazioni
del sogno, non sono mai semplici e dirette; difatti, i desideri
4
inconsci possono affiorare solo se resi irriconoscibili da processi
di condensazione, capaci di fondere più elementi in un unico
contenuto. Si vedrà che procedendo a ritroso nel corso del
lavoro psicoanalitico, il sogno viene scomposto al fine di
individuare sia il suo contenuto manifesto, sia il contenuto
latente. L’attività onirica, pertanto, viene ad essere intesa come
il risultato di un lavoro dell'inconscio che elabora i dati secondo
una propria logica; il suo contenuto, secondo Freud, può farsi
sempre risalire ad esperienze passate.
L’excursus sulla teoria freudiana, che chiaramente verrà trattata
nello specifico all’interno del capitolo preposto, evidenzierà
come la stessa, non essendo stata edificata su principi scientifici,
venne dapprima revisionata dal medesimo Freud e poi confutata
da diversi studiosi.
Su questa scia acquista un certo rilievo la teoria del sogno
elaborata da Hobson. Il fulcro di tale concezione è da rinvenirsi
in una serie di dati empirici miranti a certificare la validità di
una teoria psicofisiologica secondo cui la struttura dei sogni
sarebbe connessa all’attività cerebrale durante il sonno.
Nel terzo ed ultimo capitolo si riporteranno i principali risultati
scientifici relativi alla riproduzione onirica: dalla scoperta del
sonno REM al “Modello Attivazione-Sintesi” proposta da
Hobson e McCarley sul finire degli anni Settanta. Su questo
fronte verranno prese in considerazione le ricerche compiute da
Aserinsky, Kleitman e Dement atte a dimostrare come le
funzioni e i meccanismi del sogno siano strettamente legati al
"sonno REM", differente dal sonno senza sogni, che è rilevabile
in tutti i mammiferi.
In conclusione, utilizzando come una sorta di fili di Arianna
ossia come strumenti guida Hobson, Jouvet, Aserinsky,
Kleitman e Dement ci si propone di sostenere un percorso che
dimostri che l’elaborazione delle informazioni nel sogno
costituisce una delle funzioni del cervello, quindi strettamente
fisiologica.
5
Ciò che altresì merita di essere sottolineato è che una simile
asserzione
troverebbe
conferma
nelle
recenti
scoperte
neurobiologiche le quali, sotto molteplici aspetti, a torto o a
ragione, sanciscono, senza riserva alcuna, una rilettura delle
teorie di Freud, con una visione decisamente nuova rispetto alle
posizioni del passato.
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I STORIA NATURALE DEL SOGNO
I.1 Breve excursus tra le teorie metafisiche e psicologiche del
sogno
Il sogno è un'attività del pensiero umano che ha incuriosito
l'uomo fin dai primordi della civiltà, allorquando la storia del
sogno veniva decifrata attraverso i messaggi degli dei e dei
demoni. Indovini e profeti si affannavano a cercare di
rintracciare il significato nascosto dei sogni, sfuggenti e
singolari manifestazioni della mente umana. I particolari rivelati
nei sogni venivano generalmente considerati, sia pur alla luce
delle multiformi concezioni sviluppate in varie epoche, come
delle metafore da decifrare, e soltanto coloro che ne
conoscevano la chiave interpretativa erano in grado di
comunicarne il senso nascosto. L’approccio tradizionale in
merito alla comprensione dei sogni era quello di ritenerli
corrispondenze da parte di agenti esterni: divinità, angeli o
spiriti. Le ragioni della larga fortuna di cui ha goduto nel tempo
tale tradizione profetica sono facilmente intuibili: i sogni paiono
spesso così bizzarri e involontari da mettere in crisi e negare i
concetti di responsabilità e di razionalità umana. Gli antichi
erano certi dell'esistenza di una entità astratta, di un alcunché di
spirituale decisamente distinto dal corpo materiale, di un'anima
perdurante e impercettibile che rimanesse desta anche nel corso
del sonno, qualcosa di spontaneamente fluttuante nel tempo e
nello spazio, capace di tramandare al cervello immagini oniriche
del suo vagare mentre il corpo, affaticato, rimaneva immerso nel
sonno.
Le prime testimonianze, provenienti dalla Mesopotamia, sono
contenute nel poema epico di Gilgamesh (2700 a.C.); tale
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componimento è il più antico testo storico contenente le più
arcaiche deposizioni sui sogni.
Per i babilonesi, e in generale per i popoli mediorientali, il sogno
rappresentava essenzialmente un collegamento notturno con
l'aldilà: così come al sopraggiungere delle tenebre il sole
s’immergeva nell'oceano per trarne nuove forze, così l'uomo,
nell’oscurità della notte, s’immergeva nell'aldilà per attingere
nuova vitalità dalle immagini oniriche. I sogni quindi, erano
portatori di nuove energie e di saggezza, e guida per la vita di
tutti i giorni.
Gli egiziani, dal canto loro, hanno lasciato numerose
testimonianze letterarie in cui traspare la concezione della
vicinanza che le immagini oniriche permettevano tra chi
sognava e gli Dei.
Il più antico dei libri sui sogni pervenutoci, il "Libro dei sogni
ieratico", fu redatto proprio in Egitto intorno al 2000 a.C.; si
tratta di una sorta di testo di consultazione, una specie di
dizionario dei sogni, in cui si forniscono interpretazioni delle
situazioni in cui una persona poteva imbattersi all'interno del
proprio mondo onirico.
Tra i greci e i romani, un’attività molto comune era
l’incubazione, che consisteva nel far addormentare una persona
nel tempio, con l’auspicio che sognando il Dio di quel
particolare luogo sacro, gli venisse mostrata quale condotta
tenere o a quale rimedio affidarsi.
È a questa corrente metafisica e profetica che bisogna far risalire
i sogni profetici: il sogno di Giacobbe nell’Antico Testamento,
quello di Giuseppe, dei Magi e della fuga in Egitto nel Nuovo
Testamento. Tale concezione si mantiene ancora viva ai giorni
nostri: ancor oggi i beduini del delta del Nilo si fasciano il capo
in un turbante per impedire che la loro anima abbandoni il
cranio mentre dormono, e nelle tribù Masai del Kenya è vietato
risvegliare d'improvviso chi dorme, temendo che la sua anima
vagabonda non sia più capace di rientrare nel corpo.
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Nel medioevo, persino l’astrologia prestò molta cura ai
messaggi onirici e alle visioni; il “Libro conplido en los iudicios
de las estrellas" (X secolo d.C.), fornisce all'astrologo le
istruzioni per indovinare il contenuto del sogno o interpretarlo
basandosi sulla mappa celeste del momento nel quale esso si era
prodotto.
Col passare del tempo il concetto di sogno fu oggetto di
rivisitazione. Nell’epoca rinascimentale, anche grazie alle prime
descrizioni dettagliate dell’anatomia cerebrale, il sonno e il
sogno furono correlati alla morte, tanto che medici e filosofi
erano convinti che fossero determinati da cause meccaniche.
Progressivamente, l’attenzione dedicata al mondo onirico si
affievolì, fino a regredire in seguito all’imporsi della concezione
illuminista e razionalizzatrice propria del XVII secolo, e allo
sviluppo delle scienze esatte nell’età dei Lumi.
Di converso, alla fine del 1700, fecero la loro comparsa le
“Smorfie”, opuscoli che si proponevano di collegare i sogni a
numeri da giocare alla lotteria; la fortuna di tali manuali ha
perdurato fino ai nostri giorni.
Con l’avvento del Romanticismo si diede nuovamente rilievo al
mistero, alla fantasia e all’emozione, prerequisiti necessari per la
comprensione dei sogni. Agli inizi del 1800 si evidenziò un
declino delle ricerche sull’attività onirica dell’uomo, considerata
come un prodotto di scarto della coscienza da analizzare
solamente in chiave fisiologica.
Nel 1900 con la pubblicazione de “L’interpretazione dei sogni”
di Freud, si assiste alla nascita della psicoanalisi. Portando un
poderoso attacco alle idee dominanti dell’epoca, Freud sostenne
che il sogno non fosse privo di senso né assurdo; esso era da
considerarsi come l’appagamento mascherato di un desiderio
rimosso.
9
I. 2 Lo studio del sogno nel XIX secolo
Sul finire del XIX secolo, sulla scia dei buon risultati conseguiti
dalla scienza, si diffuse in Europa un certo ottimismo a riguardo
della comprensione della coscienza umana e dell’attività onirica.
In questi anni, le osservazioni fisiologiche si diramarono su tre
linee di ricerca: la psicologia sperimentale, la psicoanalisi e la
neurobiologia.
In seguito agli studi condotti sul sistema nervoso centrale, il
numero delle dottrine fisiologiche sul sogno si moltiplicò, e dai
risultati che ne derivarono presero le mosse la psicologia
sperimentale e la psicoanalisi. La corrente principale di questa
tradizione, col passare del tempo, confluì nella moderna
neurobiologia cellulare.
Tra coloro che hanno maggiormente contribuito allo sviluppo
della fisiologia, meritano di essere citati Johannes Müller (18011858), Hermann Von Helmholtz (1821-1894) e Wilhelm Wundt
(1832-1920).
Müller è considerato il fondatore delle teorie psicofisiche più
accurate, anche grazie alle osservazioni da lui condotte sul
sistema nervoso di rilevante interesse.
Helmholtz diede inizio alla fisiologia moderna e alla
psicofisiologica. Egli fu il primo a supporre che il cervello
potesse comandare i movimenti nel sogno, cosicché le immagini
sensoriali
suscitate corrispondevano a quei comandi motori.
Questa idea di Helmholtz si è riproposta in anni successivi in
seguito alla scoperta che l’informazione riguardo ai movimenti
improvvisi dell’occhio nello stato di sonno giunge ai centri
visivi del cervello.
Wilhelm Wundt fu allievo di Helmholtz; a lui si attribuisce il
grande merito di aver dato un vigoroso impulso alle ricerche di
psicologia scientifica. A Lipsia egli fondò e diresse il primo
Istituto di Psicologia Sperimentale, eliminando dalla psicologia
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le nozioni metafisiche ed elevandola al grado di scienza esatta.
Spesso ci si riferisce a Wundt come al “padre della psicologia
sperimentale” o al “fondatore della psicologia moderna”.
Wundt era persuaso che la psicologia del sogno avesse l'obbligo
di derivare da una fisiologia del cervello nel sonno. Egli fece
osservare come l’attività onirica fosse da un lato caratterizzata
dalla riduzione della funzione mnemonica e razionale e,
dall’altro, da un aumento dell’attività nei centri sensoriali
connessa all’insorgere di emozioni e associazioni. Wundt
osservò, quindi, che mentre in alcune zone cerebrali vi era un
aumento di alcune funzioni, in altre si riscontrava una riduzione.
Nello studio psicologico del sogno, notevole attenzione è
riservata alle auto-osservazioni di due parigini: Alfred Maury
(1817-1892) e il marchese Hervey de Saint-Denis (1822-1892).
Per lo scienziato francese Maury, l’elemento principale in ogni
allucinazione ipnagogica si componeva di uno stimolo che
traeva origine dal sistema nervoso periferico e che metteva in
moto un’illusione sensoriale data da un ricordo visivo che si
spingeva fino alle strutture nervose centrali.
Questa sua concezione sul sistema nervoso era sostenuta da due
noti fisiologi dell’epoca: Müller (1801-1858) e Purkinje (17871869).
Maury, risvegliando a intervalli regolari alcuni soggetti
addormentati, dedusse che solo di rado si ottenevano dei ricordi
del sogno, giungendo così ad indebolire l’ipotesi del sogno
permanente. Il sogno diveniva, quindi, un evento occasionale,
un’attività che sopraggiungeva nel momento in cui il sonno era
più superficiale: o durante l'addormentamento sotto l'influsso di
stimoli esterni, o prima del risveglio. Il fenomeno del sogno
dipendeva, perciò, dalla qualità del sonno e dalla sua interazione
con lo stato di veglia; esso iniziava pertanto a configurarsi come
un fenomeno fisiologico.
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In alcuni dei suoi esperimenti, Maury fece riferimento al
marchese Hervey de Saint-Denis, anch’egli praticante l’autoosservazione sistematica.
Hervey, docente di lingua cinese al Collège de France,
affermava di essere in grado di controllare i propri sogni. Nel
suo libro “Les rêves et les moyens de les diriger” egli mise in
rassegna alcune tra le più importanti ipotesi psicologiche sul
sogno, e proseguì sottolineando l’importanza dei ricordi infantili
e della loro repressione (Hervey, 1995).
Il metodo utilizzato da Hervey per controllare i sogni era simile
a quello di Maury: occorreva preliminarmente stabilire una
connessione tra una sensazione e una persona o idea, per poi
tentare di serbare memoria della sensazione percepita nel sonno
in modo da attivare la voluta associazione. Egli sosteneva non
solo che i sogni potessero essere studiati direttamente, ma che la
loro analisi costituisse un metodo prezioso per investigare
fenomeni quali le allucinazioni della follia. Nel sogno, quindi,
l’immagine visiva altro non era che la trasposizione di un’idea;
quest’ultima rappresentava, così, l’elemento sostanziale nel
sogno.
Più di chiunque altro, Hervey si interessò ai sogni da lui
considerati
“supersensoriali”,
ovvero
sogni
che,
seppur
spontanei e strani, rispecchiavano l’attività mentale secondo una
simbologia estremamente chiara.
Hervey de Saint-Denis ed Alfred Maury furono considerati i
precursori della scienza moderna del sonno e dei sogni per via
delle
ricerche
condotte
con
scrupolosa
metodica,
e
dell’atteggiamento critico nei confronti di alcune teorie ritenute
superstiziose e gratuite.
A partire dal XX secolo, gli studi e le ricerche sul sogno che si
muovevano sulla scia dei positivi risultati scientifici ottenuti
subirono una brusca interruzione; essi furono parzialmente
screditati e in larga misura adombrati dall’enorme successo che
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ebbe la teoria psicoanalitica dei sogni formulata da Sigmund
Freud.
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II LA PSICOANALISI DI FREUD
II.1 Freud e il progetto di una psicologia scientifica
Il XX secolo ha visto
l’affermarsi
di
un’intuizione decisiva
per
la
storia
psicologia
della
e
della
neurobiologia:
la
nascita
della
psicoanalisi
Sigmund
segnata
di
Freud,
ufficialmente
dalla pubblicazione de
“L’interpretazione dei
sogni” (1900).
L’inconscio e le teorie
psicoanalitiche,
soprattutto nelle loro forme più divulgate, sono penetrati da
tempo negli atteggiamenti e nei comportamenti comuni,
cosicché è divenuto spesso arduo comprendere fino a qual punto
essi abbiano influenzato e trasformato la società odierna. La
psicoanalisi ha sconvolto e arricchito non soltanto la scienza
medica, ma altresì il mondo concettuale
degli artisti, dei
curatori d’anime, degli storici e degli educatori.
Muovendo da un dominio prettamente medico, la psicoanalisi ha
dunque rivestito un’importanza decisiva per la vita degli
individui: l’intuizione rivoluzionaria che la psiche celi in sé più
livelli autonomi, indipendenti dalla volontà conscia del
quotidiano, costrinse a rivedere molte delle convinzioni che
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l'uomo si era fatto sulla propria libertà di scelta, sul fondamento
delle proprie leggi morali, sulle reali intenzioni di ogni suo atto.
Interamente basata su presupposti ricavabili dalle scienze
fisiche, il progetto di psicologia scientifica, nelle intenzioni di
Freud, avrebbe dovuto «rappresentare i processi psichici come
stati quantitativamente determinati [...] al fine di renderli chiari e
incontestabili». (Freud, 1895, trad. it. 1968, p. 201).
Al tempo stesso Freud, ben consapevole che le sue storie
cliniche poco avessero in comune con una relazione scientifica,
teneva a sottolineare di essere un neuropatologo, per fare così
fronte ad alcune possibili contraddizioni che immaginava
provenire dal mondo scientifico. Le sue storie cliniche dovevano
perciò essere giudicate come casi psichiatrici, e per rientrare in
ambito medico, volle paragonare la psicoterapia catartica a
interventi
chirurgici,
rilevando
analogie
tra
cure
psicoterapeutiche con l’apertura di una cavità purulenta.
Nel progetto, Freud presumeva che il sistema nervoso fosse
privo di inibizione o contatto sinaptico ed incapace di smarrire,
disfare o eliminare l’informazione: in sostanza, esso era un
deposito passivo di informazioni, non in grado di produrne e
adatto a liberarsene solo attraverso qualche azione motoria.
Oggi si ritiene che nessuna di queste congetture corrisponda al
vero, e la quasi totalità degli psicoanalisti moderni ritiene le
ipotesi freudiane sull’energia psichica interamente superate.
Vi sono tre concetti, scaturiti dalle antiquate concezioni
neurobiologiche di Freud, che risultano fondamentali per la sua
teoria del sogno.
Il primo di essi riguarda la fonte dell’energia presente nel
sistema nervoso che, secondo Freud, proviene interamente
dall’esterno e non da fonti energetiche interne. In conseguenza a
questa errata idea, il sistema nervoso veniva considerato soltanto
capace di azione riflessa e non in grado di possedere ritmi
intrinseci.
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Il secondo concetto si riferisce al fatto che il flusso dell’energia,
una volta entrato nel sistema nervoso, potesse essere dissipato
unicamente attraverso una scarica motoria. L’errore di Freud, in
questo caso, è dovuto all’omissione del concetto di inibizione.
L’ultimo dei tre concetti è incentrato sulla trasmissione
dell’energia. Secondo Freud, il sistema nervoso riceve dal
mondo esterno un’energia identica per quantità o per qualità: è
negata, pertanto, qualsiasi trasduzione dell’energia esterna agli
accessi periferici del sistema nervoso.
Tali concetti, connessi tra loro, attestano che per Freud l’attività
mentale e il sistema nervoso sono pienamente dipendenti
dall’energia e dalle informazioni esterne.
Queste idee sono confluite nella nozione dell’inconscio
dinamico, e sono poi penetrate nella teoria del sogno con
l’inclinazione dei desideri inconsci a prorompere durante il
sonno, quando le forze difensive dell’Io sono attenuate.
Freud decise di abbandonare il progetto di una psicologia
scientifica basata sui principi della neurobiologia. Intuì che i
modelli funzionali che stava tentando di descrivere in termini
fisiologici potessero esistere come modelli di funzionamento
mentale. Egli intuì che lo studio di quei modelli, ricondotto
esclusivamente a termini fisiologici, fosse un errore: occorreva
studiarli in termini psicologici.
Questa intuizione portò comunque Freud ad auspicare che, col
passare degli anni, si scoprisse la base neurobiologica dei
fenomeni da lui scoperti. La neurofisiologia, tuttavia, non ha più
tentato alcuna indagine in questa direzione.
II.2 La teoria psicoanalitica del sogno
Nel 1900, Freud pubblica “L’interpretazione dei sogni”, da
molti ritenuto il suo libro più significativo. L’opera, che è
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soprattutto il frutto dell’autoanalisi di Freud, non ha soltanto
come oggetto l’interpretazione dei sogni, ma l’intero problema
della personalità profonda che sta alla base del sogno. Essa
mostra la realtà che si esprime nel sogno.
È possibile descrivere la teoria psicoanalitica del sogno nei
seguenti termini: l’Es, può essere definito come il deposito
dell’energia vitale, l’insieme caotico e turbolento delle pulsioni
legate all’istinto; il Super-Io che è la censura morale, l'insieme
delle proibizioni sociali avvertite dalla psiche come costrizione;
l'Io che è la coscienza mediatrice prodotta dai due movimenti
contrastanti dell'Es e del Super-io.
Secondo Freud, l’Es doveva rappresentare ciò che, pur agendo
dall’interno e determinandone il comportamento, viene vissuto
come qualcosa di estraneo, come una forza in contrapposizione
con l’Io, nel quale la persona si riconosce.
Il compito di mediazione è un’incombenza decisamente gravosa,
cosicché l’Io avverte la necessità di riposare: si ritira
dall’investimento del mondo esterno e simultaneamente
diminuisce il controllo sugli impulsi inconsci dell’Es, in
precedenza rimossi. Queste forze inconsce, o desideri, tentano di
fuggire dal loro ambiente angusto e battono alla porta della
coscienza. Ma non sono graditi: lasciandoli andare, con la loro
sregolatezza turberebbero la coscienza. Ponendo così fine al
sonno.
Secondo Freud, la forza motrice del sogno scaturisce
dall’energia repressa che dà vita all’impulso inconscio.
L’elemento formale comune nei sogni è spiegato con
l’abbinamento fra desiderio inconscio e residuo diurno.
Certamente, l’elemento formale più caratteristico dei sogni è la
bizzarria,
da
intendersi
come
la
variazione
strana
e
apparentemente insensata del tempo, del luogo e delle persone,
l’incongruità della trama, dei personaggi e dell’azione, le
incertezze del pensiero: aspetti, questi, che vanno imputati al
mutamento del materiale inconscio.
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Nel sogno, i desideri inconsci e repressi si realizzano mediante
l’immaginazione, liberandosi: in questo senso, il sogno viene
concepito da Freud come l’appagamento di un desiderio. Questa
realizzazione si attua in forma allucinatoria tramite dei
camuffamenti che rendono accettabili alla coscienza i contenuti
rimossi.
Il sogno ha un contenuto manifesto, quale appare al sognatore
che racconta il proprio sogno: esso può risultare incoerente o
anche prendere la forma di una storia dotata di una certa
logicità, ma il racconto di un proprio sogno é comunque
un'elaborazione secondaria; è questo rimaneggiamento che porta
a renderli, in linea di massima, comprensibili. Il vero significato
del sogno non é quindi reperibile in questo stadio, ma è insito
nel contenuto latente che é stato trasformato durante l’attività
onirica. Pertanto, esso va ricostruito ripercorrendo a ritroso il
lavoro svolto dal sogno: è in questa paziente attività che consiste
l'interpretazione dei sogni.
Il sogno, pertanto, non è da considerarsi come un fenomeno
arbitrario e casuale, completamente estraneo ad ogni schema
logico; esso costituisce, invece, il risultato di un lavoro
dell'inconscio che elabora i dati secondo una propria logica. Le
componenti del sogno sono formazioni sostitutive, ossia simboli,
rappresentazioni indirette e figurate di conflitti o desideri
inconsci: si tratta, allora, di individuare che cosa simboleggi
ciascuna componente del sogno. Ma questo é possibile
solamente
tenendo
presenti
le regole “sintattiche” che
presiedono al collegamento dei vari e disparati elementi: sono le
regole
di
“condensazione”
e
di
“spostamento”.
La
condensazione é la tendenza a fondere, in uno solo, più elementi
connessi tra loro. Lo spostamento consiste nel trasferimento di
interesse da una rappresentazione ad un'altra; esso permette,
grazie ad associazioni, di passare dai contenuti rimossi ad altri
che appaiono più neutri sul piano emotivo. Facendo un uso
appropriato di tali regole, l'interpretazione può pervenire alla
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decifrazione del sogno che, al termine dell'analisi, non sembrerà
più un semplice racconto fatto per immagini, ma un insieme
coerente e intelligibile di pensieri.
A parere di Freud, la censura che impedisce l'emergere alla
coscienza di contenuti rimossi opera non solo nel sogno, ma
anche in altri comportamenti della vita quotidiana: è il caso delle
amnesie temporanee, dei lapsus, di particolari automatismi
gestuali o involontari o, ancora, dei motti di spirito.
Il simbolismo onirico freudiano fu oggetto di numerosi riesami
per il suo schematismo e per l’eccessivo peso di contenuti a
sfondo sessuale e, in particolare, per i risvolti rivoluzionari
legati alla scoperta della sessualità infantile.
Freud sostenne la centralità della sessualità nell’esistenza
umana, mettendo in evidenza come le pulsioni che stanno alla
base della vita siano sessuali e come al sesso sia legata perfino il
processo di civilizzazione. Per poter conferire alla sessualità un
così centrale ruolo, Freud si vide costretto a concepirla in
un’accezione piuttosto ampia, giungendo a proporre la tesi
secondo cui la rimozione graduale della sessualità dalla società
sia da attribuirsi al fatto che essa è sempre stata concepita in
maniera troppo limitata e inquadrata in rigide regole tese ad
inibirla. Non potendola eliminare, si tende a limitarla a funzioni
procreative
nell'ambito
matrimoniale,
arrivando
così
a
considerare moralmente inaccettabili forme di sessualità
"diverse" (come quella non volta alla procreazione, quella
omosessuale, quella extramatrimoniale), e a rimuovere quel
carattere di sessualità intrinseco a molte realtà. Queste ipotesi
alquanto ardite costarono non poco a Freud.
Tra la generale disapprovazione e costernazione per le tesi
enunciate, Freud registrò il sostegno al suo simbolismo da parte
di Theodore Reik in un articolo che quest’ultimo pubblicò nel
1920.
Il contenuto del sogno, affermava Freud, si può far sempre
risalire ad esperienze precedenti. Nella concezione freudiana la
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memoria durante il sogno gode di capitale importanza, in quanto
mediante
essa
il
sistema
nervoso
costruisce
da
sé
l’informazione. Egli, inoltre, sosteneva che nulla di ciò che si è
una volta posseduto intellettualmente può andare interamente
perduto. Tuttavia, i risultati di taluni esperimenti sulla
reminiscenza dei bambini mostrano che i ricordi d’infanzia, in
realtà, vanno generalmente perduti.
Una volta screditati tali presupposti, le analisi di Freud crollano
rovinosamente.
L’idea di Wundt sulla natura visiva dei sogni che si potesse
collegare ad immagini originate dalla stimolazione del sistema
visivo, fu respinta da Freud. È però noto che il sistema visivo si
autoattiva
nel
sonno
REM,
anche
se
l’origine
dell’autoattivazione è il cervello e non la retina.
Freud ritenne infondate le origini sulle teorie dei sogni che
valutavano la percettibilità organica vegetativa come costruttore
dei sogni, compresi gli stimoli somatici interni che venivano
considerati come una delle fonti dei sogni in certe situazioni
morbose.
Sempre ne “L’interpretazione dei sogni”, Freud cerca di dare
una spiegazione al fatto che i sogni vengono dimenticati dopo il
risveglio. Alcuni dei suoi predecessori avevano supposto che
all’origine di questo processo ci fosse un cambiamento nella
modalità di memorizzazione legato agli stati di veglia e di
sonno.
Pur criticando le varie spiegazioni in merito, Freud sostenne che
i ricordi del sogno sono ricacciati a forza nell’inconscio da cui
sono emersi: vengono cioè rimossi.
L’intuizione che la scienza moderna del sogno non nega è che vi
sia nei sogni un’associazione di fattori personali e significativi
quali gli istinti, le emozioni, le esperienze recenti o remote.
Tutti questi fattori, che possono essere consci o inconsci,
concorrono alla formazione della trama del sogno.
20
Per quanto riguarda la funzione del sogno, Freud raggruppa le
teorie già esistenti in tre categorie:
1. Condizione di stato. Secondo Delboeuf, un cambiamento
nello stato del cervello durante il sogno produceva un
cambiamento dello stato psichico.
2. Capacità ridotta. Secondo Binz, durante il sogno i
cambiamenti dell’attività mentale sono da rintracciare in
una riduzione dell’attività cerebrale, che permette alle
cellule corticali di riprendersi dalla stanchezza per avere
maggiore lucidità nei periodi successivi di veglia.
3. Capacità speciali. Alcune teorie affiancarono all’attività
onirica una funzione utilitaria. Secondo il fisiologico
Burdach, il sogno è un’attività libera e naturale della
mente, è una vacanza della mente.
Al sogno Freud attribuisce una funzione protettiva anziché
positiva. La critica che mosse Freud ai suoi predecessori
consisteva non solo nel fatto che essi non fossero riusciti ad
elaborare una teoria sul sogno, ma che considerassero i sogni
come il prodotto privo di senso di un’attività cerebrale carente di
organizzazione.
Secondo Freud, tutti i sogni di una notte trattano un singolo
tema. Diede sostegno a quest’idea Alexander (1925) il quale
mostrò, sia pur attraverso una labile dimostrazione, come coppie
di sogni siano capaci di elaborare in sequenza lo stesso tema.
Diversi sogni contengono scene di punizione, sensazioni
spiacevoli altri sensi di angoscia; in questi casi, Freud fece
intendere che il sogno, piuttosto che la realizzazione di un
desiderio, rappresenta il tentativo di realizzarlo che diviene a
volte velleitario. Nei sogni ricorrenti l’esperienza traumatica è,
appunto, il fallimento della rimozione che permette all’evento di
riproporsi.
Nonostante le numerose riprovazioni e confutazioni di cui sono
state oggetto, le teorie freudiane seguitano ad esercitare
un'influenza decisiva sui modelli comportamentali e sulla
21
cultura contemporanea in generale (è quanto dimostrato
dall’ampia divulgazione delle sue opere). Diverse sono le
discipline che ne hanno subìto l’influsso: oltre alla psicologia e
alla psicopatologia, che esprimono in massimo grado il loro
debito nei confronti di Freud, la psicoanalisi ha saputo
condizionare le ricerche di carattere sociologico, nella
pedagogia e nell'antropologia. Né va trascurato l’orientamento
psicanalitico in taluni fenomeni artistico-letterari, nella storia e
nella mitologia.
II.3 La revisione della teoria freudiana
Le teorie psicoanalitiche sono state dapprima disapprovate, poi
esaltate per un certo periodo e infine, nella seconda metà del XX
secolo, ridimensionate e sottoposte a numerose riesami a causa
sia dei metodi poco scientifici, sia dei contenuti. Permane
tuttavia la convinzione che gli studi di Freud sull’inconscio
abbiano inciso in misura straordinaria su ogni manifestazione
culturale del XX secolo. Alcune incertezze si erano del resto
manifestate sin dai primi anni. Freud stesso ha più volte
rimarcato che, dopo aver pubblicato “L’interpretazione dei
sogni”, aveva poi proseguito per lungo periodo, in assoluta
solitudine e nell’indifferenza generale, quando non addirittura
tra l’aperta ostilità della scienza accademica, la sua ricerca
sull’inconscio attraverso l’interpretazione dei sogni.
Freud metteva in risalto l’importanza della teoria dei sogni,
ritenendola un punto di svolta da cui far partire la
trasformazione della psicoanalisi da metodo empirico di
psicoterapia in un’autentica psicologia del profondo. Ma i suoi
postulati vennero male interpretati da vari studiosi, a tal punto
che Freud decise di rivedere sostanzialmente le sue idee e di
correggere taluni errori rinvenuti nei suoi lavori scritti.
22
Freud stesso provvide ad enumerare quattro equivoci ricorrenti
che riguardavano le sue ipotesi.
Il primo errore commesso da numerosi psicoterapeuti e
psichiatri fu quello di tralasciare la distinzione sostanziale tra
contenuto manifesto del sogno e pensieri onirici latenti. Il
secondo equivoco consisteva nell’ingannevole incompatibilità
tra i sogni angosciosi e gli incubi e la teoria del sogno come
realizzazione di un desiderio. Un terzo equivoco scaturiva dalla
predisposizione a dimenticare che i sogni, in assenza di
associazioni libere da parte del soggetto, sono impossibili da
interpretare. Il quarto ed ultimo malinteso riguardava il
considerare che l’essenza di un sogno fosse il processo della sua
elaborazione. Alcuni studiosi, però, ritengono questa revisione
abbia rappresentato per Freud un motivo in più per ribadire i
punti fondamentali delle sue ipotesi, piuttosto che una occasione
di revisione concettuale.
Le scoperte sul sogno ebbero inizio dall'osservazione del
movimento rapido degli occhi nello stato di sonno e dall'idea
che esso fosse in concomitanza con l’attività onirica. Da tali
osservazioni seguirono, negli anni successivi, studi mirati
all’analisi dei processi neurofisiologici concomitanti.
Una certa importanza acquistano in questo senso i lavori di
Hobson e di McCarley, i quali tentarono di formulare una ipotesi
sulla genesi cerebrale del sogno, da essi definita “ipotesi
attivazione-sintesi”.
II.4 La riflessione critica di Hobson alla teoria psicoanalitica
di Freud
È fuor di dubbio che la teoria dei sogni più conosciuta al mondo
sia tuttora quella elaborata da Sigmund Freud. Ma un attento
esame delle tesi freudiane condotto da numerosi studiosi ha
23
svelato la sostanziale volubilità delle fonti e degli enunciati di
questa teoria.
Fra le varie riflessioni sulla teoria freudiana, vale la pena qui
riportare le valutazioni teoriche dello studioso americano Allan
J. Hobson.
I vari contributi offerti da Hobson si basano su una serie di dati
di laboratorio, comunque non del tutto esenti da critiche mosse
in larga parte dagli psicoanalisti. In effetti, Hobson mostra
apertamente di disapprovare la psicoanalisi freudiana, e non fa
uso di mezzi termini nella sua disquisizione.
Il sogno viene inteso da Hobson come trasparente, non opaco;
esso rappresenta il risultato di una attività creativa, di una
«sintesi», e non si configura come un camuffamento che esige
una decifrazione enigmatica.
Una delle critiche che Hobson muove a Freud è relativa al fatto
che la psicoanalisi, per sviluppare e sostenere le sue idee, si
aggrappi in modo eccessivo ad una filosofia meramente teorica.
Hobson non ritiene di dover considerare la psicoanalisi una vera
scienza, almeno per due importanti ragioni.
In primo luogo egli esclude che la teoria freudiana, non
basandosi su dati empirici, possa essere ritenuta scientifica; gli
stessi dati della teoria psicoanalitica del sogno si poggiano su
elementi privi di consistenza e non dimostrabili secondo i canoni
propri del metodo scientifico. La seconda ragione, per Hobson,
risiede nella non oggettività dei dati raccolti: l’intero materiale
dell’interpretazione dei sogni è soggettivo e crea i presupposti
per una costruzione logica che non si presta a una diretta
verificazione sperimentale. Sulla stessa linea, diversi medici
americani negarono alla psicoanalisi dignità di scienza, in
quanto essa non sembrava in grado di fornire argomentazioni
dotate del necessario rigore scientifico partendo dai suoi
postulati.
Freud tentò di controbattere alle critiche, mettendo in
discussione in astronomia la non scientificità degli esperimenti
24
pratici condotti sui corpi celesti. Ma era fuor di dubbio che la
teoria freudiana trascurasse due criteri basilari della scienza: le
osservazioni quantitative e le misurazioni esatte. Criteri che
peraltro, in astronomia, venivano soddisfatti; è infatti noto che,
sulla base di alcuni dati derivanti sull’osservazione quantitativa,
è stato possibile descrivere i moti dei corpi celesti consentendo
in tal modo predizioni valide ed accurate.
Al contrario, osservazioni e predizioni sul sogno non sono
emerse dalla psicoanalisi, bensì dalla fisiologia.
L’atteggiamento incerto di Hobson nei confronti di Freud si
intensifica contro la convinzione che l’interpretazione dei sogni
fosse simile all’interpretazione dei miti. Non solo: secondo
Freud, l’interpretazione psicoanalitica conferiva una certa
plausibilità all’interpretazione dei miti, e viceversa. Freud, forse
inconsapevolmente, si era così di molto allontanato dal suo
tentativo di rivendicare alla psicoanalisi una dignità scientifica.
Hobson sottolinea altresì le differenze che intercorrono tra il
modello psicoanalitico e il modello di attivazione-sintesi, da lui
sostenuto. Il modello psicoanalitico di Freud prescinde da
qualsiasi premessa di tipo cerebrale: la bizzarria dei sogni deriva
dal principio di camuffamento ad opera della censura. Quindi, il
movente
dei
sogni
è
costituito
dai
desideri
inconsci
inammissibili oltre che dai residui diurni. Al contrario, il
modello attivazione-sintesi di più recente formulazione si basa
su principi di carattere cerebrale. La stranezza dei sogni è
attribuibile alle proprietà del sonno REM, in cui sono assenti la
concezione spazio-tempo e le regolazioni chimiche necessarie
per il ragionamento logico. Il sogno, quindi, è il frutto
trasparente di una inconsueta elaborazione delle informazioni.
Sulla base di dati fisiologici e di una serie di osservazioni
chimico-neurologiche piuttosto varie e complesse, Hobson
prova a screditare la teoria psicoanalitica del sogno, la quale
basa sull’idea inesatta che il sistema nervoso centrale (SNC),
incapace di produrre energia propria, abbia l'obbligo di ricavarla
25
dal mondo esterno e dagli impulsi organici. E’ invece
ampiamente dimostrato come il cervello sia in grado di creare
autonomamente energia, indipendentemente dalle fonti non
neurali.
L’obiettivo di Hobson, quindi, è quello di mostrare la validità di
una teoria psicofisiologica secondo la quale la struttura dei sogni
è connessa all’attività cerebrale durante il sonno, e il cervello
prima si attiva nel sonno e poi crea ed integra le sue stesse
informazioni sensoriali e motorie elaborandone una sintesi.
La teoria di attivazione-sintesi propone un concreto meccanismo
cerebrale indispensabile perchè i sogni abbiano luogo. Questa
teoria non lascia spazio ad alcun significato nascosto, e
l’elaborazione dell’informazione altro non è che una delle
diverse funzioni del sogno.
26
III IL CERVELLO COME MACCHINA DEI SOGNI
III.1 La scoperta della fase REM
Tra il XVIII e il XIX secolo si giunse alla convinzione che le
sensazioni cinestesiche delle nostre membra o l’immagine
retinica degli occhi generassero i sogni. Durante il secolo
appena trascorso, molteplici sono state le pubblicazioni sul
tema; esse portarono le varie concezioni a continue modifiche e
ampliamenti anche perché, di pari passo, progressi enormi
furono compiuti nelle scienze neuropsicologiche.
Tutto quello che oggi si conosce sul sonno è stato scoperto
grazie a specifiche analisi basate sul monitoraggio delle onde
cerebrali.
Intorno al 1930 furono costituiti numerosi laboratori del sonno
(il primo, tra l’altro, fu fondato a Bologna) nei quali veniva
condotta, finalmente, un’analisi profonda del fenomeno in
questione senza interferire su di esso. Ai volontari, per lo più
studenti, furono impiantati elettrodi sulla pelle dello scalpo e sul
viso
per
rilevare
l’attività
elettrica
cerebrale
(elettroencefalogramma, EEG), il movimento degli occhi
(elettro-oculogramma, EOG) e, per finire, la contrazione
muscolare (elettromiogramma, EMG). Sono soprattutto questi
tre parametri che hanno consentito agli studiosi penetrare
l’oscurità che avvolgeva la conoscenza dell’attività onirica.
Negli anni cinquanta, monitorando le oscillazioni degli impulsi
elettrici connessi allo stato di coscienza dei soggetti, alcuni
studiosi osservarono un nesso fra gli stati dinamici dell’attività
cerebrale e quelli della mente. In questo periodo fu sancita, in
via definitiva l’esistenza, oltre allo stato di sonno e di veglia, di
un terzo stato funzionale della mente-cervello: il sonno REM.
27
Il merito della scoperta del sonno REM è da attribuire ad
Aserinsky, Kleitman e Dement. I loro lavori sul sonno REM,
pubblicati nel 1953, 1955 e 1957, descrivono sia l’importanza
fisiologica e sia la connessione con l’attività onirica.
La comparsa della fase REM si ravvisa circa 130 milioni di anni
fa, in coincidenza della differenziazione dei mammiferi dai
monotremi; tale fase si è evoluta nel tempo, restando una
funzione esclusiva dei mammiferi.
Gli studiosi hanno evidenziato che il sonno non è uguale per
tutta la sua durata, ma è caratterizzato dalla presenza di due fasi
principali:
•
la fase non REM (sonno ortodosso);
•
la fase REM (sonno paradosso).
Il termine REM deriva dal fatto che, durante tale fase, gli occhi
si muovono con movimenti ritmici rapidi (dall'inglese rapid eye
movements = movimenti oculari veloci). In questa fase, che si
verifica normalmente 4 o 5 volte per notte, si fanno sogni molto
intensi.
Il termine “sonno paradosso” deriva dal fatto che l'elevata
attività cerebrale e i rapidi movimenti oculari che caratterizzano
questa fase sono in contrasto con il rilassamento generale dei
muscoli (figura 1).
Figura 1. Modello per sistemi dell’attività della regione pontina
gigantocellulare.
28
Durante la notte si verificano diversi cicli del sonno della durata
di 90 - 100 minuti caratterizzati dal passaggio attraverso vari
stadi del sonno e la fase REM (figura 2).
Nel primo stadio, l’attività cerebrale rallenta e le onde alfa
dell'elettroencefalogramma - tipiche dello stato di veglia in
rilassamento ad occhi chiusi - vengono sostituite da ondulazioni
abbastanza regolari. Quando si passa al secondo stadio, ovvero
“sonno leggero”, prevalgono le onde con brevi esplosioni di
attività cerebrale o “fusi del sonno”. Invece, nel terzo stadio
chiamato “sonno profondo”, le onde cerebrali diventano lente e
ampie: è il primo sonno vero e dura circa la metà del tempo
totale del sonno. Il quarto stadio, o “sonno profondo effettivo”, è
quello del sonno più profondo che si registra quando il nostro
organismo si rigenera. Le onde corrispondenti all’attività
cerebrale di questo momento sono piuttosto lente.
Figura 2. Istogramma che mostra i vari stadi del sonno all'interno di
una normale notte di sonno.
La prima fase REM dura circa dieci minuti per poi aumentare
progressivamente la sua durata giungendo, sul far del giorno, a
quasi sessanta minuti. Tale stadio si presenta, ad intervalli
regolari, da quattro a sei volte per notte. La quantità totale di
sonno REM nel corso della vita è soggetta ad una progressiva
diminuzione: in un neonato esso copre quasi il 40-50% del
sonno totale, per scendere inesorabilmente al 20-25% nell’età
adulta. Ma la pionieristica opera di Kleitman e Aserinsky si
29
spinse oltre. Nel 1955, i due ipotizzarono una relazione tra fase
REM e sogno. Essi trovarono che nell’80% dei casi i soggetti
risvegliati durante la fase REM ricordavano un sogno mentre, se
il risveglio avveniva durante la fase
NREM, i soggetti
ricordavano un sogno solo nel 20% dei casi. Tali dati, due anni
dopo, furono sostanzialmente confermati da Dement e Kleitman.
Inoltre, si osservò come gli stadi più profondi di sonno NREM
vengano “saltati” nell’ultima parte della notte e i periodi di
sonno REM divengano più lunghi e prevalenti. Questa è la
ragione per cui, di solito, al risveglio si ricordano i sogni
dell’ultima parte della notte.
I vari studi fatti sul sonno concordano nell'affermare che sia il
sonno REM che quello NREM sono necessari per essere in
buona salute, ma ancora non si conosce bene il ruolo specifico
di ognuno di essi. Sappiamo che durante il sonno non REM si ha
una produzione elevata dell’ormone della crescita che è vitale
per la salute fisica, mentre nel sonno REM aumenta il flusso
sanguigno verso il cervello e questo è utile per la salute mentale.
Se una persona è disturbata in fase REM o nel momento di
sonno profondo, facilmente presenterà sintomi di stress e di
nervosismo.
Parallelamente alla scoperta del sonno REM da parte di
Aserinsky e Kleitman, in Francia, il neurochirurgo Jouvet
condusse alcuni esperimenti per comprendere meglio la base
dell’apprendimento cerebrale.
Micheal Jouvet, studiando il sonno dei gatti, arrivò alla
conclusione che il sonno fosse un fenomeno “attivo ed
energetico”. Nell'uomo, difatti, il cervello che pensa si trova
nelle stesse condizioni energetiche del muscolo che lavora. In
poche parole, passando dalla fase di rilassamento alla fase
d’attività cerebrale intensa, il consumo di glucosio nelle aree
corticali raddoppia. Questo significa che il nostro cervello si
affatica anche durante il sonno proprio come un muscolo
durante uno sforzo.
30
Jouvet fu anche il primo ad affermare che nell’area del ponte vi
sono i movimenti laterali oculari e i cambiamenti cardiorespiratori che si manifestano insieme ai segni elettrici.
Considerando che il ponte, unitamente al bulbo, è sufficiente per
la manifestazione del sonno paradossale, è a livello di queste
strutture che devono incontrarsi i sistemi detti “esecutivi”,
conduttori sia della comparsa periodica che dello sviluppo del
sonno paradossale.
Le operazioni principali nel sonno paradossale eseguono due
attività essenziali tra loro. «Da un lato, esse mettono in gioco un
sistema endogeno di eccitazione cerebrale attraverso l’attività
PGO (ponto-genicolo-occipitale). Questa stimolazione comporta
l’eccitazione dei sistemi sensoriali e dei sistemi motori. In tal
modo, degli impulsi motori discendenti rispondono a queste
stimolazioni e si propagano al midollo spinale per innescare
gesti e comportamenti. È per impedire quest’attività motoria che
deve entrare in funzione un secondo meccanismo» (Jouvet M.,
1992, trad. it. 1993, p. 44). Dalla regione del ponte parte
un’attiva inibizione che porta l’atonia muscolare del dormiente.
Nel controllo del sonno NREM hanno un ruolo di primaria
importanza alcune aree del cervello, quali: le regioni preottiche,
i nuclei intralaminari del talamo ed i nuclei bulbopontini. In
quest’ultimi nuclei vi sono: il locus coeruleus che produce la
noradrenalina e si trova nel ponte, e il nucleo dorsale del rafe
che si trova nel bulbo e produce la serotonina.
In queste aree vi sono neuroni che mostrando una grande attività
durante la veglia ed il sonno non REM, fino a raggiungere un
minimo di attività durante il sonno REM: vengono definiti
cellule REM-off. Tali cellule sono situate nella regione
peribrachiale e hanno una funzione inibitoria. Ed è grazie a tale
inibizione che noi rimaniamo paralizzati e non eseguiamo
nessun tipo di azione.
31
In talune circostanze, sfuggono a quest’intensa inibizione alcuni
impulsi motori vigorosi che provocano piccoli movimenti delle
orecchie o delle dita.
III.2 L’ipotesi attivazione-sintesi di Hobson
Vasto consenso fra i neuroscienziati ha raccolto la teoria sul
sogno denominata “Modello Attivazione-Sintesi” proposta da
Hobson e McCarley sul finire degli anni Settanta.
L’ipotesi
di
attivazione-sintesi
descrive
lo
stato
D
(desyncronised o dreaming) come processo di attivazione
autonoma da parte del tronco encefalico. La suddetta attivazione
funziona come un generatore interno di informazioni sensoriali
che produce immagini, emozioni e sensazioni in modo del tutto
casuale e motivazionalmente neutro. La memoria a lungo
termine fa una sintesi fra queste informazioni slegate e quelle
immagazzinate nel suo deposito. Il sogno, conseguentemente, è
il risultato di un processo sintetico costruttivo, in cui gli
elementi casuali derivati dall’attivazione richiamano gli
elementi più adeguati del bagaglio mnemonico, rivestendoli di
desideri e conflitti. Sempre Hobson ha avanzato l’idea che, ogni
notte, il nostro cervello necessiti di un paio d’ore di “follia
neurale” per riorganizzarsi, paragonando tale processo ad una
governante che, scrupolosamente, mette a soqquadro la casa per
poi riordinarla più a fondo.
In genere, colui che sogna non è cosciente di questo suo
particolare stato mentale, e pertanto crede reali le immagini e le
azioni che appaiono nel sogno.
Il sogno è contraddistinto da tre processi fondamentali:
1. l’attività del sistema nervoso centrale (SNC) che
corrisponde alla fase REM;
32
2. lo sbarramento delle afferenze sensoriali, basilare per
evitare risvegli da stimoli esteriori, e lo sbarramento
delle afferenze motorie, dovuto ad una inibizione dei
motoneuroni spinali;
3. la generazione di segnali interni che vengono vissuti, a
causa della interazione sensoriale, come provenienti
dall’esterno.
Le informazioni interiori derivano dall’esperienza, dalla
funzione mnemonica, dai resti diurni, ma anche - e soprattutto dalla disposizione psichica complessiva del soggetto. Secondo la
dottrina neurofisiologica, il sogno può essere interpretato come
una singolare modalità di pensiero, che consente al soggetto di
riprodurre il suo stato interiore. Il sogno è un momento di
riflessione ed un tentativo di soluzione di problemi o di conflitti
attraverso la rappresentazione drammatica. In termini succinti, è
in gioco l’intera complessità della struttura psichica del
sognatore; è quindi il sonno che permette l’emergere del sogno e
non viceversa.
Le funzioni che possiede il sogno sono diverse, e alcune di esse
poco comprensibili. Tra le più importanti è il caso di citare
quella che attiva i circuiti cerebrali, quella che mette in azione il
passaggio delle informazioni dalla memoria a breve termine a
quella a lungo termine ed, inoltre, la funzione capace di
eliminare una serie di informazioni insignificanti o superflue.
Nello stato mentale REM, colui che sogna si appresta a
processare quei dati appresi nell’esperienza dello stato di veglia,
e che ora fanno parte della sua sfera interiore.
In questo stato psichico si attiva il sistema PGO: un insieme di
onde che si presentano come manifestazione di un segnale
informativo che partono dal ponte per giungere al nucleo
genicolato e quello perigenicolato del talamo, per poi riprodursi
sia nella corteccia occipitale, sia nelle aree associative corticali.
Quest’ultimo dato spiega due fenomeni importantissimi
nell’attività onirica: il predominio di immagini (corteccia
33
occipitale) e la trasformazione dello spazio interiore a quello
esteriore (aree associative). Secondo
l’ipotesi attivazione-
sintesi, il cervello-mente elabora questi segnali e li interpreta nei
termini dell’informazione conservata nella funzione mnemonica.
Inoltre, si può asserire che il sonno sia il risultato del cervello
autostimolatosi attraverso segnali che partono dal tronco e
generatisi casualmente. Tuttavia, gli aspetti bizzarri e gli
elementi apparentemente privi di significato del sogno non sono
il prodotto di una censura o di un tentativo di camuffare i
desideri inconsci (come implica la teoria psicoanalitica); essi
sono semplicemente l’effetto di contorte associazioni che
vengono ricavate dalla memoria.
La teoria attivazione-sintesi di Hobson si sofferma su cinque
aspetti formali del sogno: l’allucinazione visiva e motoria;
l’accettazione dell’esperienza allucinoide come reale; la
deformazione bizzarra delle unità di tempo, luogo e persona
dove le leggi naturali sono violate; le emozioni intense capaci di
spezzare il sogno ed, infine, l’amnesia nel ricordare il sogno
quando è terminato.
Durante il sonno REM vengono prodotte delle immagini in
mancanza di informazione sensoriale esterna e di risposte
motorie. Tali immagini, secondo Hobson, si differenziano sia da
quelle vivide della veglia, sia da quelle che scaturiscono da
fantasie diurne non patologiche, a causa di una inferiore
intensità e credibilità rispetto alle immagini oniriche.
La teoria attivazione-sintesi spiega l’allucinosi sensomotoria
dell’esperienza onirica come effetto dell’attivazione dei circuiti
sensomotori del cervello: i neuroni di alto livello del sistema
visivo sono impiegati al medesimo tipo di segnale eccitatorio
fasico a cui sono sottoposti durante lo stato di veglia, e trattano
il segnale ricevuto come se giungesse dal mondo esterno. I
neuroni corticali vedono come se fossero svegli (Hobson A. J.,
1988, trad. it. 1992, p. 259).
34
Per Hobson, nel sogno come esperienza delirante, i segnali
prodotti sono anche considerati come un’esperienza reale. Di
conseguenza, nella mente-cervello che non riceve nessun tipo
d’informazione dal mondo esterno capace di strutturare
l’esperienza, la memoria diventa l’unico punto di riferimento. Il
passato, quindi, viene interpretato come se fosse il presente.
Pertanto, la mente-cervello non possedendo l’autoreferenza non
può garantire una stabilità interna.
Sulla base di queste valutazioni si sostiene che, per esprimere
l’attività onirica, bisogna adottare i termini allucinoide e
delirante, anche se non si tratta di una psicosi ma di una
esperienza mentale normale.
Secondo Hobson, l’affermazione secondo cui il sognatore
condivide tale esperienza come
naturale, risulta in conflitto
almeno con un’altra particolarità del sogno: l’aberrazione
spaziale e temporale. La percezione di questa aberrazione non
può che avvenire dopo il sogno, cioè da svegli, così come
sembra evidente e perfino banale, l’amnesia della produzione
onirica. Quest’ultima non è una caratteristica del sogno, ma una
caratteristica della mente cosciente rispetto al sogno.
L’attività mentale delirante e allucinoide del sonno REM
sbalordisce per la violazione delle leggi naturali.
Nella visione onirica l’orientamento dei luoghi, delle persone e
dei tempi presenta un’irregolarità non riscontrabile nella realtà.
Diverse leggi naturali non vengono osservate: nel sogno può
accadere di ignorare la forza di gravità per assecondare il
desiderio di volare, o mutare l’irreversibilità della morte.
L’estrema bizzarria di queste esperienze allucinoidi sono
accettate come se fossero reali solo se i segnali generati
internamente sono come proprietà simili - ma differenti per
intensità e sviluppo - da quelli che provengono dall’esterno.
La
teoria
attivazione-sintesi assegna l’aumento di una
intensificazione
delle
emozioni
(ansia,
stupore,
timore,
35
felicità…) all’attivazione dei centri emotivi e dei circuiti del
tronco cerebrale.
Il sistema neuromotorio del tronco, che genera l’aumento della
velocità del ritmo cardiopatico e respiratorio, può essere avviato
nell’ambito del processo neuronico che nel tronco cerebrale è
responsabile dell’attività REM. Può dimostrarsi non solo una
intensificazione delle parti centrali dell’emozione per mezzo
dell’attivazione del proencefalo, ma anche una retroattività
periferica dei processi indipendenti che mediano l’esperienza
emotiva.
L’ultimo aspetto formale su cui si sofferma l’ipotesi attivazionesintesi è l’amnesia.
Secondo Hobson la mancanza di memoria della gran parte dei
sogni è un aspetto cognitivo dei sogni stessi. La questione della
mancanza di memoria è rilevante, perché autorizza ad accedere
all’esperienza onirica soggettiva. Il ricordo è l’unico resoconto
del sogno dal punto di vista personale a nostra disposizione, e se
nemmeno un sogno venisse richiamato alla mente, tutto quello
che potremmo ricavare è il processo neurofisiologico del
cervello durante il sonno REM.
Per Hobson, il sonno REM inizia quando sono inattivi i neuroni
amminergici, deputati a regolare l’attività metabolica del
cervello.
Gli esigui ricordi derivano da una momentanea custodia
dell’esperienza onirica in un debole sistema di memoria a breve
termine: tale esperienza può essere conservata in modo
prolungato semplicemente se ci si risveglia, riattivando i neuroni
amminergici. Tuttavia, «se i segnali amminergici arrivano ai
molti neuroni dov’è depositata quella traccia, l’esperienza
percettiva e cognitiva del sogno potrà essere trasferita nella
memoria intermedia» (Hobson A. J., 1988, trad. it. 1992, pagg.
263 - 264).
36
Mediante il linguaggio onirico si esprime il sogno. Il linguaggio
onirico è un linguaggio caratterizzato prevalentemente da
immagini, di cui ne mantiene una qualità specifica: la sinteticità.
L’immagine fornisce un’informazione più rapida e sintetica
rispetto alla parola, e può assumere svariati significati.
Fenomeno, questo, che si sviluppa secondo due modalità di
linguaggio onirico: la condensazione e lo spostamento, ovvero la
possibilità che ha l’immagine di unirsi o di rimpiazzarsi ad
un’altra.
Oltre allo spostamento e alla condensazione, fanno parte della
struttura del linguaggio onirico il simbolismo e la mancanza del
concetto della contraddizione e di vettorialità del tempo.
Da ciò si deduce che le immagini del linguaggio onirico si
ricavano da immagini passate, immagini derivate da residui
diurni o dalla realizzazione di nuove immagini.
L’interpretazione dei sogni è una operazione al quanto
complessa e delicata, perché i sogni che si ricordano riguardano
esperienze oniriche significative e prettamente collegate con le
dinamiche psicologiche conflittuali o, comunque, più importanti
in quel momento per colui che sogna.
Possiamo dunque considerare che i sogni che si ricordano sono
velleità da visualizzare e, a volte, conflitti o problemi da
risolvere.
37
CONCLUSIONI
In questo elaborato si è voluto porre enfasi sul contributo
fondamentale che le scoperte neuroscientifiche hanno dato alla
comprensione dell’attività onirica nell’uomo.
Alla costruzione del complesso edificio intellettuale intorno
all’interpretazione dei sogni hanno contribuito molti autori. Su
tutti spicca, peraltro, Sigmund Freud. Egli fondò una teoria
dinamica ed evolutiva dei processi mentali e del comportamento
umano, osservando e chiarendo essenzialmente i modi in cui
desideri, impulsi, fantasie vengono trasformati e mascherati al
fine di tacitare gli universali conflitti e ansietà umane.
Freud sostenne che il sogno non fosse privo di senso, ma che
costituisse l’appagamento camuffato di un desiderio rimosso
scaturito dal risultato di un lavoro dell'inconscio che elabora i
dati secondo una precisa logica.
Nella teoria freudiana la memoria, durante l’attività onirica,
svolge una funzione rilevante, in quanto mediante essa il sistema
nervoso centrale crea da sé l’informazione che consente di far
risalire ad esperienze antecedenti il contenuto del sogno.
Il fulcro dell’interesse e della competenza di Freud è, pertanto,
l’evento psicologico del sogno come contenuto da interpretare,
secondo un suo modello psicoanalitico che prescinde da
qualsiasi premessa di tipo cerebrale.
Le critiche e le ostilità alla teoria psicoanalitica non tardarono,
però, a manifestarsi. Tra i numerosi detrattori, in questo lavoro
di tesi è dedicata particolare attenzione ad Hobson ed alla sua
teoria del sogno.
Per Hobson il sogno è il frutto di una costruzione creativa, di
una sintesi e non di un lavoro di nascondimento di significato
che richiede una chiave misteriosa di decifrazione. Infatti,
nell’ipotesi di attivazione-sintesi egli mostra, con dati fisiologici
e osservazioni chimico-neurologiche, come il sogno sia un
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processo di attivazione autonoma da parte del tronco encefalico
il quale agisce come un generatore interno di informazioni
sensoriali che produce una serie di immagini, emozioni e
sensazioni in modo casuale raggiungendo i centri cerebrali più
elevati. Nel sogno, l’organismo si trova in uno stato di
particolare distacco dal mondo esterno, come se fosse immerso
in un mondo interiore dove le informazioni sono concepite dalle
zone più remote del cervello.
L’obiettivo di Hobson, quindi, è quello di mostrare la validità di
una teoria psicofisiologica secondo la quale la struttura dei sogni
è connessa all’attività cerebrale durante il sonno, e il cervello
prima si attiva nel sonno e poi crea ed integra le sue stesse
informazioni sensoriali e motorie elaborandone una sintesi.
L’impegno di Hobson è continuamente indirizzato alla
dimostrazione che il sogno è un’attività ricca di significato, ma
lo è in modo trasparente, non oscuro.
Indipendentemente dalle differenti speculazioni, lo studio di
un’area inconsapevole di comportamento, quale è il sogno ha
consentito di scoprire nei sentimenti, nei sintomi, nelle fantasie e
nelle angosce non un ostacolo alla conoscenza, ma la via regia
ad essa.
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