La fede nei suoi aspetti filosofici, antropologici religiosi

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La fede nei suoi aspetti filosofici ,antropologici, religiosi
a cura Prof. Giuseppe Conti, già titolare di Filosofia , Istituto Magistrale
“Angeloni” Terni
GENESI DELLA FILOSOFIA GRECA
Prima parte
Per introdurre la mia relazione mi sono avvalso e di una sentenza
attribuita ad uno degli antichi saggi incisa sul tempio di Delfi sacro ad Apollo
(VII – VI sec. A.C.)
“ CONOSCI
TE STESSO”
e di una frase di Socrate che recita:
“UNA VITA SENZA
VISSUTA”
RICERCA
NON
E’
DEGNA
DI
ESSERE
Entrambe le massime stanno a significare la nascita e il principio basilare del
sapere filosofico greco.
La filosofia ha accompagnato lo sviluppo della civiltà umana fin
dall’antichità, costituendo una componente costante, anche se diversificata in
molteplici forme, della storia culturale.
Qual è il significato etimologico della parola filosofia, attribuita a
Pitagora? Essa deriva dal verbo filéo (Amare) e dal sostantivo sofia (Sapienza)
e significa letteralmente Amore della Sapienza – Amore di Sapienza –
“Tutti gli uomini – scrive Aristotele – per natura aspirano al sapere” “l’esercitare la sapienza e il conoscere sono desiderabili per se stessi dagli
uomini: non è possibile, infatti, vivere da uomini senza queste cose “ e ancora
dicono Platone e Aristotele “ gli uomini tendono al sapere perché si sentono
pieni di stupore o di meraviglia” - “ gli uomini hanno cominciato a filosofare,
ora come in origine, a causa della meraviglia; da principio restavano
meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo, a
poco a poco, giunsero a porre problemi sempre maggiori, problemi riguardanti
l’origine dell’intero universo”.
Dalle prime interpretazioni dell’universo il sapere filosofico, concentrato
ora sulla natura, ora sull’uomo, ora su Dio, oppure contemporaneamente su tutti
e tre questi poli o su altri ancora, si è rivelato un punto di riferimento importante
e spesso determinante. Pertanto lo studio della filosofia e della sua storia
consente di conoscere i diversi modi in cui l’uomo di volta in volta si è posto e
ha cercato di risolvere quei problemi sulla realtà e su di sé che solo lui può
avvertire.
Possiamo azzardare questa affermazione : che l’essenza dell’uomo è la
tensione, l’aspirazione, il desiderio a migliorarsi; se l’essere umano fosse
sapiente, non potrebbe in nessun modo essere filosofo
Seconda parte
DOVE E COME NASCE LA FILOSOFIA
La Filosofia è considerata dalla quasi totalità degli studiosi una creazione
propria del genio dei Greci. Per capire la filosofia di un popolo e di una civiltà è
indispensabile far riferimento all’arte, alla religione, alle condizioni sociopolitiche di questo popolo. La grande Arte tende a raggiungere mediante
l’intuizione e l’immaginazione obiettivi che sono propri anche della filosofia .
La Religione, analogamente, tende a raggiungere per via di rappresentazioni
non concettuali e per via di fede certi obiettivi che la filosofia cerca di
raggiungere coi concetti e con la ragione – (Hegel farà dell’arte, della religione,
e della filosofia le tre categorie dello spirito assoluto).
Le condizioni socio-economiche e politiche spesso condizionano il nascere di
determinate idee che a propria volta rendono possibile il nascere della filosofia
che, della libertà , si alimenta in maniera essenziale.
In Grecia, anteriormente alla nascita della filosofia, i poeti Omero –
Esiodo e i Poeti Gnomici ( VII – VI A.C.) ebbero grandissima importanza nella
educazione e nella formazione spirituale dell’uomo.
Omero con l’Iliade e l’Odissea esercitò un influsso sulla prima grecità
come fu la Bibbia presso gli Ebrei.
Inoltre per capire la genesi della nascita della filosofia greca bisogna
fare riferimento alla religione. Ma presso i Greci, bisogna fare un distinguo tra
la religione pubblica che ha il suo modello nella rappresentazione degli Dei e
del culto dataci da Omero e la Religione dei Misteri , entrambe importanti - ma
per certi aspetti ancor più importante è la seconda , pur avendo degli elementi
comuni - entrambe politeistiche, con importanti differenze soprattutto nella
concezione dell’uomo, del senso della sua vita e dei suoi destini ultimi.
Per Omero ed Esiodo, che costituiscono il punto di riferimento per le
credenze proprie della Religione Pubblica, si può dire che tutto quanto è
divino, perché tutto ciò che accade viene spiegato in funzione di interventi
degli Dei. I fenomeni naturali sono promossi da Numi: tuoni e fulmini sono
scagliati da Zeus dall’alto dell’Olimpo. E così via…
Ma chi sono questi Dei? Questi Dei sono forze naturali personificate in forme
umane idealizzate, oppure sono forze ed aspetti dell’uomo sublimati calati in
splendide sembianze antropomorfiche – (alcuni esempi: Zeus è la
personificazione della giustizia, Atena dell’intelligenza, Afrodite dell’Amore, e
così via) Questi Dei sono, dunque, uomini amplificati ed idealizzati, e, pertanto
differenti solo per quantità e non per qualità… Ma la Religione pubblica non fu
sentita da tutti i Greci come soddisfacente, e per questo si svilupparono presso
cerchie ristrette “ i misteri”, aventi proprie credenze e specifiche pratiche.
Tra i misteri quelli che più determinarono il nascere della filosofia Greca
furono quelli orfici (“il nome deriva dal poeta Orfeo il presunto fondatore”).
Il loro pensiero si può riassumere in quattro punti:
1) nell’uomo alberga un principio divino un demone (Anima) caduto in un
corpo per una colpa originaria;
2) questo demone non solo preesiste al corpo, ma non muore con il corpo, è
destinato a reincarnarsi in corpi successivi per espiare quella colpa originaria;
3) per espiare la colpa originaria, per liberarsi completamente dal corpo l’anima
dovrà compiere riti e pratiche tipici della vita orfica
4) per chi si è purificato nell’aldilà vi è un premio.
Per la prima volta l’uomo vede contrapporsi in sé due principi fra loro in
contrasto e in lotta: l’anima e il corpo.
Senza l’orfismo non si può spiegare e capire una grossa parte della filosofia
antica fino ad arrivare a quella cristiana.
FIILOSOFIA
E RELIGIONE
Parte prima
Come è stato appena accennato una attività che come la filosofia risponde
ad esigenze radicate nell’uomo, è la religione. Sia pure in forme diverse, è
sempre presente in ogni contesto socioculturale di cui si abbia notizia. Essa ha
accompagnato la storia della civiltà fin dai primordi.
Il termine latino Religio, da cui deriva la corrispondente parola italiana,
ha una etimologia dubbia dal momento che può dipendere o da Religare
(vincolare), o da Relegere (trattare con diligenza) oppure anche, ma ciò è meno
probabile, da Relegare (allontanare), tuttavia tutti e tre i significati sottolineano
aspetti sicuramente presenti nell’atteggiamento religioso che comprende sia
l’assoluto vincolo (Religare) avvertito dal credente nei confronti della divinità,
sia un rispetto tra un culto profondo (Relegere), sia ancora il senso
dell’incolmabile distanza tra Dio e l’Uomo (Relegare ) Essere religiosi
comporta una partecipazione personale fortemente vissuta, presente -entro certi
limiti- anche nell’atteggiamento del filosofo, le cui dottrine cercano di dare una
risposta a problematiche da lui avvertite come uomo. Ciò significa che tanto la
Religione quanto la Filosofia puntano ad un sostanziale riscatto della persona,
anche se questa si sente appagata solo a tratti e mai completamente.
Le analogie tra le due sfere non debbono comunque impedire di cogliere
le loro strutturali differenze, senz’altro indiscutibili e riscontrabili con evidente
chiarezza.
Alla motivazione tipicamente conoscitiva della filosofia fa riscontro
quella essenzialmente salvifica della religione, inoltre la facoltà che sorregge le
ricerche filosofiche è la Ragione, esplicantesi in dimostrazioni, mentre l’organo
su cui si fonda la religione è la fede, capace di credere senza bisogno di prove.
Differenti sono inoltre nel filosofo e nel credente i modi di intendere la
divinità.
Il Dio filosofico, che viene identificato come l’ente primo o con il
principio dell’essere, è del tutto impersonale; il Dio religioso viene sentito come
una persona, il che significa il rivolgersi ad esso con la preghiera e la supplica.
Parte seconda
Nonostante le differenze strutturali, filosofia e religione si sono incontrate
e conciliate nella storia della civiltà. Tuttavia due posizioni sono concordi
nell’escludere ogni possibile armonizzazione. Si tratta del fideismo assoluto,
che tiene esclusivamente in considerazione i riscontri della fede e del
razionalismo assoluto, che valorizza soltanto la ricerca razionale .
Il primo considera l’esercizio autonomo della ragione una forma di
promoteismo (presunzione) (da Prometeo che rubò il fuoco a Zeus),ossia una
arbitraria presunzione dell’uomo; l’altro giudica le credenze religiose opinioni
ingenue ed illusorie, perché non provate dimostrativamente.
I più tipici esempi di fideismo assoluto li troviamo nelle tradizioni religiose
della patristica cristiana (II – III sec.) e anche nei primordi della riforma
protestante.
Martin Lutero ( 1483 – 1546) condanna le intromissioni della ragione
nell’ambito della fede e nega ogni possibilità umana di sottoporre ad esame
critico le sacre scritture.
Agli antipodi del Fideismo si colloca il razionalismo assoluto. Esso
giudica la religione una vera e propria filosofia infantile, un’attività priva di
interesse per chi abbia conseguito una matura consapevolezza filosofica.
Pertanto il fideismo e il razionalismo escludono, da opposti punti di vista,
ogni possibile rapporto tra la religione e la filosofia.
Parte terza
In realtà questi atteggiamenti estremistici solo di rado si sono veramente
affermati, più frequenti invece risultano i punti di vista intermedi, che, pur
riconoscendo il primato della filosofia o della religione, non respingono
sdegnosamente l’altra disciplina e la ritengono ,entro certi limiti, positiva e utile.
La filosofia cristiana sostiene che senza un approfondimento di carattere
razionale, nel cristianesimo non ci potrebbe essere che fedeismo chiuso in se
stesso; un esercizio della ragione illuminata dalla fede, invece, fa sì che si possa
svolgere una ricerca filosofica coerente coi presupposti religiosi.
E’ S. Agostino (IV – V sec. ) a dare una prima compiuta sistemazione ai
rapporti tra Ragione e Fede: l’espressione credo ut intelligam, da lui
elaborata, indica l’imprescindibilità del credere per avere una adeguata capacità
di comprensione. La fede non sostituisce l’ intelligenza, non la elimina, la fede
stimola e promuove l’intelligenza . Nel medioevo S, Tommaso, (XIII sec.) con
una impostazione diversa da S. Agostino ,ma non in opposizione, sostiene che
la filosofia ha una sua configurazione e una sua autonomia ma non esaudisce
tutto ciò che si può dire o conoscere.. “Occorre”, dice S. Tommaso, “ integrarla
con quanto è contenuto nella sacra dottrina intorno a Dio, all’uomo, al mondo “.
Preambula Fidei - La differenza tra la Filosofia e la Teologia non sta nel fatto
che l’una si occupa di certe cose e l’altra di altre cose,perchè entrambe parlano
di Dio , dell’uomo, del mondo. La differenza sta nel fatto che la prima offre una
conoscenza imperfetta delle medesime cose di cui la teologia è in grado di
chiarire aspetti e connotati specifici relativi alla salvezza eterna .
La fede dunque migliora la ragione, come la teologia la filosofia;
la teologia rettifica la filosofia, non la sostituisce come la fede orienta la ragione,
non la elimina.
Parte quarta
Nell’età moderna e contemporanea diversi filosofi sono dell’avviso che è
la religione a trovarsi in subordinazione alla filosofia, come l’atteggiamento
religioso ad essere considerato inferiore a quello razionale.
Il più illustre esponente è senza dubbio F. HEGEL (1770 – 1831),
filosofo di forte impostazione razionalistica. Secondo Hegel , idealista, la vita e
l’essere consistono nello spirito e questo altro non è se non ragione “tutto ciò
che reale è razionale e tutto ciò che è razionale è reale”; la dimensione
spirituale più elevata è pertanto la filosofia, in cui la razionalità ottiene la
massima esplicazione. Nel sistema Hegeliano l’arte, la religione e la filosofia
vengono considerate come le attività supreme, in quanto tutte e tre hanno come
contenuto l’assoluto o Dio; ma la forma con cui lo colgono e lo esprimono è
diversa l’una dall’altra e sta alla base della loro gerarchizzazione: l’organo
dell’arte è l’intuizione, quello della religione è la rappresentazione, quello della
filosofia è il concetto. Ciò significa che la religione, per esprimere le verità
divine, deve ricorrere ai simboli quali ad esempio Gesù Cristo, che rappresenta
l’uomo-Dio, l’unione del finito e dell’infinito, oppure la resurrezione, indicante
la rinascita spirituale dopo la caduta, mentre la filosofia esprime gli stessi
contenuti attraverso concetti razionalmente esplicati. Detto ciò Hegel non
prende in considerazione gli aspetti religiosi di carattere sentimentalistico e
fideistico, giudicandoli indegni dell’uomo. Da qui la sua affermazione del
primato del cristianesimo, ritenuto la religione rivelata per eccellenza, ossia,
nella sua eccezione la più disvelata, quella meno misteriosa e più vicina alla
chiarezza razionale.
Parte quinta
La svalutazione della religione non è frutto solo del pensiero moderno e
contemporaneo, ma con l’allontanamento progressivo, dal Rinascimento in poi,
della tradizionale prospettiva geocentrica; la religione ha in gran parte perduto il
suo ruolo di fulcro della vita ed è spesso stata vista come subordinata alle altre
attività dell’uomo.
Nel tempo abbiamo avuto diversi tipi di riduzionismo religioso in
relazione tanto agli interessi di ciascun pensatore quanto alle esigenze storiche
di volta in volta discusse.
Il riduzionismo politico che considera la religione un’attività utile al
rafforzamento dello stato, avendo una capacità di mantenere il popolo unito e
subordinato al governo del principe – Machiavelli (1469-1527).
Il riduzionismo antropologico con il suo massimo esponente L.
Feuerbach secondo il quale l’essere umano, finito e imperfetto per natura, tende
a costruire l’idea di un ente perfetto, avendo come modello la propria
immagine, priva illusoriamente da ogni limite.
Dio diventa così una
proiezione psicologica di carattere antropomorfico, una vera e propria
divinizzazione dell’uomo;
la Teologia è intesa
da Feuerbach come
antropologia, perché tutte le volte in cui l’uomo parla di Dio si rivolge in realtà
all’umanità stessa senza rendersene conto.
Il riduzionismo sociologico consiste nel prendere in considerazione la
religione solo in rapporto alla società e nel ritenerla una manifestazione
secondaria e particolare di questa. E’ K. Marx (1818 – 1883) ad introdurre la
problematica: anche se il suo ateismo sostanziale lo conduca a non interessarsi
mai di Dio, egli si occupa spesso dell’atteggiamento religioso, ritenendolo una
sovrastruttura negativa ed alienante nella sua concezione, definita “materialismo
storico”: tutte le attività spirituali risultano sovrastrutturali, ossia secondarie e
derivate rispetto alla struttura economica, costituita dai rapporti di produzione;
ma la religione gli pare la più negativa di tutte, perché accentua a suo avviso
l’alienazione, ossia la disumanizzazione in cui l’uomo, a causa della divisione in
classi e dello sfruttamento di classe, si trova . Nella religione il soggetto cerca
una salvezza illusoria, ma pensando all’aldilà e svalutando il mondo in cui vive,
accentua e rafforza le cause del male. La religione diviene pertanto una droga
spirituale o, come dice Marx, “l’oppio del popolo”
Per il filosofo tedesco E. Bloch (1885 – 1977) nella religione riscontra un
elemento di “Utopia”, ossia di speranza proiettata verso il futuro conseguimento
di una vita non più alienante. Il credente rifiuta il mondo in cui si trova e punta
con tutte le proprie forze verso una dimensione in cui poter realizzare
compiutamente se stesso. La religione o meglio quella parte della religione che
è più sensibile alle istanze sociali, viene insomma interpretata da Bloch alla luce
della sua concezione dell’utopia, intesa come speranza di rinnovamento e di
rigenerazione dell’uomo nella storia.
Il riduzionismo morale,infine, si ha quando la religione viene
considerata una sostanziale continuazione della moralità, ossia quando viene
ritenuta depositaria e custode dei valori etici.
La religione in altri termini non è qui ritenuta la fonte di tutto ciò che è retto e
buono, ma qualcosa di secondario rispetto a principi e ad ideali già presenti
nell’uomo.
Il massimo esponente di questa tendenza è il I. Kant (1724 – 1804) il
quale distingue la religione naturale da quella rivelata, facendo coincidere la
prima con la morale e la seconda con un involucro dogmatico e ritualistico, di
cui gli uomini avrebbero bisogno a causa della debolezza della loro natura,
potenzialmente capace di deviare in qualsiasi momento dalla norma del dovere
che recita “ devi perché devi,” devi e basta”.
FILOSOFIA E UOMO : ANTROPOLOGIA FILOSOFICA
Prima parte
Uno tra i compiti più complessi e difficili della filosofia è quello di definire
l’uomo la cui realtà polivalente e multiforme tende a sottrarsi ad ogni rigido
inquadramento concettuale.
A differenza delle scienze umane, (la psicologia, la sociologia, l’etnologia, la
linguistica) che si concentrano su un determinato aspetto dell’uomo,
l’antropologia filosofica si propone di esaminare l’uomo nella sua globalità e
nella sua essenza, antecedente ad ogni manifestazione particolare.
L’uomo risulta infatti dotato di svariate possibilità capaci di fargli abbracciare
qualsiasi dimensione di vita. La presenza in lui di continui bisogni corporei gli
fornisce una caratterizzazione biopsichica comune agli altri animali: d’altra
parte, il suo atteggiamento morale, la sua facoltà mentale e linguistica basata sui
concetti, ossia sulla possibilità di universalizzare, la sua capacità di porsi in
relazione critica rispetto all’ambiente, di collocarsi al di sopra del flusso vitale e
di non soddisfare le esigenze immediate hanno fatto spesso intravedere in lui la
presenza di una sfera spirituale distinta da quella fisica.
Tale poliedricità è stata riconosciuta da molti e costituisce ad esempio il
significato della qualifica di “MICROCOSMO” che, già presente nella cultura
classica e medievale, si è diffusa nel pensiero quattrocentesco per definire
l’uomo.
Vedi Giovanni Pico Della Mirandola che sostiene che l’uomo è l’unico a poter
essere ciò che vuole, a potersi abbassare ad un livello bestiale o ad elevarsi su di
un piano angelico.
Seconda parte
Estremamente differenziate tra loro, pertanto, risultano le strade percorse
dall’antropologia filosofica. Essa si presenta generalmente come spiritualistica
o come materialistica, a seconda dei fattori che decide di privilegiare
nell’uomo.
La svalutazione dell’elemento fisico-corporeo è tipica, in particolare,
dell’antropologia tradizionale, quella ellenico-cristiana; mentre il materialismo
è diffuso soprattutto nella cultura contemporanea, dove da parte di alcune
correnti dominanti le attività spirituali e culturali in genere sono ritenute
emanazioni di una struttura materiale.
In tutto il pensiero greco è evidente la valorizzazione dell’elemento spirituale
umano, tanto nel platonismo, che considera la materia qualcosa di infimo,
quanto all’aristotelismo, che definisce l’uomo come animale ragionevole,
mostrando di privilegiare l’esercizio di quella razionalità teorica che lo distingue
da qualsiasi essere vivente.
La linea di tendenza dell’antropologia greca viene poi ribadita e rafforzata dal
pensiero cristiano, che afferma a più riprese il primato dello spirituale sul
corporeo.
E’ in particolare l’intimismo agostiniano a prendere in
considerazione la dimensione interiore umana come luogo della presenza e
dell’intervento di DIO: IN INTERIORE HOMINE HABITAT VERITAS.
L’alternativa materialistica è riscontrabile soprattutto in alcune tendenze che
hanno preso piede dalla seconda metà del secolo scorso e che costituiscono veri
e propri pilastri della cultura contemporanea.
Si tratta del maxismo, dell’evoluzionismo e della psicoanalisi freudiana, che
capovolgono, a questo riguardo, le convinzioni più consolidate e diffuse.
K. Marx, con il suo materialismo storico, ritiene che la struttura sociale, cioè la
base fondamentale della società e della storia, sia l’economia, costituita dal
lavoro e dai rapporti di produzione, definendo le attività dello spirito (arte,
morale, religione, filosofia, scienza) come “SOVRASTRUTTURE”, entità
derivate e secondarie.
L’evoluzionismo definisce l’uomo come animale evoluto, più
recentemente come “SCIMMIA NUDA”, adottando nei suoi confronti gli stessi
modelli d’interpretazione propri delle scienze fisiche.
S.FREUD pone alla base di ogni attività umana LA LIBIDO, ossia la pulsione
sessuale, vedendo nella cultura in genere una sua sublimazione.
Pertanto l’uomo economico,il mammifero evoluto, il soggetto libidico sono
divenuti tre capisaldi dell’antropologia novecentesca e consentono di
comprendere molte manifestazioni culturali del nostro tempo.
Parte terza
La varietà delle posizioni Antropologiche nella storia del pensiero
ribadisce la polidimensionalità e la multiformità costitutive dell’essere
umano.
Vedi la concezione pessimistica di A. Schopenhauer che ripropone in
occidente la tesi buddista della vita come dolore, avente la propria origine in
quell’attaccamento all’esistere che è radicato in ogni ente. Tutto l’essere è
animato da un irrazionale sete o volontà di vivere (Voluntas) che rende
qualsiasi attività un’agitazione continua, legata ai bisogni e perennemente
insoddisfatta. La condizione umana è un incessante alternarsi di dolore e noia..
Lo spietato egoismo è diffuso ad ogni livello, dalla politica all’amore e rende la
vita un’ insopportabile tragedia.
Nell’ambito dell’ottimismo antropologico, invece, gli esempi più tipici
sono costituiti dalle teorie prammatico-attivistiche, particolarmente diffuse nel
pensiero contemporaneo – Il tratto che le accomuna è un esaltazione più o meno
marcata dei poteri dell’uomo, soprattutto in relazione alla sua capacità di
intervento e di trasformazione nei confronti della natura. Questa tendenza,
prendendo spunto dalle profonde trasformazioni in campo economico introdotte
dalla tecnica, è emersa progressivamente come uno dei tratti più tipici dello
“spirito borghese” ed ha trovato diversi sostenitori, da Bacone (XVI – XVII
sec) ai positivisti (XIX sec)
Il suo centro di articolazione è il riferimento all’intervento attivo
dell’uomo che impone al reale una razionalità che di per sè non possiede e per
trasformarlo in base alle sue esigenze.
L’Antropologia, quale che sia l’interesse fondamentale da cui muove, se
non riesce a scorgere e ad ammettere la compresenza di tutti i fattori propri
dell’oggetto della sua ricerca, non può che fornire risposte unilaterali e
riduttive.
E’ un’esigenza , quest’ultima, spesso avvertita, ma solo di rado soddisfatta
compiutamente.
Da tale intento nasce l’Antropologia integrale, che si propone di
rifiutare ogni forma di riduttivismo arbitrario e di riconosce il valore e la
funzione insostituibile di ciascuna sfera.
Uno dei suoi massimi interpreti è Max Scheler (1874-1928) che, pur
secondo un’ottica spiritualistica e teistica , ammette la compresenza di valori
sensoriali, tra cui predomina il piacere, valori culturali, suddivisi a loro volta in
estetici (bellezza), valori etici (giustizia), valori speculativi (verità ), e in fine
religiosi( articolati sul sacro).
L’inserimento del ruolo insostituibile del piacere nella dottrina di Scheler
attesta il suo intento di dare ragione dell’integrità dell’uomo e di non
mortificare pertanto la componente sensoriale indiscutibilmente presente in lui.
GLOBALIZZAZIONE CULTURALE
Prima parte
INTEGRAZIONE INTERCULTURALE
Fino ad ora ci si è occupati solamente del modo in cui gli stati dovrebbero
gestire la diversità all’interno dei propri confini.
Ma in un’era di
globalizzazione gli stati si trovano a dover affrontare anche sfide provenienti
dall’esterno dei propri confini sotto forma di movimenti internazionali di idee,
capitali, beni e persone.
L’espansione della libertà culturale in questo periodo di globalizzazione pone
nuove sfide e incertezze. Ultimamente si è assistito a una crescita e a uno
sviluppo senza precedenti dei contatti tra le persone, i loro valori, le loro idee e i
loro modi di vivere.
Per molti, questa nuova diversità è UN’ESPERIENZA EMOZIONALE,
che favorisce persino l’Empowerment.
Per altri si rivela invece inquietante e tendente a contrastare
l’Empowerment; molti temono che la globalizzazione comporti una perdita dei
propri valori e modi di vivere: una minaccia per l’identità locale e Nazionale
Una reazione estrema consiste nell’escludere le influenze straniere,
approccio questo che si rivela non solo xenofobo e conservatore ma anche
regressivo, tendente a restringere più che ad ampliare le libertà e le scelte.
Le lotte per l’identità possono portare anche a politiche repressive e xenofobe
che rallentano lo sviluppo umano – Esse possono incoraggiare il passaggio al
conservatorismo e il rifiuto del cambiamento, che bloccano l’afflusso delle idee
e delle persone ambasciatrici dei valori cosmopolitici, della conoscenza e delle
competenze che promuovono lo sviluppo.
La libertà culturale è una parte fondamentale dello sviluppo umano,
poiché essere in grado di scegliere una propria identità – chi si è - senza perdere
il rispetto degli altri o essere esclusi da altre scelte è importante per vivere una
vita al massimo sviluppo.
Le persone vogliono la libertà di professare apertamente la propria
religione, parlare la loro lingua, celebrare la loro eredità etnica o religiosa
senza timore del ridicolo o della punizione.
Le persone vogliono la libertà di prendere parte alla vita della società
senza doversi privare del bagaglio culturale prescelto.
Si tratta di un’idea semplice ma di difficile realizzazione.
Queste lotte per l’identità culturale, se prive di gestione o non sufficientemente
gestite possono rapidamente diventare una delle maggiori fonti di instabilità
all’interno degli Stati e tra gli Stati e arrivare quindi a scatenare il conflitto che
farebbe regredire lo sviluppo.
La diffidenza e l’odio crescente minacciano la Pace, lo Sviluppo e le
Libertà umane.
Proprio durante lo scorso anno la violenza Etnica ha distrutto centina di
case e Moschee in Kosovo e in Serbia.
Le bombe messe dal terrorismo su un treno in Spagna hanno provocato la
morte di circa 200 persone – La violenza settaria ha ucciso migliaia di
Mussulmani e altre centinaia hanno dovuto abbandonare le loro case nel
Gujarat e in altre parte dell’India, un paese che ha sempre difeso l’accettazione
culturale.
Un’ondata di crimini dettati dall’odio contro gli immigrati ha sconvolto la
convinzione dei Norvegesi, che credevano nel loro fermo impegno nella
tolleranza. La diversità culturale durerà a lungo e finirà per aumentare. Gli
Stati devono trovare i modi per dare vita all’unità Nazionale in mezzo a questa
diversità.
Il mondo, sempre più interdipendente dal punto di vista economico, può
andare avanti soltanto se le persone rispettano la diversità e creano l’unità
attraverso i legami comuni dell’umanità. In quest’epoca di globalizzazione, gli
Stati o la Comunità Internazionale non possono continuare ad ignorare le
richieste di riconoscimento culturale. E’ probabile che le discussioni sulla
cultura e sull’identità aumentino dal momento che la facilità delle
comunicazioni e degli spostamenti hanno ristretto il mondo e modificato il
panorama della diversità culturale, e la diffusione della democrazia, dei diritti
umani e delle nuove reti globali ha fornito alle persone mezzi più efficaci per
mobilitarsi per una causa, per insistere nell’avere una risposta o per ottenerla.
L’ampliamento delle libertà culturali rappresenta un obiettivo importante
dello sviluppo umano che necessita di attenzione immediata nel XXI secolo.
Tutte le persone vogliono sentirsi libere di essere quello che sono – Tutte le
persone vogliono essere libere di esprimere la propria identità quali membri di
un gruppo con impegni e valori condivisi, che si tratti di nazionalità, di etnicità,
di lingua o di religione, che si tratti di famiglia, di professione o di passatempo.
La globalizzazione sta orientando le sempre crescenti interazioni tra
la popolazione mondiale – Questo mondo ha bisogno sia di maggiore rispetto
per la diversità sia un impegno più deciso nell’unità. Gli individui debbono
liberarsi dalle identità rigide se è loro intenzione diventare parte integrante di
società eterogenee, e difendere i valori cosmopoliti della tolleranza e del
rispetto dei diritti umani universali.
La breve storia del XXI secolo ci ha insegnato, se non altro, che non c’è
possibilità di evitare questo genere di questioni.
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