GRONDONA 1. La CGE e l’elettronica di potenza La CGE era un’azienda molto importante dell’industria italiana. Appartenente al gruppo General electric, uno dei più grossi colossi mondiali nel settore elettrico ed elettronico aveva in Italia più di 15000 dipendenti. Il settore dei beni strumentali in via Bergognone a Milano aveva circa 3000 dipendenti. Settori di attività erano 5 dipartimenti: Grossi macchinari rotanti per le centrali elettriche e motori in corrente continua di elevata potenza (cento kW fino a qualche MW) Produzione di motori asincroni di serie e di elevata potenza Grandi trasformatori in alta e media tensione per la distribuzione di elettricità Progetto e produzione di apparecchiature elettroniche, azionamenti industriali, apparecchiature di manovra e quadri comando motori Produzione di sistemi di trazione per ferrovie, tranvie, metropolitane e filovie. Riporto alcune fotografie di realizzazioni della CGE di quei tempi (anni 1964,1966) Statore di turboalternatore da 220 MVA per la centrale elettrica di Civitavecchia Turboalternatori da 147MVA per la centrale di Termini imerese Trasformatori da 220 kV per la centrale elettronucleare di Trino Vercellese Laminatoio reversibile a caldo della soc. Terni Gabbie sbozzatrici dello stabilimento ITALSIDER (ora ILVA) di Taranto Finitore continuo dello stabilimento ITALSIDER (ora ILVA) di Taranto Motori di azionamento del finitore continuo di Taranto Raddrizzatori principali del finitore continuo Quadro di regolazione con azionamenti elettronici del treno Morgan di vergella di Bagnoli Prima linea metropolitana di Milano Commessa di 200 filobus per la città di Rio de Janeiro Il dipartimento in cui era inserito l’ufficio in cui ho cominciato a lavorare nel marzo 1963 si occupava in modo trasversale di tutte le esigenze di apparecchiature e controlli elettronici dello stabilimento prodotti industriali. L’ azienda era ben strutturata e si occupava di prodotti progettati e nati in azienda e per mia fortuna si è subito stabilito un ottimo rapporto con il responsabile dell’ ufficio (ing. Carnier) e con il direttore tecnico dell’ azienda (ing. Enrico Chiesa) che non hanno esitato appena passati pochi mesi dalla mia assunzione a darmi ampie ed autonome responsabilità di progetto. La mia posizione in azienda era stata coperta dall’ ing. Carnier fino a pochi mesi prima. Con la sua nomina a capo ufficio io ho preso il suo posto di progettista. Per i primi due o tre mesi mi sono occupato del progetto di un amplificatore operazionale a componenti discreti che ho portato a termine ma che è stato realizzato solo in uno o due esemplari filati su torrette come usava a quei tempi per le piccole e medie serie. I circuiti stampati erano ancora difficili e costosi da attrezzare sopratutto per i doppia faccia con i fori metallizzati. Questo progetto è stato velocemente superato dai tempi in quanto, prima che avesse un uso pratico in qualche apparecchiatura, l'industria dei semiconduttori , che in Italia era rappresentata dalla SGS di Agrate legata alla Fairchild americana, ha cominciato a proporre a costi accettabili i primi amplificatori operazionali integrati uA 709 che con le dimensioni di un componente sostituivano l' intera scheda. La CGE aveva un laboratorio elettronico con ampia dotazione di banchi di lavoro, strumentazione elettronica ed annessa una sala macchine dove si potevano sviluppare e sperimentare progetti di circuiti elettronici, amplificatori magnetici di controllo, azionamenti di motori in corrente continua fino a qualche decina di KW di potenza. In questo laboratorio ho cominciato a lavorare. Sugli altri banchi operavano sui loro progetti colleghi più anziani con i quali era normale chiedere suggerimenti o farsi spiegare dettagli di quanto facevano. Un personaggio caratteristico era il sig. Calvi, operaio addetto a tenere in ordine e a realizzare circuiti o prototipi per i vari utenti. Lo sviluppo dell'amplificatore operazionale è stata un'ottima scuola che mi ha fatto impratichire dell'uso di componenti che al politecnico erano stati vagamente accennati e mi ha permesso di apprendere su circuiti di segnale, e quindi con poco rischio di danni, i principi di funzionamento dei sistemi in retroazione e dei servomeccanismi. La mia prima responsabilità di progetto è stata una eccitatrice statica reversibile da 15 kW per la centrale elettrica del Moncenisio a Venaus. La centrale in caverna di Venaus aveva 2 alternatori da circa 120 MVA che erano eccitati da una dinamo principale di circa 200KW. La dinamo principale era eccitata da una eccitatrice statica reversibile da 15 KW che è stata l'oggetto del mio lavoro. Lo stesso sistema di eccitazione sarebbe poi stato utilizzato per la centrale di Jupià sul rio Paranà dove c'erano 12 gruppi da 112 MVA controllati allo stesso modo. La centrale di Jupià fu costruita dal Gruppo Industrie Elettromeccaniche per Impianti all'Estero GIE S.p.A. Costituita nel 1953 di cui la CGE faceva parte. Cito dal libro di Francesco Corbellini e Matteo Rivino ' GIE Competizione e successo nella storia dell'industria elettromeccanica italiana ' Seatante edizioni 2007 ISBN-978-88-95184-44-9 pg. 68 : “ Nel 1962, con la commessa per la centrale idroelettrica di Jupià, il GIE guadagnò il proscenio sulla scena internazionale dei grandi impianti elettromeccanici. I1 contratto riguardava la fornitura chiavi in mano di tutta la parte elettromeccanica, comprendente 12 gruppi generatori con turbine Kaplan da 140.000 CV, alternatori e trasformatori da 112.000 kVA, apparecchiature a 460 — 230 — 138 kV, quadri di Comando e controllo. Committente era C.E.L.U.S.A. Centrais Eletricas de Urubupunga S.A., poi CESP Centrais Eletricas de Sao Paulo, poi CESP Companhia Energetica de Sao Paulo. Le opere civili vennero affidate all’impresa brasiliana Camargo Correa. Per dare un’idea della grandiosità dell’opera, si ricorda che la diga di Jupià ha uno sviluppo di poco meno di quattro chilometri sui due 1ati,l’invaso è grande quasi quanto il lago di Garda e si estende per 53 Km lungo il Rio Paranà; ciascuno dei gruppi generatori ha uno sviluppo verticale di 21 metri — l’altezza di un edificio di sette piani —, le turbine con cinque pale hanno un diametro di 8,5 metri e gli alternatori di 15 metri, tre sole turbine bevono una quantità di acqua pari all’intera portata del Po, i poli girano a velocità da formula uno, la capacità produttiva media riferita ai 12 gruppi generatori è di oltre 6 miliardi di chilovattora al1’anno. Jupià costituisce la prima parte del progetto di Urubupungà, il piu grande complesso idroelettrico del mondo occidentale, che interessa 45 milioni di abitanti su un’area di circa un milione di chilometri quadrati. “ Nell' immagine allegata si può vedere la copertina della relazione tecnica conclusiva del progetto in oggetto. Era infatti un'abitudine che per ogni progetto chi lo aveva realizzato facesse una accurata relazione tecnica che veniva distribuita ai vari enti aziendali, conservata in archivio e classificata in base a criteri di riservatezza. La stessa prassi vigeva nelle altre società del gruppo General Electric. Nella biblioteca erano disponibili report dai laboratori americani dove si producevano i semiconduttori di potenza che usavamo nei nostri progetti e molto altro materiale tecnico specialmente sui controlli automatici. Con la realizzazione di sistemi di controllo per l'industria siderurgica e cartaria, l'attività di analisi e progetto degli asservimenti di velocità e posizione di motori elettrici era all'avanguardia,tra l'altro l'azienda era dotata di un potentissimo calcolatore analogico che ho usato in più occasioni nello sviluppo dei miei progetti.