Diritto umanitario

annuncio pubblicitario
Articolo scritto per la rivista giuridica
Direttore Dr. Francesco Brugaletta
del Dr. Luca SALAMONE (*)
BREVE INTRODUZIONE AL DIRITTO INTERNAZIONALE
UMANITARIO: LE ORIGINI DELLA CROCE ROSSA.
STRUTTURA E COMPITI DELLA CROCE ROSSA ITALIANA A
SEGUITO DELLA LEGGE N. 1 DEL 19 GENNAIO 2005
In allegato la Legge 19 gennaio 2005, n. 1 di conversione del decreto-legge 19 novembre 2004, n. 276, recante disposizioni urgenti
per snellire le strutture ed incrementare la funzionalità della Croce Rossa italiana (in G.U. n. 14 del 19 gennaio 2005).
__________________________________
Sommario: 1. Le origini storico-giuridiche dell’attuale diritto internazionale umanitario. 2. Le
convenzioni dell’Aja e di Ginevra. 3. Il ruolo dell’Italia nella nascita del diritto internazionale
umanitario. 4. Il diritto internazionale umanitario: importanza e necessità. 5. Il contenuto del
diritto internazionale umanitario: principi generali. Le diverse tipologie di conflitto armato.
Attuazione, controllo e applicazione del diritto umanitario. 6. Le origini ed i principi generali
della “Croce Rossa”. 7. La conferenza internazionale della Croce Rossa e il ruolo del Comitato
internazionale della Croce Rossa. 8. Compiti, organizzazione e struttura della Croce Rossa
italiana a seguito della recente legge 19 gennaio 2005, n. 1 (allegata in calce).
1.
LE
ORIGINI
STORICO-GIURIDICHE
INTERNAZIONALE UMANITARIO.
DELL’ATTUALE
DIRITTO
La dottrina tradizionale suddivideva il diritto internazionale in due branche distinte: diritto
internazionale di pace e diritto internazionale bellico. Il primo finalizzato alla disciplina delle
relazioni tra Stati in assenza di un conflitto armato. Il secondo essenzialmente finalizzato al
momento bellico e pertanto applicato una volta che il conflitto armato aveva avuto inizio, e per tutta
la durata delle ostilità al fine di disciplinare i rapporti sia tra i contendenti sia tra questi e gli Stati
terzi (in questo secondo caso la disciplina era una parte separata del diritto internazionale bellico e
veniva denominata diritto della neutralità).
Più segnatamente, il diritto di ricorrere alla forza armata (ius ad bellum1), e pertanto applicabile
1
Negli anni immediatamente successivi al primo conflitto mondiale, prende corpo l’idea di disciplinare non solo ciò che avviene guerra durante, ma
anche di chiarire se vi possa essere una sorta di legge in grado di stabilire la giusta causa a muovere la guerra stessa. Il senso di responsabilità degli
nella fase antecedente all’insorgere del conflitto stesso, veniva considerato come parte del diritto
internazionale di pace, mentre il diritto relativo alla disciplina delle ostilità tra belligeranti e delle
relazioni tra questi e terzi Stati (ius in bello) veniva tradizionalmente ricondotto alle trattazioni del
diritto internazionale bellico.
Solo in un momento successivo, e precisamente con l’entrata in vigore della Carta delle Nazioni
Unite (lo Statuto delle Nazioni Unite è stato adottato a san Francisco il 26 giugno 1945), che ha
bandito la guerra nelle relazioni internazionali, ha avuto inizio un’evoluzione finalizzata a ridurre
l’importanza del diritto bellico nelle trattazioni dottrinali. Infatti l’incertezza circa l’esistenza di un
vero e proprio stato di guerra, una volta che fossero scoppiate le ostilità, ha indotto a trattare il
diritto bellico nel quadro del diritto internazionale di pace e vieppiù in una parte separata dedicata al
diritto dei conflitti armati.
Ma quali sono le origini della locuzione diritto internazionale umanitario? In passato l’insieme
dei trattati internazionali disciplinanti la guerra latu sensu, è stato anche chiamato “diritto della
guerra” o “diritto bellico”, ciò nondimeno a partire dagli anni cinquanta si è cominciato a preferire
la locuzione “conflitto armato”, poiché questa locuzione consentiva di indicare latu sensu tutti i
possibili casi di conflitto, nei cui confronti la comunità internazionale avesse interesse a portare la
sua attenzione e a dettare una sua legge. Solo in epoca recente, volendosi far risaltare le finalità
umanitarie, si è cominciato ad usare la denominazione di “diritto umanitario” (rectius: “diritto
internazionale umanitario dei conflitti armati”), quale branca giuridica ricomprendente sia il c.d.
diritto dell’Aja sia il c.d. diritto di Ginevra. Il primo, relativo alla disciplina dell’uso della violenza
bellica tra i belligeranti ovvero tra questi ed i neutrali, trova la propria fonte principalmente nelle
Convenzioni dell’Aja del 1899 e 1907. Il secondo, relativo alla protezione delle vittime dei conflitti
armati e della popolazione civile, si è sviluppato a partire dalla Convenzione di Ginevra del 1864 e
ha trovato un’autonoma allocazione nelle Convenzioni di Ginevra del 1906, 1929 e 1949. Oggi la
predetta dicotomia può ritenersi sostanzialmente superata grazie ai protocolli del 1977 (v. infra),
addizionali alle quattro Convenzioni di Ginevra (v. infra)2.
Il diritto umanitario latu sensu, quale branca del diritto internazionale pubblico, si propone il fine
di porre delle regole ai conflitti, sottoponendo a limitazioni la guerra-azione, ovvero la guerra in
senso materiale. In particolare, il complesso di norme ad esso riconducibili stabiliscono diversi
principi tutti finalizzati a rendere meno traumatici (rectius: drammatici) possibile gli esiti di un
conflitto. Le stesse, infatti, stabiliscono da un lato chi sono i soggetti attivi del conflitto, e che
pertanto possono legittimamente compiere atti di violenza bellica, dall’altro individua le cose ed i
soggetti protetti, ossia le persone, i beni e i luoghi nei confronti dei quali non può essere esercitata
la violenza bellica, nonché quale protezione debba essere assicurata alle vittime della violenza
bellica. Sono altresì indicati i mezzi e i metodi di guerra vietati (particolarmente importante in tal
senso è la c.d. clausola di Martens, che sancisce il divieto assoluto di atti contro la coscienza
pubblica e l’umanità), le norme che regolano la condotta dei belligeranti verso i neutrali, nonché in
quale modo e con quale scopo i belligeranti possano stipulare convenzioni fra di loro. Sono infine
previsti due importanti obblighi: quello della diffusione del diritto umanitario e quello di
repressione delle violazioni delle norme del diritto della guerra.
ordinamenti nazionali fa sì che, a seguito d’alcuni rilevanti eventi sul piano della diplomazia e della politica internazionale, si venga a formare un
complesso di valori, norme giuridiche e principi, definiti ius ad bellum, che pone le basi per la definizione di un ordine sovrano che possa legittimare
o meno l’intervento armato.
2
Parallelamente alla stesura di queste Convenzioni, si procede ad effettuare la chiusura del sistema, cercando di far confluire in un unico corpo
normativo le due discipline del diritto dei conflitti armati e del diritto umanitario. L’operazione si concreta appunto con l’adozione dei Protocolli
addizionali alle quattro Convenzioni ginevrine, che contengono disposizioni che riguardano sia l’uno che l’altro aspetto della guerra e che
contribuiscono, in modo determinante, a delineare un nuovo modo di concepire la disciplina, sia giuridica sia morale, della guerra. Intesa ora come
sistema organico (come ha precisato la Corte Internazionale di giustizia nel parere sulla liceità delle armi nucleari del 1996, oggi le due branche si
possono considerare fuse in un unico sistema giuridico) e con finalità coincidenti, la regolamentazione della realtà conflittuale fa emergere
definitivamente il valore fondamentale e universalmente condiviso, la vita umana, che deve essere protetto e salvaguardato. L’ultimo passo mosso
nella direzione predetta è riferito all’istituzione della Corte Penale Internazionale, primo esempio d’organo giurisdizionale penale a carattere
veramente universale e potenzialmente competente, secondo particolari meccanismi giuridici, in materia di crimini internazionali (contro la pace, di
guerra e contro l’umanità).
Per quanto concerne, invece, l’origine storica del dritto internazionale umanitario, essa ha
profonde radici che la dottrina tradizionale fa risalire nel tempo, ed in particolare alla battaglia di
Solferno al termine della quale Henry Dunant, a seguito delle sofferenze viste sul campo di battaglia
e dall’agonia di tanti soldati feriti ed abbandonati alla loro sorte, suggerì la necessità che fosse
intrapresa un’azione su due livelli d’intervento:
1. creare un’organizzazione con lo scopo di soccorrere i militari feriti: veniva così creata la CroceRossa (v. infra.): di cui la prima istituzione fu il Comitato internazionale della Croce-Rossa
(CICR), fondato a Ginevra nel 1863.
2. concludere un trattato internazionale allo scopo di garantire la protezione dei feriti sul campo di
battaglia: veniva così firmata la prima Convenzione di Ginevra.
2. LE CONVENZIONI DELL’AJA E DI GINEVRA.
Il diritto internazionale umanitario regola la condotta delle ostilità e protegge le persone
vittime di conflitti armati, siano essi di natura internazionale o interna. Il suo obiettivo principale è
quindi quello di prevenire ed alleviare le sofferenze patite durante le situazioni di conflitto e le sue
regole si applicano a tutte le parti indipendentemente dalle cause e dalle specifiche responsabilità
degli Stati coinvolti: in tal senso il principio cardine del diritto internazionale umanitario postula
che le regole da esso previste si impongono a tutti i belligeranti. Pertanto una volta che il conflitto
armato comincia le regole del diritto umanitario internazionale si applicano automaticamente.
Per elencare brevemente tali regole si può dire che esse consistono principalmente:
• nel rispetto del principio di proporzionalità nell’uso della forza;
• nella proibizione dell’uso di mezzi (in particolare armi nucleari ovvero biologiche e
chimiche3) e strategie atte a provocare sofferenze superflue e non necessarie: in tal senso è
previsto che l’obiettivo militare non può comportare un numero di vittime civili spropositato
rispetto ai vantaggi strategici attesi dalla operazione;
• nella salvaguardia del diritto ad un trattamento umano per i prigionieri, i feriti e tutti coloro
i quali non prendono parte attiva alle ostilità.
Tali regole sono contenute in un insieme di strumenti giuridici, sottoscritti dalla grande
maggioranza degli Stati. Essi sono le quattro Convenzioni di Ginevra e dei due Protocolli aggiuntivi
3
Taluna dottrina ritiene l’illiceità dell’uso delle armi biologiche e chimiche una norma di natura consuetudinaria che si sarebbe sviluppata a partire
dalle prime convenzioni di diritto bellico. Si pensi al Trattato di San Pietroburgo del 1868 ed a tutti i testi dell’Aia del 1899 e del 1907 sul diritto
bellico terrestre che interdicono espressamente ogni strumento di lotta che arrechi “mali superflui” o “sofferenze inutili”, cioè tutti quei congegni
letali che comportano danni e conseguenze maggiori in rapporto agli obiettivi necessari e prefissati dalle esigenze del conflitto stesso. Per quanto
risulti difficile inquadrare in consuetudini e norme così risalenti il divieto di armi tanto nuove e tecnologiche come quelle “biochimiche”, è ormai
quasi pienamente assodato dalla comune opinione degli internazionalisti che sia nato un uso normativo che le vieti. La relativa diuturnitas verrebbe
confermata dalla pratica degli Stati, che, se si eccettuano casi sporadici quali quelli della Guerra del Golfo, di Corea e pochi altri, dimostra come non
siano mai stati utilizzati simili mezzi in situazioni concrete. L’elemento psicologico, a differenza di quello che si riferisce agli armamenti nucleari (per
cui con riferimento negato da parte della dottrina), è sorto ormai stabilmente da più decenni, tratto sia dalle Convenzioni del 1972 e del 1993 già
esposte, che da tutte le risoluzioni dell’Assemblea generale dell’O.N.U. dell’ultima metà del secolo scorso, le quali rappresentano una chiara prova di
quale sia l’attuale visione dei governi mondiali circa la liceità di tali armi. In questo contesto, si segnala l’attività dell’O.N.U., che ha mirato a creare
le basi di una interdizione il più completa possibile. Negli anni, si sono susseguite numerosissime risoluzioni dell’Assemblea generale che hanno
trattato tutti i tipi di armi, compreso il problema del disarmo che è stato affrontato anche in via generale. Tale organo, già dalla sua prima risoluzione
n. 1 del 1946, ha proposto di eliminare tutti i mezzi di distru
del 1977 (rispettivamente sulla protezione delle vittime dei “conflitti armati internazionali” e dei
“conflitti armati non internazionali”).
Prima di esaminare le suddette Convenzioni occorre, tuttavia, fare un breve passo indietro.
Invero, il primo trattato concernente la protezione delle vittime militari della guerra era stato
elaborato e firmato a Ginevra nel 1864, proprio per iniziativa di Henry Dunant, nell’ambito di una
conferenza diplomatica convocata dal governo svizzero ed alla quale avevano preso parte i
rappresentanti di quasi tutti gli Stati allora esistenti. In seguito nel 1899, all’Aja, la protezione
internazionale fu estesa ai membri delle forze armate in mare, feriti, malati o naufraghi; nel 1929, i
prigionieri di guerra furono, a loro volta, posti sotto la protezione del diritto di Ginevra. Solo
successivamente, il 12 agosto del 1949, vennero firmate nella capitale svizzera le suddette quattro
Convenzioni di Ginevra, ancora oggi in vigore.
Ognuna delle quattro Convenzioni verte sulla protezione di una categoria specifica di persone
che non partecipano affatto, o non partecipano più, alle ostilità. In particolare distinguiamo:
• La prima Convenzione: per il miglioramento delle condizioni dei feriti e dei malati delle
forze armate in campagna.
• La seconda Convenzione: per il miglioramento delle condizioni dei feriti, dei malati e dei
naufraghi delle forze armate sul mare4.
• La terza Convenzione: relativa al trattamento dei prigionieri di guerra.
• La quarta Convenzione: relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra.
Tali convenzioni mirano al rafforzamento degli strumenti di protezione giuridica delle vittime
della guerra, ed in particolare dei civili che si trovino in potere del nemico.
Le suddette disposizioni, in quanto di origine pattizia, sono vincolanti solo per le Parti
contraenti (oggi la quasi totalità degli Stati ha aderito alle Convenzioni di Ginevra del 1949), ciò
nondimeno un gran numero di norme ivi contenute, soprattutto quelle contenute nelle Convenzioni
di Ginevra il cui processo di ratifica è ormai generalizzato, sono state riconosciute quali norme
consuetudinarie e costituiscono quindi “jus cogens” di carattere universale.
Più segnatamente i vari trattati, che costituiscono quello che viene definito il “diritto di
Ginevra”, hanno per oggetto la sorte delle persone che hanno cessato di combattere o che sono
cadute in potere del nemico: essi tuttavia non impongono dei limiti al modo in cui le operazioni
militari possono essere condotte. Dunque, mentre da un lato si sviluppava il “diritto di Ginevra”,
dall’altro gli Stati hanno provveduto a codificare, parallelamente e in diverse tappe, delle regole
internazionali che fissassero dei limiti al modo di condurre le operazioni militari. Si sviluppa così
quello che viene definito “diritto dell’Aja” (di cui le diverse Convenzioni dell’Aja del 1907
costituiscono la principale espressione) che ha come scopo essenziale quello di limitare la guerra
4
Tale Convenzione di Ginevra considera come infrazioni gravi gli atti commessi contro le persone protette: feriti, malati e naufraghi delle forze
armate sul mare (il II Protocollo considera infrazioni gravi oltre alle precedenti anche quelle commesse nel campo di battaglia, come l’attacco a
località indifese, l’uccisione del nemico fuori combattimento o l’uso perfido di contrassegni della Croce Rossa). In particolare sono da considerare
come crimini di guerra peculiari della guerra marittima le seguenti violazioni del diritto bellico:
a) bombardamento navale che violi le disposizioni dell’art. 85 par. 3 del I Protocollo. Si tratta dei seguenti atti, purché commessi intenzionalmente
in violazione delle disposizioni pertinenti del Protocollo e sempre che comportino la morte o lesioni gravi all’integrità fisica o alla salute:
• il bombardamento della popolazione civile o delle persone civili;
• il bombardamento indiscriminato che colpisca la popolazione civile o beni di carattere civile, sapendo che il bombardamento causerà morti o
feriti fra le persone civili o danni a beni di carattere civile che risultino eccessivi rispetto al vantaggio militare concretamente previsto;
• il bombardamenti di opere o istallazioni che racchiudono forze pericolose sapendo che esso causerà morti e feriti fra le persone civili o danni ai
beni di carattere civile che risultino eccessivi rispetto al vantaggio militare concretamente previsto;
• l’uso perfido del segno distintivo della Croce rossa della mezzaluna rossa o del leone e sole rossi, o altri segni protettori riconosciuti dalle
Convenzioni di Ginevra o dal Protocollo.
b) l’attacco contro una nave nemica che abbia chiaramente manifestato l’intenzione di arrendersi;
c) l’attacco ingiustificato contro una nave mercantile;
d) l’attacco contro una nave ospedale o contro un mezzo di trasporto sanitario;
e) l’uso di bandiera diversa da quella nazionale durante l’attacco;
f) l’uccisione o il maltrattamento di prigionieri di guerra, feriti, malati e naufraghi.
Occorre, ancora, aggiungere che a mente dell’art. 86 del I Protocollo dei suddetti atti è responsabile non solo l’autore materiale del crimine
internazionale, ma anche il superiore il quale non abbia preso tutte le misure necessarie per impedire che i1 subordinato commetta un crimine
internazionale (crimine per omissione). I Comandanti hanno pertanto il preciso dovere di impedire che i membri delle FF.AA. posti sotto il loro
comando commettano un crimine e che in caso di sua commissione questo sia represso e denunciato alle autorità competenti (art. 87, I Protocollo).
agli attacchi contro obiettivi necessari al risultato delle operazioni militari, proteggendo quindi dagli
attacchi militari la popolazione civile.
Invero le quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 non hanno sviluppato le regole del “diritto
dell’Aja”, tuttavia in alcuni casi le hanno inglobate (si pensi in tal senso alla II Convenzione
Internazionale di Ginevra del 1949 che ha sostituito la Convenzione X dell’Aja del 1907, relativa
all’adattamento alla guerra marittima dei principi della Convenzione di Ginevra e la 3^ de l’Aja del
1899)5.
Solo nel recente passato il presentarsi di nuove problematiche dettate dal mutare dei metodi e
dei tipi di conflitto, nonché la necessità di affrontare nuove priorità hanno comportato
inevitabilmente lo studio e l’implementazione di nuovi strumenti giuridici di risposta. A tal fine, la
Svizzera all’inizio degli anni ’70 decise di convocare una Conferenza diplomatica a Ginevra. Dal
1974 al 1977 sono stati così elaborati due nuovi trattati di diritto internazionale umanitario: i
Protocolli aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra, adottati l’8 giugno 1977 e da allora aperti alla
ratifica o alla adesione per tutti gli Stati parti alle Convenzioni di Ginevra del 1949. Oggi la grande
maggioranza degli Stati è già vincolata dai due Protocolli aggiuntivi (o, per lo meno, da uno di essi).
In tal senso anche il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) non risparmia alcuno sforzo
per indurre gli Stati che non l’abbiano già fatto ad aderire, a loro volta, ai suddetti Protocolli.
3. IL RUOLO DELL’ITALIA NELLA NASCITA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE
UMANITARIO.
Esaminata l’origine storica del Diritto Umanitario occorre sottolineare come l’Italia abbia
giocato un ruolo determinante nella nascita e nell’evoluzione del Diritto Umanitario.
In particolare, l’Italia può vantare numerosi primati mondiali in materia di diritto Umanitario
dei Conflitti Armati. Infatti il regno di Sardegna ed il Regno d’Italia, poi, hanno sempre partecipato
alla negoziazione di qualunque Trattato internazionale che riguardasse l’umanizzazione e la
regolamentazione delle conflittualità, svolgendo spesso un ruolo trainante e propulsore. Già dal
1859 (ben quattro anni prima della comparsa delle “Istruzioni per le armate degli Stati Uniti di
America durante la guerra”, il c.d. Lieber’s Instruction), il nuovo Codice Penale militare per gli
Stati di Sua Maestà il Re di Sardegna non solo puniva molto severamente tutti quei comportamenti
che poi sarebbero stati vietati dalla Convenzioni internazionali adottate a partire dal 1899, ma
stabiliva anche, per la prima volta, la responsabilità individuale per ciò che si riferiva ai crimini di
guerra e la correità tanto del Comandante che avesse impartito l’ordine criminale quanto del
militare che lo avesse eseguito. Tale dettato venne ribadito nel codice penale militare del Regno
d’Italia del 1869, a suo tempo “il più liberale e progressivo d’Europa”, e successivamente in quello
del 1941, ancora oggi in vigore.
Più segnatamente per ciò che concerne il servizio delle truppe di guerra, merita di essere
ricordato il pregevole Regolamento Albertino del 1833 destinato a restare in uso fino al 1882.
Infatti, dopo il fallimento della Conferenza di Bruxelles del 1874, promossa dallo zar Nicola II nel
tentativo di regolamentare la condotta della guerra, venne elaborato dai giuristi dell’Institute de
Droit International un progetto di regole sulla condotta della guerra. Ne scaturì quel “Manuale di
Oxford 1880” relativo alla regole della guerra terrestre che l’Italia, per prima nel mondo, adottò ed
introdusse nel Regolamento Umbertino del 1881-82, così da anticipare di quasi vent’anni le
convenzioni internazionali del 1899. Del resto, sia il Regolamento del 1833 sia il Codice del 1869,
sia i Regolamenti del 1881-82 avevano una chiarissima connotazione interforze, essendo valevoli
5
Tuttavia esse hanno mancato di occuparsi di un problema non meno fondamentale del diritto internazionale umanitario: la protezione della
popolazione civile dagli effetti diretti delle ostilità (attacchi contro la popolazione civile, bombardamenti “ciechi”, etc.). Le lezioni di Coventry,
Dresda, Stalingrado o Tokyo non erano state ancora assimilate. Tuttavia, se nuove tecnologie hanno consentito la produzione di nuove armi, cioè di
un nuovo potenziale di distruzione, esse hanno anche dato luogo a nuove tecniche che permettono di assicurare la protezione delle vittime della
guerra.
sia per il Regio Esercito che per la Regia Marina, caratteristica che sarebbe stata mantenuta anche
nelle leggi di guerra e di neutralità del 1938, nel Codice del 1941 ed infine nella legge che ha
sancito le Norme di principio sulla disciplina militare.
4. IL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO: IMPORTANZA E NECESSITA’.
A livello internazionale vige un divieto di guerra. In tal senso la Carta delle Nazioni Unite
vieta la minaccia e il ricorso all’uso della forza armata contro un altro Stato. Pertanto a partire dal
1945 (lo Statuto delle Nazioni Unite è stato adottato a san Francisco il 26 giugno 1945), la guerra
non costituisce (rectius: non dovrebbe costituire) più un mezzo tollerato di soluzione delle
controversie che sorgono tra gli Stati. Perché, allora, parlare di norme internazionali che si
applicano ai conflitti armati (quindi alla guerra) e ai loro effetti, dal momento che la Carta vieta il
ricorso all’uso della forza nelle relazioni internazionali. In realtà la Carta delle Nazioni Unite non ha
completamente vietato il ricorso alla forza. Infatti, in caso di uso (lecito o illecito) della forza, gli
Stati minacciati conservano il diritto di difendersi, individualmente o collettivamente, contro quegli
attacchi che minaccino la loro indipendenza o il loro territorio. Inoltre il divieto di ricorrere alla
forza, enunciato nella Carta, non si applica ai conflitti armati interni (o guerre civili). Infine, il
Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite autorizza gli Stati membri all’uso della forza, nel
contesto di azioni collettive, volte al mantenimento o al ripristino della pace e della sicurezza
internazionale.
Pertanto le suesposte considerazioni, tra l’altro tristemente ribadite dagli attuali scenari
internazionali, inducono a ritenere comunque necessario disporre di norme internazionali che, lungi
dal poter scongiurare il rischio di conflitto, quantomeno limitino gli effetti della guerra sulle
persone e sui beni e che proteggano certi gruppi di persone particolarmente vulnerabili. E’ proprio
questo l’obiettivo del diritto internazionale umanitario, di cui le Convenzioni di Ginevra del 1949 e
i loro Protocolli Aggiuntivi del 1977 sono la principale espressione (mentre l’insieme di norme di
diritto consuetudinario costituiscono un’importante fonte supplementare di diritto).
5. IL CONTENUTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO: PRINCIPI
GENERALI. LE DIVERSE TIPOLOGIE DI CONFLITTO ARMATO. ATTUAZIONE,
CONTROLLO E APPLICAZIONE DEL DIRITTO UMANITARIO.
Come è facilmente intuibile il diritto internazionale umanitario è col tempo evoluto verso un
sistema complesso di norme che disciplinano tutta una serie di istituti e problematiche connesse allo
sviluppo dei conflitti. Ciò nondimeno, una tale abbondanza di norme giuridiche non vuol dire
un’altrettanto vasta enunciazione di principi. Infatti, l’essenza del diritto umanitario può riassumersi
nei pochi (ma fondamentali) seguenti principi:
a) Le persone che non partecipano, o non partecipano più, alle ostilità, devono essere
rispettate, protette e trattate con umanità. Esse devono ricevere le cure necessarie, senza alcuna
discriminazione.
b) I combattenti catturati e le altre persone private della libertà devono essere trattate con
umanità. Esse devono essere protette contro tutti gli atti di violenza, in particolare contro la tortura.
Se vengono avviati dei procedimenti giudiziari nei loro confronti, essi devono beneficiare delle
garanzie fondamentali di una procedura regolare.
c) Le parti di un conflitto armato non hanno un diritto illimitato di scelta dei mezzi e dei
metodi di combattimento. E’ vietato infliggere mali superflui e sofferenze inutili.
d) Al fine di risparmiare la popolazione civile, le forze armate devono in ogni circostanza
operare una distinzione tra la popolazione e i beni civili da una parte, e gli obiettivi militari
dall’altra. Né la popolazione civile in quanto tale né dei civili o dei beni civili possono essere
l’oggetto di attacchi militari.
Questi principi, definiti dalla Corte Internazionale di Giustizia “le considerazioni elementari di
umanità” ovvero “principi generali del diritto umanitario”, costituiscono il fondamento della
protezione che il diritto conferisce alle vittime della guerra. Essi hanno “carattere vincolante” in
tutte le circostanze e nessuna deroga ad essi può venire autorizzata.
E’ necessario menzionare a questo punto un’altra idea fondamentale: le regole del diritto
internazionale umanitario si applicano a tutti i conflitti armati, quali ne siano le origini o le cause.
Pertanto, volendo brevemente accennare ad un tema di grande attualità, occorre evidenziare come la
dottrina maggioritaria ritenga tali norme applicabili anche nel caso di “guerra al terrorismo” e, più
in generale, alle situazioni belliche determinate da iniziative di contrasto e repressione del
fenomeno de quo (si pensi in tal senso alla guerra in Afganistan ed in Iraq6), ovvero nel quadro di
azioni di Peace Support Operations (Operazioni di Supporto alla Pace nell’ambito delle quali
possono distinguere: 1) operazioni a carattere politico7; 2) operazioni a carattere militare8.
Pertanto, è possibile giungere ad un’ulteriore importante conclusione: le regole del diritto
umanitario devono essere rispettate in qualsiasi circostanza e, avendo riguardo a tutte le persone che
esse proteggono, senza alcuna discriminazione. In tal senso il diritto umanitario moderno non
consente alcuna discriminazione nel trattamento delle vittime della guerra fondato sul concetto di
“guerra giusta”.
Di tale conclusione costituisce un necessario corollario l’attività di attuazione, controllo e
applicazione del diritto umanitario. In particolare, secondo le norme ed i principi del diritto
internazionale, tutti gli Stati sono tenuti al rispetto delle norme di diritto consuetudinario; mentre gli
Stati parti di un trattato di diritto internazionale umanitario sono tenuti all’adempimento degli
obblighi che da essi derivano. Più precisamente, gli Stati sono tenuti al rispetto dei propri impegni
internazionali, nonché all’adozione di tutte quelle misure che siano necessarie all’attuazione del
diritto umanitario. Se una parte non rispetta tali obblighi, lo Stato può essere ritenuto responsabile
delle conseguenze di un atto illecito. In tal senso le Convenzioni di Ginevra e i loro Protocolli
aggiuntivi richiedono agli Stati parti l’adozione di un certo numero di misure atte a garantire il
rispetto dei loro impegni. Alcune di queste misure devono essere adottate già in tempo di pace, altre
dovranno esserlo durante i conflitti armati.
Per quanto concerne invece l’attività di controllo e vigilanza sulla corretta applicazione del
diritto umanitario ad opera delle parti di un conflitto armato, è necessario porre in evidenza il fatto
che gli Stati, appartenendo a quella comunità costituita dall’insieme di Nazioni che hanno aderito ai
6
In particolare, per quanto concerne gli interventi internazionali orientati alla lotta al terrorismo, si evidenzia come, anche in seno al
Comitato Internazionale della Croce Rossa, il dibattito sia ancora aperto, tuttavia sembra prevalere l’orientamento di ritenere l’attuale diritto
internazionale umanitario senz’altro applicabile quando la lotta al terrorismo si inserisce nel quadro di veri e propri conflitti internazionali.
L’occasione della cinquantanovesima Commissione per i Diritti Umani (Ginevra 17 marzo-25 aprile 2003) ha dato modo al Presidente della Croce
Rossa Internazionale, Jakob Kellenberger, di soffermarsi in particolare sui recenti avvenimenti in Iraq. Egli, senza entrare nel merito di violazioni del
diritto internazionale umanitario, ha invece sollevato un tema di grande interesse quale quello dell’attualità di tale diritto ovvero la sua idoneità a
garantire “protezione” nel contesto dei conflitti armati moderni. Si è posto quindi il problema di valutare se le norme introdotte nel 1949 e nel 1977
possano essere ancora efficaci. La risposta fornita è che tale corpo di norme è ancora attuale e riesce a garantire ancora oggi il delicato equilibrio fra
imperativi ed esigenze di ordine militare ed il rispetto della dignità umana. Si tratta in sostanza di un corpo di norme ancora adeguato sebbene
certamente non perfetto e suscettibile di miglioramenti.
7
Tra queste possiamo ulteriormente distinguere, da un lato, le operazioni di peace-keeping: attuate alla fine di un conflitto e finalizzate al
consolidamento della pace per evitare il sorgere di nuove controversie, e consistono principalmente in aiuti economici; dall’altro le operazioni di
peace-making: effettuate in presenza di un conflitto e consistenti in attività di risoluzione pacifica delle controversie, secondo i meccanismi tipici
previsti a tale riguardo dal diritto internazionale.
8
Tra queste possiamo ulteriormente distinguere, da un lato, le operazioni di peace-building (attuate ai sensi del capo VII della carta delle
Nazioni Unite): comprendenti attività militari condotte sotto l’egida di un’organizzazione internazionale, ai sensi del capo VI della Carta delle
Nazioni Unite, da forze multinazionali, al fine di contrastare situazioni di conflitto tra Stati o all’interno di Stati. Questo genere di operazione deve
essere autorizzata da tali Stati ed esclude l’uso della forza (salvo il caso di legittima difesa); dall’altro, le operazioni di peace-enforcement: ossia
operazioni aventi la medesima natura delle precedenti, ma il cui fine è quello di imporre con l’uso della forza, nei confronti delle parti in conflitto, il
rispetto di misure decise dall’organizzazione internazionale per il ristabilimento della pace.
trattati di diritto umanitario, non sono isolati. Infatti, gli Stati che non siano coinvolti in un
determinato conflitto armato hanno il diritto di volersi assicurare che le Convenzioni di Ginevra o i
Protocolli (ai quali abbiano aderito) vengano rispettati dalle parti in conflitto. Invero, si potrebbe
anche spingersi oltre, fino ad affermare che sugli Stati parti ricada l’obbligo giuridico, oltre che
morale, di adoperarsi affinché i trattati siano rispettati dalle parti di un determinato conflitto. A tale
interpretazione si presta l’articolo primo delle quattro Convenzioni di Ginevra e del primo
Protocollo: “Le Alte Parti contraenti si impegnano a rispettare e a far rispettare la presente
Convenzione in ogni circostanza”. La ratio di questo articolo appare chiara, ma sembra che le
implicazioni politiche non siano ancora state pienamente comprese.
In tale contesto giuridico le Convenzioni impongono che ogni Parte coinvolta nel conflitto
designi uno Stato terzo (neutrale) come “Potenza protettrice”, incaricata di tutelare gli interessi di
una delle parti nell’ambito delle relazioni con l’altra parte in conflitto. Di conseguenza, le Potenze
protettrici devono assicurarsi che i belligeranti osservino i loro obblighi di carattere umanitario.
La storia recente mostra come gli Stati, per diverse ragioni, siano, però, poco inclini a
designare delle Potenze protettrici. Questo ruolo è stato, dunque, ricoperto da una istituzione super
partes che gode di un particolare statuto: il “Comitato Internazionale della Croce-Rossa” (CICR).
6. LE ORIGINI ED I PRINCIPI GENERALI DELLA “CROCE ROSSA”.
Come già accennato in premessa (v. supra), il 24 giugno 1859 Henry Dunant, un giovane
uomo d’affari ginevrino nato l’8 maggio 1828, si trovò ad assistere ai drammatici effetti della
battaglia di Solforino (che nel 24 giugno 1859 vide fronteggiarsi gli eserciti francese ed austriaco
provocando più di 40.000 tra morti e feriti), rimanendo profondamente colpito dallo stato di totale
abbandono dei soldati feriti. Alla luce di quanto visto sul campo di battaglia, ed attraverso il ricorso
all’appoggio della popolazione della vicina Castiglione, organizzò un’azione di soccorso dei feriti e
dei moribondi, che sopperisse all’insufficienza dei servizi della sanità militare. Successivamente a
tale ammirevole intervento Dunant riuscì a sensibilizzare sul problema l’opinione pubblica ed i
regnanti mediante la pubblicazione di un libro intitolato “Un ricordo di Solferino”. L’opera di
sensibilizzazione giunse all’obiettivo prefissato di far convocare una Conferenza internazionale, che
si tenne a Ginevra nell’ottobre del 1863. In quella occasione i rappresentanti di 16 governi
adottarono delle risoluzioni (che possono considerarsi l’atto di nascita della Croce Rossa) che
prevedevano: la creazione in ogni paese di una Società di Soccorso ai feriti in tempo di guerra, che
fosse ausiliaria dei servizi della Sanità Militare; la formazione di infermieri volontari che operassero
all’interno di queste Società di Soccorso e l’adozione di un segno distintivo uguale per tutto il
personale sanitario, a qualunque parte belligerante appartenesse.
In omaggio alla Svizzera, che aveva favorito l’attuazione delle idee di Henry Dunant, come
simbolo distintivo venne adottata una croce rossa in campo bianco. In seguito, il 22 agosto 1864, a
Ginevra, una Conferenza diplomatica, alla quale parteciparono i plenipotenziari di 12 governi,
adottò la “Convenzione per il miglioramento della sorte dei soldati feriti degli eserciti in
campagna”. Con tale trattato si rendevano giuridicamente operanti i suddetti progetti.
La Convenzione di Ginevra del 1864 comprendente solo 16 articoli, reca in sé diversi principi
umanitari, tra i quali spicca il principio fondamentale secondo cui “i soldati feriti o malati saranno
raccolti e curati, a qualunque nazione essi appartengano” e quello altrettanto importante del rispetto
assoluto e della protezione delle ambulanze, degli ospedali e del personale sanitario destinato al
soccorso dei feriti; in tale sede si conferma altresì l’adozione, come segno distinguibile di tale
protezione, dell’emblema della Croce Rossa su fondo bianco.
L’attività e la crescita della Croce Rossa è contrassegnata da due fattori inscindibilmente
collegati: l’azione ed il diritto. Infatti, l’azione svolta durante i conflitti armati successivi influenzò
il diritto, mostrando ai legislatori le diverse esigenze di protezione che le nuove armi e i nuovi
metodi di guerra richiedevano.
Di rilevante importanza per lo sviluppo della dottrina della Croce rossa è l’affermazione dei
sette “Principi Fondamentali” della Croce rossa, adottati durante la XX Conferenza Internazionale
di Vienna del 1965, essi sono:
1. Umanità: la Croce Rossa si adopera a prevenire e lenire in ogni circostanza le sofferenze degli
uomini, a far rispettare la persona umana e a proteggerne la vita e la salute; favorisce la
comprensione reciproca, l’amicizia, la cooperazione e la pace duratura fra tutti i popoli.
2. Imparzialità: la Croce rossa non opera alcuna distinzione di nazionalità, di razza, di religione, di
condizione sociale e di appartenenza politica. Essa interviene nel lenire le umane sofferenze
dando priorità ai casi più gravi.
3. Neutralità: allo scopo di conservare la fiducia di tutti, la Croce Rossa si astiene dal partecipare
alle ostilità ed alle controversie di ordine politico, razziale, religioso.
4. Indipendenza: la Croce Rossa è indipendente, ausiliaria dei pubblici poteri nelle loro attività
umanitarie. E’ sottoposta alle leggi dei rispettivi Paesi. Le Società Nazionali devono, ciò
nondimeno, conservare un’autonomia che permetta loro di agire sempre sulla base dei principi
della Croce Rossa.
5. Volontariato: la Croce Rossa è un’istituzione di soccorso volontaria e disinteressata.
6. Unità: uno stesso Paese non vi può essere che una sola Società di Croce Rossa aperta a tutti e
competente ad estendere la sua azione umanitaria all’intero territorio.
7. Universalità: la Croce rossa è un’istituzione universale in seno alla quale tutte le società hanno
diritti uguali e il dovere di aiutarsi reciprocamente.
7. LA CONFERENZA INTERNAZIONALE DELLA CROCE ROSSA E IL RUOLO DEL
COMITATO INTERNAZIONALE DELLA CROCE ROSSA.
La più alta autorità deliberante della Croce Rossa Internazionale è la Conferenza
Internazionale della Croce Rossa, cui partecipano i rappresentanti del Comitato Internazionale
della Croce Rossa, della Lega delle Società di Croce Rossa, delle varie Società Nazionali, dei
governi che aderiscono alle Convenzioni di Ginevra. La Conferenza è convocata con cadenza
quadriennale, essa ha il compito di assicurare l’unità del movimento della Croce Rossa ovvero di
delineare gli indirizzi generali di azione nei principali campi di attività a cui il movimento intero
dovrà rivolgere tutti i suoi sforzi.
Dalla Conferenza Internazionale della Croce Rossa, occorre distinguere il Comitato
Internazionale della Croce Rossa (CIRC). Esso è un’istituzione neutrale, che agisce principalmente,
ma non solo, in caso di guerra sia essa a carattere internazionale o a carattere interno, intervenendo
sul piano umanitario in favore delle vittime civili e militari ditali conflitti. In tal senso è cronaca dei
giorni nostri l’interessamento del Comitato nei drammatici casi di rapimenti avvenuti nei territori
attualmente interessati dalla guerra contro il terrorismo.
I principale compiti del CICR in tempo di guerra sono:
• visitare ed intrattenersi, senza testimoni, con i prigionieri militari e con gli internati civili;
• raccogliere notizie sui prigionieri, sui feriti, e sugli internati civili e trasmetterle ai familiari;
• organizzare e convogliare soccorsi per le popolazioni civili dei territori occupati;
• intervenire presso i belligeranti come intermediario neutrale nell’intento di migliorare la sorte
delle vittime.
I principali compiti in tempo di pace sono:
• provvedere al perfezionamento e alla diffusione delle Convenzioni di Ginevra e del Diritto
Internazionale Umanitario;
• decidere sul riconoscimento delle Società Nazionali di nuova costituzione.
8. COMPITI, ORGANIZZAZIONE E STRUTTURA DELLA CROCE ROSSA ITALIANA A
SEGUITO DELLA RECENTE LEGGE 19 GENNAIO 2005, N. 1 (ALLEGATA IN CALCE).
I compiti, l’organizzazione e la struttura della Croce Rossa italiana sono disciplinati dal
D.P.R. 31 luglio 1980 n. 613 recante “disposizioni per il riordino della Croce Rossa italiana”,
come modificato dalla recente Legge 19 gennaio 2005, n. 1 (in G.U. n. 14 del 19 gennaio 2005) di
conversione del decreto-legge 19 novembre 2004, n. 276, recante disposizioni urgenti per snellire le
strutture ed incrementare la funzionalità della Croce Rossa italiana In particolare secondo la recente
normativa le strutture, dovranno articolarsi secondo un modello piramidale di seguito descritto.
I) Un’organizzazione centrale composta:
a) dal Presidente nazionale, eletto dall’assemblea nazionale (( fra i soci attivi, il quale )) assume
anche le funzioni di presidente dell'assemblea nazionale e del consiglio direttivo nazionale;
b) dall’assemblea nazionale della C.R.I., costituita dal Presidente nazionale, dai presidenti regionali,
da membri eletti da ciascuna assemblea regionale fra i propri componenti diversi dal presidente, in
numero definito dallo statuto secondo un criterio di proporzione con i soci attivi della regione,
nonchè da sei membri di diritto rappresentati dagli organi di vertice nazionale delle componenti
della C.R.I.; (( nelle deliberazioni riguardanti la nomina degli organi di vertice e le revisioni
statutarie, l'Assemblea nazionale è integrata dai presidenti dei comitati provinciali e locali» ));
c) dal consiglio direttivo nazionale, costituito dal Presidente nazionale e da dodici membri soci della
C.R.I., di cui sei elettivi designati dall'assemblea nazionale fra i propri componenti e sei di diritto
rappresentati dagli organi di vertice nazionali delle componenti della C.R.I.;
d) da un unico collegio dei revisori dei conti, che esercita le sue funzioni su tutti gli organi
nazionali, regionali, provinciali e locali della C.R.I. e assiste alle sedute del consiglio direttivo
nazionale, composto da sette membri effettivi, dei quali uno in rappresentanza del Ministero
dell’economia e delle finanze con funzioni di presidente, uno in rappresentanza, rispettivamente, del
Ministero degli affari esteri, del Ministero della difesa e del Ministero dell'interno, due in
rappresentanza del Ministero della salute e uno in rappresentanza dell’assemblea, tutti scelti tra gli
iscritti al registro dei revisori contabili o in possesso dei requisiti previsti dal codice civile per lo
svolgimento di tali funzioni, nonché da due membri supplenti, uno scelto dal Ministero della salute
e uno dal Ministero dell'economia e delle finanze tra esperti in possesso di specifica competenza; il
collegio, i cui componenti devono essere convocati, a pena di invalidità, verifica la legittimità delle
deliberazioni di spesa e della loro esecuzione, accerta la regolare tenuta della contabilità e la
conformità dei bilanci alle risultanze dei libri e delle scritture contabili e (( riferisce sui controlli ))
effettuati al Ministero della salute; il collegio può richiedere dati o altri elementi ai nuclei di
valutazione dell’ente.
II) Un’organizzazione regionale composta dai comitati regionali, istituiti presso ciascuna regione e
che si articolano nei seguenti organi:
a) il presidente regionale, eletto dall’assemblea regionale fra i soci attivi della regione, il quale
assume anche le funzioni di presidente dell'assemblea regionale e del consiglio direttivo regionale;
b) l’assemblea regionale, costituita da delegati eletti dalle assemblee dei comitati locali della
regione, secondo criteri di proporzionalità, in numero stabilito dallo statuto, nonché da sei membri
di diritto rappresentati dagli organi di vertice regionali delle componenti della C.R.I.;
c) il consiglio direttivo regionale, costituito dal presidente regionale e da dodici membri soci della
C.R.I., di cui sei elettivi designati dall'assemblea regionale fra i propri componenti e sei di diritto
rappresentati dagli organi di vertice regionali delle componenti della C.R.I..
III) Un’organizzazione provinciale composta dai comitati provinciali, che si articolano nei seguenti
organi:
a) il presidente provinciale, eletto dall’assemblea provinciale nel proprio seno, il quale assume
anche le funzioni di presidente dell'assemblea provinciale e del consiglio direttivo provinciale;
b) l’assemblea provinciale, costituita da delegati eletti dalle assemblee dei comitati locali della
provincia, secondo criteri di proporzionalità, in numero stabilito dallo statuto e, quali membri di
diritto, dagli organi di vertice provinciali delle componenti della C.R.I., che operino nell'ambito
territoriale del comitato provinciale;
c) il consiglio direttivo provinciale, costituito dal presidente, da sei membri elettivi designati
dall’assemblea provinciale fra i propri componenti e, quali membri di diritto, dagli organi di vertice
provinciali delle componenti della C.R.I., che operino nell'ambito territoriale del comitato
provinciale.
IV) Un’organizzazione locale composta dai comitati locali, che si articolano nei seguenti organi:
a) il presidente locale, eletto dall’assemblea locale nel proprio seno, il quale assume anche le
funzioni di presidente dell'assemblea locale e del consiglio direttivo locale;
b) l’assemblea locale, costituita da tutti i soci attivi iscritti nell'ambito territoriale del comitato
locale;
c) il consiglio direttivo locale, costituito dal presidente, da sei membri elettivi designati
dall'assemblea locale fra i propri componenti e, quali membri di diritto, dagli organi di vertice locali
delle componenti della C.R.I., che operino nell’ambito territoriale del comitato locale.
V) Attribuzione da parte dello statuto al consiglio direttivo nazionale ed ai consigli direttivi
provinciali, oltre agli altri compiti statutari, anche di poteri di controllo sull’attività dei comitati
locali, con riguardo anche agli ambiti di attività di tutte le componenti volontaristiche
dell'Associazione.».
In ambito nazionale le funzioni della Croce rossa sono svolte con il rilevante ausilio dei
seguenti componenti:
• Volontari del Soccorso: costituiscono la componente più attiva. Riuniscono elementi di ambo i
sessi, organizzati in gruppi distribuiti su tutto il territorio nazionale. I Volontari del Soccorso hanno
come finalità di recare assistenza alla popolazione, integrando, con la loro opera ed i mezzi di cui
dispongono, l’azione diretta della Stato contro malattie, gli incidenti e le calamità pubbliche. A
questa componente posso accedervi tutti coloro che frequentano un corso teorico-pratico di
Educazione Sanitaria e di Primo Soccorso, con relativo esame finale. Alcune attività svolte dai
Volontari del Soccorso sono: l’Educazione Sanitaria, la Protezione Civile, i servizi sportivi e le
varie manifestazioni, l’Assistenza Sociale, l’attività giovanile, il trasporto infermi.
• Pionieri: sono volontari tra i 14 e i 25 anni che aderiscono agli ideali della Croce Rossa con
entusiasmo e responsabilità.
• Infermiere Volontarie: sono ausiliarie della Sanità Militare, frequentano un corso di 2 anni ed
ottengono un diploma di infermiera.
• Corpo Militare: è nato con il preciso compito di assicurare l’attività C.R.I. in tempo di guerra, ed
ha mantenuto la configurazione militare anche in tempo di pace, dipendendo direttamente dal
Ministero della Difesa. In tal senso l’art. 1, 1° co. della legge n. 1/2005 sancisce che l’ispettore
nazionale del Corpo militare della Croce Rossa italiana, prescelto fra i colonnelli in servizio, è
nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della difesa, su
designazione del Presidente nazionale, ai sensi dell'articolo 73 del regio decreto 10 febbraio 1936,
n. 484, e successive modificazioni; e che il vertice del Corpo militare della Croce Rossa italiana
deve provenire dal medesimo Corpo. Ugualmente dicasi per l’ispettrice nazionale del Corpo delle
infermiere volontarie che è nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro della difesa e del Ministro della salute, nell’ambito di una terna di nomi
indicata dal Presidente nazionale della Croce Rossa italiana. L’ispettrice nazionale è scelta tra le
infermiere volontarie che abbiano i requisiti di specifica preparazione tecnica e attitudini al
comando, dura in carica quattro anni ed è confermabile per non più di una volta consecutivamente.
La legge n. 1/2005 al 2° co. stabilisce, altresì, che le vice-ispettrici nazionali, la segretaria generale
dell’ispettorato, le ispettrici di centro di mobilitazione, le ispettrici di comitato e le vice-ispettrici
sono scelte tra le infermiere volontarie che abbiano i requisiti di specifica preparazione tecnica e
attitudini al comando, durano in carica quattro anni e possono essere confermate per non più di una
volta consecutivamente.
• Sezione Femminile: si occupa dell’assistenza a persone bisognose, contribuendo all’acquisto di
generi alimentari, di vestiario e materiale sanitario.
• Donatori di sangue: organizzazione che raccoglie tutte le persone impegnate in questa benefica
attività.
• Soci temporanei: cittadini che si limitano a versare una quota annuale di iscrizione sostenendo in
tal modo le attività della C.R.I.
______________________________________________
(*) Tenente di Vascello (CP) – Capo Ufficio Affari Giuridici e Diritto Internazionale
Marittimo del Comando Forze da Pattugliamento per la Sorveglianza e la Difesa Costiera.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
N. Ronzitti “Diritto internazionale dei conflitti armati”, Giappichelli 1998; N. Ronzitti “Diritto
internazionale per Ufficiali delle Marina Militare”, Rivista Marittima 1996; Amm. Div. Giovanni
Clara “Appunti di diritto bellico marittimo” Istituto Guerra marittima, Livorno 1984; Di Andrea De
Bonis “Il divieto dell’uso della forza nel diritto internazionale”, Diritto.it, dicembre 2004; M.
Lavagnino in “Nozioni di diritto Umanitario”, Accademia Navale di Livorno 1991; Hans-Peter
Gasser “Il diritto internazionale umanitario e la protezione delle vittime della guerra”.
Diritto & Diritti - Electronic Law Review
Pubblicata in Ragusa dal 1996.
Redazione: Corso Vittorio Veneto, 532 ~ 97100 Ragusa
Tel. 199.44.03.14 - Fax 199.44.30.65 (numeri senza prefisso
a tariffa unica per tutta Italia)
Proprietario ed editore: Diritto.it s.r.l. Provider: HGO s.r.l.
http://www.hgo.it/
Testata registrata presso il Tribunale di Ragusa al n° 3/98 del
25.5.98 - ISSN: 1127-8579
Direttore: Dr. Francesco Brugaletta. Direttore responsabile:
Dr. Carmelo Arezzo
Diritto.it s.r.l.
© 1996-2004
Contatti
Avvertenze legali
LEGGE 19 gennaio 2005, n. 1 (in G.U. n. 14 del 19 gennaio 2005) - Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 19 novembre 2004, n. 276, recante disposizioni urgenti per snellire le strutture ed incrementare la
funzionalità della Croce Rossa italiana.
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga la seguente legge:
Art. 1.
1. Il decreto-legge 19 novembre 2004, n. 276, recante disposizioni urgenti per snellire le strutture ed incrementare la
funzionalità della Croce Rossa italiana, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente
legge.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addì 19 gennaio 2005
CIAMPI
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Visto, il Guardasigilli: Castelli
LAVORI PREPARATORI
Camera dei deputati (atto n. 5434):
Presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri (Berlusconi), dal Ministro della salute (Sirchia) e dal Ministro della difesa (Martino) il 20 novembre 2004.
Assegnato alla XII commissione (Affari sociali), in sede referente, il 22 novembre 2004 con pareri del Comitato per la legislazione e delle commissioni I, II, IV,
V e della commissione parlamentare per le questioni regionali. Esaminato dalla XII commissione, in sede referente, il 25, 30 novembre 2004; il 1°, 2 dicembre
2004.
Esaminato in aula il 1°, 9 dicembre 2004 ed approvato il 22 dicembre 2004.
Senato della Repubblica (atto n. 3254):
Assegnato alla 12ª commissione (Sanità), in sede referente, il 23 dicembre 2004 con pareri delle commissioni 1ª, 2ª, 4ª, 5ª e della commissione parlamentare per
le questioni regionali.
Esaminato dalla 1ª commissione (Affari costituzionali), in sede consultiva, sull'esistenza dei presupposti di costituzionalità il 27 dicembre 2004.
Esaminato dalla 12ª commissione, in sede referente, il 27 e 28 dicembre 2004.
Esaminato in aula e approvato, con modificazioni, il 28 dicembre 2004.
Camera dei deputati (atto n. 5434/B):
Assegnato alla XII commissione (Affari sociali), in sede referente, il 28 dicembre 2004 con pareri del Comitato per la legislazione e delle commissioni IV, V,
XI.
Esaminato dalla XII commissione, in sede referente, il 28 dicembre 2004.
Esaminato in aula il 17 gennaio 2005 ed approvato il 18 gennaio 2005.
Allegato
MODIFICAZIONI APPORTATE IN SEDE DI CONVERSIONE AL DECRETO-LEGGE
19 NOVEMBRE 2004, N. 276.
All'articolo 1, al comma 1, la lettera d-ter) sostituita dalla seguente:
«d-ter) svolgere, fermo restando quanto previsto dall'articolo 70 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e nel rispetto
della legislazione nazionale e delle competenze regionali, i servizi sociali ed assistenziali indicati dallo statuto della
Croce Rossa italiana».
All'articolo 2 il comma 1 è sostituito dai seguenti:
«1. L'ispettore nazionale del Corpo militare della Croce Rossa italiana, prescelto fra i colonnelli in servizio, è nominato
con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della difesa, su designazione del Presidente
nazionale, ai sensi dell'articolo 73 del regio decreto 10 febbraio 1936, n. 484, e successive modificazioni. Il vertice del
Corpo militare della Croce Rossa italiana deve provenire dal medesimo Corpo. L'ispettrice nazionale del Corpo delle
infermiere volontarie è nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della
difesa e del Ministro della salute, nell'ambito di una terna di nomi indicata dal Presidente nazionale della Croce Rossa
italiana. L'ispettrice nazionale è scelta tra le infermiere volontarie che abbiano i requisiti di specifica preparazione
tecnica e attitudini al comando, dura in carica quattro anni ed è confermabile per non più di una volta consecutivamente.
1-bis. In sede di prima applicazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto, si procede alla nomina dei titolari degli organi di cui al comma 1 secondo le modalità indicate nel
presente articolo»;
il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Le vice-ispettrici nazionali, la segretaria generale dell'ispettorato, le ispettrici di centro di mobilitazione, le ispettrici
di comitato e le vice-ispettrici sono scelte tra le infermiere volontarie che abbiano i requisiti di specifica preparazione
tecnica e attitudini al comando, durano in carica quattro anni e possono essere confermate per non più di una volta
consecutivamente»;
la rubrica è sostituita dalla seguente: «(Corpo militare della Croce Rossa italiana e Corpo delle infermiere volontarie)».
All'articolo 3:
al comma 1, capoverso 3), numero I):
alla lettera a), le parole: «i soci attivi; il quale» sono sostituite dalle seguenti: «i soci attivi, il quale»;
alla lettera b), sono aggiunte, in fine, le parole: «nelle deliberazioni riguardanti la nomina degli organi di vertice e le
revisioni statutarie, l'Assemblea nazionale è integrata dai presidenti dei comitati provinciali e locali»;
alla lettera d), le parole: «in seduta permanente» sono soppresse e le parole: «riferisce dei controlli» sono sostituite dalle
seguenti: «riferisce sui controlli»;
al comma 1, capoverso 3), numero II), lettera c), le parole: «il consiglio è integrato da un rappresentante designato dal
presidente della Giunta regionale, che assiste alle sedute senza diritto di voto;» sono soppresse.
All'articolo 5:
al comma 1, capoverso, dopo le parole: «da euro cinquecento a» è inserita la seguente: «euro»;
dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. Al terzo comma dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 613, le parole: "Ha
altresì l'obbligo" sono sostituite dalle seguenti: "L'Associazione della C.R.I. ha altresì l'obbligo"»;
al comma 2, le parole da: «; tale qualita» fino alla fine del comma sono soppresse.
All'articolo 6, al comma 2, la parola: «elettive», ovunque ricorra, è soppressa.
All'articolo 7, al comma 1, le parole da: «decreto-legge» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti:
«decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
TESTO DEL DECRETO-LEGGE 19 novembre 2004, n. 276 (in G.U. n. 273 del 20 novembre 2004),
COORDINATO CON LA LEGGE DI CONVERSIONE 19 gennaio 2005, n. 1 (in G.U. n. 14 del 19 gennaio 2005),
recante: «Disposizioni urgenti per snellire le strutture ed incrementare la funzionalità della Croce Rossa
italiana».
Avvertenza: Il testo coordinato qui pubblicato è stato redatto dal Ministero della giustizia ai sensi dell'art. 11, comma 1, del testo unico delle disposizioni sulla
promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con
D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, nonchè dell'art. 10, comma 3, del medesimo testo unico, al solo fine di facilitare la lettura sia delle disposizioni del decretolegge, integrate con le modifiche apportate dalla legge di conversione, che di quelle modificate o richiamate nel decreto, trascritte nelle note. Restano invariati
il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui riportati.
Le modifiche apportate dalla legge di conversione sono stampate con caratteri corsivi. Tali modifiche sono riportate ssul terminale tra i segni (( . . . ))
A norma dell'art. 15, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri), le modifiche apportate dalla legge di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
Art. 1.
Compiti della Croce Rossa italiana
1. All’articolo 2, primo comma, n. 2), del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 613, sono aggiunte,
in fine, le seguenti lettere:
«d-bis) promuovere la diffusione della coscienza trasfusionale tra la popolazione e organizzare i donatori volontari, nel
rispetto della normativa vigente e delle norme statutarie; (( d-ter) svolgere, fermo restando quanto previsto dall'articolo
70 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e nel rispetto della legislazione nazionale e delle competenze regionali, i
servizi sociali ed assistenziali indicati dallo statuto della Croce Rossa italiana» )).
Art. 2.
Corpo militare della Croce Rossa italiana e Corpo delle infermiere volontarie
(( 1. L’ispettore nazionale del Corpo militare della Croce Rossa italiana, prescelto fra i colonnelli in servizio, è
nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della difesa, su designazione del
Presidente nazionale, ai sensi dell'articolo 73 del regio decreto 10 febbraio 1936, n. 484, e successive modificazioni. Il
vertice del Corpo militare della Croce Rossa italiana deve provenire dal medesimo Corpo. L'ispettrice nazionale del
Corpo delle infermiere volonarie è nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro della difesa e del Ministro della salute, nell'ambito di una terna di nomi indicata dal Presidente nazionale della
Croce Rossa italiana. L'ispettrice nazionale è scelta tra le infermiere volonarie che abbiano i requisiti di specifica
preparazione tecnica e attitudini al comando, dura in carica quattro anni ed è confermabile per non più di una volta
consecutivamente.
1-bis. In sede di prima applicazione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto, si procede alla nomina dei titolari degli organi di cui al comma 1 secondo le modalità indicate nel
presente articolo.
2. Le vice-ispettrici nazionali, la segretaria generale dell'ispettorato, le ispettrici di centro di mobilitazione, le ispettrici
di comitato e le vice-ispettrici sono scelte tra le infermiere volontarie che abbiano i requisiti di specifica preparazione
tecnica e attitudini al comando, durano in carica quattro anni e possono essere confermate per non più di una volta
consecutivamente )).
Art. 3.
Struttura della Croce Rossa italiana
1. All'articolo 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 613, il numero 3) è
sostituito dal seguente:
«3) Strutture, da articolarsi secondo il seguente modello:
I) un'organizzazione centrale composta:
a) dal Presidente nazionale, eletto dall'assemblea nazionale (( fra i soci attivi, il quale )) assume anche le funzioni di
presidente dell'assemblea nazionale e del consiglio direttivo nazionale;
b) dall'assemblea nazionale della C.R.I., costituita dal Presidente nazionale, dai presidenti regionali, da membri eletti da
ciascuna assemblea regionale fra i propri componenti diversi dal presidente, in numero definito dallo statuto secondo un
criterio di proporzione con i soci attivi della regione, nonchè da sei membri di diritto rappresentati dagli organi di
vertice nazionale delle componenti della C.R.I.; (( nelle deliberazioni riguardanti la nomina degli organi di vertice e le
revisioni statutarie, l'Assemblea nazionale è integrata dai presidenti dei comitati provinciali e locali» ));
c) dal consiglio direttivo nazionale, costituito dal Presidente nazionale e da dodici membri soci della C.R.I., di cui sei
elettivi designati dall'assemblea nazionale fra i propri componenti e sei di diritto rappresentati dagli organi di vertice
nazionali delle componenti della C.R.I.;
d) da un unico collegio dei revisori dei conti, che esercita le sue funzioni su tutti gli organi nazionali, regionali,
provinciali e locali della C.R.I. e assiste alle sedute del consiglio direttivo nazionale, composto da sette membri
effettivi, dei quali uno in rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze con funzioni di presidente, uno in
rappresentanza, rispettivamente, del Ministero degli affari esteri, del Ministero della difesa e del Ministero dell'interno,
due in rappresentanza del Ministero della salute e uno in rappresentanza dell'assemblea, tutti scelti tra gli iscritti al
registro dei revisori contabili o in possesso dei requisiti previsti dal codice civile per lo svolgimento di tali funzioni,
nonchè da due membri supplenti, uno scelto dal Ministero della salute e uno dal Ministero dell'economia e delle finanze
tra esperti in possesso di specifica competenza; il collegio, i cui componenti devono essere convocati, a pena di
invalidità, verifica la legittimità delle deliberazioni di spesa e della loro esecuzione, accerta la regolare tenuta della
contabilità e la conformità dei bilanci alle risultanze dei libri e delle scritture contabili e (( riferisce sui controlli ))
effettuati al Ministero della salute; il collegio può richiedere dati o altri elementi ai nuclei di valutazione dell'ente;
II) un'organizzazione regionale composta dai comitati regionali, istituiti presso ciascuna regione e che si articolano nei
seguenti organi:
a) il presidente regionale, eletto dall'assemblea regionale fra i soci attivi della regione, il quale assume anche le funzioni
di presidente dell'assemblea regionale e del consiglio direttivo regionale;
b) l'assemblea regionale, costituita da delegati eletti dalle assemblee dei comitati locali della regione, secondo criteri di
proporzionalità, in numero stabilito dallo statuto, nonchè da sei membri di diritto rappresentati dagli organi di vertice
regionali delle componenti della C.R.I.;
c) il consiglio direttivo regionale, costituito dal presidente regionale e da dodici membri soci della C.R.I., di cui sei
elettivi designati dall'assemblea regionale fra i propri componenti e sei di diritto rappresentati dagli organi di vertice
regionali delle componenti della C.R.I.;
III) un'organizzazione provinciale composta dai comitati provinciali, che si articolano nei seguenti organi:
a) il presidente provinciale, eletto dall'assemblea provinciale nel proprio seno, il quale assume anche le funzioni di
presidente dell'assemblea provinciale e del consiglio direttivo provinciale;
b) l'assemblea provinciale, costituita da delegati eletti dalle assemblee dei comitati locali della provincia, secondo criteri
di proporzionalità, in numero stabilito dallo statuto e, quali membri di diritto, dagli organi di vertice provinciali delle
componenti della C.R.I., che operino nell'ambito territoriale del comitato provinciale;
c) il consiglio direttivo provinciale, costituito dal presidente, da sei membri elettivi designati dall'assemblea provinciale
fra i propri componenti e, quali membri di diritto, dagli organi di vertice provinciali delle componenti della C.R.I., che
operino nell'ambito territoriale del comitato provinciale;
IV) un'organizzazione locale composta dai comitati locali, che si articolano nei seguenti organi:
a) il presidente locale, eletto dall'assemblea locale nel proprio seno, il quale assume anche le funzioni di presidente
dell'assemblea locale e del consiglio direttivo locale;
b) l'assemblea locale, costituita da tutti i soci attivi iscritti nell'ambito territoriale del comitato locale;
c) il consiglio direttivo locale, costituito dal presidente, da sei membri elettivi designati dall'assemblea locale fra i propri
componenti e, quali membri di diritto, dagli organi di vertice locali delle componenti della C.R.I., che operino
nell'ambito territoriale del comitato locale;
V) attribuzione da parte dello statuto al consiglio direttivo nazionale ed ai consigli direttivi provinciali, oltre agli altri
compiti statutari, anche di poteri di controllo sull'attività dei comitati locali, con riguardo anche agli ambiti di attività di
tutte le componenti volontaristiche dell'Associazione.».
Art. 4.
Incompatibilità delle cariche sociali
1. All’articolo 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 613, al numero 4) dopo
le parole: «incarichi retribuiti dall'Associazione stessa» sono aggiunte le seguenti: «o, al di fuori dei casi previsti dal
presente decreto, con la titolarità di altre cariche associative, salva la facoltà di opzione dell'interessato. La carica di
Presidente nazionale non è cumulabile con quelle di presidente regionale, provinciale o locale; il presidente regionale,
provinciale o locale che sia eletto Presidente nazionale deve esercitare l'opzione fra le diverse cariche di presidenza
entro dieci giorni dall'elezione a pena di decadenza da tale ultima carica associativa; se viene eletto Presidente nazionale
uno dei membri eletti nell'assemblea nazionale da una delle assemblee regionali, la relativa assemblea regionale elegge
un altro componente dell'assemblea nazionale in sostituzione di quello eletto Presidente nazionale.».
Art. 5.
Tenuta dell'elenco dei soci con diritto di elettorato attivo
1. All'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 613, dopo il primo comma, è inserito il
seguente:
«Il libro dei soci è aggiornato ogni sei mesi. Salvo che il fatto costituisca reato, il soggetto che essendovi tenuto omette
o ritarda l'aggiornamento dei libri è punito con la sanzione pecuniaria da euro duecento a euro milleduecento. Salvo che
il fatto costituisca reato, colui che, essendovi tenuto, omette intenzionalmente di esibire i libri dei soci e le relative
informazioni o trasmette consapevolmente dati falsi o inesatti alle autorità di cui al primo comma e al Presidente
nazionale, è punito con la sanzione pecuniaria da euro cinquecento a euro tremila. Le sanzioni sono irrogate dal
Ministero della salute ed il relativo procedimento è disciplinato dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.». (( 1-bis. Al
terzo comma dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 613, le parole: «Ha altresì
l'obbligo» sono sostituite dalle seguenti: «L'Associazione della C.R.I. ha altresì l'obbligo» )).
2. Hanno diritto all'elettorato attivo, per le prime elezioni indette dal Commissario straordinario della C.R.I. dopo la
data di entrata in vigore del presente decreto, tutti i soggetti che, alla data di indizione delle stesse, risultino essere
regolarmente iscritti all'associazione da almeno ventiquattro mesi.
Art. 6.
Statuto della Croce Rossa italiana
1. Lo statuto della C.R.I. e le norme di modificazione ed integrazione sono approvate con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro della difesa, con il Ministro
dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica, sentito il Presidente nazionale della C.R.I.,
fermo quanto previsto dall'articolo 3, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, udita la Sezione consultiva per gli atti
normativi del Consiglio di Stato.
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono approvate le disposizioni di revisione
dello statuto vigente della C.R.I. A seguito della data di entrata in vigore delle norme di revisione si procede alla
immediata ricostituzione di tutte le cariche; dalla data di nomina dei nuovi titolari delle cariche decadono,
contestualmente, anche in deroga ad ogni contraria disposizione, i titolari in carica alla data di entrata in vigore del
presente decreto. L'incarico di Commissario straordinario della C.R.I. può essere ulteriormente prorogato fino alla data
di nomina del Presidente nazionale della C.R.I., in attuazione della nuova disciplina statutaria.
3. L'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 613, è abrogato.
Art. 7.
Disposizioni finali
1. Dall'applicazione del presente (( decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica )).
Art. 8.
Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Scarica