relazione dell Prof. Maria Teresa Letta "Oasi 8 marzo"

Croce Rossa Italiana
Sala Palasciano
Roma 5 dicembre 2011
Il Volontariato e la cultura del dono di sé
“ Oasi 8 marzo”
Innanzitutto un saluto a tutte le autorità civili , militari e di Croce Rossa ed un
ringraziamento alla Commissaria Nazionale Santa Fizzarotti per avermi invitato a
prendere la parola.
Sono estremamente sincera nel dirvi che sono molto in imbarazzo a parlare
dopo oratori come la dott.ssa Selvaggi, professore universitario, ed il prof. Boscia,
Presidente della Società Nazionale di Bioetica.
Io sono molto più terra terra, operativa e concreta e spero di non sfigurare
troppo nel parlare dopo di loro. Soprattutto, spero di non deludere Santa e tutti voi
presenti. Allora vi domanderete: perché ha accettato? A parte gli studi, la famiglia e
la professione il Volontariato è stato per me uno stile di vita da quando ero ragazza.
Pensare agli altri, dedicarmi all’altro è stata sempre una cosa naturale,
profondamente sentita, che non mi costava perché il sacrificio che comportava mi
sembrava – e mi sembra tuttora - una cosa poco importante paragonata a quello che
si può dare ad una persona in difficoltà.
Ho imparato tanto tempo fa, da un vecchio prete, che vivere è donare; e sapendo che
siamo mortali vivere in eterno significa lasciare qualcosa di positivo e duraturo
attraverso quello che si è donato, quello che abbiamo fatto, costruito per gli altri.
E allora: ho cercato di darmi da fare per i diseredati, per le persone vulnerabili, e se lo
facciamo tutti, la Croce Rossa traccerà un segno indelebile che altri seguiranno e
veramente lasceremo qualcosa di duraturo, di eterno: uno stile di vita.
Questo donarsi, però, deve seguire le esigenze e le richieste della Società, una
società che evolve sempre e che trasforma in continuazione le sue esigenze, le
sofferenze, le conseguenti necessità di intervento.
Sono da tanti anni in Croce Rossa ed ho imparato a percepire questi
cambiamenti ed a cambiare i modi ed i tipi di intervento.
Anni fa assistevamo le ragazze madri, poi gli anziani più soli, poi soprattutto gli
extracomunitari. Penso di non dire cose nuove perchè molte di voi avranno fatto lo
stesso percorso. A mano a mano la Società si accorgeva del problema, prendeva le
misure più opportune, il problema si attenuava o – come nel caso delle ragazze madri
– il problema scompare perché è la cultura stessa che cambia ed elimina non solo i
pregiudizi ma il problema in sé.
E’ per questo che alla fine dello scorso anno, ho raccolto l’esigenza, segnalata
più volte e da più parti di porre rimedio – o almeno di fare qualcosa – contro la
violenza che dilaga, che è diventata una piaga sociale che ci interpella tutti ed esige
delle risposte.
La lunga emergenza dopo il terremoto a L’Aquila ci ha fatto conoscere tante
situazioni dolorose ed allora ho consultato qualche socia con specializzazioni
professionali interessanti – avvocato, psicologa, mediatore familiare, assistente
sociale ed abbiamo provato ad aprire un Centro Antiviolenza presso il Comitato di
Croce Rossa di Avezzano.
Pensavo, nella mia ingenuità che sarebbe stata una fase sperimentale, quasi per
darci il tempo di organizzarci dopo aver messo in giro locandine e dépliants.
Mi sbagliavo: hanno cominciato a presentarsi persone singole, mamme con figli,
ragazzi: un vero e proprio centro in piena regola ed in piena attività. Alcune persone
che mi conoscevano hanno voluto perfino la mia presenza, il mio contributo. Mi sono
vista presentare anche una ex vicina di casa che non supponevo minimamente avesse
problemi così gravi. La Commissaria del Comitato Femminile mi ha molto
validamente supportato. Per un caso ho dovuto interpellare il comandante della
stazione dei carabinieri: in pochi minuti era in sede, ci ha consigliato, incoraggiato,
spronato. Da lì abbiamo fatto rete, oltre che con i carabinieri con polizia, asl, servizi
sociali del comune, polizia municipale, prefettura, provincia. Abbiamo elaborato un
protocollo d’intesa che ci vede tutti uniti contro questo fenomeno dilagante, che
facciamo finta di ignorare ma che avvelena la nostra società e,come conseguenza, è
nato questo Progetto “ Oasi 8 marzo” che abbiamo presentato al Dipartimento delle
Pari Opportunità come so che hanno fatto altri Comitati .
Forse il titolo fa pensare ad una difesa ad oltranza delle donne violentate, oggetto di
umiliazioni e cose di questo genere. In realtà il progetto “ Oasi 8 marzo” è in questa
direzione perché questo esigeva il bando, ma il nostro Centro Antiviolenza
d’Abruzzo, di Avezzano, vuole interessarsi e andare incontro a tutte forme di
violenza ed a tutte le persone che subiscono varie forme di violenza come dice la
locandina e come indica il dépliant.
Ci sono sottili forme di violenza psicologica ed economica che possono distruggere la
vita di una persona. Ci sono perfide forme di mobbing nelle famiglie allargate che
turbano la vita dei figli. Non ci meravigliamo di certe deviazioni quando non
sappiamo cosa le ha provocate, a monte.
Donando un po’ del proprio tempo, della propria ricchezza interiore a chi soffre, a
chi non sa come uscire da un vicolo cieco, si fa un’ opera di alto valore sociale ed
umano.
Attraverso gli anni mi sono fatta la convinzione che chi sa fare per sé, chi ha
personalità, cultura, iniziativa sa fare per sé e per gli altri. Chi è povero, isterilito
dalle sofferenze, impaurito, plagiato non sa fare nè per sé né per la sua famiglia.
Allora voglio solo dare l’idea che occuparsi di un Centro Antiviolenza, oltre alle tante
cose che sappiamo fare in Croce Rossa, è una cosa valida, necessaria, che risponde
alle esigenze sociali del nostro tempo per dare coraggio a quelle persone che soffrono
in silenzio,per far loro rialzare la testa e riconquistare la propria dignità, il proprio
diritto alla vita.
Ma forse dovremo dedicare un po’ del nostro tempo, della nostra attenzione, delle
nostre capacità, delle nostra organizzazione ad aiutare le donne in generale, le
giovani, a trovare un equilibrio che al momento non possiamo dire di aver trovato nel
complesso.
Si è passati da una società maschilista che soffocava ed umiliava le donne ad una
società in cui le donne, specie le più giovani, assumono atteggiamenti arroganti e
spavaldi, spesso immorali e vuoti che si ritorcono contro tutte le donne, che fanno
avere un’ opinione su di noi non sempre benevola e corrispondente alla realtà, che
annullano il lavoro di tantissime di noi per arrivare davvero alla parità ed a
conquistare, oltre al rispetto ed alla dignità riconosciuta, anche posti di rilievo nella
società.
Nel passato sono state le donne che hanno alimentato la mentalità maschilista
permettendo di tutto ai figli maschi ed allevando in altro modo e mentalità le figlie
femmine. Ora è arrivata una classe di mamme che sollecita le figlie femmine sin da
piccole ad avere atteggiamenti a seguire mode, ed un modo di fare a dir poco
intraprendente. Non ci siamo, non si sono accorte che la Società è cambiata? Che è
multietnica? Che le reazioni delle persone più diverse che incrociamo sul nostro
cammino possono andare al di là di ogni previsione di qualche anno fa?
Bisogna, a mio avviso, lavorare e lavorare molto in questo senso e visto che la
CRI ha sempre dato spazio e responsabilità alle donne attraverso il nostro particolare
osservatorio sociale potremmo e dovremmo incidere di più sulle giovani generazioni:
allora l’8 marzo sarebbe davvero un oasi di serenità.
Grazie
Maria Teresa Letta