Università degli studi di Padova Dipartimento di Tecnica e Gestione dei Sistemi Industriali Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale Project Management applicato allo sviluppo di nuovi prodotti: il caso AtTask in Selle Royal S.p.A Relatore Prof. Chiara Verbano Correlatore Ing. Andrea Cecchinato Laureando Pier Andrea Dolzan Anno Accademico: 2013-2014 II INDICE Ringraziamenti .......................................................................... VII Introduzione ................................................................................................................ IX Obiettivi e metodo .................................................................... 1 Capitolo 1: Il Project Management ...................................... 9 1.1 COS’È UN PROGETTO? .............................................................................. 10 1.2 IL MODELLO DI PROJECT MANAGEMENT ......................................... 11 1.3 TOTAL LIFECYCLE PROJECT MANAGEMENT ................................... 12 1.3.1 La triade concettuale del Project Management ...................................... 13 Capitolo 2: Organizzazione della funzione di Project Management ....................................................... 15 2.1 2.2 L’UNITÀ ORGANIZZATIVA DI PROGETTO ......................................... 15 2.1.1 L’organizzazion a matrice ......................................................................... 17 2.1.2 La task force di progetto ............................................................................ 18 LA COLLOCAZIONE ORGANIZZATIVA DEL PROJECT MANAGER E IL PROJECT MANAGEMENT OFFICE........................... 19 Capitolo 3: Avvio e pianificazione del progetto ............. 21 3.1 LA PIANFICAZIONE DEL PROGETTO ................................................... 22 3.2 LE BEST PRACTICES NELLA PIANIFICAZIONE OPERATIVA DEI PROGETTI ...................................................................................................... 24 3.2.1 Creazione della Work Breakdown Structure per la scomposizione del progetto ........................................................................................................ 26 III 3.2.2 La schedulazione delle attività di progetto ............................................. 27 3.2.3 Il metodo del percorso critico (Critical Path Method) e gli scorrimenti 28 3.2.4 Il diagramma di Gantt ................................................................................ 31 3.2.5 Pianificazione delle risorse e tecniche di livellamento del carico di lavoro ....................................................................................................... 32 Capitolo 4: Controllo delle performance di progetto ..... 37 4.1 CONTROLLO DELL’AMBITO DI PROGETTO ...................................... 39 4.2 CONTROLLO INTEGRATO DEI TEMPI E DEI COSTI DI PROGETTO .............................................................................................. 39 4.3 4.2.1 Ottimizzare la distribuzione delle risorse economiche nel tempo ...... 41 4.2.2 Un primo modello di controllo: la misurazione dell’avanzamento del progetto a fronte della sua schedulazione ........................................ 45 4.2.3 Il modello dell’earned value ........................................................................ 46 CHIUSURA O ESTENSIONE DEL PROGETTO ..................................... 50 Capitolo 5: Il Project Portfolio Management strategico 53 5.1 I PROGETTI CHE FANNO CRESCERE UN’AZIENDA ........................ 53 5.2 IL PROJECT PORTFOLIO MANAGEMENT ........................................... 55 5.2.1 Obiettivi e vantaggi del Project Portfolio Management ........................ 57 5.2.2 Selezione e priorità dei progetti di un portfolio ..................................... 57 5.2.3 Gestione delle risorse aziendali e delle operazioni negli ambienti multiprogetto............................................................................................... 59 Capitolo 6: Il sistema informativo di Project Management ............................................................................ 61 6.1 IL SISTEMA INFORMATIVO INTEGRATO DI PROJECT MANAGEMENT .......................................................................................... 61 6.1.1 6.2 IV Cos’è un sistema informativo di Project Management? ........................ 62 SISTEMI INFORMATIVI DI PROJECT MANAGEMENT WEB BASED .................................................................................................. 63 6.3 6.4 CATEGORIE DI SOFTWARE DI PROJECT MANAGEMENT .............. 65 6.3.1 Software di Process Management ............................................................ 65 6.3.2 Software di Schedule Management ......................................................... 66 6.3.3 Software di Cost Management ................................................................. 66 6.3.4 Software di Communication Management ............................................. 67 IL PROCESSO DI SELEZIONE DEI SOFTWARE DI PROJECT MANAGEMENT ........................................................................................... 67 Capitolo 7: Selle Royal S.p.A .............................................. 71 7.1 SELLE ROYAL S.p.A .................................................................................... 72 7.2 STORIA DEL GRUPPO SELLE ROYAL .................................................... 75 7.3 LO SVILUPPO INDUSTRIALE ................................................................... 76 7.4 ESPENSIONE DEL MERCATO .................................................................. 78 7.5 BRAND DIVERSIFICATION ...................................................................... 79 Capitolo 8: Analisi della situazione AS IS nella gestione dei progetti di sviluppo nuovo prodotto ........................... 85 8.1 STRUTTURA ORGANIZZATIVA PER LA GESTIONE DEI PROGETTI .............................................................................................. 86 8.2 IL CONTESTO DEI PROGETTI DI SVILUPPO NUOVO PRODOTTO ................................................................................................... 89 8.3 8.4 8.2.1 Classificazione dei progetti in Selle Royal S.p.A.................................... 89 8.2.2 Distribuzione commerciale: i canali di vendita ...................................... 92 IL PROCESSO DI SVILUPPO NUOVO PRODOTTO: ANALISI AS IS .............................................................................................. 95 8.3.1 Analisi critica delle modalità AS IS di gestione delle Proposte Nuovo Prodotto ......................................................................... 96 8.3.2 Analisi critica delle modalità AS IS di gestione delle correlazioni e dei progetti .............................................................. 104 PROBLEMI EMERSI NELL’ATTUALE GESTIONE DEI PROGETTI ................................................................................................... 106 V 8.5 LA SCELTA DI ATTASK........................................................................... 110 Capitolo 9: Analisi e implementazione di AtTask ......... 115 9.1 ANALISI PRELIMINARE DEGLI OBIETTIVI DELL’IMPLEMENTAZIONE DI ATTASK (Gathering Requirements) ...................................................... 116 9.2 TRAINING DEL CORE IMPLEMENTATION TEAM E DEI TEAM MEMBER COINVOLTI NEI PROCESSI DI SVILUPPO PRODOTTO (Schedule Education) ................................... 117 9.3 RE-ENGINEERING DEI BUSINESS PROCESSES DI SELLE ROYAL E CONFIGURAZIONE DI ATTASK (AtTask Configuration) ................... 119 9.3.1 Definizione del flusso delle richieste per l’apertura di nuovi progetti......................................................................................................... 120 9.4 9.3.2 Categorizzazione dei progetti: portfolio e programmi ....................... 125 9.3.3 Mappatura del processo di gestione sviluppo nuovo prodotto ......... 127 9.3.4 Definizione e configurazione dei reports .............................................. 132 ESECUZIONE DEL TEST PILOTA (Pilot Test)....................................... 137 Conclusioni e futuri sviluppi .............................................. 141 Bibliografia ............................................................................. 145 Sitografia ................................................................................. 146 VI Ringraziamenti Ripercorrendo i cinque anni dedicati, nell’Università di Padova, allo studio di Ingegneria Gestionale, giunto ormai al traguardo, mi accorgo che numerose sono le persone che hanno contribuito a formare la persona che oggi sono. Desidero ringraziare innanzitutto la mia famiglia per il grande aiuto e sostegno che mai mi è mancato nella mia vita e in questi cinque anni accademici. Un ringraziamento anche a mia sorella che con i suoi preziosi consigli mi ha aiutato a vivere con più tranquillità e secondo la sua filosofia l’università. Sono riconoscente a tutti gli amici che mi sono sempre stati vicini e hanno pazientemente sopportato i miei continui ritardi dovuti allo studio, ed in particolare a Irene che mi è sempre stata vicina lungo questo percorso. Ricordo con affetto i miei compagni di corso e di Università con i quali sono certo di continuare la forte e sincera amicizia scaturita, o rafforzatasi, nell’ambiente accademico. Un ringraziamento doveroso va fatto all’Ing. Andrea Cecchinato, che ha creduto in me dandomi la possibilità di intraprendere un nuovo affascinante percorso nel mondo del lavoro. Un ringraziamento speciale anche a tutti i colleghi di Selle Royal per avermi accolto in ufficio sempre con il sorriso. Un ultimo ringraziamento, last but not least, alla professoressa Chiara Verbano, mia Relatrice, per i preziosi insegnamenti, per le numerose ore dedicate alla mia tesi e per la grande pazienza e professionalità sempre dimostratami. Pier Andrea Cassola, 10 Ottobre 2014 VII VIII INTRODUZIONE Questa tesi è stata sviluppata durante lo stage svolto all’interno di Selle Royal S.p.A., presso lo stabilimento di Pozzoleone. Selle Royal S.p.A, è l’azienda leader nella produzione di selle, con sei sedi produttive sparse nel mondo ed una rete commerciale che opera in più di 70 paesi. Il suo core business riguarda la progettazione, produzione e commercializzazione di selle da bicicletta, dove, grazie ai diversi brand di proprietà, è diventata leader nei segmenti “Recreational” (con il marchio Selle Royal), “Lifestyle” (con Brooks England), “Racing” e “MTB” (con Fi’zi:k, il marchio di punta dell’azienda). Inoltre, negli ultimi anni, tramite l’acquisizione di nuove società, ha iniziato un processo di espansione verso il mercato degli accessori per ciclo (come borsette, lucette, manubri, pedali, ecc…) e dei prodotti di abbigliamento legati all’utilizzo della bicicletta, diventando la quarta “potenza mondiale” operante nel settore del ciclismo. In questo elaborato viene eseguita un’analisi delle logiche attualmente in uso in Selle Royal per la gestione dei progetti di sviluppo nuovo prodotto. Questo studio permette pertanto di osservare come la ridefinizione delle procedure operative, secondo i principi che caratterizzano la teoria del Project Portfolio Management, e la parallela introduzione di un software specializzato, permettano di minimizzare i problemi legati alla tipica gestione destrutturata dei progetti. IX Dopo una parte introduttiva dove vengono descritte le principali tecniche del Project Portfolio Management, si è analizzato il caso di Selle Royal, con l’intento di fare uno studio preliminare sulle attuali modalità di gestione adottate nei progetti di sviluppo prodotto, per poi delineare dei possibili interventi di miglioramento. Le azioni apportate hanno interessato principalmente una ridefinizione dei ruoli e della categorizzazione dei progetti, oltre all’introduzione di un nuovo sistema informativo che ha favorito l’adozione dei processi e delle tecniche tipiche del Project Management (piano di progetto in fase di apertura, diagramma di Gantt per la pianificazione, controllo e chiusura) per la gestione di tali progetti. Questo percorso ha perciò messo in evidenza alcuni dei benefici che si possono ottenere gestendo progetti unici e irripetibili tramite il ricorso a processi e tecniche standard come quelle descritte nella letteratura del Project Management. X OBIETTIVI E METODO Il particolare quadro economico di questi ultimi decenni, caratterizzato da un incremento esponenziale della complessità dei prodotti, dei servizi e dei processi, affiancato ad una parallela e contrapposta riduzione del time-tomarket e dei margini, ha obbligato le piccole e medie imprese ad innovare il proprio tessuto organizzativo e le proprie strategie per adattarsi alle continue turbolenze e riuscire ancora a competere con successo in tali mercati. A partire dalla fine degli anni ’70, l’abolizione delle barriere commerciali ha favorito la diffusione della globalizzazione, che ha portato ad un notevole incremento della pressione competitiva. Questo fenomeno ha perciò comportato un profondo cambiamento nelle logiche che stanno alla base del mercato. Oggi, infatti, grazie all’internazionalizzazione del commercio, il consumatore ha la possibilità di scegliere tra un’enorme varietà di prodotti ed acquistare pertanto l’articolo con le caratteristiche tecniche ed economiche che maggiormente lo soddisfano. Per riuscire a sopravvivere in questo nuovo contesto, altamente concorrenziale e dinamico, in cui il fulcro centrale è il cliente, le aziende devono essere in grado di anticipare i trend, sviluppando prodotti innovativi e a prezzi sempre più competitivi. Di qui la necessità di disporre di un approccio gestionale flessibile, che consenta di far fronte all’estrema variabilità delle richieste, ma che al tempo stesso si basi su principi e tecniche comuni. Il nuovo paradigma manageriale in grado di gestire queste criticità, e che nel corso degli ultimi anni si sta dimostrando 1 ideale per riuscire ad affrontare questa particolare situazione, è conosciuto come Project Portfolio Management. Come sottolineato poco sopra, al giorno d’oggi per le aziende è fondamentale riuscire ad anticipare i competitors nello sviluppo di prodotti all’avanguardia, mantenendo al contempo un buon rapporto qualità-prezzo. Si vuole dunque rimarcare come l’applicazione dei concetti del Project Portfolio Management sia adatta alla gestione dei progetti di sviluppo nuovo prodotto, in quanto, nonostante la loro eterogeneità, il ricorso ai processi standard che caratterizzano questa filosofia manageriale permettono di garantire un elevato livello di efficienza ed efficacia grazie a: miglioramento dei processi decisionali; maggiore integrazione fra gli attori coinvolti; trasparenza del progetto e riduzione dei rischi ad esso legati. Il presente elaborato ha perciò l’obiettivo di descrivere come può essere gestito il dualismo esistente tra l’univocità del progetto e la ripetitività dei processi che consentono di passare dal piano di gestione alla sua esecuzione, nonché i vantaggi che essi consentono di ottenere in termini di riduzione delle tempistiche e degli investimenti da affrontare nel corso del progetto per riuscire ad aumentare la propria competitività. Tuttavia il successo del cambiamento verso un sistema organizzativo teso alla gestione per progetti richiede una trasformazione contemporanea su più fronti, riconducibili al rinnovamento della cultura e del comportamento interno, alla struttura organizzativa, ai modelli di comunicazione da adottare e alla maturità del relativo processo di sviluppo. Cambiare in azienda, infatti, non significa solamente apportare delle modifiche, a livello organizzativo, nella gestione del processo e quindi nella ridefinizione delle responsabilità e dei compiti di ciascun membro, ma vuol dire soprattutto cambiare da un punto di vista culturale, di attitudine delle persone a seguire delle linee guida ben chiare e definite per ottenere il miglior risultato possibile. Infine, a tutti questi 2 cambiamenti organizzativi e culturali diventa fondamentale affiancare l’introduzione di un sistema informativo, in grado di supportare efficacemente le persone e le relazioni che governano l’intero processo, così da garantire il successo dei progetti sviluppati. Dal momento che buona parte del lavoro svolto si focalizza sull’implementazione di un software di Project Management, questo lavoro permette infine di osservare come uno strumento di questo tipo riesca a migliorare l’efficienza nella gestione di progetti complessi, che possono prevedere l’esecuzione di attività in siti produttivi che si trovano anche a migliaia di chilometri l’uno dall’altro. Dopo un’approfondita trattazione della letteratura, per confermare come il Project Portfolio Management possa essere la strada per le PMI per riuscire a emergere in un mercato così aggressivo, nel corso dell’elaborato viene approfondito il caso di Selle Royal S.p.A, un’azienda del territorio che opera all’interno di un contesto internazionale e che sta iniziando ad abbracciare i concetti propri di questa nuovo approccio manageriale, concentrando prevalentemente l’attenzione sull’analisi delle motivazioni che ne hanno spinto l’adozione e i principali benefici ottenuti. Il Gruppo Selle Royal è attualmente attivo nella progettazione, produzione e commercializzazione di selle da bicicletta, accessori per ciclo e prodotti di abbigliamento per l’utilizzo della bicicletta. Ad oggi il Gruppo, tramite i propri brand, è leader nei mercati “Recreational”, “Racing”, “Lifestyle” e “MTB”, e lo stabilimento di Pozzoleone rappresenta il punto di riferimento per la produzione di selle per le due ruote. Una premessa fondamentale per poter effettuare qualsiasi tipo di considerazione futura riguarda l’ambito di riferimento in cui opera Selle Royal, che non è strettamente limitato alla gestione del singolo progetto, quanto piuttosto alla gestione contemporanea di un numero considerevole di iniziative che concorrono al raggiungimento di una strategia aziendale comune, “sfruttando” risorse umane ed economiche appartenenti ad un medesimo pool, ossia il cosiddetto portfolio. Da sottolineare che tra i numerosi progetti 3 sviluppati da Selle Royal, una quantità sempre maggiore viene eseguita da Justek, precisamente nello stabilimento di Jiangyin (Cina). Infatti, a partire dal 2010, Selle Royal S.p.A ha acquisito il 52% di Justek, una delle aziende leader nella produzione di selle per il mercato “Recreational” del Far East, diventando così il più grande produttore mondiale di selle. L’oggetto del presente elaborato non sarà pertanto circoscritto ai soli progetti gestiti nel plant italiano di Pozzoleone, ma si estenderà in parte anche a quei prodotti che vengono ideati e progettati in Italia, per poi essere industrializzati e prodotti in Cina: l’ambito dell’analisi è quindi quello del Project Portfolio Management, a cui si aggiunge l’ulteriore complicazione derivante dalla gestione internazionale di alcuni dei progetti sviluppati. Alla luce di queste premesse è chiaro come il contesto in cui si inserisce il caso in questione riguardi la gestione del processo di sviluppo nuovo prodotto, ritenuto particolarmente critico all’interno del Gruppo, in quanto di primaria importanza per riuscire a mantenere la leadership mondiale, e continuare a guidare l’innovazione da protagonisti. Infatti, nonostante l’importanza centrale riconosciuta a tali processi, in Selle Royal vi sono ancora delle lacune nelle relative modalità di gestione. Da qui la necessità di intervenire apportando delle modifiche sostanziali e l’opportunità di svolgere uno stage all’interno del Gruppo. Durante questo periodo di tirocinio, in collaborazione con un team di cinque/sei persone, sono state ridefinite prima di tutto le procedure da adottare per migliorare la gestione dei progetti di sviluppo nuovo prodotto secondo le logiche del Project Portfolio Management, per poi passare ad introdurre un nuovo Project Management Information System (PMIS). Ma, come è stato detto prima, il passaggio da una filosofia manageriale ad un’altra deve essere affiancato da un parallelo rinnovamento della cultura aziendale. È risultato perciò fondamentale, in questo arco di tempo, dopo un approfondito studio della teoria, cominciare a diffondere i principi del Project Management e sensibilizzare i principali enti coinvolti nel processo, mettendo in risalto come 4 l’efficienza delle loro prestazioni potesse migliorare con l’introduzione delle nuove logiche e dei relativi strumenti a supporto. Per riuscire a comprendere come il Project Management possa essere la chiave di volta per migliorare la risposata delle aziende alle richieste sempre più esigenti dei clienti, e come l’univocità tipica di ciascun progetto possa essere gestita tramite delle tecniche standard indipendenti dallo specifico contesto, si parte da un’approfondita analisi della letteratura. Nel primo capitolo si fornisce una definizione dettagliata di progetto, in cui vengono specificate tutte le caratteristiche intrinseche che esso deve avere per poter essere considerato tale. Una volta chiarito questo concetto primario si introduce il tema del Project Management, soffermandosi sulle principali linee guida che stanno alla base di questa filosofia, come il Total life cycle project management, e sulla tipica articolazione in cinque fasi della gestione del progetto. In questo primo capitolo si comincia dunque a contestualizzare il dualismo esistente tra il concetto di progetto e quello di processo di gestione. Nel secondo capitolo ci si sofferma sulla descrizione delle principali figure (in particolare quella del Project Manager e del Project Management Office) e strutture organizzative dedicate alla gestione per progetti, elencandone per ciascuna pregi e difetti in funzione della realtà in cui esse si trovano. Si individuano pertanto le figure con un ruolo fondamentale all’interno del processo, e i compiti che ognuno di loro deve svolgere per aumentare l’efficienza nella gestione dei progetti. Nei capitoli tre e quattro vengono poi approfondite, in tutte le loro sfumature, le cinque fasi della gestione del progetto: avvio, pianificazione, esecuzione, monitoraggio e controllo, chiusura. Qui vengono quindi riassunti i principali concetti su cui si fonda la teoria del Project Management, analizzando con particolare attenzione le best practices attualmente esistenti per la pianificazione e il controllo dei progetti. Esse rappresentano le principali tecniche adottate dalle aziende che abbracciano la filosofia del Project Management e che hanno permesso a queste ultime di ottimizzare e migliorare i propri risultati in termini di riduzione dei tempi e dei costi sostenuti. 5 Dopo aver assimilato i concetti propri del coordinamento del singolo progetto, nel capitolo cinque viene presentato un breve excursus sulla gestione del portfolio. I progetti infatti, non devono essere gestiti come entità isolate indipendenti l’una dall’altra, ma come insiemi coerenti e ben assortiti finalizzati ad implementare la strategia aziendale. Vengono quindi approfonditi i temi della selezione e della prioritizzazione del portfolio, sottolineando i vantaggi e i benefici ottenibili da una loro applicazione, come la massimizzazione del valore del portfolio e la sua coerenza con la strategia aziendale. Infine, il capitolo sei termina con una breve rassegna sulle principali tipologie di software al supporto della gestione per progetti. Come detto sopra infatti, ai cambiamenti organizzativi e culturali è importante affiancare l’introduzione di nuovi strumenti in grado di migliorare l’efficacia delle persone nella gestione delle diverse situazioni che si trovano ad affrontare. Con il capitolo sei si chiude dunque l’analisi della letteratura, che ha permesso di comprendere quali sono le migliori strategie operative che possono essere adottate per migliorare l’efficienza nella gestione dei progetti. A questo punto, dopo averne assimilato i contenuti essenziali, si può passare all’analisi del caso Selle Royal S.p.A, che ricordiamo aver intrapreso un percorso di cambiamento finalizzato al miglioramento della gestione dei progetti, attualmente contraddistinta da alcune carenze organizzative e strumentali. Questa seconda parte inizia perciò con il capitolo sette, dove si ripercorrono le fasi salienti della storia dello stabilimento di via Vittorio Emanuele a Pozzoleone, in cui oggi ha sede Selle Royal S.p.A. Si apre con una breve descrizione della sua struttura organizzativa, con una parentesi anche del profilo economico, per poi proseguire con la presentazione delle principali tappe storiche che hanno portato il gruppo a diventare leader in Italia e nel mondo per la produzione di selle. Dopo aver delineato il quadro d’insieme della storia della holding, nel capitolo successivo si esamina lo specifico contesto in cui si inseriscono i progetti di sviluppo nuovo prodotto. Tramite l’approccio bottom-up, fondato sull’analisi preliminare del materiale aziendale interno, in cui sono 6 documentate le principali linee guida e procedure operative, e sul learning by doing, in cui si affiancano i principali responsabili del processo, si ottiene una panoramica abbastanza fedele dell’attuale classificazione dei progetti utilizzata in Selle Royal, nonché della struttura organizzativa adibita alla loro gestione. A partire da tale studio, presentato nel capitolo 8, sono perciò emersi con chiarezza molti dei problemi che hanno fatto maturare nella direzione la convinzione che per migliorare tale situazione fosse necessario apportare dei cambiamenti sostanziali. A questo punto, una volta analizzata la situazione AS IS e individuati i problemi presenti, i concetti assimilati con lo studio della letteratura e l’apporto fornito dai consulenti di AtTask (che, come testimonia il sito, sono tutti certificati PMP) hanno permesso di cominciare ad apportare dei miglioramenti, alimentando ed evolvendo pian piano i processi e le tecniche tipicamente utilizzate dalla filosofia del Project Management. Nel capitolo nove viene perciò riassunto il percorso di avvicinamento all’introduzione del nuovo software di Project Management, osservando come la sua introduzione abbia permesso all’azienda di cominciare a mettere in pratica i concetti fondamentali del Project Management: apertura formale del progetto con presentazione degli obiettivi, pianificazione dettagliata delle tempistiche di tutte le attività che lo compongono, processo di monitoraggio puntuale sull’avanzamento del progetto ed infine chiusura contabile dello stesso. Infine, per concludere, vengono descritti i principali benefici che questo percorso di riorganizzazione permette di raggiungere in termini di efficacia ed efficienza nella gestione dei progetti. 7 8 1 IL PROJECT MANAGEMENT Quando si parla di Project Management ci si riferisce ad un sistema gestionale orientato ai risultati e basato sulla “gestione sistemica di un'impresa complessa, unica e di durata determinata, rivolta al raggiungimento di un obiettivo chiaro e predefinito, mediante un processo continuo di pianificazione e controllo di risorse differenziate e con vincoli interdipendenti di costi-tempi-qualità” (Archibald, 2004, p.9). Riflettendo sulla definizione di Project Management data da Archibald è evidente come la nascita e la crescita di questa nuova filosofia possa portare, nell’azione e nella cultura manageriale radicata all’interno delle nostre aziende, un’eccellente ventata di innovazione. La crescita della complessità degli apparati produttivi ha condotto ad un’eccessiva cristallizzazione della dimensione organizzativa, con strutture poco flessibili, e decisamente slegate dagli obiettivi del singolo progetto, ostacolando dunque la nascita di piccole soluzioni diversificate, che fossero perfettamente allineate agli obiettivi specifici. Di fronte alle continue domande e sfide poste dall’ambiente in cui viviamo oggi, caratterizzato da un susseguirsi di cambiamenti turbolenti e talvolta traumatici, questa eccessiva standardizzazione nel modo di operare, che come si può ben comprendere è diametralmente opposta ai concetti su cui si fonda la teoria del project management, è stata la causa principale della staticità di questi apparati nel fornire delle risposte opportune a tali cambiamenti. 9 Dunque è proprio la rapidità del mondo che caratterizza i nostri giorni che ha obbligato le aziende ad abbandonare gradualmente la centralizzazione delle attività, tipica di questi apparati paralizzati, per passare a “sistemi adattivi, temporanei, formati da diversi specialisti e valutatori di problemi, legati insieme da specialisti coordinatori e valutatori di compiti” (Archibald, 2004, p.30) che permettono di far fronte più efficacemente a tale dinamicità del mercato. 1.1 COS’È UN PROGETTO? Prima di cominciare a parlare di project management a tutti gli effetti è necessario innanzitutto dare una definizione preliminare di progetto. Un progetto è uno sforzo complesso con un inizio e una fine ben definiti, un complesso coordinato d’azioni finalizzato a creare un prodotto, un servizio o un risultato unico e determinato, nel rispetto dei limiti stabiliti di tempo e di risorse impiegati per raggiungere tale obiettivo finale. Si noti che il progetto non coincide con il suo risultato finale, che potrà essere un nuovo prodotto, un nuovo processo produttivo o una nuova struttura organizzativa, quanto piuttosto con il processo con il quale si ottiene il nuovo risultato finale. Un progetto inoltre per definizione è caratterizzato da un elevato livello di incertezza circa i tempi e i costi da sostenere per il conseguimento dei risultati stabiliti, grado di incertezza che diminuisce mano a mano che vengono completate le varie fasi del ciclo di vita (Project Kerzner Harold, 2005; Baglieri et al., 2004; PMBOK Guide). Nonostante l'estrema eterogeneità dei progetti esistenti, aventi ciascuno risultati e obiettivi diversi, è possibile affermare che i principi del project management moderno hanno validità universale, nel senso che risultano appropriati a tutti i settori applicativi, pur con significative varianti nella pianificazione di dettaglio e nell’esecuzione, fra i diversi contesti culturali nei quali essi si svolgono. 10 1.2 IL MODELLO DI PROJECT MANAGEMENT I progetti, per riuscire a raggiungere i risultati prefissati, nel rispetto dei vincoli assegnati di tempo e di costo, devono essere accuratamente concepiti e gestiti sin dalla fase iniziale di pianificazione. L’assenza di una precisa analisi iniziale, finalizzata alla corretta selezione dei progetti e alla concezione/definizione progettuale, comporta una serie di limiti, tra cui in primis il rischio di allocare risorse preziose (denaro, competenze, impianti, tempo) a iniziative che potrebbero non avere successo, e la conseguente esposizione dell’organizzazione a rischi inaccettabili di ordine finanziario e concorrenziale. Diversamente, il fatto che il project management non sia all'altezza nelle fasi di pianificazione ed esecuzione dei progetti porta ad un costante ritardo nel lancio di nuovi prodotti, con conseguenze negative sugli obiettivi aziendali, nonché alla riduzione degli utili attesi a causa di costi eccessivi, ritardi e penali. In figura 1.1 sono rappresentate tutte le fasi che costituiscono un classico processo di gestione dei progetti. Figura 1.1 Rappresentazione delle fasi di gestione del progetto (documento interno aziendale). 11 1.3 TOTAL LIFE CYCLE PROJECT MANAGEMENT Prima che il concetto di Project Management affondasse le sue radici in ambito aziendale un progetto, molto spesso concepito e autorizzato in maniera approssimativa, veniva affidato a un project manager, il quale aveva il compito di pianificare, schedulare e monitorare il corso delle sue fasi esecutive. Tuttavia i numerosi insuccessi ottenuti nel conseguimento degli obiettivi di progetto, cui questo modo di operare ha inevitabilmente portato, ha evidenziato come i metodi di project management dovessero essere applicati sin dalle prime fasi iniziali di concezione del progetto. In altri termini, oggi l’importanza primaria del total life cycle management, combinato con il risk management, è riconosciuta come mezzo per assicurare che i progetti approvati siano coerenti con gli obiettivi strategici dell’organizzazione e comportino rischi accettabili (di natura concorrenziale, economica, politica, di costo e di tempo) in merito al loro raggiungimento (Archibald, 2004). Naturalmente, come sostengono Desaulniers e Anderson (2001), il ciclo di vita progettuale non è un processo rigido e immutabile; gli obiettivi, l’impostazione organizzativa e le tecniche di management adottate, infatti, devono essere concepiti e gestiti diversamente di volta in volta, in quanto influenzati dalle specifiche caratteristiche organizzative, dal grado di familiarità con le tecniche da impiegare e dalla pressione concorrenziale che induce ad avviare il progetto in questione. Queste rappresentano le tre variabili lungo le quali si contraddistingue il peculiare contesto in cui si opera. Ne consegue dunque che il successo di un progetto non dipende tanto dalla logica e dalla consequenzialità intrinseca della distribuzione dei ruoli, delle responsabilità e delle risorse, quanto piuttosto dall’adattamento delle varie parti agli elementi esterni, e dall’abilità del project manager nel comprendere tale contesto, in modo da riuscire a definire e stabilire i nessi utili al successo dell’iniziativa. Tuttavia, l’ambito in cui ci si muove è soggetto a continui cambiamenti e stravolgimenti, indi per cui chi ha la responsabilità dell’intero progetto, deve periodicamente rivederne gli elementi principali, per controllare e verificare la 12 presenza di tutti quegli aspetti ritenuti importanti per il successo del piano, ed eventualmente apportare delle modifiche per riallinearlo con il sistema corrente. 1.3.1 La triade concettuale del project management Come sostiene Russel Archibald in “Project Management – La gestione di programmi e progetti complessi” (2004), la teoria del project management si fonda sui seguenti tre elementi cardine (Triade concettuale del Project Management): la presenza di responsabilità bene identificate per l’integrazione degli apporti al progetto: nelle organizzazioni impegnate in progetti si possono individuare numerosi ruoli responsabili dell’integrazione dei singoli apporti. A livello di alta direzione i più importanti sono il CEO (Chief Executive Officer), il direttore generale e lo sponsor dell’iniziativa; a livello di singolo progetto troviamo invece il project o il program manager, mentre a livello di unità specialistica vi possono essere i capi funzione e i functional project leaders; la pianificazione e il controllo del progetto con funzione predittiva e integrativa dei singoli apporti: come detto più volte, uno degli elementi principali della triade concettuale del Project Management consiste nella pianificazione e nel controllo integrato di ciascun progetto, che deve considerare tutti gli apporti provenienti dalle diverse unità specialistiche e organizzative che vi partecipano, per l’intera durata dello stesso. Un ulteriore aspetto da considerare in tale fase, derivante dalla presenza simultanea di molti progetti diversi che sfruttano le risorse dalle medesime unità specialistiche, riguarda il fatto che per molte organizzazioni sorge l’esigenza di impiegare un sistema unificato di pianificazione e controllo. La mancanza di un tale sistema unificato, che prenda in considerazione tutto l’insieme dei progetti, e non il singolo 13 progetto isolato, impedirebbe di fatto di raggiungere la migliore integrazione e il coordinamento efficace degli apporti. la costituzione, gestione e conduzione del team di progetto come luogo dell’integrazione dei singoli apporti al progetto: i progetti consistono di molti compiti (o work packages) di varia natura, ciascuno dei quali, necessitando di risorse e competenze specialistiche diversificate, viene assegnato ad una specifica persona in grado di rispondere a tali esigenze. L’insieme degli individui che contribuiscono a un certo progetto costituisce il relativo team, e solo una stretta collaborazione tra tutti i suoi membri, sotto la guida del project manager, può assicurare l’integrazione armonica dei loro apporti. Gestire i progetti equivale a gestire il cambiamento, migliorare le tecniche di project management significa cambiare (Archibald, 2004, p.122). Tuttavia anche l'implementazione o il miglioramento delle tecniche utilizzate richiedono l’applicazione, a loro volta, di buone tecniche di project management che devono essere impostate in una prospettiva di lungo termine. Concludendo questa breve introduzione al project management è necessario ricordare che per avere successo bisogna sempre adattare alle diverse situazioni i concetti generali del project management, prendendo in considerazione la cultura dell'organizzazione che conduce il progetto e il mix culturale del team che lo gestisce. 14 2 ORGANIZZAZIONE DELLA FUNZIONE DI PROJECT MANAGEMENT 2.1 L’UNITÀ ORGANIZZATIVA DI PROGETTO La gestione sistemica di un'impresa complessa secondo la prospettiva del project management implica la definizione di un quadro organizzativo adeguato, che definisca chiaramente tutti gli aspetti riguardanti il modo di gestire progetti isolati. Un esempio riguarda la distribuzione delle responsabilità fra il ruolo di project manager e gli altri ruoli che curano l’integrazione dei singoli apporti al progetto, nonché l’identificazione di coloro che dovranno fare parte a tempo pieno del project office, o che invece, pur contribuendo al progetto, rimarranno nella propria unità specialistica. A seconda della tipologia di progetti che vengono svolti la struttura organizzativa potrà assumere la forma più adatta a garantirne la massima efficacia nell’esecuzione, con rispettivi pregi e difetti. Date le particolari caratteristiche che contraddistinguono i progetti, sarà infatti utile che anche la struttura organizzativa aziendale si adatti alla nuova modalità di gestire il proprio lavoro; si rende dunque necessario il passaggio dalla tipica unità organizzativa specializzata per funzione, che esegue lavori ripetitivi su base pressoché permanente, alla più flessibile unità organizzativa di progetto, 15 che implica importanti differenze gestionali, come riportato nella tabella tratta da “Project Management” di Russel Archibald (2004). Unità organizzativa di progetto Unità operativa 1. "Ciclo di vita" specifico 1. Vita continua da un anno all'altro 2. Punti di inizio e di completamento 2. Nessuna caratteristica legata a date di calendario definiti, con date di calendario 3. Possibilità di improvvisa interruzione 3. La funzione continuerà ad esistere se gli obiettivi non possono essere anche conseguiti riorganizzazione sforzo totale deve radicale precedenti entro i limiti del budget annuale 6. È difficile la previsione di tempi e 6. È relativamente semplice prevedere costi definitivi molte e le spese annue conoscenze discipline, che 7. Comporta una sola o poche capacità professionali e discipline possono cambiare da una fase 8. Tasso e tipo di spesa relativamente all'altra costante 8. Cambiano costantemente il tasso e il 9. Di tipo di spese 9. Di natura dinamica di 5. Il lavoro massimo viene eseguito secondo scadenze stabilite professionali caso compiti ben poco diversi da attività essere completato con un budget fissato e 7. Coinvolge in 4. In genere si esercitano funzioni e 4. Spesso originale, mai fatto prima 5. Lo specifica fondamentalmente natura fondamentalmente stazionaria Figura 2.1: Differenze tra unità organizzativa di progetto e unità operativa (Fonte: Project Management, Russel D. Archibald, ed. Franco Angeli, 2004) Sul tema della differenza esistente tra unità organizzativa di progetto e unità operativa, da sottolineare quanto dice Galbreath in “Working with Pulses, Not Streams: Using Projects to Capture Opportunity” (1987, p.9): "L'unicità dello sforzo e del risultato caratterizza le situazioni progettuali, come la ripetitività e l'uniformità caratterizzano le normali situazioni operative”. Mentre la gestione operativa, grazie al flusso continuo e ininterrotto di sforzi 16 che la caratterizza, porta ad ottenere una successione di risultati prevedibili e uniformi, il progetto, inteso come un singolo impulso di attività, produce un risultato unico e irripetibile. Da ciò Galbreath desume che “le unità di gestione operativa possono durare ben più dei loro risultati, invece le unità di progetto si sciolgono con il conseguimento del loro risultato”. In presenza di progetti relativamente semplici, si adotta tipicamente la classica organizzazione gerarchica strutturata per funzioni, con le tradizionali unità di linea e di staff; al crescere del numero e della difficoltà dei progetti, oltreché dell’importanza di rispettare gli obiettivi di performance e i vincoli di tempo e di costo, si è gradualmente abbandonata questa prima forma organizzativa per passare prima all’organizzazione a matrice, poi, nei casi più estremi, alle cosiddette task force di progetto. La ricerca di una soluzione diversa ha l’obiettivo di individuare una struttura che permetta di minimizzare i ritardi e i costi aggiuntivi, derivanti dalla presenza di un assetto inadatto alla gestione per progetti. 2.1.1 L'organizzazione a matrice La cosiddetta struttura a matrice si sviluppa parallelamente su due dimensioni: una tipicamente funzionale ed un’altra specifica del business, ad esempio per linea di prodotto/servizio o per mercato. Un esempio tipico di organizzazione a matrice è quella che prevede più “project manager” (o “product manager”, o “market manager” etc.) che sono responsabili di una specifica porzione di business in senso orizzontale, e che attingono tempo e risorse dalle varie funzioni. Queste strutture hanno tendenzialmente il vantaggio di coniugare un elevato grado di specializzazione e coordinamento, ma purtroppo sono al contempo soggette a maggiori overhead di gestione. Il nocciolo del problema dell’organizzazione a matrice consiste nel fatto che chi partecipa al progetto, nelle singole unità specialistiche, si trova a ricevere disposizioni e indicazioni da due fonti: il capo funzione e il project manager. La presenza contemporanea 17 di “due capi” può condurre, in assenza di una chiara definizione delle responsabilità, anche a conflitti gravi e onerosi, onde per cui sarà necessario prestare grande attenzione nel formalizzare tale tipo di struttura. Figura 2.1 Rappresentazione di un’organizzazione a matrice (Fonte: “Materiale aziendale interno”) 2.1.2 La task force di progetto Per superare le difficoltà tipiche dell’organizzazione a matrice può essere utile istituire una task force che prevede di riunire fisicamente in un solo luogo la maggior parte del team di progetto, in modo da migliorarne la comunicazione, il controllo e il lavoro di squadra. Nonostante la task force possa sembrare un’organizzazione strutturata “per progetto”, è necessario sottolineare che si tratta ancora di una struttura a matrice, in cui però la vicinanza fisica dei membri del team di progetto attenua alcuni dei problemi dell’ordinamento organizzativo a matrice e solitamente ne migliora l’efficacia. Per definizione la sua esistenza è limitata nel tempo e il suo scioglimento coincide inevitabilmente con il raggiungimento dell’obiettivo del progetto. La figura 2.2 illustra il campo continuo delle forme organizzative, nel quale l'organizzazione a matrice è intermedia tra i due estremi dell'organizzazione 18 ordinata esclusivamente per funzioni e di quella ordinata esclusivamente per progetti. Figura 2.2 Campo continuo delle forme organizzative (Project Management, Russel D. Archibald, Edizione Franco Angeli, 2004) 2.2 LA COLLOCAZIONE ORGANIZZATIVA DEL PROJECT MANGER E IL PROJECT MANAGEMENT OFFICE Strettamente correlata con la definizione della struttura organizzativa più adatta alle esigenze dell’azienda, vi è un’altra decisione cruciale da prendere per la buona riuscita del progetto: decidere a quale livello e in quale parte dell’organizzazione collocare il project manager. Il criterio fondamentale da seguire per la collocazione gerarchica del project manager è quello di far dipendere tale funzione dal dirigente di linea, o, nel caso di progetti molto grandi che coinvolgono diverse aree, dal direttore generale della lead house, in quanto essi sono in grado, in concreto, di risolvere i conflitti fra i diversi progetti da realizzare e all’interno di ciascuno di essi. La scelta del livello gerarchico in cui collocare il project manager ha una serie di risvolti determinanti nell’efficacia con cui vengono gestiti i progetti. Se infatti il livello è troppo alto ne può derivare un’inutile conflittualità con i dirigenti di 19 linea, nonché grandi difficoltà di comunicazione con i responsabili delle unità che contribuiscono al progetto; viceversa se dipende dal capo di una delle molte unità, e quindi si trova ad un livello troppo basso, il project manager potrebbe incontrare delle difficoltà nell’ottenere la collaborazione delle altre unità. Nelle organizzazioni più “mature”, oltre alla figura chiave del project manager, si può trovare anche un’altra unità organizzativa molto importante, collocabile sia a livello di impresa che a livello di unità di business o di divisione: il Project Management Office (PMO). Il PMO, oltre a fornire un appoggio ai project manager in materia di gestione del rischio, pianificazione progettuale, analisi degli scostamenti, monitoraggio dei problemi e amministrazione del contratto, si occupa anche di impostare, sviluppare e implementare i processi, i sistemi e gli strumenti di project management dell’organizzazione, quali ad esempio il processo di project portfolio management , il project life cycle management system e il software applicativo di project management, fornendo consulenza e assistenza in materia di project management. L’introduzione del Project Management Office, come ha osservato Block (1998), ha permesso di ottenere una lunga serie di benefici, tra cui i principali sono: miglioramento della redditività; aumento della produttività dei team di progetto; miglioramento dell’efficacia organizzativa; affinamento delle professionalità di project management. Come sostiene Block (1998), dunque, il beneficio latente del Project Management Office è quello dell’assimilazione graduale del project management nell’intera organizzazione, che rappresenta il fine ultimo della sua istituzione. 20 3 AVVIO E PIANIFICAZIONE DEL PROGETTO L’efficacia nell’applicazione del project management può essere garantita solamente se si dispone di buoni metodi e procedure per la pianificazione, la schedulazione, la stima, l’autorizzazione dei lavori, il monitoraggio, il rendiconto e la valutazione del progetto e dei singoli compiti che lo costituiscono. Il concetto fondamentale della disciplina di project management implica che ogni progetto venga adeguatamente pianificato e controllato su base integrata, includendo tutte le funzioni e unità organizzative interessate e abbracciando l’intero ciclo di vita del progetto, dalla sua concezione alla sua chiusura, passando per l’impostazione, lo sviluppo e l’avviamento. Inoltre, per riuscire a raggiungere un buon livello nella gestione dei progetti non è sufficiente eseguire quanto detto finora, ma è anche necessario includere tutti gli elementi informativi pertinenti alla situazione, nonché considerare l’allocazione delle risorse e i metodi di valutazione dell’avanzamento, analizzando gli appropriati rendiconti che evidenziano gli scostamenti di costo e tempo assorbiti, rispetto a quanto preventivato. L’integrazione in un insieme coerente di tutte le fasi progettuali e di tutti gli elementi informativi, e la predizione di ciò che accade al progetto, in base ai piani e alle stime correnti, rappresentano un requisito indispensabile per 21 riuscire a raffrontare i risultati effettivi con quelli previsti, prevedendo man mano i tempi e i costi totali del progetto; sulla base di tale confronto si elaborano una serie di valutazioni finalizzate a prevedere gli sviluppi non desiderati del progetto, con un anticipo sufficiente a consentirne azioni correttive capaci di prevenirli. 3.1 LA PIANIFICAZIONE DEL PROGETTO “… La pianificazione è come l’assicurazione sulla vita: tutti ne hanno bisogno, ma non viene apprezzata fino a quando non succede un disastro. Spesso si pensa di buttare via per la pianificazione tempo prezioso, che si potrebbe impiegare in modo più costruttivo. Invece quello che ci insegnano i veterani del project management è particolarmente chiaro: una qualche forma di pianificazione è assolutamente indispensabile per il successo di un progetto …, ma spesso non rientra nella cultura aziendale”(Baglieri et al., 2004). La pianificazione è una forma di comunicazione, una fonte di informazioni utili per il team di progetto, e molto spesso la mancanza di una pianificazione adeguata viene indicata come la causa principale del suo fallimento. Il piano di progetto è il documento formalizzato che descrive come si possono realizzare gli obiettivi tenendo in considerazione la disponibilità limitata delle risorse nel tempo, nella quantità e nella tipologia; esso è il risultato del processo di pianificazione, ossia di definizione delle attività da svolgere, di allocazione delle risorse nelle varie attività, di tempificazione e puntualizzazione dei costi associati al lavoro. Esso si presta dunque a diventare la base per lo svolgimento delle attività, in quanto solo con la presenza di un piano si può ottenere un feedback sullo stato di avanzamento del progetto per quel che concerne il conseguimento degli obiettivi, delle scadenze e dei tempi. Il confronto tra ciò che è stato effettivamente realizzato, rispetto a ciò che era stato pianificato, consente al project manager e al team di valutare obiettivamente i progressi maturati e, qualora necessario, adottare i provvedimenti adatti per svolgere le attività. Esso diventa quindi lo strumento di gestione del progetto in cui si 22 raccolgono tutte le informazioni utili per organizzare il lavoro e osservare le attività più critiche ai fini del conseguimento dell’obiettivo. I contenuti di un piano di progetto sono riconducibili a sei punti fondamentali (Baglieri et al., 2004): Definizione degli obiettivi del progetto: i risultati che il committente e lo sponsor dichiarano di voler raggiungere e che devono essere tradotti in obiettivi operativi direttamente dal team di progetto. La definizione chiara e completa di tali traguardi - che devono rispettare la strategia aziendale definita dall’alta direzione - e dell'ambito del progetto, è la condizione necessaria per un’efficace attività di pianificazione, la quale a sua volta ha il compito di specificare come raggiungerli nel rispetto dei limiti stabiliti. Identificazione delle attività da svolgere: una volta individuati gli obiettivi da raggiungere si passa a mappare tutte le attività, ciascuna delle quali può a sua volta essere descritta da uno o più compiti elementari, che devono essere svolte per garantire il successo del progetto. Questa fase ha l’obiettivo fondamentale di pervenire ad una visione unitaria, condivisa con tutti i membri del team, di come si deve svolgere l’intero processo. Individuazione delle competenze necessarie e assegnazione delle risorse a ciascuna attività: l’esecuzione di ciascuna attività che costituisce il progetto richiede alle persone coinvolte delle specifiche competenze e capacità tecnicheorganizzative-relazionali. Una volta individuati questi parametri si può procedere ad assegnare a ciascuna attività le persone e le altre risorse (ad esempio, mezzi fisico-tecnici) necessarie, specificandone le principali responsabilità all’interno del progetto. Ovviamente tale processo di scelta delle risorse dipende anche dall’attenta analisi del contesto e delle conoscenze effettivamente utili. 23 Scheduling del progetto: a questo punto si hanno a disposizione tutte le informazioni necessarie per determinare esattamente i tempi di progetto, descrivendo le attività nella loro sequenza e nell’eventuale loro parallelismo. In questo modo, sapendo precisamente quando le diverse persone e i diversi mezzi sono coinvolti nel progetto, è possibile stimarne, abbastanza fedelmente e a meno di grossi imprevisti, i tempi di inizio e fine di ogni attività. Come si vedrà più avanti, in questa fase di scheduling risulteranno di particolare aiuto alcuni strumenti, come il PERT e il diagramma di Gantt. Assegnazione delle risorse economiche di progetto ed elaborazione del sistema di controllo: in questa fase si può andare a definire l’ammontare delle risorse economiche che è possibile destinare al singolo progetto. In alcuni casi l’importo massimo disponibile è predeterminato, o perché stabilito in uno studio di fattibilità, o perché già stimato in sede di budget degli investimenti annuali. Una volta completati tutti i passi precedenti, l’ultimo punto che è fondamentale specificare all’interno del piano di progetto è la definizione dei criteri e delle modalità con cui si intende monitorare l’effettivo andamento del progetto, con particolare attenzione alla scelta dell’oggetto del controllo. In un progetto possono infatti essere controllate diverse variabili (qualità del risultato, rispetto dei tempi e dei costi, soddisfazione delle persone, ecc.), ciascuna delle quali con un peso diverso: è dunque importante capire cosa conta veramente controllare per creare il sistema di controllo più opportuno. In conclusione il piano di progetto risultante, che contiene tutte le informazioni appena riportate, rappresenta il documento finalizzato ad autorizzare ufficialmente il progetto (PMI PMBOK® 2000). 24 3.2 LE BEST PRACTICES NELLA PIANIFICAZIONE OPERATIVA DEI PROGETTI Secondo Baglieri et al. (2004), in base all’esperienza maturata nella gestione dei progetti, i principali motivi, che ricorrono con maggiore frequenza, e che giustificano i costi legati all’impiego di tecniche e strumenti nella fase di pianificazione operativa possono essere così sintetizzati: fornire una schedulazione delle attività che permetta di rispettare le deadline, tenendo in considerazione le risorse disponibili in quel preciso istante; identificare le persone responsabili di ciascun work package presente nella Work Breakdown Structure; identificare i possibili eventi di interfaccia e i punti intermedi di controllo del progetto; permettere un’eventuale riduzione della durata del progetto grazie alla sovrapposizione di alcune attività, quando possibile; facilitare la valutazione degli stati di avanzamento del progetto; fornire le basi per un’analisi dei costi-benefici, e una valutazione del ritorno del progetto. Il momento della pianificazione, come si è potuto capire da quanto descritto finora, è un momento cruciale nella vita del progetto. Una buona programmazione aiuta non solo a comprenderne le sue fasi fondamentali – e per questo l’output di questa attività può essere definito anche piano baseline ma supporta anche il rapporto con il cliente e con il management aziendale, oltre ad aiutare il team nella sua responsabilizzazione e nella conoscenza del progetto nel suo insieme e per la parte che gli compete. Di seguito si elencano brevemente i principali passi da seguire per la pianificazione operativa di progetto, secondo Kerzner (2005): 1. sviluppare la Work Breakdown Structure per ottenere una descrizione completa delle attività; 25 2. determinare la sequenza delle attività precisando le date minime e massime di inizio e di fine, gli scorrimenti delle attività e i percorsi critici attraverso l’applicazione del Critical Path Method (CPM); 3. costruire il diagramma di Gantt, attribuendo le responsabilità per ciascuna attività attraverso l’analisi del carico delle risorse rispetto alla loro disponibilità; 4. sviluppare il budget per pacchetto di lavoro WBS; 3.2.1 Creazione della work breakdown structure per la scomposizione del progetto Il metodo più efficace per descrivere un progetto consiste nella creazione di una “struttura analitica” (Project Breakdown Structure), talvolta chiamata anche Work Breakdown Structure: si tratta di una rappresentazione in forma grafica che individua tutti gli elementi e le attività, livello per livello, che formano l’oggetto di consegna al cliente, nonché i compiti funzionali che debbono essere eseguiti dalle singole funzioni aziendali per concepire, progettare, costruire, assemblare e consegnare il risultato desiderato. Si tratta, in altri termini, di un “procedimento ordinato e sistematico per la scomposizione del progetto in sottosistemi sempre più piccoli, fino all’individuazione di work packages chiaramente identificabili e quantificabili, una specie di stele di Rosetta del project management che garantisce la presenza di una corretta interrelazione tra i diversi elementi di informazione individuati e, di conseguenza, rappresenta un’ottima base per una schedulazione di progetto efficace ed efficiente” (Baglieri et al., 2004; Archibald, 2004). E’ necessario ricordare che la WBS non è in grado di ordinare cronologicamente le fasi e i compiti del processo di sviluppo dei prodotti, ordinamento che sarà demandato ad una fase successiva di pianificazione che prevede la schedulazione generale del progetto (Project Master Schedule) e dei suoi particolari. Le logiche e i criteri di scomposizione di un progetto possono essere numerosi a seconda degli obiettivi seguiti nell’attribuzione delle responsabilità. Una prima 26 modalità di scomposizione è quella “per obiettivi”, in cui il primo sottolivello è costituito dai principali obiettivi, e sotto ciascuno di questi verranno riportate le attività da svolgere per poterli perseguire. Un’altra possibile via da seguire nella realizzazione della Work Break Down Structure è quella dei “processi di lavoro”, secondo cui il progetto viene disaggregato in base ai processi che devono essere posti in atto per la realizzazione dei deliverables; tale struttura prevede dunque di collocare i macroprocessi in capo alla gerarchia, e nei livelli sottostanti vengono invece riportati i blocchi di attività che caratterizzano tali processi di lavoro. Qualora si vogliano rendere direttamente paragonabili e confrontabili i progetti fra di loro, o qualora si vogliano analizzarne le interfacce in un’ottica multiproject, si può adottare una WBS pro forma unica, che mantenga la stessa struttura logica per tutti i progetti, andando a modificare solamente le definizioni delle attività da svolgere. Per concludere, la WBS, con la relativa assegnazione dei responsabili, diventa di fatto lo strumento principe dal quale si procede per la definizione dei tempi, dei costi e delle risorse, così come il punto di partenza per visualizzare il progetto nella sua interezza e complessità e per l’impostazione dell’intero sistema di controllo del progetto. 3.2.2 La schedulazione delle attività di progetto Per riuscire a calcolare la durata totale del progetto, e definire la schedulazione delle singole attività elementari (tasks) che lo compongono, è necessario procedere alla costruzione del reticolo (o network, o diagramma di precedenza), ossia una rappresentazione grafica finalizzata a illustrare la sequenza elementare da seguire per riuscire a raggiungere gli obiettivi prefissati per il singolo progetto. A tale proposito è opportuno osservare come la WBS, descritta nel paragrafo precedente, non sia in grado di analizzare le relazioni di precedenza esistenti tra i vari tasks, e di studiare come esse si collocano nel tempo, ma costituisca 27 invece il legame logico di base per l’applicazione delle tecniche reticolari, in quanto fornisce la lista completa di tutte le attività che compongono il progetto. Dopo aver identificato le attività del progetto è possibile passare alla definizione dei vincoli logici e temporali, vale a dire i legami che rappresentano le dipendenze sequenziali che sussistono fra i diversi tasks. I vincoli di sequenza ammessi dal reticolo sono quattro: Finish to Start (FS): è il più comune e il più utilizzato nella prassi e implica sequenze in serie che non consentono di avere parallelismi fra attività che sono fra loro sequenziali. Esso sta ad indicare che l’attività B non può iniziare fintanto che A non è completamente terminata; Start to Finish (SF): esso prevede invece che l’attività successiva non possa terminare finchè l’attività che la precede non è iniziata; Start to Start (SS): questo vincolo stabilisce invece un legame fra le date di inizio di due attività, permettendo di sovrapporre in tutto o in parte le attività che si muovono in parallelo comprimendo di conseguenza i tempi del progetto; Finish to Finish (FF): l’ultimo vincolo impone invece che l’attività successiva non possa terminare fino a quando non è terminata anche l’attività precedente. Se non ancora stimate nella fase iniziale di sviluppo della Work Breakdown Structure, è necessario a questo punto attribuire a ciascuna attività una durata prevista, la data di inizio o di fine progetto e il calendario standard (workpattern) in cui vengono definiti i giorni lavorativi, in modo poi da disporre di tutte le informazioni necessarie per elaborare lo scheduling di ciascuna attività che compone il progetto. A partire dalla conoscenza delle durate di tutti i task e dei vincoli di precedenza che li legano l’uno all’altro è possibile definire le date di inizio e di fine di ciascun task, nonché la data pianificata di completamento dell’intero progetto. 28 3.2.3 Il metodo del percorso critico (Critical Path Metod) e gli scorrimenti Il metodo del percorso critico – conosciuto anche come Critical Path Method (CPM) - è una tecnica reticolare che supporta la programmazione dei tempi delle attività di progetto, sulla base delle durate deterministiche precedentemente assegnate e nel rispetto dei vincoli di successione esistenti. Grazie alla corretta applicazione del CPM è possibile ricavare alcune informazioni fondamentali, come ad esempio le date minime e massime di inizio e fine per ciascuna attività, la data di fine progetto, il percorso critico per cui non è ammesso alcun scorrimento ed infine gli scorrimenti ammissibili delle attività che non si trovano lungo tale percorso (PMBOK® Guide 2000). Si comincerà innanzitutto dando alcune definizioni principali: Early Start Date (ES): indica la data minima di inizio, ovvero la data alla quale è possibile iniziare al più presto l’attività considerata se i suoi predecessori non presentano ritardi nel loro completamento; Early Finish Date (EF): essa rappresenta invece la prima data entro la quale può finire l’attività, sempre se i suoi predecessori non hanno accumulato ritardo. Come si può osservare ne deriva che la data minima di inizio di una qualsiasi attività (i) corrisponde alla massima delle date minime di fine di quelle che la precedono, secondo i vincoli di sequenza definiti nel reticolo ES(i) = max{EF(p)} = max {ES(p) + Du(p)} mentre la data minima di fine di qualsiasi attività (i) si ottiene dalla somma fra la massima delle date minime di fine di quelle che la precedono e la durata dell’attività stessa EF(i) = max{EF(p)} + Du(i) Late Start Date (LS): rappresenta la data massima entro la quale l’attività deve assolutamente iniziare per non compromettere la data di fine progetto; Late Finish Date (LF): data massima entro la quale l’attività considerata deve essere completata per non compromettere il tempo totale di fine progetto. 29 Per il calcolo delle late date si procede a ritroso a partire dall’ultima attività, che corrisponde con la data di fine progetto normalmente proposta dal committente. Di conseguenza si vede che la data massima di inizio di ciascuna attività (i) si ottiene andando a sottrarre la durata della singola attività alla minima delle date massime di inizio dei rispettivi successori LS(i) = min {LS(q)} – Du(i) mentre la data massima di fine dipende dalla minima delle date massime di inizio delle attività successive LF(i) = min {LS(q)} = min {LF(q) - Du(q)} A partire dalla conoscenza delle date minime e massime di un’attività è possibile determinare lo “scorrimento” (float o slack), ovvero l’intervallo di tempo che intercorre tra tali date, che rappresenta una misura della flessibilità dell’attività, indicando per quanto tempo il suo completamento può essere ritardato senza per questo inficiare la data di fine progetto. A differenza dello scorrimento, un ritardo effettivo nel completamento del task implicherebbe il superamento della data massima di fine progetto. Due sono le principali tipologie di scorrimento che si possono tipicamente individuare: 1. Scorrimento totale, o Total Float, ossia il ritardo che può essere tollerato in una certa attività senza compromettere la durata del progetto. Può capitare che alcune attività abbiano uno scorrimento totale nullo, il che implica che ogni unità di ritardo accumulata da una di queste attività provoca un ritardo sulla data finale del progetto di pari ammontare: la sequenza di attività a scorrimento totale nullo, definite “attività critiche”, dal nodo di origine a quello di fine reticolo, danno vita al percorso critico, da cui deriva il nome Critical Path Method. 2. Lo Scorrimento libero – Free Float – è invece il ritardo che può essere tollerato in una certa attività senza compromettere la durata delle attività successive, ovvero il ritardo massimo di fine attività rispetto alla sua data minima di 30 fine, che non implica alcun ritardo sulla data minima di inizio di tutte le attività successive. 3.2.4 Il diagramma di Gantt Il “diagramma a barre schedulato”, meglio noto con il nome “diagramma di Gantt”, è uno strumento grafico di supporto alla gestione dei progetti, che contiene tutte le informazioni relative alla pianificazione dei tempi di uno o più progetti. Questo diagramma, principalmente usato nell’ambito del Project Management, è costruito partendo da un asse orizzontale – a rappresentazione dell’arco temporale totale del progetto, suddiviso in fasi incrementali (giorni, settimane, mesi) – e da un asse verticale, a rappresentazione della lista delle mansioni, con relativi descrizione e codice, che costituiscono il progetto. All’interno di questo schema ciascuna attività è rappresentata sottoforma di barre orizzontali di lunghezza proporzionale alla loro durata, e, a seconda della loro posizione, indicano le date minime o massime di inizio e fine di ogni attività; con il progredire del progetto delle barre secondarie, o delle barre colorate possono essere aggiunte al diagramma per indicare le attività sottostanti completate o la porzione che è stata completata. Molto spesso però nel diagramma di Gantt non vengono indicate esplicitamente le relazioni e i vincoli di sequenza, perdendo così la possibilità di sapere da chi dipende un eventuale ritardo o quale attività deve fornire sequenza a un’altra: con il diagramma di Gantt sì fatto se un’attività viene ritardata non è possibile comprendere gli effetti che tale ritardo ha sulle altre attività e sull’intero progetto. Questi limiti possono tuttavia essere facilmente superati tramite l’impiego del Gantt associato ai reticoli e al CPM che permettono di evidenziare, direttamente all’interno del diagramma, la presenza di possibili vincoli di sequenza. Si può dunque affermare che “il diagramma di Gantt permette una rappresentazione grafica di un calendario di attività, utile al fine di pianificare, coordinare e tracciare specifiche attività dando una chiara illustrazione dello 31 stato d'avanzamento del progetto rappresentato” (Wikipedia, l’Enciclopedia libera). 3.2.5 Pianificazione delle risorse e tecniche di livellamento del carico di lavoro Queste considerazioni sono state fatte ipotizzando di lavorare in presenza di risorse illimitate, ma purtroppo nella maggior parte dei casi le risorse a disposizione non solo sono limitate, ma sono anche condivise con altri progetti. In tale situazione diviene dunque fondamentale il legame inscindibile esistente fra i tempi e le risorse: di conseguenza la possibilità di rispettare le date pianificate in fase di schedulazione deve essere valutata sia in relazione al raggiungimento delle milestones di progetto, ma anche e soprattutto in termini di “come” e “quando” utilizzare le risorse con disponibilità limitata. L’obiettivo di questo paragrafo è dunque quello di comprendere come integrare la pianificazione dei tempi con la pianificazione delle risorse, con il fine di ottimizzarne l’impiego riducendo il più possibile il gap esistente fra le risorse richieste e quelle disponibili. La relazione esistente fra impiego dell’unità tempo e impiego dell’unità risorsa può essere riassunta facendo riferimento alle due seguenti situazioni: situazione time-limited: questo primo contesto si riferisce al caso in cui la data di completamento dell’intero progetto è fissata, e di conseguenza deve essere obbligatoriamente completato entro la scadenza imposta. In questo caso la variabile critica è rappresentata dal tempo e qualsiasi overloaded di risorsa deve essere soddisfatto, anche incrementando la sua disponibilità, purché la data richiesta venga rispettata; situazione resource-limited: la variabile critica questa volta è rappresentata dalla risorsa; il progetto deve quindi essere completato il prima possibile nel rispetto dei vincoli imposti dalle risorse. 32 Una volta definite tutte le attività che compongono un progetto e i relativi vincoli di sequenza che permettono di fornire un timing di schedulazione delle singole attività, è possibile andare ad assegnare le risorse, stimando il loro impiego e il loro carico complessivo; a questo punto della pianificazione è inoltre necessario inserire nel piano di progetto, se esistono, tutti i vincoli effettivi all’impiego e all’allocazione delle risorse, che permette di confrontare le risorse richieste con le rispettive disponibilità. Se non viene gestita, la situazione di sovraccarico (overload) di risorsa, che si ha quando le richieste eccedono le disponibilità, provoca inevitabilmente un ritardo nel completamento delle attività del progetto, con la conseguente incapacità dell’organizzazione di raggiungere gli obiettivi definiti nel rispetto dei vincoli di tempo prefissati. Per riuscire a ridurre al minimo il sovraccarico delle risorse, così come anche il loro sottoutilizzo, è possibile seguire due diversi approcci: i modelli euristici, che ricercano le soluzioni migliori sulla base dei criteri impostati dal pianificatore, o gli algoritmi di ottimizzazione che forniscono invece la soluzione ottima, ma sono a loro volta limitati nella possibilità di gestire situazioni caratterizzate da un’elevata complessità. Proprio per queste ragioni ci si concentra qui solamente sulla prima tipologia di approccio. Con gli approcci euristici, il cui studio parte dalla schedulazione definita tramite il CPM, se si verifica che in un determinato periodo la disponibilità della risorsa è inferiore alla sua richiesta a causa della presenza di vincoli di disponibilità, la schedulazione del progetto che prevede un overload non può essere confermata, ma si va a livellare tale risorsa – ossia riportare il suo carico ad un livello consentito – seguendo un preciso algoritmo basato su dei criteri di priorità predefiniti. Ne consegue dunque che è necessario innanzitutto decidere quale priorità attribuire fra le attività che condividono le medesime risorse, in modo tale da riuscire a definire un’eventuale assegnazione di precedenza nel livellamento; nella maggior parte dei casi tale livellamento delle risorse implica uno 33 slittamento in avanti dell’attività in questione, che a sua volta provoca un ritardo nella data di fine progetto pari all’entità dello slittamento verificatosi. L’impostazione degli ordini di priorità nel processo di livellamento, che determinano quale attività può ricevere risorse e quale invece può attendere, può seguire diverse modalità di assegnazione (Baglieri et al., 2004): Attività che hanno maggiormente impatto sulla data di fine progetto: si dà la precedenza a quelle attività che, all'interno delle conflict set, presentano il maggior incremento della data di fine progetto; Attività con minore data minima di inizio: secondo questa modalità di assegnazione le risorse vengono allocate in via privilegiata a quelle attività che devono partire prima; Attività che hanno la domanda più elevata: viene data in questo caso priorità alle attività che sono “colli di bottiglia” rispetto alle risorse, vale a dire quei compiti che richiedono un maggior impiego di risorse stimate; Attività con minore scorrimento totale: questo criterio prevede di assegnare le risorse a quelle attività che possiedono un margine di flessibilità minore; Attività con maggior numero di attività critiche successive: l’ultimo criterio prevede invece di attribuire le priorità sulla base del numero di attività critiche successive; si procede quindi assegnando prima di tutto le risorse a quelle attività che, qualora ritardate, comporterebbero la rischedulazione di un numero significativo di attività. Fra gli obiettivi del livellamento delle risorse bisogna citare anche quello di regolare l’intensità di utilizzo della risorsa in tutto il progetto, riducendone al minimo le fluttuazioni nel carico, e permettendo dunque di ottenere un piano delle risorse più regolare, senza la presenza di picchi che potrebbero inutilmente generare momenti di emergenza e di sottoutilizzo, ed una conseguente distribuzione dei costi altrettanto irregolare e poco profittevole. Il diagramma che viene tipicamente utilizzato per illustrare graficamente gli impieghi delle risorse allocate alle diverse attività che compongono il progetto è 34 il digramma di carico. Questo diagramma però se non viene parallelamente confrontato con il diagramma di Gantt non è in grado di dare alcuna informazione in merito a quali attività sono eventualmente interessate a sovraccarichi di risorsa. Di qui la necessità di creare dei report in forma tabellare del diagramma di carico, che contenga informazioni rilevanti come ad esempio le risorse incluse nel progetto e il relativo carico complessivo. Questi report grafici e tabellari definiscono il piano di baseline, ovvero il documento che qualifica le attività che si devono eseguire e come esse si svolgono in termini di tempi, risorse e costi, chi sono le risorse coinvolte e i relativi responsabili. Questo piano di baseline rappresenta il punto di partenza per la fase successiva di esecuzione e controllo del progetto. 35 36 4 CONTROLLO DELLE PERFORMANCE DI PROGETTO Controllare in modo efficace il lavoro, la schedulazione e i costi relativi ad un progetto è possibile solamente se le azioni di pianificazione sono correttamente realizzate e se i piani, le schedulazioni e il budget del progetto e dei compiti sono state adeguatamente documentate; ovviamente per riuscire a monitorarne lo stato è necessario impostare un sistema di controllo in cui vengano chiaramente definite tutte le misure di prestazione con riferimento alle quali il progetto deve essere sottoposto a controllo. Questa quarta fase del modello di project management vuole dunque misurare l’economicità del progetto. Tale definizione può essere tipicamente scomposta nelle due tradizionali dimensioni dell’efficacia e dell’efficienza; con il primo termine si misura il grado di raggiungimento degli obiettivi definiti, ovvero il rapporto tra risultati e obiettivi di risultato, in termini di livello di qualità, costi e tempi, mentre con il termine “efficienza” si intende il livello di assorbimento delle risorse impiegate per raggiungere gli obiettivi definiti, ovvero il rapporto tra risultati e risorse consumate. Le misure di performance che compongono il sistema di controllo, e che sono correlate ai vari obiettivi, devono essere coerenti con la visione strategica imprenditoriale e far leva su quelli che sono i fattori critici di successo 37 competitivo ed economico. Le misure di prestazione che permettono di valutare le performance competitiva ed economica possono essere ricondotte a tre classi: - prestazioni a livello di soddisfazione del cliente - prestazioni a livello di flessibilità - prestazioni a livello di produttività a loro volta scomponibili in misure di performance attribuibili alle singole attività aziendali – prestazioni a livello di qualità, di consegna, di tempi ciclo e di sprechi (Stefano Biazzo et al., 2010, p.7). Nell’ambito del project management la fase di monitoraggio è dunque una fase centrale nella gestione del progetto, in quanto permette di verificare gli scostamenti che esso sta subendo, rispetto al piano di riferimento definito nella precedente fase di pianificazione, verificando la coerenza tra i costi che sono stati effettivamente sostenuti e i costi che si era pianificato di sostenere. La comparazione tra l’andamento reale del progetto e ciò che invece era stato previsto ha l’obiettivo finale di consentire al project manager di individuare, con un certo anticipo, tutte le criticità attuali e potenziali, in modo tale da riuscire ad intervenire tempestivamente con azioni correttive finalizzate a riallineare i risultati e gli obiettivi con quanto era stato precedentemente richiesto. Tutti i progetti, date le loro caratteristiche intrinseche di non ripetitività delle attività e degli output, si propongono tipicamente di conseguire un obiettivo unico e mai perseguito prima nelle stesse circostanze o condizioni, il ché impedisce in fase di pianificazione di prevedere tutti i possibili problemi che si potrebbero incontrare. Queste peculiarità, che si vanno ad aggiungere alla già elevata complessità delle attività che compongono il progetto, dovuta alla presenza di molteplici interconnessioni logiche tra le singole fasi, esigono di presidiare in corso d’opera la correlazione tra obiettivi e risultati attraverso la gestione dei frequenti cambiamenti che si verificano nell’ambito del progetto, nella sua schedulazione e/o nei costi ad esso legati. 38 4.1 CONTROLLO DELL'AMBITO DEL PROGETTO Come si è accennato nel paragrafo precedente, un primo aspetto da tenere sotto stretta osservazione è l’ambito in cui il progetto si va ad inserire. Molto spesso capita infatti che la causa primaria dei ritardi e dei costi elevati sia l'incontrollata e inconsapevole estensione del suo ambito oltre il piano originale, conseguenza del desiderio di raggiungere il miglior risultato possibile, anche se esso non corrisponde con quanto concordato. Il project manager, che ha un ruolo chiave nell’assicurare il rispetto di tali confini, deve quindi esigere che le descrizioni dei compiti, così come la schedulazione e il budget siano chiaramente documentati e firmati, in modo tale da poter monitorare, insieme ai capi funzione, che le specifiche e le clausole contrattuali siano rispettate, ed individuare eventuali compiti in cui l’ambito del lavoro possa essere esteso se specificamente richiesto dai clienti. 4.2 CONTROLLO INTEGRATO DEI TEMPI E DEI COSTI DI PROGETTO Da quanto detto finora è possibile desumere che ogni functional project leader e ogni project manager debba misurare regolarmente l'avanzamento del progetto a fronte della schedulazione, così da eseguire le proprie valutazioni per poi recuperare i ritardi e ripianificare il lavoro che ancora deve essere completato. Tuttavia, è responsabilità del project manager tenere sotto controllo l’avanzamento del progetto, non solo in termini di tempi che ciascuna attività deve rispettare, ma anche e soprattutto di costi, in modo tale da essere in grado di identificare anticipatamente gli scostamenti tra le spese effettive e i budget che necessitano di misure correttive per bilanciare il costo finale del progetto al budget totale che era stato inizialmente previsto. Degli studi hanno dimostrato come una delle cause principali dei problemi di costo sia solitamente riconducibile alla tendenza da parte dei manager ad effettuare delle stime e dei preventivi irrealistici e insufficienti per fronteggiare la concorrenza, presentando un prezzo d’offerta più basso, salvo poi accorgersi di non riuscire a rispettare quanto definito. Tuttavia questo non è l’unico motivo individuato. 39 Molto spesso infatti accade che con il procedere delle attività si incontrino dei problemi tecnici imprevisti, che implicano un successivo lavoro aggiuntivo di modifiche ed estensioni, con conseguenti costi aggiuntivi rispetto al budget pianificato. La rilevanza temporale dei progetti rispetto ai normali processi operativi aziendali, e la necessità di garantire un allineamento con quanto definito nel piano, impone di considerare l'effetto della variante "tempo" all'interno di misurazioni di carattere economico, sia in chiave previsionale che consuntiva, attraverso il ricorso ad un controllo della schedulazione e dei costi su base strettamente integrata. In genere, si ritiene che il sistema più utile per il controllo del progetto sia quello di andare a correlare la schedulazione e i costi a livello di compito o di work package, presenti nella project break down structure (Pbs), come illustrato in figura 4.1, dove a sinistra è riportata la Pbs, mentre i compiti e i work packages sono rappresentati con delle barre posizionate in linea con i rispettivi elementi della Pbs. La parte di piano generale riportata, collega i compiti con i milestone ed altri eventi, mentre i budget, i consuntivi e le stime “per completare” e “al completamento” sono indicati per alcuni compiti e per l’intero progetto. 40 Figura 4.1 Correlazione di costi e tempi con la Pbs (Project Management, Russel D. Archibald, ed. 4.2.1 Ottimizzare la distribuzione delle risorse economiche nel tempo Il ricorso ad un sistema di controllo integrato dei tempi e dei costi deriva dal fatto che i progetti presentano tipicamente un trend dei livelli di spesa non lineare nel tempo, che porta ad avere delle situazioni nelle quali in alcuni periodi vi è un elevato assorbimento di risorse economiche, affiancati ad altri in cui invece la maggior parte dei progetti non assorbe significativi volumi di costi. La distribuzione delle risorse economiche richieste nell’arco dell’intero progetto tende a variare, allontanandosi in modo sempre più significativo dall’ottimale distribuzione lineare, con la possibilità che nel periodo di picco delle richieste l’azienda non sia in grado di supportare le spese necessarie. Tale sistema di controllo permette dunque di analizzare la presenza di queste situazioni critiche, consentendo, se possibile, di bilanciare nel tempo i costi da sostenere per avvicinarsi il più possibile ad una distribuzione omogenea delle uscite, durante l’intero ciclo di vita del progetto. 41 Il primo passo consiste nell’analizzare uno ad uno i costi previsionali delle attività che compongono il progetto e calcolare, in funzione della durata pianificata, il loro costo medio per unità di tempo, ovvero il cosiddetto cost slope (costo previsionale / durata attività). Una volta calcolato questo valore per ciascuna attività è possibile, attraverso l’osservazione del diagramma del progetto che riporta il tempo di svolgimento di ognuna di esse e le relative sequenze critiche, predisporre un riepilogo temporale, detto Project Cost Schedule, in modo da poter misurare l’assorbimento di risorse economiche che il progetto comporta per ogni unità temporale presa a riferimento. Arrivati a questo punto è opportuno creare il Gantt Cost Schedule (figura 4.2), che permette di visualizzare in un unico grafico sia la distribuzione temporale dei costi nei singoli periodi, sia le sequenze critiche del progetto. Figura 4.2: Gantt Cost Schedule (Organizzare e gestire progetti, Baglieri et al., ed. Etas 2004) A partire dal Gantt Cost Schedule si crea il Bar Chart Cost Schedule, rappresentato in figura 4.3, dalla cui analisi si riesce ad individuare la presenza di eventuali 42 picchi o periodi di sottoutilizzo delle risorse economiche. Incrociando i dati emersi da questi ultimi due grafici il project manager ha disposizione tutte le informazioni necessarie per poter prendere la decisione migliore, che permetta di appiattire la distribuzione temporale delle spese. Figura 4.3: Bar Chart Cost Schedule (Organizzare e gestire progetti, Baglieri et al., ed. Etas 2004) Per raggiungere questo obiettivo si parte tipicamente col prendere le attività che presentano un cost slope più elevato e che non si trovano nel cammino critico; quest’attività, non essendo critica, ai fini della durata totale del progetto, può essere convenientemente spostata in avanti lungo le settimane, fino ad eseguirla in quell’intervallo di tempo che permette la redistribuzione omogenea dei costi del progetto (Kerzner Harold, 2005). Finora si è ipotizzato che la durata prevista rimanga costantemente invariata. Nella realtà invece capita spesso che la durata delle attività che compongono il progetto possa essere modificata in modo rilevante andando a forzare il personale a comprimere i tempi di svolgimento del lavoro. Ovviamente la capacità di spuntare performance migliori dal punto di vista temporale si 43 scontra inevitabilmente con i maggiori oneri dovuti a straordinari ed extra costi per forniture urgenti. In queste condizioni si pongono dunque scelte di convenienza economica tra alternative diverse: la prima consiste nella ricerca di una prestazione temporale normale (normal timing), mentre la seconda prevede la ricerca di una prestazione temporale di rottura (crash timing). A questo proposito, per riuscire a valutarne la convenienza economica, considerando il beneficio indotto dall’accorciamento della durata complessiva del progetto, è opportuno correlare la differenza di costo tra le due alternative con la corrispondente differenza temporale mediante il calcolo di un cost slope definito come: cost slope = (crash cost – normal cost) : (normal timing – crash timing) Ovviamente tale valutazione deve partire dalla considerazione che la diminuzione della durata del progetto comporta di intervenire riducendo solamente la durata di quelle attività che rientrano nel percorso critico, in quanto l’accorciamento dei tasks che non fanno parte di questo percorso non porterebbe alcun beneficio in termini di durata complessiva del progetto. Inoltre è necessario tenere presente che non risulta sempre proficuo puntare alla massima riduzione della durata del progetto, in quanto il vantaggio ottenuto dall’ottimizzazione temporale potrebbe essere più che compensato da un aumento dei crash costs, in misura troppo rilevante per l’economicità del progetto. Come dice Baglieri et al. (2004) risulterà pertanto necessario presidiare il bilanciamento tra le esigenze di riduzione della durata del progetto (performance sui tempi) e l’esigenza di mantenere il budget dei costi di progetto entro livelli accettabili (performance sui costi). Per questo motivo risulta preferibile attuare una riduzione dei tempi innanzitutto in quelle attività che hanno un cost slope più basso, ovvero quelle per le quali la correlazione tra il livello di riduzione della durata e il livello di aumento dei costi è più favorevole. 44 4.2.2 Un primo modello di controllo: la misurazione dell'avanzamento del progetto a fronte della sua schedulazione Il controllo dell’avanzamento all’interno di un progetto consiste nel misurare di volta in volta il lavoro eseguito, annotando le attività completate e la percentuale di lavoro assolta, per le attività ancora in corso di completamento. Per calcolare tale informazione è necessario che l’avanzamento di ogni attività venga rapportato al proprio peso rispetto all’intero progetto: si parla in questo caso di avanzamento ponderato, che viene calcolato con la seguente espressione APx = Px * AVx Dove APx rappresenta l’avanzamento ponderato relativo all’attività x, Px è invece il costo previsto dell’attività stessa, ed infine AVx è la sua percentuale di avanzamento. Ne consegue che l’avanzamento complessivo del progetto alla data (timenow) è dato dalla somma degli avanzamenti di tutte le attività APtot = Σ Apx Tali rilevazioni effettuate in corso d’opera permettono di costruire la curva che rappresenta l’avanzamento del progetto nel tempo Curva del valore del lavoro svolto Euro 300 250 200 150 100 50 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Mese Figura 4.4: Curva del valore del lavoro svolto (Fonte: “Materiale interno aziendale”) 45 La curva di avanzamento ponderato che si ottiene, confrontata con la curva di previsione, fornisce al project manager, responsabile del controllo del progetto, informazioni sull’eventuale ritardo/anticipo delle attività e sulla quantità di lavoro non ancora eseguita. Curve avanzamento - budget Avanzamento 400 budget 300 200 effettivo 100 0 1 2 3 4 5 6 7 8 Mese Figura 4.5: Analisi dello scostamento tra budget e spesa effettiva (Fonte: “Materiale interno aziendale”) Questo processo consente di individuare gli scostamenti dal piano che richiedono misure correttive, per recuperare nei confronti della schedulazione e/o del budget. 4.2.3 Il modello dell’earned value Come si è detto anche all’inizio di questo capitolo il confronto tra gli obiettivi e i risultati economici effettivamente raggiunti deve tenere conto del fatto che “potrebbe succedere che i costi consuntivi siano più bassi, rispetto a quanto era stato previsto a budget, non tanto per ragioni di efficienza, quanto piuttosto perché a causa dei ritardi intercorsi nello svolgimento del progetto si è speso meno di quanto era stato previsto, in riferimento ad un certo stato di avanzamento” (Baglieri et al, 2004). In altri termini, i costi sostenuti in un certo intervallo di tempo non dipendono solamente dall’efficienza nei processi di utilizzo delle risorse, ma anche dal particolare stato di avanzamento in cui si 46 trova il progetto, ragion per cui l’analisi congiunta della “performance di costo” e della “performance di avanzamento”, alla base del modello dell’earned value, consente di realizzare il controllo di tipo budgetario di tutti i progetti, anche quelli più prolungati nel tempo. L’earned value consente quindi di esprimere la misura dello stato di avanzamento mediante la determinazione di un valore economico attribuibile alla frazione di progetto completata. Per comprendere questo modello è necessario prima di tutto dare alcune definizioni fondamentali: Budgeted Cost of Work Scheduled (BCWS): corrisponde al costo previsionale o di budget delle attività programmate, dato dalla somma del totale dei costi budgetati per il lavoro che deve essere eseguito, più il costo budgetato del lavoro indiretto e il costo per compiti proporzionali, in un determinate arco di tempo. Budgeted Cost of Work Performed (BCWP): si tratta in questo caso del costo a valori previsionali o di budget associato alle attività del progetto che sono state realizzate (anche parzialmente); talvolta lo si chiama anche earned value (valore assorbito). Actual Cost of Work Performed (ACWP): il costo effettivo del lavoro eseguito rappresenta il costo consuntivo associato alle attività di progetto effettivamente realizzate (anche parzialmente) in un determinato periodo di tempo. Il confronto tra i costi previsionali (BCWS) e i costi consuntivi (ACWP) non può essere effettuato se non si considera parallelamente anche la dimensione temporale, poiché gli scostamenti tra queste due grandezze potrebbero essere imputabili anche al particolare stato di avanzamento raggiunto dal progetto. A partire dalla conoscenza di questi valori è possibile calcolare non solo tutti gli eventuali scostamenti di costo e di schedulazione, che possono essere sia positivi che negativi, ma anche alcune misure di efficienza nell’avanzamento del progetto, come ad esempio: 47 lo scostamento di costo (cost variance), ottenuto dalla differenza tra i costi previsti a budget per il lavoro eseguito e il costo effettivamente sostenuto per completare le attività: scostamento di costo = BCWP – ACWP A partire dagli stessi valori sarà inoltre possibile calcolare il Cost Performance Index (CPI), dato dal rapporto tra il Budgeted Cost of Work performed e l’Actual Cost of Work Performed. Questo indicatore della performance di costo esprime un rendimento positivo se superiore a uno e viceversa. lo scostamento di schedulazione (schedule variance), dato dalla differenza tra il costo previsto a budget per le attività completate e il costo previsto a budget per il lavoro programmato: scostamento di schedulazione = BCWP – BCWS Conoscendo il valore di questi due indicatori è possibile derivare l’SPI (Schedule Performance Index), l’indicatore usato per misurare la performance dei tempi. L’SPI si ottiene dividendo il BCWP per BCWS ed esprime un rendimento positivo se superiore a uno e viceversa. Nel grafico riportato in figura 4.6 si vede che il punto B rappresenta il livello di costo raggiunto sulla base del lavoro effettivamente svolto alla data di riferimento. Il punto A invece indica in quale momento temporale si sarebbe dovuto sostenere lo stesso livello di costi di B, per cui si desume che la differenza tra A e B lungo l’asse orizzontale esprime il ritardo temporale nello svolgimento complessivo del progetto. 48 Figura 4.6: Il modello di analisi dell’earned value (Organizzare e gestire progetti, Baglieri et al., ed. Etas 2004) Fleming e Koppelman (2006) hanno individuato una serie di metodi diversi che assistono nel processo di misurazione dell’earned value: metodo 50/50: si attribuisce un punteggio di 50% al work package nel momento in cui l’attività viene iniziata, mentre i residui 50 punti sono attribuiti al completamento del pacchetto; metodo 0/100: questa tecnica prevede di attribuire un valore di 100 al pacchetto di lavoro solamente nel momento in cui esso viene completato, mantenendo fino a quel momento un valore pari allo 0%; milestone ponderati: ad ogni milestone vengono attribuiti dei valori di budget rapportabili al budget totale del progetto, in modo tale da associare determinati pesi percentuali a ciascun milestone; percentuale di completamento: in questo caso si associa al progetto una percentuale che esprime la frazione di lavoro completato rispetto al lavoro complessivamente previsto; unità o standard equivalenti: ad ogni attività viene attribuito un valore standard di completamento, utili soprattutto nel caso di progetti ripetitivi. 49 Oltre ad aiutare il project manager nell’effettuare valutazioni di economicità del progetto sotto il profilo delle prestazioni di tempo e costo, il modello dell’earned value è particolarmente utile anche per formulare delle previsioni aggiornate circa il futuro svolgimento del progetto; tali previsioni si riferiscono spesso alla misurazione preventiva dei costi totali stimati al completamento del progetto (EAC: Estimated Costs at Completion), e possono essere svolte seguendo diversi approcci possibili. Esso consiste nella somma dei costi di tutti gli incarichi completati, più la stima di quelli da sostenere per completare tutti i compiti in corso, più il valore attualmente previsto per completare tutti i lavori futuri. 4.3 CHIUSURA O ESTENSIONE DEL PROGETTO Riprendendo la definizione generale di progetto “un progetto è uno sforzo complesso con un inizio e una fine ben definiti, un complesso coordinato d’azioni finalizzato a creare un prodotto, un servizio o un risultato unico e determinato, nel rispetto dei limiti stabiliti di tempo e di risorse impiegati per raggiungere tale obiettivo finale…” (Kerzner Harold, 2005; Baglieri et al., 2004; PMBOK® Guide 2000), risulta evidente che ogni progetto deve avere una fine ben definita; il project manager di conseguenza per completare il proprio compito deve occuparsi anche di chiudere ufficialmente il progetto, nel rispetto delle scadenze. Per la fase di chiusura il project manager appronta un piano e una schedulazione dettagliati, che prevedono una serie di punti che devono essere assolutamente affrontati. Per poter chiudere il progetto è necessario innanzitutto affrontare il tema del contratto, con la consegna e l’accettazione da parte del cliente dei prodotti o dei servizi offerti, per poter poi passare alla parte amministrativa che prevede la riscossione dal cliente e la chiusura dei libri contabili; viste le attività che si devono eseguire i massimi responsabili durante la fase di chiusura saranno il project manager e l’amministratore del contratto. In particolare il project manager deve assicurarsi che le attività del progetto vengano chiuse in modo efficace ed economico, informando tutti i settori finanziari e le unità specialistiche della cessazione del progetto e controllando i pagamenti del cliente, fino a quando il debito non sia stato saldato. 50 Dall’altra parte l’amministratore del contratto ha il compito di assicurarsi che tutti i documenti formali inerenti l’accettazione da parte del cliente siano stati regolarmente firmati, in modo tale da disporre di un accordo che attesti l’adempimento di tutti gli obblighi contrattuali e che sollevi l’azienda da ulteriori obblighi, a eccezione di quelli inerenti all’eventuale garanzia. Al termine della chiusura si apre l’ultima importante fase della gestione di un progetto: la sua valutazione. Se questa valutazione formale post completamento non venisse eseguita l’esperienza maturata non servirebbe a nulla in quanto si rischierebbe di ripetere gli stessi errori per diverse volte, a tutto danno dell’organizzazione. Questo passo è dunque di fondamentale importanza in quanto consente non solo di individuare chiaramente gli errori che sono stati compiuti, ma anche di verificare le conseguenze che hanno portato e di ipotizzare delle possibili soluzioni da adottare per evitare in futuro il ripetersi degli stessi sbagli. 51 52 5 PROJECT PORTFOLIO MANAGEMENT STRATEGICO 5.1 PROGETTI CHE FANNO CRESCERE UN’AZIENDA Per assicurare la crescita costante di un’impresa, di un’istituzione, di un ente o qualsiasi altra organizzazione è fondamentale la presenza di una guida a livello strategico che definisca chiaramente una serie di aspetti, senza i quali tale crescita sarebbe inimmaginabile. Innanzitutto, come afferma Archibald (2004), è fondamentale che vi sia una totale trasparenza e chiarezza su quella che è l'idea (vision) di che cosa sarà o dovrà essere l'organizzazione, che descriva il suo orientamento generale per il futuro, in quanto la mancanza di tale requisito fondamentale impedirebbe la maturazione, in tutti coloro che vi lavorano, del consenso e della tensione (commitment) verso il raggiungimento del traguardo strategico prefissato. In un secondo momento, solamente dopo aver condiviso la vision e aver ottenuto il consenso e l’impegno di tutti, è necessaria la pianificazione e l’implementazione di tutti i programmi e progetti specifici, nell’ambito del portafoglio di progetti dell’organizzazione, che garantiranno l’attuazione delle strategie necessarie a raggiungere gli obiettivi definiti. Come si può osservare dalla figura 5.1, gli obiettivi e le strategie si inquadrano entro una struttura articolata gerarchicamente, in cui le strategie del livello superiore ispirano gli obiettivi per il livello intermedio i quali, a loro volta, si traducono nelle relative strategie di conseguimento. 53 Figura 5.1: Gerarchia di obiettivi, strategie e progetti (Project Management, Russel D. Archibald, ed. Franco Angeli 2004) È assolutamente fondamentale osservare come i progetti siano il principale veicolo della “crescita per salti”, espressione che indica la realizzazione di iniziative di rilevante entità, necessarie all’espansione o ad un salto di qualità (Archibald, 2004); in una qualsiasi unità organizzativa dunque la “crescita per salti” può avvenire solamente attraverso l’esecuzione di progetti complessi, il cui successo può essere garantito solamente ricorrendo a principi e metodi di project management ben collaudati. 54 5.2 PROJECT PORTFOLIO MANAGEMENT STRATEGICO Come già anticipato i progetti realizzati all’interno di un’azienda servono a mettere in pratica le strategie aziendali e tradurre in realtà gli obiettivi stabiliti; ne deriva dunque che i progetti non devono essere gestiti come entità isolate indipendenti l’una dall’altra, ma come assiemi coerenti e ben assortiti che implementano una strategia di livello superiore, secondo logiche di portafoglio (Project Portfolio Management). Secondo questa prospettiva gli alti dirigenti sono i “committenti”, ossia coloro che definiscono la pianificazione strategica tracciando la rotta futura dell’organizzazione e selezionando i progetti da inserire nel portafoglio. Poi, per ciascun progetto, vi sarà un project manager che autorizza e realizza le azioni specifiche con cui implementare le strategie di crescita. La congiunzione che il Project Portfolio Management garantisce tra la pianificazione strategica e il Project Management è un'interazione necessaria all'efficacia dei progetti nell'implementare le strategie. Secondo Combe (2000) "è importante che l'alta direzione concepisca i progetti come un mezzo per l'implementazione delle strategie, e che li metta nelle migliori condizioni per adempiere a questa loro funzione. Ma è altrettanto importante che i project manager capiscano quali sono le strategie dell'impresa”. Da ciò si deduce che l'organizzazione può conseguire il vero beneficio solamente quando la relazione progetto-strategia presuppone uno scambio interattivo e biunivoco. L’importanza di gestire l’intero portafoglio di progetti, in un quadro unitario ed integrato, deriva dal fatto che nessuna organizzazione dispone di risorse illimitate, tali da riuscire a pianificare e realizzare tutti i progetti concepibili; da qui nasce la necessità di definire degli opportuni meccanismi di prioritizzazione dei progetti appartenenti a un determinato portfolio, per riuscire quindi ad ottenere i massimi benefici per l’intera organizzazione, evitando parallelamente il rischio che un certo numero di progetti venga gestito singolarmente e che 55 l’azienda venga danneggiata a causa dei ritardi conseguenti alla sovrapposizione degli stessi. Di seguito (Tabella 5.1) è riportato il processo di Project Portfolio Management così come dovrebbe essere gestito per riuscire a soddisfare i propri obiettivi in maniera efficace ed efficiente. Tabella 5.1: Processo di Project Portfolio Management (Fonte: “Project Management, Russel D. Archibald, ed. Franco Angeli, 2004) 56 5.2.1 Obiettivi e vantaggi del Project Portfolio Management La gestione integrata e unificata dell’intero portafoglio di progetti, così come descritta sopra, permette di raggiungere una serie di obiettivi che possono essere raggruppati in tre macro categorie (Archibald, 2004, p.228): Massimizzazione del valore: il primo obiettivo di primaria importanza che il Project Portfolio Management si propone di ottenere è la possibilità di acquisire e allocare le risorse adeguate al complesso dei progetti, in maniera tale da massimizzare il valore del portafoglio secondo il parametro stabilito, assicurandosi che tali risorse vengano utilizzate produttivamente ed efficacemente per i lavori necessari a completarli tutti; Bilanciamento del portafoglio: sviluppo di un portfolio equilibrato rispetto ai parametri che l'impresa ha stabilito, con un compromesso oculato fra il rischio e la remunerazione, la facilità di realizzazione e l'attrattiva; Coerenza strategica: selezione e gestione di tutti e soli quei progetti in linea con la strategia di business concordata a livello direzionale, dando quindi vita a un portafoglio di progetti coerente con il traguardo strategico prefissato. 5.2.2 Selezione e priorità dei progetti di un portfolio Analizzando il processo di Project Portfolio Management descritto precedentemente è possibile evidenziare immediatamente due attività fondamentali, da cui dipende la capacità di ottenere o meno i vantaggi derivanti dalla gestione del portafoglio di progetti. Le due fasi cui si sta facendo riferimento sono, in ordine logico, la selezione dei progetti da assegnare al portfolio e la successiva attribuzione delle priorità in riferimento alla strategia aziendale. 57 Nonostante ciascuna categoria di progetti implichi un processo distinto di selezione delle nuove iniziative, tale processo è finalizzato prevalentemente al raggiungimento dei tre fini del Project Portfolio Management, cui si è fatto riferimento anche nel precedente paragrafo. Nel sottolineare l’importanza del processo di selezione per ottenere tali vantaggi, è utile però al contempo sottolineare quanto affermato da Cooper (1999): "Nessuno di questi tre fini sembra dominante, e nessun modello o metodo di gestione del portfolio sembra idoneo al conseguimento di tutti e tre". Ciò è dovuto al fatto che il processo di Project Portfolio Management ha una natura dinamica e poggia esclusivamente su informazioni incerte e mutevoli. Tuttavia, nonostante l’elevata variabilità delle informazioni disponibili la quasi totalità dei modelli di Project Portfolio Management richiede dati di una precisione impossibile da ottenersi con la necessaria affidabilità; in altre parole, la sofisticazione dei modelli supera di gran lunga la qualità dei dati di input, con conseguente perdita di efficacia nella gestione del portafoglio. La necessità di stabilire un ordine nell’esecuzione dei progetti emerge nel momento in cui diversi progetti competono per risorse limitate, e si pone quindi il problema di come definire e comunicare le priorità relative di ciascun progetto, rispetto a tutte quelle iniziative che appartengono al medesimo portfolio. La decisione di fornire risorse aggiuntive, piuttosto che rallentare lo svolgimento di uno o più progetti, può essere presa solamente quantificandone opportunamente le priorità, attraverso l’attenta pianificazione del progetto e la previsione dettagliata di tutte le sue necessità. Nel caso di mancanza di un metodo efficace per la determinazione delle priorità, può infatti accadere che siano prese decisioni dissimili, o contraddittorie, su due progetti simili, con il risultato che ambedue ne risultano danneggiati. Di seguito si elenca una serie di fattori che hanno un’influenza rilevante sulla definizione delle priorità, sottolineando che ciascuno di essi ha un peso relativo, 58 variabile a seconda dell’organizzazione e del tipo di progetto (Kerzner Harold, 2005): data di completamento o consegna e sua prossimità; rischi penali; rischi concorrenziali; importanza del committente; redditività dell'investimento costi, degli investimenti e/o dei profitti, e relativa incertezza; riflessi su altri settori dell'organizzazione; Sulla base dei punteggi ottenuti da ciascun progetto si è dunque in grado di stabilirne le priorità. Il migliore tra i modelli utilizzabili per l’assegnazione delle priorità ai progetti prevede una classificazione in tre categorie: 1. progetti prioritari, che hanno la precedenza sugli altri, 2. progetti normali, che sono finanziati ma che non sono considerati prioritari; 3. progetti di riserva, che attendono la disponibilità di fondi e di altre risorse. 5.2.3 Gestione delle risorse aziendali e delle operazioni negli ambienti multiprogetto Come si può desumere da quanto detto finora riguardo il tema della gestione degli ambienti multi progetto, una causa frequente di ritardo, che si traduce in penalità, eccedenze dei costi e altre conseguenze indesiderabili, è l’impegno in un numero di contratti e progetti eccessivo, rispetto alle risorse disponibili all’interno dell’organizzazione. Per superare tale problema si è dunque cominciato a gestire le risorse in maniera unificata per tutti i progetti. Per riuscire a garantire l’acquisizione, la fornitura e l’allocazione delle risorse necessarie a completare il lavoro in modo tempestivo ed efficiente è stata introdotta una fase preliminare di previsione delle risorse necessarie nelle singole funzioni coinvolte, ed una successiva di pianificazione del lavoro che tenesse conto dei limiti delle risorse disponibili. 59 Oltre alla gestione delle risorse, l’altra fase critica nell'ambito dei progetti multipli riguarda la pianificazione e il controllo delle operazioni (operations planning and control) che integra e controlla, a livello generale, e per tutti i progetti, gli apporti delle diverse funzioni aziendali. Il successo di tale funzione è strettamente condizionato alla fiducia che l’alta direzione ha nella validità della pianificazione, come strumento utile a valutare e quantificare precisamente le conseguenze di determinate decisioni sui costi e sulle strategie di business, attraverso l’elaborazione di un feedback adeguato che permette di comparare i risultati effettivi derivanti da tali azioni correttive con quelli previsti inizialmente. Ciò che occorre per raggiungere tali obiettivi e offrire soluzioni a problemi che toccano un ambito più vasto è una funzione centrale di pianificazione, in grado di valutare come le decisioni prese dalle singole funzioni si riflettono sulle performance dell’intero progetto. Perciò i principali compiti che la funzione di operations planning and control deve svolgere sono: coordinare le attività di pianificazione nelle funzioni di marketing, engineering, produzione e installazione, attraverso l'approntamento di schedulazioni generali di impresa; coordinare la pianificazione delle singole funzioni e individuare le dipendenze funzionali nell’esecuzione del progetto, con un orizzonte di pianificazione commisurato alle attività già decise, a quelle proposte e a quelli prevedibili per i singoli progetti; mantenere l’uso di sistemi di simulazione per valutare le conseguenze di strategie alternative e per suggerire soluzioni all’alta direzione. 60 6 IL SISTEMA INFORMATIVO DI PROJECT MANAGEMENT 6.1 IL SISTEMA INFORMATIVO INTEGRATO DI PROJECT MANAGEMENT L’organizzazione e la gestione di un progetto si basa prevalentemente sullo scambio e trasferimento di informazioni; nel lavoro per progetti è dunque fondamentale disporre di una grande quantità di informazioni di varia natura tecniche, economiche, organizzative, di prestazione temporale, di performance qualitativa e così via - per riuscire a coordinare e gestire i diversi elementi che lo compongono (attività, persone, mezzi). Il sistema di project management è dunque lo strumento a supporto della gestione del progetto che permette di rilevare dati, di produrre informazioni, di comunicare e di rendere disponibili le medesime, nei tempi e nei modi opportuni, a tutti coloro che sono in qualche misura coinvolti nel progetto stesso. Nel caso in cui si debbano gestire più progetti contemporaneamente, sfruttando le risorse provenienti da pool unificati, è necessario disporre di un sistema informativo unificato di pianificazione e di controllo, che permetta di valutare e gestire d’anticipo i rischi dei singoli progetti, coerentemente con i rischi aggregati del portafoglio, di definire e controllare le specifiche di qualità dei prodotti intermedi e finali dello stesso (i cosiddetti deliverable), di pianificare e controllare la sequenza e le scadenze dei molteplici work package, di fornire 61 informazioni precise che riguardano l’avanzamento dei lavori e l’assorbimento dei costi, nonché di effettuare delle previsioni per il futuro utili ad individuare e prevenire eventuali problemi, aggiornando la direzione e i clienti sulla situazione corrente e sulle sue prospettive in termini di qualità, costi e tempi. 6.1.1 Cos'è un sistema informativo di Project Management? Archibald (2004, p.153) definisce il Project Management Information System (PMIS) come un sistema costituito da documenti (contenitori di informazioni) e procedure, processi e sistemi software per la preparazione, manutenzione, conservazione, trasmissione e uso dei documenti. Questi processi, sistemi e procedure sono finalizzati a creare, pianificare ed eseguire la generalità dei progetti in una certa organizzazione. I principali elementi che costituiscono un PMIS sono: i dati. Essi sono la rappresentazione oggettiva della realtà del progetto; dall’elaborazione dei dati, svolta secondo criteri, logiche e algoritmi propri delle varie discipline che le utilizzano, si ottengono le informazioni necessarie per la gestione efficace del progetto; le procedure. Sono la descrizione del lavoro del progetto relativo al funzionamento del suo sistema informativo, che descrive e determina la sequenza e il parallelismo esistente tra le diverse attività o mansioni che lo compongono; i mezzi tecnici. Quando si parla di mezzi tecnici ci si riferisce alle tecnologie utilizzate per elaborare e trasformare i dati in informazioni che vengono poi successivamente archiviate, reperite e trasmettesse quando necessario a chi deve utilizzarle per svolgere la propria attività o per prendere decisioni. Appartengono a questa classe le apparecchiature hardware e software di base, i software di rete e di trasmissione dati, nonché quelle tecnologie che permettono il trattamento dell’informazione; 62 le persone. Le persone rappresentano una risorsa centrale nei sistemi informativi, in quanto sono coloro che lavorano per progettare, sviluppare e mantenere il Project Management Information System; i principi ispiratori. Essi rappresentano i principi che ispirano il sistema informativo di progetto; sulla base di tali principi ispiratori si definiscono le modalità secondo cui i quattro elementi appena descritti devono coordinarsi per perseguire le finalità stabilite per le quali viene costruito il PMIS. Le principali decisioni in merito sono riferibili ai seguenti quesiti: Sistema informativo accentrato o decentrato? Ragioni di riservatezza dei dati e delle informazioni, lo stile di direzione adottato in azienda, abitudini consolidate di gestione del potere possono rientrare fra i fattori che incidono su una scelta piuttosto che un’altra; Gestione interna al team o esternalizzazione del sistema informativo di progetto? A influenzare la scelta fra outsourcing e insourcing vi possono essere diversi fattori, fra cui la criticità temporale dell’informazione necessaria, l’esigenza di focalizzare il team sulle attività core del progetto senza sovraccaricarlo con attività gestionali di scarsa rilevanza ai fini del progetto. 6.2 SISTEMI INFORMATIVI DI PROJECT MANAGEMENT WEB BASED Parallelamente all’avvento dell’era informatica e all’affermazione dei metodi di pianificazione reticolare (PERT, Cpm, Pdm) si è sviluppato il software per la pianificazione e il controllo dei progetti, diventando ben presto uno strumento di fondamentale importanza per il project management. In particolare, con la comparsa dei sistemi con funzionalità web, cui si è assistito negli ultimi anni, si è potuto cogliere ancora più compiutamente tutte le potenzialità d’integrazione dei documenti progettuali in un sistema unico. 63 Sempre più organizzazioni operano al giorno d’oggi su scala mondiale, sviluppando distributed projects, che implicano la necessità da parte del project manager di gestire dei distributed team. Tali necessità favoriscono la consolidazione di tendenze ben definite, come quella dell’abbandono dei complessi sistemi applicativi per PC e dell'adozione di sistemi di facile impiego basati su browser Web. Il costante sviluppo e miglioramento dei software di project management con funzionalità Web porta alla nascita di un nuovo dominio applicativo, meglio noto con il nome di Distributed Project Management, e di un nuovo grande mercato dei software tutt’ora in forte espansione (Patterson, 2002). Timmons (2000) afferma che il successo dei project manager dipende fortemente da quanto si sanno applicare le potenzialità di Internet, facendo diretto riferimento a tre requisiti fondamentali: form data posting; data linking; process authorization. Il form data posting rende possibile lo scambio delle informazioni con l’impiego di comuni browser web; ciò è garantito dal fatto che esso implica lo sviluppo di opportuni form elettronici che convertono i dati cartacei in database elettronici favorendone di conseguenza la registrazione all’interno dei database. Il data linking, reso possibile dall’uniformazione del database ad uno standard aperto, che assicura il collegamento di sistemi software di vari fornitori, il che permette di migliorare l’accuratezza dei dati inseriti ed evitare inutili duplicazioni nel loro inserimento. La funzione di process authorization si serve dell’impiego delle firme elettroniche per controllare l'accesso ai database, e per sorvegliare il flusso dei dati, salvaguardando l’affidabilità nel controllo di configurazione sui dati progettuali più sensibili. Il diffondersi di queste tre funzioni, tipiche del Project Management aperto al Web, permette di ottenere numerosi vantaggi tra cui i principali sono lo 64 snellimento del processo di impostazione, il potenziamento dei rendiconti, la disponibilità ininterrotta del repository progettuale, il miglioramento del controllo di baseline del progetto e la semplificazione dell'archiviazione delle informazioni, come disegni, manuali, verbali di collaudo e così via (Archibald, 2004, p.156). Nei paragrafi che seguono si va a descrivere brevemente ciascuna delle categorie di software applicativi di project management. 6.3 CATEGORIE DI SOFTWARE DI PROJECT MANAGEMENT Prima di entrare nello specifico dei vari moduli software di project management, tipicamente utilizzati nel contesto aziendale, viene fornita una definizione di suite di software: “Le suite di software applicativo sono insiemi coordinati di moduli software, dotati delle funzionalità specifiche delle categorie considerate, ma sviluppati in determinati settori applicativi. In molti casi i moduli che compongono le suite sono valutabili separatamente, ma il grande vantaggio dell'impiego di una suite risiede nell'intima integrazione fra suoi moduli e nell'agevole interscambio di informazioni che si può stabilire fra questi. Le suite di software applicativo di project management sono adatte all'intera gamma delle organizzazioni, grandi e piccole, e dei progetti, semplici e complessi” (Archibald, 2004, p.158). 6.3.1 Software di Process Management La prima categoria di software analizzata è quella dei software di Process Management che, come attesta la PMBOK® Guide, ha l’obiettivo principale di integrare il processo di project management con quelli delle singole unità specialistiche che contribuiscono allo svolgimento del progetto, o semplicemente tramite la distribuzione della documentazione relativa alla metodologia applicata, oppure addirittura estendendo il loro contributo alla valutazione del rischio, all’analisi della redditività dell’investimento, così come al monitoraggio dei problemi (issues logging) e al miglioramento continuo della 65 metodologia di gestione. Le principali caratteristiche che rendono questa categoria di software un must nella gestione dei progetti sono: capacità di elaborare i diagrammi di flusso dei processi; sono totalmente basati sulla specifica metodologia di process management dell'organizzazione; sono collegabili automaticamente ad altri prodotti software di project management. 6.3.2 Software di Schedule Management I software di schedule management, a differenza del precedente, sono in grado di pianificare e ordinare in sequenza le attività progettuali, producendo inoltre dei rapporti dettagliati di schedulazione quali il diagramma di Gantt e/o i diagrammi reticolari. Un’altra caratteristica saliente di questi moduli è l’allocazione ottimale delle risorse, che si basa sull’analisi e sul trattamento della critical chain o del resource critical path, con l’obiettivo di far corrispondere le risorse disponibili con le risorse richieste, comunicando ai manager e ai pianificatori dove e quando si presentano o si prospettano eventuali esuberi o carenze. Tuttavia i prodotti di questa categoria non supportano solamente la pianificazione e la schedulazione, ma assicurano anche il monitoraggio e il controllo sia di progetti isolati che dell’insieme dei progetti di un portfolio, aggiornando la situazione e le previsioni di schedulazione secondo l’avanzamento del progetto con riferimento a baseline controllabili. Visto che l’attività di schedulazione è richiesta da tutti i progetti, in tutti i campi applicativi e in tutti i settori, questa categoria di software trova vasto impiego ed è quindi universalmente applicabile alla maggior parte dei processi di business o dei processi progettuali. 66 6.3.3 Software di Cost Management I software di cost management sono costituiti da programmi sofisticati in grado di gestire, nell'arco dell'intera vita del progetto, tutti i suoi elementi di costo, dalle stime iniziali fino alla loro consuntivazione e analisi, per la misura della performance in termini di valore assorbito e scostamenti di schedulazione e sforzo economico sostenuto. 6.3.4 Software di Communication Management I prodotti software di questa categoria consentono la diffusione efficiente di tutte le informazioni di progetto, ai manager e ai membri del team, sfruttando l’utilizzo di dispositivi di notifica selettiva come i bullettin board e i message trigger. Fanno parte di questa categoria le cosiddette timesheet, ossia gli strumenti che consentono ai membri del team di registrare le ore di lavoro che ciascuno di essi effettivamente dedica ai singoli compiti che gli sono stati assegnati, favorendo in questo modo il controllo del progetto. Le timesheet possono essere viste come delle agende elettroniche in cui si tiene traccia di qualsiasi modifica apportata al piano in termini di sforzo dedicato, fungendo per di più il ruolo di interfaccia con i sistemi di controllo finanziari. 6.4 IL PROCESSO DI SELEZIONE DEI SOFTWARE DI PROJECT MANAGEMENT Il mercato dei software per il project management è particolarmente ampio e variegato, motivo per cui la selezione del software più adatto alle specifiche procedure di una determinata organizzazione è un compito assai complesso e impegnativo. Come si può osservare dalla figura 6.1, molti degli aspetti da considerare nella selezione non si riferiscono alle funzioni o alle caratteristiche del software, ma anche ad aspetti puramente commerciali; ciò è dovuto al fatto che in questo ambito l’evoluzione tecnologica espone rapidamente al rischio dell’obsolescenza chi non resta al passo, ragion per cui l’aspetto legato all’assistenza tecnico-commerciale e dello sviluppo del prodotto fornita dal 67 player diventa un fattore particolarmente critico per chi decide di acquistare il software. 1. Affidabilità e reputazione del fornitore anzianità in affari; reputazione mole dell’organizzazione; specializzazione nelle applicazioni di project management; numero di prodotti offerti; solidità finanziaria; 2. Caratteristiche del prodotto informazioni generali sul prodotto; sinergia con gli altri prodotti; dati per la definizione dei progetti; gestione della pbs; gestione delle scadenze; dati per la definizione delle attività; interfaccia per l’utilizzatore; distribuzione geografica dei punti di vendita presenza all’estero; referenze, o elenco dei clienti; offerta d’addestramento. importazione ed esportazione dei dati da e verso altri sistemi; formati di calendario; formati dell’output; architettura di database; dati di monitoraggio; dati di costo. 3. Documentazione guida on-line, a più livelli; materiale per l’addestramento; procedure ben documentate di correzione degli errori; manuale; manuale on-line; scheda di consultazione rapida. 4. Assistenza all’uso linea telefonica dedicata; numero verde; seminari su argomenti specifici; segnalazione degli aggiornamenti; bollettini e notiziari; assistenza su web; corsi di addestramento; servizi di consulenza utilizzatori; user groups; posta elettronica. 5. Aspetti contrattuali funzionalità fornite; licenza d’installazione; modifiche alla fornitura; formazione e addestramento; aggiornamento e miglioramento del prodotto; responsabilità del fornitore; garanzia in caso di fallimento del fornitore; garanzia in caso di fallimento dell’acquirente; riservatezza sui dati; efficienza del prodotto fornito; installazione e accettazione; garanzia tecnica e manutenzione; prezzo e condizioni; diritti di esclusiva. agli Figura 6.1 Aspetti tipici considerati da chi acquista software applicativo di project management ( “Project Management”, Russel D. Archibald, ed. Franco Angeli 2004) 68 Il processo di selezione, adattamento e applicazione di una moderna suite di project management per la gestione unificata di tutti i progetti appartenenti ad un portfolio, costituisce esso stesso un progetto vero e proprio, per la cui riuscita si rende a sua volta necessario l’utilizzo delle best practices e di tutti i migliori strumenti di project management finora descritti. Naturalmente la durata di questi progetti è strettamente legata alla mole e alla complessità dell’organizzazione, e del suo grado di maturità nella disciplina del project management. In molti casi si rende inoltre opportuno strutturarli in più stadi, affrontando ogni volta una singola categoria progettuale, o un singolo portafoglio di progetti. Si conclude questo capitolo ricordando un aspetto che, nonostante la sua banalità, viene tutt’ora molto spesso ignorato: il sistema informativo da solo non è in grado di gestire nessun progetto. Sono infatti le persone a costituire l’unica vera risorsa per la sua realizzazione, mentre i software di project management hanno solamente il compito di incrementare l’efficacia di queste persone nella gestione dello stesso. Ne deriva dunque che non si ottiene alcun vantaggio se ci si limita a dotare del miglior software di project management un processo direttivo scoordinato, inefficiente e arcaico. 69 70 7 SELLE ROYAL SPA La bicicletta così come la si vede oggigiorno (con movimento a pedali e trasmissione a catena) venne introdotta solo alla fine del 1800, mentre i primi prototipi furono sviluppati già all’inizio dello stesso secolo. Ad oggi la bicicletta è il principale mezzo di trasporto in molte aree del mondo. Si producono più di 130 milioni di biciclette all'anno e, già nel 2003, la produzione di biciclette ha sorpassato quella di automobili con notevole distacco-100 milioni contro 42 milioni. Di seguito sarà presentata l'azienda Selle Royal, leader mondiale nella produzione di selle per biciclette da oltre cinquant'anni. La sua storia è una continua innovazione costruita sulla ricerca, sulla tecnologia e il design avanzato. 71 7.1 SELLE ROYAL S.P.A Selle Royal S.p.A, azienda leader di mercato nella produzione di selle, è presente nel mondo delle componenti per biciclette sin dal 1956, e ad oggi opera in più di 70 paesi sparsi in tutto il mondo. Quella di Selle Royal è una storia lunga oltre 50 anni, partita nel 1956 quando il dottor Riccardo Bigolin rinunciò alla prospettiva di un posto fisso in una farmacia di Bassano, per cominciare a lavorare nella fabbrica dello zio specializzato nella produzione di feltro per scarpe e per selle di bicicletta. Da allora per il gruppo Selle Royal fù un escalation di successi e conquiste sul mercato mondiale, fino a diventare il marchio di selle più ammirato al mondo, che produce selle confortevoli di alta qualità per il ciclista amatoriale. Fu così che negli anni divenne il punto di riferimento per tutto quello che riguarda la scelta per i singoli ciclisti (AfterMarket), per i grandi produttori di biciclette (Original Equipment Manufacturer), nonché per le grandi catene del mondo Private Label. Il termine "Selle Royal” identifica oggi un brand, ed anche il relativo gruppo, che negli anni è diventato globale: dal 1956 agli anni ‘90 il gruppo si è concentrato sui mercati europei per poi focalizzarsi fortemente sui cosiddetti mercati “in via di sviluppo”: nel 1996 apre una produzione di selle in Brasile (che viene chiamata Selle Bra) che nel 2005, si fonde con Metal Ciclo dando vita a Royal Ciclo. Nel corso dell’anno successivo, il 1997, viene lanciato Fi’zi:k, brand appositamente creato e dedicato al mondo dello sportivo professionista. É il 2002 quando viene acquisita Brooks England (UK), azienda storica inglese che produce selle tradizionali in pelle. Ed è proprio con l’acquisizione di quest’ultima azienda che il gruppo Selle Royal S.p.A dà vita a tre marchi completamente indipendenti l’uno dall’altro: Selle Royal, Fi’zi:k e Brooks England. Tra il 2007 e il 2010 viene acquisita prima l’americana Crank Brothers, specializzata nel mondo MTB, e successivamente (nel 2010) viene acquisito il 52% di Justek, colosso nella produzione di selle per il mercato Asiatico. Con questa mossa strategica Selle Royal S.p.A non solo diventa il più grande produttore mondiale di selle, ma raggiunge anche il fondamentale obiettivo di rendere il gruppo fisicamente presente anche in Cina, ampliando il proprio network internazionale verso l’enorme mercato asiatico. In 50 anni di attività il dottor Riccardo Bigolin ha saputo trasformare quella che era partita come un’azienda di 72 famiglia in un enorme impresa, portandola ai livelli di una vera e propria industria dallo spessore internazionale. Con il passare degli anni e col modificarsi dei bisogni dei mercati, l’azienda ha compreso quanto fosse importante mettere al centro del proprio operato il Cliente e le sue esigenze: Selle Royal lavora duramente per capire le vere esigenze dei ciclisti nell’uso della sella, ascoltandoli attentamente e analizzando nei minimi dettagli come e perché vanno in bici, mettendo in campo costantemente il know-how maturato nel corso degli anni nella produzione di componenti per biciclette, e proponendo una costante innovazione tecnologica per riuscire a produrre selle, e non solo, che rispondano nel migliore dei modi alle esigenze dei propri clienti e che garantiscano il massimo comfort possibile anche al ciclista più esigente. Questa mission, che l’azienda persegue sin dal 1956, implica necessariamente una particolare attenzione anche e soprattutto al mondo che sta al di fuori del “Sistema Fabbrica”, da cui nasce la necessità di creare una costante relazione per poter supportare tutti gli stakeholder. Così facendo il valore del prodotto a marchio Selle Royal, già riconosciuto a livello internazionale per i suoi standard qualitativi superiori a qualsiasi altro competitor che opera in questo mercato, si consolida ulteriormente proprio grazie alla relazione che l’azienda è stata in grado di sviluppare con il Cliente. Selle Royal S.p.A. però non è solo business e produzione di massa. Lo slogan aziendale “Support Cyclists” vuole infatti ricoprire una vision di più ampio respiro che può essere tradotta nelle seguenti parole: “Supportare i ciclisti è il vero impegno quotidiano di Selle Royal. Sviluppiamo prodotti, servizi e progetti con profonda passione per il ciclismo. Selle Royal sta evolvendo come un brand capace di ascoltare, comprendere e anticipare i bisogni dei ciclisti, promuovendo uno stile di vita sempre più legato all'utilizzo della bicicletta. Tutto questo è supportare i ciclisti. Tutto questo è Selle Royal.” Il gruppo Selle Royal, grazie alla diversificazione che ha attuato nel corso degli anni, è attualmente attivo nella progettazione, produzione e commercializzazione di numerosi prodotti diversi: 73 Selle da bicicletta che rappresentano ancora oggi il core business dell’azienda, con più di 30 milioni di selle vendute all’anno; Accessori per ciclo ( seat-post, bar tape, wheels, crank, ….); prodotti di abbigliamento per l’utilizzo della bicicletta (borse, scarpe racing,….). Ad oggi il Gruppo Selle Royal, grazie anche ai numerosi brand entrati a far parte dell’organizzazione, è leader indiscussa nei seguenti segmenti di mercato: - Recreational - Racing - Lifestyle - MTB L’esercizio in esame, chiuso alla data del 30 giugno 2013, ha riportato un ricavo delle vendite pari a € 100,7 milioni, in crescita dell’1,3% rispetto ai € 99,5 milioni dell’esercizio precedente, con un utile netto di € 222.858, risultato che risente del continuo incremento del costo delle materie prime, +1,0%, rispetto al costo medio delle stesse registrato l’anno precedente, che segnava già un +2,8%. Nel corso del 2013, il settore del ciclo è infatti stato caratterizzato da dinamiche complesse che, in parte, hanno rallentato la crescita, dopo un periodo di sviluppo senza eguali nella storia recente. I fenomeni più salienti che hanno caratterizzato il settore nel corso dell’esercizio in oggetto possono essere così sintetizzati: un’offerta sempre più variegata e di qualità, con interessanti innovazioni di prodotto che hanno incontrato il favore dei consumatori; una predisposizione al consumo che si è ridotta sensibilmente soprattutto in taluni mercati maturi tradizionalmente rilevanti per i produttori di cicli e per Selle Royal (come Germania ed Olanda); un contesto legislativo di riferimento mutato con la cessazione, decretata dall’Unione Europea a fine Marzo 2012, delle misure protezionistiche (dazi anti-dumping) precedentemente 74 applicate sulle importazioni di selle per biciclette prodotte nella Repubblica Popolare Cinese. Il Gruppo Selle Royal S.p.A, forte di un brand portfolio di eccellenza, di una bilanciata ed efficace presenza globale tanto a livello produttivo che commerciale, nonché di una chiara visione delle dinamiche attuali e prospettiche, ha tuttavia saputo interpretare i fenomeni suddetti, anticipandoli e comunque adattandosi ad essi, limitando al 5,4% il calo delle vendite, rispetto a quello dell’8,5%, subito dal settore della bicicletta in Europa. 7.2 STORIA DEL GRUPPO SELLE ROYAL La storia di Selle Royal comincia a Rossano Veneto, il piccolo comune vicentino diventato quarant'anni fa la capitale mondiale della componentistica per biciclette, ma soprattutto delle selle. Il Dottor Riccardo Bigolin scelse sin da subito la strada della sella di qualità per il grande pubblico quando nel 1956, a Pozzoleone, diede vita ad un piccolo laboratorio, che inizialmente aveva il nome di “Feltrificio Bassanese”, fino a diventare oggi un marchio internazionale, grazie a una continua innovazione basata su ricerca, tecnologia e design avanzato: filosofia che ancora oggi guida l’intero Gruppo. Nel 1965 la società prese l’attuale denominazione sociale di Selle Royal S.p.A. dando così vita ad un marchio affermato a livello mondiale che ha oramai oltrepassato l’obiettivo dei trenta milioni di selle da bicicletta prodotte ogni anno comprendendo tutti i suoi brand. Ripercorrendo e analizzando la storia del Gruppo balza immediatamente all’occhio come essa possa essere frazionata in tre fondamentali steps successivi, ognuno dei quali appartenente ad un definito arco temporale. Queste tre fasi successive, che hanno progressivamente portato l’azienda a raggiungere il successo internazionale di cui gode oggigiorno, possono essere così etichettate: Lo sviluppo industriale L’espansione del mercato 75 La brand diversification Figura 7.1: Raffigurazione delle tappe storiche rilevanti del Gruppo Selle Royal (Fonte: “Materiale interno aziendale”) 7.3 LO SVILUPPO INDUSTRIALE La costante innovazione in termini di design e ricerca sui prodotti, ma anche in termini di sviluppo industriale come mezzo di supporto alla qualità e all’efficienza, sono stati indubbiamente i due principali driver che hanno caratterizzato i primi anni della storia del Gruppo Selle Royal. Nel corso degli anni ’70, anni in cui si è assistito ad uno scenario caratterizzato da una costante espansione del settore del ciclo, Selle Royal sviluppa e introduce nel mondo della sella un’innovativa tecnologia di produzione, caratterizzata dall’impiego di una schiuma a base di poliuretano integrale. Grazie a questa importante novità tecnologica, che garantisce un’elevata capacità produttiva e una qualità dei prodotti offerti assoluta, Selle Royal riesce a conquistare negli corso degli anni successivi l’incontrastata leadership di mercato. Con gli inizi degli anni ’80 il processo produttivo conosce una nuova e radicale trasformazione ed innovazione nell’ambito del segmento delle selle di gamma medio/alta, con la brevettazione del “Royal Vacuum System” (RVS), un sistema di 76 produzione automatizzato sotto vuoto che consente non solo di unire direttamente la sella alla schiuma, ma anche di realizzare in serie nuove forme e profili fino a quel momento impensabili utilizzando i metodi tradizionali. Come anticipato però la storia di Selle Royal fonda le sue radici e i suoi successi sulla continua innovazione tecnologica e sul design avanzato, garantiti da una ricerca capillare di nuovi materiali e tecniche produttive. Ed è proprio seguendo questa filosofia che negli anni ’90, in uno scenario che privilegia sempre di più il comfort, Selle Royal inizia ad utilizzare il gel nella produzione delle selle: tale sostanza è denominata Royalgel™ ed è stata brevettata da Bayer Material Science in Germania. Grazie ad un innovativo ed avanzato processo di produzione sotto vuoto il Royalgel™ viene iniettato, prima della schiumatura, tra il liquido poliuretanico (che diventerà schiuma) e la copertina della sella: si tratta di un gel viscoelastico che ha come caratteristica fondamentale l’isteresi, ovvero l’assorbimento degli shock con ritorno molto lento. Inoltre questo materiale ha tra i suoi principali punti di forza il fatto di non invecchiare, di non indurirsi e di non spostarsi, consentendo in tal modo al ciclista di percepire una sensazione di comfort superiore. Questo nuovo sistema di produzione ha permesso di ottenere tre principali vantaggi rispetto ai modelli prodotti fino a quel momento: selle più leggere del 20% rispetto alle altre selle normali della stessa categoria, grazie all'impiego di una schiuma meno pesante della schiuma integrale; selle sigillate al 100% con conseguente eliminazione dell'assorbimento di acqua; massimo livello di comfort garantito dalla speciale struttura tridimensionale che, secondo precisi test scientifici, permette di ridurre di circa il 40% la pressione sulla zona genitale ed ischiatica grazie ad una migliore distribuzione del peso sulla sella. 77 7.4 L’ESPANSIONE DEL MERCATO La continua evoluzione del mercato e le sempre più specifiche ed esigenti richieste provenienti dai consumatori hanno spinto, a partire dalla seconda metà degli anni ’90 e, più decisamente, nella prima parte degli anni 2000, il management del Gruppo a focalizzare le proprie strategie di sviluppo nell’individuazione e nello sviluppo di nuovi prodotti innovativi che potessero soddisfare non solo i bisogni delle diverse aree e segmenti di mercato che sempre più avevano cominciato a delinearsi, ma che tenessero anche in considerazione i bisogni diversi di uomini e donne - l’importanza dell’ergonomia della sella - assicurandosi che chiunque potesse andare in bici in totale comfort. L’obiettivo di Selle Royal è quindi quello di permettere a chiunque di scegliere la sella più adatta alla propria tipologia di uso della bicicletta. Ed è proprio per riuscire a raggiungere tale obiettivo, e rispondere quindi alle molteplici e diversificate esigenze dei propri clienti, che Selle Royal decide di promuovere la nascita di cinque linee di selle che si rivolgono alla fascia di mercato denominata “recreational” e che sposano un nuovo concetto di comfort nell’andare in bicicletta. Lookin: una linea che combina un design accattivante e la funzionalità e comodità di una sella appositamente progettata per chi usa la bicicletta per piacere. La sua caratteristica distintiva è la presenza di finestre centrali che permettono di vedere il Royalgel™, tecnologia principale di questa sella; Respiro: si tratta di una sella, per alcuni modelli handmade, molto innovativa, che grazie alla presenza di un canale di ventilazione e ad uno speciale materiale per la copertina, riduce il calore sulla sella, evitando dunque una cattiva traspirazione; Becoz: è la linea eco-friendly di Selle Royal. La principale tecnologia utilizzata si chiama Corkgel, una combinazione innovativa di gel poliuretanico 20% bio con sughero naturale, che dona un aspetto unico e naturale alla sella; Premium: linea di selle 100% sigillate utilizzando la tecnologia Royal Vacuum Light e il Royalgel™, che permettono un alleggerimento della sella e la riduzione della pressione sulla zona ischiatica; 78 Classic: la linea confortevole di selle iconiche realizzate prevalentemente con il Royalgel™. Nel 1996 viene creato il marchio fi’zi:k tramite il quale il Gruppo, in pochi anni, aggredisce e conquista una posizione leader nel settore “racing” e nei confronti del consumatore “enthusiast” con un posizionamento di mercato elevato. Così operando, negli anni 2000, Selle Royal diventa il primo produttore mondiale di selle per biciclette sia nei settori “recreational”, in cui opera prevalentemente con il marchio Selle Royal, sia nel settore “racing”, grazie alla presenza del nuovo marchio fi’zi:k. Il successo riscontrato sul mercato permette al management del Gruppo di adottare nuove scelte imprenditoriali che, in continuità con la scelta di operare per “Brand”, consentano di estendere la gamma dei prodotti esistenti e di avviare un concreto processo di internazionalizzazione. 7.5 BRAND DIVERSIFICATION I primi anni 2000 segnano l’inizio di una nuova era per il Gruppo Selle Royal, che apre una vera e propria fase di acquisizioni sul mercato internazionale. L’obiettivo primario di questa terza fase della storia del gruppo è principalmente quello di ampliare e supportare l’espansione geografica dell’azienda verso segmenti di mercato-prodotto diversi da quelli già occupati, attraverso l’acquisizione o la costituzione di accordi di joint venture con i principali brand che già vantavano un posizionamento di tutto rispetto nel mercato in cui operavano. Nel 2002, Selle Royal acquista Brooks England (UK), il più antico e rinomato marchio al mondo nel mercato delle selle da bicicletta. Brooks England, operante nel segmento di mercato denominato “lifestyle”, è sicuramente noto per la sua storica tradizione nella produzione di selle di cuoio tradizionali, ma anche per la realizzazione di ulteriori accessori quali borse per bicicletta e borse tradizionali in stile vintage, sempre caratterizzate dallo stile e dalla qualità che da più di cent’anni contraddistinguono questo storico brand. Quattro anni più tardi, nel 2006, per favorire ed incrementare la crescita delle vendite sul mercato statunitense, che presentava notevoli tassi potenziali di crescita, Selle 79 Royal costituisce Highway 2 (USA), una joint venture con la società Continental Tire North America (attiva prevalentemente nel settore dei copertoni da bicicletta) per la distribuzione diretta dei propri prodotti sul mercato statunitense. Nel 2008, Selle Royal acquista Crank Brothers (USA), società statunitense leader mondiale nel design di componenti e accessori d’alta gamma per mountain bike. Inizialmente dedicata alla produzione di soli pedali, Crank Brothers ha poi ampliato in modo esponenziale la sua offerta di prodotti, arrivando ad offrire sul mercato meravigliose ruote e manubri, e concentrando tutte le sue forze sul mondo della mountain bike, da cui ha fin da subito ottenuto risposte sempre molto positive da parte del pubblico di appassionati che, in particolar modo negli ultimi anni aumenta sempre di più, grazie soprattutto alla qualità dei prodotti proposti e alla miriade di piccole innovazioni che costantemente inserisce nei propri prodotti. Infine nel 2010, Selle Royal procede, per il tramite della società controllata Selle Royal Asia, all’acquisizione di una partecipazione di maggioranza nel capitale del Gruppo Justek (CINA), leader nella produzione di selle per il mercato cinese OEM (primo equipaggiamento) nel segmento “recreational”. Questa joint venture permette a Selle Royal di aumentare significativamente le sue quote di mercato in ambito internazionale, e garantisce all’azienda un migliore accesso e servizio nel mercato ciclistico del Far East, che rappresenta appunto una grande fetta del mercato globale di biciclette. Inoltre con questa mossa Selle Royal ha voluto promuovere e offrire a tutti i consumatori asiatici la stessa varietà di prodotti high-quality, lo stesso servizio e lo stesso sviluppo che Selle Royal era in grado di offrire in Europa, in Brasile e negli Stati Uniti; con questa acquisizione Selle Royal arriva oggi ad avere cinque plants produttivi situati nelle principali posizioni strategiche: uno in Italia, uno negli UK per rifornire il mercato Europeo, uno in Brasile per fornire servizi ai mercati Sud Americani e due stabilimenti in Cina, a Jiangyin e a Tianjin, che assicurano la copertura dell’intero mercato asiatico. Così operando il Gruppo Selle Royal ha raggiunto e oramai sfatato l’obiettivo dei trenta milioni di selle da bicicletta prodotte ogni anno, che corrisponde al 25% del mercato mondiale, con un organico medio che conta ad oggi circa 1200 persone, contro le precedenti 700. La Cina aggiungerà circa una quindicina di milioni di selle 80 l'anno ai 7 milioni che Selle Royal produce in Italia ed agli 8 che escono dalla fabbrica in Brasile, senza contare la nicchia delle 300mila selle l'anno, tutte rigorosamente in cuoio e lavorate a mano, che vengono realizzate in Inghilterra con il marchio Brooks. In figura 7.2 viene rappresentata la struttura del Gruppo alla data del 30 Giugno 2013, con l’indicazione delle percentuali di partecipazione. Tale struttura risulta modificata rispetto alla sua composizione al 30 Giugno 2012. Figura 7.2: Composizione societaria del Gruppo Selle Royal (Fonte: “Materiale interno aziendale”) In figura 7.3 invece è rappresentato l’organigramma dell’intero Gruppo Selle Royal S.p.A. Questo organigramma è suddiviso sulla base delle diverse società che, come si è visto sopra, compongono il Gruppo. Per ciascuna di esse si ha una struttura ordinata per funzioni, ossia la classica forma organizzativa in cui vengono raggruppate insieme tutte le persone che condividono discipline, skills e processi lavorativi simili. Come accade tipicamente per le strutture funzionali si può notare la presenza di alcune aree aziendali principali: amministrazione/finanza, acquisti, area qualità, ufficio tecnico, operations ed infine l’area commerciale. Come si può osservare dalla figura, tutta l’area commerciale, che comprende al suo interno anche l’ufficio marketing e comunicazione, a differenza delle altre funzioni aziendali prima 81 elencate, è suddivisa in due Business Unit separate: una prettamente dedicata a Fi’zi:k e l’altra dedicata invece a Selle Royal. Da notare infine come l’Area Sales Manager Aftermarket e Private Label si trovino all’interno di queste Business Unit, a differenza dell’OEM Sales Manager, che compone insieme all’OEM Junior Sales Manager la Business Unit dedicata al singolo canale di vendita dell’Original Equipment Manufacturer. Questo tipo di struttura è tipicamente adottata da quelle organizzazioni che hanno un core business predominante, e permette di ottenere due vantaggi principali, come la possibilità di sviluppare un elevato grado di specializzazione e conoscenza all’interno di ciascuna funzione, nonché la relativa facilità nel trasferire le risorse tra attività diverse appartenenti alla medesima funzione. 82 Figura 7.3.b: Organigramma di Brooks England (Fonte: “Materiale interno aziendale”) Figura 7.3.c: Organigramma di Crank Brothers (Fonte: “Materiale interno aziendale”) Figura 7.3.a: Organigramma di Selle Royal S.p.A (Fonte: “Materiale interno aziendale”) Figura 7.3.d: Organigramma di Justek (Fonte: “Materiale interno aziendale”) 83 84 8 ANALISI DELLA SITUAZIONE AS IS NELLA GESTIONE DEI PROGETTI DI SVILUPPO NUOVO PRODOTTO L’obiettivo di questo capitolo è quello di andare a comprendere qual era la situazione, prima che venisse introdotto il nuovo PMIS (AS IS), nella gestione dei progetti di sviluppo nuovo prodotto all’interno dello stabilimento italiano di Pozzoleone, focalizzando l’attenzione sulle modalità con cui i progetti venivano sviluppati, nonché sui ruoli e i principali compiti che gli enti interessati avevano all’interno del progetto. Prima di passare all’analisi vera e propria riguardante il flusso di gestione dello sviluppo di una nuova sella, segue una breve introduzione al contesto in cui questi progetti vengono eseguiti, esaminando la struttura organizzativa dell’azienda, le tipologie di nuovi prodotti e i principali canali utilizzati da Selle Royal per la vendita dei propri articoli. 85 8.1 STRUTTURA ORGANIZZATIVA PER LA GESTIONE DEI PROGETTI La struttura organizzativa che si occupa delle gestione dei progetti di sviluppo nuovo prodotto si concentra principalmente sul ruolo centrale del Dipartimento Tecnico, anche se, essendo un progetto end-to-end, che parte dall’idea iniziale di prodotto e termina con la mass production, interessa in maniera trasversale tutte le aree aziendali: Sales, Marketing, Acquisti, Ufficio Tecnico, Operations, Qualità, Controllo di Gestione, a cui vengono affiancate delle figure di staff dedicate full time alla gestione dell’intero portfolio di progetti sviluppati in Italia, come il Product Manager e il Project Controller. Trattandosi di sviluppo nuovo prodotto, come detto sopra, la principale funzione organizzativa coinvolta all’interno del processo è quella dell’ufficio tecnico, affiancato dal Product Manager, che come si vedrà ha un ruolo chiave all’interno dell’azienda. Perciò, per comprendere la struttura dedicata alla gestione di tali progetti, si propone in questo paragrafo un approfondimento sulle principali figure coinvolte. Dipartimento Tecnico: in un’ottica di sviluppo del prodotto finito, l’area tecnica svolge il compito fondamentale di verificare e valutare, dopo un’attenta analisi, la fattibilità tecnica e tecnologica, nonché gli investimenti e le previsioni di costo dei prodotti da realizzare, definendo, in team con la Qualità, gli Acquisti e la Produzione, gli obiettivi e le risorse necessarie a completare con successo il progetto. All’interno di quest’area si trova inoltre una figura il cui compito è quello di pianificare le attività di sviluppo (in realtà, come verrà analizzato più avanti, per mancanza di strumenti non è mai riuscita ad eseguire una vera e propria pianificazione) e di gestire la corretta attribuzione dei costi e degli investimenti, così da controllare lo stato di avanzamento del progetto, i suoi scostamenti e le azioni correttive da mettere in atto per rispettare le deadline imposte. Senza entrare nel merito delle numerose persone che lavorano alla progettazione del prodotto e alla sua industrializzazione, all’interno dell’ufficio tecnico, si possono identificare due figure chiave nella gestione del progetto: 86 Product Developer: grazie alle specifiche competenze maturate, lavora in stretta collaborazione con il Product Manager per la definizione dei contenuti di prodotto e delle gamme, finalizzati all’amplificazione dei valori che caratterizzano il brand. Il Product Developer ha la responsabilità di coordinare la definizione delle proposte grafiche e le finiture dei prodotti relazionandosi, per l’approvazione, con lo Stile e con il Product Manager. Inoltre, dal momento che una buona parte delle attività di sviluppo del prodotto sono date in outsourcing, collabora con l’Ufficio Acquisti e con il Controllo Qualità nella scelta ed assegnazione dei fornitori di riferimento per il raggiungimento dei target definiti; Program Manager: si tratta di una funzione di staff che collabora nella gestione delle attività dell’area tecnica. Questa figura ha innanzitutto la responsabilità di curare l’integrazione logistica, per garantire la disponibilità dei materiali e di supportare la definizione della distinta tecnica del nuovo prodotto; da questo punto di vista quella del Program Manager è dunque una funzione di supporto al Project Leader, che altrimenti si appesantirebbe di una serie di attività non a valore aggiunto, che finirebbero per rallentare l’avanzamento del progetto stesso. Un secondo compito del Program Manager consiste nella simulazione del costo del prodotto finito, effettuata a partire da componenti con caratteristiche tecniche analoghe a quelli che costituiscono il prodotto che si sta andando a sviluppare. Il terzo ed ultimo incarico in capo al Program Manager doveva essere la pianificazione ed il controllo dei progetti, attività che però, prima dell’acquisto di AtTask, non è mai stata svolta sia per mancanza di strumenti, sia per l’inconsistenza della cultura aziendale sui temi del Project Management. Area Qualità: quest’area ha il compito primario di verificare la conformità strutturale e chimica dei prodotti sulla base dei requisiti di legge e di omologazione, che vengono definiti in relazione alle normative internazionali e agli obiettivi di prodotto che si vogliono soddisfare. Il quality inspector, in particolare, si pone nei rapporti con i fornitori esterni come presidio della qualità e 87 dei processi durante lo sviluppo del prodotto, per garantire il raggiungimento e il mantenimento degli standard di omologazione che vengono definiti dal quality manager, che ha appunto il compito di assicurare la corretta definizione dei criteri per l’omologazione di fornitori, materiali e prodotti. Product Manager: questa figura all’interno dell’azienda ha il compito di analizzare il posizionamento del brand all’interno del mercato, e capire dove il brand che egli rappresenta deve essere follower e dove invece essere leader. Durante questo studio il Product Manager individua tutti i principali competitor che operano nello stesso segmento di mercato e gli eventuali “buchi” da andare ad aggredire. Per riuscire a prendere delle decisioni corrette, in merito al tipo e alla variabilità di prodotto da immettere nel mercato e al canale di vendita in cui vendere il prodotto (da notare che comunque un prodotto può essere venduto anche su più di un canale), sono necessarie considerevoli competenze tecnicocommerciali. Deve infatti essere un tecnico per riuscire a spiegare, con un linguaggio specifico e puntuale, quali sono i requisiti che vuole soddisfare, ma anche un commerciale per riuscire a vedere tutte le opportunità di mercato, impostando una strategia a medio-lungo termine che permetta di far crescere il fatturato dell’azienda. Project Controller: il Project Controller verifica l’avanzamento dei progetti in relazione al planning, agli investimenti ed ai costi, pianificando gli incontri di design review gestionali di tutti i progetti appartenenti al portfolio di Selle Royal: si tratta quindi di quello che in letteratura è stato chiamato Project Portfolio Manager. Essa ha inoltre la responsabilità di chiudere la distinta base definitiva per assicurare il benestare da dare alla produzione. All’interno dell’organizzazione è dunque possibile identificare la presenza di una sorta di Project Management Office, composto in modo pressoché esclusivo dal Program Manager, che si occupa, in maniera abbastanza destrutturata, di elaborare la documentazione ed in alcuni rari casi di pianificare i progetti con l’aiuto di “Microsoft Project”. In aggiunta al Program Manager, come visto sopra, vi è il Project Controller che, oltre ad occuparsi di controllare i costi del progetto, e a seguire alcune 88 fasi importanti legate all’anagrafica, ha anche il compito di controllare l’avanzamento dei progetti appartenenti al portfolio, assicurando il rispetto delle richieste provenienti dal Product Manager. Si osserva dunque come al giorno d’oggi sia totale l’assenza di un Project Manager che pianifichi con regolarità i numerosi progetti che vengono sviluppati e ne monitori ripetutamente l’avanzamento, prendendosi la responsabilità degli eventuali ritardi intervenuti nel corso del progetto, e che abbia la leadership di annullare un progetto per garantire una maggiore concentrazione di risorse in progetti più redditizi per l’azienda. 8.2 IL CONTESTO DEI PROGETTI DI SVILUPPO NUOVO PRODOTTO 8.2.1 Classificazione dei progetti in Selle Royal S.p.A Nel precedente paragrafo è stata descritta la struttura organizzativa che si occupa della gestione dei molteplici progetti sviluppati in Selle Royal; qui invece si approfondiscono i criteri di classificazione adottati, descrivendo, per ciascuna delle tipologie individuate, le principali differenze in termini di esecuzione. Per classificare i progetti di sviluppo nuovo prodotto che vengono eseguiti in Selle Royal è stata adottata una categorizzazione basata principalmente sul grado di difficoltà che ciascuno di essi richiede nelle attività di progettazione e industrializzazione del nuovo articolo. Sulla base di questi criteri di complessità si individuano tre categorie principali, al cui interno vengono raggruppati tutti i modelli sviluppati, che fanno riferimento non solo al mondo della sella, che ovviamente rappresenta il core business dell’azienda, ma anche a tutto il mondo degli accessori per la bicicletta, che comprende articoli come le manopole, le borsette da bicicletta e le lucette di illuminazione, ossia i cosiddetti commercializzati. Le classi di prodotto a cui ci si riferisce sono state così definite: PNP: si tratta di un acronimo che identifica la “proposta di un nuovo prodotto” per cui si rende necessaria l’apertura di un nuovo progetto, che richiederà uno studio di fattibilità di quanto richiesto nel documento ufficiale che descrive il concept di prodotto (documento chiamato brief) e delle 89 conseguenti attività di progettazione e creazione degli stampi ad iniezione (per il feltro o per le protezioni che compongono la parte strutturale della sella) e di schiumatura, necessario per ottenere un semilavorato derivante dall’unione di un feltro con la copertina. Questa macro categoria viene ulteriormente scomposta in quattro ulteriori classi di prodotto a seconda del fatto che quanto richiesto preveda solamente un nuovo shape della parte superiore della schiumatura, oppure la presenza o meno del gel, che implica a sua volta un cambiamento di tecnologia per la realizzazione dello schiumato: PNP 1: nel caso di una PNP 1 la sella da sviluppare necessita dello sviluppo e della creazione di un nuovo stampo di iniezione che dà vita ad un nuovo feltro plastico, il quale deve essere sottoposto a delle prove di laboratorio per verificare la sua conformità alle normative vigenti; PNP 2: in presenza di una proposta nuovo prodotto di questo secondo tipo ci si trova di fronte all’esigenza di progettare esclusivamente un nuovo stampo di schiumatura, in quanto la richiesta prevede il semplice cambiamento della forma dello schiumato. Questa PNP non necessita dunque di un nuovo stampo di iniezione poiché, per quanto riguarda la parte strutturale della sella, si sfruttano feltro e forchetta esistenti; PNP 3: una tipica caratteristica delle selle prodotte da Selle Royal S.p.a è la presenza addizionale del Royalgel (materiale brevettato da Bayer Material Science in Germania, e che Selle Royal per prima ha utilizzato per la produzione di selle), che si va ad aggiungere tra il liquido poliuretanico e la copertina della sella, assicurando una superiore sensazione di comfort per il ciclista. Tipicamente si apre una PNP 3 ogniqualvolta si voglia aggiungere al liquido poliuretanico il Royalgel, il che non implica la necessità di creare un nuovo stampo di schiumatura, ma ne richiede comunque un collaudo per verificare il suo corretto funzionamento; 90 PNP 4: con questo acronimo si fa invece riferimento ai progetti che vengono avviati per sviluppare nuovi accessori che, come ricordato prima, potrebbero essere manopole, borsette, lucette ed altri tipi di complemento, e che sono tradizionalmente conosciuti come commercializzati. A tal proposito un’importante decisione che è stata presa riguarda il fatto di realizzare, ogni volta che viene richiesto lo sviluppo di un nuovo prodotto, una versione base, con le caratteristiche più neutre ed economiche possibili – come ad esempio l’utilizzo di una semplice copertina nera, della forchetta in acciaio e delle plastiche nere per il feltro e le protezioni – in modo da minimizzare i costi legati a tali attività nella fase iniziale di sviluppo del prodotto. In questo modo si ottiene la versione 00 del nuovo modello, che può poi essere personalizzata con nuove grafiche in modo da ottenere l’ampia varietà di versioni richieste. Da notare inoltre che nella maggior parte dei casi questa versione base non viene nemmeno messa in produzione, proprio perché la sua ragione d’esistere è strettamente legata alla necessità di minimizzare i costi e i tempi di gestione del processo di sviluppo del prodotto che è stato richiesto. PROGETTO (CORRELAZIONE DIFFICILE): questa seconda classe di progetti fa invece riferimento al caso in cui il Product Manager, il Business Unit Manager o addirittura il cliente stesso emetta una particolare richiesta di personalizzazione di un modello esistente, in termini di grafica da progettare sulla copertina della sella e/o di un nuovo materiale con cui realizzare la copertina, che comporta di conseguenza una modifica della distinta base, nonché una serie di attività con fornitori esterni e/o interni con relativi costi di realizzazione e benestare estetico o di packaging. CORRELAZIONE SEMPLICE: l’ultima categoria di progetti che si può avere prende il nome di “correlazione”. Si tratta della situazione in cui, a seguito della richiesta di un singolo cliente, è necessario modificare una distinta base esistente, aggiungendo o togliendo componenti già codificati e/o da codificare, per cui, al contrario del caso precedente, si possono 91 immediatamente consegnare dei campioni dimostrativi al cliente che lo richiede, senza la necessità né del benestare strutturale né del benestare chimico. Queste due ultime categorie sono state introdotte principalmente per gestire le personalizzazioni di prodotto che potrebbero essere richieste e che portano a creare un codice prodotto finito univoco, relativo ad una nuova versione di un modello precedentemente sviluppato. Secondo alcuni dati che sono stati raccolti, ogni anno in Italia vengono sviluppate in media circa 90 nuovi prodotti tra PNP 1, PNP 2 e PNP 4, contro i 70 sviluppati nello stabilimento cinese di Jiangyin, oltre ad un numero elevatissimo di correlazioni, che sfiora ad oggi le 2000 versioni all’anno. Come verrà esaminato più avanti nel corso dell’elaborato, proprio questi grandi volumi di PNP, che ogni anno vengono ideate, sono una delle cause principali dei continui ritardi della loro messa in produzione, con il risultato che ci si trova molto spesso a dover spostare il prodotto alla gamma successiva, perdendo la possibilità di generare un incremento di fatturato. 8.2.2 Distribuzione commerciale: i canali di vendita Con il termine distribuzione commerciale ci si riferisce allo strumento attraverso il quale le aziende produttrici e distributrici immettono sul mercato i propri beni e servizi per renderli disponibili e usufruibili dal consumatore per l’uso. Il canale di distribuzione invece, è il percorso che il bene segue nel suo trasferimento dal produttore al consumatore finale, ed è costituito da una serie di stadi, in ciascuno dei quali avviene un passaggio del titolo di proprietà. Il canale di distribuzione di un prodotto termina in corrispondenza dell’ultima persona o dell’ultima azienda che lo acquista senza apportarne alcuna modifica significativa. Nel momento in cui vengono effettuate delle modifiche sul bene in questione, fino a trasformarlo in un nuovo prodotto, da quel punto inizia un nuovo canale di distribuzione. Il Gruppo Selle Royal S.p.A, proprietario di numerosi brand, tra cui ricordiamo in particolare Fizik, Brooks e Selle Royal, per la distribuzione dei suoi prodotti 92 usufruisce di quattro principali canali di vendita indiretti, che gli permettono una presenza a livello internazionale nei segmenti Recreational, Racing, Lifestyle e MTB. Ovviamente a seconda del canale cui il prodotto è destinato si valutano, in fase di progettazione, i materiali da utilizzare e il livello di qualità da soddisfare per la specifica situazione; in particolar modo queste scelte sono di fondamentale importanza a seconda che la sella sia destinata all’AM/OEM piuttosto che al Mass Market, in quanto i relativi prezzi di vendita sono alquanto diversi, così come, lo sono di conseguenza anche i target cost da rispettare. Questi canali di vendita possono essere così brevemente descritti: OEM è l’acronimo dell’espressione inglese “Original Equipment Manufacturer”, letteralmente “produttore di apparecchiature originali”: le selle e gli accessori che vengono venduti tramite questo primo canale di distribuzione fanno riferimento a tutti i prodotti che vengono montati direttamente dalla casa produttrice come componenti di una bicicletta finita. Questo canale riflette dunque il caso in cui i prodotti con brand Selle Royal, piuttosto che Fizik o Brooks, vengono incorporati come componenti di un prodotto che viene realizzato da un’altra azienda e venduto con il nome del brand di quest’ultima. Da osservare che qualsiasi articolo destinato all’OEM potrà avere stampato il logo SR sul feltro e sulla copertina, ma, al contrario dell’After Market, non richiederà alcun tipo di packaging, se non un semplice contenitore in nylon, proprio perché invece di essere esposto in un negozio viene montato direttamente sulla bicicletta. L’After Market (AM) è il secondo grande canale di vendita attraverso cui vengono venduti gli articoli sviluppati dal gruppo. Esso si distingue dall’OEM in quanto i prodotti distribuiti tramite quest’altro mezzo vengono tipicamente acquistati stand alone, per essere poi montati in un secondo momento sulla bici. A differenza del caso precedente i destinatari della merce non saranno più i produttori di biciclette, bensì i dealer, che esporranno l’intera gamma di prodotti proposta su degli appositi pannelli espositivi. Inoltre, come accadeva anche per l’OEM, su ciascun finished product si porrà in 93 evidenza il logo del brand di proprietà cui la sella o l’accessorio appartiene, ma contrariamente a quanto definito per l’OEM, sarà necessario progettare per ciascun articolo un opportuno packaging branded SR, che verrà appunto utilizzato per esporre l’intera gamma nei led posizionati nei negozi dei clienti. Private Label (PL): sotto la divisione After Market si trova il terzo canale di distribuzione, conosciuto come Private Label, espressione usata per indicare i prodotti o servizi solitamente realizzati o forniti da società terze (fornitore di marca industriale o terzista vera e propria) e venduti con il marchio della società che vende/offre il prodotto/servizio (distributore). Le Private Label nascono con lo scopo di offrire al cliente consumatore un’alternativa alla marca industriale, pur mantenendo lo stesso livello di qualità, ma con un prezzo inferiore, data l’assenza del costo di marketing tipico dell’industria di marca. Attualmente la Private Label è un uno degli asset fondamentali di quasi ogni distributore moderno sia commercialmente, che per declinare le proprie politiche di marketing. Mass market: si tratta del quarto ed ultimo canale di cui si serve Selle Royal per la distribuzione dei propri prodotti. Il Mass Market, come dice il termine stesso, riguarda i prodotti che vengono venduti in volumi molto elevati e ad un target molto ampio ed eterogeneo di consumatori. A causa dell’enorme variabilità dei bisogni dei clienti che si servono tramite questo canale, risulta difficile raggiungere ciascun consumatore finale, perciò risulterà fondamentale suddividere il mercato in una serie di segmenti aventi le medesime esigenze. Le caratteristiche che permettono di differenziare il mass market dagli altri canali prima descritti sono l’ottimo rapporto qualità-prezzo e l’elevata reperibilità dei prodotti che, nel caso specifico di Selle Royal, potranno essere trovati in numerosi supermarket con brand SR e, così come per l’AM, con un packaging dedicato che ne riporta il nome del brand. 94 Figura 8.1: Rappresentazione dei canali di distribuzione in Selle Royal S.p.A (Fonte: “Documento interno aziendale”) 8.3 IL PROCESSO DI SVILUPPO NUOVO PRODOTTO: ANALISI AS IS Adesso che è chiaro il contesto in cui si inseriscono i progetti di sviluppo nuovo prodotto, è possibile analizzare le modalità di gestione adottate da Selle Royal prima che iniziasse il percorso di riorganizzazione aziendale, che verrà approfondito nel prossimo capitolo. Il processo di sviluppo su cui si focalizzerà l’attenzione durante il corso dell’intero elaborato fa riferimento ai soli progetti relativi alla nascita di selle con brand Selle Royal o Private Label. Dalla trattazione verrà quindi esclusa la categoria dei commercializzati, a cui appartengono prodotti come le lucette e le borsette che vengono tipicamente collegate alla sella attraverso un apposito sistema di fissaggio chiamato Integrated Clip System (ICS), che vengono realizzate in outsourcing. Questa scelta risiede nel fatto che per la categoria dei commercializzati, come già precisato, non vi è pressoché alcuna attività interna, perciò risulta maggiormente utile ai fini della tesi, concentrare l’attenzione sul core business dell’azienda, che presenta al suo interno delle complicate logiche di gestione. Come accennato nella parte introduttiva di questo lavoro, con il passare del tempo sta aumentando sempre di più il numero di nuovi prodotti il cui modello di stile e la 95 cui progettazione vengono seguiti qua in Italia, per essere poi industrializzati e direttamente commercializzati nel mercato del Far East. Nonostante questa tendenza, nel prossimo paragrafo, seguirà un’analisi dettagliata di come venivano gestiti i progetti interamente sviluppati in Italia prima dell’introduzione di AtTask, per poi fare una breve digressione su come veniva gestito lo sviluppo di un prodotto, sempre con brand Selle Royal o Private Label indistintamente, che prevede l’esecuzione della maggior parte delle attività richieste nello stabilimento presente in Cina, appartenente sempre al gruppo Selle Royal S.p.A. 8.3.1 Analisi critica delle modalità AS IS di gestione delle Proposte Nuovo Prodotto Lo sviluppo di un nuovo prodotto in Selle Royal viene considerato come un progetto a sé stante, con un obiettivo preciso ed unico, essendo diverso da qualsiasi altro processo di sviluppo; esso rispecchia dunque tutte le caratteristiche che definiscono correttamente un progetto: unicità e irripetibilità in termini di tempi, costi, risorse, vincoli da rispettare e qualità che si vuole raggiungere. Proprio per queste caratteristiche intrinseche il processo in questione merita una gestione dedicata in termini di coordinamento del progetto. La fase che precede l’apertura vera e propria del progetto riguarda lo studio del mercato in cui il nuovo prodotto va ad inserirsi, nonché una definizione preliminare delle caratteristiche estetico-funzionali che deve soddisfare per riuscire a raggiungere gli obiettivi che l’azienda si è prefissata. Per quanto concerne il primo punto il Product Manager (PM), in collaborazione con il Business Unit Manager (BUM), analizza il mercato di riferimento in termini di volumi di vendita, prezzi medi e principali players, effettuando un’analisi comparativa dei prodotti presenti nel mercato, che permetta di raccogliere tutte le informazioni necessarie per posizionare il prodotto nel segmento corretto. Per riuscire a proporre un articolo di successo è fondamentale per il PM riuscire a incrociare la visione del mercato con quelli che sono i valori che caratterizzano il brand (brand identity), con l’obiettivo non solo di 96 soddisfare i propri clienti, ma di sorprenderli con innovazioni che permettano di incrementare la redditività del gruppo e di presidiare specifiche quote di mercato, sulla base di quanto definito nella strategia aziendale. Ovviamente, per raggiungere questo traguardo, ci deve essere uno scambio reciproco di competenze tra il Product Developer e il Product Manager. Il primo, in particolare, ha il compito di condividere tutte le informazioni riguardanti nuove tecnologie e/o nuovi processi, che vengono poi sfruttate dal Product Manager per proporre un prodotto che contenga al suo interno i nuovi concetti studiati. Questo primo step rappresenta dunque la fase di raccolta delle idee innovative, che possono scaturire da persone appartenenti ad aree diverse e con diverse modalità di azione. Una volta completata questa fase iniziale di analisi del prodotto e del mercato, si tratta di andare a formalizzare nel “brief” tutte le decisioni che sono state prese a seguito dell’analisi. Il brief è infatti il documento ufficiale in cui vengono riportate tutte le variabili necessarie per poter procedere con lo sviluppo di quanto richiesto. Al suo interno vengono dunque razionalizzate tutte le informazioni di mercato, di estetica e di prodotto, nonché una descrizione del posizionamento nel mercato e dei bisogni del cliente che il prodotto si propone di soddisfare, specificando in particolar modo gli obiettivi di tempo, il target di costo (target cost) e il target di prezzo (target price) a cui lo si vuole vendere, aspetti fondamentali per riuscire a valutarne la fattibilità secondo le specifiche richieste. Nonostante nel corso degli anni siano già stati compiuti dei passi in avanti – fino a qualche anno fa l’idea di sviluppare un nuovo articolo non era nemmeno accompagnata da un documento ufficiale, ma il contenuto veniva definito mano a mano che il progetto avanzava – tutt’oggi si riscontrano delle mancanze che portano ad una gestione inefficace del progetto. Ad esempio la tendenza a tralasciare, perché sottovalutate, alcune informazioni fondamentali che permetterebbero all’ufficio tecnico di valutare in maniera precisa come procedere allo sviluppo del prodotto e quali strategie adottare per minimizzarne tempistiche e costi associati. Compilare il brief infatti non serve solo a formalizzare i desiderata che si vogliono raggiungere, ma anche a capire il motivo per cui si fanno determinate richieste, ed evitare dunque che con il passare del tempo esse subiscano delle eccessive modifiche che stravolgerebbero il progetto. Proprio la mancanza di informazioni e i continui 97 ripensamenti in corso d’opera sono due dei grandi problemi riscontrati all’interno di Selle Royal: non si è infatti consapevoli che ogni cambiamento può comportare, oltre alla necessità di ripetere nuovamente alcune attività, con conseguente allungamento dei tempi di rilascio del prodotto definitivo e il rischio di non riuscire più a rispettare le deadline imposte, anche ad un innalzamento delle spese sostenute per sviluppare il prodotto, come si può vedere in figura 8.2 che riporta i cost of changes secondo Ambler (2004). Figura 8.2: Cost of changes (Fonte: Scott W. Ambler, The Object Primer: Agile Model-Driven Development with UML 2.0) A questo punto, nonostante l’incompletezza del brief consegnato dal Product Manager, il Project Controller apre la PNP proposta all’interno del Lotus Notes, il sistema informativo utilizzato per gestire l’intero portfolio prima dell’introduzione di AtTask, ufficializzando attraverso l’invio di una e-mail l’inizio del progetto di sviluppo del nuovo prodotto. Alla sua apertura in Lotus il Project Controller ha inoltre il compito di classificare fin da subito, senza aver visto un modello di stile e sulla sola base delle indicazioni che gli erano state fornite, di che tipo di PNP si tratta. Ovviamente questo modo di procedere è molto rischioso, in quanto a seconda del 98 tipo di PNP le tempistiche di sviluppo e gli investimenti associati sono notevolmente diversi, quindi classificandoli in modo approssimativo si possono creare delle illusioni che poi, in un secondo momento, ci si accorge di non poter mantenere e dover dunque attendere la gamma successiva per il lancio del nuovo prodotto, con conseguente perdita di fatturato. L’apertura del progetto, ottenuta a seguito dell’ufficializzazione e dell’approvazione del brief da parte dei vari “attori” del brand e del Product Manager, in cui viene esposta l’idea di prodotto, consente ai designer di sviluppare il modello di stile, a partire dal quale vengono fatte considerazioni estetiche sul prodotto che si desidera ottenere. Solamente una volta che il modello viene approvato esteticamente il Product Developer può dare l’avvio allo studio di fattibilità. L’ufficio tecnico con l’analisi di fattibilità ha il compito di individuare soluzioni tecniche e tecnologiche che favoriscano lo sviluppo delle idee e di valutare il raggiungimento delle performance, stabilendo, in collaborazione con la Qualità, le criticità, i criteri di omologazione ed i fattori innovativi. L’analisi di fattibilità può essere scomposta in tre sottofasi principali, che portano alla validazione del progetto e quindi alla decisione di procedere nei tempi e nei costi definiti: 1. Verifica e definizione della fattibilità tecnica e del processo: in questa fase il Product Developer definisce le tecnologie delle singole parti e le potenziali criticità che si potrebbero riscontrare, verificando la disponibilità off the shelf di tecnologie e materiali per la realizzazione del nuovo prodotto. In questa prima parte dello studio di fattibilità, a partire dalla scansione del modello di stile, viene ipotizzata una prima progettazione del prodotto finito cui fa seguito la realizzazione del prototipo STL. Quest’ultimo viene utilizzato, dal Product Manager e dal Product Developer, per capire se quanto è effettivamente realizzabile (in fase di progettazione possono essere apportate delle correzioni che modificano leggermente la forma della sella) può essere accettato confrontandolo con l’obiettivo cui si desidera tendere il più possibile, rappresentato dal mock up. Come è stato detto poco sopra è molto rischioso che nella fase di apertura del progetto, dopo aver visionato solamente il brief, 99 il Project Controller si prenda immediatamente la responsabilità di classificare il progetto. Risulta perciò evidente come un progetto possa essere correttamente classificato solamente a valle di questa prima parte dello studio di fattibilità, al termine del quale si dispone di un’analisi puntuale del prodotto richiesto, sufficiente per evidenziare eventuali criticità e/o fattori di innovazione che potrebbero richiedere delle attività di ricerca impensabili in fase di apertura del progetto, o comunque la necessità di svolgere delle attività che non si pensava di dover eseguire al momento della presentazione del brief. 2. Investment Analysis e Cost Analysis: in questa fase il Product Developer effettua una prima ipotesi dei tempi e dei costi di sviluppo dell’intero progetto. Il concept di prodotto viene dunque completato con le valutazioni di investimenti, spese e consulenze, con il contributo delle varie funzioni aziendali: la Produzione che viene coinvolta nella definizione delle tecnologie di processo (MAKE), gli Acquisti per la determinazione dei costi di acquisto dei materiali nel caso di componenti/operazioni acquistate da fornitori esterni (BUY) ed infine il Controllo di Gestione. Durante lo studio di fattibilità l’ufficio tecnico si occupa di effettuare una stima degli investimenti che il progetto in questione prevede, entrando in alcuni casi anche nel dettaglio delle principali fasi in cui esso si articola (spese previste per la progettazione, per la realizzazione degli stampi ad iniezione del feltro, delle protezioni e degli inserti, così come per gli stampi di schiumatura). É chiaro che per poter effettuare una previsione sufficientemente puntuale di quanto si dovrà spendere per la realizzazione del nuovo modello è fondamentale disporre di una definizione completa delle specifiche richieste pervenute dal Product Manager. Solamente nel momento in cui si dispone di informazioni chiare e precise, il Product Developer è in grado di effettuare una progettazione preliminare del prodotto, da cui si ricavano le informazioni fondamentali che permettono appunto di effettuare la stima degli investimenti necessari. Tuttavia l’importanza dell’analisi degli investimenti, in Selle Royal, è ancora un tema abbastanza sottovalutato, e il 100 risultato di questo studio al giorno d’oggi rimane semplicemente un numero fine a se stesso, non venendo utilizzato per effettuare alcun tipo di considerazione strategica. A partire dalla conoscenza di quanto risultato da tale ricerca, e da altri dati che dovrebbero essere presentati nel brief – come le previsioni di vendita, il target cost (C1) e il selling price - sarebbe opportuno a questo punto calcolare il ROI (Return on Investment) di ciascun nuovo progetto, in modo tale da definire un ordine di priorità ed eventualmente bloccare sul nascere le iniziative che presentano un valore negativo. Come è stato detto però questo tipo di approfondimento non è mai stato effettuato, con il rischio di allocare risorse economiche e forza lavoro su progetti di secondaria importanza, rallentando, e in alcuni casi anche bloccando, iniziative ben più remunerative (problema che peraltro si riscontra abitualmente). Comunque sia, nonostante l’importanza dell’analisi degli investimenti per il calcolo del ROI, negli anni è stato osservato come un errore nella valutazione di questo parametro non fosse così significativo per l’economicità del progetto; ragion per cui non si è mai sentita l’esigenza di effettuare alcun tipo di controllo puntuale di conformità rispetto al budget, limitandosi a consuntivare, al termine del progetto, ciò che era stato previsto di spendere, rispetto a quanto era stato effettivamente speso. Ben più sentito è invece il tema del costo del prodotto, in quanto questo valore presenta forti implicazioni sul posizionamento che il bene deve andare ad occupare all’interno del mercato. Quest’analisi può essere effettuata solamente una volta che è stata completata la progettazione preliminare della sella eseguita durante lo studio di fattibilità. Al termine di questa attività infatti si conoscono delle informazioni fondamentali (come i materiali da utilizzare, i volumi del prodotto e la durata del ciclo), a partire dalle quali, per analogia con componenti precedentemente utilizzati in selle esistenti, è possibile stimare il costo del prodotto finito, e confrontarlo con il target cost riportato nel brief. È chiaro che man mano che si procede con lo sviluppo del prodotto i costi sostenuti vengono monitorati, e, nel caso in cui questi eccedano il target cost, il 101 Prodcut Developer e il Product Manager si incontrano per definire eventuali modifiche alle specifiche del prodotto (in termini di tecnologia, materiali ed eventuali accessori) in modo da riuscire a trovare un compromesso per rispettare il C1 richiesto. 3. Time Analysis: il quarto ed ultimo fattore che viene valutato durante lo studio di fattibilità riguarda le tempistiche richieste per lo sviluppo del prodotto. Nel corso degli anni il Program Manager, affiancato dal Product Developer, ha elaborato dei fogli Excel in cui sono stati riportati i timing generici per lo sviluppo di nuovi prodotti, individuando delle tempistiche specifiche per ciascuna categoria di progetto, sia essa una PNP 1, una PNP 2 o un progetto per lo sviluppo di una nuova grafica. L’obiettivo di questo calendario è quello di condividere con l’intero team la durata standard del flusso di processo, in modo tale da rendere evidente la scadenza entro cui il modello di stile (che rappresenta un’attività critica) deve essere consegnato per rimanere in linea con le tempistiche stimate. Inoltre è stato creato un Gantt “standard” in cui sono state riportate le macrofasi critiche in cui si articola il progetto. Questo strumento viene utilizzato dal Product Developer per aver chiaro quali attività possono essere eseguite in parallelo con altre, e per fornire al team un’indicazione delle date entro cui le principali fasi devono terminare per non ritardare il progetto. Nonostante l’utilità di tali informazioni, non si tratta però di una vera e propria pianificazione dettagliata di tutte le attività che è necessario rispettare per arrivare al prodotto finito, ma fornisce solo un’idea generale del flusso standard da adottare, con le rispettive deadline, senza però chiarire l’eventuale presenza di ritardi. Anche lo stesso Lotus Notes, come si può vedere in figura 8.3, presenta dei semplici pallini colorati che forniscono un’indicazione sullo stato della fase in questione (aperta, chiusa o annullata), senza però chiarire, a chiunque lo guardi, se si sono accumulati dei ritardi tali da impedire di inserire nella nuova gamma il prodotto desiderato. L’assenza di uno strumento adeguato ed efficace ha quindi portato a dover rinunciare a qualsiasi tipo di attività di pianificazione - se non per i progetti più complessi, 102 per i quali si realizzavano dei Gantt personalizzati con Microsoft Project – il che porta, come vedremo nei prossimi paragrafi, ad accorgersi troppo tardi dei ritardi maturati, costringendo le persone coinvolte a continue attività di “pompieraggio” per recuperare il tempo perso. Figura 8.3: Rappresentazione della scermata del Lotus Notes (Fonte: “Materiale interno aziendale”) Nella maggior parte dei casi, nonostante l’assenza di informazioni indispensabili, e i conseguenti studi di fattibilità in un certo senso deficitari, si procede ugualmente con lo sviluppo del prodotto in questione, con il rischio che, a progetto già inoltrato, la strada intrapresa subisca un’improvvisa deviazione, dovuta allo stravolgimento di decisioni precedentemente concordate (un esempio è il cambio di tecnologia per la realizzazione della schiumatura della sella), con inevitabili ritardi nella presentazione del prodotto ai propri clienti. Al termine dell’analisi di fattibilità si procede poi con le successive attività di prototipazione, attrezzaggio, campionatura e test, al termine del quale si avvia la fase di mass production e chiusura contabile del progetto. In figura 8.4 è riportato uno schema riassuntivo delle principali fasi che compongono l’intero processo di sviluppo nuovo prodotto, dalla raccolta delle idee, fino alla messa in produzione della nuova sella industrializzata. 103 Figura 8.4: Rappresentazione del processo seguito per lo sviluppo di una nuova sella (Fonte: “Materiale interno aziendale”) 8.3.2 Analisi critica delle modalità AS IS di gestione delle “correlazioni” e dei “progetti” Come visto nel paragrafo dedicato alla classificazione dei progetti adottata in Selle Royal, le PNP si differenziano dai “progetti” e dalle “correlazioni semplici” per il grado di difficoltà legato alle attività di progettazione e industrializzazione del nuovo prodotto. Ed è proprio grazie alla minore complessità che, per le ultime due categorie, vengono adottate delle procedure di gestione semplificate rispetto a quanto descritto nel paragrafo precedente per le più articolate PNP. “Correlazione”: qualora venga richiesta una versione particolare di un codice prodotto finito esistente, utilizzando le varianti proposte dal customizzatore – nel caso di versioni OEM per il brand Selle Royal – è responsabilità del Customer Service inserire la richiesta ed aprire quindi una nuova “correlazione” all’interno del Lotus Notes, previa verifica in AS 400 che il codice figlio non sia già stato creato in 104 anagrafica. Una volta compilata la maschera di apertura della correlazione all’interno del software, il Customer Service deve assolutamente inviare una mail, non integrata con il Lotus, al Master Data, responsabile della creazione della distinta base del nuovo codice prodotto finito e dei relativi componenti figli in AS 400. Questa figura, dopo aver generato i codici e le anagrafiche dei componenti utilizzati, nonché i relativi legami per la nuova distinta base, ha il compito di creare il codice e di legarlo con il numero della “correlazione” che si ottiene dal Lotus Notes. Nel caso erroneamente ne venisse aperta una per un codice PF già esistente deve essere il Project Controller che, su segnalazione del responsabile della distinta base, e dopo aver effettuato gli opportuni accertamenti, ha l’onere di annullare la richiesta. “Progetto” (correlazioni difficili): qualora invece venga richiesta una versione particolare di un codice esistente, utilizzando varianti non proposte dal customizzatore, o che richieda l’utilizzo di nuovi codici figli che hanno necessità di benestare estetico o di packaging, l’ente richiedente – che in questo caso può essere il Business Unit Manager, il Product Manager o il Customer Service – deve avviare tramite Lotus la richiesta di apertura di un nuovo “progetto” compilando l’apposita maschera e, qualora necessario, allegarvi il brief. Una volta che la richiesta è stata validata, il Project Controller provvede ad avviare le attività di campionatura, informando l’ufficio tecnico tramite una mail inviata da Outlook e non direttamente con Lotus Notes, che non prevede appunto la possibilità di inviare mail direttamente da sistema. Una volta completate le attività di progettazione e sviluppo della particolare variante, l’ufficio tecnico consegna al cliente o al Business Unit Manager (a seconda di chi è l’ente richiedente) un campione del prodotto finito per ottenere l’approvazione definitiva, che avvia successivamente le attività di benestare dei nuovi componenti estetici e del packaging. Ottenuto il benestare di tutti i nuovi codici figli il Master Data, come accade anche per le correlazioni, crea la distinta base in AS400 e comunica il nuovo codice prodotto finito. A questo punto si apre una nuova fase di analisi dei costi del prodotto: il responsabile dell’ufficio acquisti comunica i costi al controllo di gestione, che inserisce il costo standard nell’archivio e parallelamente verifica il corretto completamento della costificazione dei componenti e del prodotto finito. Nel caso di identificazione di errori il controllo di gestione 105 richiede all’ufficio acquisti l’immediata correzione, mantenendo bloccata questa fase fino al completamento positivo della verifica. Il Project Controller, una volta ricevuta la validazione da parte del controllo di gestione e verificato che i nuovi codici siano stati benestariati, chiude il progetto, consegnando il codice prodotto finito al Customer Service per l’inserimento dell’ordine a sistema. 8.4 PROBLEMI EMERSI NELL’ATTUALE GESTIONE DEI PROGETTI Come evidenziato nel corso dell’elaborato, uno dei problemi principali che sta affrontando il Gruppo è l’enorme variabilità introdotta all’interno delle nuove gamme di prodotti, che comporta un’ingiustificata complessità interna, senza generare al contempo un corrispondente incremento delle vendite. Questa variabilità però si contrappone inevitabilmente con il numero limitato di risorse disponibili ad oggi nell’ufficio tecnico di Selle Royal. Come è immaginabile pensare, questo continuo proliferare di nuovi modelli da introdurre nel mercato va a sovraccaricare le persone che si occupano, ciascuno con il proprio ruolo, di sviluppare il prodotto, con conseguenti ritardi rispetto alle tempistiche richieste dal mercato. Ancora oggi infatti si tende a ragionare a capacità infinita, anche perché, prima dell’introduzione di AtTask, non si disponeva di alcuno strumento in grado di misurare il carico di lavoro che ciascuna persona doveva sostenere per svolgere le numerose attività di cui era responsabile. A partire da questa considerazione è naturale evidenziare come uno degli obiettivi principali, per cui si è deciso di ricorrere ad un software di project management, è appunto quello di permettere di pianificare l’utilizzo delle risorse ragionando a capacità finita. Questo obiettivo è a sua volta strettamente collegato con il concetto di prioritizzazione del portfolio (e quindi al tema del Project Portfolio Management), che permette, sulla base di criteri di valutazione individuati dall’azienda, di identificare la sequenza ottimale da seguire nello svolgimento dei progetti. Incrociando intelligentemente queste due funzioni – conosciute rispettivamente come capacity planning e portfolio prioritization (ramo del Project Portfolio Management) - sarà dunque possibile procedere in primis con lo sviluppo dei progetti ritenuti fondamentali per la strategia aziendale, fino a saturazione di tutte le risorse interessate, per poi procedere con la pianificazione di quelli aventi priorità 106 più bassa, tenendo sempre in considerazione la disponibilità limitata delle persone nei diversi intervalli temporali. Così facendo, si riuscirebbe dunque a filtrare il numero di modelli che vengono sviluppati ogni anno, riducendo di conseguenza i ritardi nel rilascio delle nuove gamme, ma lasciando al contempo al cliente un’ampia libertà di personalizzazione del prodotto sulla base delle sue specifiche esigenze. Potrebbe infatti risultare controproducente, nella fase di lancio di una nuova linea di prodotti, proporre sin da subito una grande varietà di modelli diversi; la scelta più ponderata è infatti quella di offrire un range di modelli mirati per capire come il mercato reagisce, e, osservando l’andamento delle richieste, estendere in un secondo momento la gamma con nuovi prodotti sulla base di quanto effettivamente il mercato richiede in quello specifico momento. Tuttavia il sovraccarico delle risorse non è l’unica causa individuata del costante ritardo dei progetti. Come è stato sottolineato nel paragrafo dedicato alla descrizione dei principali ruoli gestionali che intervengono nel processo di sviluppo del prodotto, è pressoché assente la fase iniziale di pianificazione del progetto, fatta eccezione per alcuni rari casi. La baseline che si ottiene in questa fase permette infatti di confrontare ciò che è stato effettivamente realizzato con ciò che era stato pianificato, consentendo al project manager, o chi per esso, di capire fin da subito se il ritmo con cui procede l’avanzamento è tale da permettere di rispettare le deadline inizialmente prefissate. Senza un piano ufficiale diventa pressoché impossibile avere il pieno controllo sullo stato del progetto, il che porta ad accorgersi troppo tardi degli eventuali ritardi fino ad allora intervenuti. Inoltre, la disponibilità di uno strumento che permetta di pianificare i progetti con un elevato grado di dettaglio consente al Project Leader di anticipare una serie di considerazioni sul modo di procedere, che altrimenti potrebbero essere completamente trascurate, con conseguente dilatazione dei tempi. Pianificare permette quindi di “scovare” a priori delle strategie che altrimenti rimarrebbero all’oscuro, oppure si individuerebbero quando ormai il progetto si trova ad un punto troppo avanzato per poter apportare qualsiasi tipo di miglioramento. 107 Un altro grave problema riscontrato riguardava l’assenza di un efficace strumento integrato, tra i vari stabilimenti di proprietà del Gruppo e anche all’interno dello stesso stabilimento italiano, per la gestione dei progetti. Prima dell’introduzione di AtTask, infatti, in Italia il sistema di riferimento era il Lotus Notes, che però non consentiva di pianificare lo svolgimento del progetto, ma permetteva solamente di gestire il portfolio (ossia avere una lista di tutti i progetti sviluppati nel corso degli anni), con in più una scarna indicazione sul suo avanzamento, basata sulle sei macro fasi principali. In aggiunta, per quanto riguarda la pianificazione - per le rare volte in cui essa è stata eseguita (ci si limitava infatti a pianificare solamente i progetti più complicati, con un certo grado di innovazione) - il Program Manager, insieme al Product Developer, utilizzava Microsoft Project. Il punto debole risiedeva dunque nel fatto che questo programma era totalmente slegato dal Lotus Notes, e quindi non forniva alcun aiuto al responsabile per capire se il progetto procedeva secondo quanto pianificato, o se al contrario si era accumulato del ritardo che inevitabilmente ne posticipava il completamento: questa era la situazione da cui si partiva in Selle Royal Italia. In Justek invece, che costituisce l’”anima produttiva”di Selle Royal, non si aveva ancora a disposizione alcun tipo di software (nemmeno il Lotus Notes perché si tratta di un software PC-based), e quindi si limitavano ad una gestione sommaria del portfolio tramite l’uso di fogli Excel, in cui cercavano di riproporre l’interfaccia del Lotus Notes italiano, riportando le sei principali macrofasi del processo di sviluppo. Questa mancanza rappresentava sicuramente un grave limite per tutto il gruppo, soprattutto quando si aveva a che fare con articoli progettati in Italia, ma industrializzati e prodotti in Cina. Il Project Controller dell’headquarter italiano era infatti costretto ad aprire la PNP all’interno del Lotus – in modo da avere quantomeno traccia, in un unico sistema, dell’esistenza del progetto – che poi però non poteva essere aggiornata man mano dai responsabili in Justek, proprio perché si trattava di un sistema isolato, PC-based, utilizzabile esclusivamente in Italia. Era quindi necessario che il Product Developer e/o il Project Manager di Justek aggiornassero periodicamente il Project Controller sull’avanzamento del progetto tramite strumenti destrutturati e disomogenei, come fogli Excel, e-mail e chiamate Skype. È dunque evidente come le informazioni 108 venissero scambiate attraverso una molteplicità di canali diversi, con il rischio non solo di non riuscire ad avere tutta la storia del progetto, ma soprattutto di avere dati a volte tra loro fortemente discordanti a seconda del mittente. Era quindi condivisa l’esigenza di disporre di un unico strumento integrato che permettesse a chiunque, e in qualsiasi momento, di verificare lo stato del progetto e di scambiare qualsiasi tipo di informazione rilevante per il progetto, attraverso un unico canale ufficialmente riconosciuto. Perciò, grazie a uno strumento cloud based, si potrebbe riuscire a facilitare la condivisione dell’informazione in maniera trasversale tra tutti gli enti interessati nel processo, favorendo in secondo luogo una migliore collaborazione e coordinamento tra le diverse aree aziendali coinvolte. Rimanendo sempre in tema di miglioramento della collaborazione e del coordinamento tra le persone, con l’introduzione di questo avanzato sistema di project management si è cercato di trovare una soluzione in grado di porre fine all’annoso problema della gestione dei progetti inter-company tra Italia e Cina. Il nuovo PMIS infatti, in particolar modo per quel che riguarda i prodotti con brand Selle Royal sviluppati in Cina – che quindi devono rispondere a dei ferrei standard qualitativi di prodotto e soprattutto di processo – vuole garantire ai responsabili del brand, che operano nella sede italiana di Selle Royal, di avere la massima trasparenza e sensibilità sull’avanzamento e sugli eventuali problemi riscontrati durante lo sviluppo in Justek, in modo da riuscire ad intervenire tempestivamente evitando inaspettate cadute nel vuoto. Strettamente collegato con quanto appena discusso, vi è il tema della reportistica, fino ad allora molto scarna sia in termini di contenuti che di frequenza con cui essa veniva presentata ai vari attori. Questa lacuna era dovuta principalmente al fatto che Lotus Notes non dava la possibilità di interrogare il suo database per estrapolare dati rilevanti sull’avanzamento del singolo progetto, o sul livello di ottimizzazione dell’intero portfolio (Project Portfolio Optimization). Si sentiva dunque l’esigenza di dotarsi di uno strumento in grado di aumentare la visibilità, sia a livello prettamente esecutivo/gestionale, che ad un livello più direzionale, attraverso l’elaborazione di reports strutturati che contenessero tutte le informazioni utili. 109 8.5 LA SCELTA DI ATTASK Nel paragrafo precedente è emersa una lista di problemi che le persone che lavorano in Selle Royal si trovano a dover affrontare quotidianamente, problemi che inevitabilmente rendono il loro lavoro particolarmente inefficace e problematico, anche e soprattutto in ottica di raggiungimento dei propri obiettivi. Si è quindi resa pressoché necessaria l’esigenza di un cambiamento degli strumenti da adottare, che accompagnasse parallelamente la riorganizzazione aziendale in atto. Per cercare di risolvere questi numerosi inconvenienti si è quindi deciso di dotarsi di un software di Project Management in grado di supportare i team member, ma anche la direzione, per ottimizzare la gestione sia del singolo progetto, ma anche e soprattutto dell’intero portfoglio. I risultati di un’azienda infatti migliorano con una buona organizzazione e una chiara comprensione del lavoro da svolgere, il che permette di minimizzare i processi superflui e l’eccessiva burocrazia che spesso ostacola il tentativo di creare efficienza. Quello di cui si ha estremamente bisogno in Selle Royal è un software che riesca a fondere gli strumenti chiave, necessari agli esecutori della gestione dei progetti, con gli strumenti ideati per aiutare i membri del team a collaborare e organizzare i loro compiti. Il software di Project Management ritenuto adeguato alla situazione descritta nei paragrafi precedenti, in quanto in grado di risolvere alcuni dei principali problemi evidenziati prende il nome di AtTask, un sistema interamente web-based utilizzato per ottimizzare la gestione dei progetti. Il primo motivo per cui è stato deciso di puntare su AtTask risiede nel fatto che si tratta di un Project Portfolio Management Software, ossia uno strumento in grado non solo di gestire la singola iniziativa, ma l’intera lista di progetti che vengono sviluppati all’interno di un’organizzazione e che sfruttano il medesimo pool di risorse. Con AtTask dunque, oltre a capire come il singolo progetto sta procedendo, è possibile anche comprendere quanto performante è il portfolio nel suo complesso. Questa funzione, oltre a monitorare se le milestone vengono raggiunte o meno nei tempi previsti, aiuta anche a calcolare alcuni parametri fondamentali, come ad esempio il ROI, che permettono di verificare se il portfolio nel suo insieme sta aumentando il valore del business dell’azienda. In aggiunta, questo software dispone 110 di uno specifico tool, chiamato portfolio optimization, che permette di affinare e ottimizzare il portfolio dell’azienda. Per ottenere questo risultato di portfolio tuning, AtTask sfrutta i valori che vengono inseriti nel business case all’apertura di ciascun progetto. Il form di tale business case richiede di compilare una serie di campi, tra cui: i profitti che si prevede di ottenere (planned benefits); i costi pianificati (planned costs); rischi (risks); ed infine una scorecard, che a sua volta permette di attribuire un valore quantitativo a degli attributi strategici di carattere prettamente qualitativo, con l’obiettivo di valutare i progetti rispetto ai key performance indicators (KPI) definiti dal gruppo. Sulla base delle risposte selezionate in ognuno dei campi che compongono il business case, AtTask automaticamente assegna un punteggio a ciascun progetto del portfolio, a partire dal quale viene definito l’ordine ideale di esecuzione che permette di massimizzare il business. Purtroppo però, per risolvere il problema dei ritardi dovuti al sovraccarico delle risorse che lavorano allo sviluppo del prodotto, non è sufficiente uno strumento in grado di stabilire semplicemente delle priorità, ma parallelamente devono essere affiancate anche delle attività di resource planning, funzione che AtTask è in grado di soddisfare efficacemente. Una volta selezionata una specifica timeframe il Capacity Planner di AtTask individua le risorse disponibili in quell’intervallo di tempo assegnandole a ciascuna delle attività che compongono i numerosi progetti, individuando la prima data disponibile di partenza che permetta di minimizzare la percentuale di sovraccarico. Ovviamente nel pianificare lo “sfruttamento” delle risorse si devono considerare prima di tutto i progetti per cui è stata definita una priorità elevata. Un altro requisito fondamentale che deve assolutamente avere il PMIS in questione è quello dello schedule and communication management. E la scelta è ricaduta su AtTask 111 anche perché questo software permette di pianificare (tenendo conto della disponibilità di risorse) il progetto, o anche un programma complesso di progetti, monitorando l’avanzamento e le milestone grazie alla presenza di diagrammi di Gantt interattivi e real-time. Per la pianificazione dei progetti inoltre possono essere utilizzati dei template, ossia dei modelli standard time-tested del flusso di processo da seguire, che ne velocizzano l’impostazione. Una volta definito il workflow da seguire ciascun team member conosce tutte le sue attività, e soprattutto entro quando queste devono essere completate per non provocare un ritardo dell’intero progetto. Vista la necessità di dotarsi di uno strumento che supporti i team member nella gestione dei progetti di sviluppo nuovo prodotto, un requisito considerato primario per la scelta del software più adatto alle esigenze riscontrate da Selle Royal, è sicuramente la possibilità di sfruttare tale strumento anche come repository documentale. AtTask, tra le numerose sue caratteristiche, fornisce anche la possibilità di caricare e immagazzinare tutti i documenti e le immagini utilizzate nel corso del processo di sviluppo. Si tratta infatti di un software web based che carica i documenti nel cloud assicurando a tutti gli enti coinvolti un pieno accesso, indipendentemente da dove questi si trovano a lavorare, garantendo al contempo un elevato grado di riservatezza su tutte le informazioni sensibili che non devono in alcun modo essere visibili. Grazie a questa ottimale modalità di gestione e condivisione, che raggruppa tutte le informazioni inerenti uno stesso progetto in un unico posto, non vi sarà più la necessità di “scavare” tra le numerose versioni dello stesso documento per trovare ciò di cui si ha bisogno per prendere delle decisioni corrette. Last but not least, vi è la necessità di distribuire dei report company wide che migliorino la visibilità sui progetti in questione, in modo tale che sia trasparente per chiunque lo stato di avanzamento del progetto e gli eventuali problemi riscontrati nel corso del tempo che hanno generato un inevitabile ritardo del progetto rispetto a quanto era stato pianificato inizialmente. Infine, oltre a questa lunga lista di requisiti da soddisfare, che come è stato dimostrato il software acquistato è ampliamente in grado di soddisfare, a conferma del fatto che la scelta è giustamente ricaduta su AtTask, vi è sia la valutazione 112 pubblicata dal Gartner Group (un importante analista di software IT), che nel famoso “Quandrante Magico” da loro inventato, ha posizionato AtTask proprio nel riquadro in alto a destra, ossia il quadrante dedicato ai migliori software di project management web based, sia il fatto che il sistema può essere implementato con una certa rapidità e senza la necessità di disporre di specifiche competenze informatiche. Per tutti questi motivi, supportati come detto anche da studi fatti da esperti nel settore dei PMIS, la scelta è ricaduta su AtTask. Questo strumento dà infatti agli amministratori e ai manager il potere di ottenere una maggiore visibilità sulle attività assegnate alle risorse e la garanzia di un perfetto allineamento dei progetti alle strategie aziendali, massimizzando al contempo l’efficacia e l’efficienza nell’utilizzo delle risorse. Con AtTask, i team si impegnano a fornire informazioni dirette a livello conversazionale e al flusso verso l’alto degli impegni, consentendo maggiore precisione nelle proiezioni, maggiore visibilità e una quantità più elevata di informazioni sulla tempistica di completamento dei lavori e dei progetti. Infatti, per migliorare e semplificare il lavoro delle perone è utile creare un ecosistema in cui la comunicazione e la collaborazione fluiscano efficacemente attraverso un sistema, dando vita a un meccanismo di indirizzamento delle informazioni alle persone giuste e al momento giusto, che colleghi i diversi livelli dell’organizzazione, assicurando che tutti procedano verso la stessa meta. In conclusione, grazie alla trasparenza delle informazioni e all’elevata visibilità garantita, AtTask aiuta a mantenere occupato il team sul lavoro giusto, in armonia con le strategie, gli obiettivi e le mete principali, consentendo loro di contribuire con il massimo del valore al raggiungimento di tali risultati. 113 114 9 ANALISI E IMPLEMENTAZIONE DI ATTASK AtTask è una software house Americana con sede negli Utah, fondata nel 2001 da Scott Johnson, che sviluppa software di Project Management cloud-based, grazie a cui gli utenti abilitati possono accedervi direttamente tramite una semplice connessione web. Si tratta dunque di un software che permette all’azienda che lo utilizza di aumentare la propria abilità e efficienza nella gestione dei progetti, grazie all’ottimale distribuzione dei dati, che consente di dimezzare il tempo sprecato per la raccolta delle informazioni necessarie e di incrementare di conseguenza le ore che ciascuna persona dedica effettivamente ad attività a valore aggiunto per l’avanzamento del progetto. Per riuscire ad implementare AtTask con il massimo successo, sfruttandone tutte le sue potenzialità, è stata identificata una roadmap ideale, che può essere suddivisa in quattro fasi principali, ciascuna con obiettivi e responsabili ben precisi: 1. Analisi preliminare degli obiettivi dell’implementazione di AtTask (Gathering requirements); 2. Training del Core Implementation Team e dei team member coinvolti nei processi di sviluppo prodotto (Schedule education); 3. Analisi dei business processes di Selle Royal e configurazione di AtTask (AtTask configuration); 115 4. Esecuzione del test pilota (Pilot test). 9.1 ANALISI PRELIMINARE DEGLI OBIETTIVI DELL’IMPLEMENTAZIONE DI ATTASK (Gathering Requirements) Il primo importante passo per un’efficace implementazione di AtTask consiste nell’identificazione degli obiettivi che si vogliono raggiungere e dei problemi che si vogliono risolvere: si devono dunque identificare i cosiddetti success criteria. All’interno delle aziende infatti, capita molto spesso che non si sia pienamente consapevoli di cosa si voglia ottenere con l’introduzione del nuovo PMIS, rischiando di dotarsi di uno strumento poco adatto alle proprie esigenze, che non verrebbe quindi sfruttato al massimo delle sue potenzialità, ma che servirebbe solamente a nascondere possibili problemi. Una volta identificati gli obiettivi che si vogliono raggiungere, è possibile cominciare a definire i success criteria, che testimoniano il successo dell’implementazione di AtTask e che ovviamente rappresentano i motivi principali per cui è stato acquistato il software. Nel capitolo precedente è stato dedicato un paragrafo alla descrizione dei problemi e degli objectives che il board di Selle Royal si è prefisso di raggiungere con l’introduzione del software, che vengono riassunti qui di seguito: 1. Migliore condivisione delle informazioni relative ad un progetto e maggiore collaborazione tra le principali funzioni aziendali coinvolte; 2. Efficace pianificazione sia a livello di singolo progetto, che a livello di famiglia di prodotti; 3. Maggiore visibilità sullo stato di avanzamento del progetto, in modo tale da capire con sufficiente anticipo la presenza di eventuali ritardi rispetto alle tempistiche richieste; 4. Possibilità di gestire progetti intercompany, di selle progettate in Italia ma effettivamente prodotte in Cina, all’interno di un unico sistema integrato e condiviso sia da Selle Royal Italia, che da Justek; 116 5. Prioritizzazione del portfolio attraverso l’utilizzo del Business Case e della Scorecard, che permetterebbe al contempo anche la pianificazione a capacità finita; 6. Ottimizzazione del processo di gestione di sviluppo nuovo prodotto, così da riuscire a ridurre il time-to-market attualmente troppo dilatato nel tempo. Nonostante le molteplici potenzialità di AtTask nella gestione del progetto end-toend e quella più ampia del portfolio, la sfida sta nel non cercare di ottenere tutto e subito. L’implementazione ottimale prevede infatti la definizione di uno schedule, in cui al termine di ogni intervallo di tempo corrisponde un preciso obiettivo da raggiungere. Visto che in Selle Royal non è ancora largamente diffusa una forte cultura sul tema della gestione per progetti, si è deciso di partire dagli aspetti più semplici, cercando parallelamente di accrescere la sensibilità delle persone su certi temi. Si è dunque pensato di cominciare innanzitutto a gestire in AtTask le PNP, lasciando momentaneamente in disparte tutto ciò che rientra nel mondo delle correlazioni; questo perché la seconda categoria di progetti rappresenta la grande mole di lavoro quotidiano, che richiede perciò rapidità e abitudine. Inoltre il vecchio Lotus Notes è abbastanza efficace nella gestione di questo tipo di progetti semplici. È stata quindi presa la decisione di utilizzare le PNP della gamma 2016 come progetti da sfruttare per formare il personale all’utilizzo del nuovo software, nonché per cercare di migliorare ulteriormente quanto configurato fino ad allora. Con questa prima tranche di progetti interamente gestiti in AtTask gli obiettivi da soddisfare sono stati individuati nei primi quattro punti della lista, in modo da preparare il terreno per i due successivi punti da implementare a partire dai progetti della gamma 2017. 9.2 TRAINING DEL CORE IMPLEMENTATION TEAM E DEI TEAM MEMBER COINVOLTI NEI PROCESSI DI SVILUPPO PRODOTTO (Schedule Education) Una volta chiariti gli obiettivi si può passare al secondo step del processo di implementazione del software: la schedulazione di un corretto Education Plan. Il programma di training viene suddiviso in due fasi principali: la fase iniziale, in cui 117 vengono coinvolti solamente i membri del Core Implementation Team, ed una seconda fase in cui invece si provvede a farlo conoscere a tutti i principali enti coinvolti nell’utilizzo di AtTask. La definizione iniziale di un dettagliato piano di training diventa quindi un aspetto cruciale, in quanto assicura che tutta la squadra abbia la conoscenza necessaria per implementare ed utilizzare nei tempi più opportuni e nel modo più efficace possibile AtTask. Training del Core Implementation Team Oltre a coinvolgere un team di consulenti specializzati nell’utilizzo di AtTask (AtTask Team), il progetto di adozione del nuovo sistema richiede la formazione anche di un Core Implementation Team interno all’azienda, composto quantomeno da un Implementation Manager, da un System Adminstrator, dal Project Manager ed infine da un Internal AtTask Trainer. Quest’iniziativa infatti non potrebbe in alcun modo aver successo se all’interno del team non fossero presenti almeno queste quattro figure; inoltre, il fatto di aver individuato fin dall’inizio questo team permette di comprendere quali sono le persone che hanno un ruolo chiave nell’implementazione, e che per questo motivo devono essere le prime a seguire il training più adatto a loro. Questa prima fase prevede innanzitutto la presenza iniziale di un consulente di AtTask, che per una settimana affianca i membri dell’Implementation Team, con l’obiettivo di trasferire e chiarire quali sono le principali funzioni che il sistema è in grado di supportare. Al termine della settimana le persone individuate sono quindi consapevoli delle funzionalità del sistema e di come esso, in linea di principio, possa essere d’aiuto per risolvere i problemi individuati. A questo punto, in parallelo all’analisi delle attuali modalità di gestione dei progetti, ciascun membro del Core Implementation Team partecipa a una serie di corsi interattivi, studiati meticolosamente per rispondere alle esigenze che ognuno di loro può avere, connesse con il ruolo che essi svolgono all’interno del team di implementazione. Questo training è perciò finalizzato a trasmettere una conoscenza approfondita dello strumento che permetta non solo di preparare al meglio l’environment di AtTask che 118 verrà utilizzato dall’intera organizzazione, ma anche e soprattutto di utilizzarlo nel miglior modo possibile per ottimizzare la gestione dei progetti. Training dei Team Member La seconda fase di training prevede invece la formazione del team che si occupa dell’esecuzione del test pilota, composto da tutti gli enti che sono coinvolti, ciascuno con una responsabilità diversa, all’interno del processo di sviluppo nuovo prodotto. Questo team deve partecipare a dei “corsi di formazione” per poter poi essere in grado di testare se il modo in cui è stato impostato AtTask da parte dell’Implementation Team corrisponde ed è adatto alle modalità di gestione effettivamente adottate all’interno dell’organizzazione. Questa fase di formazione può essere svolta direttamente dall’Internal AtTask Trainer, il quale dopo aver partecipato ai vari corsi previsti e aver maturato un buona conoscenza dello strumento, è in grado di spiegare e trasmettere agli altri enti le notevoli potenzialità di AtTask. Ovviamente la loro formazione viene effettuata sia durante il test pilota, che permette appunto di testare quanto configurato precedentemente, ma anche nel corso dei futuri progetti che verranno gestiti con il nuovo sistema. Questo permette dunque di garantire un apprendimento progressivo, con il risultato di riuscire a personalizzarne la configurazione sulla base delle esigenze di ciascuna persona. 9.3 RE-ENGINEERING DEI BUSINESS PROCESSES DI SELLE ROYAL E CONFIGURAZIONE DI ATTASK (AtTask Configuration) Prima di procedere con l’implementazione di AtTask all’interno della propria organizzazione è fondamentale aver identificato innanzitutto come i progetti vengono gestiti prima della sua introduzione; si tratta della cosiddetta analisi AS IS. Mappando il processo adottato per la gestione dei progetti di sviluppo del nuovo prodotto, dalla loro apertura alla loro chiusura contabile, è possibile identificare immediatamente quali sono le aree più efficienti, e quali invece avrebbero bisogno di un miglioramento. Il primo step da affrontare riguarda dunque la comprensione e documentazione del workflow dei processi (modalità di apertura del progetto, di pianificazione, di condivisione delle informazioni e di flusso delle attività da seguire 119 per arrivare al prodotto finito), dei ruoli delle persone chiave coinvolte ed infine delle procedure che guidano l’avanzamento dei progetti all’interno dell’azienda. A partire dall’analisi di questa situazione il team è dunque in grado di valutare quali best practices adottare per ottimizzare la gestione dei propri progetti ed eventuali opportunità di maggiore collaborazione e comunicazione che porterebbero, con l’aiuto del software, a dei risultati migliori. Una volta individuati gli obiettivi che si desidera raggiungere con l’introduzione di AtTask si è dunque passati alla documentazione e formalizzazione del flusso di processo che deve essere seguito e delle informazioni necessarie per ottimizzare l’efficienza nella gestione dei progetti. 9.3.1 Definizione del flusso delle richieste per l’apertura di nuovi progetti Come è stato detto nell’introduzione del capitolo 8, all’interno di Selle Royal possono essere individuate tre macro categorie di progetti, ciascuna delle quali con un grado di complessità notevolmente differente. Da una parte si ha il mondo delle PNP, ossia delle proposte di sviluppo nuovo prodotto, che richiedono complesse attività di progettazione e costruzione degli stampi ad iniezione e di schiumatura, che hanno tempistiche piuttosto lunghe e seguono un percorso di gestione del progetto con molti punti in comune. Dalla parte opposta vi sono invece le “correlazioni” che richiedono lo sviluppo di nuove grafiche o di nuovi packaging, che a loro volta prevedono delle figure e delle procedure a sé stanti, e che quindi meritano di essere gestite indipendentemente rispetto alle PNP. L’ultima, nonché la più semplice categoria, fa riferimento alle personalizzazioni specificate direttamente dal cliente, ma che, a differenza del caso precedente, ricadono all’interno dello spazio di prodotto offerto dall’azienda. Prima del processo di analisi e ridefinizione delle modalità di gestione dei progetti, tutte le attività di Project Management erano concentrate intorno alla figura del Project Controller, sia che si trattasse di PNP sia di “correlazioni”. Tuttavia, dal momento che questa figura ricopriva anche un ruolo fondamentale nella gestione dell’anagrafica dei prodotti, non disponeva del tempo necessario per dedicarsi ad 120 attività di pianificazione e monitoraggio dell’avanzamento degli innumerevoli progetti. Tutto ciò, aggiunto alla mancanza di uno strumento adeguato, impediva di conseguenza di mettere in luce con un certo anticipo la presenza di eventuali ritardi. Nel momento in cui tale ritardo diventava evidente, per riuscire a rispettare le date richieste, le persone si trovavano a dover gestire le loro attività in una costante situazione di urgenza. Per questa ragione, per ciascuna delle tre tipologie di progetti prima descritti è stato previsto uno specifico flusso di apertura, in quanto per ognuna di esse sono previsti percorsi di approvazione strutturati diversamente e che perciò coinvolgono anche persone differenti all’interno dell’azienda. Percorso di apertura della richiesta per lo sviluppo di una nuova PNP: vista la poca esperienza in materia di Project Management presente fino ad allora all’interno di Selle Royal, parallelamente all’implementazione del nuovo software si è colta l’occasione per ridefinire delle precise procedure da seguire per la gestione dei nuovi progetti, ed introdurre una chiara suddivisione dei ruoli e dei compiti che ciascuno degli enti interessati aveva all’interno del progetto. Questa attività di Business Process Reengineering ha portato ad una suddivisione del mondo delle PNP in due rami principali, cui ha fatto seguito, per riuscire a supportare questo cambiamento, l’introduzione di una nuova figura all’interno di Selle Royal, quella del Project Manager. Allo scopo di ottenere una chiara definizione delle procedure di apertura e gestione dei progetti, e delle responsabilità che ne derivano, sono stati impostati due percorsi di richiesta indipendenti l’uno dall’altro: 1. Percorso di richiesta per l’apertura di una nuova “PNP interna” (Internal PNP): si tratta di nuovi prodotti la cui ideazione è frutto esclusivamente del Product Manager, che come si è anticipato, deve essere in grado con la sua esperienza di anticipare i bisogni del mercato. È stato perciò deciso di affidare al Project Manager la responsabilità di gestire questo tipo di processo di sviluppo nuovo prodotto, dall’apertura del progetto fino alla fase finale di chiusura contabile, corrispondente con la prima produzione di massa del nuovo articolo. 2. Percorso di richiesta per l’apertura di una nuova “PNP Customer”(Custom PNP): si tratta prevalentemente di PNP 2 che vengono commissionate 121 direttamente dal cliente. A seconda del contratto che viene stipulato il prodotto sviluppato può o essere venduto solamente al cliente che l’ha richiesto, o in alcuni casi anche attraverso uno dei canali descritti. Diversamente dal caso precedente, per questa categoria si è ritenuto necessario mantenere inalterata la modalità di gestione – per chiari motivi di fidelizzazione del cliente nei confronti della persona con cui fino a quel momento aveva mantenuto i contatti - lasciando la responsabilità direttamente al Project Controller, che deve monitorare l’avanzamento del progetto nel rispetto delle richieste del cliente in termini di tempi e costi di sviluppo. Percorso di apertura della richiesta per lo sviluppo di nuove “correlazioni”: prima di intraprendere questo processo di Re-engineering nella gestione dello sviluppo nuovo prodotto, tutte le “correlazioni” (che richiedevano delle attività all’interno dell’Ufficio Tecnico), così come tutte le PNP, erano controllate, indipendentemente da chi le richiedesse, da un’unica figura, ossia il Project Controller, con naturali inefficienze gestionali dovute all’enorme mole di lavoro che si concentrava sulla medesima risorsa. Per cercare di migliorare questa situazione, e garantire livelli di servizio più elevati, si è ritenuto necessario che anche all’interno della sfera delle “correlazioni”, come era stato fatto per le PNP, venisse proposta una re-ingegnerizzazione del flusso di processo, con l’obiettivo di ottenere una chiara suddivisione dei compiti e delle responsabilità di ciascuno, che ripartisse in maniera omogenea i carichi di lavoro tra il Project Controller e il nuovo Project Manager. A questo scopo le “correlazioni” più complesse sono state suddivise in due rami differenti: le “correlazioni interne” (Internal Customisations) e le “correlazioni” richieste dal cliente (Customer Customisations). Le Internal Customisations fanno riferimento alle versioni che nascono a partire dallo sviluppo di una nuova PNP. Nel capitolo precedente si è infatti sottolineato come per minimizzare i costi si proceda con lo sviluppo di una versione base, avente le caratteristiche più economiche possibili. Ovviamente questa versione 00 non rispecchia le specifiche grafiche richieste dal Product Manager, onde per cui la 122 suddetta variante non viene mai inserita all’interno della gamma. Quindi il Product Manager oltre a fornire al Product Developer delle linee guida sul concept del prodotto, avrà anche il compito fondamentale di definire le varie grafiche che si vogliono avere su ciascun nuovo modello di sella da inserire nel catalogo. Da sottolineare che ad ogni nuova versione corrisponde l’apertura di un progetto di correlazione che prevede tra le altre delle attività di benestare. Dal momento che si tratta di progetti strettamente collegati con lo sviluppo delle relative PNP, è stata presa la decisione di affidare la gestione di questa tipologia di progetti direttamente al Project Manager, che avrà la responsabilità di assicurare la consegna dei campioni definitivi al Product Manager entro e non oltre la data richiesta. Per quanto riguarda invece le Customer Customisations il discorso è leggermente diverso. Si tratta infatti di tutti quei progetti che Selle Royal apre a partire da una richiesta pervenuta dal cliente, che, come accade anche per le Internal Customisations, implica delle attività di progettazione da parte dell’Ufficio Tecnico. Come è logico immaginare il cliente non entra direttamente in contatto con il personale dell’Ufficio Tecnico di Selle Royal, ma vi sono degli enti preposti ad interfacciarsi con il cliente finale: il Customer Service e i commerciali/sales. Sono dunque questi ultimi ad informare l’Ufficio Tecnico e gli altri membri coinvolti sulle caratteristiche grafiche che il cliente desidera ottenere sul prodotto ordinato. Per questo tipo di progetti (che rappresentano la maggior parte del lavoro quotidiano) il Customer Service o il commerciale invia una richiesta al Project Controller, e quindi non più al Project Manager, il quale ha il compito di controllare e filtrare le richieste del cliente (la maggior parte delle richieste arriva da produttori di biciclette e capita molto spesso che la stessa sella venga utilizzata in modelli di bicicletta diversi. Nel loro ordine di acquisto tuttavia è comune che il medesimo codice prodotto finito sia presente su più righe d’ordine e quindi il Project Controller deve essere in grado di raggruppare le richieste che presentano le stesse specifiche) prima di poter aprire i progetti necessari ad avviare lo sviluppo delle nuove versioni. Questa nuova categorizzazione dei progetti di sviluppo nuovo prodotto, che prevede appunto la distinzione tra richieste provenienti dal Product Manager e richieste 123 provenienti direttamente dal cliente (siano esse per l’apertura di PNP che di “correlazioni”), e la successiva ridefinizione delle loro modalità di gestione, ha permesso di aumentare il livello di pianificazione e monitoraggio dei progetti. Grazie a questi interventi sia il Project Controller che il nuovo Project Manager si trovano dunque nelle condizioni ottimali per riuscire a monitorare l’avanzamento del progetto, dettando in maniera precisa le tempistiche di ciascuna attività, e ridurre perciò l’incidenza dei ritardi. Una volta formalizzate le nuove procedure è dunque fondamentale riuscire ad automatizzare il più possibile questi flussi all’interno del nuovo software di project management. Per far ciò sono state create all’interno del sistema delle queue topic specifiche, a ciascuna delle quali è stata associata una precisa routing rule, in modo da automatizzare perfettamente le procedure di emissione della richiesta. Le queue topic corrispondono nel nostro caso alla categoria di progetto che si richiede di sviluppare, mentre le routing rule identificano il flusso di destinazione che viene assegnato a ciascuna categoria di queue topic. Di seguito, in figura 9.2, si riassume quanto è stato configurato in AtTask, sulla base delle procedure analizzate, per la gestione della fase iniziale di richiesta di sviluppo di un nuovo prodotto: Auto-Routes to Individual Topics Customer Service/ Sales Project Manager Custom PNP Auto-Routes to Individual Customer Customisat ions Project Holding Request Queue BOM Request Request Queue Project Internal PNP Master Data Auto-Routes to Individual Product Manager Internal Customisat ions Figura 9.2 Rappresentazione dei flussi delle richieste per l’apertura di nuovi progetti 124 Project Controller Infine, oltre alla ridefinizione dei flussi delle richieste di apertura, un altro importante passo compiuto per migliorare il processo in essere riguarda la presenza di un momento ufficiale in cui il Product Manager espone ad un team di progetto, composto dai membri del PMO, dal direttore dell’Ufficio Tecnico, dal Quality Manager e dall’Operations Manager, le caratteristiche del prodotto che si desidera sviluppare. Si tratta di un passaggio fondamentale in quanto ognuna di queste figure può fornire un contributo basato sulla propria esperienza ed individuare, sin dalla fase di apertura del progetto, eventuali criticità da prendere in considerazione in fase di sviluppo del prodotto per minimizzare i problemi che tali criticità potrebbero causare successivamente. Ovviamente durante questo incontro il Product Manager ha anche il compito di sensibilizzare i vari enti sull’importanza strategica che il prodotto può ricoprire per il successo del brand, in modo tale da condividere con tutto il team le priorità dei diversi progetti che devono essere eseguiti. Con questo meeting vengono dunque resi noti i principali obiettivi che si desiderano raggiungere, ossia si cominciano a delineare i primi punti che descrivono il piano di progetto. In questa fase, tuttavia, non si è ancora in grado né di impostare una corretta pianificazione del progetto, in cui vengono individuate tutte le attività da svolgere e i relativi responsabili, né di assegnare in maniera precisa e corretta le risorse economiche di progetto. Pertanto il suddetto piano viene completato in tutta la sua forma solamente al termine dello studio di fattibilità, quando si ha una conoscenza più completa di come si deve procedere per sviluppare il prodotto richiesto e del peso economico che esso comporta. 9.3.2 Categorizzazione dei progetti: portfolio e programmi Un altro tema centrale su cui si è concentrata l’analisi preliminare per l’implementazione di AtTask riguarda la modalità di gestione del portfolio di Selle Royal. Uno degli obiettivi di AtTask, come visto, è infatti quello di riuscire a diventare lo strumento ufficiale per la gestione dei progetti di Selle Royal S.p.A, quindi di tutte le società di proprietà del gruppo come Selle Royal, Justek, Brooks e Cranckbrothers. É dunque evidente che per poter gestire in maniera indipendente i 125 progetti di queste società sia necessario creare all’interno del software un portfolio dedicato a ciascuna di esse. Il portfolio può essere infatti visto come un contenitore, che raccoglie al suo interno tutti i progetti che sfruttano le medesime risorse e hanno obiettivi simili, misurabili attraverso una scorecard comune. Grazie all’utilizzo del Portfolio all’interno di AtTask i progetti non sono più visti come entità isolate indipendenti l’una dall’altra, ma come assiemi coerenti e ben assortiti che implementano una strategia di livello superiore, attingendo dallo stesso pool di risorse, e che devono dunque essere gestiti in modo tale da massimizzare il risultato per l’azienda. Tuttavia, visto l’inesperienza dell’azienda su certi temi, il board ha ritenuto prematuro introdurre fin da subito i concetti della prioritizzazione dei progetti e quindi dell’ottimizzazione del portfolio. Di conseguenza, quantomeno finché non si sarà diffusa una certa confidenza sullo strumento, questa funzione del portfolio in AtTask verrà sfruttata solo parzialmente come contenitore di tutti i progetti eseguiti, come accadeva anche all’interno del Lotus Notes. Oltre alla categorizzazione dei progetti per portfolio, AtTask garantisce un altro livello di classificazione. Il portfolio può infatti essere ulteriormente scomposto in un insieme di programmi. Il programma è essenzialmente un compartimento di progetti all’interno del portfolio che condividono strategie di mercato e obiettivi comuni, che in un certo senso trascendono i confini del portfolio. Per rispondere alle esigenze incontrate in Selle Royal i programmi vengono utilizzati per raggruppare insieme i modelli di selle appartenenti alla medesima famiglia di prodotto e che dunque verranno progettati contemporaneamente per colpire un target di mercato ben preciso. Infine un ultimo punto debole della categorizzazione dei progetti all’interno del Lotus Notes era l’impossibilità di collegare le PNP 2 sviluppate alla PNP 1 di riferimento con cui condividevano la parte strutturale della sella. L’introduzione di AtTask ha dunque permesso di risolvere anche questo punto debole. All’interno di ogni programma infatti si è creato un ulteriore raggruppamento che permette di raccogliere insieme in un unico sottogruppo tutte le PNP sviluppate a partire dagli stessi stampi d’iniezione. In questo modo diventa facile capire a primo impatto quali sono i modelli che vanno ad ammortizzare i costi sostenuti per la creazione dello stampo del feltro. Questa articolazione del portfolio permette dunque di avere 126 un’organizzazione chiara dei progetti, facilitando eventuali operazioni di analisi e di ricerca. 9.3.3 Mappatura del processo di gestione sviluppo nuovo prodotto Finora l’analisi si è concentrata esclusivamente sulla gestione delle procedure di apertura dei nuovi progetti all’interno di AtTask e della descrizione di come essi vengono organizzati all’interno del portfolio. È arrivato a questo punto il momento di concentrarsi sull’analisi del flusso che viene quotidianamente seguito per trasformare un’ idea iniziale in un prodotto finito vero e proprio, ossia nel cuore del progetto. Quest’attività di mappatura del flusso è stata la parte più complicata e dispendiosa di tutta la fase di preparazione; infatti non esisteva in azienda alcun documento ufficiale che formalizzasse questo percorso. In Selle Royal lo sviluppo di un nuovo prodotto è visto come un progetto a sé stante, irripetibile e diverso da un qualsiasi altro progetto, in termini di tempi, costi, risorse e costrizioni, e perciò meritevole di una gestione dedicata. In realtà, un’accurata analisi ha permesso di mettere in evidenza come all’interno di questa affermazione ci fosse un piccolo errore, che contraddiceva il concetto stesso di progetto. C’è effettivamente un’unicità del progetto in termini di irripetibilità delle medesime situazioni al contorno, che ne influenzano l’avanzamento, ma è anche vero che è possibile identificare dei modelli di processo che possono essere quasi sempre applicati al singolo progetto: questi modelli prendono il nome di template. Il template è dunque il framework di un progetto, in cui sono stati assegnati a ciascun work package dei responsabili e delle tempistiche stimate per portare a termine tale attività, nonché dei vincoli di legame tra i vari tasks che compongono il processo. Questo strumento consente di standardizzare le attività e catturare tutti i processi che si ripetono nel tempo, in modo da massimizzare l’efficienza durante la pianificazione di progetti che presuppongono attività tra loro molto simili. Sono stati così individuati cinque template principali, corrispondenti ciascuno a una specifica categoria di progetto, diversi l’uno dall’altro per la complessità delle attività da eseguire e per il tempo necessario a sviluppare l’intero prodotto. Per creare questi 127 modelli di progetto si è partiti con l’analizzare il work flow di quella che era la situazione attuale nel momento in cui è stata effettuata tale analisi. Una volta ottenuto questo flusso sono stati individuati tutti i possibili punti di miglioramento che potevano essere applicati fin da subito, andando quindi a ridisegnare il flusso che si sarebbe voluto seguire nell’implementazione dei primi progetti che si sarebbero gestiti con il nuovo software. Ma come è stata effettuata questa mappatura e il successivo re-engineering del processo? Per mappare l’intero processo di sviluppo si è sfruttato il metodo descritto da Steve Spear in “High velocity edge” (2010), riadattandolo ovviamente alle specifiche esigenze del contesto presenti in Selle Royal. Questo metodo presuppone che il punto di partenza dell’analisi sia la definizione dell’output finale del sistema in questione, in quanto secondo Spear questo è il punto più vicino al proprio cliente, dove è più evidente cosa si deve fare per avere successo e soprattutto se si è effettivamente riusciti ad ottenere il successo desiderato. Nel caso di Selle Royal il sistema è rappresentato dalla parte dell’organizzazione che si occupa di tramutare possibili idee in un prodotto finito e industrializzabile, mentre l’output non può che essere il campione definitivo del prodotto che verrà fabbricato in grandi volumi. Si tratta quindi dei campioni che i commerciali utilizzano per presentare la gamma ai propri clienti durante le fiere che si svolgono nel corso dell’anno. Così facendo, oltre a formalizzare il risultato finale del progetto, sono state rese note le tempistiche entro cui questi campioni dovevano essere pronti, in funzione ovviamente del canale di vendita a cui erano destinati (ogni canale di vendita ha infatti delle tempistiche diverse dettate dal periodo in cui si svolgono le fiere). Una volta individuato il risultato finale si è passati a disegnare step by step il percorso che porta a trasformare una semplice idea in un prodotto finito, evidenziando inoltre i paralleli flussi di informazioni e servizi. In questa fase perciò sono state mappate tutte le attività che compongono il processo, specificando insieme al loro responsabile, la durata media di tali attività e soprattutto gli input di cui ciascuno di loro aveva bisogno per poter svolgere con la massima efficacia il proprio lavoro. Non si è trattato dunque di una sterile analisi della situazione AS IS, ma si è anche cercato di individuare insieme ai veri protagonisti del processo possibili miglioramenti da apportare nel flusso per far 128 sì che ciascuno di loro potesse lavorare nelle migliori condizioni, con tutte le informazioni/materiali disponibili nel momento più opportuno. Uno dei miglioramenti che sono stati apportati fin da subito riguarda l’introduzione di alcuni momenti formali di design review, ossia dei meeting da svolgere al termine di ciascuna macrofase, secondo il principio dello Stage&Gate (alcune macrofasi sono la definizione del prodotto, lo studio di fattibilità, l’attrezzaggio, la campionatura e i test,…), per condividere quanto fatto e decidere se procedere alla fase successiva o apportare delle ulteriori modifiche a seguito di eventuali problemi riscontrati. Questi meeting, che rappresentano delle vere e proprie milestone all’interno del processo di sviluppo, prendono il nome di P.A.C, acronimo che sta per Product Acceptance Committee. Il risultato di questa analisi si è dunque tramutato in un modello di processo standard, come rappresentato in figura 9.2, dove sono state modificate le durate delle singole attività per motivi di riservatezza. 129 130 Figura 9.2: Diagramma di Gantt per la rappresentazione del template standard per il processo di sviluppo di una sella (Fonte: “Materiale interno aziendale”) Ovviamente questo template non viene assegnato a tutti i progetti in maniera meccanica, ma viene adattato di volta in volta a seconda di quanto le richieste che pervengono dal Product Manager o dal cliente implicano delle attività diverse. Nonostante lo sforzo che è stato sostenuto per formalizzare il work flow da seguire, è necessario sottolineare che questo template non rimarrà sempre uguale nel tempo, ma verrà migliorato di volta in volta secondo la filosofia del miglioramento continuo, con l’obiettivo di ridurre il time-to-market attuale. L’ultimo punto importante da sottolineare riguarda il fatto che questo flusso non è limitato allo stabilimento italiano, ma è stato esteso ed adottato anche in Justek. Questo perché nello stabilimento cinese producono dei prodotti con brand Selle Royal, per cui è necessario pretendere i medesimi standard di qualità che ci sono qua in Italia, e per raggiungerli si deve partire innanzitutto con un processo di sviluppo adeguato. Come è stato specificato nel corso di questo paragrafo, i template ottenuti dalla revisione dei processi attualmente adottati in Selle Royal rappresentano la base per la pianificazione delle attività. Al termine dello studio di fattibilità, dopo aver analizzato nel dettaglio le caratteristiche tecniche del prodotto e aver pertanto individuato gli accorgimenti e le tecnologie da adottare nella sua fase di sviluppo, si hanno tutti gli elementi necessari per portare a termine con successo la programmazione delle attività, dei tempi e delle risorse umane da utilizzare: inizia quindi il processo di pianificazione. È in questa fase del processo che l’utilizzo dei template diventa particolarmente rilevante, in quanto circa il 90% del processo da seguire per lo sviluppo di una nuova sella è indipendente dalle specifiche richieste del singolo prodotto, e segue dunque un modello “standard”. Una volta noti gli obiettivi operativi del progetto, a partire da questi modelli, il PMO in collaborazione con il Product Developer, individua tutte le attività che devono essere eseguite per garantire il successo del progetto, assegnando a ciascuna di esse la risorsa interna o il fornitore esterno responsabile, e le tempistiche entro cui esse devono essere completate. Ovviamente la durata delle attività tende a variare rispetto a quella standard impostata nel template, a seconda della complessità che la specifica richiesta può implicare. A questo punto, per 131 riuscire a calcolare la durata totale del progetto, e definire la schedulazione delle singole attività elementari che lo compongono, si procede alla costruzione del reticolo delle attività, ossia una rappresentazione grafica finalizzata a illustrare la sequenza elementare della attività da svolgere, nonché le loro interdipendenze, per riuscire a raggiungere gli obiettivi prefissati per il singolo progetto. Questa fase di pianificazione ricopre oggi un’importanza centrale in quanto scandisce con precisione le date in cui ciascuna persona deve iniziare e terminare le proprie attività per riuscire a rispettare gli obiettivi definiti nel brief, e perché permette al Product Developer di pensare la strategia migliore da adottare per riuscire a concludere con successo il progetto. Da questa attività di pianificazione, che come detto sfrutta il ricorso ai template, vista la ripetitività dei processi di sviluppo, si ottiene un diagramma di Gantt molto dettagliato che descrive il piano di progetto. Tale diagramma, che rappresenta una sintesi dell’intera fase di programmazione delle attività, dei tempi e delle risorse da dedicare a ciascuna di esse, si presta dunque a diventare la base per lo svolgimento delle attività, in quanto solo con la presenza di un piano si può ottenere un feedback sullo stato di avanzamento del progetto per quel che concerne il conseguimento degli obiettivi. Purtroppo però, non conoscendo ancora il carico di lavoro che ciascuna attività richiede, si ricorre ancora oggi ad una pianificazione a capacità infinita, con il conseguente rischio di sovraccaricare inconsapevolmente alcune risorse ed avere perciò dei naturali ritardi nell’avanzamento. A questo punto, ultimato il piano di progetto, si è pronti per l’esecuzione vera e propria, a cui grazie alla fase precedente di pianificazione potrà essere affiancata una fase di controllo. Come si vedrà nel prossimo paragrafo, per svolgere al meglio questo compito sono stati impostati degli appositi report, che permettono di verificare costantemente lo scostamento tra quanto pianificato e quanto effettivamente accade. 9.3.4 Definizione e configurazione dei reports Come è stato evidenziato nel paragrafo dedicato alla analisi dei problemi riscontrati in Selle Royal, da tempo si sentiva l’esigenza di distribuire dei report che 132 migliorassero la visibilità sui progetti in questione, in modo da rendere trasparente il loro avanzamento e gli eventuali problemi riscontrati che ne rallentano o bloccano l’esecuzione. Prima di cominciare a configurare e utilizzare AtTask era necessario definire le informazioni di cui ciascun team member necessitava per svolgere al meglio la propria attività, o comunque per avere una panoramica generale sull’andamento dell’intero progetto. Dato che questi report sono stati configurati prima che i vari team member cominciassero ad utilizzare quotidianamente AtTask si è ritenuto opportuno classificare inizialmente tali requisiti di reportistica sulla base del diverso grado di apporto al progetto. Risultava infatti pressoché impossibile riuscire a creare a priori dei report ad personam (prima dell’introduzione di AtTask non esisteva infatti alcun sistema di distribuzione delle informazioni da cui poter attingere), anche e soprattutto perché solamente dopo aver cominciato ad utilizzare AtTask con una certa abitudine le persone sono in grado di capire quale tipo di informazione può aiutarli nel loro lavoro quotidiano, per massimizzare l’efficacia nello svolgimento delle loro attività. Per questo motivo si è deciso di partire con la realizzazione di report standardizzati per le seguenti categorie di utilizzatori: Executive; Product Manager; Project Manager. Executive Rientrano nella cerchia degli executives tutti gli stakeholders collegati con i progetti, ossia coloro che non hanno un ruolo operativo, di completamento di un’attività per lo sviluppo del nuovo prodotto, ma che hanno bisogno di una panoramica ad alto livello per comprendere l’andamento dell’organizzazione nel suo complesso e verificare il rispetto degli obiettivi stabiliti nella strategia aziendale. A tal proposito, una funzione particolarmente interessante per questa categoria di stakeholder è quella delle dashboard. “La dashboard è un sistema di misurazione e gestione delle performance, ovvero un insieme integrato di indicatori o misure di prestazione 133 utilizzate per quantificare l’efficacia e l’efficienza delle azioni che consente di prendere ben fondate decisioni attraverso l’interpretazione di dati appropriati” (Neely et al., 2002). In AtTask la dashboard è una pagina che raccoglie un insieme di report diversi, offrendo un rapido accesso alle informazioni più importanti sia del singolo progetto che dell’intero portfolio. Due esempi di report che sono stati utilizzati per creare la dashboard fornita agli executives sono quelli rappresentati in figura 9.3a e 9.3b. Il report di figura 9.3a riporta il numero di progetti sviluppati all’interno di ciascun portfolio raggruppati sulla base del loro stato. In questo modo per chi analizza questo grafico è immediatamente evidente il numero di progetti che sono in via di sviluppo, che sono stati completati o che sono stati annullati in un certo periodo di tempo. In figura 9.3b invece viene rappresentato il numero di progetti, raggruppati per categoria, che vengono sviluppati per ciascun brand, indipendentemente dal portfolio cui essi appartengono. Grazie a questa applicazione è possibile tenere sotto controllo lo stato generale dei progetti, e soprattutto effettuare delle analisi statistiche che permettano di mettere in luce dove è necessario intervenire con maggior vigore per migliorare il processo di gestione adottato. Figura 9.3a: Esempio di report inserito nella dashboard utilizzata dagli executives per la gestione del portfolio (Fonte: “Materiale interno aziendale”) 134 Figura 9.3b: Esempio di report inserito nella dashboard utilizzata dagli executives per la gestione del portfolio (Fonte: “Materiale interno aziendale”) Product Manager e Project Manager In questo secondo caso si tratta di report fondamentali per il monitoraggio dell’avanzamento dei progetti nel tempo, per far sì che vengano rispettate le deadline che vengono richieste nel brief. In realtà la reportistica creata per il Product Manager si differenzia da quella destinata al Project Manager. Il primo, infatti, in quanto responsabile del prodotto e della sua immissione all’interno del mercato, è interessato a conoscere esclusivamente lo stato di quelle attività che danno come output i campioni o il prodotto finito. Con questo report il Product Manager è pertanto in grado di conoscere in qualsiasi momento se, secondo l’avanzamento del progetto, riuscirà ad avere i campioni da presentare in tempo per le fiere che si tengono durante l’anno, figura 9.4. 135 Figura 9.4: Esempio di report visualizzato dal Product Manager (Fonte: “Materiale interno aziendale”) Il Project Manager invece ha la responsabilità di seguir l’andamento dell’intero progetto, evitando dunque che le attività terminino in ritardo causando uno slittamento del progetto tale da impedire di soddisfare le richieste del Product Manager. Per aiutarlo in questa attività di monitoraggio è stato creato un report personalizzato che gli viene inviato automaticamente all’inizio di ogni settimana al suo indirizzo di posta elettronica. In questo report sono indicate tutte le attività che da pianificazione dovrebbero terminare entro quindici giorni dalla data di ricezione, in modo tale da avvisare i responsabili dell’avvicinarsi della data ed eventualmente dare una priorità maggiore a quelle attività che hanno una data di scadenza più vicina. L’efficacia della fase di controllo, supportata dalla presenza dei report, che favoriscono una buona trasparenza e circolazione delle informazioni, è tuttavia subordinata alla puntuale attività di pianificazione che viene svolta a monte. Ne deriva perciò che l’utilità del processo di esecuzione e monitoraggio è strettamente connesso con la qualità della pianificazione; per cui se quest’ultima presenta degli 136 errori il processo di controllo risulta inutile ai fini dell’individuazione e del recupero di eventuali ritardi. 9.4 ESECUZIONE DEL TEST PILOTA (Pilot Test) Una volta completata l’analisi dei business processes e configurato di conseguenza il software sulla base delle esigenze evidenziate, il passo successivo nella roadmap ideale prevede una fase di testing. Questo step ha la finalità di valutare non solo quanto è stato configurato all’interno di AtTask, ma anche e soprattutto le nuove procedure emerse durante la fase antecedente, in modo da identificare quali, tra le soluzioni ipotizzate, possono funzionare, e quali invece richiedono un ulteriore miglioramento e approfondimento (fine-tuning). Per garantire la massima efficacia del test è fondamentale cercare di simulare il più fedelmente possibile la situazione che ci si trova tipicamente ad affrontare nell’arco di un progetto, cercando di concentrare ciò che per un progetto viene fatto tipicamente nell’arco di un anno, in un’unica settimana. Il test pilota, e questa è senza dubbio la sua grande finalità, permette così a tutti i team member di riprodurre un tipico giorno di lavoro (day-in-life of walkthrough) e di capire come il nuovo software può supportarli e aiutarli nella gestione delle loro attività quotidiane. Durante questa settimana di prova a tutte le persone coinvolte nel processo viene affiancata una figura interna specializzata nell’utilizzo di AtTask (AtTask Internal Trainer), con l’obiettivo non solo di insegnare a ciascuno come utilizzare al meglio il nuovo software, ma soprattutto con il fine di personalizzare le impostazioni e le funzioni di AtTask a partire dalle specifiche richieste di ognuno. Così facendo si è riusciti a fare in modo che AtTask non fosse visto solamente come un freddo strumento di controllo dei progetti, ma piuttosto come un vero e proprio supporto nella gestione individuale delle attività di chiunque lo utilizzasse. Ovviamente per riuscire a testare l’ambiente del nuovo software e le nuove procedure nel miglior modo possibile era assolutamente necessario trovare il progetto più adeguato a soddisfare questi obiettivi. Come detto poco sopra era necessario concentrare la fase di test in un arco temporale sufficientemente limitato, 137 in modo da velocizzare la diagnosi degli eventuali problemi di configurazione e favorire una rapida implementazione dei cambiamenti necessari all’ottimizzazione dell’environment di AtTask, per il suo successivo funzionamento a “pieno” regime. Vista la decisione di cominciare ad utilizzare AtTask per la sola gestione delle PNP, il test pilota è stato eseguito su una PNP 1, ossia sulla tipologia di progetti tipicamente più lunga e complicata, che coinvolge, in misura diversa, almeno un responsabile per ciascuna area aziendale, dal commerciale al controllo di gestione, passando per l’ufficio tecnico e il reparto qualità. In particolare questa simulazione è stata effettuata su un caso reale (che aveva al suo interno un certo grado di innovazione e di problematicità), conclusosi proprio qualche settimana prima dell’inizio della fase di test; la scelta è ricaduta su questo progetto, in primis, perché il ricordo di quanto accaduto era ancora fresco tra le persone coinvolte, e ciò ne semplificava ovviamente la simulazione, ed in secondo luogo perché, essendo stato un progetto abbastanza complicato, dava la possibilità di testare in maniera pressoché trasversale tutte le funzioni di AtTask che si era deciso di utilizzare sin dall’inizio. In questa settimana l’Implementation team, che era stato creato fin dall’inizio del progetto di introduzione del nuovo PMIS, si è dedicato all’esecuzione di questo test pilota per verificare l’effettiva fattibilità delle procedure configurate, affiancati inoltre dall’Internal AtTask trainer che aveva il compito di aiutare i protagonisti di ciascuna fase del processo a capire come utilizzare AtTask a supporto delle procedure definite. Grazie all’apporto di ognuno è stato perciò possibile testare quanto configurato, vale a dire: I processi di richiesta di apertura del nuovo progetto, a seconda della tipologia di prodotto che stava per essere sviluppato; La correttezza del flusso di processo da seguire, compresa la forma degli input per l’inizio di ciascuna delle attività e i percorsi di approvazione per poterla considerare chiusa; Descrizione e training su come AtTask supporta i team members nella gestione delle issues incontrate nel corso del progetto; Controllo dei report che erano stati pre-configurati e creazione di ulteriori report sulla base delle specifiche informazioni che ognuno aveva bisogno di monitorare 138 Una volta terminato il test pilota si è cominciato a gestire i nuovi progetti per la gamma 2016 utilizzando AtTask e tutte le nuove procedure che fino ad allora erano state ufficializzate e di cui abbiamo discusso nei paragrafi precedenti. Ovviamente essendo questi i primi progetti completamente gestiti in AtTask non è ancora uno strumento che funziona a pieno regime, ma si è ancora in una fase di studio e di training per cercare di sfruttarlo al meglio. 139 140 CONCLUSIONI E FUTURI SVILUPPI L’esperienza di stage condotta per sei mesi all’interno di Selle Royal S.p.A. ha permesso di prendere contatto con un’importante azienda leader mondiale nella produzione di selle ed è risultata un’interessante opportunità per applicare in una complessa realtà industriale alcuni aspetti del Project Management. Questa tesi, attraverso l’applicazione pratica dei concetti noti in letteratura, ha contribuito ad approfondire la conoscenza delle metodologie della gestione per progetti e delle sue tecniche applicative. Interessante si è rivelato l’adattamento dei principi e delle tecniche alla multiforme realtà aziendale in questione. Il re-engineering delle procedure operative inerenti la gestione dei progetti di sviluppo nuovo prodotto, e l’introduzione di un avanzato sistema di project management, ha dato inizio ad un percorso di miglioramento finalizzato all’ottimizzazione di tali processi. Nonostante non sia possibile toccare con mano tutti gli effetti dei cambiamenti apportati (i primi progetti interamente gestiti secondo le nuove linee guida sono appena partiti), è comunque realistico dedurre i potenziali vantaggi derivanti da tale percorso, e soprattutto i futuri passaggi da eseguire per migliorare ulteriormente. Sicuramente il risultato più importante che è stato raggiunto è legato al tema della pianificazione. Prima dell’inizio di questo percorso in Selle Royal, oltre a non esservi una chiara suddivisione dei ruoli e dei compiti, mancava in modo pressoché assoluto 141 un’efficace pianificazione delle attività. Quest’ultimo punto, in particolare, impediva di avere sotto controllo lo stato del singolo progetto, motivo per cui accadeva spesso che le persone si trovavano a lavorare in tempi troppo stretti per riuscire a rispettare le scadenze. Il fatto di aver definito un flusso di attività da seguire, ciascuna con una precisa data di inizio e fine ed un preciso responsabile, fa sì che ognuno sia in grado di eseguire il proprio compito nel momento migliore e con tutti gli elementi necessari a disposizione. Perciò, grazie alla presenza di un preciso piano di progetto, le persone non si trovano più a dover costantemente risolvere le urgenze dovute ai ritardi maturati nei diversi progetti, ma ogni attività ha una sua puntuale collocazione nel tempo che ne favorisce il tempestivo completamento. La migliore consequenzialità delle attività, garantita da questa dettagliata pianificazione dei progetti, permette infine di ridurre il time-to-market, obiettivo ulteriormente migliorabile in futuro tramite la continua revisione del processo e della tecnologia utilizzata, secondo la teoria del miglioramento continuo tipico del Lean Thinking. Tuttavia, nonostante l’importanza di aver cominciato a pianificare i progetti, vi sono ancora delle buone possibilità di miglioramento da questo punto di vista: la pianificazione a capacità finita. Ad oggi, infatti, tale programmazione del lavoro parte dal presupposto che si abbiano a disposizione delle risorse infinite per poter completare il lavoro richiesto. Ovviamente questa premessa non rispecchia propriamente quella che è la realtà di Selle Royal, che, come si è visto, dispone di un numero abbastanza limitato di risorse all’interno dell’ufficio tecnico rispetto al numero di progetti sviluppati ogni anno. Per questa ragione il prossimo obiettivo, realizzabile anche grazie alla disponibilità di uno strumento in grado di supportare questo tipo di funzionalità, è quello di pianificare lo svolgimento delle attività tenendo in considerazione la disponibilità limitata di ore-uomo da dedicare all’insieme dei tasks assegnati alla medesima risorsa. Tale risultato sarà tuttavia raggiungibile solamente se verrà parallelamente gestita la prioritizzazione del portfolio; solo in tal modo si potrà procedere in primis con lo sviluppo dei progetti prioritari, fino a saturazione delle risorse, per poi passare ai progetti aventi priorità più bassa. Il capacity planning e il portfolio optimization sono dunque i futuri obiettivi 142 da raggiungere per aumentare l’efficacia della gestione dei progetti all’interno di Selle Royal. Il progetto descritto in questo elaborato ha inoltre contribuito a diffondere la cultura del project management alle aree aziendali interessate, in particolar modo alle risorse dell’ufficio tecnico direttamente coinvolte, tramite formazione di base sui principi di questo approccio; questo percorso trova perlopiù un forte appoggio da parte della Direzione, che ha intrapreso il cammino per arrivare alla realizzazione di alcuni di questi interventi. Vi è infatti piena consapevolezza dell’importanza centrale che rivestono i progetti di sviluppo nuovo prodotto, conditio sine qua non il gruppo Selle Royal non riuscirà più a soddisfare un mercato sempre più esigente ed altamente competitivo, in termini di tempi, prezzi e qualità del prodotto finito. Questi tre aspetti sono al centro della gestione per progetti. Tramite l’analisi iniziale della letteratura e la successiva descrizione del caso di Selle Royal è evidente come, per tutte le realtà organizzative che si muovono in un mercato concorrenziale e si orientano sempre più alla qualità del servizio verso i propri clienti interni o esterni, è indispensabile sviluppare una diffusa capacità di raggiungere obiettivi prestabiliti in condizioni di uso efficiente di risorse. Pertanto, nel contesto attuale di business, fatto di velocità e risparmio, il Project Management è diventato una filosofia manageriale estremamente vincente, in quanto fornisce concetti e best practices che permettono di adottare la strategia migliore per raggiungere gli obiettivi prefissati al minor tempo e costo possibile. L’applicazione della teoria del Project Management, basata sulle cinque fasi tipiche che costituiscono il processo di gestione del progetto (avvio, pianificazione, monitoraggio e controllo, esecuzione e infine chiusura) e sulle relative tecniche da adottare per ciascuna di esse (Piano di progetto, Work Breakdown Structure, Diagramma di Gantt, Critical Path Method, Gantt Cost Schedule, Earned Value,…), consente di colmare il gap esistente tra l’elaborazione di un’idea e la sua successiva attuazione, permette di verificare la sua concreta realizzabilità, ed infine mette a disposizione gli strumenti necessari per analizzare e monitorare l’intero processo produttivo e correggere immediatamente gli eventuali imprevisti. 143 I processi tipici del Project Management cui si è accennato poco sopra possono essere supportati anche da un apposito software. L’analisi di questo elaborato ha dunque dimostrato come, oltre ai principi elementari su cui si fonda la teoria, anche l’utilizzo di strumenti adeguati, permetta di aumentare l’efficienza nella gestione dei progetti. In particolare, lo studio del caso di Selle Royal S.p.A, ha evidenziato che l’utilizzo di uno strumento web based, integrato tra i vari stabilimenti produttivi del Gruppo, favorisce la gestione uniformata dei progetti intercompany, migliorando la circolazione delle informazioni, riducendo pertanto i tempi persi nella ricerca delle stesse ed aumentando il tempo dedicato alla effettiva esecuzione delle attività a valore aggiunto. Ne deriva che, in un mercato così complesso e variabile, grazie al dualismo esistente tra processo e progetto e all’utilizzo di strumenti moderni, si ottiene un livello di efficienza nella gestione dei progetti impossibile da ottenere altrimenti. 144 Bibliografia Russel D. Archibald, “Project management. 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