Leggi di più - Mattia Conti

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OBJ
L’interdisciplinarità dell’oggetto
Mattia Conti
INDICE
ABSTRACT
3
INTRODUZIONE
4
1. DEFINIZIONE DI OGGETTO
7
1.1 La bipolarità dell’oggetto, p. 7
2. TECNICA
10
2.1 Fisica, p. 10 - 2.2 Matematica, p. 12 - 2.3 Chimica, p. 13 - Informatica, p. 14
3. ESTETICA
16
3.1 Arte, p. 16 - 3.2 Filosofica, p. 18 - 3.3 Psicologia, p. 21 - 3.4 Sociologia, p. 24
CONCLUSIONE
27
BIBLIOGRAFIA
28
SITOGRAFIA
30
ELENCO IMMAGINI
31
2
ABSTRACT
Non è possibile identificare tutte le discipline che concorrono nell’atto di progettare.
Si tratta di una condizione a tratti paradossale in cui si scontrano ambiti diametralmente
opposti, ma legati insieme in maniera indissolubile dall’oggetto.
Ogni progetto deve essere il frutto di una ricerca razionale e spassionata, in cui il processo
diviene di primaria importanza per il raggiungimento della finalità preposta.
Chi è chiamato ad occuparsi della realizzazione di un oggetto deve cercare di governare
tale processo.
Più che risposte, la tesi mira a suscitare nel lettore domande che nascono attraverso una
visione critica sull’ambito della progettazione.
Solamente rispondendo all’interrogativo che l’interdisciplinarità pone è possibile adottare
una visione approssimativamente completa dell’oggetto e delle discipline che lo plasmano.
3
INTRODUZIONE
Ogni invenzione ha un tempo. Per quanto un’idea possa essere frutto di un intuizione brillante, rimane sempre assolutamente condizionata da fattori predeterminati e predeterminanti che ne permettono o meno la realizzazione.
Da tale affermazione si evince in modo chiaro quanto la condizione in cui operiamo sia
assolutamente limitata.
In particolare, l’ostacolo insormontabile è rappresentato dalla nostra stessa mente, in quanto non possiamo immaginare un concetto che non ha alcun tipo di legame con la realtà in
cui viviamo.
I nostri sensi sono l’unico strumento che possediamo per rappresentare la realtà, di conseguenza è importante sottolineare che la nostra visione del mondo non è oggettiva perché
incompleta.
È proibitivo tentare di immaginare un concetto completamente nuovo, in quanto il campo
d’azione è assolutamente vincolato per nostra stessa natura.
Per la realizzazione di una creazione portatrice della caratteristica di novità, di conseguenza, dobbiamo servirci di ciò che già è presente e conosciuto.
La teoria delle forme associative di Sarnoff Mednick è un contributo di particolare rilevanza per quanto concerne la produzione della novità, e più in generale, il pensiero creativo.
Per Mednick, la produzione del nuovo risiede proprio nella capacità associativa di concetti
apparentemente discordanti tra di loro. Egli infatti definisce: «Il compito più importante nel
processo creativo è mettere insieme, in modo utile, idee di solito lontane l'una dall'altra 1»,
tanto più gli elementi utilizzati in tali combinazioni sono distanti tanto più è ritenuto creativo il processo di soluzione; quindi: «Il processo creativo sarà facilitato da ogni situazione che tende a portare al massimo la contiguità ideazionale di idee altrimenti slegate2».
1
Mednick S., Psychological Review, Michigan University, 1962, pp. 220-232.
2
Ibidem.
4
Il termine chiave della teoria è intrinseco al significato del verbo “Associare”, esso ha un
ruolo fondamentale in ogni tipo di produzione, sia essa fisica o mentale.
Tralasciando esplicitazioni del vocabolo eccessivamente inerenti ad ambiti specifici, la sua
definizione è la seguente: «Unire, mettere insieme, armonizzare, far concordare. Il processo di concatenazione di un elemento ad un altro per analogia o per contrapposizione, formalmente libero da schemi sintattici3».
Dopo aver definito il verbo, è doveroso interrogarsi su coloro che interpretano i soggetti
della proposizione, in questo caso del processo realizzativo di un entità che per il momento
ci limitiamo a definire come oggetto.
Questi elementi sono rappresentati dal concetto di disciplina.
Per quanto concerne un qualsiasi tipo di produzione, la poliedricità degli elementi che contribuiscono nel processo è vasta e articolata.
Dal progresso tecnologico alla condizione sociale, dall’economica alla cultura. Ipoteticamente stabilire tutti i fattori che concorrono nel concepimento di un idea è pressoché impossibile.
Una considerazione che suscita un tema particolarmente inerente alla pedagogia, la metacompetenza.
In ambito prettamente pedagogico: «La competenza è l’insieme complesso e dinamico di
conoscenze, di procedure metodologiche, di esperienze consolidate e ordinate di tipo educativo fondate sulla riflessione e sulla teorizzazione pedagogica che connota in modo
specifico la professionalità educativa e che i soggetti che operano in questo settore devono
saper mettere in campo in modo personale e critico quando progettano, attuano e valutano
il proprio intervento.
La competenza che si fonda su alcune attitudini della persona che si possono educare, valorizzare, arricchire, che è in grado di generare e costruire altre competenze4», definite
metacompetenze.
3
treccani.it/vocabolario/associare/, (10.8.2016).
4
Milani L., Competenza pedagogica e progettualità educativa, Brescia, La scuola, 2000, p. 86.
5
Nel caso specifico, con il termine “competenza”, si vuole generalmente definire una disciplina, un arcipelago di informazioni delimitato da un particolare ambito, generalmente
definito come materia di studio.
Lo step successivo consiste nell’individuare affinità e connessioni tra le varie materie. Un
passaggio che permette una visione trasversale tra i vari ambiti, con il fine di facilitare l’innovazione, ma al contempo di ampliare la concezione che si ha dell’oggetto stesso.
Una fusione di competenze che confluiscono in un prodotto.
Riassumendo, il fine di questa tesi è quello di cercare di individuare ed analizzare le discipline di maggior rilevanza che partecipano nel processo di produzione di un oggetto, attraverso un approccio associativo di discipline.
Si tratta di un processo in cui non entra in atto un solo dominio conoscitivo, a uno specifico
campo della conoscenza, ma è trasversale a tutte le aree disciplinari.
6
1. DEFINIZIONE DI OGGETTO
1.1
La bipolarità dell’oggetto
Tutto è oggetto. Sarebbe assolutamente riduttivo dare una singola definizione al termine, in
quanto non è possibile attribuire nessun tipo di vincolo che non ne limiti l’ampiezza concettuale.
Si tratta di un entità, la quale è caratterizzata dall’indissolubile legame tra una componente
fisica e tangibile ed una astratta ed immateriale.
Non vi è oggetto che si può considerare appartenente in modo assoluto ad una delle due
dimensioni, infatti, per ognuno di essi si può sempre adottare una logica basata sulla proporzionalità.
La parte fisica rappresenta l’emisfero della funzionalità, ovvero tutto ciò che interessa le
funzioni e la fisicità dell’oggetto.
Se adottiamo una visione puramente tecnica, le discipline coinvolte sono molteplici.
Ogni oggetto è costituito da un particolare materiale che lo compone, di conseguenza è
necessaria una conoscenza in materia chimica per stabilire quale elemento chimico sia più
adatto alla causa.
L’evoluzione nell’ambito ha infatti portato alla realizzazione di materiali idrorepellenti, o
al contrario ignifughi, o particolarmente resistenti agli urti o ai graffi, o velocemente
biodegradabili, se si vogliono fare degli esempi.
Ogni elemento chimico, poi, ha una sua fisicità, reagisce in modo diverso agli stimoli dell’ambiente in cui è inserito.
In questo caso si può facilmente parlare di aderenza su una superficie, di aerodinamicità o
di ergonomia.
La fisica stessa per antonomasia prevede conoscenze matematiche, geometriche, che contribuiscono anch’esse nella costituzione della forma dell’oggetto.
Il progresso tecnologico ha permesso l’inserimento di un ulteriore disciplina nell’ambito,
ormai divenuta elemento cardine nel settore, l’informatica.
7
I fattori che hanno permesso tale circostanza sono molteplici, ma dal punto di vista tecnologico sono principalmente due: La velocità computazionale che ha ridotto in modo drastico le tempistiche di elaborazione e la conseguente espansione di un mondo virtuale che sta
trasformando i prodotti in beni assolutamente immateriali, che mirano al soddisfacimento
di bisogni prevalentemente edonistici.
Proprio in quest’ottica è facilmente intuibile l’importanza che stanno assumendo tutti i
campi che regolano le sovrastrutture che nascono sopra l’oggetto fisico, divenute ormai
elemento discriminante.
La riflessione sulla dimensione estetica dell’oggetto parte dalla concezione di arte moderna
e dal suo legame con l’esperienza che mira a suscitare nello spettatore.
I concetti chiave in materia sono aura e choc. Il primo rappresenta il carattere di unicità,
originalità e irripetibilità dell’opera d’arte, il secondo l’impatto emotivo che scaturisce in
chi cerca di concepirla.
La sola esperienza è vana senza un significato. È compito della filosofia conferirle una
struttura significativa.
L’ambito di ricerca più inerente è in questo caso l’ermeneutica, in particolare per quanto
riguarda l’attribuzione del senso al fenomeno stesso.
Dal punto di vista psicologico, poi, il significato che viene attribuito ad un oggetto influisce
sulla persona a livello identitario, ne modifica i bisogni, come essa si percepisce e se lo
stimolo risulta particolarmente marcato, anche le sue azioni.
Per questo se si concepisce il fenomeno in senso lato, oltre alla riflessione dal punto di
vista psicologico, ne consegue anche una a livello sociale.
In particolare, le azioni che portano un individuo ad identificarsi in una società, e come la
società stessa tende a mutare il singolo.
Queste considerazioni più che ad introdurre il percorso che si affronterà successivamente,
servono a prendere piena consapevolezza della realtà complessa con cui ci dobbiamo continuamente confrontare.
8
Oggi possiamo affermare che la relazione tra individuo e ambiente in cui opera si sviluppa
in una situazione di complessità dinamica1.
La cosiddetta complessità dinamica accentua gli elementi di cambiamento che hanno la
caratteristica di mutare costantemente rispetto alla dimensione temporale.
Con questo ne consegue uno stato di mutamento continuo che richiede incessantemente
nuove competenze all’individuo che si trova ad affrontarlo, un sistema che pone il cambiamento come unico elemento di certezza 2.
La valutazione di un oggetto semplicemente per la sua componente funzionale è perciò assolutamente semplicistico seppur fondamentale.
Possiamo al massimo definire un bipolarismo che caratterizza l’elemento oggetto per sua
natura, ogni altra considerazione risulta essere eccessivamente riduttiva e soprattutto relativa al contesto storico in cui ci troviamo.
Anche le discipline considerate rappresentano una restrizione. Nonostante siano le più rilevanti è impossibile concepire tutti i fattori che contribuiscono a plasmare l’oggetto stesso.
La tesi perciò più che essere di carattere contenutistico vuole suscitare una visione critica
sull’argomento, in quanto è doveroso ritenere la mia conoscenza relativamente superficiale
nelle varie discipline.
1
Cavallin F., Creatività, pensiero creativo e metodo, Padova, Libreria universitaria, 2015,
pp. 22-23.
2
Ibidem.
9
2. TECNICA
2.1 Fisica
Tra spazio e tempo. Sono queste le componenti principali su cui la materia si interroga.
La fisica è un insieme di leggi matematiche che si occupa di definire e rappresentare i
fenomeni del mondo che ci circonda.
Se si osserva la materia da un’ottica più generale, tralasciando la moltitudine di regole che
la governano, più che di fisica è importante soffermarsi sul concetto di fisicità.
Con fisicità si intende un oggetto immerso in uno spazio di altri oggetti, in relazione con
essi, ognuno con la sua determinata funzione.
Un ambito in cui, per antonomasia, si è posto il problema è l’architettura.
Anche l’edificio è un oggetto, in quanto esso è inserito in un tessuto urbano e svolge una
specifica funzione per le persone che vi risiedono.
La figura di Renzo Piano, in particolare, è una delle più rilevanti nell’ambito dell’urbanistica, in quanto quest’ultimo rappresenta uno dei temi più sensibili su cui si focalizza la sua
idea di architettura.
Lui sostiene che non esista uno “stile Piano”, che renda le sue opere altamente riconoscibili
tra gli altri edifici di una città, poiché ogni opera è il risultato di una lunga ricerca finalizzata “all’ascolto del luogo”, che determina l’individuazione di esigenze specifiche.
L’intervento per innescare il rinnovamento parte dall’ascolto delle richieste ed esigenze
degli abitanti.
Spostare l’attenzione dal gesto del singolo edificio alla città significa per Renzo Piano riconsiderare la figura marginale dell’architetto formalizzatore (ovvero che si occupa solo
dell’aspetto esteriore, iconico dell’edificio) rispetto a quella dell’architetto che lui definisce
come “artigiano”, che non rinuncia al suo ruolo sociale e che controlla l’intero processo
produttivo1.
Il medesimo ragionamento formulato da Piano si può perfettamente generalizzare al concetto di oggetto.
1
Coppa A., Lezioni di architettura e design - Renzo Piano, Ricuciture urbane e periferia, Bergamo,
RCS Mediagroup, 2016, pp. 7-15.
10
L’oggetto viene creato per le esigenze della società, e a queste deve essere performante.
Lo scopo non è valorizzare l’ideatore, ma il destinatario, tramite un sistema basato in primis sull’ascolto.
Questo archetipo diviene di primaria importanza se torniamo al concetto di fisicità. È fondamentale che un oggetto svolga al meglio la funzione a cui è destinato, ma senza tralasciare l’ambiente in cui è inserito. Esso deve entrare a farne parte, diventare un elemento
che lo costituisce, ma che al contempo valorizzi tutti gli altri oggetti e le loro funzioni nell’ambiente.
La fisicità degli oggetti porta alla creazione di un ambiente, nel corso degli anni esso si
radica e cambia allo stesso tempo, divenendo “Territorio della memoria”.
È proprio su questo concetto che un altro illustre architetto italiano, Mario Botta, fonda la
sua architettura.
I termini Territorio e Memoria riconducono alla relazione tra Spazio e Tempo.
La fisicità è rappresentata dallo spazio, il tempo invece indica il suo incessante mutamento.
L’opera di architettura, come l’oggetto, in stretto contatto con il proprio contesto concorre,
con il trascorrere del tempo, a definire nuovi equilibri ambientali. Lo spazio che noi viviamo è un risultato temporaneo dell’interdipendenza fra l’opera disegnata dall’uomo e l’ambiente che lo circonda 2.
Se con Renzo Piano si amplia la visione di oggetto, definito come entità in uno spazio, con
Botta si apporta a tale concetto la componente temporale.
La memoria si configura allora come matrice di storia operativa. È il passato che ci permette di accedere al nostro tempo. È interrogando il passato che diviene possibile farsi carico
della contemporaneità3.
Due concetti, quelli portati da Piano e Botta, che aiutano a concepire l’oggetto nella sua
totalità. Una visione pluridimensionale in cui il progetto diviene trasformazione sociale e
collettiva dell’ambiente.
2
Panza P., Lezioni di architettura e design - Mario Botta, Luce e gravità, Bergamo, RCS
Mediagroup, 2016, pp. 7-17.
3
Ibidem.
11
L’oggetto è sempre messo a confronto con un contesto spazio-temporale con il quale si instaura una sorta di dialogo, un confronto che si configura in una nuova relazione spaziale.
2.2 Matematica
Meno è di più. Un equazione semplice, ma per comprendere il significato della dialettica
contenuto nell’aforisma di Mies Van Der Rohe, uno degli architetti più influenti del XX
secolo, occorre fare uno sforzo e andare oltre la lettura del concetto di minimalismo cui è
spesso ridotta.
Banalmente parlando con “Less is more” si intende una filosofia progettuale che mira a
togliere tutto ciò che è ritenuto futile e superfluo nella costituzione di un oggetto, cercando
di ottenere un risultato quanto più risoluto ed essenziale sia nella forma che nel contenuto.
La semplificazione assoluta della forma non è da confondere con espressione di un linguaggio o meglio di uno stile, è piuttosto il risultato di un elaborato processo di riduzione
della complessità e dei problemi insiti nell’atto di progettare.
Per Mies l’ordine non è un concetto imposto, ma qualcosa di ben più complesso che necessita di una ricerca, il risultato di un processo di conoscenza della natura delle cose.
La forma è il risultato di un percorso razionale, che procede di scelta in scelta, dalla complessità all’essenzialità, fino al punto in cui nulla può più essere aggiunto o tolto 4.
La volontà di Mies è perciò quella di trovare una base oggettiva nel processo compositivo
della soluzione, definendo i caratteri di necessità del progetto, senza lasciare spazio a gesti
artistici, rappresentanti dell’espressione personale e di conseguenza puramente soggettivi.
È su questa base che Van Der Rohe realizza architetture classiche e al contempo moderne,
senza tempo.
Tramite questo metodo di lavoro si ha di fondo l’intenzione di manifestare la verità.
4
Repihti F., Lezioni di architettura e design - Mies Van Der Rohe, Meno è di più, Bergamo, RCS
Mediagroup, 2016, pp. 7-11.
12
La ricerca del “più” si identifica con il concetto di “semplificazione”, o meglio di “elementarità” questo termine non identifica la mancanza di complessità, ma la volontà di trovare
una maggiore chiarezza espressiva attraverso la risoluzione della forma.
Un risultato oggettivo, lo stesso scopo che si pone la stessa disciplina della matematica.
2.3 Chimica
La terra è la materia. Se prendiamo come riferimento un oggetto generico, gli elementi con
cui è composto lo plasmano e contemporaneamente contribuiscono a conferirgli un identità.
In particolare, ogni materiale è evocativo dell’ambiente d’origine. La percezione dal punto
di vista plurisensoriale genera un esperienza, per questo dietro ad ogni materiale vi è un
collegamento ad una determinata area semantica, definita dal vissuto di ogni individuo.
Un materiale come il legno, ad esempio, anche se utilizzato fuori dal suo contesto, in una
zona ad alta densità urbana, tende a suscitare il suo ambiente di provenienza, ovvero la
foresta, o più in generale, la natura.
Questa tipologia di collegamento può essere assolutamente soggettivo in casi limite, ma in
linea di massima si tratta di un ambito facilmente generalizzabile.
Mario Botta nel corso della sua carriera si è interessato anche a questo tema strettamente
legato alla territorialità.
Botta vede in ogni materiale il riflesso della cultura di appartenenza, cercando massima
coesione tra opera architettonica e territorio.
Valendosi prevalentemente dell’uso di materiali, esso cerca di travasare nell’oggetto una
cultura che ha come riferimento il legame con la storia nella dimensione dell’appartenenza
collettiva ad una società e l’idea di territorio come luogo di sedimentazione delle
memorie5.
In questo modo l’oggetto si lega alle sue origini, divenendo portatore di significato.
5
Panza P., op. cit., pp. 7-17.
13
Un costrutto non necessariamente relativo al passato, in quanto vi sono determinati elementi che rappresentano l’espressione della modernità.
Tale processo permette il passaggio da una condizione di natura ad una di cultura, ma è
doveroso fare una precisazione. Esso non deve essere utilizzato semplicemente come strumento per arricchire a livello simbolico un oggetto, ma come mezzo per aumentare
l’aderenza di quest’ultimo al fine prefissato.
Solo attraverso questo utilizzo il ragionamento assume valenza costruttiva dal punto di
vista progettuale.
Da semplice complemento, si passa ad una funzione della materia attiva, in cui essa contribuisce alla costituzione dell’oggetto nella sua totalità.
2.4 Informatica
Obj=new Object { } Construct. Due semplici bit, 0 e 1, che associati ad un elevatissima
capacità computazionale hanno cambiato l’uomo per sempre.
Pensiero e comportamento, intrattenimento e professione, identità e comunicazione.
Mai nella storia dell’uomo si è manifestato un fenomeno su larga scala come quello della
digitalizzazione.
Mai un mutamento così profondo e radicato, per giunta in uno spazio temporale davvero
ristretto date le dimensioni dell’avvenimento.
Fatto sta che come le persone sono cambiati anche i relativi bisogni, sempre più legati al
soddisfacimento di necessità “virtuali”.
È avvenuta in quest’ottica una rivoluzione dell’oggetto, di cui è rimasta pressoché invariata
la componente estetica, ma mutata radicalmente quella funzionale.
Questo cambiamento ha permesso la nascita di una realtà parallela, e con essa il conseguente adeguamento di tutti i settori reali in chiave digitale.
Con settore si intende genericamente ogni struttura, politica, economica, sociale, professionale e culturale, che per l’avvento di questa realtà digitale ha dovuto abbandonare le
consuete disposizioni divenute obsolete, reinventandosi per rispondere adeguatamente ai
nuovi bisogni.
14
L’oggetto materiale resta alla base, in quanto questi nuovi oggetti non possono in alcun
modo compensare alcune performance richieste, ma sorge spontaneo interrogarsi su quale
sia la reale funzione dell’oggetto digitale.
Una dei personaggi che ha contribuito in modo preponderante alla nascita di questa realtà è
Steve Jobs, cofondatore del colosso Apple e figura di riferimento non solo nel mondo informatico, ma trasversalmente in ogni settore.
La filosofia di Jobs si concentra intorno al concetto “User friendly”, letteralmente “Facile
da usare”, gergo da lui stesso inventato, nonché caratteristica di ogni oggetto Apple.
Steve Jobs ha sempre insistito sull’eleganza del design, sulla semplicità e sull’intuitività
dei suoi prodotti.
La sua filosofia infatti è completamente focalizzata sullo sviluppo di soluzioni che siano
molto semplici, perché essendo creature terrene noi comprendiamo la chiarezza6.
È intrinseca a questa affermazione la grande responsabilità che il mondo digitale ha nei
confronti del mondo reale.
Più che ambiente fondativo di sovrastrutture, il mondo digitale deve agevolare l’adempimento di funzioni preesistenti.
Sono già molte le aziende che hanno adottato questa filosofia, un esempio fra tutti, Google.
Al giorno d’oggi è il più grande strumento di ricerca dell’umanità, tanto che il nome dell’azienda è diventato verbo nei dizionari.
Permette di fare ricerca in qualsiasi lingua su qualsiasi paese, completando la ricerca ancor
prima che venga formulata la domanda tramite un sistema di ricerca basato su oggetti in
relazione con altri oggetti.
Servizi di comunicazione e mappe gratuiti, uno strumento che ha reso il mondo intero
facilmente accessibile a tutti.
Anche Google può essere definito oggetto, intangibile, ma prepotentemente funzionale.
Lo scopo primo dell’oggetto in ambito digitale è proprio questo: deve semplificare la vita
alle persone, permettere funzioni che normalmente sarebbero proibitive in pochi, semplici,
passaggi.
6
Parker I., «The shape thins come», URL: newyorker.com/magazine/2015/02/23/shape-thingscome, (23.02.2015).
15
3. ESTETICA
3.1
Arte
L’arte rappresenta l’uomo nella storia. Ogni forma d’arte è caratterizzata da questo vincolo
indissolubile, l’opera è l’espressione dell’artista inserito un particolare contesto storico.
Per quanto molti di essi si siano rivelati degli acuti visionari, è imprescindibile che essi abbiano plasmato la loro identità tramite una collezione di esperienze relative al loro vissuto.
Essi parlano del mondo visto dai loro occhi, e quasi come se ne avessero il dovere morale,
ne parlano senza utilizzare parole, ma solo emozioni, nonostante l’inclinazione fortemente
razionale di molti.
Quando osserviamo un’opera, essa non ci parla solamente di lei, ma trasuda di informazioni appartenenti all’epoca.
Un esempio celebre è il Guernica di Pablo Picasso. Esso non si limita ad illustrare il tragico bombardamento aereo avvenuto nel 1937, ma trascende dall’opera stessa descrivendo la
paura, l’orrore, il caos, il grigiore che le persone provavano in prima persona in quegli
anni.
Anche opere notevolmente più astratte non transigono da questa caratteristica. Seppur i
dipinti di Piet Mondrian inizialmente risultino incomprensibili, a livello di significato parlano del rapporto della società con la rivoluzione industriale avvenuta negli anni di massima espressione del movimento De Stijl.
Durante i primi anni del 1900 il grande sviluppo industriale permette la diffusione della
fotografia.
Il ruolo dell’artista viene svalutato a confronto con essa, in quanto il risultato, dal punto di
vista impressionistico, è inarrivabile per ogni artista.
Nasce così l’esigenza dell’uomo di dimostrarsi migliore della macchina, avvenimento possibile attraverso l’astrazione.
Mondrian nelle sue opere rivendica proprio l’esigenza dell’uomo di confrontarsi con la
macchina, con il grande sviluppo che l’industrializzazione sta portando.
16
Risulta quindi doveroso intavolare una riflessione sull’arte oggi.
L’arte, nell’epoca contemporanea, sta mutando profondamente le relazioni con gli elementi
agenti compresi nella dimensione artistica.
In particolare, si sta cercando di assottigliare la distanza tra spettatore e opera.
Quest’ultima tende spesso a svalutare la propria dimensione di “sacralità” che si costruisce
naturalmente attorno ad essa, per avvicinarsi al pubblico.
Il protagonista è sempre meno l’opera e sempre di più chi la osserva. Si mira a ricreare un
esperienza, suscitando emozioni attraverso ambienti.
Il fine diventa l’unica priorità, a discapito del processo di cui si tende sempre più a
sminuire l’importanza.
Dato questo rapporto opera/spettatore, la disciplina più attinente ad un opera di studio sul
concetto di oggetto è la fenomenologia.
La fenomenologia è un approccio filosofico che si occupa dell’esplorazione dei
“fenomeni”.
Edmund Husserl, filosofo coniatore della dottrina, la definisce così:
“La fenomenologia è scienza dei fenomeni di conoscenza nel doppio senso, da una parte
delle conoscenze come apparenze, rappresentazioni, atti di coscienza, in cui si presentano
queste o quelle oggettualità e se ne diviene consapevoli (passivamente o attivamente); e
dall’altra parte è scienza di queste oggettualità stesse in quanto in tali forme si presentano.
La parola fenomeno ha un doppio senso per via dell’ essenziale correlazione fra l’apparire
e ciò che appare”1.
Uno dei contributi più rappresentativi della materia in ambito artistico è il binomio concettuale “Aura e Choc”, introdotto dal filosofo tedesco Walter Benjamin.
Un’opera d’arte, come un qualsiasi oggetto, viene identificato secondo queste due caratteristiche quando esso si manifesta allo spettatore.
Con “Aura” si intende il carattere di autenticità che si percepisce rispetto ad un oggetto,
ovvero quell’oggetto che noi guardiamo e percepiamo l’autenticità, l’unicità in tutto il
mondo.
1
Husserl E., L’idea della fenomenologia, Roma-Bari, Laterza, 1992, pp. 30-45.
17
Ne percepiamo anche l’appartenenza ad una tradizione, la storicità, tutta una serie di caratteristiche che in modo volontario o inconsapevole, definiscono l’oggetto.
Lo “Choc” riguarda la fenomenologia della prossimità. Quando ci si trova in presenza di
un oggetto mai visto, esso provoca choc, perché si mostra come qualcosa che inizialmente
non è concepibile e identificabile.
Questa sensazione di impotenza tende a destabilizzarci, in quanto naturalmente portati a
concepire ogni oggetto nella sua totalità 2.
Queste considerazioni sono alla base dell’estetica dell’oggetto, l’arte è la materia perfetta
per interrogarsi sulle componenti che entrano in atto nel primo incontro tra soggetto e oggetto, e costituiscono il primo step di un processo relazionale tra i due.
3.2
Filosofia
L’esperienza necessita di un significato. Ogni cosa che si osserva deve assumere un senso,
è quello che l’uomo cerca per sua stessa natura, selezionando inconsciamente elementi
ritenuti utili per avere una visione chiara di una determinata circostanza.
La disciplina che si occupa dell’attribuzione di senso è l’ermeneutica, branca filosofica che
si occupa in particolare di interpretazione.
Nell’atto di interpretare, filosofi come Heidegger e Gadamer hanno individuato un elemento comune, definito come “Circolo ermeneutico”.
Esso afferma la circolarità dei processi interpretativi, strettamente collegata al contesto di
riferimento.
Dato un testo da interpretare, si evidenzia come l'approccio dello studioso non può che
risultare caratterizzato da una ineludibile pre-comprensione del testo data dall'ambiente
storico e culturale in cui vive.
Per cui la conoscenza è un continuo interscambio tra nozioni da apprendere e nozioni già
apprese, tra apprendimento e atteggiamento interpretativo.
2
Benjamin W., Aura e choc, Torino, Piccola biblioteca Einaudi, 2012, pp. 5-50.
18
La conoscenza è così necessariamente situata entro un determinato orizzonte storico e psicologico, il frutto di una stratificazione circolare di nozioni3.
In parole povere, quando un individuo si confronta con un oggetto, esso cerca di concepirlo
attraverso tutti gli oggetti che già conosce.
Gli elementi con cui trova particolare attinenze contribuiranno a conferire significato al
nuovo oggetto.
Tale definizione non è utile solo per definire e spiegare come le persone attribuiscano significati, ma al contempo ci agevola nella costruzione di significato all’interno del processo
produttivo di un oggetto.
Infatti se si riprende il basilare quesito del «circolo ermeneutico», si nota che esso si pone
anche per il campo della progettazione e magari in maniera più pressante che in altre esperienze.
Non è casuale infatti che Gadamer, nel trattare dell’interpretazione di un testo, si serva
proprio del termine «progetto»:
Chi si mette a interpretare un testo, attua sempre un progetto. Sulla base del più immediato
senso che il testo gli esibisce egli abbozza preliminarmente un significato del tutto. E anche
il senso più immediato il testo lo esibisce solo in quanto lo si legge con certe attese determinate.
La comprensione di ciò che si dà da comprendere consiste tutta nella elaborazione di questo
progetto preliminare, che ovviamente viene continuamente riveduto in base a ciò che risulta
dall’ulteriore penetrazione del testo.
Questa descrizione è beninteso uno schema estremamente sommario: bisogna infatti tener
conto che ogni revisione del progetto iniziale comporta la possibilità di abbozzare un nuovo
progetto di senso; che progetti contrastanti possono intrecciarsi in una elaborazione che alla
fine porta a una più chiara visione dell’unità del significato4.
Bisogna tener conto che la interpretazione comincia con dei pre-concetti i quali vengono
via via sostituiti da concetti più adeguati. Proprio questo continuo rinnovarsi del progetto,
che costituisce il movimento del comprendere e dell’interpretare è il processo che Heidegger descrive.
3
Gadamer H.G., Verità e metodo, Milano, Bompiani, 2001, pp. 300-310.
4
Ibidem, p. 313
19
Chi cerca di comprendere è esposto agli errori derivanti da pre-supposizioni che non
trovano conferma nell’oggetto.
Compito permanente della comprensione è l’elaborazione e l’articolazione dei progetti corretti, adeguati, i quali come progetti sono anticipazioni che possono convalidarsi solo in
rapporto all’oggetto. L’unica obiettività qui è la conferma che una pre-supposizione può
ricevere attraverso l’elaborazione.
Che cos’è che contraddistingue le pre-supposizioni inadeguate se non il fatto che, sviluppandosi, esse si rivelano insussistenti? Ora il comprendere perviene alla sua possibilità autentica solo se le presupposizioni da cui parte non sono arbitrarie.
C’è dunque un senso positivo nel dire che l’interprete non accede al testo semplicemente
rimanendo nella cornice delle pre-supposizioni già presenti in lui, ma piuttosto, nel rapporto
col testo, mette alla prova la legittimità, cioè l’origine e la validità di tali pre-supposizioni 5.
Gadamer nel brano citato fa riferimento ad un testo intero già redatto, mentre nella fase
iter-progettuale realizzata di un oggetto si ha a che fare con una successione di fasi.
Tuttavia, nonostante questa diversità fra il classico problema dell’interpretazione di un
testo e quello della redazione di un progetto, resta valido l’assunto per cui l’interpretazione
(nel nostro caso la progettazione) «comincia con dei preconcetti i quali vengono via via
sostituiti da concetti più adeguati 6».
La definizione che si estrapola dal testo ha a che fare con la filosofia progettuale “MacroMicro”, che si riferisce alla coordinazione tra il tutto formato dalle sue parti e in contemporanea le parti che formano il tutto.
A tal proposito, per ogni parte del progetto, si tratta del passaggio da un pre-concetto ad un
concetto, da un già noto generico ad una conoscenza specifica, da un fare indefinito ad una
azione delimitata.
In questo modo a causa di tale passaggio e dell’intergenza delle parti, ciascuna di essa trova il suo posto nel tutto.
Questo però non basta, bisogna riconoscere una circolarità fra le parti ed il tutto per poter
sostenere che le prime non trovano solo un posto ma si integrano col tutto.
Tale problema può essere affrontato solamente con la continua critica operativa.
Ad esempio, se si pone empiricamente una prima ipotesi, essa poi può essere «contaminata» con gli altri momenti che possono confermare o smentire la rappresentazione iniziale.
5
Gadamer H.G., op. cit., p. 314.
6
Ibidem.
20
La rappresentazione può confermare o smentire l’intuizione e/o la critica operativa e così
via.
Persino la presunta obiettività dei dati di partenza può essere smentita dalle altre componenti del processo.
Non è casuale che tanti propositi progettuali, inizialmente basati su precisi dati ed esigenze, rimangano inattuali o necessitino di una radicale revisione di programma.
3.3
Psicologia
Siamo ciò che pensiamo. La vita di ogni persona è un complesso di esperienze, alcune particolarmente significanti, altre apparentemente futili.
Ogni esperienza necessita di un elaborazione da parte dell’individuo, una sorta di interiorizzazione dell’esperienza.
Un processo di stimolo-risposta che contribuisce con il tempo a plasmare la propria identità, a far nascere determinati valori e credenze, che poi avranno una ripercussione sulle
azioni stesse che un soggetto compie.
Il pensiero è quindi l’elemento fondativo dell’identità, motore della scelta.
L’elaborazione mentale porta alla nascita di bisogni, con la necessità di essere espressi e
soddisfatti.
Relativamente ai bisogni, la psicologia moderna si fonda su cinque corollari per la loro
definizione:
1.
Il bisogno più importante è quello che è legato alla nostra consapevolezza;
2.
I bisogni hanno un carattere evolutivo, ovvero cambiano con l’età;
3.
Che sia un bambino o una persona adulta ci sono molti tipi di bisogno in ciascun
individuo;
4.
All'interno di ogni tipo di bisogno ci sono tanti bisogni;
5.
I bisogni hanno un carattere culturale.
21
Si evince che il tema del bisogno è molto ampio e diramato se si cerca di concepirlo nel
suo complesso.
Senza effettuare categorizzazioni troppo invasive, lo psicologo Abraham Maslow ha categorizzato i bisogni tramite uno schema piramidale, suddividendoli in base all’area d’appartenenza.
Fig. 1: la piramide di Maslow7
Le dimensioni alla base della piramide, ovvero quella fisiologica e in parte anche quella di
sicurezza, sono particolarmente attinenti al secondo capitolo della tesi.
Queste costituiscono l’insieme di tutti i bisogni che prima dell’invenzione della piramide
venivano definiti bisogni primari.
Le categorie che sono alla cima, invece, non essendo strettamente necessarie alla sopravvivenza dell’individuo, venivano definiti bisogni secondari, perché costruiti su una base
edonistica.
Ci focalizziamo su questo secondo insieme di bisogni, in quanto più suggestivi ad una riflessione psicologica.
Uno degli spunti più considerevoli è stato apportato dall’inventore della psicoanalisi, Sigmund Freud.
7
Fonte: it.wikipedia.org/wiki/Bisogno#La_piramide_di_Maslow, (10.8.2016).
22
Lui stesso sostiene che tutte le scelte della psiche sono dettate da un principio comune,
definito principio del piacere.
L’uomo desidera la sua felicità, l’appagamento immediato e incondizionato dei suoi
desideri, ma tale desiderio si scontra spesso con la realtà, ovvero con le costrizioni morali e
le tradizioni sociali che sono ostili al pieno soddisfacimento della condizione di piacere,
limitandone le circostanze per l’adempimento.
Spesso si desidera così intensamente è al di là di ogni morale che è inevitabile non ottenere
quasi mai ciò che vogliamo.
Dallo scontro con la realtà e ne deriva l’inevitabile frustrazione dei desideri.
Ecco allora che al principio del piacere può subentrare quello di realtà, l’individuo cerca la
soddisfazione del desiderio in relazione a ciò che la realtà può offrire.
Mentre il principio di piacere cerca la soddisfazione immediata del bisogno in modo completamente irrazionale, il principio di realtà persegue l’appagamento del desiderio ponendosi obiettivi estesi nel tempo e sublimando l’impossibile appagamento immediato in rappresentazioni sostitutive.
In altre parole, di fronte all’impossibilità di un appagamento completo, il principio di realtà
agisce in modo da adattare il soddisfacimento del desiderio alle situazioni avverse 8.
Secondo questo criterio ogni individuo assegna ad altri individui o ad oggetti determinati
valori attraverso un opera di ettichettamento.
Sopra ad un oggetto “reale” viene di conseguenza a strutturarsi una dimensione legata al
“piacere”, del tutto idealizzata, ma che contribuisce in maniera completamente aleatoria al
miglioramento della vita dell’individuo, da esso percepito attraverso un riscontro anche di
tipo reale.
È questo, descritto in maniera molto esemplificata, il meccanismo che si costruisce nella
relazione tra individuo e oggetto, un sistema che oltre una performance strettamente funzionale, mira a suscitarne anche una edonistica, basata sulla sensazione di piacere percepita
al possedimento di un oggetto.
8
Freud S., Al di là del principio di piacere, Varese, Mondadori, 1998, pp. 26-48.
23
3.4
Sociologia
Siamo ciò che abbiamo. Se ampliamo la riflessione psicologica precedentemente espressa
ad una realtà di tipo sociale, le dinamiche che governano il sistema si sviluppano in modo
particolare.
Attualmente la società occidentale sta attraversando un momento storico definito “Postmodernismo”, una dimensione culturale basata su un incontrollabile flusso di conoscenze
ed informazioni a livello globale.
Un avvenimento reso possibile dal grandissimo sviluppo di media e di internet, che in poco
tempo hanno plasmato una società fondata sul capitalismo avanzato.
Caratteristica di questa forma di modernità contemporanea è l’assoluta centralità dell’esperienza estetica del consumo, con la conseguente sovrapposizione di stili e tendenze culturali in continuo mutamento 9.
La nascita della società dei consumi è stato un processo a lungo periodo iniziato circa nel
1800, un fenomeno costellato da una lunga serie di avvenimenti che coinvolgono sia la
sfera della produzione che quella del consumo.
In particolare, però, sono due gli avvenimenti di assoluta rilevanza che hanno scaturito tale
processo.
Il primo è puramente di carattere tecnico, si tratta della rivoluzione industriale, un
evoluzione che ha trasformato in modo radicale il mondo della produzione industriale.
Questa rivoluzione ha permesso una produzione di beni in sovrabbondanza, i quali poi necessitavano di essere venduti e consumati.
La grandissima offerta che garantiva questo nuovo sistema ha permesso perciò la nascita di
un secondo fenomeno, questa volta di carattere psicologico.
Con il movimento del romanticismo gli individui iniziarono a sviluppare una nuova risposta emotiva nei confronti degli oggetti, la ricerca del piacere attraverso l’estetica 10.
9
Fabris G.P. , Societing. Il marketing nella società postmoderna, Milano, EGEA, 2008,
pp.115-139.
10
Cambell C., The Romantic Ethic and the Spirit of Modern Consumerism, Londra,
WritersPrintShop, 1987, pp. 97-99.
24
L’oggetto diventò quindi strumento di identificazione sociale, in cui, all’epoca, portarono
le classi borghesi ad emulare i consumi della nobiltà con lo scopo di intraprendere un processo di escalation sociale denominato trickle-down.
Tale condizione, seppur parzialmente mutata, rappresenta ancora oggi la base del fenomeno della moda.
Un atto in cui si cerca attraverso il possesso di oggetti, di identificarsi a certi “gruppi sociali” e al contempo distinguersi da altri11.
In sostanza, la società postmoderna come quella moderna attiene ad un modello materialistico di consumo, in cui si riconosce nel possesso di oggetti il piacere e la costruzione della
propria identità.
La società trasforma il ruolo degli oggetti, che diventano segni che circolano in un gioco di
significati sociali, assottigliando in modo drastico, e sempre più spesso impercettibile, la
distinzione tra bisogni naturali ed artificiali.
Per avere una visione quanto più completa è necessario cambiare punto di vista, adottando
quella dell’oggetto più che quella del consumatore.
Si nota come l’oggetto funga sia da supporto materiale per l’interazione, sia da indicatore
simbolico per fissare le coordinate del mondo sociale.
Gli oggetti sono strumenti sono strumenti per riprodurre significati culturali, che in questo
modo strutturano lo spazio sociale.
In questo senso possiamo affermare che gli oggetti hanno una biografia culturale, ovvero
cambiano significato con il cambiare della società stessa12.
A tal proposito sono innumerevoli gli studiosi che si sono esposti a riguardo, tante opinioni
che ruotano attorno ad un quesito cardine di materia etico-morale:
È la società che attribuisce significato all’oggetto o l’oggetto che porta un significato fittizio alla società?
La risposta più logica che sorge è quella consensuale.
11
McKendrick N., The Birth of a Consumer Society: Commercialization of Eighteenth Century
England, Londra, Harper Collins, 1984, pp.9-30.
12 Appadurai A.,
The Social Life of Things: Commodities in Cultural Perspective, Cambridge,
Cambridge University Press, 1988, p.74.
25
Questi significati sono prodotti per metà dalla produzione e per metà dai consumatori, ed è
sbagliato attribuire alla prima fase una funzione totalmente economica ed alla seconda una
puramente culturale.
È giusto e necessario che un azienda travasi all’interno del suoi prodotti la propria identità,
i propri valori e le proprie credenze, se queste sono veramente fondative della propria
filosofia aziendale, nonché della propria storia.
Al contempo è sbagliato accettare ogni forma di espressione sociale come cultura, in quanto vengono associati agli oggetti significati distruttivi da parte delle persone.
Sempre più spesso la gente agisce sugli oggetti attraverso una logica dimostrativa di status,
una sorta di gara senza vincitori ne vinti che spacca la relazione sociale più che fondare
cultura.
Si evince che l’ambito di riflessione è troppo soggettivo per dare un’affermazione di tipo
oggettivo.
È l’utilizzo che si fa dello strumento da entrambi i punti di vista a determinarlo, e si si
vuole parlare di responsabilità, sono entrambi gli agenti a dividersela in modo equo.
26
CONCLUSIONE
Risulta proibitivo stabilire delle regole oggettive su un tema caratterizzato da una forte dinamicità degli elementi.
Si possono fissare le discipline, ma ogni considerazione a riguardo è assolutamente legata
alla soggettività.
Questa considerazione non è tuttavia da ritenersi vincolo, ma anzi rappresenta la sfera di
originalità nell’ambito della progettazione.
La funzione principale di una ricerca interdisciplinare non è lo scopo, ma bensì il processo.
Ogni risposta, se ragionata e meticolosa, assume uguale valenza di ogni altra opinione.
L’elemento costruttivo è la domanda, che rappresenta lo stimolo, motore del processo
progettuale.
Ogni progettista, prima di valutare la qualità delle risposte, deve prima soffermarsi sulla
levatura delle domande che si pone.
È questo l’imperativo categorico di ogni forma di progettazione.
27
BIBLIOGRAFIA
Appadurai A., The Social Life of Things: Commodities in Cultural Perspective, Cambridge,
Cambridge University Press, 1988, p.74.
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29
SITOGRAFIA
treccani.it/vocabolario/associare/, (10.8.2016).
Parker I., «The shape thins come», URL: newyorker.com/magazine/2015/02/23/shapethings-come, (23.02.2015).
30
ELENCO IMMAGINI
Fig. 1: la piramide di Maslow, Fonte: it.wikipedia.org/wiki/Bisogno#La_piramide_di_Maslow, (10.8.2016).
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