osdi Operatori Sanitari di Diabetologia Italiani Anno I Settembre 2008 n. 2 In...formazione - Autorizzazione tribunale di Como n. 13/2008 del 16 aprile 2008 Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Como In questo numero Il nostro cammino Aggiornamenti dal Congresso Rubrica scuola formatori OSDI La parola dell’esperto Osdi aggiorna Nursing Diabetologico NORME PER GLI AUTORI Le proposte di pubblicazione saranno accettate a giudizio del comitato di redazione. Ogni articolo esprime il lavoro e/o le convinzioni degli autori i quali assumono la responsabilità di quanto dichiarato. Quando l’articolo esprime o può coinvolgere la responsabilità o l’immagine dell’istituzione di appartenenza o quando gli autori parlano a nome della medesima, occorrerà una liberatoria scritta dei relativi responsabili. La pubblicazione dei lavori è gratuita; il materiale anche originale pervenuto, anche se non pubblicato, non sarà restituito. 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La struttura del lavoro dovrà conformarsi alle seguenti indicazioni: - Titolo: il titolo deve essere il più possibile conciso, ma chiaramente esplicativo della natura del lavoro. - Nome dell’Autore (o degli Autori): nomi e cognomi per esteso in lettere maiuscole; accanto a ciascun nome uno o più asterischi con riferimento alla successiva indicazione. - Indicazione, preceduta dal relativo numero di asterischi, per ciascun autore della qualifica o struttura di appartenenza; va indicato l’indirizzo e-mail dell’Autore cui fare riferimento. - Riassunto: il riassunto dovrà essere non superiore alle 300 parole e illustrare succintamente scopo del lavoro e risultati. - I riferimenti bibliografici dovranno essere riportati in calce al lavoro numerati progressivamente in cifre arabe poste tra parentesi quadre: indicando il cognome e le iniziali del nome dell’Autore, il titolo dell’articolo per esteso, il titolo della rivista, il volume (in corsivo), i numeri della prima e dell’ultima pagina e l’anno. Le bozze di stampa inviate agli autori devono essere corrette e restituite entro 4 giorni Il materiale dovrà essere inviato all’indirizzo e-mail: [email protected] o su supporto digitale a: Chiandetti Roberta SOC 1 Medicina Generale Azienda ospedaliero-Universitaria 33100 Udine OSDI aggiorna COMITATO DI REDAZIONE Carla Aliberti Annunziata Bondioli Daniela Cristofanelli La parola dell’esperto Lia Cucco Adia Fabbrizi Laurenzia Ferriani Lo sapevate che... Luigia Milano Rosetta Nocciolini Annamaria Tesei Rosanna Toniato Scuola Formatori OSDI Lorena Urbani SEGRETERIA DI REDAZIONE Nursing Diabetologico Rosangela Ghidelli PROGETTAZIONE GRAFICA, Elpo Edizioni - Como tel. 031.2759874 www.elpoedizioni.com Regolamento rivista sOMMARIO Direttivo OSDI Calendario eventi OSDI I T A L I A N I Maria Teresa Branca D I A B E T O L O G I A Il Congresso 2008: diabete tipo 1 e dintorni VICE-DIRETTORE IMPAGINAZIONE E STAMPA Le orme di un congresso 3 6 9 15 22 27 40 55 62 67 68 D I Roberta Chiandetti di Rosetta Nocciolini S A N I T A R I DIRETTORE RESPONSABILE Editoriale osdi O P E R A T O R I IN...FORMAZIONE Periodico trimestrale dell’Associazione OSDI Operatori Sanitari di Diabetologia Italiani Via Guelfa, 9 - 40138 Bologna www.osdi.it Autorizzazione del tribunale di Como n. 13/2008 del 16 aprile 2008 3 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi eDITORIALE m Il nostro cammino olti anni sono trascorsi da quando ho iniziato ad esercitare la mia professione. Ricordo ancora ansie e timori, incertezze e paure, mi sentivo troppo sola per quel ruolo importante, ogni decisione era tante volte ripensata e valutata per capire se il mio agire fosse stato adeguato. Poi gli anni sono passati in mezzo a tanti “successi” e talvolta “fallimenti”, ma sempre con la ferrea volontà di mettersi in gioco, di crescere, di imparare, di condividere, di “scrutare” gli altri e “gli altri” mi hanno dato un patrimonio grandissimo, fatto di umanità e sofferenza, di piccole gioie e di speranza, di sapere e di consapevolezza, di umiltà e fermezza, di forza e capacità di “guardare oltre”. Ho imparato da tanti, dai “malati” innanzitutto, dai colleghi, da tutte le figure che ruotano intorno al mondo della salute, e oggi, posso dire che mi sento orgogliosa di appartenere al “mio gruppo”, perché so con certezza, che oltre le apparenze del nostro essere “piccole creature” con i propri limiti ed i propri difetti, nel profondo di tanti ci sono valori e volontà di donare la parte migliore. Ciò che talvolta ci frena è quella insicurezza, quella paura di sbagliare, quel sentirsi inadeguati, quel timore di essere soli. Ma è proprio questo che ho imparato, non siamo soli, anzi, tanti altri, magari distanti fisicamente, sono pronti a donarti tutto il sostegno, le proprie conoscenze, il proprio affetto, la propria stima in un continuo scambio di idee e sentimenti. La nostra professione richiede anche una continua, ferrea preparazione, perché è impensabile che basti la buona volontà. Ogni parola, ogni atto, devono essere supportati da certezze misurate e misurabili in un ciclo continuo di rinnovamento in cui “il sapere e la componente umanistica” siano un tutt’uno. 4 n.2 settembre2008 D I A B E T O L O G I A D I O P E R A T O R I Rosetta Nocciolini S A N I T A R I So che questa mia consapevolezza altri me l’hanno trasmessa, ed è anche per loro, per coloro che “mi hanno insegnato” che vorrei poter trasmettere forza e coraggio, fiducia e speranza, serenità e orgoglio, umiltà e autocritica, perseveranza ed entusiasmo. Ma so anche che soltanto questo non mi basta, so che agli altri devo dare la possibilità di esprimere la loro parte migliore, di essere “maestri ed allievi” di continuare quel percorso di crescita ormai consolidato e inarrestabile, in un confronto continuo, in un cammino il più possibile condiviso. Io ci sarò, come altri sono e saranno con me a lottare per migliorare noi stessi e far sì che coloro per cui noi esistiamo, possano apprezzare di ciascuno di noi, professionalità ed equilibrio, disponibilità e sollecitudine, e possano, come in passato uno di loro ha detto: “…ti porgono anche le cose più umili come ti porgessero un gelato”. I T A L I A N I eDITORIALE osdi 5 n.2 settembre2008 Le orme di un congresso O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi « Articolo originale L’intera Sicilia è una dimensione fantastica. Come si fa a viverci senza immaginazione? Leonardo Sciascia Interrogarsi sull’essenza di Congresso significa proporsi di sciogliere un nodo cruciale, che trova il suo valore originario nella storia come culla della memoria di un gruppo. Cavalcando l’onda del tempo è forse più facile cogliere differenze e analogie, riscoprire spazi a noi ignoti, capire il perchè degli stili e conoscere i simboli e le identità. Il motivo, dunque, della ricognizione del nostro passato va ricercato nella possibilità di riconoscerlo dentro di noi, nei nostri comportamenti, nelle nostre visioni del mondo, nei nostri sentimenti, e fuori di noi, nella società stessa. 6 n.2 settembre2008 » D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I O P E R A T O R I Ogni uomo è un confine presente-passato, un pezzetto di storia, un limite temporale, ed è attraverso le differenze tra questi spazi di tempo che possiamo costruire il nostro futuro; essere assolutamente sicuri che c’è la possibilità di creare l’organizzazione migliore. Perché, attraverso una grande fede, grandi cose possono avvenire quando si è disposti a seppellire il proprio ego, e a contribuire con il proprio particolare dono, con le proprie passioni, con l’energia e le aspirazioni alla realizzazione di uno scopo comune. Non astuzie, non furbizie, ma credere veramente. Mi sono ritrovato in questo contesto animato da quel senso di appartenenza in cui ho creduto e credo, poggiato sul rispetto reciproco e sulla cooperazione. E, soprattutto, perché sono sempre più convinto che si possano ben rappresentare le ragioni e gli interessi della nostra categoria, secondo una visione più ampia dei problemi e delle scelte, affinché i bisogni e gli interessi ristretti siano concepiti in una dimensione globale. Ho constatato il legame di un comune amore, il desiderio di essere utili, il senso del dovere vissuto con gioia; quanti hanno saputo tirare fuori dall’ombra le impronte di questi valori, ridarle una voce e riviverle attraverso le immagini. Quel che unisce noi tutti è appunto il senso di appartenenza all’OSDI, come patrimonio comune di valori e di idee, di tradizioni e di speranze, e come progetto di costruzione di un nuovo soggetto professionale che possa far fronte alle sfide dell’epoca in cui viviamo e del prevedibile futuro. Così, si spiega il dato peculiare dell’esperienza nell’OSDI: dove agiscono rappresentanze che non obbediscono a logiche circoscritte e divergenti, ma convergono in assai larga misura nella visione dei fondamentali obiettivi da perseguire, al fine di rafforzare la realizzazione di una categoria professionale unita. La scelta di andare avanti, il rendere più ampia e forte l’unità, con netta determinazione, per far progredire la crescita comune, per allargare l’orizzonte e le ambizioni, ci riempie di orgoglio. L’OSDI può essere fiera del ruolo propulsivo svolto, nei suoi gruppi di lavoro, nei suoi Congressi ed eventi formativi ed educativi sia professionali che sociali ed all’azione del suo Consiglio Nazionale ed i Consigli Direttivi Regionali. Grande è stato lo sforzo unitario ed integrativo fatto dagli operatori sanitari per diffondere nelle opinioni pubbliche la consapevolezza di un nuovo approccio con la malattia. I T A L I A N I osdi 7 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi Il ruolo principale nella “redenzione” oggi non sta nell’uso “d’arme proprie”, ma nella presa di coscienza. Non c’è ancora nessuno che ci impedisca di cambiare la situazione: basta volerlo. A questo fine, oltre all’impegno da parte di tutti, la soluzione concreta più efficace è basata sulla formazione e sulla ricerca, due direzioni ancora poco battute. È tempo di uscire dall’impasse. Si rende necessario ridefinire il quadro d’insieme, dei suoi valori, dei suoi obiettivi e lavorare a progetti innovativi. Il monito di Jean Monnet “Non possiamo fermarci quando attorno a noi il mondo intero è in movimento” risuona come un assillo a cui non si può sfuggire. Con questa consapevolezza e questa responsabilità si sprigioni una nuova volontà, una nuova sollecitudine, come nel passato, guidata dalla coerenza e spinta dal coraggio. Questa impresa non appartiene al singolo, ma alla scoperta di una abilità collettiva di scrivere la Storia e di muoversi in una nuova direzione e compiere un’impresa prodigiosa. «Non chiedete cosa l’OSDI può fare per voi, chiedetevi cosa voi potete fare per l’OSDI». Questi sentimenti il Congresso ha risvegliato, come un principe azzurro che risveglia la Bella Addormentata: tornare a coniugare ottimismo nel futuro, fiducia in se stessi, onesta operosità, capacità di cooperare per il bene comune. Avere la generosità e la forza di carattere di continuare a impegnarsi per stimolare a rimanere svegli, e a non rimettersi in ombra. Chi ha compiuto una scelta così non può non aver conservato in sé una “bussola morale” che lo aiuta nelle decisioni. Quindi, proporre, decidere ed operare in un clima costruttivo fondato su una effettiva legittimazione reciproca in cui il dialogo è aperto; dettato da motivi di speranza e fiducia di una crescita in un divenire più moderno, che non perda il terreno conquistato attraverso competizioni e sfide difficili. Questo è il fascino dato da una terra dalla cultura millenaria, ricca di contrasti. Andrea Cavallaro 8 n.2 settembre2008 U.O. di Endocrinologia Centro Regionale di Diabetologia A.O. Papardo - Messina [email protected] L’8° Congresso OSDI si è svolto in una delle poche città Italiane che offre, concentrato in un solo sito, un paesaggio suggestivo e sempre diverso. Ai piedi dell’Etna nella piana di Catania e sulle sponde del Mar Ionio il Centro Congressi “Le Ciminiere” ha ospitato il nostro biennale incontro. …ora diamo i numeri… La partecipazione è stata simile a quella del 2006 a Bologna, con 500 infermieri provenienti da tutta Italia e 84 relatori; le Aziende del settore che normalmente seguono la nostra Associazione, hanno contribuito con la presenza di 104 partecipanti ed altre 30 persone dello staff organizzativo che hanno seguito in modo attento lo svolgersi delle attività congressuali per un totale di circa 718 persone. I lavori si sono svolti in tre giornate con simposi che hanno dato D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I diabete tipo 1 e dintorni O P E R A T O R I Il Congresso 2008: I T A L I A N I osdi 9 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi vita a 22 incontri in sessioni parallele e ben 75 presentazioni. Alla cerimonia inaugurale ho presentato ai partecipanti il resoconto dell’attività svolta durante il mio biennio di presidenza con il raggiungimento degli obiettivi esplicitati all’inizio del mio mandato. Ho ripercorso le principali tappe quali: » partecipazione ai lavori per la stesura degli “Standard Italiani per la cura del diabete mellito con le Società Scientifiche SID e AMD; » partecipazione al gruppo di lavoro per revisione della “Gestione integrata del diabete mellito di tipo 2 nell’adulto” con l’ISS; » partecipazione di Rosetta Nocciolini ai lavori e all’incontro a Vienna il 15-16 febbraio 2006 all’”EU Conference on Prevention of Type 2 Diabetes”; » collaborazione al “Progetto Italia DAWN” sostenuto e valorizzato dal Ministero della Salute; » ottenuto dal Comitato di Coordinamento di Diabete Italia 10 n.2 settembre2008 » » O P E R A T O R I Ho quindi introdotto il tema del congresso e le motivazioni personali condivise con il Direttivo con una presentazione molto particolare. Presentazione apprezzata dalla gran parte del pubblico e dichiarata poi esplicitamente nelle mail di congratulazione ricevute “..la tua presentazione, come ho avuto modo di dirti a voce, è stata, oltre che perfetta anche nella sua originalità, altamente emozionante”. L’Amico Massimo Grandese ha saputo tradurre il mio pensiero in realtà in modo eccellente e come un direttore d’orchestra ha diretto la “voce” di Susanna Costaglione ferma, decisa ma D I A B E T O L O G I A » D I » S A N I T A R I » l’ammissione di OSDI come Socio Ordinario il giorno 8 maggio 2008; collaborazioni con le Società Scientifiche SID, AMD e SIEDP attraverso incontri di formazione; erogato il I° Convegno Nazionale del Consiglio Direttivo Nazionale e dei Consigli Direttivi Regionali; erogato 6 corsi della Scuola di formazione permanente OSDI coinvolgendo 48 infermieri e un corso Up-level che verrà evaso a dicembre 2008; erogato 35 corsi di formazione professionale con il coinvolgimento di 1420 infermieri; per ultimo ma certamente molto importante la stesura del primo numero della nostra rivista che ha visto come direttore la collega Roberta Chiandetti. I T A L I A N I osdi 11 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi soprattutto tanto umana, le immagini sapientemente scelte con Francesco Lopergolo scorrevano a tempi stabiliti ed in perfetta sincronia con la musica che scaturiva dall’anima e dalle mani di Marco Di Blasio integrandosi le une con le altre, sempre guidate da ritmi precisi e scanditi dal tempo. A loro va un grazie particolare perché attraverso il momento magico dell’inaugurazione sono riuscita a fare breccia nei cuori e nelle menti di medici e infermieri che camminano con i “ragazzi” sulla strada del diabete e a inaugurare il nostro congresso. Il tema, ancora nuovo per molti di noi, ha trovato terreno fertile e ben disposto a ricevere informazioni e notizie. Tante sono state le manifestazioni giunte, quali conferma di un’ottima riuscita del Congresso, sollecitandoci a proseguire. Eccone alcune: Sensazione positiva quella del linguaggio utilizzato dai relatori: “chiaro, semplice ma soprattutto quella di “essere capiti al volo quando si parla di problemi umani…”. Bilancio: “Decisamente positivo: l’importanza degli argomenti 12 n.2 settembre2008 D I S A N I T A R I O P E R A T O R I trattati, il loro spessore scientifico, l’approfondimento degli aspetti psicopedagogici, la bravura dei relatori, l’organizzazione perfetta (anch’io ho apprezzato come altri il timer sullo schermo) e soprattutto un grande entusiasmo di fondo che ha coinvolto tutti”. “… che dire poi della splendida serata della cena sociale. Anche in questo caso, raramente avevo visto una così bella scenografia e gustato piatti deliziosi e ci vuole una grande organizzazione per assicurare una eruzione vulcanica con la luna piena!!!”. Il passaggio del “testimone” tra Rosangela Ghidelli e Rosetta Nocciolini si è concluso dopo la tavola rotonda che ha visto seduti al tavolo tutte le rappresentanze delle Società Scientifiche, delle Istituzioni e dei rappresentanti delle Associazioni dei Pazienti. Momenti di emozione hanno coinvolto il palco che ha visto l’uscita di alcuni rappresentanti del Consiglio Direttivo Nazionale per dare spazio a persone nuove che proseguiranno il cammino intrapreso ed a loro va tutto il nostro appoggio e solidarietà. Momenti che restano nel cuore e nell’anima. Momenti che si possono rivivere chiudendo gli occhi ed D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi 13 n.2 settembre2008 S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi O P E R A T O R I assaporando ancora quello che di importante per noi è successo: stare insieme e gioire delle gioie altrui. Che altro dire?! Nulla se non che ricordare una frase di Nicholas Chamfort: “Ciò che ho imparato a scuola non lo so più: ciò che so ancora l’ho appreso sui prati della vita”. Rosangela Ghidelli 14 n.2 settembre2008 Osdi aggiorna D I A B E T O L O G I A Cenni storici L’esigenza di utilizzare uno strumento alternativo al vecchio registro delle consegne nasce nella S.C. di Endocrinologia già nel 2000, quando il nostro Direttore, da sempre interessato alle procedure assistenziali, ci incitava a ricercare nuovi processi organizzativi e gestionali che mirassero ad interpretare i bisogni del paziente ed a rispondere ad essi. In una prima fase, noi infermieri abbiamo manifestato molte perplessità nei confronti di questo progetto in quanto ritenevamo che nuove procedure potessero significare aumento del lavoro. Molte le riunioni per pianificare e programmare ogni evento, ogni attività e tradurre in obiettivi scritti quelli che, sino a quel momento, erano solo obiettivi pensati. Il nostro lavoro è stato ampiamente riconosciuto ed appoggiato dalla Dirigenza medica ed infermieristica tanto da diventare progetto aziendale ed il nostro gruppo di lavoro, pilota nella sperimentazione della cartella infermieristica. Oggi tutto il gruppo infermieristico è orgoglioso di aver trasformato gli obiettivi in risultati. D I in diabetologia: presentazione di un’esperienza S A N I T A R I La cartella infermieristica O P E R A T O R I A cura di Roberta Chiandetti I T A L I A N I osdi Presentazione La cartella infermieristica è lo strumento cartaceo e/o informatico che raccoglie un complesso eterogeneo di informazioni relative 15 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi al paziente e relative all’episodio che ha causato il ricovero. Tali informazioni definiscono tutte le attività di ogni figura professionale che si prende cura del processo di nursing del paziente diabetico (coordinatore, infermiere, dietista). L’utilizzo della cartella infermieristica permette di definire e pianificare ogni intervento sanitario mantenendo competenze e autonomie professionali non solo sulle pratiche infermieristiche che si devono attuare, ma anche sulla valutazione dei risultati e sul giudizio clinico circa i problemi di salute di competenza infermieristica. Struttura La cartella infermieristica contiene: » Dati identificativi della cartella stessa; » Dati identificativi dell’assistito; » Valutazione infermieristica all’ammissione; » Identificazione dei bisogni assistenziali e del grado di dipendenza (punteggio che esprime l’applicazione pratica del processo di nursing e relativi carichi di lavoro); » Griglia di registrazione delle abitudini voluttuarie del paziente; » Griglia di valutazione delle linee e dei drenaggi; » Griglia per l’identificazione degli interventi infermieristici e per la registrazione delle procedure assistenziali; » Diario infermieristico; » Valutazione dei risultati e degli obiettivi infermieristici raggiunti. La nostra cartella è integrata da una sezione dedicata alla nutrizione, cartella che viene compilata dalla dietista dedicata all’assistenza nutrizionale dei pazienti degenti. Essa si compone di una: » Scheda di valutazione dello stato nutrizionale e scheda con indicazione all’eventuale supporto nutrizionale artificiale; » Scheda contenente l’indicazione dietetica con relativa composizione bromatologica; » Grafico della curva ponderale relativa al periodo di degenza; » Diario dietistico; » Griglia per il monitoraggio dell’intake calorico nei pazienti malnutriti o a rischio di malnutrizione calorico-proteica. Quando il paziente dovesse presentare una patologia legata al piede diabetico la cartella infermieristica si arricchisce della 16 n.2 settembre2008 Conclusioni L’uso della cartella infermieristica riflette la professionalità ed esprime l’autonomia gestionale dell’infermiere: la raccolta dei dati puntuale e rigorosa evita e riduce interventi inadeguati o dannosi; permette una consultazione immediata ed inequivocabile dei parametri vitali del paziente, degli interventi assistenziali effettuati e delle risposte terapeutiche ottenute. Allegata alla cartella clinica del paziente costituisce un documento con valenza medico-legale. D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I Riflessioni L’uso della cartella ci ha portato a fare un bilancio. Tanti sono i vantaggi che abbiamo tratto: dalla non dispersione dei dati alla visione globale del paziente, dal lavoro per obiettivi alla valutazione immediata del tempo di esecuzione degli esami. Sono comunque state individuate aree di criticità alcune di natura pratica come la sovrapposizione dei tempi di utilizzo della cartella da parte dei vari operatori, altre di natura professionale come l’abilità nella compilazione e nel trasferimento degli eventi salienti. Abbiamo già individuato delle aree di miglioramento che ci proponiamo di realizzare a breve termine come la formazione continua degli operatori; le riunioni periodiche per la revisione degli obiettivi prefissati e per verifica dei risultati ottenuti; la rivisitazione dei percorsi assistenziali carenti; la creazione di nuovi processi assistenziali più efficaci ed efficienti in base all’analisi degli eventi. O P E R A T O R I cartella podologica che contiene informazioni specifiche sulla localizzazione della lesione e sulla valutazione della stessa. Contiene inoltre: » scheda dell’anamnesi del piede; » indicazione sul tipo di trattamento della lesione; » indicazione sugli interventi da compiere per migliorare la compliance del paziente; » registrazione degli esami colturali e relative prescrizioni terapeutiche mirate; » diario delle medicazioni. I T A L I A N I osdi AFD G. Chimienti - Inf. D.ssa F. Zicari Presidio Ospedaliero Centrale Stabilimento “Ss. Annunziata” Taranto - Sruttura Complessa Endocrinologia 17 n.2 settembre2008 osdi Osdiaggiorna O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I Utilizzo della consulenza infermieristica presso il Centro Diabetologico del Presidio Ospedaliero di Monfalcone (GO) Obiettivo di questo lavoro è quello di dimostrare: 1) L’utilizzo concreto della consulenza infermieristica come strumento efficace del processo assistenziale in diabetologia; 2) l’opportunità di crescita professionale in seguito al continuo confronto pluridisciplinare attuato nella sua implementazione operativa. Il ruolo Infermieristico è comprensivo di quattro funzioni: » clinica, di assistenza diretta; » consulenza, per i colleghi delle Strutture Operative della propria Azienda e di altre aziende; » educativa, è la chiave per una corretta presa in carico del paziente coinvolgendo l’equipe infermieristica e di supporto; » di ricerca, permette l’aggiornamento costante e la crescita della professione. Volendo approfondire la funzione di consulenza attuata dall’Infermiere, rivolta non solo ai colleghi ma anche agli utenti che richiedono un intervento infermieristico, essa è intesa come: » prestazione tecnica; » addestramento sul campo del collega; » educazione del paziente e/o dei familiari; » valutazione; » supervisione ai colleghi. La consulenza è insita nelle basi normative che regolano la nostra professione L. 42/99; decreto 739/94; codice Deontologico; L. 43/2006 (il professionista specialista è il possessore del Master di I livello per le funzioni specialistiche rilasciato dall’Università ai sensi del Decreto MIUR n°509/99 art. 1; svolge attività che richiedono un elevato grado di esperienza e di specializzazione: attività didattiche, di staff, di studio e 18 n.2 settembre2008 D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I O P E R A T O R I ricerca). Oggi l’Infermiere è responsabile e autonomo nella sua attività di assistenza e fonda il proprio operato su evidenze scientifiche. Nella definizione di consulente troviamo un professionista di provata capacità tecnica a cui ci si rivolge per avere informazioni e consigli nelle materie di sua competenza. Ciò riflette la realtà del professionista “Esperto” cioè colui che possiede una specifica preparazione su determinati argomenti in determinati campi e del professionista “Specialista” cioè colui che attende ad un ramo speciale di un’attività, di una professione esempio il medico o l’infermiere specializzato in un determinato ramo. Parte nel 1998 il progetto “Attuazione della Consulenza Infermieristica” nella nostra Azienda (ASS2 “Isontina”), elaborato dall’ufficio infermieristico; prevede un protocollo di gestione delle consulenze infermieristiche, con la tipologia di offerta di consulenza per ogni unità operativa, protocollo poi sistematicamente aggiornato negli anni successivi e approvato dalla Direzione Sanitaria Aziendale. Dopo sei anni di attuazione della consulenza infermieristica (l’offerta cominciò nel 2002) si può concludere che quest’ultima è uno strumento efficace nella nostra realtà diabetologica, in particolare attualmente, avendo incrementato l’attività educativa per l’uso dei devices per l’insulina e l’attuazione di medicazioni avanzate del piede diabetico. Essa ci permette una condivisione multidisciplinare con offerta di competenze specialistiche. L’Infermiere professionista in questo modo affronta e spesso risolve problemi assistenziali diversi, grazie al confronto costruttivo con il collega che ha maggiore competenza professionale specifica rappresentato nel nostro ambito dall’infermiere esperto o specializzato dopo Master in Wound care. Dai dati che ho analizzato si evidenzia il sempre maggior ricorso alla richiesta di consulenze Infermieristiche da parte dei diversi contesti sanitari che ruotano attorno alla Diabetologia (ben 118 nel 2007). In particolare le consulenze ci vengono richieste da unità operative di Medicina, RSA, ADI ma anche Chirurgiche e specialistiche in genere (figura 1). Le richieste cartacee sono in triplice copia: una copia viene riconsegnata all’équipe infermieristica che la richiede con le indi- I T A L I A N I osdi 19 n.2 settembre2008 osdi 118 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I 85 3 2002 4 2003 2004 36 2005 Figura 1 - Incremento consulenze Infermieristiche erogate dal 2002 al 2008 2006 2007 a maggio 2008 cazioni delle prestazioni effettuate al paziente ed eventuali consigli o prescrizioni da attuare e fa parte a tutti gli effetti della documentazione della cartella clinica, una copia viene inviata all’ufficio Infermieristico per conoscenza, una copia resta come documentazione presso il Centro e comunque registrata sulla cartella diabetologica se il paziente vi è seguito. La principale prestazione richiesta è rappresentata dalla valutazione di ulcera diabetica e medicazione, segue la richiesta di istruzione ed educazione all’uso di presidi per la misurazione della glicemia, delle modalità di effettuazione dell’autocontrollo glicemico e uso corretto di devices di somministrazione dell’insulina (figura 2). Obiettivo che il team si poneva in seguito all’adozione della consulenza infermieristica era quello di dare una risposta assistenziale corretta al cittadino nell’ottica dell’offerta di migliori cure possibili. A distanza di 6 anni ci si è avvicinati a questo obiettivo e risulta evidente come contesti specialistici richiedano l’utilità della consulenza Infermieristica non solo per i cittadini ma anche per gli Infermieri, in quanto viene favorita la formazione professionale trasversale sul campo su particolari aspetti tecnici. 20 n.2 settembre2008 11 79 osdi Lorena Narduzzi Infermiera presso il Centro Antidiabetico del Presidio Ospedaliero di Monfalcone (Gorizia) [email protected] RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Carpenito L.J. Diagnosi Infermieristica - Applicazione alla pratica clinica - Il modello bifocale della pratica clinica [2] Protocollo Aziendale (ASS2 Isontina) sulla Consulenza Infermieristica. [3] http://www.google.it/search?source=ig&hl=it&rlz=1G1GGLQ_ITIT279&q= consulenza+infermieristica&btnG=Cerca+con+Google&meta= D I A B E T O L O G I A D I Il fine primo e ultimo resta quello di perseguire obiettivi di appropriatezza assistenziale per specifici ambiti, patologie, prestazioni in risposta ai bisogni specifici della persona con quella piena responsabilità professionale che oggi ci è assegnata, che non è disgiunta dall’effettiva autonomia. S A N I T A R I Figura 2 - Oggetto delle consulenze Infermieristiche richieste dai reparti O P E R A T O R I Medicazioni 83% I T A L I A N I Educazioni 17% 21 n.2 settembre2008 “ La parola dell’esperto O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi n.2 settembre2008 Articolo originale Il diabete ed il percorso di adattamento “Il diabete è una malattia cronica che può insorgere nella vita di una persona. La sua presenza non deve alterare le aspettative ed i desideri, i progetti ed i sogni di chiunque. La capacità di acconsentire e capire quello che è accaduto permettono di continuare a vivere la propria vita”. Il diabete ed il percorso di adattamento Se nel corso della vita di una persona avviene un cambiamento inaspettato e non voluto è la persona stessa, nel suo insieme di emozioni, sentimenti, pensieri e progetti che subisce un mutamento improvviso. Ciò che prima era chiaro e limpido all’improvviso si oscura. Quando nella vita di una persona insorge una malattia cronica come il diabete il cambiamento è inevitabile. All’inizio è una realtà difficile da accettare, in quanto non risulta facile incorporare la presenza della malattia nella propria immagine di sè e sentirsi bene con se stessi. Per di più, bisogna considerare gli effetti che una tale situazione ha sugli altri e sull’ambiente sociale in cui vive la persona. Si tratta di cambiare, all’interno della propria vita, le proprie abitudini alimentari, seguire correttamente una terapia, imparare a fare l’insulina, se necessaria, ed acquisire la 22 Il Cambiamento Le risorse per far fronte alla nuova situazione comprendono le cure mediche, ma anche il sostegno da parte della famiglia, amici, colleghi, associazioni dei pazienti. I familiari vanno coinvolti sin dall’inizio nella definizione delle cause della malattia e nelle soluzioni da prospettare al di là della semplice D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I Il supporto educativo e sociale A questo punto è importante che la persona con malattia cronica, sia aiutata a comprendere la nuova condizione ed abbia la possibilità di ritrovare e ricostruire un nuovo equilibrio ed impegnarsi a mantenerlo superando gli stimoli negativi legati alla malattia. Il tempo aiuta a comprendere ed allora la persona riesce ad acconsentire al nuovo stato, ritrova un equilibrio emozionale grazie al quale è possibile sostenere più serenamente il trattamento nella vita quotidiana e le diverse implicazioni personali, familiari, professionali e sociali. Utilizzo il termine acconsentire poiché contiene il significato di un consenso positivo a ciò che avviene, poiché accettare è talvolta vissuto dalle persone come una sorta di resa incondizionata. O P E R A T O R I capacità di gestire la vita quotidiana. Vengono richiesti controlli e visite periodiche. Gli insuccessi terapeutici che si possono verificare possono essere vissuti come insormontabili. Il senso di benessere, le aspirazioni ed aspettative che avevamo delineato nella propria vita vengono influenzate dall’evento inusuale e, talvolta, sembrano diventare irraggiungibili e irrealizzabili. Ne consegue una serie di reazioni emotive che, pur abbastanza uniformi nella loro esteriorità, si presentano con caratteristiche diverse per ciascuna persona. Le reazioni sono quelle dello stupore poiché non si capisce cosa stia accadendo, altre volte si prova rabbia per quello che è accaduto. Talvolta è possibile osservare atteggiamenti di rifiuto nei confronti della nuova situazione; intellettualmente viene riconosciuta la malattia ma si negano le emozioni che da essa scaturiscono. I T A L I A N I osdi 23 n.2 settembre2008 prescrizione farmacologica se si vogliono porre le basi per un trattamento corretto ed efficace. Da parte degli operatori o équipe curante l’obiettivo è aiutare la persona ad aiutarsi, renderla capace di affrontare le varie situazioni in maniera autonoma ed accettare i conflitti, non più come minaccia della propria identità, ma come momenti di crescita. Si tratta di offrire un approccio all’aiuto, che non vuole sostituirsi alle persone, ma risvegliare in loro risorse trascurate e trovare in se stesse le energie mentali ed emotive per avviare una nuova fase della propria biografia, della propria vita. È una forma di investimento che va oltre la motivazione, la persona deve poter comprendere che quanto sta facendo è utile e serve a se stessa, l’obiettivo è raggiungere un nuovo stato di benessere e soddisfazione personale, sapendo che quanto sta realizzando è importante e... “ne vale la pena”. Marina Trento Laboratorio di Pedagogia Clinica Dipartimento di Medicina Interna - Università di Torino RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] Lacroix A, Assal JP. Educazione Terapeutica dei pazienti. Edizioni Minerva Medica, Torino, 2005 [2] Snoek F.J, Skinner TC. Psychology in diabetes care. John Wiley & Sons. USA, 2005 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi 24 n.2 settembre2008 Lo sapevate che... D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I Anello gastrico: trattamento efficace nei pazienti con diabete tipo 2 obesi Un gruppo universitario australiano ha valutato l’efficacia dell’inserimento di un nastro gastrico in pazienti obesi con diabete tipo 2. Nello studio sono stati arruolati 60 pazienti con diabete tipo 2 di età media di 47 anni (range 20-60 anni) e con una HbA1c media del 7.7%. Tutti i pazienti, suddivisi in due gruppi, si avvalevano di un programma di trattamento tradizionale comprendente regole dietetiche e incoraggiamento a svolgere attività fisica. Nei due gruppi, il trattamento antidiabetico era adattato liberamente a livello individuale da uno specialista diabetologo, in base all’equilibrio glicemico. Nel gruppo “trattato chirurgicamente” si inseriva anche, per via celioscopica, un anello gastrico. Dopo due anni di follow-up, i soggetti trattati chirurgicamente avevano perduto il 20% del loro peso iniziale mentre quelli che ricevevano il trattamento convenzionale soltanto l’1.7%. Cosa ancora più interessante, il 75% di quelli trattati chirurgicamente erano in remissione, rispetto al 15% di quelli del gruppo a trattamento convenzionale, con una riduzione dell’HbA1c quattro volte maggiore che nei soggetti non sottoposti a trattamento chirurgico. Dei 30 pazienti trattati chirurgicamente, 26 hanno potuto sospendere il trattamento antidiabetico e un gran numero di essi ridurre in maniera significativa quello antiipertensivo e ipolipemizzante. Il miglioramento dell’insulinoresistenza era inoltre nettamente migliore con una riduzione del 45% dell’HOMA IR rispetto al 3.8% dell’altro gruppo. JAMA 299: 316, 2008 O P E R A T O R I A cura di Rosanna Toniato I T A L I A N I osdi 27 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi Il desiderio di dolce si trova tutto in un gene Tutto il nostro desiderio di dolcezza e zucchero sarebbe nascosto in un unico gene. La capacità incredibile di ingurgitare montagne di caramelle, di versare innumerevoli cucchiaini di zucchero in tè o caffè, di gustare dolci e confetti senza averne mai abbastanza si trova tutto in una piccola variazione genetica. È quanto sostiene uno studio canadese della University of Toronto. Il gene in questione è il trasportatore di glucosio di tipo due, quel gene che aiuta il cervello a regolare l’assunzione di cibo. Chi possiede una particolare variante di questo gene è portato ad assumere più zucchero (qualsiasi tipo di zucchero) rispetto agli altri. I ricercatori hanno coinvolto 825 persone nella loro ricerca e le hanno divise in due gruppi: un gruppo di persone sovrappeso con diabete trattato con sola dieta e un gruppo di persone considerate in buone condizioni generale. Ad ogni partecipante è stato chiesto di registrare le proprie abitudini alimentari di un “mese tipo”, dopodiché sono stati sottoposti ad un’analisi genetica per determinare la presenza o meno della variante genetica in studio. I dati hanno mostrato che in entrambi i gruppi quelli che assumevano una maggiore quantità di zuccheri erano proprio quelli che presentavano la variante in esame. Una giustificazione genetica alle scorpacciate di dolci... ma attenzione, perché questo legame riguarda solo lo zucchero, nessuna relazione infatti è stata individuata con il consumo di amido, proteine e grassi. Physiol Genomics 2008; 33:355-360 La disfunzione erettile nei diabetici è pessimo segnale per il cuore La disfunzione erettile negli uomini affetti da diabete di tipo 2 è segnale quasi certo di futuri problemi cardiaci. Lo confermano due studi – dei quali uno italiano – pubblicati sul Journal of the American College of Cardiology. I ricercatori dell’Istituto Beato Matteo di Vigevano hanno preso in esame 291 uomini con diabete 2 e scoperto che quelli con disfunzione erettile avevano un rischio doppio rispetto agli altri di essere colpiti da un attacco cardiaco o un ictus nel corso di 4 anni. I ricercatori della Chinese University di Hong Kong hanno verificato che tra i diabetici perfettamente sani dal punto di vista cardiovascolare ma con disfunzione erettile i tassi di mortalità per 28 n.2 settembre2008 Controllo glicemico intensivo: Studio ACCORD interrotto prematuramente Lo studio ACCORD (Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes), che aveva lo scopo di studiare gli effetti di tre differenti strategie terapeutiche miranti tutte a ridurre l’aumentata morbosità e mortalità nel diabete tipo 2, è stato interrrotto 18 mesi prima del termine previsto per un aumento, nel gruppo dei pazienti a controllo intensivo, del numero di decessi per tutte le cause (257 vs 203; 14/1.000/anno vs 11/1.000/anno). Scopo dello studio era quello di fornire una risposta alla domanda se un valore target di HbA1c di 6% sia più efficace di uno compreso tra 7 e 7,9% nel ridurre l’incidenza degli eventi cardiovascolari. In questo studio veniva testata una strategia terapeutica e non una classe specifica di antidiabetici orali. All’atto dell’arruolamento, la popolazione ACCORD era costituita per il 61,4% da soggetti di D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I Le virtù del succo di frutta Bevendo succo di uva e mela si ha un’azione preventiva contro l’aterosclerosi più potente di quella che si ottiene mangiando gli stessi frutti freschi. Lo svela uno studio pubblicato sulla rivista Molecular Nutrition and Food Research. I ricercatori dell’Università di Montpellier stavano indagando sugli effetti della lavorazione industriale della frutta sul contenuto in fenoli, antiossidanti che hanno proprietà anti-aterosclerosi e quindi di prevenzione cardiovascolare. Con una certa sorpresa, i ricercatori hanno scoperto che quattro bicchieri al giorno di succo di mela o uva al 100% (equivalenti a circa tre mele e tre manciate di chicchi d’uva) non solo non perdono il loro potere antiossidante ma anzi contengono persino una maggiore quantità di fenoli biodisponibili rispetto alla frutta fresca. Molecular Nutrition and Food Research 2008 O P E R A T O R I infarto e le probabilità di avere un infarto grave ma non fatale erano più elevate del 58%. Ma c’è una speranza: i ricercatori italiani hanno anche scoperto che il rischio diminuisce di un terzo se si trattano i pazienti diabetici con disfunzione erettile con le statine. J Am Coll Cardiol 2008; 51:2040-2044 J Am Coll Cardiol 2008; 51:2045-2050 J Am Coll Cardiol 2008; 51:2051-2052 I T A L I A N I osdi 29 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi sesso maschile di età media di 62.2 anni e con durata media di malattia diabetica di 10 anni. Il valore medio di HbA1c era dell’8,3%. Per quanto riguarda la fine prematura di ACCORD, attualmente sono disponibili dati limitati. Il valore medio di HbA1c era del 6.4% nel gruppo intensivo, rispetto al 7.5% in quello standard. Complessivamente, la mortalità nei due gruppi era più bassa di quanto atteso sulla base dei precedenti studi condotti nel diabete tipo 2 (circa 50/1.000/anno). Nel gruppo intensivo era presente un trend verso una minore incidenza di eventi cardiovascolari, ma la mortalità e l’incidenza di morti improvvise erano più elevate. Disordini alimentari e ansia Alla base dei disordini alimentari tipici delle (e degli) adolescenti sembra esserci un fattore comune, l’ansia. Lo sostiene uno studio pubblicato sul Journal of Advanced Nursing. I ricercatori finlandesi dell’Adolescent Psychiatry Clinic della Turku University Hospital hanno seguito 372 teenager tra i 15 e i 17 anni di entrambi i sessi per 12 mesi per determinare se esistono fattori in grado di distinguere quelli che tendono a soffrire di disordini alimentari per lunghi periodi di tempo da coloro che ne soffrono solo in periodi transitori. È emerso che a soffrire di disordini alimentari sono per la stragrande maggioranza femmine, ma che se si considerano solo i disordini alimentari che durano anni, allora la percentuale di maschi aumenta sensibilmente. L’unico fattore psicologico che tutti i teenager con disordini alimentari di lunga durata avevano in comune è risultata l’ansia. “La nostra scoperta dimostra che i disordini alimentari non sono una patologia a sé, ma parte di un quadro psicopatologico complesso”. Journal of Advanced Nursing 2008; 62(6), 674–680 Il grasso contro le rughe Applicazioni locali di una lozione a base di un grasso naturale sembrano essere un vero toccasana contro le rughe, sia quelle dovute al normale invecchiamento della pelle, sia quelle causate da agenti esterni come ad esempio l’esposizione a raggi ultravioletti. È il sorprendente risultato di una ricerca coreana pubblicata sul Journal of Lipid Research. Le rughe sono dovute principalmente alla diminuzione della 30 n.2 settembre2008 D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I L’ormone della sazietà funziona meglio se si fa attività fisica La leptina, una proteina segnale che regola il senso di sazietà, da sola non basta per lanciare al cervello il messaggio di smettere di alimentarsi. Ma fare attività sportiva aiuta ad aumentare la produzione di questo ormone e a rafforzare il messaggio di sazietà che deve raggiungere il cervello. Lo ha dimostrato una ricerca apparsa nella rivista Diabetes. Nel 1994 Jeffrey Friedman della Rockefeller University ha individuato una proteina, la leptina, e il gene che la codifica, il gene Ob, che prometteva di rivoluzionare le conoscenze sul diabete e sull’obesità e di riuscire a curare questi disturbi. Questa proteina è una molecola segnale che viene prodotta dal tessuto adiposo; si è prima ipotizzato e poi dimostrato che essa serve da segnale per il cervello e che regola lo stimolo della fame e l’assunzione di cibo. Dopo queste scoperte si è pensato che, per esempio, se si fosse fornito questo ormone a soggetti obesi si sarebbe potuto O P E R A T O R I produzione di collagene e all’incremento del livello di alcuni enzimi, chiamati MMP, che favoriscono la degradazione del collagene esistente. Nel tentativo di trovare degli agenti per uso topico in grado di prevenire o rallentare questo processo i ricercatori del Dipartimento di Dermatologia del Seoul National University College of Medicine hanno messo alla prova sette tipi di lipidi esistenti in natura. Di questi lipidi tre si sono rivelati efficaci nel prevenire l’effetto di riduzione di espressione del collage e quello di incremento dei livelli di MMP da parte dei raggi UVA e in grado di incrementare il collagene nelle cellule della pelle già danneggiate. Il più promettente dei tre si è rivelato la fosfatidilserina, costituente della matrice strutturale di tutte le membrane cellulari, che è stata quindi provata su alcuni volontari giovani ed esposti a raggi ultravioletti e su altri non giovani. In questo modo sono stati valutati gli effetti sia sui danni dovuti a fattori esterni sia su quelli dovuti al fisiologico processo di invecchiamento. L’applicazione di una soluzione al due per cento di fosfatidilserina su piccole aree delle natiche delle partecipanti allo studio ha mostrato che il trattamento previene la riduzione del collagene e l’incremento dei livelli di MMP. Certo a questo punto bisogna vedere se sul viso ha lo stesso effetto... Journal of Lipid Research 2008; 49:1235-1245 I T A L I A N I osdi 31 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi controllare il senso di sazietà e facilitare i pazienti nella perdita di peso. Si è scoperto nel tempo, invece, che nei pazienti obesi la concentrazione di leptina nel sangue è maggiore che nei soggetti normopeso e che, però, questo segnale non riesce ad essere recepito in maniera corretta dai recettori ipotalamici. La scenario è più complesso di quanto si era delineato all’inizio degli studi su questo ormone. L’uso della leptina nel trattamento dell’obesità è infatti ancora molto controverso. L’ultimo studio in merito dimostra che in animali da laboratorio obesi il trattamento con leptina è più efficace se associato ad una costante attività fisica. Se si ipotizza che questo possa valere anche per gli uomini si ribadisce l’importanza per le persone obese o in forte sovrappeso di svolgere attività fisica e di quanto questo sia un elemento necessario per riattivare il metabolismo, perdere peso, imparare ad avere uno stile di vita corretto. Diabetes 2008; 57: 614-622 Psoriasi e malattie cardiovascolari Ipertensione, diabete mellito, dislipidemia, obesità, fumo di sigarette sono fattori di rischio cardiovascolari che si riscontrano nei pazienti affetti da psoriasi. Le più recenti ricerche hanno evidenziato che la psoriasi stessa potrebbe essere un fattore di rischio aggiuntivo per lo sviluppo di malattie cardiovascolari. Quale sia il legame tra queste due malattie è un mistero. Una revisione pubblicata nella rivista The American Journal of Medicine affronta questa questione. La psoriasi è causata da un disordine del sistema immunitario i cui classici sintomi sono la presenza di chiazze rosse sulla pelle e prurito, soprattutto in corrispondenza dei gomiti, delle ginocchia, della regione lombo-sacrale della schiena, del cuoio capelluto. In questa condizione patologica le cellule T, che normalmente proteggono l’organismo dalle infezioni, attivano una serie di processi infiammatori che stimolano la produzione di cellule cutanee dando luogo poi alle manifestazioni tipiche della malattia. Considerare e curare, però, la psoriasi esclusivamente come una malattia immunitaria potrebbe essere un errore. In virtù delle recenti ricerche che dimostrano un legame tra psoriasi e malattie cardiovascolari, sarebbe più corretto cominciare a gestire questo disturbo in maniera diversa. Secondo quanto si sostiene nella revisione, oltre a trattamenti volti a ridurre la 32 n.2 settembre2008 osdi D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I O P E R A T O R I Cancro e diabete potrebbero essere collegati a dei meccanismi di risparmio energetico cellulare Un team di ricercatori ha scoperto che molti organismi, in mancanza di cibo, attivano gli stessi meccanismi di segnalazione cellulare che consentono alle cellule di risparmiare energia. E sembra che ci sia una relazione tra le alterazioni dei meccanismi di risparmio energetico cellulare, diabete e cancro. In laboratorio, gli esperti hanno osservato che quando una coltura cellulare non dispone di sufficienti nutrienti, entra in azione l’enzima AMPK che lega dei gruppi fosfato ad una proteina chiamata “raptor”. Quest’ultima è di fondamentale importanza per il funzionamento della proteina mTOR che stimola la crescita cellulare. Le modifiche che avvengono quando vi è scarsità di nutrienti, disattivano mTOR, la divisione cellulare si ferma e la cellula entra in risparmio energetico. Se questa via metabolica non funziona, la cellula continua a crescere e riprodursi, fino a morire. In tutti gli organismi studiati, dai più semplici ai più complessi, la struttura della proteina raptor è fortemente conservata indicando che in natura, le strategie che riguardano i bisogni fondamentali degli organismi, vengono tendenzialmente invariati. Questo studio ha però anche messo in luce dei possibili collegamenti con tumori e diabete. In questa via metabolica, infatti, svolge un ruolo di primo piano anche la proteina LKB1, che è un fattore di soppressione tumorale. Se LKB1 manca, si formano dei tumori benigni, gli amartomi, ma anche alcuni tipi di tumori polmonari e del colon che partecipano all’attivazione di AMPK. I ricercatori hanno dimostrato che LKB1 attiva AMPK. Non solo. La metformina, agisce attivando AMPK. Secondo i ricercatori, questa scoperta potrebbe spiegare almeno in parte l’aumento di rischio di cancro che si osserva nei pazienti con diabete di tipo 2. Ora gli esperti vogliono capire se delle mutazioni nei componenti della via metabolica LKB1/AMPK possono nascondersi dietro ad entrambi le malattie e se farmaci contro il diabete potrebbero anche contrastare la crescita di alcuni tipi di tumore. Molecular Cell, 2008 I T A L I A N I proliferazione cellulare cutanea e a lenire i rossori e il prurito, si dovrebbe anche verificare la salute del sistema cardiocircolatorio di questi pazienti e agire sui fattori di rischio cardiovascolare. Am J Med 2008; 121:360-65 33 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi Il diabete non aumenta il rischio di incidenti stradali I diabetici che non riescono a tenere sotto controllo i livelli di glicemia possono andare incontro a delle crisi ipoglicemiche. Per questo motivo i diabetici sono sottoposti a maggiori restrizioni per ciò che concerne la guida di mezzi pesanti e mezzi adibiti al trasporto passeggeri. Tuttavia un team di ricerca ha dimostrato che gli incidenti causati da diabetici erano quantitativamente minori di quelli provocati dai non diabetici. I risultati ottenuti sono basati sull’analisi dei dati sugli incidenti stradali della Devon and Cornwall Constabulary. Simon O’Neill del Diabetes UK ha dichiarato che se il diabete è ben controllato e non vi sono complicanze che potrebbero compromettere la guida non vi è alcun motivo per cui non si dovrebbe rilasciare la patente a un diabetico. Farsi male con l’acqua, disturbo estremo (ANSA) - VICENZA, 6 GIU - Annegare il proprio disagio sotto decine e decine di bicchieri d’acqua al giorno, sino a cinque litri, per non sentire fame, con il rischio di intossicarsi letteralmente e andare in coma con la distruzione dei muscoli. È questo uno degli estremi dei disturbi alimentari che medici e terapeuti vedono nelle corsie di centri specializzati dove vengono trattati. Disturbi nuovi e certamente rari, ha spiegato Roberto Stuzzi, presidente dell’Associazione nazionale degli specialisti in scienza dell’alimentazione, riuniti per il X congresso nazionale, tanto da non essere stati ancora battezzati dalla medicina ufficiale e definiti per ora solo disturbi”. Retinopatia diabetica fortemente associata alla presenza di calcio nelle coronarie I risultati di un recente studio rivelano una associazione tra retinopatia diabetica, in particolare quella proliferativa, e la presenza di calcificazioni delle arterie coronariche (CAC), che si ritiene essere un indicatore attendibile dell’aterosclerosi. Secondo i ricercatori, “se confermato in altri studi, identificare i pazienti con diabete tipo 2 e retinopatia diabetica proliferativa potrebbe aiutare ad individuare quei soggetti ad alto rischio cardiovascolare”. Il Dr. Peter D. Reaven e colleghi, del Carl T. Hayden Veterans Affair Medical di Phoenix, in Arizona, hanno analizzato la 34 n.2 settembre2008 La metformina ritarda lo sviluppo delle adolescenti e può essere indicato per le ragazze con pubertà precoce Basse dosi di metformina possono ritardare lo sviluppo in ragazze con segni di pubertà precoce, situazione spesso associata ad aumento del peso corporeo in età adulta, con maggiore rischio di cancro al seno e di sindrome dell’ovaio policistico. D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I L’ipercolesterolemia aumenta il rischio di Morbo di Parkinson Alti livelli di colesterolo sono associati al rischio più elevato di sviluppare la malattia di Parkinson. È quanto sostiene uno studio condotto al National Public Health Institute di Helsinki. Così come è da tutti riconosciuto che l’alto colesterolo nel sangue aumenta il rischio di malattie cardiache, così “la associazione con le malattie neurodegenerative – dice Gang Hu, uno degli autori dello studio – è sempre stata molto dibattuta”. La ricerca finlandese, pubblicata sulla rivista Neurology, ha esaminato tale associazione in una coorte di 24.773 uomini e 26.153 donne finlandesi tra i 25 e i 74 anni. Un totale di 321 uomini e 304 donne ha sviluppato la malattia di Parkinson in un followup medio di 18 anni. Comparati con gli individui con un più basso livello di colesterolo, quelli con i livelli più alti hanno evidenziato una probabilità più elevata dell’86% di sviluppare il Parkinson. O P E R A T O R I relazione che intercorre tra retinopatia e CAC in un sottocampione di 204 diabetici di tipo 2 coinvolti nel VA Diabetes Trial. Gran parte dei soggetti analizzati erano maschi (95%) e bianchi non Ispanici (70%), con un’età media di 62 anni e durata media del diabete di 12.3 anni. La maggior parte soffriva d’ipertensione (80%) e aveva un passato da fumatore (70%) e il 39% aveva già sofferto in precedenza di malattie cardiovascolari. I risultati hanno evidenziato che la retinopatia era correlata al CAC e il livello di calcificazione delle arterie aumentava in base alle diverse forme di retinopatia di cui soffrivano i pazienti. “Questi dati”, conclude il team, “indicano un’importante relazione tra la retinopatia e il livello di CAC e suggeriscono la possibilità di identificare e trattare comuni fattori di rischio per queste diffuse complicanze micro- e macrovascolari” Diabetes Care 31: 952-957, 2008 I T A L I A N I osdi 35 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi A queste conclusioni è giunto uno studio presentato in Spagna, all’Endocrine Society Meeting. L’esperimento ha coinvolto 38 ragazze in età prepuberale (età media di 7,9 anni), con basso peso alla nascita, che sono state divise in un gruppo di controllo e un gruppo trattato con metformina alla dose di 425 mg/die, per due anni, e 850 mg/die nei due anni successivi. Al termine del periodo, le ragazze trattate con metformina avevano avuto il loro primo ciclo mestruale con minore probabilità rispetto alle coetanee appartenenti al gruppo di controllo e avevano preso 5,5 Kg di peso in meno associato a una quantità inferiore del grasso addominale misurato con la RM; i livelli di insulino resistenza erano più bassi e il profilo lipidico migliore. Il trattamento con metformina non ha, inoltre, danneggiato la crescita in altezza, la densità ossea e l’entità di massa magra delle ragazze. Dal momento che l’uso della metformina non è autorizzato dalla FDA, per i bambini di età inferiore ai 10 anni, gli scienziati si riservano di approfondire la materia con studi di maggiori dimensioni. Uso glitazoni e rischio di fratture Recenti studi hanno indicato che i due tiazolidinedioni attualmente in commercio, Pioglitazone e Rosiglitazone, possono causare effetti sfavorevoli sull’osso, rallentando la formazione ossea ed accelerando la perdita ossea. Ricercatori dell’Ospedale Universitario di Basilea in Svizzera, hanno studiato 1.020 pazienti con diabete mellito, che avevano sofferto di fratture tra il 1994 ed il 2005. È stato osservato che i soggetti che stavano assumendo Rosiglitazone e Pioglitazone presentavano in media un rischio (odds) 2 o 3 volte maggiore di fratture all’anca e di altre fratture non-spinali, rispetto a coloro che non assumevano questi farmaci. Gli odds per la frattura erano aumentati tra i pazienti che assumevano i farmaci per circa 12-18 mesi, ed il rischio era più alto per coloro che erano in trattamento da 2 o più anni. Questa analisi ha fornito ulteriore evidenza di una possibile associazione tra l’impiego nel lungo periodo dei tiazolidinedioni e le fratture, particolarmente dell’anca e del polso, nei pazienti con diabete mellito. Questo effetto non è stato riscontrato con altri farmaci antidiabetici in questa popolazione. Archives of Internal Medicine, 2008 36 n.2 settembre2008 Diabete e depressione Secondo un recente studio sembra che i pazienti sottoposti a terapia per il diabete tipo 2 abbiano una maggiore probabilità di soffrire di depressione mentre, i pazienti affetti da depressione, corrono un rischio maggiore di sviluppare il diabete. D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I Diabete e perdita dell’udito I pazienti affetti da diabete hanno un rischio raddoppiato di perdere l’udito. Questa relazione è stata individuata da una campagna, condotta negli Stati Uniti, di prevenzione nei confronti della perdita dell’udito. Dall’analisi dei dati è emersa un’indicazione: le persone con problemi di udito sono di più nella popolazione dei diabetici. Non solo: i pazienti affetti da diabete manifestano anche livelli più gravi di perdita dell’udito. La relazione tra queste due patologie non è del tutto chiara; gli esperti hanno ipotizzato che la malattia diabetica possa giocare un ruolo determinante nella variazione della microcircolazione cocleare e quindi nel ridurre l’udito di un paziente. La relazione tra le due patologie ha sorpreso e interessato la comunità scientifica che da più parti ha chiesto di approfondire le ricerche sul tema. Ann Intern Med 2008; 149: online issue O P E R A T O R I Ecco l’automobile per diabetici Realizzata un’automobile speciale per guidatori diabetici: l’annuncio arriva dal meeting annuale dell’American Diabetes Association, svoltosi a San Francisco dal 6 al 10 giugno us. L’automobile è dotata di un sistema wireless che visualizza su uno schermo posto sul cruscotto al posto dell’autoradio la glicemia dell’automobilista, monitorata in tempo reale. Lo strumento è stato pensato per i diabetici con glicemie instabili che possono mettere a repentaglio la vita del paziente e causare gravissimi incidenti stradali. In caso la glicemia raggiunga valori-guardia il sistema lo segnala acusticamente al guidatore, che ha qualche minuto per prendere provvedimenti o almeno accostare. http://medgadget.com/archives/2008/06/mpowered_car_for_ diabetics.html I T A L I A N I osdi 37 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi Benché sia noto che, rispetto al resto della popolazione, le persone diabetiche hanno una maggiore probabilità di mostrare sintomi depressivi, non è ancora stato chiarito il legame tra queste due malattie e se il diabete tipo 2 sia un fattore di rischio per la depressione. Secondo gli autori dello studio, la diagnosi del diabete o il peso delle relative complicanze potrebbe portare a sintomi depressivi. Per studiare il legame tra diabete e depressione, sono stati coinvolti uomini e donne di età compresa tra i 45 e gli 84 anni in un primo studio dal 2000 al 2002 e in un secondo dal 2004 al 2005. I ricercatori hanno preso in considerazione il legame tra la depressione e il diabete tipo 2 analizzando i livelli di glicemia a digiuno e i sintomi depressivi. Sono stati considerati come indici di depressione alti punteggi ottenuti con il Center for Epidemiologic Studies Depression Scale (CES-D, test per determinare la presenza e la gravità di sintomi depressivi) e l’assunzione di antidepressivi. La prima analisi, era volta a studiare il rischio di diabete tipo 2 e le differenze nelle percentuali di rischio tra persone che soffrivano di depressione e coloro che non mostravano alcun sintomo depressivo. La seconda analisi, che ha coinvolto persone senza evidenti sintomi di depressione all’inizio dello studio, aveva l’obiettivo di studiare lo sviluppo dei sintomi depressivi e di evidenziare le differenze riscontrate tra pazienti affetti da diabete tipo 2 e persone non diabetiche. La prima analisi ha mostrato che i pazienti in terapia per il diabete tipo 2 avevano una probabilità più alta del 52% di manifestare sintomi depressivi, mentre le persone diabetiche non sottoposte a terapia non erano a rischio di depressione. La scoperta del legame tra diabete e depressione in pazienti in terapia per il diabete, non riscontrato invece nei pazienti diabetici non in terapia, potrebbe indicare che lo stress psicologico associato alla gestione del diabete può causare forti sintomi depressivi. La seconda analisi ha evidenziato che la depressione era associata ad un rischio più alto del 42% di sviluppare il diabete. Più forti erano i sintomi depressivi, maggiore era la probabilità di sviluppare questa malattia. I ricercatori concludono affermando che: “Questo studio si aggiunge ad altri che già in precedenza avevano indicato una 38 n.2 settembre2008 D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I Il curry per prevenire il diabete? Una dieta ricca di curry fa dimagrire e previene il diabete? È quanto viene sostenuto da uno studio presentato a ENDO 2008, il meeting annuale della Endocrine Society tenutasi a San Francisco. La curcumina è una sostanza presente nella radice e nel rizoma (parte del fusto sotterraneo) della pianta Curcuma longa. La polvere ottenuta macinando questo vegetale è usata in tutto il mondo come ingrediente principale del curry, e contiene circa il 2 per cento di curcumina. Già in passato alcuni studi avevano riscontrato che i topi da laboratorio alimentati con dosi massicce di curcumina erano meno suscettibili a sviluppare diabete 2, e presentavano livelli inferiori di reazioni infiammatorie causate dall’obesità. I ricercatori del Naomi Berrie Diabetes Center presso la Columbia University hanno scoperto anche che la somministrazione di curcumina è associata a un limitato ma significativo declino del peso corporeo e della percentuale di grasso corporeo, indipendentemente dall’accumulo di calorie. È comunque prematuro affermare che l’assunzione di curcumina con grandi quantità di curry nella dieta negli obesi o nei diabetici possa portare a un diretto beneficio, ma è possibile che possa trattarsi di un’opzione terapeutica efficace e naturale da prendere in considerazione. ENDO news release, San Francisco 2008 O P E R A T O R I associazione tra queste due malattie. Studi futuri dovrebbero determinare se interventi volti a modificare fattori comportamentali associati alla depressione possano essere affiancati alle correnti strategie di prevenzione del diabete tipo 2. Infine bisogna essere consapevoli del rischio elevato di depressione in questi pazienti e controllare la presenza di sintomi depressivi”. JAMA 299: 2751, 2008 I T A L I A N I osdi 39 n.2 settembre2008 Scuola di formazione permanente OSDI O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi A cura di Laurenzia Ferriani Presentazione del corso base Nell’articolo di presentazione della SFO, pubblicato sul N.° zero di questa rivista, sono state illustrate le varie tappe che ci hanno portato, dal 2004 ad oggi, alla realizzazione del progetto scuola. In questo articolo si cercherà di fornire informazioni sui contenuti didattici e scientifici del Corso Base a scopo divulgativo di quanto è stato fatto in questo lungo e stimolante percorso. Partiamo, quindi, dalla base della piramide (figura 1) per riportare in maniera più o meno dettagliata i contenuti di alcune delle relazioni scientifiche relative a questo corso. Il corso base, della durata di quattro giorni, ha come obiettivo generale quello di far nascere il primo gruppo di tutor formatori della Scuola di Formazione Permanente OSDI, composto da infermieri che abbiano acquisito la capacità di condurre gruppi di lavoro, con le metodologie didattiche della Scuola. Gli obiettivi specifici del corso sono articolati secondo la logica del sapere, saper fare, saper essere. La metodologia didattica utilizzata è quella interattiva, con il 70% di lavori di gruppo; ciò presuppone il fatto che i partecipanti abbiano un ruolo attivo nell’apprendimento che diventa, di fatto, apprendimento esperienziale. 40 n.2 settembre2008 Avendo la scuola intrapreso il percorso della certificazione ISO e del relativo Sistema di Gestione di Qualità (SGQ), si è ritenuto opportuno inserire tra gli obiettivi didattici anche: » Cosa sono le norme ISO 9000:2000; » Cosa significa Sistema di Gestione di Qualità. D I S A N I T A R I Sintetizzando, gli obiettivi specifici del corso base sono: » Quali sono gli strumenti didattici della scuola (Diagramma causa-effetto; Diagramma di Pareto, Brainstormin, Ricerca d’aula, Metaplan); » Come e quando si utilizzano gli strumenti didattici della scuola; » Cosa è un gruppo di lavoro; » Cosa sono le dinamiche di gruppo; » Riconoscere e saper gestire le principali dinamiche relazionali; » Cosa sono gli strumenti di verifica: come e quando si utilizzano. O P E R A T O R I Figura 1 D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi Per entrare nello specifico nella figura 2 viene riportata la freccia di processo che sintetizza i contenuti specifici del corso articolati nelle varie giornate. 41 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi Figura 2 L’apertura del corso inizia con una relazione di inquadramento sulle dinamiche relazionali affidata alla dottoressa Marina Cassoni. A lei vengono inoltre assegnate le relazioni sulla specificità del gruppo di lavoro, come si lavora in gruppo e come gestire le dinamiche relazionali. Alla dottoressa Ida Ramponi sono affidate le relazioni sulle Norme UNI EN ISO 9000:2000, il PDCA e gli strumenti di analisi: Pareto e causa effetto. Gli strumenti didattici come la “ricerca d’aula”, il “metaplan” e il “brainstorming”, sono invece di competenza della dottoressa Emanuela Orsi. Al dottor Luigi Sciangula viene assegnato il compito di parlare degli strumenti di verifica. Gli argomenti, che inizialmente sembrano complicati e di difficile acquisizione, vengono in realtà appresi con grande semplicità, grazie alla competenza dei docenti che, con tanto impegno e chiarezza, hanno saputo trasmettere contenuti di particolare importanza. Sono coloro che oltre a trasmettere conoscenze, hanno saputo alimentare in noi, la consapevolezza di poter portare avanti il progetto “Scuola Formatori Permanente OSDI”. Per la ricchezza delle informazioni date e per l’importanza dei contenuti trattati, in questo articolo viene riproposto solo una 42 n.2 settembre2008 osdi D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I In precedenza (periodo dal 1994 al 2000) esistevano anche le norme ISO 9002 e 9003 e l’organizzazione poteva scegliere con quale norma certificarsi. Le tre norme ISO 9001/2/3 consentivano, prima del 2000, di certificare solo alcuni settori dell’azienda. Queste norme, che non sono più in vigore dal dicembre del 2000, sono state sostituite dalla ISO 9001:2000 che prevedono un approccio globale e completo di certificazione per cui non è più possibile escludere alcuni settori o processi dalla certificazione. La nuova norma del 2000 viene anche impropriamente nominata Vision 2000. Tale termine non è il nome di una norma, ma è un nome generico che vorrebbe identificare una serie di attività (formazione, documentazione eccetera) che riguardano la nuova famiglia di norme sulla qualità nata nel 2000. Il nome completo della norma recepita in Italia è UNI EN ISO O P E R A T O R I LE NORME UNI EN ISO 9000:2000 Cosa sono e a cosa possono servire per la Scuola di Formazione Permanente OSDI ISO 9000 (International Standard for Organization): insieme di requisiti emessi da un consorzio di enti a cui le strutture si devono adeguare per ottenere la certificazione della loro qualità organizzativa. ISO 9000 identifica una serie di norme e linee guida sviluppate dall’ISO (International Standard for Organization) che propongono un sistema di gestione per la qualità, pensato per monitorare i processi aziendali affinché siano indirizzati al miglioramento della efficacia e dell’efficienza dell’organizzazione, oltre che alla soddisfazione del cliente. Le ISO 9000 attualmente (dall’anno 2000 in avanti) sono suddivise in: » ISO 9000 che descrive le terminologia e i principi essenziali dei sistemi di gestione qualità e della loro organizzazione (detta anche “norma vocabolario”); » ISO 9001 per la definizione dei requisiti dei sistemi qualità; » ISO 9004 che è una linea guida per il miglioramento delle prestazioni delle organizzazioni. I T A L I A N I sintesi delle relazioni della dottoressa I. Ramponi, rimandando ai prossimi numeri della rivista i contenuti delle altre relazioni. 43 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi 9001:2000 la norma ISO è armonizzata, pubblicata e diffusa dall’Ente Nazionale Italiano di Unificazione e dal Comitato Europeo di Normazione in Europa. EN: istituto di recepimento europeo delle norme. UNI: istituto di recepimento italiano delle norme UNI EN ISO 9000 SINCERT: ente italiano di accreditamento degli istituti di certificazione. Nell’ambito del progetto Scuola Formatori Osdi si è voluto percorrere la strada della qualità, intesa come l’insieme delle caratteristiche di un prodotto/prestazione che conferiscono la capacità di soddisfare i bisogni espliciti ed impliciti del cliente. Nel definire la “qualità”, dichiara la dottoressa Ramponi, si corre il rischio o dell’eccessiva verbosità, inerpicandosi in sentieri difficili dai quali a fatica si riesce ad uscire, oppure scivolare in approssimazioni e nello sfoggio di banalità. Allora, forse, è giusto persuadersi che esistono tanti modi per definire la qualità e che non esiste un solo modo. La dottoressa Ramponi riassume in maniera molto chiara il concetto di ”qualità,”attribuendo ad essa il significato di: fare le cose giuste, farle bene, scegliendo le modalità organizzative che soddisfino i clienti e gli operatori, comunicandole in modo adeguato e utilizzando le risorse in modo efficiente. Parlare di qualità significa vedere il tutto prima delle sue parti, è impossibile parlare di qualità senza pensare alla struttura, alla logistica, all’organizzazione, al personale, ai costi, alle difficoltà nella trasmissione delle informazioni, alle dimensioni dell’organizzazione, alle professionalità presenti e a quelle che mancano, soprattutto se non si possono reperire. L’OSDI, attraverso la Scuola di Formazione Permanente e con la scelta di un Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ) cerca una sua definizione di qualità: una qualità fatta di persone, di professionalità, di serietà, di impegno ma anche di “tentativi” di qualche errore dal quale imparare e per il quale crescere sempre. Lo sviluppo del Sistema di Qualità “reale” ha come presupposto essenziale che siano stabilite regole fondate sull’eticità dei comportamenti (Norme UNI EN ISO 9002/1994 guida all’applicazione nei servizi) e come obiettivo specifico l’efficacia dei processi di erogazione di prestazioni e servizi, 44 n.2 settembre2008 I Principi del Sistema di Qualità delle ISO 9000: Otto tappe per la gestione della qualità La qualità sta diventando sempre più un fattore strategico per ogni azienda, piccola, media o grande. Costruire un Sistema di Qualità significa avere un potente strumento di controllo delle attività aziendali che porta a degli indubbi benefici sul piano organizzativo, dei costi e dei rapporti aziendali che hanno poi influenza sulla qualità del prodotto o servizio finale. La certificazione del proprio Sistema Qualità, da parte di un ente preposto, è il riconoscimento della capacità aziendale a realizzare con efficacia processi produttivi e/o di servizio. Questo sistema serve a garantire il monitoraggio continuo della qualità. Per il conseguimento degli obiettivi per la qualità, la nuova Norma ISO stabilisce gli otto principi di gestione (vedi tab) da adottare per migliorare continuamente le prestazioni e/o i servizi. I concetti contenuti in questi otto principi costituiscono il fondamento su cui si basa l’intera famiglia delle norme ISO 9000 sui Sistemi di Gestione per la Qualità. O P E R A T O R I S A N I T A R I D I Otto principi di gestione della qualità: 1 Orientamento al cliente 2 Leadership 3 Coinvolgimento del personale 4 Approccio per processi 5 Approccio sistemico alla gestione 6 Miglioramento continuo 7 Decisioni basate su dati di fatto 8 Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori D I A B E T O L O G I A tenuto conto della soddisfazione dei clienti (UNI EN ISO 9001/2000 “Vision”). Un sistema volto a favorire la trasparenza e l’onestà di intenti. Un sistema di regole per dimostrare, non che non si fanno errori, ma che si gestiscono quelli che vengono rilevati. Abbiamo pensato, continua la dottoressa Ramponi, nel cercare la nostra Qualità, alla Matrioska dell’etica, disegnata da Mario Carassi nel 2003: non c’è qualità senza etica non c’è etica senza qualità. I T A L I A N I osdi 45 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi Corso Base Dozza (BO) Rosangela Ghidelli: Direttore SFO Gli otto principi del SGQ: 1. Orientamento al cliente: le organizzazioni dipendono dai propri clienti e dovrebbero pertanto capire le loro esigenze presenti e future, soddisfare i loro requisiti e mirare a superare le loro stesse aspettative. 2. Leadership: creare e mantenere un ambiente interno che coinvolga pienamente il personale nel perseguimento degli obiettivi dell’organizzazione attraverso il miglioramento della comunicazione interna, il coinvolgimento del personale, il miglioramento del clima organizzativo. 3. Coinvolgimento del personale: le persone, a tutti i livelli, costituiscono l’essenza dell’organizzazione ed il loro pieno coinvolgimento permette di porre le loro capacità al servizio dell’organizzazione. 4. Approccio per processi: un risultato desiderato si ottiene con maggiore efficienza quando le relative attività e risorse sono gestite come un processo. Si abbandona una visione dell’azienda per “funzioni e gerarchie” per privilegiare una visione integrata sui processi e i risultati attesi. 5. Approccio sistemico alla gestione: il Sistema Gestione Qualità (SGQ) deve essere considerato nella sua integrazione con altri strumenti gestionali dell’azienda, definendone i metodi per misurare efficacia e efficienza di ciascun processo. Identificare, capire e gestire (come fossero un sistema) i processi tra loro correlati contribuisce all’efficacia ed all’efficienza dell’organizzazione nel seguire i propri obiettivi. 6. Miglioramento continuo: il principio dell’evoluzione tramite miglioramento è la strada per accrescere la capacità dell’organizzazione di generare processi a prestazioni superiori e di erogare servizi sempre più soddisfacenti. 46 n.2 settembre2008 D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I Documenti del Sistema di Qualità Oltre ad avere stabilito le regole che governano il funzionamento e il controllo di ogni processo, è necessario che queste vengano descritte in documenti che vengono definiti DOCUMENTI DEL SISTEMA QUALITÀ: 1. IL MANUALE, ovvero la sintesi di come funziona l’organizzazione. Il manuale contiene: - lo scopo e il campo di applicazione del sistema qualità - la presentazione dei processi aziendali e la descrizione delle loro interazioni - l’organigramma e le responsabilità - i richiami ai documenti che descrivono le attività nel dettaglio (procedure, istruzioni) 2. LE PROCEDURE sono i documenti che, nell’ambito dei processi, definiscono le modalità e le responsabilità di esecuzione, controllo e registrazione delle attività. Le procedure si possono avvalere del supporto di ISTRUZIONI DI LAVORO, ovvero di documenti che descrivono come eseguire attività specifiche. 3. LE REGISTRAZIONI, ovvero i moduli, le tabelle, i verbali, in cui registrare l’avvenuta attività o controllo previsti da una procedura, istruzione di lavoro o dal manuale della qualità e quelli necessari per assicurare l’efficace pianificazione e funzionamento dei processi. O P E R A T O R I 7. Decisioni basate su dati di fatto: le decisioni efficaci si basano sull’analisi di dati e di informazioni. È importante avere la capacità di modificare precedenti decisioni nel momento in cui variano i dati di partenza. 8. Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori: Una organizzazione ed i suoi fornitori sono interdipendenti ed un rapporto di reciproco beneficio migliora, per entrambi, la capacità di creare valore. Il risultato finale, quindi, dipende anche dai prodotti/servizi di provenienza esterna che consentono l’orientamento delle risorse per la creazione di “valore” a beneficio anche dei fornitori. I T A L I A N I osdi Conoscere per migliorare “misurare per conoscere” P.D.C.A; Diagramma Causa-effetto o di Ishikawa; Diagramma di Pareto 47 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi Quella che segue è una rapida carrellata esplicativa di alcuni strumenti didattici e strumenti di qualità utilizzati nella scuola. I riferimenti bibliografici sono tratti dalle relazioni della Dottoressa Ida Ramponi, tenute nel - corso base formatori - e dalle istruzioni operative della SFO, depositate presso la sede operativa OSDI srl. Negli ambienti della qualità si conviene che un problema, in realtà, NON SI RISOLVE MAI, non si trova mai la soluzione ideale e totale dello stesso: MA SI MIGLIORA SEMPRE. Questa la premessa con cui la dottoressa Ida Ramponi ha aperto una delle sue preziose quanto interessanti relazioni. Per migliorare in modo continuo si può applicare una metodologia sistematica di problem solving, che è passata alla storia della qualità con il nome di ciclo PDCA o di ruota di Deming. Il Problem Solving è una metodologia di analisi utilizzata per individuare, pianificare ed attuare le azioni necessarie alla risoluzione di un problema (dopo che quest’ultimo è stato correttamente identificato - identico è il problema ma non la sua soluzione -). Tale metodo è strutturato per la soluzione dei problemi e prevede sei tappe: 1. Identificazione del problema; 2. Brainstorming sulle possibili soluzioni; 3. Scelta della soluzione; 4. Pianificazione della soluzione prescelta (chi, cosa, come, quando, con quali risorse, chi ricorda a chi i suoi impegni, quando si verificano i risultati e l’andamento della pianificazione); 5. Attuazione della soluzione; 6. Verifica dell’impatto della soluzione sulla realtà esaminata. Nel condurre l’analisi del problema si tiene conto della: » Corretta definizione del problema allo scopo di individuare e definire esplicitamente le devianze, intese come scostamenti dalle condizioni attese, di cui si devono ricercare e trovare le cause; » Raccolta delle informazioni allo scopo di costruire un filtro attraverso il quale verificare successivamente le ipotesi fatte sulle possibili cause delle devianze in questione; 48 n.2 settembre2008 Le fasi del P.D.C.A. (figura 3) » Plan: consiste nell’identificare il problema, analizzarlo, individuare le cause reali, definire e pianificare le azioni correttive. È la fase in cui si cerca di capire quali sono i desideri e le necessità dei clienti, si pianificano i miglioramenti da apportare ai propri processi. Si definiscono obiettivi, iniziative e risorse; D I A B E T O L O G I A D I O P E R A T O R I Questa serie di analisi viene condotta utilizzando la metodologia del P.D.C.A. Il PDCA è una metodologia che guida il processo di mantenimento e miglioramento continuo applicabile a tutte le situazioni, che si realizza attraverso un’azione ciclica basata sulla reiterazione sequenziale delle quattro fasi della ruota di DEMING. Essa può essere intesa come la formalizzazione del “buon senso” in quanto rappresenta l’iter mentale che deve essere continuamente applicato per agire con successo. Questa metodologia è al centro della UNI EN ISO 9001:2000 e prende il nome dalle iniziali delle 4 fasi e, più precisamente, delle fasi di: Plan - Do - Check - Act. (Programmare - FareStudiare - Agire). S A N I T A R I » Identificazione delle cause più probabili al fine di limitare il campo di intervento a ciò che può dare il massimo effetto con il minimo sforzo; » Formulazione di ipotesi di cause possibili per individuare i possibili collegamenti logici tra le informazioni considerate più critiche e le devianze in questione; » Sviluppo operativo dell’analisi, ovvero trasferimento del risultato dell’analisi alla realtà operativa e verifica dell’efficacia della soluzione; » Controllo dei risultati al fine di valutare e confermare la validità della soluzione attuata. I T A L I A N I osdi Figura 3 49 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi » Do: consiste nel preparare ed applicare le azioni pianificate, a livello di test (provo la soluzione) è la fase in cui si costruisce il prodotto che si pensa possa incontrare le necessità del cliente o si applica il piano di miglioramento programmato in fase di realizzazione; » Check: consiste nel verificare i risultati delle azioni intraprese confrontandoli con gli obiettivi attesi. È la fase in cui si fanno le opportune misure e le verifiche del caso per vedere se il miglioramento atteso si è manifestato o meno; » Act: consiste nell’agire per standardizzare e consolidare il processo (ho provato la soluzione, funziona, la faccio diventare definitiva), introducendo le modifiche nel ciclo produttivo, oppure nel preparare un nuovo ciclo PDCA se il check ha rilevato nuovi inconvenienti. I benefici del PDCA: » Lavorare in squadra » Sviluppo continuo » Gestione per progetti » Verifiche continue Le parole chiave del processo di analisi di un problema sono: » Conoscere il problema » Misurarne l’entità » Scegliere (provare a scegliere) la soluzione migliore per risolverlo attraverso la comprensione. L’idea di ciclo non è nuova e, come si sa, proviene dalla ricerca scientifica che utilizza lo schema ipotesi -attuazione- verificanuova ipotesi e, come è altrettanto noto, è insito nella natura e nelle leggi che governano il mondo. Deming costruì il ciclo che denominò “ruota”, partendo dalle fasi reali del processo industriale, inserendo però, alcune operazioni che traducevano la logica della ricerca: 1. progettazione del prodotto e prove di qualificazione; 2. produzione con prove in linea o in laboratorio; 3. introduzione nel mercato; 4. verifica del prodotto durante l’utilizzo, raccolta delle opinioni dei clienti, ricerca delle ragioni del mancato acquisto; 50 n.2 settembre2008 osdi Come si utilizza: Si costituisce un gruppo; su di un tabellone si traccia una linea orizzontale che termina, a destra, con un rettangolo. Nel rettangolo si scrive l’effetto (problema). In alto e in basso si scrivono le cause, collegate da linee che convergono verso la linea centrale. Con un brainstorming il gruppo esprime il maggior numero di cause, che vengono raggruppate in D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I Diagramma causa/effetto o di ishikawa o “a spina di pesce” Metodo per la classificazione delle CAUSE che producono un certo EFFETTO (di solito un PROBLEMA), attraverso una rappresentazione logica ed ordinata in cui le possibili cause vengono evidenziate e correlate fra loro gerarchicamente. È stato inventato dal giapponese Kaouru Ishikawa, guru della Qualità Totale ed esperto di gestione per migliorare il controllo della qualità nei luoghi di lavoro. Si utilizza tutte le volte in cui, analizzando un fenomeno, si ritiene che le possibili cause siano più di una. Lo scopo è quello di stabilire quali possono essere quelle maggiormente incidenti e, conseguentemente, quelle sulle quali intervenire. Il diagramma si chiama diagramma causa/effetto, diagramma di Ishikawa o diagramma a lisca di pesce (figura 4), in quanto la forma particolare ricorda appunto la lisca di un pesce. Le spine più grandi annesse alla spina dorsale del pesce rappresentano le categorie principali delle cause. Ad esse possono essere aggiunte cause secondarie confluenti nelle cause principali. O P E R A T O R I La novità della riflessione operativa di Deming consiste nell’aver applicato l’idea del ciclo (e della ricerca), unitamente a quella di sistema complesso, alle organizzazioni che vengono così considerate degli organismi individuali, soggetti di studio e di intervento. Esistono molte elaborazioni e varianti della “ruota” di Deming. Il giapponese Ishikawa ha elaborato una delle versioni più conosciute del ciclo PDCA: il diagramma causa-effetto. I T A L I A N I 5. riprogettazione del prodotto sulla base delle reazioni del mercato (qualità, prestazioni, prezzo); 6. nuove prove di qualificazione. 51 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi Figura 4 categorie e scritte sul tabellone. Alle varie cause si assegnano indici di priorità e si scelgono quelle con gli indici più alti (in genere da due a quattro). A questo punto si scrivono le ipotesi o contromisure che eliminano le cause scelte. Fasi per la costruzione di un diagramma Causa-effetto 1. Individuare l’effetto da analizzare (il PROBLEMA); 2. Impostare lo schema grafico di base con le grandi categorie di cause; 3. Per ogni categoria elencare i fattori principali; 4. Specificare per ogni fattore principale tutti i fattori che possono essere considerati come cause e posizionarli secondo lo schema ad albero che evidenzia le relazioni reciproche, procedendo sempre più nel dettaglio; 5. Verificare se tutte le cause sono state elencate; 6. Completare il diagramma con tutte le informazioni necessarie (titolo, periodo di analisi, chi lo ha compilato, il reparto, ecc.). La relazione causa-effetto è una forma di generalizzazione, perché un effetto non ha mai solo una causa. La struttura stessa del diagramma di Ishikawa lo conferma. In genere gli effetti vengono spesso confusi con le cause, e si corre subito agli effetti senza studiare bene le cause. Se di fronte ad un inconveniente si domanda: chi è stato? si considera l’effetto. Se ci si chiede: perché è successo? si considerano le cause. Kuaouru Ishikawa afferma che, di fronte ad un inconveniente, dovremmo domandarci quattro volte PERCHÈ.Inconveniente --> perché? 52 n.2 settembre2008 osdi D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I Principio di Pareto: in qualunque situazione, soltanto il 20% dei fattori condiziona l’80% dei risultati. Questo principio, statisticamente verificato, è applicabile in qualsiasi settore di attività economica, ad esempio: » il 20% dei clienti genera l’80% del fatturato; » il 20% dei materiali di magazzino viene utilizzato per produrre l’80% dei prodotti; » l’80% dei guasti riguarda il 20% di componenti; » l’80% delle lamentele dei clienti riguarda un 20% dei nostri servizi. Il principio è lo stesso della cosiddetta “legge 80/20”, formulata da J. Juran. Il diagramma di Pareto è la combinazione di un diagramma a barre e di una curva (figura 5) che permette di valutare a colpo d’occhio quali sono gli elementi rilevanti e di quanto incidono. Quando la curva si appiattisce gli elementi sono poco rilevanti, quando si impenna ci troviamo di fronte ad elementi importanti. È possibile così concentrare tutte le risorse disponibili solo su questi elementi, trascurando gli altri. Si costruisce partendo dall’analisi della situazione e degli obiettivi che ci si è posti. Si raccolgono i dati che caratterizzano il fenomeno che ci interessa e si ordinano numericamente, riportandoli su di un sistema di assi cartesiani. Pareto ci assicura che le cause fondanti del problema coincidono con un piccolo O P E R A T O R I Diagramma di pareto Quando ci sono molti elementi di cui si vuole valutare l’importanza, lo strumento da usare è il diagramma intitolato all’economista Vilfredo Pareto: egli nel 1897, dimostrò che in una regione italiana, solo poche persone possedevano gran parte della ricchezza di tutta la regione. L’analisi di Pareto è una metodologia statistica utilizzata per individuare i problemi più rilevanti nella situazione in esame e quindi le priorità di intervento. In generale si può affermare empiricamente che le tipologie di problemi più importanti sono dell’ordine del 20% del totale e, risolvendo queste, si può risolvere l’80% dei problemi singoli. I T A L I A N I Perché A --> perché A? B --> perché B? C --> perché C? Per concludere, Ishikawa afferma che l’applicazione ripetuta del PDCA porta al raggiungimento di qualsiasi obiettivo, anche se per piccoli passi. 53 n.2 settembre2008 osdi Figura 5 100,00% 90,00% 80,00% 60,00% 50,00% 40,00% 30,00% 20,00% 10,00% 0,00% 2 3 4 5 6 7 Maria Teresa Branca Infermiera ASL Lecce Servizio di endocrinologia/diabetologia Tricase (LE) 54 n.2 settembre2008 1 numero di cause potenziali: i rimanenti fattori producono effetti di rilevanza trascurabile. Poiché non esistono problemi importanti in assoluto, bisogna imparare ad individuare le priorità in funzione della situazione in cui ci si trova e degli obiettivi. Dunque, dopo una ricerca dettagliata delle cause potenziali, semplifichiamo la nostra rappresentazione del problema, riducendola agli aspetti fondamentali. O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I 70,00% Nursing Diabetologico Premessa Questo lavoro nasce da una riflessione avviata dal gruppo di infermieri pediatrici e non dell’OSDI Abruzzo sulla necessità di costruire un percorso condiviso, dalla teoria alla pratica, che faciliti il passaggio/transizione/emancipazione dei giovani diabetici dal servizio pediatrico a quello per adulti. Che cosa ostacola e che cosa facilita la transizione? È un semplice passaggio o molto più verosimilmente un’emancipazione? Perché per molti l’età della scelta sembra non arrivare mai? D’altra parte la scelta del momento del passaggio è di non semplice definizione anagrafica: i processi di apprendimento psicofisico e di vita di relazione, non possono essere codificati in precisi periodi della vita perché non sempre si compiono e si esauriscono con le stesse modalità, gli stessi tempi e gli stessi risultati per tutti. D I A B E T O L O G I A D I cosa pensa il giovane diabetico del passaggio dal Centro di Diabetologia Pediatrico a quello dell’Adulto S A N I T A R I Costruiamo un ponte fra la Diabetologia Pediatrica e la Diabetologia dell’Adulto: O P E R A T O R I A cura di Lia Cucco I T A L I A N I osdi 55 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi Inoltre l’adolescenza è un periodo problematico perché frequentemente il controllo metabolico è scarso, c’è instabilità emotiva, può esserci opposizione alle cure, c’è la ricerca dell’autonomia dalla famiglia e il passaggio potrebbe aumentare i problemi e le sfide. Molte barriere sono erette alla transizione verso il servizio per adulti, queste barriere[1] sono costruite da ognuna delle parti coinvolte: il team per l’assistenza pediatrica, quello per l’assistenza adulta, l’adolescente o la famiglia. Molti giovani diabetici sperimentano difficoltà transazionali al passaggio dalle cure pediatriche a quelle dell’adulto, se il passaggio non è organizzato e non sia accertata la completa disponibilità del paziente stesso. Per identificare pratiche che potessero promuovere la continuità al momento della transizione da un servizio pediatrico a quello per adulti, in uno studio del 2004 [2] sono state esaminate sistematicamente un gran numero di pratiche diverse, alcune focalizzate sulla giovane persona e la famiglia, altre senza indicazioni strutturali del Servizio, altre senza indicatori di processo e di risultato. La ricerca si è proposta di testare quattro modelli di transizione: quello tradizionale che non tiene conto delle persone, quello della transizione diretta con continuità di informazione-formazione e quella della transizione sequenziale, flessibile e longitudinale, identificando in quest’ultimo il modello migliore per le persone con diabete di tipo 1, come indicato anche da Hampson et altri nel 2001 [3]. E allora non è tanto importante “quando”questo passaggio avvenga, ma che avvenga nell’interesse del giovane con il diabete, riconoscendogli quella centralità del percorso che gli compete nel momento in cui si è conclusa una fase di maturazione psico-fisica-sociale e tenendo conto anche della stabilità della malattia [4]. Occorre perciò un coordinamento continuo tra i team di cura, il rispetto della diversità dei tempi e delle esigenze anche psicologiche dei giovani diabetici. In Italia diversi colleghi sono coinvolti in queste sfide di transito dolce e consapevole tra le due diabetologie e si stanno sperimentando nel ruolo di infermiere visitatore, all’interno del team di transizione che è punto di riferimento per un processo di inserimento concordato. Numerosi sono dunque i problemi e le difficoltà, ma negli 56 n.2 settembre2008 osdi Discussione e risultati Il 58% degli intervistati non è propenso al passaggio dalla diabetologica pediatrica a quella dell’adulto, dei 32 propensi la maggioranza intende il passaggio in modo graduale, dopo il diciottesimo anno di età. La maggioranza degli intervistati pensa che il passaggio D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I Materiali e metodi Per raccogliere dati, è stato utilizzato un questionario multiple choice, scelto perché è uno strumento di comunicazione diretto ed efficace per reperire informazioni. Sono state poste 11 domande, con risposte a scelta multipla, con più possibilità di risposta e con l’ulteriore possibilità di esprimere anche commenti personali. Il questionario è stato somministrato a tutti i pazienti di età maggiore di 18 anni visitati presso il Servizio di Diabetologia Pediatrica di Chieti nel periodo aprile-maggio 2007. Hanno partecipato allo studio 90 pazienti, costituenti il 55% dei pazienti adulti seguiti, 53 femmine e 37 maschi. Il campione comprendeva 68 non coniugati, 42 studenti e 48 lavoratori, l’80% con scolarità medio-alta, al 50% con provenienza al di fuori della provincia, il 59% era stato ricoverato all’esordio presso la Pediatria di Chieti e durante il ricovero aveva conosciuto medici e infermieri del Servizio di Diabetologica. O P E R A T O R I L’obiettivo L’obiettivo dello studio è quindi comprendere come i pazienti si pongano di fronte alla possibilità di passare da un servizio di diabetologica pediatrica ad un servizio per adulti ed in particolare come vorrebbero che avvenisse, in quale periodo e con quali modalità, cosa dovrebbe offrire loro il centro dell’adulto ma anche quali siano i motivi della permanenza presso la diabetologica pediatrica. I T A L I A N I infermieri è forte la motivazione a voler cominciare….ma da dove partire? Abbiamo pensato di chiederlo ai pazienti, per conoscere le loro ragioni e i loro dubbi. Le loro risposte ci hanno fornito la fotografia dell’esistente. 57 n.2 settembre2008 osdi Aspettative verso il Centro di Diabetologia dell’Adulto Risultati 5 15 I T A L I A N I D I A B E T O L O G I A 14 10 12 7 a+b+c a= b= c= d= 10 8 6 4 a+d buona qualità di cura disponibilità da parte del team personalizzazione della terapia organizzazione nell’esecuzione degli esami 2 a+c Motivi che inducono alla permanenza nella diabetologica pediatrica S A N I T A R I D I 16 0 Risultati 9 45 42 40 35 O P E R A T O R I 25 20 10 a+b+c 6 a+b a 15 10 5 0 a = sono soddisfatto delle cure e dell’assistenza b = temo di non essere seguito adeguatamente dal Centro dell’Adulto c = penso di non riuscire ad instaurare un rapporto di fiducia con l’équipe della Diabetologia dell’Adulto d = commenti negativi e = altro 58 n.2 settembre2008 D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I Conclusioni In una situazione come è attualmente la nostra, di mancanza di collegamenti strutturati tra la diabetologia pediatrica regionale e le diverse diabetologie per adulti, non stupisce che la maggioranza dei pazienti intervistati non intenda passare al servizio di diabetologia dell’adulto, si ritenga soddisfatto delle cure ricevute presso la Diabetologia pediatrica e tema di non essere adeguatamente seguito dal Centro per adulti. La minoranza che vorrebbe effettuare il passaggio pone giustamente delle condizioni: la gradualità, incontri organizzati tra il paziente e il personale dei due centri per conoscersi, il O P E R A T O R I debba avvenire nel periodo dell’entrata nel mondo del lavoro. La scelta del passaggio per la maggioranza è del paziente, ma anche in accordo con il diabetologo, mentre la famiglia, in questa scelta, è all’ultimo posto. Dal Servizio di Diabetologica per adulti, la maggioranza desidera una buona qualità di cura, personalizzata, e disponibilità da parte del team, per un secondo gruppo è importante una buona qualità di cura con una buona organizzazione nell’esecuzione degli esami, mentre l’ultimo gruppo ritiene importante una buona qualità di cure, con personalizzazione della terapia. Tra i pazienti che hanno effettuato visite presso i servizi per adulti, 12 pazienti su 32 si sono dichiarati abbastanza soddisfatti, 20 tra il poco o nulla soddisfatti, nessuno è stato molto soddisfatto, mentre sulla sovrapponibilità delle modalità di cura, la maggior parte non è soddisfatta. I maggiori elementi di insoddisfazione dipendono dalla diversa gestione del diabete e dal numero eccessivo dei pazienti, anche per la concomitanza con le visite di pazienti anziani. I motivi che inducono a rimanere nel Servizio di diabetologica pediatrica risiedono nella soddisfazione delle cure e dell’assistenza unitamente al timore di non essere seguiti adeguatamente dal Servizio di Diabetologia per adulti o di non riuscire ad instaurare un rapporto di fiducia con il nuovo team. Infine nel 100% dei casi deve essere lasciata la possibilità di far ritorno alla diabetologia per adulti. I T A L I A N I osdi 59 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi passaggio deciso dal paziente e coincidente possibilmente con l’ingresso nel mondo del lavoro. Infine ci deve essere la possibilità di riattraversare il ponte. I risultati sollecitano alcune riflessioni. La prima, evidente, è che manca la motivazione al passaggio: chi cambierebbe una situazione consolidata di cure soddisfacenti per una situazione che non si conosce e dove si teme di non essere ben seguito? Un percorso di emancipazione e di distacco è evidentemente mancato, in assenza di luoghi/situazioni pronti ad accogliere e farsi carico, forse anche a mettersi in discussione. Due mondi che non si conoscono e che appaiono lontani e diversi generano ansia (uno dei primi studi che ha chiarito l’importanza di una visita al servizio per adulti per ridurre l’ansia dell’ignoto è del 1997) [5], che blocca una naturale propensione ad andare avanti. Gli infermieri possono innescare il cambiamento e avere un ruolo propositivo e di impegno pratico per sostenere il passaggio [6] e disegnarne il percorso, ma essere anche coordinatori di servizi di transizione, figure con esperienza clinica, di consulenza, di ricerca e di educazione [8], che operano anche in strutture preposte ad ottenere il miglior passaggio possibile nel mondo adulto: le Creating Healting Futures Clinic [7]. Un’altra riflessione viene sollecitata dall’indicazione del periodo che è ritenuto dai giovani diabetici più favorevole per il passaggio: l’ingresso nel mondo del lavoro. La raggiunta adultità sembra coincidere negli intervistati con la responsabilità di un’occupazione che forse rimette in discussione anche la responsabilità della cura; è questo il traguardo dell’emancipazione (che nella nostra società è anagraficamente sempre più tardiva), della consapevolezza di nuovi bisogni che forse il Servizio per adulti potrebbe meglio soddisfare. Infine, la personalizzazione della terapia e i rapporti con il team diventano cruciali nella scelta del passaggio: i pazienti che lo avevano sperimentato, attribuivano il fallimento alla diversa gestione del diabete, che ovviamente non può essere riferita ai farmaci, ma alle diverse modalità educative, alla minore flessibilità e personalizzazione della cura, al tempo dedicato e all’affollamento degli ambulatori. 60 n.2 settembre2008 osdi 4) Hapson SE, Skinner TC, Hart J, Storey L, Gage H, Foxcroft D, Kimber A, Shaw 5) 6) 7) 8) 9) K, Walker J. Effects of educational ad psychosocial interventions for adolescents with diabetes mellitus. A systematic review. Health Technol Assess. 2001; 5 (10):1-79. Court JM Outpatient-based transition servis for youth.Pediatrician. 1991;18 (2); 150-6 Sawyer SM Blair S, Bowes G. Chronic illness in adolescents: transfer or transition to adult services? J Pediatr Child Health.1997; 33(2): 88-90 Betz CL, Redcay G, Creating Healthy Futures: an innovative nurse-managed transition clinic for adolescents and young adults with special health care needs. Pediatr Nurs 2003;29(1):25-30 Betz CL, Redcay G. Dimensions of the transition service coordinator role. J Spec Pediatr Nurs, 2005; 10 (2): 49-59 Kollipara S, Kaufman FR. Transition of diabetes care from pediatrics to adulthood. School Nurse News 2008; 25 (1): 27-9. D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I BIBLIOGRAFIA 1) Fleming E, Carter B, Gillibrand W.The transition of adolescents with diabetes from the children’s health care service into the adult health care service: a review of the literature. I Clin Nurs 2002; 11(5): 560-7 2) While A, Forbes A, Ullman R, Lewis S, Mathes L, Griffiths P. Good practices that andress continuity during transitin from child to adult care: syntesis of the evidence. Child Car 3) Health Dev. 2004; 30(5): 439-52. O P E R A T O R I Rita Di Luzio Infermiera del Servizio di Diabetologica Pediatria - Chieti I T A L I A N I In conclusione, si può affermare che il passaggio non può essere un evento, ma un processo di continuità assistenziale [9] che va organizzato, tutelato e voluto da tutti i protagonisti: il giovane diabetico, la famiglia, i team di cura pediatrico e degli adulti. 61 n.2 settembre2008 osdi Regolamento rivista O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I “in…formazione OSDI” Un giorno navigavo su internet da un sito all’altro. Non so come ma, cercando una meta per le mie vacanze, mi si è aperta una pagina su “breve storia della comunicazione e dei media” ...diceva più o meno così: La facoltà di comunicare è stata determinante per l’evoluzione dell’uomo e per il suo progresso culturale. Per questo la ricerca di mezzi e tecnologie adatte per gestire e controllare l’informazione ha caratterizzato la storia di ogni civiltà. Ogni nuovo strumento del comunicare ha profondamente trasformato la cultura e la società. La prima tecnologia della comunicazione che l’umanità ha sviluppato, e senza dubbio la più importante, è la scrittura. La sua comparsa nella storia dell’uomo sembra risalire alla metà del quarto millennio a.C., nella zona della Mesopotamia, abitata all’epoca dai Sumeri. Le conseguenze dell’invenzione della scrittura furono enormi trasformando la mente umana più di qualsiasi altra invenzione. Con il passare dei secoli, essa venne sempre più considerata come una funzione naturale. Probabilmente molte nostre capacità di conoscenza sono state "informate" dalla scrittura. Inoltre il sistema di rappresentare in modo astratto il pensiero, non più con figure, ma con l’alfabeto portò alla nascita del formare concetti per mezzo del ragionamento razionale e del pensare in modo più analitico. Il secondo grande passaggio storico nella storia delle tecnologie della scrittura è stata l’invenzione della stampa da parte di Gutenberg alla metà del 1400. Anche in questo caso molti studiosi hanno mostrato come la stampa abbia avuto enormi effetti sulla cultura occidentale: la modernità coincide con l’era della stampa. La diffusione del sapere e delle informazioni venne amplificata con la nascita, nel diciottesimo secolo, dei primi giornali periodici di informazione. I giornali ebbero subito una fortuna grandissima in essi si trovarono un importante mezzo di passaggio di idee, di informazione, di cultura... Nacque così il concetto di “opinione pubblica”, insieme delle idee di un pubblico padrone di informazioni sufficienti per formulare giudizi sui fatti politici e culturali... Questo è il Primo vero numero della nostra Rivista. In questo numero il Consiglio Direttivo Nazionale e il Comitato scientifico di In…formazione OSDI hanno scelto di pubblicarne il regolamento. Questo perché tutti i soci sappiano, in piena trasparenza, che OSDI sta facendo sul serio, che ci crediamo e che ci proviamo a fare le cose al meglio di come le sappiamo fare… e che soprattutto la rivista siamo noi, sono tutti i soci che vogliono scrivere, contribuire, partecipare e quindi scrivere un pezzettino della “storia della comunicazione OSDI” ...e scusate se è poco!!! A proposito di comunicazione, nel sito www.osdi.it è stato attivato il link In…formazione OSDI con un nuovo indirizzo di posta [email protected]. La rivista è scaricabile con formato PDF. 62 n.2 settembre2008 Roberta Chiandetti Articolo 3 La Redazione della rivista “In…formazione OSDI” è costituita da: Direttore Vice-Direttore Comitato scientifico (Consiglieri) Comitato di Redazione Segreteria CDN DIRETTORE SEGRETERIA VICE DIRETTORE CONSIGLIERI Comitato scientifico Comitato di redazione I T A L I A N I D I A B E T O L O G I A O P E R A T O R I Articolo 4 Organigramma funzionale della Rivista D I Articolo 2 Attraverso la rivista, OSDI intende: 1. Contribuire al miglioramento continuo della qualità dell’assistenza diabetologica attraverso la diffusione a tutti i soci di informazioni, aggiornamenti e tutto quanto ritenuto utile alla crescita professionale degli iscritti; 2. garantire qualità, uniformità ed efficacia dei contributi pubblicati sulla rivista; 3. valorizzare le competenze degli infermieri stimolandoli alla condivisione delle esperienze e dei saperi; 4. diffondere a tutti i soci OSDI comunicazione tempestiva sull’operato del CDN. S A N I T A R I Articolo 1 La Rivista “in…formazione OSDI” nasce da una precisa volontà di OSDI che, attraverso il suo Direttivo, ha voluto formalizzare un canale di comunicazione con i soci. La politica e gli obiettivi per la qualità di OSDI, esplicitati nei documenti costitutivi della società ed anche nel sistema di Gestione per la Qualità, sono anche i principi cui la redazione della Rivisita e tutti coloro che vi collaborano si ispirano. Pur riconoscendo il principio della libertà ad esprimere attraverso la rivista, pensieri e parole scevre da qualsiasi condizionamento, il Direttivo Nazionale OSDI attraverso il regolamento pronuncia le regole di funzionamento della rivista. osdi SOCI ISCRITTI 63 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi Articolo 5 Il Direttore della rivista è nominato dal CDN OSDI, perché possa mantenere attivo e continuativo il rapporto con l’Associazione e rappresentare l’espressione massima della sinergia tra i diversi strumenti di comunicazione ha un mandato di 4 (quattro) anni NON RINNOVABILI TACITAMENTE, per consentire l’espressione di tutti i soci che ne abbiano capacità e disponibilità. Qualora, per gravi motivi e comunque quando dovesse cessare il rapporto fiduciario di collaborazione tra il Direttore della Rivista ed uno o più componenti della redazione, il Direttore, previa consultazione e parere anche del Presidente OSDI, può chiederne la sostituzione. Il Direttore della Rivista, che rappresenta l’espressione di continuità con il CDN, nomina il comitato scientifico della rivista tra persone che abbiano competenza e disponibilità, comunicando la scelta al CDN, che esprime un parere non vincolante. Il Direttore, sentito il parere, e ottenuta l’approvazione del CDN, nomina il Vice-Direttore. Il mandato è di 4 (quattro) anni NON TACITAMENTE RINNOVABILI. Il comitato di redazione viene nominato dal CDN, sentito il parere e previa approvazione del Direttore della Rivista. Il direttivo della rivista risulta così composto: Direttore, vicedirettore, segretario, componenti del comitato scientifico. La durata delle cariche del Comitato scientifico è di 4 (quattro) anni non tacitamente rinnovabili. La durata delle cariche del Comitato di redazione è di 2 (due) anni eventualmente rinnovabili. Se, nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più componenti del Direttivo, il Direttore in accordo con il CDN, provvederà alla sostituzione. Il Direttore della rivista può avvalersi, nell’interesse della Rivista e dell’associazione, di consulenti esterni esperti da lui stesso identificati per la stesura di alcuni articoli, previa comunicazione al Presidente OSDI, che esprime un parere non vincolante. IL PRESIDENTE OSDI, in qualità di Presidente, quindi a titolo personale e anche come espressione del CDN ha facoltà in qualsiasi numero di scrivere un articolo, una recensione o delle riflessioni che intende far pervenire a tutti i soci OSDI, senza che su questo il direttore della rivista possa porre nessun veto, a conferma del fatto che la rivista rappresenta lo strumento principale della comunicazione all’interno dell’associazione; stante che, per gli articoli scientifici, valgono le norme editoriali, e la tempistica deve essere concordata con il Direttivo della rivista. Articolo 6 Il segretario Il segretario è un membro del Direttivo della rivista ed è nominato dal Direttore. Il suo ruolo è quello di redigere i verbali degli incontri. Può essere nominato tra i membri del comitato scientifico. 64 n.2 settembre2008 osdi Articolo 10 Obiettivi, risultato, bilancio Il Consiglio Direttivo Nazionale OSDI presenta annualmente al Direttore della rivista gli obiettivi che attraverso la rivista l’associazione vuole perseguire; il Direttore presenta la programmazione annuale delle attività rispetto al mandato assegnato. L’accettazione della proposta da parte del CDN determina la strategia della Rivista per l’anno e gli indicatori di valutazione del Direttivo della rivista. A fine anno il Direttore presenterà al CDN i risultati ottenuti, i risultati attesi ed il bilancio di D I A B E T O L O G I A D I S A N I T A R I Articolo 9 Riunioni Le riunioni di lavoro della Rivista si svolgeranno con programmazione annuale (almeno un incontro ogni anno) e vengono indette dal Direttore. Riunioni straordinarie possono essere richieste da almeno il 50% dei componenti del Direttivo e verranno indette dal Direttore entro 1 (un) mese dalla richiesta. Le decisioni del Direttivo della Rivista vengono regolarmente verbalizzate e una copia del verbale viene inviata al Presidente Nazionale OSDI. I verbali sono a disposizione dei soci OSDI c/o la sede legale in via Guelfa, 9 Bologna. O P E R A T O R I Articolo 8 Finanziamento Il Direttivo della Rivista si impegna a presentare annualmente le esigenze economiche al Presidente e al Consiglio Direttivo Nazionale OSDI. Il Presidente OSDI si impegna a far fluire alla Amministrazione OSDI s.r.l. i contributi dove saranno presenti le seguenti voci quale bilancio preventivo: • spese di pubblicazione e diffusione della rivista • spese per le riunioni • compensi per la stesura di articoli • compensi per il Direttivo della rivista necessari al finanziamento delle attività della rivista. Il Presidente OSDI dopo approvazione del CDN, previa valutazione delle risorse economiche e del bilancio preventivo presentato dal Direttore della rivista, assegna il budget annuale necessario per la gestione economica. I T A L I A N I Articolo 7 Sede La sede editoriale della rivista è a Como, - Elpo Edizioni, via Cesare Cantù 11 - eventualmente modificabile se ritenuto opportuno per motivi di ordine pratico-economico. 65 n.2 settembre2008 osdi Articolo 11 Compiti e responsabilità Il Direttore della rivista è garante del rispetto delle norme per gli autori; detiene i rapporti con l’Editore nell’interesse della Rivista e dell’associazione e garantisce la pubblicazione di 4 (quattro) numeri annui della rivista. In caso di assenza o impedimento è sostituito dal Vicedirettore. Il comitato scientifico collabora con Il Direttore della rivista alla produzione della stessa. Il comitato scientifico insieme al Direttore della rivista, gestisce direttamente le persone che curano le rubriche. Articolo12 Compensi Il compenso previsto per il Direttivo della Rivista, trattandosi di prestazioni occasionali e comunque di personale dipendente di Aziende Ospedaliere e/o ASL, è previsto in ragione della stesura di articoli ed editoriali, come collaborazione giornalistica. Per l’impegno allo sviluppo e collaborazione, è previsto un gettone di presenza alle riunioni, definito annualmente, in ragione del ruolo svolto, sempre nell’ambito della collaborazione occasionale alla stesura di articoli. Articolo 13 Per quanto non espressamente previsto dal presente regolamento il Direttivo della Rivista potrà sottoporre nuove proposte al Presidente OSDI ed al CDN per il miglioramento dell’attività della rivista. O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I spesa preventivo e consuntivo. Il Direttore della rivista può essere presente, a due incontri del CDN aventi all’ordine del giorno le strategie della rivista e il bilancio, limitatamente al momento in cui si discute della rivista. 66 n.2 settembre2008 Galantino Ghidelli Michele Rosangela Ferriani Melita Milano Nocciolini Tesei Urbani Laurenzia Lucia Luigia Rosetta Anna Maria Lorena Presidenti regionali OSDI Regione Nominativo Abruzzo-Molise Livia Cavuto Calabria Luigia Milano Campania Francesco De Lillo E. Romagna Giovanna Guareschi Friuli V.G. Elisa Levis Lazio Silvia Tiozzo Liguria Margherita Zecchini Lombardia Maria Luisa Uberti Marche Roberta Ausili Piemonte Monica Albertone Puglia Anna Maschio Sardegna Marcella Lai Sicilia Lucia Melita Toscana Alessia Civitelli Trentino A.A. Ilaria Nicolao Umbria Lorena Urbani Veneto Fausto Cavaliere E-Mail [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] D I A B E T O L O G I A Roberto D I Crovetto E-Mail [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] S A N I T A R I Consiglio Direttivo Nazionale Cognome Nome Aliberti Carolina Bondioli Annunziata Branca Maria Teresa Cioffi Anna Cristofanelli Daniela O P E R A T O R I Direttivo OSDI I T A L I A N I osdi 67 n.2 settembre2008 osdi Calendario eventi OSDI O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I Qui di seguito trovate tutti gli appuntamenti organizzati dall’OSDI per qualsiasi informazione aggiuntiva contattare il proprio presidente regionale. LIGURIA 1° Congresso Regionale OSDI Liguria (in progress al momento della pubblicazione) 18 ottobre 2008 Corso pratico di aggiornamento continuo professionale su Autocontrollo e Autogestione 3-4 ottobre 2008 ABRUZZO E MOLISE “Costruiamo un ponte tra Diabetologia Pediatrica e Diabetologia Adulti” 2° edizione - (in progress al momento della pubblicazione) 22 novembre 2008 Sponsor non condizionante Roche Diagnostics CAMPANIA Il ruolo dell’infermiere nell’accoglienza al paziente diabetico 24 ottobre 2008 - Dugenta (Bn) Il cambiamento dello stile di vita come terapia nella persona affetta da diabete - (in progress al momento della pubblicazione) 13 settembre 2008 - Torre del Greco (Na) Disease management: la gestione delle complicanze del diabete (in progress al momento della pubblicazione) Dal 25 al 27 settembre 2008 - Ischia LOMBARDIA Congresso OSDI: la donna nella realtà diabetica Gravidanza e menopausa: aspetti importanti nel percorso della vita 18 ottobre 2008 - Milano Ata Hotel Executive FRIULI VENEZIA GIULIA Attività fisica e autocontrollo parte integrante della terapia del diabete: il nuovo ruolo dell’infermiere nell’educazione e nella motivazione alla cura 11 ottobre 2008 - Cervignano del Friuli (UD) Hotel Internazionale Sponsor non condizionante Abbot 68 n.2 settembre2008 I T A L I A N I Calendario eventi OSDI osdi CALABRIA Screening di primo livello sul piede diabetico (in progress al momento della pubblicazione) Fine Novembre D I A B E T O L O G I A MARCHE 2° Congresso Regionale OSDI Marche Diabete: innovazioni e nuove prospettive 18 ottobre 2008 - Hotel Baia Flaminia di Pesaro PUGLIA Corso di aggiornamento - Nursing di diabetologia 5° edizione 13 settembre 2008 - Cerignola (FG) Sponsor Lilly; BD D I Giornate di angiologia e diabete Patrocinato OSDI 18/20 settembre 2008 - Mesagne: Centro congressi tenuta Moreno Se ti interessa avvicinarti alla Nostra Associazione, per partecipare attivamente o solo per essere coinvolto nei Corsi di Aggiornamento, puoi compilare il modulo di richiesta di iscrizione che trovi nella pagina successiva che ti invitiamo a spedirci. Se i tuoi requisiti corrisponderanno ai criteri stabiliti dallo Statuto Nazionale, riceverai una lettera nella quale troverai le modalità di iscrizione. Aspetta la nostra risposta, dunque! Se sei già socio OSDI e desideri rinnovare la tua iscrizione scarica dal sito http://www.osdi.it/public/download/pagine/MODULO_RINNOVO_ISCRIZIONE_OSDI.pdf il modulo per il rinnovo e inviacelo compilato O P E R A T O R I S A N I T A R I Congresso Regionale Osdi Fine novembre con data ancora da definire 69 n.2 settembre2008 O P E R A T O R I S A N I T A R I D I D I A B E T O L O G I A I T A L I A N I osdi n.2 settembre2008 Modulo richiesta iscrizione 70