In questo numero

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Operatori Sanitari di Diabetologia Italiani
Anno I Settembre 2008 n. 2
In...formazione - Autorizzazione tribunale di Como n. 13/2008 del 16 aprile 2008
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In questo numero
Il nostro cammino
Aggiornamenti dal Congresso
Rubrica scuola formatori OSDI
La parola dell’esperto
Osdi aggiorna
Nursing Diabetologico
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La rivista In...formazione OSDI pubblica lavori di interesse didattico,
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OSDI aggiorna
COMITATO DI REDAZIONE
Carla Aliberti
Annunziata Bondioli
Daniela Cristofanelli
La parola dell’esperto
Lia Cucco
Adia Fabbrizi
Laurenzia Ferriani
Lo sapevate che...
Luigia Milano
Rosetta Nocciolini
Annamaria Tesei
Rosanna Toniato
Scuola Formatori OSDI
Lorena Urbani
SEGRETERIA DI REDAZIONE
Nursing Diabetologico
Rosangela Ghidelli
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Regolamento rivista
sOMMARIO
Direttivo OSDI
Calendario eventi OSDI
I T A L I A N I
Maria Teresa Branca
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Il Congresso 2008:
diabete tipo 1 e dintorni
VICE-DIRETTORE
IMPAGINAZIONE E STAMPA
Le orme di un congresso
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Roberta Chiandetti
di Rosetta Nocciolini
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DIRETTORE RESPONSABILE
Editoriale
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IN...FORMAZIONE
Periodico trimestrale
dell’Associazione OSDI
Operatori Sanitari
di Diabetologia Italiani
Via Guelfa, 9 - 40138 Bologna
www.osdi.it
Autorizzazione del tribunale di
Como n. 13/2008 del 16 aprile 2008
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n.2 settembre2008
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Il nostro cammino
olti anni sono trascorsi da quando ho iniziato ad
esercitare la mia professione. Ricordo ancora
ansie e timori, incertezze e paure, mi sentivo
troppo sola per quel ruolo importante, ogni
decisione era tante volte ripensata e valutata per capire se il
mio agire fosse stato adeguato. Poi gli anni sono passati in
mezzo a tanti “successi” e talvolta “fallimenti”, ma sempre con
la ferrea volontà di mettersi in gioco, di crescere, di imparare,
di condividere, di “scrutare” gli altri e “gli altri” mi hanno dato
un patrimonio grandissimo, fatto di umanità e sofferenza, di
piccole gioie e di speranza, di sapere e di consapevolezza, di
umiltà e fermezza, di forza e capacità di “guardare oltre”.
Ho imparato da tanti, dai “malati” innanzitutto, dai colleghi, da
tutte le figure che ruotano intorno al mondo della salute, e
oggi, posso dire che mi sento orgogliosa di appartenere al
“mio gruppo”, perché so con certezza, che oltre le apparenze
del nostro essere “piccole creature” con i propri limiti ed i
propri difetti, nel profondo di tanti ci sono valori e volontà di
donare la parte migliore. Ciò che talvolta ci frena è quella
insicurezza, quella paura di sbagliare, quel sentirsi inadeguati,
quel timore di essere soli.
Ma è proprio questo che ho imparato, non siamo soli, anzi,
tanti altri, magari distanti fisicamente, sono pronti a donarti
tutto il sostegno, le proprie conoscenze, il proprio affetto, la
propria stima in un continuo scambio di idee e sentimenti.
La nostra professione richiede anche una continua, ferrea
preparazione, perché è impensabile che basti la buona
volontà. Ogni parola, ogni atto, devono essere supportati da
certezze misurate e misurabili in un ciclo continuo di
rinnovamento in cui “il sapere e la componente umanistica”
siano un tutt’uno.
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Rosetta Nocciolini
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So che questa mia consapevolezza altri me l’hanno trasmessa,
ed è anche per loro, per coloro che “mi hanno insegnato” che
vorrei poter trasmettere forza e coraggio, fiducia e speranza,
serenità e orgoglio, umiltà e autocritica, perseveranza ed
entusiasmo.
Ma so anche che soltanto questo non mi basta, so che agli altri
devo dare la possibilità di esprimere la loro parte migliore, di
essere “maestri ed allievi” di continuare quel percorso di
crescita ormai consolidato e inarrestabile, in un confronto
continuo, in un cammino il più possibile condiviso.
Io ci sarò, come altri sono e saranno con me a lottare per
migliorare noi stessi e far sì che coloro per cui noi esistiamo,
possano apprezzare di ciascuno di noi, professionalità ed
equilibrio, disponibilità e sollecitudine, e possano, come in
passato uno di loro ha detto: “…ti porgono anche le cose più
umili come ti porgessero un gelato”.
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Le orme di un congresso
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Articolo originale
L’intera Sicilia è una dimensione fantastica.
Come si fa a viverci senza immaginazione?
Leonardo Sciascia
Interrogarsi sull’essenza di Congresso significa proporsi di
sciogliere un nodo cruciale, che trova il suo valore originario nella
storia come culla della memoria di un gruppo.
Cavalcando l’onda del tempo è forse più facile cogliere
differenze e analogie, riscoprire spazi a noi ignoti, capire il
perchè degli stili e conoscere i simboli e le identità.
Il motivo, dunque, della ricognizione del nostro passato va
ricercato nella possibilità di riconoscerlo dentro di noi, nei nostri
comportamenti, nelle nostre visioni del mondo, nei nostri
sentimenti, e fuori di noi, nella società stessa.
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Ogni uomo è un confine presente-passato, un pezzetto di storia,
un limite temporale, ed è attraverso le differenze tra questi spazi
di tempo che possiamo costruire il nostro futuro; essere
assolutamente sicuri che c’è la possibilità di creare
l’organizzazione migliore. Perché, attraverso una grande fede,
grandi cose possono avvenire quando si è disposti a seppellire
il proprio ego, e a contribuire con il proprio particolare dono, con
le proprie passioni, con l’energia e le aspirazioni alla
realizzazione di uno scopo comune. Non astuzie, non furbizie, ma
credere veramente. Mi sono ritrovato in questo contesto animato
da quel senso di appartenenza in cui ho creduto e credo,
poggiato sul rispetto reciproco e sulla cooperazione.
E, soprattutto, perché sono sempre più convinto che si possano
ben rappresentare le ragioni e gli interessi della nostra
categoria, secondo una visione più ampia dei problemi e delle
scelte, affinché i bisogni e gli interessi ristretti siano concepiti in
una dimensione globale. Ho constatato il legame di un comune
amore, il desiderio di essere utili, il senso del dovere vissuto con
gioia; quanti hanno saputo tirare fuori dall’ombra le impronte di
questi valori, ridarle una voce e riviverle attraverso le immagini.
Quel che unisce noi tutti è appunto il senso di appartenenza
all’OSDI, come patrimonio comune di valori e di idee, di tradizioni
e di speranze, e come progetto di costruzione di un nuovo
soggetto professionale che possa far fronte alle sfide dell’epoca
in cui viviamo e del prevedibile futuro. Così, si spiega il dato
peculiare
dell’esperienza
nell’OSDI:
dove
agiscono
rappresentanze che non obbediscono a logiche circoscritte e
divergenti, ma convergono in assai larga misura nella visione dei
fondamentali obiettivi da perseguire, al fine di rafforzare la
realizzazione di una categoria professionale unita. La scelta di
andare avanti, il rendere più ampia e forte l’unità, con netta
determinazione, per far progredire la crescita comune, per
allargare l’orizzonte e le ambizioni, ci riempie di orgoglio.
L’OSDI può essere fiera del ruolo propulsivo svolto, nei suoi gruppi
di lavoro, nei suoi Congressi ed eventi formativi ed educativi sia
professionali che sociali ed all’azione del suo Consiglio
Nazionale ed i Consigli Direttivi Regionali. Grande è stato lo
sforzo unitario ed integrativo fatto dagli operatori sanitari per
diffondere nelle opinioni pubbliche la consapevolezza di un
nuovo approccio con la malattia.
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n.2 settembre2008
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Il ruolo principale nella “redenzione” oggi non sta nell’uso
“d’arme proprie”, ma nella presa di coscienza. Non c’è ancora
nessuno che ci impedisca di cambiare la situazione: basta
volerlo. A questo fine, oltre all’impegno da parte di tutti, la
soluzione concreta più efficace è basata sulla formazione e
sulla ricerca, due direzioni ancora poco battute.
È tempo di uscire dall’impasse. Si rende necessario ridefinire il
quadro d’insieme, dei suoi valori, dei suoi obiettivi e lavorare a
progetti innovativi.
Il monito di Jean Monnet “Non possiamo fermarci quando
attorno a noi il mondo intero è in movimento” risuona come un
assillo a cui non si può sfuggire. Con questa consapevolezza e
questa responsabilità si sprigioni una nuova volontà, una nuova
sollecitudine, come nel passato, guidata dalla coerenza e
spinta dal coraggio. Questa impresa non appartiene al
singolo, ma alla scoperta di una abilità collettiva di scrivere la
Storia e di muoversi in una nuova direzione e compiere
un’impresa prodigiosa.
«Non chiedete cosa l’OSDI può fare per voi, chiedetevi cosa voi
potete fare per l’OSDI».
Questi sentimenti il Congresso ha risvegliato, come un principe
azzurro che risveglia la Bella Addormentata: tornare a
coniugare ottimismo nel futuro, fiducia in se stessi, onesta
operosità, capacità di cooperare per il bene comune.
Avere la generosità e la forza di carattere di continuare a
impegnarsi per stimolare a rimanere svegli, e a non rimettersi
in ombra. Chi ha compiuto una scelta così non può non aver
conservato in sé una “bussola morale” che lo aiuta nelle
decisioni.
Quindi, proporre, decidere ed operare in un clima costruttivo
fondato su una effettiva legittimazione reciproca in cui il
dialogo è aperto; dettato da motivi di speranza e fiducia di
una crescita in un divenire più moderno, che non perda il
terreno conquistato attraverso competizioni e sfide difficili.
Questo è il fascino dato da una terra dalla cultura millenaria,
ricca di contrasti.
Andrea Cavallaro
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U.O. di Endocrinologia
Centro Regionale di Diabetologia A.O.
Papardo - Messina
[email protected]
L’8° Congresso OSDI si è svolto in una delle poche città Italiane
che offre, concentrato in un solo sito, un paesaggio suggestivo
e sempre diverso. Ai piedi dell’Etna nella piana di Catania e
sulle sponde del Mar Ionio il Centro Congressi “Le Ciminiere”
ha ospitato il nostro biennale incontro.
…ora diamo i numeri…
La partecipazione è stata simile a quella del 2006 a Bologna,
con 500 infermieri provenienti da tutta Italia e 84 relatori; le
Aziende del settore che normalmente seguono la nostra
Associazione, hanno contribuito con la presenza di 104
partecipanti ed altre 30 persone dello staff organizzativo che
hanno seguito in modo attento lo svolgersi delle attività
congressuali per un totale di circa 718 persone.
I lavori si sono svolti in tre giornate con simposi che hanno dato
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Il Congresso 2008:
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vita a 22 incontri in sessioni parallele e ben 75 presentazioni.
Alla cerimonia inaugurale ho presentato ai partecipanti il
resoconto dell’attività svolta durante il mio biennio di
presidenza con il raggiungimento degli obiettivi esplicitati
all’inizio del mio mandato.
Ho ripercorso le principali tappe quali:
» partecipazione ai lavori per la stesura degli “Standard
Italiani per la cura del diabete mellito con le Società
Scientifiche SID e AMD;
» partecipazione al gruppo di lavoro per revisione della
“Gestione integrata del diabete mellito di tipo 2 nell’adulto”
con l’ISS;
» partecipazione di Rosetta Nocciolini ai lavori e all’incontro a
Vienna il 15-16 febbraio 2006 all’”EU Conference on
Prevention of Type 2 Diabetes”;
» collaborazione al “Progetto Italia DAWN” sostenuto e
valorizzato dal Ministero della Salute;
» ottenuto dal Comitato di Coordinamento di Diabete Italia
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Ho quindi introdotto il tema del congresso e le motivazioni
personali condivise con il Direttivo con una presentazione
molto particolare. Presentazione apprezzata dalla gran parte
del pubblico e dichiarata poi esplicitamente nelle mail di
congratulazione ricevute “..la tua presentazione, come ho avuto
modo di dirti a voce, è stata, oltre che perfetta anche nella sua
originalità, altamente emozionante”.
L’Amico Massimo Grandese ha saputo tradurre il mio pensiero
in realtà in modo eccellente e come un direttore d’orchestra ha
diretto la “voce” di Susanna Costaglione ferma, decisa ma
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l’ammissione di OSDI come Socio Ordinario il giorno 8
maggio 2008;
collaborazioni con le Società Scientifiche SID, AMD e SIEDP
attraverso incontri di formazione;
erogato il I° Convegno Nazionale del Consiglio Direttivo
Nazionale e dei Consigli Direttivi Regionali;
erogato 6 corsi della Scuola di formazione permanente
OSDI coinvolgendo 48 infermieri e un corso Up-level che
verrà evaso a dicembre 2008;
erogato 35 corsi di formazione professionale con il
coinvolgimento di 1420 infermieri;
per ultimo ma certamente molto importante la stesura del
primo numero della nostra rivista che ha visto come direttore
la collega Roberta Chiandetti.
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soprattutto tanto umana, le immagini sapientemente scelte con
Francesco Lopergolo scorrevano a tempi stabiliti ed in perfetta
sincronia con la musica che scaturiva dall’anima e dalle mani
di Marco Di Blasio integrandosi le une con le altre, sempre
guidate da ritmi precisi e scanditi dal tempo.
A loro va un grazie particolare perché attraverso il momento
magico dell’inaugurazione sono riuscita a fare breccia nei cuori
e nelle menti di medici e infermieri che camminano con i
“ragazzi” sulla strada del diabete e a inaugurare il nostro
congresso.
Il tema, ancora nuovo per molti di noi, ha trovato terreno fertile
e ben disposto a ricevere informazioni e notizie.
Tante sono state le manifestazioni giunte, quali conferma di
un’ottima riuscita del Congresso, sollecitandoci a proseguire.
Eccone alcune:
Sensazione positiva quella del linguaggio utilizzato dai relatori:
“chiaro, semplice ma soprattutto quella di “essere capiti al volo
quando si parla di problemi umani…”.
Bilancio: “Decisamente positivo: l’importanza degli argomenti
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trattati, il loro spessore scientifico, l’approfondimento degli
aspetti psicopedagogici, la bravura dei relatori,
l’organizzazione perfetta (anch’io ho apprezzato come altri il
timer sullo schermo) e soprattutto un grande entusiasmo di
fondo che ha coinvolto tutti”.
“… che dire poi della splendida serata della cena sociale.
Anche in questo caso, raramente avevo visto una così bella
scenografia e gustato piatti deliziosi e ci vuole una grande
organizzazione per assicurare una eruzione vulcanica con la
luna piena!!!”.
Il passaggio del “testimone” tra Rosangela Ghidelli e Rosetta
Nocciolini si è concluso dopo la tavola rotonda che ha visto
seduti al tavolo tutte le rappresentanze delle Società
Scientifiche, delle Istituzioni e dei rappresentanti delle
Associazioni dei Pazienti.
Momenti di emozione hanno coinvolto il palco che ha visto
l’uscita di alcuni rappresentanti del Consiglio Direttivo
Nazionale per dare spazio a persone nuove che proseguiranno
il cammino intrapreso ed a loro va tutto il nostro appoggio e
solidarietà.
Momenti che restano nel cuore e nell’anima.
Momenti che si possono rivivere chiudendo gli occhi ed
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assaporando ancora quello che di
importante per noi è successo: stare
insieme e gioire delle gioie altrui.
Che altro dire?!
Nulla se non che ricordare una frase di
Nicholas Chamfort:
“Ciò che ho imparato a scuola non lo
so più: ciò che so ancora l’ho appreso
sui prati della vita”.
Rosangela Ghidelli
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Cenni storici
L’esigenza di utilizzare uno strumento alternativo al vecchio
registro delle consegne nasce nella S.C. di Endocrinologia già nel
2000, quando il nostro Direttore, da sempre interessato alle
procedure assistenziali, ci incitava a ricercare nuovi processi
organizzativi e gestionali che mirassero ad interpretare i bisogni
del paziente ed a rispondere ad essi. In una prima fase, noi
infermieri abbiamo manifestato molte perplessità nei confronti di
questo progetto in quanto ritenevamo che nuove procedure
potessero significare aumento del lavoro. Molte le riunioni per
pianificare e programmare ogni evento, ogni attività e tradurre in
obiettivi scritti quelli che, sino a quel momento, erano solo
obiettivi pensati. Il nostro lavoro è stato ampiamente riconosciuto
ed appoggiato dalla Dirigenza medica ed infermieristica tanto
da diventare progetto aziendale ed il nostro gruppo di lavoro,
pilota nella sperimentazione della cartella infermieristica. Oggi
tutto il gruppo infermieristico è orgoglioso di aver trasformato gli
obiettivi in risultati.
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in diabetologia:
presentazione di un’esperienza
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La cartella infermieristica
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A cura di Roberta Chiandetti
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Presentazione
La cartella infermieristica è lo strumento cartaceo e/o informatico
che raccoglie un complesso eterogeneo di informazioni relative
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al paziente e relative all’episodio che ha causato il ricovero.
Tali informazioni definiscono tutte le attività di ogni figura
professionale che si prende cura del processo di nursing del
paziente diabetico (coordinatore, infermiere, dietista).
L’utilizzo della cartella infermieristica permette di definire e
pianificare ogni intervento sanitario mantenendo competenze e
autonomie professionali non solo sulle pratiche infermieristiche
che si devono attuare, ma anche sulla valutazione dei risultati e
sul giudizio clinico circa i problemi di salute di competenza
infermieristica.
Struttura
La cartella infermieristica contiene:
» Dati identificativi della cartella stessa;
» Dati identificativi dell’assistito;
» Valutazione infermieristica all’ammissione;
» Identificazione dei bisogni assistenziali e del grado di
dipendenza (punteggio che esprime l’applicazione pratica del
processo di nursing e relativi carichi di lavoro);
» Griglia di registrazione delle abitudini voluttuarie del paziente;
» Griglia di valutazione delle linee e dei drenaggi;
» Griglia per l’identificazione degli interventi infermieristici e per
la registrazione delle procedure assistenziali;
» Diario infermieristico;
» Valutazione dei risultati e degli obiettivi infermieristici raggiunti.
La nostra cartella è integrata da una sezione dedicata alla
nutrizione, cartella che viene compilata dalla dietista dedicata
all’assistenza nutrizionale dei pazienti degenti.
Essa si compone di una:
» Scheda di valutazione dello stato nutrizionale e scheda con
indicazione all’eventuale supporto nutrizionale artificiale;
» Scheda contenente l’indicazione dietetica con relativa
composizione bromatologica;
» Grafico della curva ponderale relativa al periodo di degenza;
» Diario dietistico;
» Griglia per il monitoraggio dell’intake calorico nei pazienti
malnutriti o a rischio di malnutrizione calorico-proteica.
Quando il paziente dovesse presentare una patologia legata al
piede diabetico la cartella infermieristica si arricchisce della
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Conclusioni
L’uso della cartella infermieristica riflette la professionalità ed
esprime l’autonomia gestionale dell’infermiere: la raccolta dei
dati puntuale e rigorosa evita e riduce interventi inadeguati o
dannosi; permette una consultazione immediata ed
inequivocabile dei parametri vitali del paziente, degli interventi
assistenziali effettuati e delle risposte terapeutiche ottenute.
Allegata alla cartella clinica del paziente costituisce un
documento con valenza medico-legale.
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Riflessioni
L’uso della cartella ci ha portato a fare un bilancio. Tanti sono i
vantaggi che abbiamo tratto: dalla non dispersione dei dati alla
visione globale del paziente, dal lavoro per obiettivi alla
valutazione immediata del tempo di esecuzione degli esami.
Sono comunque state individuate aree di criticità alcune di natura
pratica come la sovrapposizione dei tempi di utilizzo della
cartella da parte dei vari operatori, altre di natura professionale
come l’abilità nella compilazione e nel trasferimento degli eventi
salienti. Abbiamo già individuato delle aree di miglioramento che
ci proponiamo di realizzare a breve termine come la formazione
continua degli operatori; le riunioni periodiche per la revisione
degli obiettivi prefissati e per verifica dei risultati ottenuti; la
rivisitazione dei percorsi assistenziali carenti; la creazione di nuovi
processi assistenziali più efficaci ed efficienti in base all’analisi
degli eventi.
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cartella podologica che contiene informazioni specifiche sulla
localizzazione della lesione e sulla valutazione della stessa.
Contiene inoltre:
» scheda dell’anamnesi del piede;
» indicazione sul tipo di trattamento della lesione;
» indicazione sugli interventi da compiere per migliorare la
compliance del paziente;
» registrazione degli esami colturali e relative prescrizioni
terapeutiche mirate;
» diario delle medicazioni.
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AFD G. Chimienti - Inf. D.ssa F. Zicari
Presidio Ospedaliero Centrale Stabilimento
“Ss. Annunziata” Taranto - Sruttura Complessa Endocrinologia
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Utilizzo della consulenza
infermieristica presso il Centro
Diabetologico del Presidio
Ospedaliero di Monfalcone (GO)
Obiettivo di questo lavoro è quello di dimostrare:
1) L’utilizzo concreto della consulenza infermieristica come strumento efficace del processo assistenziale in diabetologia;
2) l’opportunità di crescita professionale in seguito al continuo
confronto pluridisciplinare attuato nella sua implementazione operativa.
Il ruolo Infermieristico è comprensivo di quattro funzioni:
» clinica, di assistenza diretta;
» consulenza, per i colleghi delle Strutture Operative della
propria Azienda e di altre aziende;
» educativa, è la chiave per una corretta presa in carico del
paziente coinvolgendo l’equipe infermieristica e di supporto;
» di ricerca, permette l’aggiornamento costante e la crescita
della professione.
Volendo approfondire la funzione di consulenza attuata
dall’Infermiere, rivolta non solo ai colleghi ma anche agli utenti
che richiedono un intervento infermieristico, essa è intesa come:
» prestazione tecnica;
» addestramento sul campo del collega;
» educazione del paziente e/o dei familiari;
» valutazione;
» supervisione ai colleghi.
La consulenza è insita nelle basi normative che regolano la
nostra professione L. 42/99; decreto 739/94; codice
Deontologico; L. 43/2006 (il professionista specialista è il possessore del Master di I livello per le funzioni specialistiche rilasciato dall’Università ai sensi del Decreto MIUR n°509/99 art.
1; svolge attività che richiedono un elevato grado di esperienza e di specializzazione: attività didattiche, di staff, di studio e
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ricerca). Oggi l’Infermiere è responsabile e autonomo nella sua
attività di assistenza e fonda il proprio operato su evidenze
scientifiche.
Nella definizione di consulente troviamo un professionista di
provata capacità tecnica a cui ci si rivolge per avere
informazioni e consigli nelle materie di sua competenza.
Ciò riflette la realtà del professionista “Esperto” cioè colui che
possiede una specifica preparazione su determinati argomenti
in determinati campi e del professionista “Specialista” cioè
colui che attende ad un ramo speciale di un’attività, di una
professione esempio il medico o l’infermiere specializzato in un
determinato ramo.
Parte nel 1998 il progetto “Attuazione della Consulenza
Infermieristica” nella nostra Azienda (ASS2 “Isontina”),
elaborato dall’ufficio infermieristico; prevede un protocollo di
gestione delle consulenze infermieristiche, con la tipologia di
offerta di consulenza per ogni unità operativa, protocollo poi
sistematicamente aggiornato negli anni successivi e approvato
dalla Direzione Sanitaria Aziendale.
Dopo sei anni di attuazione della consulenza infermieristica
(l’offerta cominciò nel 2002) si può concludere che quest’ultima
è uno strumento efficace nella nostra realtà diabetologica, in
particolare attualmente, avendo incrementato l’attività
educativa per l’uso dei devices per l’insulina e l’attuazione di
medicazioni avanzate del piede diabetico. Essa ci permette
una condivisione multidisciplinare con offerta di competenze
specialistiche.
L’Infermiere professionista in questo modo affronta e spesso
risolve problemi assistenziali diversi, grazie al confronto costruttivo con il collega che ha maggiore competenza professionale
specifica rappresentato nel nostro ambito dall’infermiere
esperto o specializzato dopo Master in Wound care.
Dai dati che ho analizzato si evidenzia il sempre maggior ricorso alla richiesta di consulenze Infermieristiche da parte dei
diversi contesti sanitari che ruotano attorno alla Diabetologia
(ben 118 nel 2007). In particolare le consulenze ci vengono
richieste da unità operative di Medicina, RSA, ADI ma anche
Chirurgiche e specialistiche in genere (figura 1).
Le richieste cartacee sono in triplice copia: una copia viene
riconsegnata all’équipe infermieristica che la richiede con le indi-
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4
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36
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Figura 1 - Incremento
consulenze Infermieristiche
erogate dal 2002 al 2008
2006
2007
a maggio
2008
cazioni delle prestazioni effettuate al paziente ed eventuali consigli o prescrizioni da attuare e fa parte a tutti gli effetti della
documentazione della cartella clinica, una copia viene inviata
all’ufficio Infermieristico per conoscenza, una copia resta come
documentazione presso il Centro e comunque registrata sulla
cartella diabetologica se il paziente vi è seguito.
La principale prestazione richiesta è rappresentata dalla
valutazione di ulcera diabetica e medicazione, segue la
richiesta di istruzione ed educazione all’uso di presidi per la
misurazione della glicemia, delle modalità di effettuazione
dell’autocontrollo glicemico e uso corretto di devices di
somministrazione dell’insulina (figura 2).
Obiettivo che il team si poneva in seguito all’adozione della
consulenza infermieristica era quello di dare una risposta
assistenziale corretta al cittadino nell’ottica dell’offerta di
migliori cure possibili. A distanza di 6 anni ci si è avvicinati a
questo obiettivo e risulta evidente come contesti specialistici
richiedano l’utilità della consulenza Infermieristica non solo per
i cittadini ma anche per gli Infermieri, in quanto viene favorita
la formazione professionale trasversale sul campo su
particolari aspetti tecnici.
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Lorena Narduzzi
Infermiera presso il Centro Antidiabetico
del Presidio Ospedaliero di Monfalcone (Gorizia)
[email protected]
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] Carpenito L.J. Diagnosi Infermieristica - Applicazione alla pratica clinica - Il
modello bifocale della pratica clinica
[2] Protocollo Aziendale (ASS2 Isontina) sulla Consulenza Infermieristica.
[3] http://www.google.it/search?source=ig&hl=it&rlz=1G1GGLQ_ITIT279&q=
consulenza+infermieristica&btnG=Cerca+con+Google&meta=
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Il fine primo e ultimo resta quello di perseguire obiettivi di
appropriatezza assistenziale per specifici ambiti, patologie,
prestazioni in risposta ai bisogni specifici della persona con
quella piena responsabilità professionale che oggi ci è
assegnata, che non è disgiunta dall’effettiva autonomia.
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Figura 2 - Oggetto
delle consulenze
Infermieristiche
richieste dai reparti
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Medicazioni
83%
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Educazioni
17%
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“
La parola
dell’esperto
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Articolo originale
Il diabete ed il percorso
di adattamento
“Il diabete è una malattia cronica che può insorgere nella vita
di una persona. La sua presenza non deve alterare le
aspettative ed i desideri, i progetti ed i sogni di chiunque. La
capacità di acconsentire e capire quello che è accaduto
permettono di continuare a vivere la propria vita”.
Il diabete ed il percorso di adattamento
Se nel corso della vita di una persona avviene un
cambiamento inaspettato e non voluto è la persona stessa, nel
suo insieme di emozioni, sentimenti, pensieri e progetti che
subisce un mutamento improvviso. Ciò che prima era chiaro e
limpido all’improvviso si oscura.
Quando nella vita di una persona insorge una malattia cronica
come il diabete il cambiamento è inevitabile. All’inizio è una
realtà difficile da accettare, in quanto non risulta facile
incorporare la presenza della malattia nella propria immagine
di sè e sentirsi bene con se stessi. Per di più, bisogna
considerare gli effetti che una tale situazione ha sugli altri e
sull’ambiente sociale in cui vive la persona.
Si tratta di cambiare, all’interno della propria vita, le proprie
abitudini alimentari, seguire correttamente una terapia,
imparare a fare l’insulina, se necessaria, ed acquisire la
22
Il Cambiamento
Le risorse per far fronte alla nuova situazione comprendono le
cure mediche, ma anche il sostegno da parte della famiglia,
amici, colleghi, associazioni dei pazienti. I familiari vanno
coinvolti sin dall’inizio nella definizione delle cause della
malattia e nelle soluzioni da prospettare al di là della semplice
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Il supporto educativo e sociale
A questo punto è importante che la persona con malattia
cronica, sia aiutata a comprendere la nuova condizione ed
abbia la possibilità di ritrovare e ricostruire un nuovo equilibrio
ed impegnarsi a mantenerlo superando gli stimoli negativi
legati alla malattia.
Il tempo aiuta a comprendere ed allora la persona riesce ad
acconsentire al nuovo stato, ritrova un equilibrio emozionale
grazie al quale è possibile sostenere più serenamente il
trattamento nella vita quotidiana e le diverse implicazioni
personali, familiari, professionali e sociali.
Utilizzo il termine acconsentire poiché contiene il significato di
un consenso positivo a ciò che avviene, poiché accettare è
talvolta vissuto dalle persone come una sorta di resa
incondizionata.
O P E R A T O R I
capacità di gestire la vita quotidiana. Vengono richiesti
controlli e visite periodiche. Gli insuccessi terapeutici che si
possono verificare possono essere vissuti come insormontabili.
Il senso di benessere, le aspirazioni ed aspettative che
avevamo delineato nella propria vita vengono influenzate
dall’evento inusuale e, talvolta, sembrano diventare
irraggiungibili e irrealizzabili.
Ne consegue una serie di reazioni emotive che, pur
abbastanza uniformi nella loro esteriorità, si presentano con
caratteristiche diverse per ciascuna persona. Le reazioni sono
quelle dello stupore poiché non si capisce cosa stia
accadendo, altre volte si prova rabbia per quello che è
accaduto.
Talvolta è possibile osservare atteggiamenti di rifiuto nei
confronti della nuova situazione; intellettualmente viene
riconosciuta la malattia ma si negano le emozioni che da essa
scaturiscono.
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prescrizione farmacologica se si vogliono porre le basi per un
trattamento corretto ed efficace. Da parte degli operatori o
équipe curante l’obiettivo è aiutare la persona ad aiutarsi,
renderla capace di affrontare le varie situazioni in maniera
autonoma ed accettare i conflitti, non più come minaccia della
propria identità, ma come momenti di crescita. Si tratta di offrire
un approccio all’aiuto, che non vuole sostituirsi alle persone,
ma risvegliare in loro risorse trascurate e trovare in se stesse le
energie mentali ed emotive per avviare una nuova fase della
propria biografia, della propria vita. È una forma di investimento
che va oltre la motivazione, la persona deve poter comprendere
che quanto sta facendo è utile e serve a se stessa, l’obiettivo è
raggiungere un nuovo stato di benessere e soddisfazione
personale, sapendo che quanto sta realizzando è importante e...
“ne vale la pena”.
Marina Trento
Laboratorio di Pedagogia Clinica
Dipartimento di Medicina Interna - Università di Torino
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] Lacroix A, Assal JP. Educazione Terapeutica dei pazienti. Edizioni Minerva
Medica, Torino, 2005
[2] Snoek F.J, Skinner TC. Psychology in diabetes care. John Wiley & Sons. USA, 2005
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Lo
sapevate
che...
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Anello gastrico: trattamento efficace nei pazienti con
diabete tipo 2 obesi
Un gruppo universitario australiano ha valutato l’efficacia
dell’inserimento di un nastro gastrico in pazienti obesi con
diabete tipo 2. Nello studio sono stati arruolati 60 pazienti con
diabete tipo 2 di età media di 47 anni (range 20-60 anni) e con
una HbA1c media del 7.7%. Tutti i pazienti, suddivisi in due
gruppi, si avvalevano di un programma di trattamento
tradizionale
comprendente
regole
dietetiche
e
incoraggiamento a svolgere attività fisica. Nei due gruppi, il
trattamento antidiabetico era adattato liberamente a livello
individuale da uno specialista diabetologo, in base
all’equilibrio glicemico. Nel gruppo “trattato chirurgicamente”
si inseriva anche, per via celioscopica, un anello gastrico.
Dopo due anni di follow-up, i soggetti trattati chirurgicamente
avevano perduto il 20% del loro peso iniziale mentre quelli che
ricevevano il trattamento convenzionale soltanto l’1.7%. Cosa
ancora più interessante, il 75% di quelli trattati chirurgicamente
erano in remissione, rispetto al 15% di quelli del gruppo a
trattamento convenzionale, con una riduzione dell’HbA1c quattro
volte maggiore che nei soggetti non sottoposti a trattamento
chirurgico. Dei 30 pazienti trattati chirurgicamente, 26 hanno
potuto sospendere il trattamento antidiabetico e un gran numero
di essi ridurre in maniera significativa quello antiipertensivo e
ipolipemizzante. Il miglioramento dell’insulinoresistenza era
inoltre nettamente migliore con una riduzione del 45%
dell’HOMA IR rispetto al 3.8% dell’altro gruppo.
JAMA 299: 316, 2008
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A cura di Rosanna Toniato
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Il desiderio di dolce si trova tutto in un gene
Tutto il nostro desiderio di dolcezza e zucchero sarebbe nascosto
in un unico gene. La capacità incredibile di ingurgitare montagne
di caramelle, di versare innumerevoli cucchiaini di zucchero in tè
o caffè, di gustare dolci e confetti senza averne mai abbastanza
si trova tutto in una piccola variazione genetica. È quanto sostiene
uno studio canadese della University of Toronto.
Il gene in questione è il trasportatore di glucosio di tipo due, quel
gene che aiuta il cervello a regolare l’assunzione di cibo. Chi
possiede una particolare variante di questo gene è portato ad
assumere più zucchero (qualsiasi tipo di zucchero) rispetto agli
altri. I ricercatori hanno coinvolto 825 persone nella loro ricerca e
le hanno divise in due gruppi: un gruppo di persone sovrappeso
con diabete trattato con sola dieta e un gruppo di persone
considerate in buone condizioni generale. Ad ogni partecipante
è stato chiesto di registrare le proprie abitudini alimentari di un
“mese tipo”, dopodiché sono stati sottoposti ad un’analisi
genetica per determinare la presenza o meno della variante
genetica in studio. I dati hanno mostrato che in entrambi i gruppi
quelli che assumevano una maggiore quantità di zuccheri erano
proprio quelli che presentavano la variante in esame.
Una giustificazione genetica alle scorpacciate di dolci... ma
attenzione, perché questo legame riguarda solo lo zucchero,
nessuna relazione infatti è stata individuata con il consumo di
amido, proteine e grassi.
Physiol Genomics 2008; 33:355-360
La disfunzione erettile nei diabetici è pessimo segnale per il
cuore
La disfunzione erettile negli uomini affetti da diabete di tipo 2 è
segnale quasi certo di futuri problemi cardiaci. Lo confermano
due studi – dei quali uno italiano – pubblicati sul Journal of the
American College of Cardiology.
I ricercatori dell’Istituto Beato Matteo di Vigevano hanno preso in
esame 291 uomini con diabete 2 e scoperto che quelli con
disfunzione erettile avevano un rischio doppio rispetto agli altri di
essere colpiti da un attacco cardiaco o un ictus nel corso di 4
anni. I ricercatori della Chinese University di Hong Kong hanno
verificato che tra i diabetici perfettamente sani dal punto di vista
cardiovascolare ma con disfunzione erettile i tassi di mortalità per
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Controllo glicemico intensivo: Studio ACCORD interrotto
prematuramente
Lo studio ACCORD (Action to Control Cardiovascular Risk in
Diabetes), che aveva lo scopo di studiare gli effetti di tre differenti
strategie terapeutiche miranti tutte a ridurre l’aumentata
morbosità e mortalità nel diabete tipo 2, è stato interrrotto 18
mesi prima del termine previsto per un aumento, nel gruppo dei
pazienti a controllo intensivo, del numero di decessi per tutte le
cause (257 vs 203; 14/1.000/anno vs 11/1.000/anno). Scopo dello
studio era quello di fornire una risposta alla domanda se un
valore target di HbA1c di 6% sia più efficace di uno compreso tra
7 e 7,9% nel ridurre l’incidenza degli eventi cardiovascolari. In
questo studio veniva testata una strategia terapeutica e non una
classe specifica di antidiabetici orali. All’atto dell’arruolamento,
la popolazione ACCORD era costituita per il 61,4% da soggetti di
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Le virtù del succo di frutta
Bevendo succo di uva e mela si ha un’azione preventiva contro
l’aterosclerosi più potente di quella che si ottiene mangiando gli
stessi frutti freschi. Lo svela uno studio pubblicato sulla rivista
Molecular Nutrition and Food Research. I ricercatori
dell’Università di Montpellier stavano indagando sugli effetti
della lavorazione industriale della frutta sul contenuto in fenoli,
antiossidanti che hanno proprietà anti-aterosclerosi e quindi di
prevenzione cardiovascolare. Con una certa sorpresa, i ricercatori
hanno scoperto che quattro bicchieri al giorno di succo di mela
o uva al 100% (equivalenti a circa tre mele e tre manciate di
chicchi d’uva) non solo non perdono il loro potere antiossidante
ma anzi contengono persino una maggiore quantità di fenoli
biodisponibili rispetto alla frutta fresca.
Molecular Nutrition and Food Research 2008
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infarto e le probabilità di avere un infarto grave ma non fatale
erano più elevate del 58%. Ma c’è una speranza: i ricercatori
italiani hanno anche scoperto che il rischio diminuisce di un terzo
se si trattano i pazienti diabetici con disfunzione erettile con le
statine.
J Am Coll Cardiol 2008; 51:2040-2044
J Am Coll Cardiol 2008; 51:2045-2050
J Am Coll Cardiol 2008; 51:2051-2052
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sesso maschile di età media di 62.2 anni e con durata media di
malattia diabetica di 10 anni. Il valore medio di HbA1c era
dell’8,3%. Per quanto riguarda la fine prematura di ACCORD,
attualmente sono disponibili dati limitati. Il valore medio di
HbA1c era del 6.4% nel gruppo intensivo, rispetto al 7.5% in quello
standard. Complessivamente, la mortalità nei due gruppi era più
bassa di quanto atteso sulla base dei precedenti studi condotti
nel diabete tipo 2 (circa 50/1.000/anno). Nel gruppo intensivo era
presente un trend verso una minore incidenza di eventi
cardiovascolari, ma la mortalità e l’incidenza di morti improvvise
erano più elevate.
Disordini alimentari e ansia
Alla base dei disordini alimentari tipici delle (e degli) adolescenti
sembra esserci un fattore comune, l’ansia. Lo sostiene uno studio
pubblicato sul Journal of Advanced Nursing.
I ricercatori finlandesi dell’Adolescent Psychiatry Clinic della Turku
University Hospital hanno seguito 372 teenager tra i 15 e i 17 anni
di entrambi i sessi per 12 mesi per determinare se esistono fattori
in grado di distinguere quelli che tendono a soffrire di disordini
alimentari per lunghi periodi di tempo da coloro che ne soffrono
solo in periodi transitori. È emerso che a soffrire di disordini
alimentari sono per la stragrande maggioranza femmine, ma che
se si considerano solo i disordini alimentari che durano anni,
allora la percentuale di maschi aumenta sensibilmente. L’unico
fattore psicologico che tutti i teenager con disordini alimentari di
lunga durata avevano in comune è risultata l’ansia. “La nostra
scoperta dimostra che i disordini alimentari non sono una
patologia a sé, ma parte di un quadro psicopatologico
complesso”.
Journal of Advanced Nursing 2008; 62(6), 674–680
Il grasso contro le rughe
Applicazioni locali di una lozione a base di un grasso naturale
sembrano essere un vero toccasana contro le rughe, sia quelle
dovute al normale invecchiamento della pelle, sia quelle causate
da agenti esterni come ad esempio l’esposizione a raggi
ultravioletti. È il sorprendente risultato di una ricerca coreana
pubblicata sul Journal of Lipid Research.
Le rughe sono dovute principalmente alla diminuzione della
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L’ormone della sazietà funziona meglio se si fa attività fisica
La leptina, una proteina segnale che regola il senso di sazietà,
da sola non basta per lanciare al cervello il messaggio di
smettere di alimentarsi. Ma fare attività sportiva aiuta ad
aumentare la produzione di questo ormone e a rafforzare il
messaggio di sazietà che deve raggiungere il cervello. Lo ha
dimostrato una ricerca apparsa nella rivista Diabetes. Nel 1994
Jeffrey Friedman della Rockefeller University ha individuato una
proteina, la leptina, e il gene che la codifica, il gene Ob, che
prometteva di rivoluzionare le conoscenze sul diabete e
sull’obesità e di riuscire a curare questi disturbi. Questa proteina
è una molecola segnale che viene prodotta dal tessuto adiposo;
si è prima ipotizzato e poi dimostrato che essa serve da segnale
per il cervello e che regola lo stimolo della fame e l’assunzione
di cibo. Dopo queste scoperte si è pensato che, per esempio, se
si fosse fornito questo ormone a soggetti obesi si sarebbe potuto
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produzione di collagene e all’incremento del livello di alcuni
enzimi, chiamati MMP, che favoriscono la degradazione del
collagene esistente. Nel tentativo di trovare degli agenti per uso
topico in grado di prevenire o rallentare questo processo i
ricercatori del Dipartimento di Dermatologia del Seoul National
University College of Medicine hanno messo alla prova sette tipi
di lipidi esistenti in natura.
Di questi lipidi tre si sono rivelati efficaci nel prevenire l’effetto di
riduzione di espressione del collage e quello di incremento dei
livelli di MMP da parte dei raggi UVA e in grado di incrementare
il collagene nelle cellule della pelle già danneggiate. Il più
promettente dei tre si è rivelato la fosfatidilserina, costituente
della matrice strutturale di tutte le membrane cellulari, che è stata
quindi provata su alcuni volontari giovani ed esposti a raggi
ultravioletti e su altri non giovani. In questo modo sono stati
valutati gli effetti sia sui danni dovuti a fattori esterni sia su quelli
dovuti al fisiologico processo di invecchiamento.
L’applicazione di una soluzione al due per cento di
fosfatidilserina su piccole aree delle natiche delle partecipanti
allo studio ha mostrato che il trattamento previene la riduzione
del collagene e l’incremento dei livelli di MMP. Certo a questo
punto bisogna vedere se sul viso ha lo stesso effetto...
Journal of Lipid Research 2008; 49:1235-1245
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controllare il senso di sazietà e facilitare i pazienti nella perdita
di peso. Si è scoperto nel tempo, invece, che nei pazienti obesi
la concentrazione di leptina nel sangue è maggiore che nei
soggetti normopeso e che, però, questo segnale non riesce ad
essere recepito in maniera corretta dai recettori ipotalamici. La
scenario è più complesso di quanto si era delineato all’inizio
degli studi su questo ormone. L’uso della leptina nel trattamento
dell’obesità è infatti ancora molto controverso. L’ultimo studio in
merito dimostra che in animali da laboratorio obesi il trattamento
con leptina è più efficace se associato ad una costante attività
fisica. Se si ipotizza che questo possa valere anche per gli uomini
si ribadisce l’importanza per le persone obese o in forte
sovrappeso di svolgere attività fisica e di quanto questo sia un
elemento necessario per riattivare il metabolismo, perdere peso,
imparare ad avere uno stile di vita corretto.
Diabetes 2008; 57: 614-622
Psoriasi e malattie cardiovascolari
Ipertensione, diabete mellito, dislipidemia, obesità, fumo di
sigarette sono fattori di rischio cardiovascolari che si riscontrano
nei pazienti affetti da psoriasi. Le più recenti ricerche hanno
evidenziato che la psoriasi stessa potrebbe essere un fattore di
rischio aggiuntivo per lo sviluppo di malattie cardiovascolari.
Quale sia il legame tra queste due malattie è un mistero. Una
revisione pubblicata nella rivista The American Journal of
Medicine affronta questa questione.
La psoriasi è causata da un disordine del sistema immunitario i
cui classici sintomi sono la presenza di chiazze rosse sulla pelle
e prurito, soprattutto in corrispondenza dei gomiti, delle
ginocchia, della regione lombo-sacrale della schiena, del cuoio
capelluto. In questa condizione patologica le cellule T, che
normalmente proteggono l’organismo dalle infezioni, attivano
una serie di processi infiammatori che stimolano la produzione di
cellule cutanee dando luogo poi alle manifestazioni tipiche della
malattia. Considerare e curare, però, la psoriasi esclusivamente
come una malattia immunitaria potrebbe essere un errore. In virtù
delle recenti ricerche che dimostrano un legame tra psoriasi e
malattie cardiovascolari, sarebbe più corretto cominciare a
gestire questo disturbo in maniera diversa. Secondo quanto si
sostiene nella revisione, oltre a trattamenti volti a ridurre la
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Cancro e diabete potrebbero essere collegati a dei
meccanismi di risparmio energetico cellulare
Un team di ricercatori ha scoperto che molti organismi, in
mancanza di cibo, attivano gli stessi meccanismi di segnalazione
cellulare che consentono alle cellule di risparmiare energia.
E sembra che ci sia una relazione tra le alterazioni dei
meccanismi di risparmio energetico cellulare, diabete e cancro.
In laboratorio, gli esperti hanno osservato che quando una coltura cellulare non dispone di sufficienti nutrienti, entra in azione l’enzima AMPK che lega dei gruppi fosfato ad una proteina chiamata “raptor”. Quest’ultima è di fondamentale importanza per il funzionamento della proteina mTOR che stimola la crescita cellulare.
Le modifiche che avvengono quando vi è scarsità di nutrienti,
disattivano mTOR, la divisione cellulare si ferma e la cellula entra
in risparmio energetico. Se questa via metabolica non funziona, la
cellula continua a crescere e riprodursi, fino a morire. In tutti gli
organismi studiati, dai più semplici ai più complessi, la struttura
della proteina raptor è fortemente conservata indicando che in
natura, le strategie che riguardano i bisogni fondamentali degli
organismi, vengono tendenzialmente invariati.
Questo studio ha però anche messo in luce dei possibili
collegamenti con tumori e diabete. In questa via metabolica,
infatti, svolge un ruolo di primo piano anche la proteina LKB1, che
è un fattore di soppressione tumorale. Se LKB1 manca, si formano
dei tumori benigni, gli amartomi, ma anche alcuni tipi di tumori
polmonari e del colon che partecipano all’attivazione di AMPK.
I ricercatori hanno dimostrato che LKB1 attiva AMPK. Non solo.
La metformina, agisce attivando AMPK. Secondo i ricercatori,
questa scoperta potrebbe spiegare almeno in parte l’aumento di
rischio di cancro che si osserva nei pazienti con diabete di tipo 2.
Ora gli esperti vogliono capire se delle mutazioni nei componenti
della via metabolica LKB1/AMPK possono nascondersi dietro ad
entrambi le malattie e se farmaci contro il diabete potrebbero
anche contrastare la crescita di alcuni tipi di tumore.
Molecular Cell, 2008
I T A L I A N I
proliferazione cellulare cutanea e a lenire i rossori e il prurito, si
dovrebbe anche verificare la salute del sistema cardiocircolatorio
di questi pazienti e agire sui fattori di rischio cardiovascolare.
Am J Med 2008; 121:360-65
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Il diabete non aumenta il rischio di incidenti stradali
I diabetici che non riescono a tenere sotto controllo i livelli di
glicemia possono andare incontro a delle crisi ipoglicemiche. Per
questo motivo i diabetici sono sottoposti a maggiori restrizioni per
ciò che concerne la guida di mezzi pesanti e mezzi adibiti al
trasporto passeggeri.
Tuttavia un team di ricerca ha dimostrato che gli incidenti causati
da diabetici erano quantitativamente minori di quelli provocati
dai non diabetici. I risultati ottenuti sono basati sull’analisi dei dati
sugli incidenti stradali della Devon and Cornwall Constabulary.
Simon O’Neill del Diabetes UK ha dichiarato che se il diabete è
ben controllato e non vi sono complicanze che potrebbero
compromettere la guida non vi è alcun motivo per cui non si
dovrebbe rilasciare la patente a un diabetico.
Farsi male con l’acqua, disturbo estremo
(ANSA) - VICENZA, 6 GIU - Annegare il proprio disagio sotto
decine e decine di bicchieri d’acqua al giorno, sino a cinque litri,
per non sentire fame, con il rischio di intossicarsi letteralmente e
andare in coma con la distruzione dei muscoli. È questo uno degli
estremi dei disturbi alimentari che medici e terapeuti vedono
nelle corsie di centri specializzati dove vengono trattati. Disturbi
nuovi e certamente rari, ha spiegato Roberto Stuzzi, presidente
dell’Associazione nazionale degli specialisti in scienza
dell’alimentazione, riuniti per il X congresso nazionale, tanto da
non essere stati ancora battezzati dalla medicina ufficiale e
definiti per ora solo disturbi”.
Retinopatia diabetica fortemente associata alla presenza di
calcio nelle coronarie
I risultati di un recente studio rivelano una associazione tra
retinopatia diabetica, in particolare quella proliferativa, e la
presenza di calcificazioni delle arterie coronariche (CAC), che si
ritiene essere un indicatore attendibile dell’aterosclerosi. Secondo
i ricercatori, “se confermato in altri studi, identificare i pazienti con
diabete tipo 2 e retinopatia diabetica proliferativa potrebbe
aiutare ad individuare quei soggetti ad alto rischio
cardiovascolare”.
Il Dr. Peter D. Reaven e colleghi, del Carl T. Hayden Veterans
Affair Medical di Phoenix, in Arizona, hanno analizzato la
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La metformina ritarda lo sviluppo delle adolescenti e può
essere indicato per le ragazze con pubertà precoce
Basse dosi di metformina possono ritardare lo sviluppo in
ragazze con segni di pubertà precoce, situazione spesso
associata ad aumento del peso corporeo in età adulta, con
maggiore rischio di cancro al seno e di sindrome dell’ovaio
policistico.
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L’ipercolesterolemia aumenta il rischio di Morbo di Parkinson
Alti livelli di colesterolo sono associati al rischio più elevato di
sviluppare la malattia di Parkinson. È quanto sostiene uno studio
condotto al National Public Health Institute di Helsinki. Così come
è da tutti riconosciuto che l’alto colesterolo nel sangue aumenta
il rischio di malattie cardiache, così “la associazione con le
malattie neurodegenerative – dice Gang Hu, uno degli autori
dello studio – è sempre stata molto dibattuta”.
La ricerca finlandese, pubblicata sulla rivista Neurology, ha
esaminato tale associazione in una coorte di 24.773 uomini e
26.153 donne finlandesi tra i 25 e i 74 anni. Un totale di 321 uomini
e 304 donne ha sviluppato la malattia di Parkinson in un followup medio di 18 anni. Comparati con gli individui con un più basso
livello di colesterolo, quelli con i livelli più alti hanno evidenziato
una probabilità più elevata dell’86% di sviluppare il Parkinson.
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relazione che intercorre tra retinopatia e CAC in un
sottocampione di 204 diabetici di tipo 2 coinvolti nel VA Diabetes
Trial.
Gran parte dei soggetti analizzati erano maschi (95%) e bianchi
non Ispanici (70%), con un’età media di 62 anni e durata media
del diabete di 12.3 anni. La maggior parte soffriva d’ipertensione
(80%) e aveva un passato da fumatore (70%) e il 39% aveva già
sofferto in precedenza di malattie cardiovascolari.
I risultati hanno evidenziato che la retinopatia era correlata al
CAC e il livello di calcificazione delle arterie aumentava in base
alle diverse forme di retinopatia di cui soffrivano i pazienti.
“Questi dati”, conclude il team, “indicano un’importante relazione
tra la retinopatia e il livello di CAC e suggeriscono la possibilità
di identificare e trattare comuni fattori di rischio per queste diffuse
complicanze micro- e macrovascolari”
Diabetes Care 31: 952-957, 2008
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A queste conclusioni è giunto uno studio presentato in Spagna,
all’Endocrine Society Meeting. L’esperimento ha coinvolto 38
ragazze in età prepuberale (età media di 7,9 anni), con basso
peso alla nascita, che sono state divise in un gruppo di controllo
e un gruppo trattato con metformina alla dose di 425 mg/die, per
due anni, e 850 mg/die nei due anni successivi.
Al termine del periodo, le ragazze trattate con metformina
avevano avuto il loro primo ciclo mestruale con minore
probabilità rispetto alle coetanee appartenenti al gruppo di
controllo e avevano preso 5,5 Kg di peso in meno associato a
una quantità inferiore del grasso addominale misurato con la
RM; i livelli di insulino resistenza erano più bassi e il profilo
lipidico migliore. Il trattamento con metformina non ha, inoltre,
danneggiato la crescita in altezza, la densità ossea e l’entità di
massa magra delle ragazze.
Dal momento che l’uso della metformina non è autorizzato dalla
FDA, per i bambini di età inferiore ai 10 anni, gli scienziati si
riservano di approfondire la materia con studi di maggiori
dimensioni.
Uso glitazoni e rischio di fratture
Recenti studi hanno indicato che i due tiazolidinedioni
attualmente in commercio, Pioglitazone e Rosiglitazone, possono
causare effetti sfavorevoli sull’osso, rallentando la formazione
ossea ed accelerando la perdita ossea. Ricercatori
dell’Ospedale Universitario di Basilea in Svizzera, hanno studiato
1.020 pazienti con diabete mellito, che avevano sofferto di
fratture tra il 1994 ed il 2005. È stato osservato che i soggetti che
stavano assumendo Rosiglitazone e Pioglitazone presentavano in
media un rischio (odds) 2 o 3 volte maggiore di fratture all’anca
e di altre fratture non-spinali, rispetto a coloro che non
assumevano questi farmaci. Gli odds per la frattura erano
aumentati tra i pazienti che assumevano i farmaci per circa 12-18
mesi, ed il rischio era più alto per coloro che erano in trattamento
da 2 o più anni. Questa analisi ha fornito ulteriore evidenza di
una possibile associazione tra l’impiego nel lungo periodo dei
tiazolidinedioni e le fratture, particolarmente dell’anca e del
polso, nei pazienti con diabete mellito. Questo effetto non è stato
riscontrato con altri farmaci antidiabetici in questa popolazione.
Archives of Internal Medicine, 2008
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Diabete e depressione
Secondo un recente studio sembra che i pazienti sottoposti a
terapia per il diabete tipo 2 abbiano una maggiore probabilità
di soffrire di depressione mentre, i pazienti affetti da
depressione, corrono un rischio maggiore di sviluppare il
diabete.
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Diabete e perdita dell’udito
I pazienti affetti da diabete hanno un rischio raddoppiato di
perdere l’udito. Questa relazione è stata individuata da una
campagna, condotta negli Stati Uniti, di prevenzione nei
confronti della perdita dell’udito.
Dall’analisi dei dati è emersa un’indicazione: le persone con
problemi di udito sono di più nella popolazione dei diabetici.
Non solo: i pazienti affetti da diabete manifestano anche livelli
più gravi di perdita dell’udito.
La relazione tra queste due patologie non è del tutto chiara; gli
esperti hanno ipotizzato che la malattia diabetica possa
giocare un ruolo determinante nella variazione della
microcircolazione cocleare e quindi nel ridurre l’udito di un
paziente. La relazione tra le due patologie ha sorpreso e
interessato la comunità scientifica che da più parti ha chiesto
di approfondire le ricerche sul tema.
Ann Intern Med 2008; 149: online issue
O P E R A T O R I
Ecco l’automobile per diabetici
Realizzata un’automobile speciale per guidatori diabetici:
l’annuncio arriva dal meeting annuale dell’American Diabetes
Association, svoltosi a San Francisco dal 6 al 10 giugno us.
L’automobile è dotata di un sistema wireless che visualizza su
uno schermo posto sul cruscotto al posto dell’autoradio la
glicemia dell’automobilista, monitorata in tempo reale.
Lo strumento è stato pensato per i diabetici con glicemie
instabili che possono mettere a repentaglio la vita del paziente
e causare gravissimi incidenti stradali.
In caso la glicemia raggiunga valori-guardia il sistema lo
segnala acusticamente al guidatore, che ha qualche minuto
per prendere provvedimenti o almeno accostare.
http://medgadget.com/archives/2008/06/mpowered_car_for_
diabetics.html
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Benché sia noto che, rispetto al resto della popolazione, le
persone diabetiche hanno una maggiore probabilità di
mostrare sintomi depressivi, non è ancora stato chiarito il
legame tra queste due malattie e se il diabete tipo 2 sia un
fattore di rischio per la depressione. Secondo gli autori dello
studio, la diagnosi del diabete o il peso delle relative
complicanze potrebbe portare a sintomi depressivi.
Per studiare il legame tra diabete e depressione, sono stati
coinvolti uomini e donne di età compresa tra i 45 e gli 84 anni
in un primo studio dal 2000 al 2002 e in un secondo dal 2004
al 2005. I ricercatori hanno preso in considerazione il legame
tra la depressione e il diabete tipo 2 analizzando i livelli di
glicemia a digiuno e i sintomi depressivi. Sono stati considerati
come indici di depressione alti punteggi ottenuti con il Center
for Epidemiologic Studies Depression Scale (CES-D, test per
determinare la presenza e la gravità di sintomi depressivi) e
l’assunzione di antidepressivi.
La prima analisi, era volta a studiare il rischio di diabete tipo
2 e le differenze nelle percentuali di rischio tra persone che
soffrivano di depressione e coloro che non mostravano alcun
sintomo depressivo. La seconda analisi, che ha coinvolto
persone senza evidenti sintomi di depressione all’inizio dello
studio, aveva l’obiettivo di studiare lo sviluppo dei sintomi
depressivi e di evidenziare le differenze riscontrate tra pazienti
affetti da diabete tipo 2 e persone non diabetiche.
La prima analisi ha mostrato che i pazienti in terapia per il
diabete tipo 2 avevano una probabilità più alta del 52% di
manifestare sintomi depressivi, mentre le persone diabetiche
non sottoposte a terapia non erano a rischio di depressione.
La scoperta del legame tra diabete e depressione in pazienti
in terapia per il diabete, non riscontrato invece nei pazienti
diabetici non in terapia, potrebbe indicare che lo stress
psicologico associato alla gestione del diabete può causare
forti sintomi depressivi.
La seconda analisi ha evidenziato che la depressione era
associata ad un rischio più alto del 42% di sviluppare il
diabete. Più forti erano i sintomi depressivi, maggiore era la
probabilità di sviluppare questa malattia.
I ricercatori concludono affermando che: “Questo studio si
aggiunge ad altri che già in precedenza avevano indicato una
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Il curry per prevenire il diabete?
Una dieta ricca di curry fa dimagrire e previene il diabete? È
quanto viene sostenuto da uno studio presentato a ENDO 2008,
il meeting annuale della Endocrine Society tenutasi a San
Francisco.
La curcumina è una sostanza presente nella radice e nel
rizoma (parte del fusto sotterraneo) della pianta Curcuma
longa. La polvere ottenuta macinando questo vegetale è usata
in tutto il mondo come ingrediente principale del curry, e
contiene circa il 2 per cento di curcumina.
Già in passato alcuni studi avevano riscontrato che i topi da
laboratorio alimentati con dosi massicce di curcumina erano
meno suscettibili a sviluppare diabete 2, e presentavano livelli
inferiori di reazioni infiammatorie causate dall’obesità.
I ricercatori del Naomi Berrie Diabetes Center presso la
Columbia University hanno scoperto anche che la
somministrazione di curcumina è associata a un limitato ma
significativo declino del peso corporeo e della percentuale di
grasso corporeo, indipendentemente dall’accumulo di calorie.
È comunque prematuro affermare che l’assunzione di
curcumina con grandi quantità di curry nella dieta negli obesi
o nei diabetici possa portare a un diretto beneficio, ma è
possibile che possa trattarsi di un’opzione terapeutica efficace
e naturale da prendere in considerazione.
ENDO news release, San Francisco 2008
O P E R A T O R I
associazione tra queste due malattie. Studi futuri dovrebbero
determinare se interventi volti a modificare fattori
comportamentali associati alla depressione possano essere
affiancati alle correnti strategie di prevenzione del diabete tipo
2. Infine bisogna essere consapevoli del rischio elevato di
depressione in questi pazienti e controllare la presenza di
sintomi depressivi”.
JAMA 299: 2751, 2008
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Scuola
di formazione
permanente
OSDI
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A cura di Laurenzia Ferriani
Presentazione del corso base
Nell’articolo di presentazione della SFO, pubblicato sul N.° zero
di questa rivista, sono state illustrate le varie tappe che ci
hanno portato, dal 2004 ad oggi, alla realizzazione del
progetto scuola.
In questo articolo si cercherà di fornire informazioni sui
contenuti didattici e scientifici del Corso Base a scopo
divulgativo di quanto è stato fatto in questo lungo e stimolante
percorso.
Partiamo, quindi, dalla base della piramide (figura 1) per
riportare in maniera più o meno dettagliata i contenuti di
alcune delle relazioni scientifiche relative a questo corso.
Il corso base, della durata di quattro giorni, ha come obiettivo
generale quello di far nascere il primo gruppo di tutor
formatori della Scuola di Formazione Permanente OSDI,
composto da infermieri che abbiano acquisito la capacità di
condurre gruppi di lavoro, con le metodologie didattiche della
Scuola.
Gli obiettivi specifici del corso sono articolati secondo la logica
del sapere, saper fare, saper essere. La metodologia didattica
utilizzata è quella interattiva, con il 70% di lavori di gruppo; ciò
presuppone il fatto che i partecipanti abbiano un ruolo attivo
nell’apprendimento che diventa, di fatto, apprendimento
esperienziale.
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Avendo la scuola intrapreso il percorso della certificazione ISO
e del relativo Sistema di Gestione di Qualità (SGQ), si è
ritenuto opportuno inserire tra gli obiettivi didattici anche:
» Cosa sono le norme ISO 9000:2000;
» Cosa significa Sistema di Gestione di Qualità.
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Sintetizzando, gli obiettivi specifici del corso base sono:
» Quali sono gli strumenti didattici della scuola (Diagramma
causa-effetto; Diagramma di Pareto, Brainstormin, Ricerca
d’aula, Metaplan);
» Come e quando si utilizzano gli strumenti didattici della
scuola;
» Cosa è un gruppo di lavoro;
» Cosa sono le dinamiche di gruppo;
» Riconoscere e saper gestire le principali dinamiche
relazionali;
» Cosa sono gli strumenti di verifica: come e quando si
utilizzano.
O P E R A T O R I
Figura 1
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Per entrare nello specifico nella figura 2 viene riportata la
freccia di processo che sintetizza i contenuti specifici del corso
articolati nelle varie giornate.
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Figura 2
L’apertura del corso inizia con una relazione di inquadramento
sulle dinamiche relazionali affidata alla dottoressa Marina
Cassoni. A lei vengono inoltre assegnate le relazioni sulla
specificità del gruppo di lavoro, come si lavora in gruppo e
come gestire le dinamiche relazionali.
Alla dottoressa Ida Ramponi sono affidate le relazioni sulle
Norme UNI EN ISO 9000:2000, il PDCA e gli strumenti di analisi:
Pareto e causa effetto.
Gli strumenti didattici come la “ricerca d’aula”, il “metaplan” e
il “brainstorming”, sono invece di competenza della dottoressa
Emanuela Orsi. Al dottor Luigi Sciangula viene assegnato il
compito di parlare degli strumenti di verifica.
Gli argomenti, che inizialmente sembrano complicati e di
difficile acquisizione, vengono in realtà appresi con grande
semplicità, grazie alla competenza dei docenti che, con tanto
impegno e chiarezza, hanno saputo trasmettere contenuti di
particolare importanza. Sono coloro che oltre a trasmettere
conoscenze, hanno saputo alimentare in noi, la
consapevolezza di poter portare avanti il progetto “Scuola
Formatori Permanente OSDI”.
Per la ricchezza delle informazioni date e per l’importanza dei
contenuti trattati, in questo articolo viene riproposto solo una
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In precedenza (periodo dal 1994 al 2000) esistevano anche le
norme ISO 9002 e 9003 e l’organizzazione poteva scegliere con
quale norma certificarsi. Le tre norme ISO 9001/2/3
consentivano, prima del 2000, di certificare solo alcuni settori
dell’azienda. Queste norme, che non sono più in vigore dal
dicembre del 2000, sono state sostituite dalla ISO 9001:2000
che prevedono un approccio globale e completo di
certificazione per cui non è più possibile escludere alcuni
settori o processi dalla certificazione.
La nuova norma del 2000 viene anche impropriamente
nominata Vision 2000. Tale termine non è il nome di una norma,
ma è un nome generico che vorrebbe identificare una serie di
attività (formazione, documentazione eccetera) che riguardano
la nuova famiglia di norme sulla qualità nata nel 2000.
Il nome completo della norma recepita in Italia è UNI EN ISO
O P E R A T O R I
LE NORME UNI EN ISO 9000:2000
Cosa sono e a cosa possono servire per la Scuola di
Formazione Permanente OSDI
ISO 9000 (International Standard for Organization): insieme di
requisiti emessi da un consorzio di enti a cui le strutture si
devono adeguare per ottenere la certificazione della loro
qualità organizzativa.
ISO 9000 identifica una serie di norme e linee guida sviluppate
dall’ISO (International Standard for Organization) che
propongono un sistema di gestione per la qualità, pensato per
monitorare i processi aziendali affinché siano indirizzati al
miglioramento
della
efficacia
e
dell’efficienza
dell’organizzazione, oltre che alla soddisfazione del cliente.
Le ISO 9000 attualmente (dall’anno 2000 in avanti) sono
suddivise in:
» ISO 9000 che descrive le terminologia e i principi essenziali
dei sistemi di gestione qualità e della loro organizzazione
(detta anche “norma vocabolario”);
» ISO 9001 per la definizione dei requisiti dei sistemi qualità;
» ISO 9004 che è una linea guida per il miglioramento delle
prestazioni delle organizzazioni.
I T A L I A N I
sintesi delle relazioni della dottoressa I. Ramponi, rimandando
ai prossimi numeri della rivista i contenuti delle altre relazioni.
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9001:2000 la norma ISO è armonizzata, pubblicata e diffusa
dall’Ente Nazionale Italiano di Unificazione e dal Comitato
Europeo di Normazione in Europa.
EN: istituto di recepimento europeo delle norme.
UNI: istituto di recepimento italiano delle norme UNI EN ISO
9000
SINCERT: ente italiano di accreditamento degli istituti di
certificazione.
Nell’ambito del progetto Scuola Formatori Osdi si è voluto
percorrere la strada della qualità, intesa come l’insieme delle
caratteristiche di un prodotto/prestazione che conferiscono la
capacità di soddisfare i bisogni espliciti ed impliciti del cliente.
Nel definire la “qualità”, dichiara la dottoressa Ramponi, si
corre il rischio o dell’eccessiva verbosità, inerpicandosi in
sentieri difficili dai quali a fatica si riesce ad uscire, oppure
scivolare in approssimazioni e nello sfoggio di banalità. Allora,
forse, è giusto persuadersi che esistono tanti modi per definire
la qualità e che non esiste un solo modo. La dottoressa
Ramponi riassume in maniera molto chiara il concetto di
”qualità,”attribuendo ad essa il significato di: fare le cose
giuste, farle bene, scegliendo le modalità organizzative che
soddisfino i clienti e gli operatori, comunicandole in modo
adeguato e utilizzando le risorse in modo efficiente. Parlare di
qualità significa vedere il tutto prima delle sue parti, è
impossibile parlare di qualità senza pensare alla struttura, alla
logistica, all’organizzazione, al personale, ai costi, alle
difficoltà nella trasmissione delle informazioni, alle dimensioni
dell’organizzazione, alle professionalità presenti e a quelle che
mancano, soprattutto se non si possono reperire. L’OSDI,
attraverso la Scuola di Formazione Permanente e con la scelta
di un Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ) cerca una sua
definizione di qualità: una qualità fatta di persone, di
professionalità, di serietà, di impegno ma anche di “tentativi”
di qualche errore dal quale imparare e per il quale crescere
sempre. Lo sviluppo del Sistema di Qualità “reale” ha come
presupposto essenziale che siano stabilite regole fondate
sull’eticità dei comportamenti (Norme UNI EN ISO 9002/1994
guida all’applicazione nei servizi) e come obiettivo specifico
l’efficacia dei processi di erogazione di prestazioni e servizi,
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I Principi del Sistema di Qualità delle ISO 9000:
Otto tappe per la gestione della qualità
La qualità sta diventando sempre più un fattore strategico per
ogni azienda, piccola, media o grande.
Costruire un Sistema di Qualità significa avere un potente
strumento di controllo delle attività aziendali che porta a degli
indubbi benefici sul piano organizzativo, dei costi e dei
rapporti aziendali che hanno poi influenza sulla qualità del
prodotto o servizio finale. La certificazione del proprio Sistema
Qualità, da parte di un ente preposto, è il riconoscimento della
capacità aziendale a realizzare con efficacia processi
produttivi e/o di servizio.
Questo sistema serve a garantire il monitoraggio continuo
della qualità.
Per il conseguimento degli obiettivi per la qualità, la nuova
Norma ISO stabilisce gli otto principi di gestione (vedi tab) da
adottare per migliorare continuamente le prestazioni e/o i
servizi. I concetti contenuti in questi otto principi costituiscono il
fondamento su cui si basa l’intera famiglia delle norme ISO
9000 sui Sistemi di Gestione per la Qualità.
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Otto principi di gestione della qualità:
1 Orientamento al cliente
2 Leadership
3 Coinvolgimento del personale
4 Approccio per processi
5 Approccio sistemico alla gestione
6 Miglioramento continuo
7 Decisioni basate su dati di fatto
8 Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori
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tenuto conto della soddisfazione dei clienti (UNI EN ISO
9001/2000 “Vision”). Un sistema volto a favorire la trasparenza
e l’onestà di intenti. Un sistema di regole per dimostrare, non
che non si fanno errori, ma che si gestiscono quelli che
vengono rilevati. Abbiamo pensato, continua la dottoressa
Ramponi, nel cercare la nostra Qualità, alla Matrioska
dell’etica, disegnata da Mario Carassi nel 2003: non c’è qualità
senza etica non c’è etica senza qualità.
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Corso Base Dozza (BO)
Rosangela Ghidelli:
Direttore SFO
Gli otto principi del SGQ:
1. Orientamento al cliente: le organizzazioni dipendono dai
propri clienti e dovrebbero pertanto capire le loro esigenze
presenti e future, soddisfare i loro requisiti e mirare a
superare le loro stesse aspettative.
2. Leadership: creare e mantenere un ambiente interno che
coinvolga pienamente il personale nel perseguimento degli
obiettivi dell’organizzazione attraverso il miglioramento
della comunicazione interna, il coinvolgimento del
personale, il miglioramento del clima organizzativo.
3. Coinvolgimento del personale: le persone, a tutti i livelli,
costituiscono l’essenza dell’organizzazione ed il loro pieno
coinvolgimento permette di porre le loro capacità al servizio
dell’organizzazione.
4. Approccio per processi: un risultato desiderato si ottiene
con maggiore efficienza quando le relative attività e risorse
sono gestite come un processo. Si abbandona una visione
dell’azienda per “funzioni e gerarchie” per privilegiare una
visione integrata sui processi e i risultati attesi.
5. Approccio sistemico alla gestione: il Sistema Gestione
Qualità (SGQ) deve essere considerato nella sua
integrazione con altri strumenti gestionali dell’azienda,
definendone i metodi per misurare efficacia e efficienza di
ciascun processo. Identificare, capire e gestire (come
fossero un sistema) i processi tra loro correlati contribuisce
all’efficacia ed all’efficienza dell’organizzazione nel seguire
i propri obiettivi.
6. Miglioramento continuo: il principio dell’evoluzione tramite
miglioramento è la strada per accrescere la capacità
dell’organizzazione di generare processi a prestazioni
superiori e di erogare servizi sempre più soddisfacenti.
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Documenti del Sistema di Qualità
Oltre ad avere stabilito le regole che governano il
funzionamento e il controllo di ogni processo, è necessario che
queste vengano descritte in documenti che vengono definiti
DOCUMENTI DEL SISTEMA QUALITÀ:
1. IL MANUALE, ovvero la sintesi di come funziona
l’organizzazione. Il manuale contiene:
- lo scopo e il campo di applicazione del sistema qualità
- la presentazione dei processi aziendali e la descrizione
delle loro interazioni
- l’organigramma e le responsabilità
- i richiami ai documenti che descrivono le attività nel
dettaglio (procedure, istruzioni)
2. LE PROCEDURE sono i documenti che, nell’ambito dei
processi, definiscono le modalità e le responsabilità di
esecuzione, controllo e registrazione delle attività. Le
procedure si possono avvalere del supporto di ISTRUZIONI
DI LAVORO, ovvero di documenti che descrivono come
eseguire attività specifiche.
3. LE REGISTRAZIONI, ovvero i moduli, le tabelle, i verbali, in
cui registrare l’avvenuta attività o controllo previsti da una
procedura, istruzione di lavoro o dal manuale della qualità
e quelli necessari per assicurare l’efficace pianificazione e
funzionamento dei processi.
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7. Decisioni basate su dati di fatto: le decisioni efficaci si
basano sull’analisi di dati e di informazioni. È importante
avere la capacità di modificare precedenti decisioni nel
momento in cui variano i dati di partenza.
8. Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori: Una
organizzazione ed i suoi fornitori sono interdipendenti ed un
rapporto di reciproco beneficio migliora, per entrambi, la
capacità di creare valore. Il risultato finale, quindi, dipende
anche dai prodotti/servizi di provenienza esterna che
consentono l’orientamento delle risorse per la creazione di
“valore” a beneficio anche dei fornitori.
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Conoscere per migliorare “misurare per conoscere”
P.D.C.A; Diagramma Causa-effetto o di Ishikawa; Diagramma
di Pareto
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Quella che segue è una rapida carrellata esplicativa di alcuni
strumenti didattici e strumenti di qualità utilizzati nella scuola.
I riferimenti bibliografici sono tratti dalle relazioni della
Dottoressa Ida Ramponi, tenute nel - corso base formatori - e
dalle istruzioni operative della SFO, depositate presso la sede
operativa OSDI srl.
Negli ambienti della qualità si conviene che un problema, in
realtà, NON SI RISOLVE MAI, non si trova mai la soluzione
ideale e totale dello stesso: MA SI MIGLIORA SEMPRE.
Questa la premessa con cui la dottoressa Ida Ramponi ha
aperto una delle sue preziose quanto interessanti relazioni.
Per migliorare in modo continuo si può applicare una metodologia sistematica di problem solving, che è passata alla storia
della qualità con il nome di ciclo PDCA o di ruota di Deming.
Il Problem Solving è una metodologia di analisi utilizzata per
individuare, pianificare ed attuare le azioni necessarie alla
risoluzione di un problema (dopo che quest’ultimo è stato
correttamente identificato - identico è il problema ma non la
sua soluzione -).
Tale metodo è strutturato per la soluzione dei problemi e
prevede sei tappe:
1. Identificazione del problema;
2. Brainstorming sulle possibili soluzioni;
3. Scelta della soluzione;
4. Pianificazione della soluzione prescelta (chi, cosa, come,
quando, con quali risorse, chi ricorda a chi i suoi impegni,
quando si verificano i risultati e l’andamento della
pianificazione);
5. Attuazione della soluzione;
6. Verifica dell’impatto della soluzione sulla realtà esaminata.
Nel condurre l’analisi del problema si tiene conto della:
» Corretta definizione del problema allo scopo di individuare
e definire esplicitamente le devianze, intese come
scostamenti dalle condizioni attese, di cui si devono
ricercare e trovare le cause;
» Raccolta delle informazioni allo scopo di costruire un filtro
attraverso il quale verificare successivamente le ipotesi fatte
sulle possibili cause delle devianze in questione;
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Le fasi del P.D.C.A. (figura 3)
» Plan: consiste nell’identificare il problema, analizzarlo, individuare le cause
reali, definire e pianificare
le azioni correttive. È la
fase in cui si cerca di
capire quali sono i
desideri e le necessità dei
clienti, si pianificano i
miglioramenti da apportare ai propri processi. Si
definiscono obiettivi, iniziative e risorse;
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Questa serie di analisi viene condotta utilizzando la
metodologia del P.D.C.A.
Il PDCA è una metodologia che guida il processo di
mantenimento e miglioramento continuo applicabile a tutte le
situazioni, che si realizza attraverso un’azione ciclica basata
sulla reiterazione sequenziale delle quattro fasi della ruota di
DEMING. Essa può essere intesa come la formalizzazione del
“buon senso” in quanto rappresenta l’iter mentale che deve
essere continuamente applicato per agire con successo.
Questa metodologia è al centro della UNI EN ISO 9001:2000 e
prende il nome dalle iniziali delle 4 fasi e, più precisamente,
delle fasi di: Plan - Do - Check - Act. (Programmare - FareStudiare - Agire).
S A N I T A R I
» Identificazione delle cause più probabili al fine di limitare il
campo di intervento a ciò che può dare il massimo effetto
con il minimo sforzo;
» Formulazione di ipotesi di cause possibili per individuare i
possibili collegamenti logici tra le informazioni considerate
più critiche e le devianze in questione;
» Sviluppo operativo dell’analisi, ovvero trasferimento del
risultato dell’analisi alla realtà operativa e verifica
dell’efficacia della soluzione;
» Controllo dei risultati al fine di valutare e confermare la
validità della soluzione attuata.
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Figura 3
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» Do: consiste nel preparare ed applicare le azioni
pianificate, a livello di test (provo la soluzione) è la fase in
cui si costruisce il prodotto che si pensa possa incontrare le
necessità del cliente o si applica il piano di miglioramento
programmato in fase di realizzazione;
» Check: consiste nel verificare i risultati delle azioni
intraprese confrontandoli con gli obiettivi attesi. È la fase in
cui si fanno le opportune misure e le verifiche del caso per
vedere se il miglioramento atteso si è manifestato o meno;
» Act: consiste nell’agire per standardizzare e consolidare il
processo (ho provato la soluzione, funziona, la faccio
diventare definitiva), introducendo le modifiche nel ciclo
produttivo, oppure nel preparare un nuovo ciclo PDCA se il
check ha rilevato nuovi inconvenienti.
I benefici del PDCA:
» Lavorare in squadra
» Sviluppo continuo
» Gestione per progetti
» Verifiche continue
Le parole chiave del processo di analisi
di un problema sono:
» Conoscere il problema
» Misurarne l’entità
» Scegliere (provare a scegliere) la soluzione migliore per
risolverlo attraverso la comprensione.
L’idea di ciclo non è nuova e, come si sa, proviene dalla ricerca
scientifica che utilizza lo schema ipotesi -attuazione- verificanuova ipotesi e, come è altrettanto noto, è insito nella natura e
nelle leggi che governano il mondo. Deming costruì il ciclo che
denominò “ruota”, partendo dalle fasi reali del processo
industriale, inserendo però, alcune operazioni che traducevano
la logica della ricerca:
1. progettazione del prodotto e prove di qualificazione;
2. produzione con prove in linea o in laboratorio;
3. introduzione nel mercato;
4. verifica del prodotto durante l’utilizzo, raccolta delle opinioni
dei clienti, ricerca delle ragioni del mancato acquisto;
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n.2 settembre2008
osdi
Come si utilizza:
Si costituisce un gruppo; su di un tabellone si traccia una linea
orizzontale che termina, a destra, con un rettangolo. Nel
rettangolo si scrive l’effetto (problema). In alto e in basso si
scrivono le cause, collegate da linee che convergono verso la
linea centrale. Con un brainstorming il gruppo esprime il
maggior numero di cause, che vengono raggruppate in
D I A B E T O L O G I A
D I
S A N I T A R I
Diagramma causa/effetto o di ishikawa o “a spina di pesce”
Metodo per la classificazione delle CAUSE che producono un
certo EFFETTO (di solito un PROBLEMA), attraverso una
rappresentazione logica ed ordinata in cui le possibili cause
vengono evidenziate e correlate fra loro gerarchicamente.
È stato inventato dal giapponese Kaouru Ishikawa, guru della
Qualità Totale ed esperto di gestione per migliorare il controllo
della qualità nei luoghi di lavoro. Si utilizza tutte le volte in cui,
analizzando un fenomeno, si ritiene che le possibili cause siano
più di una. Lo scopo è quello di stabilire quali possono essere
quelle maggiormente incidenti e, conseguentemente, quelle
sulle quali intervenire.
Il diagramma si chiama diagramma causa/effetto, diagramma
di Ishikawa o diagramma a lisca di pesce (figura 4), in quanto
la forma particolare ricorda appunto la lisca di un pesce. Le
spine più grandi annesse alla spina dorsale del pesce
rappresentano le categorie principali delle cause. Ad esse
possono essere aggiunte cause secondarie confluenti nelle
cause principali.
O P E R A T O R I
La novità della riflessione operativa di Deming consiste
nell’aver applicato l’idea del ciclo (e della ricerca), unitamente
a quella di sistema complesso, alle organizzazioni che
vengono così considerate degli organismi individuali, soggetti
di studio e di intervento. Esistono molte elaborazioni e varianti
della “ruota” di Deming. Il giapponese Ishikawa ha elaborato
una delle versioni più conosciute del ciclo PDCA: il diagramma
causa-effetto.
I T A L I A N I
5. riprogettazione del prodotto sulla base delle reazioni del
mercato (qualità, prestazioni, prezzo);
6. nuove prove di qualificazione.
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I T A L I A N I
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Figura 4
categorie e scritte sul tabellone. Alle varie cause si assegnano
indici di priorità e si scelgono quelle con gli indici più alti (in
genere da due a quattro). A questo punto si scrivono le ipotesi
o contromisure che eliminano le cause scelte.
Fasi per la costruzione di un diagramma Causa-effetto
1. Individuare l’effetto da analizzare (il PROBLEMA);
2. Impostare lo schema grafico di base con le grandi
categorie di cause;
3. Per ogni categoria elencare i fattori principali;
4. Specificare per ogni fattore principale tutti i fattori che
possono essere considerati come cause e posizionarli
secondo lo schema ad albero che evidenzia le relazioni
reciproche, procedendo sempre più nel dettaglio;
5. Verificare se tutte le cause sono state elencate;
6. Completare il diagramma con tutte le informazioni
necessarie (titolo, periodo di analisi, chi lo ha compilato, il
reparto, ecc.).
La relazione causa-effetto è una forma di generalizzazione,
perché un effetto non ha mai solo una causa. La struttura stessa
del diagramma di Ishikawa lo conferma. In genere gli effetti
vengono spesso confusi con le cause, e si corre subito agli effetti
senza studiare bene le cause. Se di fronte ad un inconveniente
si domanda: chi è stato? si considera l’effetto. Se ci si chiede:
perché è successo? si considerano le cause. Kuaouru Ishikawa
afferma che, di fronte ad un inconveniente, dovremmo
domandarci quattro volte PERCHÈ.Inconveniente --> perché?
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D I A B E T O L O G I A
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S A N I T A R I
Principio di Pareto: in qualunque situazione, soltanto il 20% dei
fattori condiziona l’80% dei risultati. Questo principio,
statisticamente verificato, è applicabile in qualsiasi settore di
attività economica, ad esempio:
» il 20% dei clienti genera l’80% del fatturato;
» il 20% dei materiali di magazzino viene utilizzato per
produrre l’80% dei prodotti;
» l’80% dei guasti riguarda il 20% di componenti;
» l’80% delle lamentele dei clienti riguarda un 20% dei nostri
servizi.
Il principio è lo stesso della cosiddetta “legge 80/20”, formulata
da J. Juran. Il diagramma di Pareto è la combinazione di un
diagramma a barre e di una curva (figura 5) che permette di
valutare a colpo d’occhio quali sono gli elementi rilevanti e di
quanto incidono. Quando la curva si appiattisce gli elementi
sono poco rilevanti, quando si impenna ci troviamo di fronte ad
elementi importanti. È possibile così concentrare tutte le risorse
disponibili solo su questi elementi, trascurando gli altri. Si
costruisce partendo dall’analisi della situazione e degli obiettivi
che ci si è posti. Si raccolgono i dati che caratterizzano il
fenomeno che ci interessa e si ordinano numericamente,
riportandoli su di un sistema di assi cartesiani. Pareto ci assicura
che le cause fondanti del problema coincidono con un piccolo
O P E R A T O R I
Diagramma di pareto
Quando ci sono molti elementi di cui si vuole valutare
l’importanza, lo strumento da usare è il diagramma intitolato
all’economista Vilfredo Pareto: egli nel 1897, dimostrò che in una
regione italiana, solo poche persone possedevano gran parte
della ricchezza di tutta la regione. L’analisi di Pareto è una
metodologia statistica utilizzata per individuare i problemi più
rilevanti nella situazione in esame e quindi le priorità di intervento.
In generale si può affermare empiricamente che le tipologie di
problemi più importanti sono dell’ordine del 20% del totale e,
risolvendo queste, si può risolvere l’80% dei problemi singoli.
I T A L I A N I
Perché A --> perché A? B --> perché B? C --> perché C?
Per concludere, Ishikawa afferma che l’applicazione ripetuta
del PDCA porta al raggiungimento di qualsiasi obiettivo, anche
se per piccoli passi.
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n.2 settembre2008
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Figura 5
100,00%
90,00%
80,00%
60,00%
50,00%
40,00%
30,00%
20,00%
10,00%
0,00%
2
3
4
5
6
7
Maria Teresa Branca
Infermiera ASL Lecce
Servizio di endocrinologia/diabetologia
Tricase (LE)
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1
numero di cause potenziali: i rimanenti fattori producono effetti
di rilevanza trascurabile. Poiché non esistono problemi
importanti in assoluto, bisogna imparare ad individuare le
priorità in funzione della situazione in cui ci si trova e degli
obiettivi. Dunque, dopo una ricerca dettagliata delle cause
potenziali, semplifichiamo la nostra rappresentazione del
problema, riducendola agli aspetti fondamentali.
O P E R A T O R I
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I T A L I A N I
70,00%
Nursing
Diabetologico
Premessa
Questo lavoro nasce da una riflessione avviata dal gruppo di
infermieri pediatrici e non dell’OSDI Abruzzo sulla necessità di
costruire un percorso condiviso, dalla teoria alla pratica, che
faciliti il passaggio/transizione/emancipazione dei giovani
diabetici dal servizio pediatrico a quello per adulti.
Che cosa ostacola e che cosa facilita la transizione? È un
semplice passaggio o molto più verosimilmente
un’emancipazione? Perché per molti l’età della scelta sembra
non arrivare mai?
D’altra parte la scelta del momento del passaggio è di non
semplice definizione anagrafica: i processi di apprendimento
psicofisico e di vita di relazione, non possono essere codificati
in precisi periodi della vita perché non sempre si compiono e
si esauriscono con le stesse modalità, gli stessi tempi e gli
stessi risultati per tutti.
D I A B E T O L O G I A
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cosa pensa il giovane diabetico
del passaggio dal Centro
di Diabetologia Pediatrico
a quello dell’Adulto
S A N I T A R I
Costruiamo un ponte
fra la Diabetologia Pediatrica
e la Diabetologia dell’Adulto:
O P E R A T O R I
A cura di Lia Cucco
I T A L I A N I
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osdi
Inoltre l’adolescenza è un periodo problematico perché
frequentemente il controllo metabolico è scarso, c’è instabilità
emotiva, può esserci opposizione alle cure, c’è la ricerca
dell’autonomia dalla famiglia e il passaggio potrebbe
aumentare i problemi e le sfide. Molte barriere sono erette alla
transizione verso il servizio per adulti, queste barriere[1] sono
costruite da ognuna delle parti coinvolte: il team per
l’assistenza pediatrica, quello per l’assistenza adulta,
l’adolescente o la famiglia. Molti giovani diabetici
sperimentano difficoltà transazionali al passaggio dalle cure
pediatriche a quelle dell’adulto, se il passaggio non è
organizzato e non sia accertata la completa disponibilità del
paziente stesso.
Per identificare pratiche che potessero promuovere la
continuità al momento della transizione da un servizio pediatrico
a quello per adulti, in uno studio del 2004 [2] sono state
esaminate sistematicamente un gran numero di pratiche diverse,
alcune focalizzate sulla giovane persona e la famiglia, altre
senza indicazioni strutturali del Servizio, altre senza indicatori di
processo e di risultato. La ricerca si è proposta di testare quattro
modelli di transizione: quello tradizionale che non tiene conto
delle persone, quello della transizione diretta con continuità di
informazione-formazione e quella della transizione sequenziale,
flessibile e longitudinale, identificando in quest’ultimo il modello
migliore per le persone con diabete di tipo 1, come indicato
anche da Hampson et altri nel 2001 [3].
E allora non è tanto importante “quando”questo passaggio
avvenga, ma che avvenga nell’interesse del giovane con il
diabete, riconoscendogli quella centralità del percorso che gli
compete nel momento in cui si è conclusa una fase di
maturazione psico-fisica-sociale e tenendo conto anche della
stabilità della malattia [4].
Occorre perciò un coordinamento continuo tra i team di cura, il
rispetto della diversità dei tempi e delle esigenze anche
psicologiche dei giovani diabetici. In Italia diversi colleghi sono
coinvolti in queste sfide di transito dolce e consapevole tra le
due diabetologie e si stanno sperimentando nel ruolo di
infermiere visitatore, all’interno del team di transizione che è
punto di riferimento per un processo di inserimento concordato.
Numerosi sono dunque i problemi e le difficoltà, ma negli
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osdi
Discussione e risultati
Il 58% degli intervistati non è propenso al passaggio dalla
diabetologica pediatrica a quella dell’adulto, dei 32 propensi
la maggioranza intende il passaggio in modo graduale, dopo
il diciottesimo anno di età.
La maggioranza degli intervistati pensa che il passaggio
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S A N I T A R I
Materiali e metodi
Per raccogliere dati, è stato utilizzato un questionario multiple
choice, scelto perché è uno strumento di comunicazione diretto
ed efficace per reperire informazioni. Sono state poste 11
domande, con risposte a scelta multipla, con più possibilità di
risposta e con l’ulteriore possibilità di esprimere anche
commenti personali.
Il questionario è stato somministrato a tutti i pazienti di età
maggiore di 18 anni visitati presso il Servizio di Diabetologia
Pediatrica di Chieti nel periodo aprile-maggio 2007.
Hanno partecipato allo studio 90 pazienti, costituenti il 55% dei
pazienti adulti seguiti, 53 femmine e 37 maschi.
Il campione comprendeva 68 non coniugati, 42 studenti e 48
lavoratori, l’80% con scolarità medio-alta, al 50% con
provenienza al di fuori della provincia, il 59% era stato
ricoverato all’esordio presso la Pediatria di Chieti e durante il
ricovero aveva conosciuto medici e infermieri del Servizio di
Diabetologica.
O P E R A T O R I
L’obiettivo
L’obiettivo dello studio è quindi comprendere come i pazienti si
pongano di fronte alla possibilità di passare da un servizio di
diabetologica pediatrica ad un servizio per adulti ed in
particolare come vorrebbero che avvenisse, in quale periodo e
con quali modalità, cosa dovrebbe offrire loro il centro
dell’adulto ma anche quali siano i motivi della permanenza
presso la diabetologica pediatrica.
I T A L I A N I
infermieri è forte la motivazione a voler cominciare….ma da
dove partire?
Abbiamo pensato di chiederlo ai pazienti, per conoscere le
loro ragioni e i loro dubbi. Le loro risposte ci hanno fornito la
fotografia dell’esistente.
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Aspettative verso
il Centro di Diabetologia
dell’Adulto
Risultati 5
15
I T A L I A N I
D I A B E T O L O G I A
14
10
12
7
a+b+c
a=
b=
c=
d=
10
8
6
4
a+d
buona qualità di cura
disponibilità da parte del team
personalizzazione della terapia
organizzazione nell’esecuzione degli esami
2
a+c
Motivi che inducono alla permanenza
nella diabetologica pediatrica
S A N I T A R I
D I
16
0
Risultati 9
45
42
40
35
O P E R A T O R I
25
20
10
a+b+c
6
a+b
a
15
10
5
0
a = sono soddisfatto delle cure e dell’assistenza
b = temo di non essere seguito adeguatamente dal Centro dell’Adulto
c = penso di non riuscire ad instaurare un rapporto di fiducia con l’équipe della
Diabetologia dell’Adulto
d = commenti negativi
e = altro
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S A N I T A R I
Conclusioni
In una situazione come è attualmente la nostra, di mancanza
di collegamenti strutturati tra la diabetologia pediatrica
regionale e le diverse diabetologie per adulti, non stupisce che
la maggioranza dei pazienti intervistati non intenda passare al
servizio di diabetologia dell’adulto, si ritenga soddisfatto delle
cure ricevute presso la Diabetologia pediatrica e tema di non
essere adeguatamente seguito dal Centro per adulti.
La minoranza che vorrebbe effettuare il passaggio pone
giustamente delle condizioni: la gradualità, incontri organizzati
tra il paziente e il personale dei due centri per conoscersi, il
O P E R A T O R I
debba avvenire nel periodo dell’entrata nel mondo del lavoro.
La scelta del passaggio per la maggioranza è del paziente,
ma anche in accordo con il diabetologo, mentre la famiglia, in
questa scelta, è all’ultimo posto.
Dal Servizio di Diabetologica per adulti, la maggioranza
desidera una buona qualità di cura, personalizzata, e
disponibilità da parte del team, per un secondo gruppo è
importante una buona qualità di cura con una buona
organizzazione nell’esecuzione degli esami, mentre l’ultimo
gruppo ritiene importante una buona qualità di cure, con
personalizzazione della terapia.
Tra i pazienti che hanno effettuato visite presso i servizi per
adulti, 12 pazienti su 32 si sono dichiarati abbastanza
soddisfatti, 20 tra il poco o nulla soddisfatti, nessuno è stato
molto soddisfatto, mentre sulla sovrapponibilità delle modalità
di cura, la maggior parte non è soddisfatta.
I maggiori elementi di insoddisfazione dipendono dalla
diversa gestione del diabete e dal numero eccessivo dei
pazienti, anche per la concomitanza con le visite di pazienti
anziani.
I motivi che inducono a rimanere nel Servizio di diabetologica
pediatrica risiedono nella soddisfazione delle cure e
dell’assistenza unitamente al timore di non essere seguiti
adeguatamente dal Servizio di Diabetologia per adulti o di
non riuscire ad instaurare un rapporto di fiducia con il nuovo
team.
Infine nel 100% dei casi deve essere lasciata la possibilità di
far ritorno alla diabetologia per adulti.
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osdi
passaggio deciso dal paziente e coincidente possibilmente
con l’ingresso nel mondo del lavoro. Infine ci deve essere la
possibilità di riattraversare il ponte.
I risultati sollecitano alcune riflessioni.
La prima, evidente, è che manca la motivazione al passaggio:
chi cambierebbe una situazione consolidata di cure
soddisfacenti per una situazione che non si conosce e dove si
teme di non essere ben seguito?
Un percorso di emancipazione e di distacco è evidentemente
mancato, in assenza di luoghi/situazioni pronti ad accogliere e
farsi carico, forse anche a mettersi in discussione.
Due mondi che non si conoscono e che appaiono lontani e
diversi generano ansia (uno dei primi studi che ha chiarito
l’importanza di una visita al servizio per adulti per ridurre
l’ansia dell’ignoto è del 1997) [5], che blocca una naturale
propensione ad andare avanti.
Gli infermieri possono innescare il cambiamento e avere un
ruolo propositivo e di impegno pratico per sostenere il
passaggio [6] e disegnarne il percorso, ma essere anche
coordinatori di servizi di transizione, figure con esperienza
clinica, di consulenza, di ricerca e di educazione [8], che
operano anche in strutture preposte ad ottenere il miglior
passaggio possibile nel mondo adulto: le Creating Healting
Futures Clinic [7].
Un’altra riflessione viene sollecitata dall’indicazione del
periodo che è ritenuto dai giovani diabetici più favorevole per
il passaggio: l’ingresso nel mondo del lavoro.
La raggiunta adultità sembra coincidere negli intervistati con la
responsabilità di un’occupazione che forse rimette in discussione
anche la responsabilità della cura; è questo il traguardo
dell’emancipazione (che nella nostra società è anagraficamente
sempre più tardiva), della consapevolezza di nuovi bisogni che
forse il Servizio per adulti potrebbe meglio soddisfare.
Infine, la personalizzazione della terapia e i rapporti con il
team diventano cruciali nella scelta del passaggio: i pazienti
che lo avevano sperimentato, attribuivano il fallimento alla
diversa gestione del diabete, che ovviamente non può essere
riferita ai farmaci, ma alle diverse modalità educative, alla
minore flessibilità e personalizzazione della cura, al tempo
dedicato e all’affollamento degli ambulatori.
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4) Hapson SE, Skinner TC, Hart J, Storey L, Gage H, Foxcroft D, Kimber A, Shaw
5)
6)
7)
8)
9)
K, Walker J. Effects of educational ad psychosocial interventions for
adolescents with diabetes mellitus. A systematic review. Health Technol
Assess. 2001; 5 (10):1-79.
Court JM Outpatient-based transition servis for youth.Pediatrician. 1991;18 (2);
150-6
Sawyer SM Blair S, Bowes G. Chronic illness in adolescents: transfer or
transition to adult services? J Pediatr Child Health.1997; 33(2): 88-90
Betz CL, Redcay G, Creating Healthy Futures: an innovative nurse-managed
transition clinic for adolescents and young adults with special health care
needs. Pediatr Nurs 2003;29(1):25-30
Betz CL, Redcay G. Dimensions of the transition service coordinator role. J
Spec Pediatr Nurs, 2005; 10 (2): 49-59
Kollipara S, Kaufman FR. Transition of diabetes care from pediatrics to
adulthood. School Nurse News 2008; 25 (1): 27-9.
D I A B E T O L O G I A
D I
S A N I T A R I
BIBLIOGRAFIA
1) Fleming E, Carter B, Gillibrand W.The transition of adolescents with diabetes
from the children’s health care service into the adult health care service: a
review of the literature. I Clin Nurs 2002; 11(5): 560-7
2) While A, Forbes A, Ullman R, Lewis S, Mathes L, Griffiths P. Good practices
that andress continuity during transitin from child to adult care: syntesis of the
evidence. Child Car
3) Health Dev. 2004; 30(5): 439-52.
O P E R A T O R I
Rita Di Luzio
Infermiera del Servizio
di Diabetologica Pediatria - Chieti
I T A L I A N I
In conclusione, si può affermare che il passaggio non può
essere un evento, ma un processo di continuità assistenziale [9]
che va organizzato, tutelato e voluto da tutti i protagonisti: il
giovane diabetico, la famiglia, i team di cura pediatrico e degli
adulti.
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n.2 settembre2008
osdi
Regolamento rivista
O P E R A T O R I
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“in…formazione OSDI”
Un giorno navigavo su internet da un sito all’altro.
Non so come ma, cercando una meta per le mie vacanze, mi si è aperta
una pagina su “breve storia della comunicazione e dei media” ...diceva più
o meno così:
La facoltà di comunicare è stata determinante per l’evoluzione dell’uomo e
per il suo progresso culturale. Per questo la ricerca di mezzi e tecnologie
adatte per gestire e controllare l’informazione ha caratterizzato la storia di
ogni civiltà. Ogni nuovo strumento del comunicare ha profondamente
trasformato la cultura e la società. La prima tecnologia della comunicazione
che l’umanità ha sviluppato, e senza dubbio la più importante, è la scrittura.
La sua comparsa nella storia dell’uomo sembra risalire alla metà del quarto
millennio a.C., nella zona della Mesopotamia, abitata all’epoca dai Sumeri.
Le conseguenze dell’invenzione della scrittura furono enormi trasformando la
mente umana più di qualsiasi altra invenzione.
Con il passare dei secoli, essa venne sempre più considerata come una
funzione naturale. Probabilmente molte nostre capacità di conoscenza sono
state "informate" dalla scrittura. Inoltre il sistema di rappresentare in modo
astratto il pensiero, non più con figure, ma con l’alfabeto portò alla nascita
del formare concetti per mezzo del ragionamento razionale e del pensare
in modo più analitico. Il secondo grande passaggio storico nella storia delle
tecnologie della scrittura è stata l’invenzione della stampa da parte di
Gutenberg alla metà del 1400. Anche in questo caso molti studiosi hanno
mostrato come la stampa abbia avuto enormi effetti sulla cultura
occidentale: la modernità coincide con l’era della stampa. La diffusione del
sapere e delle informazioni venne amplificata con la nascita, nel
diciottesimo secolo, dei primi giornali periodici di informazione. I giornali
ebbero subito una fortuna grandissima in essi si trovarono un importante
mezzo di passaggio di idee, di informazione, di cultura... Nacque così il
concetto di “opinione pubblica”, insieme delle idee di un pubblico padrone
di informazioni sufficienti per formulare giudizi sui fatti politici e culturali...
Questo è il Primo vero numero della nostra Rivista. In questo numero il
Consiglio Direttivo Nazionale e il Comitato scientifico di In…formazione OSDI
hanno scelto di pubblicarne il regolamento. Questo perché tutti i soci
sappiano, in piena trasparenza, che OSDI sta facendo sul serio, che ci
crediamo e che ci proviamo a fare le cose al meglio di come le sappiamo
fare… e che soprattutto la rivista siamo noi, sono tutti i soci che vogliono
scrivere, contribuire, partecipare e quindi scrivere un pezzettino della “storia
della comunicazione OSDI” ...e scusate se è poco!!!
A proposito di comunicazione, nel sito www.osdi.it è stato attivato il link
In…formazione OSDI con un nuovo indirizzo di posta [email protected].
La rivista è scaricabile con formato PDF.
62
n.2 settembre2008
Roberta Chiandetti
Articolo 3
La Redazione della rivista “In…formazione OSDI” è costituita da:
Direttore
Vice-Direttore
Comitato scientifico (Consiglieri)
Comitato di Redazione
Segreteria
CDN
DIRETTORE
SEGRETERIA
VICE DIRETTORE
CONSIGLIERI
Comitato scientifico
Comitato
di redazione
I T A L I A N I
D I A B E T O L O G I A
O P E R A T O R I
Articolo 4
Organigramma funzionale della Rivista
D I
Articolo 2
Attraverso la rivista, OSDI intende:
1. Contribuire al miglioramento continuo della qualità dell’assistenza
diabetologica attraverso la diffusione a tutti i soci di informazioni,
aggiornamenti e tutto quanto ritenuto utile alla crescita professionale
degli iscritti;
2. garantire qualità, uniformità ed efficacia dei contributi pubblicati sulla
rivista;
3. valorizzare le competenze degli infermieri stimolandoli alla
condivisione delle esperienze e dei saperi;
4. diffondere a tutti i soci OSDI comunicazione tempestiva sull’operato
del CDN.
S A N I T A R I
Articolo 1
La Rivista “in…formazione OSDI” nasce da una precisa volontà di OSDI
che, attraverso il suo Direttivo, ha voluto formalizzare un canale di
comunicazione con i soci. La politica e gli obiettivi per la qualità di OSDI,
esplicitati nei documenti costitutivi della società ed anche nel sistema di
Gestione per la Qualità, sono anche i principi cui la redazione della
Rivisita e tutti coloro che vi collaborano si ispirano. Pur riconoscendo il
principio della libertà ad esprimere attraverso la rivista, pensieri e
parole scevre da qualsiasi condizionamento, il Direttivo Nazionale OSDI
attraverso il regolamento pronuncia le regole di funzionamento della
rivista.
osdi
SOCI ISCRITTI
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n.2 settembre2008
O P E R A T O R I
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I T A L I A N I
osdi
Articolo 5
Il Direttore della rivista è nominato dal CDN OSDI, perché possa
mantenere attivo e continuativo il rapporto con l’Associazione e
rappresentare l’espressione massima della sinergia tra i diversi
strumenti di comunicazione ha un mandato di 4 (quattro) anni NON
RINNOVABILI TACITAMENTE, per consentire l’espressione di tutti i soci
che ne abbiano capacità e disponibilità.
Qualora, per gravi motivi e comunque quando dovesse cessare il
rapporto fiduciario di collaborazione tra il Direttore della Rivista ed uno
o più componenti della redazione, il Direttore, previa consultazione e
parere anche del Presidente OSDI, può chiederne la sostituzione. Il
Direttore della Rivista, che rappresenta l’espressione di continuità con il
CDN, nomina il comitato scientifico della rivista tra persone che abbiano
competenza e disponibilità, comunicando la scelta al CDN, che esprime
un parere non vincolante. Il Direttore, sentito il parere, e ottenuta
l’approvazione del CDN, nomina il Vice-Direttore.
Il mandato è di 4 (quattro) anni NON TACITAMENTE RINNOVABILI. Il
comitato di redazione viene nominato dal CDN, sentito il parere e previa
approvazione del Direttore della Rivista. Il direttivo della rivista risulta
così composto: Direttore, vicedirettore, segretario, componenti del
comitato scientifico. La durata delle cariche del Comitato scientifico è di
4 (quattro) anni non tacitamente rinnovabili.
La durata delle cariche del Comitato di redazione è di 2 (due) anni
eventualmente rinnovabili. Se, nel corso dell’esercizio vengono a
mancare uno o più componenti del Direttivo, il Direttore in accordo con
il CDN, provvederà alla sostituzione. Il Direttore della rivista può
avvalersi, nell’interesse della Rivista e dell’associazione, di consulenti
esterni esperti da lui stesso identificati per la stesura di alcuni articoli,
previa comunicazione al Presidente OSDI, che esprime un parere non
vincolante. IL PRESIDENTE OSDI, in qualità di Presidente, quindi a titolo
personale e anche come espressione del CDN ha facoltà in qualsiasi
numero di scrivere un articolo, una recensione o delle riflessioni che
intende far pervenire a tutti i soci OSDI, senza che su questo il direttore
della rivista possa porre nessun veto, a conferma del fatto che la rivista
rappresenta lo strumento principale della comunicazione all’interno
dell’associazione; stante che, per gli articoli scientifici, valgono le norme
editoriali, e la tempistica deve essere concordata con il Direttivo della
rivista.
Articolo 6
Il segretario
Il segretario è un membro del Direttivo della rivista ed è nominato dal
Direttore. Il suo ruolo è quello di redigere i verbali degli incontri. Può
essere nominato tra i membri del comitato scientifico.
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n.2 settembre2008
osdi
Articolo 10
Obiettivi, risultato, bilancio
Il Consiglio Direttivo Nazionale OSDI presenta annualmente al Direttore
della rivista gli obiettivi che attraverso la rivista l’associazione vuole
perseguire; il Direttore presenta la programmazione annuale delle
attività rispetto al mandato assegnato. L’accettazione della proposta da
parte del CDN determina la strategia della Rivista per l’anno e gli
indicatori di valutazione del Direttivo della rivista. A fine anno il Direttore
presenterà al CDN i risultati ottenuti, i risultati attesi ed il bilancio di
D I A B E T O L O G I A
D I
S A N I T A R I
Articolo 9
Riunioni
Le riunioni di lavoro della Rivista si svolgeranno con programmazione
annuale (almeno un incontro ogni anno) e vengono indette dal Direttore.
Riunioni straordinarie possono essere richieste da almeno il 50% dei
componenti del Direttivo e verranno indette dal Direttore entro 1 (un)
mese dalla richiesta.
Le decisioni del Direttivo della Rivista vengono regolarmente
verbalizzate e una copia del verbale viene inviata al Presidente
Nazionale OSDI. I verbali sono a disposizione dei soci OSDI c/o la sede
legale in via Guelfa, 9 Bologna.
O P E R A T O R I
Articolo 8
Finanziamento
Il Direttivo della Rivista si impegna a presentare annualmente le
esigenze economiche al Presidente e al Consiglio Direttivo Nazionale
OSDI. Il Presidente OSDI si impegna a far fluire alla Amministrazione
OSDI s.r.l. i contributi dove saranno presenti le seguenti voci quale
bilancio preventivo:
• spese di pubblicazione e diffusione della rivista
• spese per le riunioni
• compensi per la stesura di articoli
• compensi per il Direttivo della rivista
necessari al finanziamento delle attività della rivista.
Il Presidente OSDI dopo approvazione del CDN, previa valutazione delle
risorse economiche e del bilancio preventivo presentato dal Direttore
della rivista, assegna il budget annuale necessario per la gestione
economica.
I T A L I A N I
Articolo 7
Sede
La sede editoriale della rivista è a Como, - Elpo Edizioni, via Cesare
Cantù 11 - eventualmente modificabile se ritenuto opportuno per motivi
di ordine pratico-economico.
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n.2 settembre2008
osdi
Articolo 11
Compiti e responsabilità
Il Direttore della rivista è garante del rispetto delle norme per gli autori;
detiene i rapporti con l’Editore nell’interesse della Rivista e
dell’associazione e garantisce la pubblicazione di 4 (quattro) numeri
annui della rivista.
In caso di assenza o impedimento è sostituito dal Vicedirettore. Il
comitato scientifico collabora con Il Direttore della rivista alla produzione
della stessa. Il comitato scientifico insieme al Direttore della rivista,
gestisce direttamente le persone che curano le rubriche.
Articolo12
Compensi
Il compenso previsto per il Direttivo della Rivista, trattandosi di
prestazioni occasionali e comunque di personale dipendente di Aziende
Ospedaliere e/o ASL, è previsto in ragione della stesura di articoli ed
editoriali, come collaborazione giornalistica. Per l’impegno allo sviluppo
e collaborazione, è previsto un gettone di presenza alle riunioni, definito
annualmente, in ragione del ruolo svolto, sempre nell’ambito della
collaborazione occasionale alla stesura di articoli.
Articolo 13
Per quanto non espressamente previsto dal presente regolamento il
Direttivo della Rivista potrà sottoporre nuove proposte al Presidente
OSDI ed al CDN per il miglioramento dell’attività della rivista.
O P E R A T O R I
S A N I T A R I
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I T A L I A N I
spesa preventivo e consuntivo. Il Direttore della rivista può essere
presente, a due incontri del CDN aventi all’ordine del giorno le strategie
della rivista e il bilancio, limitatamente al momento in cui si discute della
rivista.
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n.2 settembre2008
Galantino
Ghidelli
Michele
Rosangela
Ferriani
Melita
Milano
Nocciolini
Tesei
Urbani
Laurenzia
Lucia
Luigia
Rosetta
Anna Maria
Lorena
Presidenti regionali OSDI
Regione
Nominativo
Abruzzo-Molise Livia Cavuto
Calabria
Luigia Milano
Campania
Francesco De Lillo
E. Romagna
Giovanna Guareschi
Friuli V.G.
Elisa Levis
Lazio
Silvia Tiozzo
Liguria
Margherita Zecchini
Lombardia
Maria Luisa Uberti
Marche
Roberta Ausili
Piemonte
Monica Albertone
Puglia
Anna Maschio
Sardegna
Marcella Lai
Sicilia
Lucia Melita
Toscana
Alessia Civitelli
Trentino A.A.
Ilaria Nicolao
Umbria
Lorena Urbani
Veneto
Fausto Cavaliere
E-Mail
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
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[email protected]
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[email protected]
[email protected]
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D I A B E T O L O G I A
Roberto
D I
Crovetto
E-Mail
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
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S A N I T A R I
Consiglio Direttivo Nazionale
Cognome
Nome
Aliberti
Carolina
Bondioli
Annunziata
Branca
Maria Teresa
Cioffi
Anna
Cristofanelli
Daniela
O P E R A T O R I
Direttivo OSDI
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n.2 settembre2008
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Calendario eventi OSDI
O P E R A T O R I
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I T A L I A N I
Qui di seguito trovate tutti gli appuntamenti organizzati dall’OSDI per
qualsiasi informazione aggiuntiva contattare il proprio presidente
regionale.
LIGURIA
1° Congresso Regionale OSDI Liguria
(in progress al momento della pubblicazione)
18 ottobre 2008
Corso pratico di aggiornamento continuo professionale su Autocontrollo e
Autogestione
3-4 ottobre 2008
ABRUZZO E MOLISE
“Costruiamo un ponte tra Diabetologia Pediatrica e Diabetologia Adulti”
2° edizione - (in progress al momento della pubblicazione)
22 novembre 2008
Sponsor non condizionante Roche Diagnostics
CAMPANIA
Il ruolo dell’infermiere nell’accoglienza al paziente diabetico
24 ottobre 2008 - Dugenta (Bn)
Il cambiamento dello stile di vita come terapia nella persona affetta da
diabete - (in progress al momento della pubblicazione)
13 settembre 2008 - Torre del Greco (Na)
Disease management: la gestione delle complicanze del diabete
(in progress al momento della pubblicazione)
Dal 25 al 27 settembre 2008 - Ischia
LOMBARDIA
Congresso OSDI: la donna nella realtà diabetica
Gravidanza e menopausa: aspetti importanti nel percorso della vita
18 ottobre 2008 - Milano Ata Hotel Executive
FRIULI VENEZIA GIULIA
Attività fisica e autocontrollo parte integrante della terapia del diabete: il
nuovo ruolo dell’infermiere nell’educazione e nella motivazione alla cura
11 ottobre 2008 - Cervignano del Friuli (UD) Hotel Internazionale
Sponsor non condizionante Abbot
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n.2 settembre2008
I T A L I A N I
Calendario eventi OSDI
osdi
CALABRIA
Screening di primo livello sul piede diabetico
(in progress al momento della pubblicazione)
Fine Novembre
D I A B E T O L O G I A
MARCHE
2° Congresso Regionale OSDI Marche
Diabete: innovazioni e nuove prospettive
18 ottobre 2008 - Hotel Baia Flaminia di Pesaro
PUGLIA
Corso di aggiornamento - Nursing di diabetologia 5° edizione
13 settembre 2008 - Cerignola (FG)
Sponsor Lilly; BD
D I
Giornate di angiologia e diabete
Patrocinato OSDI
18/20 settembre 2008 - Mesagne: Centro congressi tenuta Moreno
Se ti interessa avvicinarti alla Nostra Associazione, per partecipare attivamente o
solo per essere coinvolto nei Corsi di Aggiornamento, puoi compilare il modulo di
richiesta di iscrizione che trovi nella pagina successiva che ti invitiamo a spedirci.
Se i tuoi requisiti corrisponderanno ai criteri stabiliti dallo Statuto Nazionale,
riceverai una lettera nella quale troverai le modalità di iscrizione. Aspetta la nostra
risposta, dunque!
Se sei già socio OSDI e desideri rinnovare la tua iscrizione scarica dal sito
http://www.osdi.it/public/download/pagine/MODULO_RINNOVO_ISCRIZIONE_OSDI.pdf il
modulo per il rinnovo e inviacelo compilato
O P E R A T O R I
S A N I T A R I
Congresso Regionale Osdi
Fine novembre con data ancora da definire
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osdi
n.2 settembre2008
Modulo richiesta iscrizione
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