ARCHITETTURA PALEOCRISTIANA
Dopo l’editto di Costantino (313 d.C) il cristianesimo diventa la religione ufficiale
dell’impero romano, sorge quindi la necessità di creare edifici in grado di ospitare le
celebrazioni liturgiche e di accogliere i fedeli.
L’edificio che meglio si adattava alle esigenze del nuovo culto era la basilica romana (fig.
1): un edificio pubblico al cui interno si svolgevano scambi commerciali e in cui si trovava
anche un tribunale generalmente a pianta rettangolare, con absidi, coperto da capriate,
solitamente a tre navate e con un portico colonnato.
Gli architetti trasferirono con perfetta naturalezza molti elementi della basilica romana agli
edifici cristiani, adattandoli alle esigenze della liturgia. La basilica paleocristiana (fig. 2) è
infatti costituita da un ampio cortile quadrato o rettangolare, chiuso all’esterno e con i lati
interni porticati, al quale si accede da uno o più ingressi. Sul lato del portico aderente alla
chiesa, detto nartece, si apre, in asse con quello del cortile, l’ingresso della chiesa stessa.
Questa è suddivisa da colonnati paralleli in tre o cinque navate, delle quali la centrale, sempre
più alta delle laterali, presenta delle finestre nelle pareti che si elevano sopra i colonnati.
Sui colonnati poggia spesso una trabeazione (come in Santa Maria Maggiore e in San
Lorenzo) o una serie di archi (come in Santa Sabina a Roma). La navata è conclusa da un
abside semicircolare che si raccorda alla parete di fondo mediante una calotta a quarto di
sfera. Anche in esempi molto antichi si trova un vano perpendicolare all’asse delle navate,
detto transetto: la chiesa assume così nel complesso una planimetria cruciforme. La parte
terminale della navata maggiore è spesso sopraelevata di qualche gradino e separata mediante
transenne. In questa parte, detta presbiterio, sorge l’altare, generalmente sovrapposto ad un
sacello con reliquie.
Una delle prime basiliche realizzate a Roma e che rispecchia lo schema sopra illustrato è
San Giovanni in Laterano (fig. 3), costruita in un area attigua al palazzo imperiale, che nel
313 Costantino aveva donato alla chiesa. La basilica Lateranense presentava una vasta navata,
delimitata da due file di quindici grandiose colonne trabeate, fiancheggiata da due navate per
lato. Le navate laterali erano divise da basse arcate ed ognuna poggiava su ventidue colonne
di marmo. Grandi finestre davano luce alle navate perimetrali esterne, mentre quelle interne,
presumibilmente più alte, pendevano luce da finestre semicircolari. Una grandiosa abside
aggettante concludeva la navata centrale. L’interno, come in tutte le basiliche paleocristiane,
era caratterizzato da ricchezza di decorazione e di materiali, mentre all’esterno erano utilizzati
materiali semplici quali i laterizi.
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Anche la basilica di San Pietro (fig. 4), sorta su un terreno in pendio attorno al 320-330,
presentava una navata centrale fiancheggiata da due navate per lato, ma, a differenza di San
Giovanni in Laterano e di qualsiasi altra cattedrale dell’epoca, le navate centrale e laterali
erano tagliate da un transetto continuo, con dei vani terminali ad un livello più basso che si
estendevano al di là delle navate laterali. Il transetto era separato dalla navata centrale da un
arco trionfale; dalle navate laterali era invece separato da diaframmi di colonne. L’edificio
aveva una doppia funzione: di santuario e di martyrium. Questo spiega sia le dimensioni, sia
la pianta dell’edificio (fig. 5). Il martyrium era incorporato insieme alla zona presbiterale nel
transetto, era quindi visibile e accessibile alle folle che si raccoglievano nelle navate.
Accanto agli edifici a pianta longitudinale si sviluppano anche edifici a pianta centrale.
Inizialmente i due tipi erano intesi a funzioni liturgiche diverse: per la celebrazione della
Messa il primo e per il battesimo o funzioni commemorative il secondo (battisteri o martyria).
Col tempo questa differenziazione funzionale si attenuò e si realizzarono anche cappelle a
pianta centrale dedicate esclusivamente alla celebrazione della Messa.
Un esempio di edificio a pianta centrale è il Mausoleo di Santa Costanza (fig. 6),
costruito intorno al 350. Il vano centrale, circolare e coperto da una cupola, è delimitato da
una serie di archi sostenuti da dodici coppie di colonne composite. Dodici finestroni nella
parte alta del muro inondano di luce la parte centrale. Questa è circondata da un
deambulatorio in ombra, coperto da una volta a botte, che nella parte opposta all’entrata è
interrotto da un vano più alto e ben illuminato.
Dal 353 Milano diventa capitale dell’impero e anche qui, come a Roma, è presente una
grande varietà e ricchezza di edifici, tra cui S. Simpliciano (figg. 13 e 14) e S. Lorenzo (figg.
15-26). San Lorenzo, come molti altri edifici legati al culto dei martiri, è costituito da un
vano centrale con degli edifici annessi, sempre con pianta centrale, come ad esempio la
cappella di S. Aquilino (fig. 18). La chiesa, all’incirca quadrata e a doppio involucro, presenta
quattro grosse absidi che danno vita a un impianto quadriconco. Quattro coppie di pilastri
sostengono la cupola che copre lo spazio centrale e quattro torri angolari completano la
struttura, contribuendo alla stabilità dell’edificio.
Molto spesso gli interni di queste chiese venivano realizzati con materiale di spoglio e le
varie parti dell’ordine (basi di colonne, fusti, capitelli, trabeazioni) venivano reimpiegate in
contesti estranei al loro carattere originario (figg. 21 e 22). Solo nel V secolo si osserva un
ritorno alla tradizione classica e a un più corretto impiego degli ordini. Un esempio di questa
rinascita è rappresentato da Santa Maria Maggiore, costruita a Roma tra il 425 e il 440.
Mentre la pianta infatti rispecchia lo schema tipico delle basiliche paleocristiane, l’alzato (fig.
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29) presenta alcune particolarità: colonne ioniche -di spoglio, ma tutte uguali- sormontate da
una trabeazione, finestre affiancate da un doppio ordine di colonnine di stucco e fregio che
correva sopra le finestre. Anche a Santo Stefano Rotondo (figg. 31-34), nel colonnato ionico
centrale e nella trabeazione che lo sormonta, nei pavimenti a mosaico e nei paramenti in opus
sectile che ornano la chiesa si scorge la rinascita del gusto classico.
La città che, meglio di ogni altra, rappresenta il luogo in cui l’architettura paleocristiana si
è sviluppata accostando ai caratteri tipici dell’architettura orientale il gusto occidentale è
Ravenna. Tra gli edifici realizzati a Ravenna particolarmente degni di nota sono il Mausoleo
di Galla Placidia (figg. 38 e 39), e Sant’Apollinare Nuovo (figg. 40 e 41).
Il Mausoleo di Galla Placidia, dedicato a San Lorenzo, presenta pianta a forma di croce e
tutti e quattro i bracci sono coperti da volta a botte. Cornici classiche mettono in rilievo i
timpani all’estremità dei bracci. La tecnica muraria si distingue da quella orientale; mentre qui
vengono infatti impiegati grossi mattoni con sottili letti di malta, a Costantinopoli, già nel V
secolo, si usavano mattoni sottili, generalmente quadrati, annegati in letti di malta molto
spessi. L’interno, invece, è interamente rivestito da mosaici vetrosi e risulta quindi influenzato
dai canoni orientali.
Sant’Apollinare Nuovo invece ha una pianta tipica delle basiliche paleocristiane, con
navata centrale e due laterali separate da un colonnato ad archi e un’abside semicircolare.
Eppure in questa pianta occidentale si trovano incorporati innumerevoli elementi orientali: la
forma poligonale esterna dell’abside, i capitelli e le lesene a contrafforte dei muri esterni
tagliate da una fascia di mattoni, ma soprattutto le proporzioni, la luce all’interno e gli
splendidi mosaici rendono l’interno della basilica più arioso, più ampio, dando un impressione
molto diversa da quella di una basilica tipo nel V secolo a Roma.
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