LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 1 lac lenti a contatto contact lenses Codirettori scientifici L. Lupelli (Roma), N. Pescosolido (Roma) Comitato scientifico L. Boccardo (Certaldo), M. Bovey (Palermo), R. Fletcher (London), A. Fossetti (Firenze), P. Gheller (Bologna), S. Lorè (Roma), A. Madesani (Forte dei Marmi), L. Mannucci (Padova), U. Merlin (Rovigo), M. Rolando (Genova), A. Rossetti (Cividale del Friuli), C. Saona (Barcelona), L. Sorbara (Toronto), A.Vinciguerra (Trieste) Ringraziamenti Si ringrazia S.Opt.I. per la collaborazione scientifica Comitato editoriale A. Calossi (Certaldo), M. Lava (Roma), C. Masci (Roma), F. Zeri (Roma) Segreteria O. De Bona, M. Lava Via E. Mattei, 11 30020 Marcon (VE) Tel. 041.5939411 E-mail: [email protected] Nome della rivista LAC Direttore responsabile Marco Perini Proprietario testata BieBi Editrice Editore BieBi Editrice di Mauro Lampo Via Losana, 4 - 13900 Biella Tiratura Quadrimestrale, 32 pagine Tipografia True Color Via Cave 1 - 28831 Baveno (Verbania) Registrazione Tribunale Biella, in data 6/5/99 al n. 487 Sped. gratuita Numeri arretrati 1 Presso la segreteria LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 2 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 3 sommario novembre 2002 vol. IV, n. 3 Articoli L’effetto dell’uso di lenti a contatto sull’ “omeostasi” dell’epitelio corneale N. Pescosolido, M. Trinchi Scale di gradazione per immagini delle complicanze indotte dall’uso di lenti a contatto L. Lupelli VII Congresso Biovision di Contattologia applicata L. Boccardo pag. 4 pag. 10 pag. 20 Rubriche Abstract & commenti pag. 26 A. Fossetti 3 Tips & tricks L. Boccardo pag. 30 In libreria L. Boccardo pag. 31 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 4 a r t i c o l o L’effetto dell’uso di lenti a contatto sull’ “omeostasi” dell’epitelio corneale Nicola Pescosolido, Maria Trinchi * Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento, *Dipartimento di Scienze Oftalmologiche, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Sommario In tutto il mondo, attualmente, sono approssimativamente 75 milioni i portatori di lac con una modalità d’uso giornaliera (DW) o estesa (EW) per la correzione dei vizi di refrazione. Il porto di lac non è privo di complicanze: la più temibile è l’ulcera corneale infettiva. L’applicazione delle lac, infatti, altera l’“omeostasi” della superficie oculare e in particolar modo dell’epitelio corneale che rappresenta insieme al film lacrimale la prima linea di difesa verso i microrganismi patogeni. Per tale motivo è importante conoscere gli effetti del porto di lac sull’epitelio corneale e sulla sua omeostasi. L’omeostasi dell’epitelio corneale è ottenuta dal bilancio tra perdita (per apoptosi ed esfoliazione) e proliferazione delle cellule basali. Studi clinici hanno mostrato che il porto di tutti i tipi di lac riduce il tasso di perdita (riduzione dell’apoptosi e dell’esfoliazione) delle cellule superficiali, il tempo di migrazione e quello di proliferazione delle cellule basali 1-3. Parole chiave epitelio corneale, omeostasi, apoptosi, esfoliazione , ipossia, forze di sfregamento, vitalità cellulare Il rinnovamento dell’epitelio corneale La cornea umana è un tessuto completamente trasparente, privo di vasi. Essa ha uno spessore di 0,65 mm in periferia e di 0,54 al centro. È composta da cinque strati che, dall’avanti all’indietro sono: l’epitelio con la propria membrana basale e la membrana di Bowman che, nel loro insieme, costituiscono la limitante esterna, lo stroma, la membrana di Descemet e l’endotelio, questi ultimi due formano la membrana limitante Ricevuto il 31 agosto 2002 Accettato per la pubblicazione l’11 ottobre 2002 interna. L’epitelio corneale è costituito da 5-6 strati di cellule squamose e si individuano tre tipi di cellule: le basali colonnari, le più profonde, disposte in un unico strato, le intermedie o alari e le superficiali. Tra le cellule epiteliali si trovano le cellule di Langherans, i melanociti ed i linfociti. L’epitelio corneale, che risponde ad un equilibrio dinamico tra cellule che si desquamano e cellule che proliferano, si rinnova ogni sette giorni e gli elementi cellulari vecchi muoiono per apoptosi 4,5. L’apoptosi, diversa dalla necrosi, è una morte programmata perché è dovuta all’attivazione di un programma di morte nel genoma di ogni cellula, un vero e proprio “suicidio” perché il programma porta a morte le cellule nelle quali è attivato. È la cellula stessa che “decide” di morire attivando il suo processo di morte nel momento in cui si viene a trovare in un ambiente nel quale ci sono “fattori stimolanti” a tale evento accelerando il rinnovamento corneale . Esistono fattori intriseci (ritmo circadiano) ed estrinseci (stress meccanici come le forze di sfregamento palpebrale, stress ossidativi quali l’irradiazione e/o le ustioni da UV, carenza di fattori di crescita nel film lacrimale) che attivano il programma di morte per apoptosi. Attualmente si è propensi a ritenere che, ogni qual volta le cellule epiteliali vanno incontro a ricambio fisiologico o subiscono traumi (ammiccamento) di qualsiasi tipo, inducono il rilascio di mediatori chimici che si rilevano tossici per i cheratociti stessi. Le interleuchine veicolate dal sistema neurosensoriale ed in particolare dal plesso sottoepiteliale che compone le invaginazioni intracitoplasmatiche sono capaci di indurre l’apoptosi. Tra i più potenti mediatori dell’apoptosi spiccano l’Il1a ed il PAF 6,7 . L’IL-1a può innescare il suicidio della cellula stimolando l’espressione del ligando di Fas (Fas-L) in cellule che presentano il recettore. Il PAF attiva la fosfolipasi A2 (PLA2) che determina il rilascio dell’ acido arachidonico (AA)8 e l’aumento del Ca2+ intracellulare9 che inducono l’apertura dei “potential transition pore” (PTP) presenti sulla membrana dei mitocondri. Da questi pori escono ioni e piccole proteine nel citoplasma e rendono i mitocondri incapaci a produrre ATP 10. In particolare, il rilascio di 4 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 5 a r t i c o l o L’effetto dell’uso di lenti a contatto sull’”omeostasi” dell’epitelio corneale Proliferazione delle cellule basali dell’epitelio corneale Cellule BrdU positive Le cellule basali migrano fino alla superficie corneale differenziandosi in modo terminale Segnali apoptotici (forze di sfregamento palpebrale, ritmo circadiano) Figura 1 Le cellule staminali dell’epitelio corneale derivano dalle cellule staminali che si trovano nel limbus, da qui le cellule migrano verso il centro della cornea; allo stesso modo le cellule dello strato basale maturano spostandosi verso l’alto per poi esfoliare con regolarità nel film lacrimale. citocromo c attiva il fattore citoplasmatico Apaf-1 che dà l’avvio alla “cascata delle caspasi” che amplifica il segnale apoptotico 11,12 e conduce ad una rapida e irreversibile morte. L’ Apaf-1 converte la pro-caspasi-9 in caspasi 9 che a sua volta converte la pro-caspasi 3 in caspasi 3. Quest’ultimo è un enzima responsabile del clivaggio di numerose proteine, tra cui il PARP, che determina la frammentazione del DNA e l’apoptosi cellulare 13. Riportato che l’epitelio corneale si rinnova, quante e quali sono le modalità di rinnovamento dell’epitelio corneale? Le modalità di rinnovamento sono due: una di tipo ascensionale, in cui le cellule dello strato basale, dopo un numero variabile di divisioni cellulari, migrano, fino alla superficie corneale e l’altra è di tipo centripeto; qui le cellule staminali che si trovano nel limbus tra le cripte e le palizzate di Vogt, proliferano e migrano verso la zona ottica della cornea (fig. 1). La capacità di autorinnovarsi di tali cellule dura tutta la vita14 ed in seguito a segnali stimolatori, queste cellule vanno incontro ad una mitosi asimmetrica. Quando una cellula staminale si divide dà origine ad una nuova cellula staminale, che prende il posto della cellula madre, ed una cellula lievemente più differenziata con un discreto potenziale proliferativo. Queste ultime sono le “Transient Amplifyng Cells”, che a loro volta daranno origine ad una popolazione cellulare non più capace di dividersi che si differenzia e migra dagli strati basali a quelli superficiali15,16 , (fig. 1), ove le cellule squamose presentano sul polo apicale un rivestimento glicoproteico detto glicocalice. Si è visto che la mitosi segue un ritmo circadiano, con un picco al mattino 17,18 ed è sincrona nei due occhi come se fosse sotto un controllo centrale ed 5 11 2002, vol. IV, n. 3 Scomparsa del gene antiapoptotico Bcl-2 dai nuclei delle cellule Cellule Annessina V positive Apoptosi precoce Attivazione delle Caspasi Frammentazione del DNA cellulare Cellule TUNEL positive Apoptosi tardiva Le cellule morte esfoliano dalla superficie oculare Figura 2 Ciclo vitale delle cellule epiteliali corneali 30. il tasso di mitosi è maggiore alla periferia corneale piuttosto che al centro 19-21. Dopo 3-4 giorni i queste cellule squamose si staccano dalla superficie corneale 22 perdendosi nel film lacrimale. Le cellule epiteliali superficiali spontaneamente esfoliano dalla superficie corneale durante l’ammiccamento (fig. 2). Perché il pool di cellule epiteliali rimanga costante è necessario che ad ogni ciclo di divisione cellulare delle due cellule figlie, una rimanga nello strato basale, l’altra migri sulla superficie per poi dirigersi nel film lacrimale. In realtà ciò non è sempre vero perché le due cellule figlie possono rimanere nello strato basale o entrambe possono migrare in superficie 23. È dal bilancio tra produzione e perdita, che il numero delle cellule epiteliali resta costante garantendo l’integrità della superficie corneale. L’effetto delle lenti a contatto (lac) sull’epitelio corneale L’uso di lenti a contatto (lac) induce un’alterazione dell’equilibrio dinamico esistente tra tasso di produzione e quello di perdita cellulare, con la conseguente compromissione dell’omeostasi corneale. LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 6 a r t i c o l o L’effetto dell’uso di lenti a contatto sull’”omeostasi” dell’epitelio corneale R iduzione in % delle cellule annessina V positive 0 variazione della proliferazione -10 -20 -30 -40 -50 -60 -70 -80 -90 Basso Dk/t RGP Iper Dk/t RGP Palpebre chiuse Alto Dk/t Morbide Iper Dk/t Morbide -100 0 -10 -20 -30 -40 -50 -60 -70 Medio Dk/t RGP Iper Dk/t RGP Palpebre chiuse Alto Dk/t Morbide Iper Dk/t Morbide -80 -90 -100 Figura 3 Tasso di proliferazione basale delle cellule corneali centrali (24 h dopo l’iniezione di Brd-U) per differenti tipi di lac. Tutti i tipi di lac riducono il tasso di proliferazione basale 30. Figura 5 Tutti i tipi di lac riducono il numero di cellule epiteliali superficiali annessina V positive30. L’uso di lac altera il turnover o ciclo vitale delle cellule epiteliali in quanto apporta modifiche sul tasso di proliferazione delle cellule epiteliali , sul tasso di migrazione attraverso lo strato epiteliale e sul tasso con cui vengono perse le cellule dalla superficie epiteliale 24. Dall’esame microscopico dell’epitelio corneale di portatori di lac, per primi Lemp e Gold (1986)25, hanno notato un incremento nel diametro traverso delle cellule epiteliali superficiali. Essi hanno suggerito che l’iperplasia cellulare è il risultato di un ridotto tasso mitotico delle cellule basali epiteliali, che porta alla riduzione del tasso di apoptosi e di desquamazione dalle cellule superficiali, con un prolungato tempo di permanenza in superficie. Oltre all’ipossia,26 sembrerebbe che l’ipo - anestesia lacindotta, dopo l’uso di lac morbide, riduca la desquamazione cellulare per il venir meno di segnali nervosi indispensabili a tale evento 27. Queste sarebbero le cause che determinerebbero la presenza di grandi cellule di superficie 28. Utilizzando un marker di proliferazione cellulare: la 5-Bromo-2-desossiurudina (Brd-U), che è captato dalle cellule che si stanno preparando a dividersi (fase S del ciclo cellulare), è stato visto che l’uso delle lac sopprime in modo significativo la proliferazione delle cellule basali (p<0.05)29, (fig. 3). La riduzione del tasso di proliferazione è maggiore al centro della cornea rispetto al limbus (fig. 4). L’uso di lac determina, inoltre, un allungamento del tempo di permanenza delle cellule marcate con Brd-U nello strato basale. Questo a significare che si ha anche un rallentamento della migrazione cellulare. Al tempo zero (iniezione di Brd-U) e prima dell’adattamento delle lac , tutte le cellule marcate con Brd-U dovrebbero essere nello strato basale dato che a questo livello le cellule hanno la capacità di dividersi. Nei tre giorni seguenti all’uso unilaterale di lac, più del 37.7% di cellule marcate con Brd-U, era ancora presente nello strato delle cellule basali in confronto ai controlli, dimostrando che l’uso di lac induce un ritardo del tasso di migrazione verso l’alto e di proliferazione. Inoltre, tutti i tipi di lenti, a prescindere dall’ossigeno trasmissibilità, riducono significativamente il numero di cellule superficiali epiteliali morte/morenti (nonvitali) al centro della cornea29. Se diminuisce il numero di mitosi per ipossia diminuirà anche la perdita cellulare 25. 6 35 Cellule epiteliali basali (Brd-U marcate) Cellule epiteliali superficiali (Etidio positive) 30 25 epitalio centrale 20 15 10 5 limbus superiore limbus inferiore 0 Figura 4 Numero di cellule che si dividono (Brd-U marcate) ( )e numero di cellule morte /morenti (non vitali) (cellule etidio - positive) ( ) dal limbus superiore a quello inferiore nella cornea di coniglio. Il picco di cellule morti/morenti (non-vitali) è centrale e la maggior parte delle cellule marcate con Brd-U è periferica30. 2002, vol. IV, n. 3 17-12-2002 11:27 Pagina 7 a r t i c o l o L’effetto dell’uso di lenti a contatto sull’”omeostasi” dell’epitelio corneale 0 R iduzione in % delle cellule etidio positive LAC IMPA N3 2002 DEF -10 -20 -30 -40 -50 -60 -70 Basso Dk/t RGP Iper Dk/t RGP Palpebre chiuse Iper Dk/t Morbide -80 -90 -100 Figura 6 Tutti i tipi di lac riducono il numero di cellule epiteliali superficiali etidio positive. Distribuzione delle cellule epiteliali superficiali corneali vitali /non-vitali Proliferazione, differenziazione, migrazione, morte e conseguente esfoliazione nel film lacrimale: questo è il ciclo vitale di ciascuna cellula dell’epitelio corneale. Recenti studi 5 hanno dimostrato che le cellule epiteliali vanno in apoptosi, o morte cellulare programmata, prima di esfoliare. La morte di una cellula per apoptosi può essere indagata da alterazioni morfologiche che includono la condensazione nucleare, la frammentazione del DNA e le alterazioni della superficie cellulare. Le metodologie tradizionali si focalizzano nel ricercare la frammentazione del DNA, tramite TUNEL, espressione di un evento tardivo dell’apoptosi, mentre, il saggio di vitalità Calceina AM- omodimero di etidio consente di avere la simultanea determinazione di cellule vitali e non vitali. La calceina-AM (calceina, acetossimetile) indica l’attività esterasica intracellulare, presente solo nelle cellule vitali ed è rilevabile da un’intensa fluorescenza verde generata dall’idrolisi enzimatica della calceinaAM, permeabile alle membrane cellulari. L’omodimero di etidio, attraversando solo membrane cellulari danneggiate di cellule non-vitali, si lega agli acidi nucleici. I nuclei delle cellule non vitali assumono in tal modo un’intensa fluorescenza rossa . Recentemente, è stato usata per individuare la fase precoce 30 dell’apoptosi l’annessina V che ha alta affinità per un fosfolipide di membrana: la fosfatidilserina (PS) 31. Nelle cellule normali la PS è localizzata nella parte 7 2002, vol. IV, n. 3 interna della membrana plasmatica ma, durante l’apoptosi, la PS viene esposta nell’ambiente extracellulare 32. Una volta esposta sulla superficie la PS può essere facilmente individuata utilizzando l’annessina V marcata con fluoresceina isotiocianato. Combinando l’annessina V (morte cellulare precoce) con l’omodimero di etidio (morte cellulare tardiva) si possono conoscere tutte le fasi di morte cellulare. Grazie a queste tecniche è possibile determinare il numero di cellule morte o che stanno per morire nelle condizioni fisiologiche e vedere come vari tale rapporto nel porto di lac corneali e nella condizione occhi chiusi 33,34. Dal saggio di vitalità che, come già detto, misura la vitalità delle cellule della superficie corneale, si è visto che le cellule non-vitali aumentano passando dalla regione limbare a quella centrale 33,34, con un rapporto centro-periferia di 2:1 (fig. 4). Non esistono prove certe comunque sul come ed il perché le cellule superficiali in modo predominante muoiono nell’epitelio corneale centrale. Una possibile spiegazione è che l’azione sfregante delle palpebre sulla superficie corneale, che avviene ogni 10-15 secondi, è massima all’apice della cornea e determina, a questo livello, l’apoptosi prima 5,37-39, e l’esfoliazione delle cellule epiteliali superficiali poi 37. Questo è stato dimostrato in quanto tutte le cellule esfoliate sono non-vitali 5,37. In favore a questa ipotesi è stato dimostrato, da studi condotti da Li et al. (2002)35 e da Yamamoto et al. (2002)39 sui conigli, che si ha una marcata riduzione (55.67%) del numero di cellule superficiali morte/morenti (nonvitali), a livello centrale delle cornee di coniglio, nella condizione occhi chiusi, poiché la chiusura palpebrale elimina lo stress meccanico indotto dallo sfregamento palpebrale. L’applicazione di lac sulle cornee di questi conigli ha determinato lo stesso effetto (fig. 5, 6). In accordo con questi risultati su conigli, recenti studi clinici 1,2,40 su pazienti umani hanno riportato una considerevole riduzione nell’esfoliazione spontanea dalla superficie corneale durante il porto di tutti i tipi di lac. Un altro fattore necessario per il normale tournover delle cellule epiteliali, oltre l’azione sfregante delle palpebre, è una adeguata pressione di ossigeno; in quanto l’apoptosi è un processo attivo, che richiede energia metabolica,l’ipossia lac indotta determina una downregulation della desquamazione cellulare1. È stato visto, in studi fatti sui conigli, che l’applicazione di lac morbide, a prescindere dalla loro ossigeno trasmissibilità (Dk/t), produce una notevole riduzione nel numero di cellule non vitali corneali superficiali a livello centrale. LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 8 a r t i c o l o L’effetto dell’uso di lenti a contatto sull’”omeostasi” dell’epitelio corneale Invece, le lac RGP determinano effetti diversi a seconda del loro Dk/t. Le lac RGP ad alto Dk/t determinano una minore riduzione di cellule non vitali a confronto con lac RGP a basso Dk/t. Infatti, tranne che nelle estreme condizioni non fisiologiche che inducono uno stress ipossico, tutte le lac provvedono a proteggere la cornea, soprattutto centralmente, dalle forze di sfregamento palpebrale. Allo stesso modo trials clinici sull’uomo dimostrano che la condizione occhi-chiusi (senza lac, senza ammiccamento) produce una riduzione nel numero di cellule non vitali e che si ha una simile riduzione nel numero di cellule esfoliate dalla cornea umana, nella condizione occhio-aperto e con normale ammiccamento, dopo averla esposta per 6 ore a 100% di azoto o 95% di azoto e 5% CO2 40. Quindi, sia solo l’ipossia (occhio aperto)40 che l’ipossia con chiusura protettiva palpebrale, riduce la morte epiteliale centrale 39. Recenti studi sperimentali hanno dimostrato che un ruolo critico nella regolazione della normale esfoliazione delle cellule superficiali, sia nell’uomo che nel coniglio è svolto dalla Bcl-2 (proteina antiapoptotica)36,39. In particolare, in accordo ad altri studi, è stato visto che si ha una riduzione, Bcl-2 mediata, della morte delle cellule corneali di superficie prodotta dall’uso durante la notte di lac35,41. L’idea originale e innovativa di Yamamoto et al. (2002)39 è stata quella di valutare l’ipossia e le forze di sfregamento palpebrale nella regolazione dell’esfoliazione cellulare superficiale epiteliale della cornea senza e con lac: 1-In condizioni di occhio aperto, senza lac quando non c’è ipossia, sono le forze di sfregamento palpebrale a determinare l’esfoliazione di cellule non vitali nel centro della cornea. Se si instaura l’ipossia con l’esposizione corneale ad un gas al 100% di azoto, l’esfoliazione delle cellule superficiali si riduce significativamente sebbene continuino ad esercitarsi le forze di ammiccamento palpebrale. 2- In condizioni occhi chiusi (senza lenti), l’esfoliazione delle cellule della superficie corneale sono massimamente ridotte (ipossia+assenza di forze di sfregamento palpebrale) 3- L’uso di lac, scudo verso le forze di sfregamento palpebrale, riduce la morte delle cellule corneali superficiali e l’esfoliazione. Il controllo dell’esfoliazione cellulare superficiale viene regolato dunque dall’ossigeno (l’ipossia aumenta l’espressione di Bcl-2) e /o dalle forze di sfregamento palpebrale. Un altro motivo che spiega la riduzione dell’esfoliazione delle cellule epiteliali con l’uso di lac è di ordine “meccanico”. Infatti, la riduzione della proliferazione basale indebolisce la forza di spinta ascensionale e centripeta esercitata dalla progenie cellulare che dagli strati basali e periferici di portarsi all’apice ed al centro della cornea. Ulteriori ricerche si rendono necessarie per conoscere quali siano i meccanismi che promuovono questo movimento centripeto ed ascensionale , quali siano i mediatori che determinano la perdita delle cellule epiteliali superficiali ed infine vedere se esiste un reale legame tra esfoliazione cellulare superficiale e proliferazione cellulare basale poiché è risultato che entrambi sono ridotti dopo l’utilizzo di lac. Summary World-wide , approximately 75 million people now wear contact lenses on a daily (DW) or overnight (EW) wearing schedule to correct refractive errors. The most important complication associated with contact lens wear is infectious corneal ulceration. As the corneal epithelium is the frontline element of the ocular defence system against infection, is very important develop a interest in the effects of contact lens wear and eyelid closure on the corneal epithelium and its homeostasis. Contact lens wear suppresses central basal proliferation, delayes the time basal cells leave the basal cell layer, decrease surface cell death while also suppressing cell esfoliation, increase cell surface size and thins the central epithelial thickness 1-3 . Key words corneal epithelium, homeostasis, apoptosis, exfoliation, hypoxia, shear force, cells vitality 8 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 9 a r t i c o l o L’effetto dell’uso di lenti a contatto sull’”omeostasi” dell’epitelio corneale Bibliografia 1. Ren D.H., Petroll W.M., Jester J.V., Cavanagh H.D.: The effect of rigid gas per- 21. Leher M.S., Sun T., Larker R.: A hierarchy of proliferative coacity exists within meable contact lens wear on prolieration of rabbit corneal and conjunctival epithe- the transit amplifying cell population of the corneale epithelium. Invest. Ophthalmol. lial cells. CLAO J., 1999; 25:136-141 Vis. Sci., 1998; 39: S908 2. Ladage P. M., Yamamoto K., Ren D.H. et al.: Effect of rigid and soft contact lens 22. Hanna C., O’Brien J.E.: Cell production and migration in the epithelial layer of daily wear on corneal epithelium , tear lactate dehydrogenase and bacterial binding the cornea. Arch. Ophthalmol., 1960; 64: 88-91 to exfoliated epithelial cells. Ophthalmology, 2001; 108: 1279-1288 23. 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Abitualmente tale descrizione è eseguita con termini qualitativi che possono essere caratterizzati da ambiguità semantica. Ciò può rendere difficoltosa l’interpretazione della registrazione della condizione osservata. Al fine di ottimizzare la registrazione delle reazioni oculari indotte dall’uso delle lenti a contatto sono state elaborate, da ricercatori e clinici, delle scale di gradazione delle complicanze oculari. Fra le numerose scale proposte in campo contattologico vengono analizzate e comparate quelle che utilizzano una serie di immagini per varie complicanze oculari. In conclusione si ritiene che la diffusione delle tavole con le scale di gradazione per immagini possa permettere una registrazione più oggettiva della condizione osservata e nello stesso tempo ciò può rappresentare un mezzo che ottimizza l’interpretazione e che quindi facilita i processi di decisione nell’ambito contattologico. Parole chiave lenti a contatto, complicanze oculari, scale di gradazione L’esame biomicroscopico dell’occhio rappresenta una fase di vitale rilevanza nella pratica contattologica in particolare nelle sedute di controllo. I cambiamenti che possono essere osservati sui vari tessuti dell’occhio esterno sono generalmente registrati con termini descrittivi e/o qualitativi. Tali termini possono molte volte adattarsi ad un ampio ventaglio di condizioni cliniche e quindi possono essere interpretati in Ricevuto il 27 settembre 2002 Accettato per la pubblicazione l’11 ottobre 2002 maniera diversa da operatori differenti e inoltre possono essere interpretati diversamente anche dallo stesso operatore in tempi diversi. Termini come regolare o irregolare, accettabile o non accettabile, liscio o rugoso, abbondante o scarso, diffuso o localizzato, grande o piccolo, il più delle volte non permettono di descrivere la situazione in maniera inequivocabile. Inoltre una reazione oculare, come ad esempio una colorazione con fluoresceina dell’epitelio corneale, che può essere giudicata grave se viene osservata in una giornata in cui non sono state viste altre reazioni similari, può essere invece considerata di moderata entità se viene osservata dopo aver visto uno o due casi più gravi. Elemento certo non trascurabile è quello legale. Infatti, una registrazione adeguata ed inequivocabile della storia clinica del portatore di lenti a contatto può certamente essere un ausilio determinante in un eventuale contestazione legale. Al fine di meglio quantificare gli elementi caratteristici della condizione oculare osservata e quindi di rendere la registrazione dell’esame biomicroscopico meglio interpretabile e meglio comparabile nel tempo e nello spazio, può essere utile fare riferimento a delle scala di gradazione. La scala di gradazione utilizzata nella pratica clinica può essere definita come 1 : “uno strumento che permette di quantificare la gravità della condizione facendo riferimento a una serie di immagini o descrizioni standardizzate” Le scale di gradazione sono caratterizzate, in sintesi, da: 1. attendibilità (stesso risultato per la stessa osservazione) 2. assenza di ambiguità semantica 3. sistematicità della registrazione Le proposte di scale di gradazione utilizzabili in campo contattologico sono numerose. Queste possono essere divise in descrittive e con immagini (fig. 1). Queste ultime, probabilmente di maggiore impatto 10 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 11 a r t i c o l o Scale di gradazione per immagini delle complicanze indotte dall’uso di lenti a contatto SCALE DESCRITTIVE Davies (2) Mandell (3) Woods (4) SCALE CON IMMAGINI GRAFICE (DISEGNI/PITTURE) FOTOGRAFICHE SINGOLA COMPLICANZA SERIE DI COMPLICANZE SINGOLA COMPLICANZA SERIE DI COMPLICANZE Koch e coll (5) Schnider (6) Annunziato e coll (7) Efron (1) COLORAZIONE CORNEALE Courtney e Lee (8) Lupelli e coll (9) Andersen e coll (14) CCLRU (15) IPEREMIA CONGIUNTIVALE (McMonnies e Chapman-Davies (10) CONGIUNTIVITE PAPILLARE Price e coll (11) Begley (12) Lofstrom e coll (13) Figura 1 Suddivisione delle scale di gradazione delle complicanze indotte dall’uso di lenti a contatto. SCALE DI GRADAZIONE A CONFRONTO SCALE FOTOGRAFICHE SCALE GRAFICHE VANTAGGI SVANTAGGI VANTAGGI SVANTAGGI Rappresentata la condizione reale Le immagini usate per la stessa complicanza raffigurano, in genere, pazienti diversi, fotografati in condizioni, solitamente, diverse Qualunque condizione può essere rappresentata anche quelle più complesse da fotografare come strie, pieghe e microcisti epiteliali Non sempre si riesce a simulare perfettamente la condizione reale Possono essere simulati gli stessi toni di colore, lo stesso angolo di visione e lo stesso ingrandimento per tutte le immagini Gli artisti specializzati nel disegno e nella pittura d'immagini di carattere medico sono rari Figura 2 Confronto tra le scale di gradazione fotografiche (tipo CCLRU) e quelle grafiche (tipo Efron). 11 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 12 a r t i c o l o Scale di gradazione per immagini delle complicanze indotte dall’uso di lenti a contatto (a) Grado Gravità Significatività clinica 0 normale 1 lieve 2 moderato può essere necessario intervenire 3 severo di solito è richiesto un intervento 4 molto severo richiede un intervento in tempi brevi Gravità Significatività clinica non è clinicamente significativo (b) Grado 0 normale 1 molto lieve non è clinicamente significativo 2 lieve può essere necessario intervenire 3 moderato di solito è richiesto un intervento 4 severo richiede un intervento in tempi brevi Tabella 1 Livelli di gravità. Nella pratica contattologica sono state usate varie formulazioni (a; b). Complicanza Ingrandimento 1. iperemia congiuntivale X2 2. iperemia limbare X3 3. neovascolarizzazione corneale X1 4. microcisti epiteliali X100 5. edema stromale X40 6. colorazione corneale X1 7. colorazione congiuntivale X2 8. congiuntivite papillare X1 9. blefarite X3 10. meibomite X3 11. cheratocongiuntivite limbare superiore X2 12. infiltrati corneali X1 13. ulcera corneale X1 14. polimegatismo endoteliale X600 15. bleb endoteliali X200 16. distorsione corneale X3 Tabella 2 Complicanze considerate nelle Efron Grading Scales. Viene anche mostrato l’ingrandimento in valore approssimato. clinico, possono essere ulteriormente suddivise fra quelle grafiche (disegni o pitture) e fotografiche (fig. 1). Se siano più utili le scale di gradazione composte da disegni o da foto è stato largamente disquisito 1 e nonostante possano essere individuati vantaggi e svantaggi sia per le une che per le altre (fig. 2), risulta evidente che entrambe rappresentano un utile mezzo per standardizzare e rendere meglio comprensibile la registrazione clinica delle reazioni dell’occhio esterno 16-17. In un recente lavoro 18, in cui è stata considerata la validità clinica di 4 scale di gradazione usate per registrare le complicanze indotte da lenti a contatto tramite immagini standard, è stato dimostrato che tali scale sono tutte valide per la normale attività della pratica contattologica. È evidente che maggiore è l’esperienza dell’operatore con l’uso delle scale e maggiore risulta la loro validità clinica. Al fine di determinare, e quindi migliorare, il proprio grado di attendibilità Efron e Morgan 19 hanno elaborato un programma interattivo. Le scale di gradazione rappresentate con immagini, in cui viene considerata una serie di complicanze indotte dall’uso di lenti a contatto, sono generalmente disponili in forma di poster da porre sulla parete nell’area dello studio contattologico dove si trova la lampada a fessura, o in forma di foglio plastificato di dimensioni A4, o simile, in modo da permetterne un pratico uso mentre si esegue l’esame biomicroscopico, o in forma di libro. Interpretazione del livello di gravità Le scale di gradazione, il più delle volte, presentano immagini con 4 gradi di gravità della condizione. Spesso l’immagine della condizione normale viene associata, per confronto, alle immagini delle condizioni anomala. Un modo di registrare i gradi di gravità è quello presentato nella tabella 1a. Per le tavole più diffuse la terminologia è però lievemente diversa (tab.1b). In definitiva è importante sapere prima a quali termini è necessario fare riferimento. Talvolta si può essere insicuri sul grado da assegnare alla condizione perché si ritiene che ci si trovi di fronte ad una gravità di grado intermedio. In tal caso si possono usare i valori decimali. Ad esempio si può registrare una gravità di 2,5 se si ritiene che essa sia tra il grado 2 e il grado 3. 12 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 13 a r t i c o l o Scale di gradazione per immagini delle complicanze indotte dall’uso di lenti a contatto Figura 3 CCLRU-LVPEI Guida alle complicanze con infiltrati indotte dall’uso di lenti a contatto. (Per gentile concessione di CIBA Vision) 13 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 14 a r t i c o l o Scale di gradazione per immagini delle complicanze indotte dall’uso di lenti a contatto La significatività clinica non sempre è adattabile a tutte le condizioni descritte. In particolare l’ulcera corneale può richiedere un pronto intervento qualunque sia il grado di gravità, mentre le blebs endoteliali, che si risolvono sempre spontaneamente, possono non richiedere alcun intervento clinico anche al livello più elevato di gravità. Un cambiamento, tra un esame di controllo e l’altro, di un grado o superiore è considerato clinicamente significativo 20. Le scale di gradazione sono state usate in maniera estensiva nel campo della salute. Nello specifico del campo oftalmico si possono trovare scale per graduare la profondità della camera anteriore 21, la gravità di una cataratta 22, del rapporto coppa/disco 23, la struttura del film lacrimale secondo J.P. Guillon (vedi rif. 1) ecc... CCLRU Grading Scales e Efron Grading Scales Come già accennato (fig. 1) anche nell’ambito delle complicanze indotte dall’uso delle lenti a contatto sono state proposte diverse scale di gradazione. Quelle che ora meritano maggiore attenzione poiché hanno la caratteristica di essere onnicomprensive, cioè considerano un numero considerevole di reazioni oculari e, inoltre, sono di più facile reperibilità in Italia in forma di foglio A4 plastificato o in forma di poster, sono le CCLRU Grading Scales e le Efron Grading Scales (Millennium Edition). Le Efron Grading Scales sono un esempio di scale con immagini dipinte mentre le CCLRU Grading Scales sono un esempio di scale con immagini fotografiche. Un’altra tavola, sempre fotografica, denominata CCLRU-LVPEI Guide to Infiltrative Conditions seen in Contact Lens Practice (fig. 3), elaborata dal Cornea & Contact Lens Research Unit (Australia) insieme a L.V. Prasad Eye Institute (India), può essere utilizzata per avere una chiara definizione delle reazioni oculari alle lenti a contatto che sviluppano una reazione infiltrativa. Tale tavola è utile specialmente per eseguire una valutazione differenziale di tali condizioni che, per certi aspetti, sono simili. Sebbene tale tavola sia di valido aiuto per il riconoscimento e la differenziazione delle reazioni infiammatorie indotte dall’uso di lenti a contatto, non può essere inserita tra le scale di gradazione perché non propone immagini caratterizzanti i vari livelli di gravità delle complicanze considerate. Nelle CCLRU Grading Scales (fig. 4 a-b) vengono mostrati i quattro livelli di gravità della complicanze, senza mostrare l’immagine della condizione normale. Le complicanze graduate sono 6: 1. iperemia bulbare 2. iperemia limbare 3. infiammazione della congiuntiva tarsale 4. colorazione corneale 5. colorazione congiuntivale 6. polimegatismo endoteliale L’infiammazione della congiuntiva tarsale viene a sua volta ulteriormente classificata a seconda dell’iperemia, della rugosità a luce bianca e della rugosità a luce blu dopo aver instillato fluoresceina. Anche la colorazione corneale viene ulteriormente classificata a seconda del tipo, della profondità e dell’estensione. Vengono anche mostrate delle immagini di altre complicanze senza tuttavia classificarle in gradi. Nelle Efron Grading Scales vengono mostrati i quattro livelli di gravità della complicanze e l’immagine della condizione normale (Grado 0). Le complicanze graduate, nella versione più recente denominata Millennium Edition (fig. 5 a; b), sono 16. Sono stati utilizzati dei valori d’ingrandimento considerati ideali per la quantificazione della condizione: abbastanza basso da poter essere utilizzato nella pratica clinica con le usuali lampade a fessura ma abbastanza alto da permettere l’individuazione del cambiamento tra un grado e l’altro. È evidente dalla tabella 2 che le microcisti epiteliali e le blebs sono state rappresentate con valori d’ingrandimento di 100 e 200X, che non possono essere raggiunti con una normale lampada a fessura, sebbene sia le microcisti e le blebs possono essere osservate con il biomicroscopio impostato ad un ingrandimento di 40X. La scelta di rappresentare tali reazioni oculari con questi valori d’ingrandimento è stata dettata dalla necessità di migliorare la risoluzione e quindi differenziare in maniera significativa un grado di gravità rispetto ad un altro. La differenziazione in gradi del polimegatismo endoteliale, mostrato ai valori d’ingrandimento di 600X, non è certo possibile con la normale lampada a fessura ma è necessario avere a disposizione un microscopio speculare 24. 14 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 15 a r t i c o l o Scale di gradazione per immagini delle complicanze indotte dall’uso di lenti a contatto Figura 4 CCLRU Grading Scales. a) Complicanze indotte da lenti a contatto classificate in quattro livelli di gravità; b) Complicanze indotte da lenti a contatto. Soltanto il polimegatismo è classificato in quattro livelli di gravità. (Per gentile concessione ETHICON S.p.A./Vistakon) a) b) 15 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 16 a r t i c o l o Scale di gradazione per immagini delle complicanze indotte dall’uso di lenti a contatto Figura 5 EFRON Grading Scales. Complicanze indotte da lenti a contatto classificate in quattro livelli di gravità. Viene mostrata anche un’immagine dell’aspetto normale. Nella parte (a) sono presentate le strutture oculari e le complicanze che in genere vengono osservate prima di quelle presentate nella parte (b). (Data on file Coopervision S.r.l.) a) b) 16 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 17 a r t i c o l o Scale di gradazione per immagini delle complicanze indotte dall’uso di lenti a contatto Istituto Superiore di Scienze Optometriche - Roma ESAME BIOMICROSCOPICO DELL’OCCHIO ESTERNO Scale di gradazione CCLRU Efron Altra…………… Nome ………………………………………… assente molto lieve lieve moderato accentuato Data ……………… OD OS Grado Iperemia congiuntivale Grado Iperemia limbare Grado Neovascolarizzazione corneale Grado Microcisti epiteliali Grado Edema corneale (strie e pieghe) Grado Colorazione epitelio corneale (tipo) Grado Colorazione epitelio corneale (profondità) Grado Colorazione epitelio corneale (estensione) Grado Colorazione congiuntivale Grado Congiuntivite papillare Grado Blefarite Grado Disfunzione ghiandole di Meibomio Grado Cheratocongiuntivite limbare superiore Grado Infiltrati corneali Grado Ulcera corneale Grado Polimegatismo endoteliale Grado Bleb endoteliali Grado Distorsione corneale Figura 6 Scheda di registrazione dei livelli di gravità delle complicanze oculari ricavati tramite scale di gradazione. 17 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 18 a r t i c o l o Scale di gradazione per immagini delle complicanze indotte dall’uso di lenti a contatto Summary Figura 7 Esempi di diagrammi per integrare la gradazione delle complicanze indotte dall’uso di lenti a contatto. T: temporale; S: superiore; N: nasale; I: inferiore; C: centrale (modificata da Woods, 1989). Come registrare il risultato Poiché le scale di gradazione sono diverse è conveniente approntare una scheda di registrazione come quella della figura 6, in modo che non vi sia alcun dubbio sul riferimento considerato. Con l’obiettivo di integrare la registrazione clinica con ulteriori informazioni è conveniente utilizzare anche semplici rappresentazioni schematiche delle strutture dell’occhio esterno in modo da indicare la posizione, la profondità e l’estensione della condizione (fig. 7). In contact lens fitting, especially for the slit lamp examination during follow up visits , it is necessary to record findings concerning both the contact lens and the external eye. Normally this recording is made using qualitative terms that could be affected by semantic ambiguity. This means that it could be difficult to understand the correct meaning of the recording. To optimize the recording of ocular reaction induced by contact lenses, contact lens practitioners and researchers developed a few grading scales of contact lens complications. In this article we analyse the grading scales that use set of images for each ocular reaction. In conclusion we believe that the diffusion of grading scales with images would allow a more objective recording of observations and that this, in turn, would help the understanding and enhance decision processes in contact lens practice. Key words contact lenses, ocular complications, grading scales Conclusioni È auspicabile che in campo contattologico si diffondano maggiormente le scale di gradazione, in particolare quelle per immagini che ora sono facilmente disponibili e che sono state riconosciute per la loro validità clinica. L’uso routinario di tali scale permette di ottenere una registrazione più oggettiva della condizione osservata e nello stesso tempo ciò può rappresentare una procedura che ottimizza l’interpretazione e che quindi facilita i processi di decisione in presenza di una reazione oculare all’uso delle lenti a contatto. 18 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 19 a r t i c o l o Scale di gradazione per immagini delle complicanze indotte dall’uso di lenti a contatto Bibliografia 1. Efron N. Contact Lens Complications. Oxford, Butterworth-Heinman Optician, 12. Begley CG, Giant papillary conjunctivitis. In Tomlinson A: Complication of 1999, pp 161-167 Contact Lens Wear. 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Mentre un frizzante vento di maestrale spazzava via le nubi della grandinata del giorno prima, si sono aperti i lavori della prima sessione, riguardante la correzione delle ametropie con lenti a contatto o chirurgia refrattiva, con la relazione del dottor Marco Rossetti della Clinica Oculistica Universitaria di Pisa, che ha illustrato le indicazioni agli interventi di chirurgia refrattiva. Gli interventi di chirurgia refrattiva rappresentano una valida alternativa all’uso di occhiali e lenti a contatto. In particolare l’utilizzo del laser ad eccimeri, con le tecniche di cheratectomia fotorefrattiva (PRK) e di cheratomileusi in situ (LASIK), consente di ottenere risultati riproducibili riducendo al minimo il rischio di complicanze e di effetti collaterali. Non tutti i pazienti possono però essere sottoposti ad interventi chirurgici a scopo refrattivo: oltre all’esistenza di controindicazioni legate a patologie generali od oculari, spesso il difetto refrattivo è troppo elevato per essere corretto con il laser ed in molti casi il trattamento, che presenta i caratteri dell’irreversibilità, può determinare l’insorgenza di effetti collaterali significativi dal punto di vista clinico. Il dottor Rossetti ha quindi discusso le principali indicazioni all’intervento e le condizioni in cui è opportuno evitare di intervenire chirurgicamente, ricorrendo piuttosto all’impiego di tecniche chirurgiche alternative al laser o all’uso di lenti a contatto. Ricevuto il 21 ottobre 2002 Accettato per la pubblicazione il 31 ottobre 2002 Luigi Lupelli ha quindi proseguito nell’argomento presentando un confronto fra lenti a contatto e chirurgia refrattiva. Sebbene gli occhiali rappresentino il mezzo più diffuso per la correzione dei vizi di refrazione ci dobbiamo aspettare che in futuro aumenti sempre di più la richiesta di una modalità di correzione che sia più o meno permanente, che non comporti una particolare attenzione e che sia priva di rischi rilevanti. Tali requisiti possono essere individuati in almeno due modalità di correzione che ora sono utilizzate in maniera relativamente marginale: la fotoablazione corneale con laser a eccimeri e le lenti a contatto in silicone-idrogel per uso prolungato. La fotoablazione laser si usa da quasi 15 anni e ora ci sono macchine di ultima generazione con cui si cerca di superare i problemi che si sono manifestati con le attrezzature e le procedure utilizzate negli anni precedenti. Le lenti a contatto morbide ad uso prolungato si usano da circa 30 anni con risultati contrastanti e ciò perché sono stati utilizzati dei materiali o poco gas-permeabili o poco confortevoli. La formulazione del silicone-idrogel pare aver risolto la grande maggioranza dei problemi incontrati con le lenti convenzionali in idrogel. Gli ultimi dati provenienti dagli USA stanno ad indicare che mentre l’uso delle lenti a contatto per uso continuo sta crescendo fortemente, il numero degli interventi LASIK sta subendo un decremento. Il fattore di rischio di perdita permanente di performance visiva rappresenta l’elemento determinante per chi vuole liberarsi della “schiavitù” degli occhiali o della manutenzione delle lenti a contatto. Prima di sottoporsi a un intervento di chirurgia refrattiva ogni ametrope dovrebbe domandarsi perché utilizzare una modalità di correzione che comporta un rischio relativo di ridurre in maniera permanente la propria capacità visiva, se un risultato simile si può ottenere, con rischi estremamente ridotti, con lenti a contatto che debbono essere applicate e rimosse soltanto 12 volte all’anno. Daddy Fadel ha poi illustrato il ruolo dell’optometrista nel comanagement del paziente che si sottopone a chirurgia refrattiva. L’optometrista ha il ruolo di dialogare con il paziente, di spiegare i limiti legati agli interventi, di illustrare le alternative meno invasive, 20 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 21 a r t i c o l o Congresso Biovision di Contattologia applicata Figura 1 Tavolo dei relatori durante la discussione. al fine di correggere il vizio refrattivo, di selezionare il paziente e infine di seguirlo e assisterlo nel periodo post operatorio. Daddy Fadel ha quindi descritto alcuni casi di complicanze da chirurgia refrattiva risolti con l’applicazione di lenti a contatto. Anto Rossetti ha quindi discusso il ruolo delle lenti a contatto e della chirurgia refrattiva nel controllo delle aberrazioni. L'idea di controllare le aberrazioni oculari per migliorare la visione è propria della riflessione storica dell'optometria, anche se poi è stata sostituita dall'attenzione alla binocularità. Nel periodo più recente il dibattito attorno alle aberrazioni, la loro misura e le possibilità di correzione si è riacceso grazie alla chirurgia refrattiva. Tuttavia, le lenti a contatto sono usate per compensare delle aberrazioni e distorsioni dalla loro scoperta e appaiono forse la prima strategia per inseguire l'ipotesi della “supervisione” monoculare. Nella relazione successiva Antonio Calossi ha spiegato cosa sono, come si misurano e come si correggono le aberrazioni dell’occhio. Solitamente, un difetto di vista viene quantificato in termini di sfera, cilindro e asse, mentre la capacità visiva viene espressa come acuità visiva. La refrazione convenzionale quantifica solo la componente regolare di un errore refrattivo e l’acuità visiva rappresenta solamente il potere risolutivo spaziale ad alto contrasto. Per definire in modo più completo la qualità ottica di un occhio è necessario quantificare le sue aberrazioni ottiche. Una volta definito cosa sono le aberrazioni oculari, come si misurano, come si analizzano e in che modo si possono rappresentare, Antonio Calossi ha discusso l’impatto delle diverse aberrazioni sulle prestazioni visive ed infine, quando e come si possono correggere. Riccardo Olent e Giuseppe Toffoli hanno introdotto la seconda sessione dei lavori, che trattava la possibi21 2002, vol. IV, n. 3 lità di modellare la cornea con le lenti a contatto per ortocheratologia. L’ortocheratologia è una tecnica per la riduzione temporanea della miopia con l’impiego di lenti a contatto rigide gas-permeabili. Nata negli anni sessanta, questa tecnica di rimodellamento della cornea si è sviluppata ulteriormente alla fine degli anni 80 grazie all’utilizzo di nuove lenti a “geometria inversa”. Queste lenti di seconda generazione, comunemente chiamate per “ortocheratologia accelerata” (Ortho-K) permettevano risultati più rapidi e duraturi, ma la buona riuscita applicativa dipendeva principalmente dalla necessità di utilizzare un set di prova e dall’abilità soggettiva, o “arte”, nell’interpretare il caratteristico fluorogramma. Le lenti della terza generazione, chiamate per “ortocheratologia avanzata” nascono dalla possibilità data dai moderni topografi computerizzati di conoscere con precisione la morfologia corneale centrale e periferica. L’utilizzo appropriato dei videocheratografi e di software specificatamente studiati, permette al contattologo di calcolare con “scienza” le altezze sagittali delle lenti e di poter in seguito monitorare le variazioni corneali ottenute. Prendendo in considerazione le diverse geometrie di lenti per ortocheratologia, gli autori hanno, quindi, presentato un confronto fra le varie metodiche d’uso diurno e notturno, concludendo che l’ortocheratologia è iniziata come un’arte, ma sarà sempre di più una scienza. Sempre in argomento ortocheratologico, Michael Wagensommer e Claudio Mannu hanno presentato i risultati di un trattamento mirato ad applicare lenti a contatto RGP a geometria inversa su 130 soggetti in giovane età, con miopie medio basse. Gli autori hanno preso in considerazione, oltre agli aspetti puramente applicativi, anche le esigenze pratiche che giornalmente questi giovani portatori si trovano ad affrontare, cercando di valutare l'applicazione delle lenti a contatto nell’ambito delle abitudini scolastiche, sportive e di tempo libero che caratterizzano la giornata dei loro portatori “in erba”. Fabio Carta ha presentato uno studio retrospettivo sul controllo ortocheratologico della miopia. Alla luce degli ultimi modelli proposti da Ciuffreda ed Hung sulla miopia, questo lavoro discute i benefici dell'ortocheratologia nel controllo della progressione miopica, analizzando anche quelli che sono i limiti fisiologici del trattamento. Dino Marcuglia ha illustrato un protocollo applicativo del modellamento corneale in cornee affette da cheratocono. Il perfezionamento delle tecniche ortocheratologiche e l’ausilio di strumenti per il controllo della forma corneale, come i topografi corneali, hanno LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 22 a r t i c o l o Congresso Biovision di Contattologia applicata Figura 2 Veduta aerea del Bungalow Hotel. dato al contattologo la possibilità di esplorare altri campi di applicazione dell’ortocheratologia: uno di questi è l’approccio ortocheratologico nelle cornee cheratoconiche. L’esperienza riportata dall’autore, ha dimostrato come il modellamento controllato in queste cornee possa risolvere problemi di diversa origine, intollerabilità delle lenti, visione alterata dopo la rimozione delle lenti ed altro ancora. La discussione è proseguita dopo cena con il dibattito riguardo lenti a contatto e chirurgia refrattiva: malgrado l’ora e la stanchezza della giornata la quasi totalità dei congressisti è rientrata per trascorrere il sabato sera in sala congressi, anche perché l’ambiente offriva un ottimo riparo dal vento di maestrale che, con il calar del sole, si era fatto piuttosto pungente. La Sardegna, grazie a Claudio Mannu, è stata la culla dell’ortocheratologia italiana e l’argomento ha ispirato una così vasta discussione da non poter essere esaurito nei tempi prestabiliti, quindi la domenica mattina, ci siamo ritrovati per una riunione informale a fare il punto della situazione sui nuovi sviluppi di questa tecnica sempre in crescita. Nel pomeriggio Carlo Tronti ha aperto la sessione riguardante le applicazioni di lenti a contatto su cornee atipiche, presentando una rassegna storica su 25 anni di lenti a contatto RGP: il passato con uno sguardo al futuro. Gli anni dal 1977 al 2002 sono stati caratterizzati da grandi cambiamenti nella storia della contattologia. In particolare, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, dopo l’introduzione di mate- riali RGP sempre più sofisticati e con l’aumentare della consapevolezza circa i problemi legati alle lenti a contatto morbide tradizionali, si è assistito ad un netto aumento dell’utilizzo di lenti rigide gas-permeabili. Successivamente, la diffusione delle lenti disposable ed il continuo incremento dei poteri e raggi disponibili ha modificato l’utenza delle lenti RGP riducendone l’uso nei casi “normali” e destinandole quasi esclusivamente alle problematiche più complesse. Dopo una panoramica sulle varie tipologie di lenti, tecniche applicative e strumentazioni utilizzate nel passato e nel presente, l’autore ha proposto alcune riflessioni e considerazioni sul futuro delle lenti a contatto RGP, anche in relazione all’utilizzo di nuovi strumenti diagnostici quali il topografo corneale e l’aberrometro e alle tecniche di progettazione delle lenti a contatto legate a questi strumenti. Giancarlo Montani ha quindi affrontato il problema dell’applicazione di lenti a contatto in seguito ad interventi di chirurgia refrattiva. L’applicatore infatti, si trova sempre più spesso a dover effettuare applicazioni su cornee con topografia modificata da interventi di chirurgia refrattiva. Le possibilità sono molteplici: lenti morbide, rigide, silicone-idrogel, a geometria tradizionale o inversa, gemellate o piggy-back. La scelta deve essere condotta tenendo conto del tipo di intervento, RK, PRK o LASIK, e di altri problemi tipici di questi casi, come la diminuita lacrimazione. Sulla base di questi elementi l’autore ha quindi fornito le linee guida necessarie alla scelta della prima lente di prova. Salvatore Pintus si è occupato della riabilitazione visiva con lenti a contatto dopo l’inserimento di anelli intrastromali. L'utilizzo dei ring corneali per la compensazione di miopie lievi è stato approvato dall' FDA degli USA nel 1999. Il loro impiego per il cheratocono è stato proposto da diversi oftalmologi e le loro ultime considerazioni, statistiche, tendono a considerare i ring come un ausilio per il contenimento dello sfiancamento del cheratocono. La relazione ha preso in considerazione l'esperienza acquisita su sette soggetti affetti da cheratocono ai quali sono stati impiantati i ring corneali. Di alcuni erano disponibili anche i rilevamenti preintervento. Ken Pullum del Moorfields and Oxford Eye Hospitals, Department of Optometry, ha tenuto un’interessante lezione sulle indicazioni e la procedura di applicazione delle lenti a contatto sclerali rigide gas permeabili. Le lenti a contatto sclerali precedono storicamente di sei decenni sia le lenti rigide corneali sia le lenti morbide idrogel. Oggigiorno, le lenti sclerali hanno conservato un ruolo molto particolare nella pratica 22 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 23 a r t i c o l o Congresso Biovision di Contattologia applicata delle lenti a contatto e il loro impiego è relativamente infrequente, nonostante esse abbiano dei vantaggi esclusivi: le loro grandi dimensioni le rendono sorprendentemente confortevoli e non richiedono un periodo di adattamento dal momento che non sussiste l’interazione palpebra-bordo lente; creano una riserva di fluido lacrimale che può essere utilizzato come veicolo terapeutico; non si dislocano; possono incorporare fino a 30.00D di potere senza eccessivi problemi di stabilità. I materiali rigidi gas-permeabili, poi, hanno trasformato la pratica delle lenti sclerali in due modi sostanziali: hanno ridotto i rischi di indurre complicanze ipossiche; le procedure di applicazione si sono semplificate e rese più semplici da predire. In conclusione l’applicazione di lenti sclerali può essere una opzione concreta perfino nelle condizioni anomale precoci della cornea: un paziente con lenti corneali rigide ma che lamenti problemi visivi o del comfort risulta essere un buon candidato per l’uso di lenti sclerali gaspermeabili. Pullum, nella pausa pranzo, si è prestato ad offrire una dimostrazione pratica di applicazione su un caso di cheratoglobo. Non credo di venire smentita nel dire che molti partecipanti, specialmente i più giovani, non avessero mai visto dal vero né un cheratoglobo, né una lente sclerale applicata. Il padrone di casa, Claudio Mannu, ha tenuto la sua relazione illustrando il trattamento della cheratoplastica perforante con lenti a contatto. L’innesto corneale nella cheratoplastica perforante consiste nel sostituire la zona centrale della cornea danneggiata con un lembo di circa 8 mm. Il riallineamento della cornea donata e di quella ricevente non sempre risulta perfetto, per questo a volte compaiono ametropie prevalentemente di tipo astigmatico che arrivano frequentemente oltre le dieci diottrie. Per questo tipo di cornea irregolare le lenti a geometria inversa si sono rivelate di grande aiuto nel risolvere alcune problematiche refrattarie ad altri tipi di adattamento con lenti a geometria tradizionale. Inoltre lenti di questo tipo possono migliorare la forma della cornea, ottenendo molte volte risultati inaspettati grazie alla straordinaria plasticità della cornea trapiantata. Dopo le comunicazioni aziendali delle ditte Safilens, Optikon 2000, CSO e Sauflon, Gianfranco Errico ha illustrato una panoramica su tutto l’argomento inerente le protesi oculari. L’autore ha illustrato: i principali interventi chirurgici e le problematiche associate; l’approccio con il paziente; la valutazione delle caratteristiche della cavità orbitarla e delle strutture in essa contenute; la protesi in tutti i suoi aspetti; la 23 2002, vol. IV, n. 3 Figura 3 Panorama di San Teodoro (NU). scelta dei materiali più idonei nei singoli casi, analizzandone vantaggi e svantaggi; la procedura d’applicazione delle protesi, dalla preparazione della cavità anoftalmica, alla realizzazione della protesi ponendo l’attenzione sulla centratura e sulla scelta delle metodiche per costruirla in modo da rispecchiare in modo più fedele possibile le caratteristiche dell’occhio controlaterale; l’assistenza al paziente e le complicanze che spesso si associano quando il paziente non è stato sufficientemente edotto sulla manutenzione della protesi. Paolo Formichella ha quindi condotto una rassegna sull’uso delle lenti a contatto per uso terapeutico. Una lente a contatto terapeutica è una lente finalizzata a coadiuvare il trattamento medico del segmento anteriore dell’occhio. Ipotonia oculare iatrogena, veicolo di farmaci, trattamento sintomatico e protezione della cornea, sono alcuni esempi in cui una lente terapeutica gioca un importante ruolo nella riabilitazione oculare. Sebbene l’uso di lenti terapeutiche rappresenti una pratica per lo più della contattologia medica e tipicamente di quella ospedaliera, non è del tutto infrequente che alcune delle condizioni citate siano delegate alla pratica contattologica privata. Dopo aver discusso la gestione del paziente, l’autore ha presentato alcuni casi clinici risolti con l’applicazione di lenti a contatto terapeutiche. Donato Serretiello ha illustrato le complicanze indotte da lenti a contatto. La gestione delle complicanze oculari connesse all’uso di lenti a contatto costituisce un LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 24 a r t i c o l o Congresso Biovision di Contattologia applicata Figura 4 Sardegna. bagaglio indispensabile dell’applicatore. L’assenza di un protocollo d’intervento standard è dovuto principalmente ad una eziologia multifattioriale da cui la complicanza è caratterizzata. La sospensione del porto delle lenti, la sostituzione con geometrie diverse, l’incremento dell’apporto di ossigeno attraverso un aumento del Dk/t, la modifica del regime di manutenzione insieme ad altri interventi, non possono prescindere dalla accuratezza con la quale vengono identificati i sintomi e i segni della complicanza. Nella scelta della strategia di intervento più indicata è necessario differenziare le modificazioni corneali che possono essere considerate fisiologicamente accettabili da quelle patologiche che necessitano di un trattamento farmacologico. La domenica sera, lo staff di animazione del Bungalow Hotel ha offerto ai congressisti un simpatico spettacolo di Cabaret, per farci riprendere le forze prima della tavola rotonda notturna: la discussione è stata accesa, forse a causa del numero di bicchierini di mirto che avevano bevuto i moderatori dopo cena, d’altra parte in Sardegna non si dice mai di no ad un mirto in compagnia. Il mattino dopo Vincenzo Mirante e Gianni Pisanu hanno aperto i lavori parlando della correzione della presbiopia con lenti a contatto multifocali su prescrizione. Queste lenti consentono, con alta percentuale di successo, la soluzione dei più diversi problemi visivi, dalla miopia all'ipermetropia, dall'astigmatismo al cheratocono, utilizzando materiali sia gaspermeabili sia morbidi. Il problema della lacrimazione densa e scarsa, tanto più comune, quanto più avanzata è l’età del portatore, è stata affrontata sia con regole di igiene alimentare sia con la scelta di opportuni materiali. Sempre sullo stesso argomento, nella relazione successiva, Mario Giovanzana ha brevemente descritto l’impiego di lenti a contatto toriche multifocali. L'astigmatismo viene corretto dalla geometria interna della lente, mentre la superficie esterna della lente viene utilizzata per correggere miopia o ipermetropia in combinazione con la geometria multifocale. Proseguendo con le relazioni a tema libero, Giuseppe Migliori ha spiegato la corretta acquisizione dell’immagine cheratoscopica, illustrando i principali accorgimenti da adottare prima, durante e dopo l'acquisizione delle immagini con i videocheratoscopi. Sono state analizzate alcune difficoltà che si possono presentare e forniti suggerimenti per ottenere topografie corneali il più complete e fedeli possibile, in particolare se il loro uso è finalizzato alla simulazione e progettazione di lenti a contatto rigide. Quando la superficie della cornea è estremamente irregolare un valido aiuto può derivare dall’applicazione di apposite lenti a contatto morbide ultra sottili a scopo diagnostico. Gianni Pisanu e Claudio Manolli hanno descritto le tecniche di modifica delle lenti a contatto rigide. Una lente inesatta, o non adeguatamente rifinita, può essere causa di una serie di sintomi non sempre facilmente distinguibili. La conoscenza esatta delle caratteristiche geometriche delle lenti a contatto nello sviluppo delle tecniche applicative offre, insieme alla tecnica della modifica, efficienza e un servizio importante per i nostri pazienti. La relazione era simpaticamente arricchita da filmati, vignette e saluti in sardo. Fabrizio Zeri, nella sua relazione, ha proposto un utilizzo alternativo delle lenti in silicone-idrogel, che possono essere impiegate non solo per uso continuo. Una delle più recenti novità nel campo della contattologia è senza dubbio rappresentata dall’uscita del silicone-idrogel. Lo sviluppo di questo materiale è avvenuto puntando in primo luogo al suo impiego nella produzione di un tipo di lente a contatto che garantisse ai portatori un sicuro uso continuo, giorno e notte. I risultati della ricerca scientifica che, passo passo, ha seguito l’evento hanno attestato performance cliniche straordinarie nell’uso a 30 giorni di questo tipo di lenti. Oggi quindi, quando si parla di silicone-idrogel lo si associa strettamente all’uso continuo. Lo scopo della relazione era quello di spostare l’attenzione sul possibile impiego di lenti a contatto in silicone-idrogel in altre condizioni dove le caratteristiche di alto Dk e bassa idratazione di questo materiale potrebbero rivelarsi utilissime. Tra le possibilità è stata approfondita 24 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 25 a r t i c o l o Congresso Biovision di Contattologia applicata l’applicazione terapeutica su cheratite bollosa, nelle condizioni di occhio secco, nel piggy-back. La trattazione si è articolata passando da una rassegna della letteratura all’esposizione diretta di casi clinici. Stefano Lorè ha concluso i lavori congressuali con un argomento in realtà introduttivo, ma mai considerato e studiato a sufficienza: la selezione del paziente, come aspetto chiave per il successo dell’applicazione. In questi ultimi venti anni abbiamo assistito ad un mutamento straordinario della lente a contatto, dai materiali sempre più biocompatibili che le costituiscono, alle geometrie sempre più particolareggiate. Sicuramente è l'apparire delle lenti disposable che ha dato una forte e decisiva scossa al mondo della contattologia, ma nei confronti di questo tipo di lente l'utente ha purtroppo sviluppato, a nostro avviso, un atteggiamento di pericolosa autonomia. La relazione, voleva sottolineare lo stato di evidente 25 2002, vol. IV, n. 3 confusione che regna tra gli utenti e gli specialisti e sollecitare colleghi esperti e credenti nella vera contattologia ad essere sempre promotori di una vera informazione all'utilizzo di queste piccole protesi. Per questo, la selezione del paziente permette di scegliere, fra i candidati, quelli che hanno maggiori possibilità di soddisfazione. La contattologia va avanti e, come è consuetudine ormai da quindici anni, il congresso Biovision rimane un punto fermo per chi ha scelto di dedicarsi con passione all’universo delle lenti a contatto. Ogni due anni, la Sardegna diventa culla di quella contattologia che serve, quella delle nuove proposte, quella che mette le mani direttamente nel cuore del problema, che porta, passo passo, alla risoluzione dei casi più complessi, quella che poi ognuno, i giorni successivi al congresso, avrà la possibilità di sperimentare e verificare subito. LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 26 a b s t r a c t & c o m m e n t i abstract & commenti Alessandro Fossetti Ortocheratologia notturna / Overnight ortocheratology Nichols J.J. et al. Optom Vis Sci 2000: 77:252-9. L'articolo inizia con una introduzione storica, nella quale vengono riportati i risultati dei pochi studi scientificamente controllati effettuati sull’ortocheratologia eseguita con lenti a geometria tradizionale, da quelli di Kerns (1972) a quello di Binder (1980) a quello di Polse (1983). Tutti i lavori mostrano significative riduzioni della miopia, ma la procedura viene definita incontrollabile causa la variabilità del risultato, la sua non prevedibilità e la elevata possibilità di sviluppo di astigmatismo indotto secondo regola. L'introduzione delle lenti a geometria inversa ha modificato questo stato di cose, migliorando la stabilità ed il centraggio delle lenti sulla cornea, aumentando l'entità dei risultati e la loro prevedibilità. Lo sviluppo di nuovi materiali rigidi ad elevata gaspermeabilità ha a sua volta portato all'uso notturno delle lenti a geometria inversa per il rimodellamento della cornea e la riduzione della miopia durante il sonno. Le lenti sono poi rimosse al mattino per una buona visione senza correzione ottica per tutto il giorno. Naturalmente la riduzione della miopia resta transitoria ed occorre dunque continuare a portare le lenti - sempre durante il sonno - per mantenere l'effetto ottenuto. Scopo dello studio era: 1) determinare le variazioni refrattive e visive che possono essere ottenute con l'ortocheratologia notturna; 2) misurare le conseguenti varia- zioni topografiche e di spessore corneale; 3) valutare quanto dette variazioni refrattive e topografiche siano stabili durante il giorno. Metodi I soggetti miopi per partecipare allo studio (dieci) sono stati scelti secondo le seguenti caratteristiche: età maggiore di 18 anni, miopia fino a 3.50 diottrie, con astigmatismo entro 1.00 diottria, raggi di curvatura più piatto inferiore a 8.23 mm. I valori e le variabili sotto controllo erano: l'acuità visiva, misurata con l'ottotipo Bailey-Lovie ad alto e a basso contrasto, la refrazione soggettiva, l'autorefrattometria, l'autocheratometria, la topografia corneale, lo spessore corneale. Le misure sono state effettuate prima dell’applicazione (baseline) e successivamente secondo un preciso schema ed esattamente nei giorni 1° (dopo la prima notte di porto delle lenti), 7°, 14°, 30°, 60°. In ognuno dei giorni stabiliti le misure venivano eseguite per quattro volte: immediatamente dopo la rimozione delle lenti, dopo 1 ora, dopo 4 ore e dopo 8 ore. Fa eccezione la refrazione soggettiva che è stata misurata due volte: dopo 1 ora e dopo 4 ore dalla rimozione delle lenti. In più è stato fatto un esame completo in lampada a fessura, con relative foto, 1 ora dopo la rimozione delle lenti, dopo due settimane di porto e al termine del periodo spe- rimentale, e cioè nei giorni 14° e 60°. Le lenti utilizzate nello studio sono state prodotte da Contex e per la loro applicazione è stato seguito un rigido protocollo in modo da eliminare la necessità di modifiche alle lenti. Le caratteristiche delle lenti erano: zona ottica 7 mm, secondo raggio sferico con inversione di 4 diottrie, periferia asferica, materiale fluorosilicone acrilato con Dk di 88. Lo studio ha avuto una durata di 60 giorni ed è stato portato a termine da 8 soggetti su dieci. Risultati Acuità visiva Quella misurata ad alto contrasto è passata da 20/66 a 20/19. Nei sessanta giorni la variazione è stata di 5 linee. Quella a basso contrasto è passata negli stessi giorni da 20/100 a 20/33, con un aumento di 5 linee. Le variazioni maggiori si sono avute nella prima notte di porto delle lenti. Correzione La refrazione soggettiva media è passata da –1.84 diottrie a –0.02 D, mentre quella oggettiva (misurata con l’autorefrattometro) è passata da –2.09D a –1.45D. Le variazioni maggiori si sono avute nei primi sette giorni di porto delle lenti. Curvatura corneale e spessore La topografia ha mostrato un appiattimento corneale, passando da un valore ,medio di 7.52 mm a 26 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 a b s t r a c t Pagina 27 & c o m m e n t i d uno di 7.73 mm. Al contempo il fattore di forma è passato da +0.22 a + 0.11, mostrando una variazione della forma della superficie da prolata a oblata. Ancora una volta le variazioni maggiori si sono avute nei primi sette giorni di porto delle lenti. Lo spessore centrale è passato da 576 micron a 561 micron, mentre quello periferico non ha mostrato variazioni statisticamente significative. getti nel corso dello studio è stata trovata nel controllo con lampada a fessura colorazione puntata superficiale, ma l’entità era modesta e clinicamente accettabile. In un solo caso è stata evidenziata una colorazione clinicamente significativa e il porto è stato interrotto (si tratta di uno dei due casi che non hanno terminato lo studio). Gli autori hanno trovato che le variazioni indotte dal porto notturno di lenti a geometria inversa sono rapide e sufficienti a consentire una buona visione durante tutto il giorno in caso di miopie lievi. Le variazioni maggiori si ottengono nei primi sette giorni di porto e nei giorni successivi il risultato con- tinua ad aumentare per raggiungere il suo massimo verso il 30mo giorno. Il risultato ottenuto sembra essere meglio rappresentato mediante la rifrazione soggettiva, mentre quella oggettiva sembra sottostimare la variazione. Gli autori pensano che questa discrepanza tra oggettivo e soggettivo sia da ricondurre alla pupilla di entrata dell’autorefrattometro che dà poi più peso ai valori refrattivi periferici, a differenza del meccanismo visivo che valuta maggiormente quelli centrali. L’appiattimento della superficie corneale e la riduzione dello spessore centrale sembrano confermare il lavoro di altri autori che sostengono che le variazioni siano dovute ad una ridistribuzione dell’epitelio verso la periferia. sponsorizzati dai produttori delle lenti o dei materiali, scende finalmente in campo il mondo accademico. E lo fa con un articolo pubblicato su una delle più prestigiose riviste optometriche, arrivando alla conclusione che l’ortocheratologia notturna porta ad un miglioramento significativo della acuità visiva non corretta (… lead to significant improvements in the uncorrected visual acuity) e che tale miglioramento è mantenuto per buona parte del giorno (... improvements are sustained over the corse of the workday). Per tutti coloro che hanno creduto fin dal primo momento in una vera rinascita dell’ortocheratologia questa è certamente una buona notizia, unitamente a quella, più recente, dell’approvazione da parte dell’FDA di una procedura di rimodellamento corneale mediante l’uso notturno di lenti a contatto a geometria inversa per il trattamento della miopia fino a sei diottrie. È opportuno precisare tuttavia che l’articolo in questione non ha mancato di suscitare polemiche all’interno dello stesso mondo accademico. Nel numero di dicembre dello stesso anno (ricordiamo che l’articolo era uscito in maggio) è apparsa una lettera inviata da Nathan Efron, Dipartimento di Optometria dell’Università di Manchester, che critica aspramente Nichols et al. affermando che la ricerca fatta è difettosa, o viziata (flawed) e la conclusione che l’ortocheratologia sia un mezzo efficace per ridurre temporaneamente la miopia (orthokeratology is an effective means of temporarily reducing myopia) è insostenibile (untenable). In sostanza Efron accusa gli autori di aver condotto uno studio che viola i più sacrosanti principi (violates the most sacrosant tenet) della sperimentazione clinica che deve essere effettuata con Discussione Mantenimento delle variazioni e e sicurezza Le misure effettuate durante le otto ore post rimozione nelle giornate adibite al controllo hanno mostrato inequivocabilmente che i risultati ottenuti durante la notte sono stabili durante il giorno. Non sono stati evidenziati casi di edema o neovascolarizzazione. In tutti i sog- Note del curatore Tutti coloro che seguono i progressi tecnici e gli aggiornamenti clinici nel campo delle lenti a contatto si saranno resi ben conto del recente risorgere dell’ortocheratologia. Diventata quasi una “curiosità” alla fine degli anni ’80, per gli scarsi risultati che potevano essere proposti in relazione anche allo svilupparsi delle nuove tecniche chirurgiche, è stata rilanciata in grande stile grazie all’introduzione delle lenti a geometria inversa1,2. La messa a punto di materiali iperpermeabili ai gas ha poi permesso la più recente diffusione del porto notturno delle lenti. Il lavoro che vi ho brevemente riassunto riveste a mio parere una importanza fondamentale perché, dopo tanti articoli usciti su varie riviste fatti da applicatori di lenti a geometria inversa, talvolta anche 27 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 28 a b s t r a c t gruppo di controllo (controlled), in doppio cieco (masked) e protetta da possibili preconcetti o conclusioni preventive o da inclinazioni dei ricercatori verso le ipotesi da testare (Researcher need to be protected from this potential for bias). Entra poi nel dettaglio di alcuni dei dati presentati dagli autori, criticandone le affermazioni. Ad esempio, il fatto che i dati soggettivi (+1.83D) non trovino corrispondenza in quelli oggettivi (+0.62D) viene spiegato dagli autori con un difetto delle misure oggettive, causato dalla pupilla d’entrata dell’autorefrattometro che favorirebbe maggiormente i valori diottrici periferici rispetto a quelli centrali, che invece assumono maggiore importanza nella misura soggettiva della refrazione e della A.V. In sostanza Efron accusa gli autori di dare eccessiva importanza ai rilevamenti soggettivi, molto più sottoposti ad essere, sia pure involontariamente, sovrastimati o “spinti” verso la direzione voluta, a scapito di quelli oggettivi che sono scientificamente più affidabili. In particolare la misura dell’acuità visiva è sottoposta alla tentazione di “spingere” il paziente a leggere lettere sempre più piccole (will be the temptation to “push” a patient down the eye chart on occasion) e all’apprendimento da parte dei soggetti (as a result of subject learning the chart letters) dato che la tabella era letta circa 30 volte durante la conduzione dello studio. Se invece vengono presi i dati oggettivi, si può notare che l’effetto refrattivo dell’ortho-K determinato con l’autorefrattometro (+0.64D) è in accordo con la variazione refrattiva rilevata mediante autocheratometro (+0.83D). Questi risultati sono paragonabili a quelli descritti da Polse et al nel 19833, ottenuti con lenti tradizionali. Infine lo studio non chiarisce quali possono essere nel tempo le conseguenze fisiopatologiche della compressione delle cellule epiteliali e della loro redistribuzione. A tal proposito Efron rimanda ad un lavoro di Bergmanson et al dove vengono riportale le modifiche ultrastrutturali indotte nell’epitelio dall’appoggio di lenti rigide4. Nello stesso numero di dicembre appare anche la risposta degli autori. I quali ammettono che la loro non è una ricerca clinica scientificamente controllata, né voleva esserlo (We did no imply that our study was a controlled clinical trial). La loro intenzione era quella di fare uno studio prospettico per valutare ipotesi preliminari sull’argomento (testing preliminary hypoteses), verificare le metodologie da applicare (piloting research methods) e raccogliere dati per successive ricerche cliniche con campioni più numerosi, da effettuare, queste sì, con tutte le caratteristiche degli studi controllati, riservati ad una fase più avanzata e matura della ricerca. In questi studi preliminari vi sono altri mezzi che non il doppio cieco e il gruppo di controllo, per eliminare o limitare al massimo la potenziale influenza delle inclinazioni dei ricercatori e dei loro preconcetti o convinzioni preventive, tra gli altri la standardizzazione dei metodi di misura, e il training e la certificazione degli esaminatori. Il miglioramento dell’acuità visiva con le ripetute misure e la memorizzazione è stato dimostrato in letteratura, ma gli aumenti sono modesti5, a differenza di quelli riscontrati nel loro studio. Inoltre i pazienti avrebbero dovuto prima leggere le lettere per poterle memorizzare. Riguardo alla discrepanza tra valori oggettivi e soggettivi, gli autori precisano che inizialmente avevano inserito nel protocollo soltanto la misura oggettiva della refrazione ed hanno aggiunto quella soggettiva quando & c o m m e n t i si sono resi conto della dissociazione tra le variazioni rifrattive e gli aumenti di acuità visiva. Riguardo alla spiegazione di quella dissociazione riaffermano la loro argomentazione circa la pupilla d’entrata dell’autorefrattometro. Nell’ortocheratologia la superficie corneale viene sostanzialmente modificata dal punto di vista ottico (the anterior surface of the cornea is markedly altered), in particolare si passa spesso da una forma prolata ad una oblata, con una zona di transizione che si incurva: se i raggi infrarossi dell’autorefrattometro passano in questa zona a causa dell’ampia pupilla di entrata, le misure non possono essere considerate valide. Del resto questo aspetto è già stato evidenziato per situazioni simili legate alla cheratotomia radiale e alla LASIK6,7 dove esiste una zona intermedia curva tra quella centrale, trattata, e quella periferica, non trattata. Per quanto riguarda i dati oggettivi riportati nello studio gli autori fanno anche notare come Efron abbia omesso di considerare come l’appiattimento della cornea centrale (1.56D) misurato con il topografo sia abbastanza in accordo con la misura soggettiva e con il miglioramento dell’acuità visiva. Infine, riguardo agli eventuali effetti fisiopatologici dell’ortocheratologia gli autori ammettono che vi possono essere e che l’epitelio funziona meglio come barriera se mantiene il suo naturale spessore, ma il porto di qualsiasi tipo di lente a contatto conduce inevitabilmente a modifiche strutturali, tra le quali anche l’assottigliamento dell’epitelio8,9. Non per questo le lenti a contatto vengono sconsigliate. E a questo proposito gli autori fanno notare – con una punta di malizia devo dire - come effetti simili si possano avere anche nel porto prolungato delle lenti morbide, modalità che viene 28 2002, vol. IV, n. 3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 a b s t r a c t Pagina 29 & c o m m e n t i promossa dallo stesso autore delle critiche10. Vorrei concludere con alcune considerazioni del tutto personali. Il lavoro di Nichols e al. è importante perché fatto da accademici inizialmente scettici sui risultati dell’ortocheratologia, come da loro ammesso (we were skeptical about the safety and efficacy of overnight orthokeratology because very little research ha been conducted...) e perché effettuato con un protocollo molto rigido (to apply a fixed contact lens fitting protocol to each subject) che non poteva che deprimere i risultati non lasciando la possibilità di personalizzare il trattamento. Nonostante ciò i risultati finali sono stati molto buoni, confermando quelli di altri autori11,13 e quelli che chiunque abbia praticato l’ortocheratologia notturna ha potuto vedere con i propri occhi e verificare con la propria esperienza. Non v’è dubbio che vi siano ancora aspetti da chiarire nelle modalità di realizzazione degli effetti ortocheratologici. Ad esempio quella discrepanza tra i risultati soggettivi e quelli oggettivi che ha sollevato la querelle che vi ho appena descritto e che peraltro era ben nota fin dai primi lavori sulle tecniche ortocheratologiche3,14-16. Oppure le precise modifiche che avvengono a livello epiteliale, anche se già alcune ipotesi sono state avanzate17. O ancora le caratteristiche individuali che maggiormente influiscono sul risultato finale18. O infine gli effetti a lungo termine, sia sulla fisiologia epiteliale che sulla possibile ritenzione del risultato temporaneo. Le ricerche che sicuramente verranno pubblicate nei prossimi anni daranno risposte a queste e ad altre domande. In attesa di queste risposte credo si possa affermare, anche in base alle conclusioni del lavoro presentato e alla recente approvazione di una lente per ortocheratologia notturna da parte dell’FDA, che l’optometrista ha a sua disposizione una tecnica efficace e sicura per il trattamento del soggetto miope. Bibliografia tions after radial keratotomy. Refract Corneal Surg shape and refractive error induced by accelerated 1992;8: 290-5. orthokeratology. ICLC 1997;24: 128-43. 1 Wlodyga RJ, Bryla C, Corneal molding: the easy way. 7 Salchow DJ, Zirm ME, Stieldorf C, Parisi 13 Lu Fan, Jiang Jun, Qu Jia, Jin Wangqing, Mao Xinjie, Contact Lens Spectrum 1989;4.14-16. A.Comparison of objective and subjective refraction Shen Yi. Clinical Study of Ortokeratology in Young 2 Harris D, Stoyan N. A new approach to orthokera- before and after laser in situ keratomileusis. J Cataract Myopic Adolescents. ICLC 1999; 26:113-16. tology. Contact Lens Spectrum 1992;7:37-39. Refract Surg 1999; 25:827-35. 14 Grant SG, May CH. Orthokeratology. A therapeutic 3 Polse KA, Brand RJ, Schwalbe JS, Vastine DW, Keener 8 Maeda N, KIyce SD, Hamano H. Alteration of cor- approach to contact lens procedures. RJ. The Berkeley Orthokeratology Study, Part II: neal asphericity in rigid gas permeable contact lens 1970;14:3-16. Efficacy and duration. Am J Optom Physiol Opt induced warpage. CLAO J 1994;20:27-3 l. 15 Kerns R. Rescarch in orthokeratology, part 3. J Am 1983;60:187-98. 9 Erickson P, Comstock TL, Doughty MJ, Cullen AP. Optom Assoc 1976;47:1505-1515. 4 Bergmanson JP, Ruben M, Chu LW. Corneal epithe- The cornea swells in the posterior direction under 16 Binder PS, May CH, Grant SC. An evaluation of lial response of the primate eye to gas permeable cor- hydrogel contact lenses. Ophthalmic Physiol Opt orthokeratology. Ophthalmology 1980;87:729-44. neal contact lenses: a preliminary report. Cornea 1999;19: 475-80. 17 Swarbrick HA, Wong G, O'Leary DJ. Corneal 1984;3: 109-13. 10 Efron N. Re-thinking extended contact lens wear. response to orthokeratology. Optom Vis Sci 5 Gilmartin B, Gray LS, Winn B. The amelioration of Ophthalmic Physiol Opt 1998; 18:241-2. 1998;75:791-9. myopia using biofeedback of accommodation: a 11 Wlodyga RJ, Harris D. Accelerated Orthokeratology 18 Joe JJ, Marsden HJ Edrington TB. The relationship review. Ophthalmic Physiol Opt 199 1; 1 1:304-13. Techniques and Procedures Manual. Chicago, National between corneal eccentricity and improvement in 6 Russell GE, Bergmanson JP, Barbeito R, Cross VM. Eye Rescarch Foundation, 1993, pp 1-7. visual acuity with orthokeratology. J Am Optom Assoc Differences between objective and subjective refrac- 12 Mountford J. An analysis of the changes in corneal 1996;67:87-97. 29 2002, vol. IV, n.3 Contacto LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 30 t r u c c h i e s u g g e r i m e n t i tips & tricks Laura Boccardo Fluoresceina e lenti in silicone-idrogel Molti di voi che scelgono le lenti CIBA Night & Day, a causa del loro alto Dk, sia per bendaggio, sia per un’applicazione piggy-bak sotto una lente gas permeabile, forse non sanno che possono usare la fluoresceina normale invece che quella macromolecolare per valutare la condizione epiteliale o l’appoggio della lente rigida. Leslie M. Coffee ha pubblicato questo tip su Contact Lens Today. Io ho provato e, in effetti, la Night & Day non si è colorata. LAURA BOCCARDO Nuotare con le lenti a contatto C’è un sacco di letteratura che si occupa della sicurezza dell’uso delle lenti a contatto durante il nuoto, e i rischi sono certamente ovvii. Non bisogna dimenticare che le lenti a contatto alterano la superficie oculare, alterano l’epitelio e questo offre un’opportunità ai micro-organismi che si trovano dentro o nei pressi della piscina o del mare e che possono causare infezioni. Ovviamente le lenti possono uscire dall’occhio mentre si nuota, questo è più facile con le lenti rigide piuttosto che con le morbide, ma un occhialino da nuoto o una maschera offrono in genere una protezione sufficiente. Il problema delle lenti idrogel, invece, è che possono diventare ipotoniche quando vengono esposte all’acqua durante il bagno e possono aderire all’occhio a causa dell’effetto osmotico. Le lenti idrogel, quindi, richiedono un certo tempo per riequilibrarsi dopo il nuoto: questo processo può essere facilitato instillando soluzione salina sterile o un umettante per aiutare la lente a tornare nel suo stato isotonico, prima di essere rimossa. Sciacquare con salina e instillare lacrime artificiali dopo il bagno aiuta ad allontanare dagli occhi gli agenti contaminanti e, contemporaneamente, ad aumentare il comfort. Numerosi studi hanno dimostrato la sicurezza di tuffarsi con le lenti a contatto, nonostante le bolle che si possono formare sotto la lente. Di solito queste bolle sono transitorie e non dannose, ma se la loro presenza si prolunga nel tempo si può avere un’erosione epiteliale. Non si dovrebbe dormire con le lenti a contatto sull’occhio dopo aver nuotato. Se le lenti vengono riusate dopo il bagno, devono essere pulite e disinfettate, preferibilmente usando un sistema di manutenzione con una buona efficacia contro l’Acantamoeba. Recentemente, tre di quattro casi di cheratite infettiva, i primi riportati in letteratura con lenti in siliconeidrogel, si sono verificati in tre ragazzi che hanno nuotato con le lenti indossate nelle settimane precedenti all’infezione. Questo evidenzia l’importanza di rimuovere, disinfettare le lenti e riposare prima di rimettersi le lenti dopo aver nuotato, soprattutto in caso di porto esteso o continuato. Queste osservazioni ci portano a considerare l’uso di lenti usa e getta giornaliere o di ortocheratologia notturna per i nuotatori abituali. JOSEPH BARR Contact Lens Spectrum, Agosto 2002 Qualche accorgimento per applicare su pazienti in età pediatrica Molti applicatori si sentono intimiditi ad applicare lenti a contatto, in particolare lenti RGP, a bambini. Questi suggerimenti sono frutto di un’esperienza maturata negli anni: 1. Va bene stimare ad occhio i parametri pre-applicativi, se dopo potete valutare adeguatamente l’applicazione. 2. Scegliete un diametro totale 1 o 2 mm più piccolo del diametro corneale. 3. Usate sempre materiali ad alto o altissimo Dk, in modo da non dovervi preoccupare dell’ipossia e dei suoi effetti a lungo termine. 4. Applicate stretto per evitare la perdita della lente. 5. Rifinite la correzione basandovi sul potere della lente di prova e sulla sovrarefrazione. 6. Nel primo anno, un lente per afachia ha un potere fra +20.00 e +40.00 D e la refrazione media è +31.00 D. 7. Coinvolgete i piccoli pazienti nell’applicazione e nelle visite di controllo, fateli sentire come vostri aiutanti, affidandogli semplici incarichi come, per esempio, tenere la lente di prova mentre fate la sovrarefrazione. LORETTA SZCZOTKA Contact Lens Spectrum, Agosto 2002 Avete un piccolo trucco o qualsiasi suggerimento che possa risolvere i problemi più comuni che si incontrano nella pratica contattologica di tutti i giorni? Avete piacere di condividerlo con i colleghi? Inviate i vostri Tips&Tricks alla redazione di LAC. 30 2002, vol. IV, n.3 LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 i n 11:27 Pagina 31 l i b r e r i a in libreria Laura Boccardo The Cornea. Its examination in contact lens practice The Cornea. Its examination in contact lens practice. NATHAN EFRON Butterworth-Heinemann, 2001 206 pp, 113 figure a colori Lingua inglese “The Cornea. Its examination in contact lens practice”, a cura di Nathan Efron, fa parte di una collana della British Contact Lens Association. Il libro è strutturato in modo da guidare il lettore progressivamente dalle tecniche cliniche più familiari, fino a tecnologie sempre più sofisticate di esame della cornea. Nel primo capitolo viene presentata una panoramica di carattere didattico sulle varie tecniche di esame in lampada a fessura. Solo un accenno viene fatto alle tecniche biomicroscopiche più recenti come l’acquisizione e il trattamento digitale delle immagini e l’utilizzo di grading scales. Il capitolo si occupa inoltre dell’utilizzo della lampada a fessura nell’esame 31 2002, vol. IV, n.3 delle complicanze non infettive da lenti a contatto. Per maggiori dettagli sia sulle tecniche di esame, sia sulle complicanze, viene suggerita una serie di testi di approfondimento, avendo questo capitolo solo un carattere introduttivo. Il secondo capitolo è interamente dedicato alla cheratite microbica, alla sua eziologia, incidenza, fattori di rischio, diagnosi e trattamento, in rapporto al porto delle lenti a contatto. Il terzo capitolo si occupa della microscopia confocale, una tecnica di recente introduzione che permette un’analisi microscopica della cornea in vivo: vengono descritti lo strumento, i principi ottici su cui si basa, la tecnica di esame e le possibilità di analisi quantitativa delle immagini, eseguita dal software dello strumento; viene poi illustrato l’aspetto della cornea normale in tutte le sue componenti e in rapporto con l’età e l’aspetto della cornea alterata dall’utilizzo di lenti a contatto. Prima dello sviluppo della microscopia confocale per uso clinico la cornea in vivo non era mai stata osservata a livello cellulare, se non limitatamente all’endotelio: il lavoro di ricerca svolto dagli autori di questo capitolo dimostra come sia necessario sviluppare nuovi parametri per ridefinire la cornea normale e la cornea alterata sulla base di questo innovativo, quanto dettagliato, sistema di indagine. Nel quarto capitolo si passa dalla microscopia in vivo, alla microscopia in vitro: attraverso una serie di rilevazioni, sia con microscopio ottico sia con microscopio elettronico, delle caratteristiche della cornea normale e della cornea di portatori di lenti a contatto, è possibile spiegare diversi fenomeni che gli applicatori osservano con lampada a fessura nella loro pratica clinica. Nessun capitolo è dedicato all’esame dell’endotelio con microscopia speculare, tecnica utilizzata in ambito clinico sicuramente più delle precedenti. Il quinto ed ultimo capitolo, affidato a Stephen Klyce, è dedicato alla topografia corneale: l’argomento è talmente vasto che non può necessariamente essere esaurito nell’angusto spazio di un capitolo, d’altra parte da uno dei pionieri della videocheratografia computerizzata ci saremmo aspettati di più e, purtroppo, il capitolo risulta il meno significativo dell’intero libro. Nel complesso il testo si presenta piuttosto disomogeneo, con argomenti trattati a livelli molto diversi di dettaglio, alcuni di carattere didattico, altri più completi e anche molto esaurienti, tenendo conto che il libro è rivolto ad un pubblico di clinici applicatori e non certo di ricercatori, mentre altri argomenti sono trattati in modo superficiale o addirittura tralasciati completamente. A nostro parere, quindi, “The Cornea” non è adatto a chi desidera un testo generale sull’argomento cornea, ma piuttosto a chi, avendo già altri libri che parlano diffusamente degli esami di più comune utilizzo clinico, come la lampada a fessura e la topografia, desideri approfondire l’aspetto di analisi microscopica del tessuto corneale: i due capitoli che parlano di questo argomento meritano da soli l’acquisto del libro. LAC IMPA N3 2002 DEF 17-12-2002 11:27 Pagina 32 Note per gli autori Lenti a contatto (lac) è una rivista il cui obiettivo è fornire ai professionisti del settore, ricercatori e studenti, informazioni aggiornate sulle ricerche cliniche e scientifiche nell’ambito dell’area contattologica, nella fisiologia e patologia dell’occhio esterno. Sono benvenuti tutti gli articoli originali a carattere clinico, di ricerca, rassegne bibliografiche, casi clinici ed editoriali che trattino argomenti legati alla contattologia. Possono anche essere pubblicate lettere attinenti lo sviluppo professionale e la sua evoluzione, l’educazione e gli eventi del settore. Tutti gli articoli devono essere inviati all’attenzione di: Marica Lava o Oscar De Bona CIBA Vision s.r.l. Via E. Mattei, 11, 30020 Marcon (VE) I lavori inviati non devono essere stati precedentemente pubblicati su altre riviste o presentati per la pubblicazione contemporaneamente ad altri giornali. Il testo dell’articolo, corredato da eventuali immagini, deve essere inviato in duplice copia per essere esaminato. Il lavoro deve pervenire anche su supporto magnetico. Dopo la revisione dei referees, l’autore corrispondente sarà informato sull’esito della revisione. Nel caso d’accettazione del lavoro presentato, farà seguito la documentazione necessaria per la cessione dei diritti. Dattiloscritto, dischetto e immagini originali, anche se non pubblicati, non saranno necessariamente restituiti. Preparazione del dattiloscritto e del supporto magnetico I dattiloscritti devono pervenire su fogli A4. Impostazione margine superiore 2,50 cm, inferiore e laterale, destro e sinistro, 2 cm. Per il frontespizio, il sommario, il testo, i ringraziamenti, la bibliografia, le tabelle e le didascalie delle illustrazioni utilizzare il carattere Times New Roman corpo 12. Le pagine devono essere numerate in modo progressivo iniziando dal frontespizio. Tutti i lavori accettati per la pubblicazione debbono pervenire anche su supporto magnetico, nei formati Macintosh e IBM compatibili elencati: MacWrite, Microsoft Word, Solo testo, R.T.F. Frontespizio La prima pagina deve includere il titolo per esteso, ed eventualmente anche ridotto, il nome e cognome, per esteso, degli autori nella sequenza desiderata, eventuali istituti o enti d’appartenenza, il nome, l’indirizzo ed il numero di telefono dell’autore cui fare riferimento per la corrispondenza. Sommario Il sommario in lingua italiana, che non deve contenere più di 130 parole, deve essere riportato su una pagina separata. È auspicabile che l’autore sottoponga anche un sommario più esteso, massimo 230 parole, in lingua inglese. Entrambi devono contenere la parte centrale del tema trattato, il metodo di lavoro, i risultati e le conclusioni. Parole chiave Per facilitare la schedatura degli articoli indicare da 3 a 7 parole chiave per ogni articolo. Tali parole chiave, in lingua italiana ed inglese, debbono seguire i relativi sommari. Testo Gli articoli di ricerca dovranno essere comprensivi di: introduzione, descrizione del materiale, metodo di lavoro, risultati e discussione. L’introduzione deve riportare in modo conciso gli obiettivi dello studio. Il materiale e i metodi utilizzati devono essere descritti in dettaglio, mentre i risultati dovrebbero essere descritti in maniera succinta. La discussione deve essere limitata all’osservazione dei dati presentati. Articoli di rassegna bibliografica, casi clinici, descrizioni di nuovi stru- menti o procedure dovrebbero essere costituiti da: sommario, introduzione, testo e commenti. Bibliografia I riferimenti nel testo dovranno essere soltanto numerici e riportati con un corpo più piccolo ad apice. L’elenco dei riferimenti deve essere riportato in pagine separate del testo e dovrà essere redatto secondo le modalità sotto elencate, rispettando la punteggiatura e lo stile indicati: Articoli di riviste Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo dell’articolo, titolo della rivista abbreviato secondo le norme codificate, anno, volume, prima e ultima pagina in cui appare l’articolo. Nel caso che la numerazione delle pagine della rivista non segua un ordine annuale, accanto al numero del volume indicare, tra parentesi, anche il numero del fascicolo. Esempio di articolo da rivista Simmons PA, Tomlinson A e Seal DV. The role of Psedomonas aeruginosa biofilm in the attachment of Acanthamoeba to four types of hydrogel contact lens materials. Optom Vis Sci, 1998; 75: 860-866 Libri Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo e sottotitolo dell’opera con iniziali maiuscole, luogo di edizione, editore, anno, n. pagine. Esempio di libro Fletcher R e Still DC. Eye Examination and Refraction. Oxford, Blackwell Science, 1998, 58-60. Nel caso che si faccia riferimento ad un capitolo di libro: Woodward G. Clinical applications of contact lenses. In Edwards K. e Llewellyn R. Optometry. London, Butterworth, 1988, 486-500. Tutte le citazioni devono essere organizzate sulla base della numerazione del testo e non secondo l’ordine alfabetico. Illustrazioni Per illustrazioni si intende materiale come: fotografie, disegni, grafici, tracciati, ecc. La qualità delle immagini deve essere elevata, i disegni e i grafici professionali. Ogni illustrazione deve essere numerata con lo stesso numero citato nel testo. Sono accettate fotografie in bianco e nero mentre immagini a colori devono pervenire, preferibilmente, in diapositiva. Le immagini devono essere tutte corredate di didascalia. Il retro di ogni immagine deve riportare le seguenti informazioni: - titolo del lavoro - numero della figura - nome del primo autore e una freccia indicante la parte alta della fotografia. Organizzazione e spedizione del supporto magnetico È indispensabile che il file rispecchi le caratteristiche finali dell’articolo. L’etichetta del supporto deve riportare: - il nome dell’autore corrispondente - un titolo dell’articolo, eventualmente ridotto - il sistema operativo - il formato - il processore word utilizzato, con versione e numero Materiale aggiuntivo come tabelle, legende, bibliografia ecc. devono essere salvati su file individuali, uno per ogni categoria; particolarmente gradita è la preparazione di un file legenda. 32