Biomateriali [2] Riassunti M.C. Tanzi 01 - MATERIALI POLIMERICI: Proprietà Tipi di Polimerizzazione: A catena (per addizione): l’intera molecola del monomero diventa polimero Polimeri vinilici -> quando è presente un doppio legame CH2=CH2- nel monomero - PE (Polietilene) -> LDPE, HDPE, UHMWPE… - PP (Polipropilene) -> diverse configurazioni a seconda della posizione del –CH3 (atattico, isotattico…) – influenza cristallinità (più è regolare, più è cristallino). È idrofobo (perché -CH3 è idrofobo) e può essere ossidato facilmente. - PVC (Polivinilcloruro) -> Cloro può formare HCl, è rigido (quindi deve essere plasticizzato tramite plasticizzanti, tossici) => non può essere impiantato, usato per tubi ecc… - PST (Polistirene) -> Totalmente amorfo (x il benzene), è rigido e viene usato per piastre di coltura. - PTFE (politetrafluoretilene) -> Teflon (idrofobo a causa del F) o Goretex (espanso) - PAN (Poliacrilonitrile) -> usato come base di partenza per fare le fibre di carbonio - PVP (polivinilpirrolidone) -> (vedi Superpolimeri) Polimeri Acrilici -> presenza di un gruppo Estere (-COOR’) - R’ = -H -> Poliacrilati - R’ = -CH3 -> Polimetracrilati - R’ = -CH3, R = -CH3 -> Polimetilmetacrilati (PMMA) A stadi (per condensazione): coinvolge monomeri bifunzionali Es: Dialcol + Diacido -> Poliestere + H2O - Poliammidi - Poliuretani - Siliconi (base Si, inorganici) Configurazione: Lineare, reticolata, ramificata, dendritica Omopolimeri o Copolimeri (alternati, a blocchi, random…) Cristallinità: lamelle organizzate… - Polimeri cristallini (PP isotattico, HDPE, UHMWPE, Nylon, Kevlar, Poliesteri PET PLLA PGA…) - Polimeri amorfi (PMMA, PST, PC…) - Per T<Tm i Polimeri cristallini sono rigidi e tenaci, mentre per T> Tm sono plastici e flessibili. - Per T<Tg i polimeri amorfi presentano caratteristiche di fragilità - Polimeri cristallini sono più densi e quindi con una maggior resistenza meccanica, durezza, rigidità, resistenza al creep e stabilità - A parità di configurazione la cristallinità dipende dalla storia termica e meccanica del materiale (laminazione, stiramento e estrusione aumentano cristallinità) 1 Proprietà meccaniche: - Tenacità e resilienza - Tipi di fratture -> fragile, duttile, intermedia - Diagrammi stress-strain (in funzione di Temperatura e shear rate) - Fatica… - Elasticità, viscoelasticità (creep + stress relaxation), isteresi - Resistenza all’abrasione (basso attrito, bassa velocità di usura) - Permeabilità a gas e liquidi (alta permeabilità a O2 e CO2 bassa permeabilità a H2O e viceversa…) - Comportamento dinamico-meccanico (vedi DMA….) Degradazione: cambiamenti strutturali per effetti chimici, termici, ambientali e meccanici. Le materie plastiche cristalline resistono meglio a degradazione. - Ossidazione: formazione di radicali liberi (perossido POO•). Scissione di catene o reticolazioni -> deterioramento proprietà chimico-fisiche e meccaniche - Fotodegradazione: radicali liberi generati dall’interazione con luce UV o altro - Attacco Enzimatico: enzimi inducono idrolisi e ossidazione - Attacco chimico: interno al materiale, porta a rigonfiamento, rammollimento e diminuzione resistenza meccanica. Polimeri polari -> rigonfiano in acqua e altri solventi polari (-OH, -COOH, -NH2…) Polimeri non polari -> resistono ai solventi polari ma degradano in solventi non polari - Il calore favorisce il meccanismo degradativo - Il PP è molto suscettibile a degradazione a causa del carbonio terziario, forma gruppi Aldeidi (-CHO) e Carbossilici (-COOH) Sterilizzazione: mezzi chimici e fisici - Autoclave: Calore + vapore creano problemi per ossidazione termica e idrolisi. Agisce per denaturazione termica e ossidativa delle proteine. Bisogna stare attenti a Tm e Tg dei polimeri. - EtO: Agisce per alchilazione dei gruppi amminici delle membrane e degli acidi nucleici. Reazioni anche col materiale => necessaria areazione per eliminare residui assorbiti dal polimero (tossici) - Radiazioni ionizzanti (β o γ): agiscono ionizzando gli acidi nucleici, portando alla morte le cellule batteriche. Degradazione idrolitica + reticolazione nei polimeri => effetti sia negativi che positivi (UHMWPE reticolato…) 2 02 - MATERIALI POLIMERICI: Poliuretàni à segmenti (SPU) - Poliuretani Termoplastici a Segmenti (PTS o SPU) Macrodiolo + DiIsocianato + chain extender -> Legame uretano Separazione di fase: Amorfo – Cristallina -> a seconda della composizione soft-hard i PU presentano proprietà diverse - Utilizzati per: Cardiovascolare (tubi, sacche per sangue, ventricoli artificiali), suture, protesi vascolari… Metodi di Sintesi: - A Due stadi: ① [Macrodiolo + Isocianato] → OCN-prepolimero-NCO → ② (+ chain extender ) → SPU Devo calcolare rapporti stechiometrici precisi (diisocianato/macrodiolo = 2/1) , non devo avere gruppi isocianato residui. Procedimento in soluzione (aiuto di un solvente) - A Uno Stadio: (la nostra!!) ① [Macrodiolo + Isocianato + estensori di catena] → SPU Senza solvente (procedimento in massa) -> ottengo molecola lineare con segmenti casuali, è meno controllabile e più economico - Produzione industriale: processo in soluzione, discontinuo in massa, continuo in massa. Comportamento meccanico (elastomerico) --------> Tipi di Poliuretani - Poli-Estere-Uretani: legame estere nel segmento soft Elevata tenacità, resistenza meccanica e flessibilità. Elevati fenomeni degradativi (idrolisi) in vivo: non utilizzati per impieghi a lungo termine. - Poli-Etere-Uretani: legame etere (-O-) nel segmento soft Stabili all’idrolisi ma soggetti a degradazione ossidativa (ma solo in condizioni critiche, stress residui, spessori ridotti, elevato sforzo applicato…) -> environmental stress cracking (vedi slide) - Poli-Carbonato-Uretani: legame –OC=OO- nel segmento soft Più stabili all’ossidazione ma suscettibili di degradazione enzimatica (probabilmente…) - Co-Polimeri PU-siliconi: più stabili dei PU e con caratteristiche meccaniche migliori dei Siliconi. 3 Innovazione: Elastiomeri Biostabili Termoplastici => SIBS Stabilità a lungo termine favorita dall’assenza di gruppi che possono andare in contro a ossidazione, idrolisi (esteri, uretani, urea, etere, ammide…) e senza carboni terziari o secondari (per evitare la formazione di radicali liberi che portano a infragilimento e stress cracking). PIB (poliisobutilene) è biostabile ma non può essere reticolato e ha proprietà meccaniche basse Gomma butile (98% isobutilene + 2% isoprene): possibilità di fare crosslinking sull’isoprene ma non può essere impiantata a causa della tossicità dei reticolanti. => uso C secondari e quaternari alternati nella catena principale e C primari come gruppi pendenti! Poli(Stirene-block-Isobutilene-block-Stirene) “SIBS” Utilizzati come tubi di drenaggio x glaucoma (ad esempio), coating di stents a rilascio di farmacio per protesi valvolari biomorfe. 03 – MATERIALI POLIMERICI: màteriàli polimerici biodegràdàbili Vantaggi: - Non richiedono rimozione chirurgica - Permettono trasferimento graduale del carico (basso E), no stress-shielding - Possibile rilascio di farmaci durante la degradazione Applicazioni: fili di sutura biodegradabili, mezzi di oteosintesi (maxillofacciale), scaffold… Requisiti per un materiale biodegradabile: - Non deve evocare eccessiva risposta infiammatoria o effetti tossici a seguito dell’impianto - Deve avere un’accettabile shelf life (tempo prima che venga impiantato) - Deve avere prodotti di degradazione non tossici - Adeguato tempo di degradazione - proprietà meccaniche adeguate all’applicazione scelta - facilmente lavorabile e sterilizzabile Alcuni polimeri non degradano (hanno stabilità chimica) ma si sciolgono a contatto con i fluidi biologici. Meccanismi di degradazione nel corpo umano: - Idrolitico (per polimeri di sintesi), reazione con l’acqua - Attacco enzimatico (per polimeri naturali) Erosione: - Superficiale (diminuisce volume dall’esterno, usati per rilascio di farmaci) - Di massa (bilk erosion, diminuzione progressiva della densità) Poli-α-idrossiacidi: PLA e PGA - Erosione tramite idrolisi dei legami estere -> rilascio acido lattico e glicolico -> abbassano il pH, questo favorisce il meccanismo di idrolisi => per evitare eccessiva reazione infiammatoria devono essere smaltiti i prodotti di degradazione 4 - Monomero di partenza: Lactide. Apertura dell’anello tramite un iniziatore di polimerizzazione (R-OH) a concentrazione definita - Altri monomeri ciclici di partenza: Lactide (PD,L-LA, PLLA, PDLA), εCaprolattone, Glicolide. - Diversi tipi di iniziatori (contengono tutti un gruppo –OH) influenzano il peso molecolare e le proprietà chimico-fisiche del materiale ottenuto. (etanolo o alcoli superiori, idrossiacidi…) - Copolimeri PGA-PLA: copolimeri a blocchi o random, il tipo di microstruttura influenza cristallinità, solubilità, degradazione. In generale sono meno stabili degli omopolimeri. - In generale questi polimeri vanno in contro a Bulk Erosion. Degradazione idrolitica (in acqua) fa diminuire il peso molecolare nei primi giorni, solo successivamente avviene la perdita di massa. - PGA: cristallino (≈50%), Tg = 36°C, Tm = 225°C, termoplastico rigido, utilizzato nei fili di sutura riassorbibili, degradazione idrolitica inizia già dopo un giorno dall’impianto. Dopo 49 gg si osserva il 42% di perdita in peso. - PLA: Più idrofobico del PGA (ha il gruppo –CH3) e quindi più resistente all’idrolisi (degradazione dopo poche settimane) Differenza tra PL-LA (più cristallino e quindi degradazione più lenta: 2-5 anni) e PD,L-LA (amorfo, perdita di massa in 12-16 mesi) Policaprolattone (PCL): - Biocompatibile, basse proprietà meccaniche (molto flessibile), è semicristallino e facilmente processabile. - Utilizzato in sistemi a rilascio controllati di farmaci (tempo di degradazione: 2-3 anni). - Possibilità di fare Copolimeri con PDLA e molti altri. Polidiossanone - Semicristallino, idrofobico, usato per fili di sutura Poli-idrossi-Butirrato (PHB) - Poliestere prodotto da batteri come fonte energetica, semicristallino, degradazione idrolitica per erosione superficiale, velocità di degradazione più bassa dei polimeri sintetici. Può essere prodotto anche in via sintetica Fattori che influenzano la degradazione: - Struttura chimica e peso molecolare del materiale - Presenza di solventi o plastificanti - Presenza di difetti in catena - Tipo di configurazione (L, D, DL…) - Morfologia (cristallinità, ecc…) - Lavorazioni meccaniche e trattamenti termici - Sterilizzazione e conservazione prima dell’impianto - Individualità del paziente e tipo di impianto Lavorazione dei polimeri biodegradabili: - Condizioni anidre: per evitare degradazione prematura - Evitare stressi residui: la temperatura di lavorazione è prossima alla Tg dei materiali, possibile rilassamento (a 37°C) e modifiche della geometria. 5 - Modifica cristallinità sia durante la lavorazione che durante l’immagazzinamento che durante la degradazione Elevati sforzi di taglio (durante l’estrusione) aumentano degradazione Sterilizzazione: raggi γ riducono peso molecolare Metodi di lavorazione: Solution Casting, fiber spinning, separazione di fase, foaming, injection molding, estrusione, hot pressing… Bisogna prestare attenzione a umidità, temperatura, sterilizzazione… 04 - MATERIALI POLIMERICI: Càràtterizzàzione dinàmico-meccànicà Materiali visco-elastici: modello Elastico (Hooke) e viscoso (Newton) -> modello visco-elastico (Maxwell). Elastico -> σ = E ε Viscoso -> σ = η γ’ Analisi Dinamico-Meccaniche (DMA): è una tecnica di caratterizzazione volta a studiare le proprietà viscoelastiche dei materiali polimerici. Definizione dei parametri meccanici: ε(t) = ε0 sin(ωt) σe = σ0 sin(ωt) Elastico σve = σ0 sin(ωt + δ) = σ0 [sin(ωt )cos(δ) + cos(ωt)sin(δ)] σv = σ0 cos(ωt) Viscoso E* = E’ + i E’’ = σ(t) / ε(t) Viscoelastico Il modulo complesso (E*) è composto da due componenti: - Componente elastica (E’, storage modulus) -> energia immagazzinata E’ = E* cos δ = σ0 / ε0 cosδ - Componente dissipativa (E’’, loss modulus) -> energia dissipata (calore) E’’ = E* sin δ = σ0 / ε0 sinδ tan δ = E’’ / E’ (Fattore di perdita) E’ e E’’ in funzione della Temperatura Descrizione della prova e Output: - la DMA permette di determinare la variazione delle proprietà meccaniche (E*) al variare della - Temperatura, Frequenza di applicazione del carico (ω) e del tempo. - Vari tipi di afferraggi permettono di eseguire diversi tipi di prove: Tension mode (per film sottili e fibre) Compression mode (per materiali con basso modulo) Shear sandwich mode (per solidi soft, adesivi e elastomeri soft) Dual and single cantilever mode (prove a flessione per termoplastici e elastomeri) Three point bend mode (per materiali con alto modulo) 6 - Posso ottenere grafici del loss modulus o storage modulus (e anche tanδ) in funzione della temperatura (Rampa di temperatura). Si possono notare picchi e variazioni di pendenza del modulo in corrispondenza delle transizioni termiche dei materiali (Tg, Tm, transizioni secondarie) Altre tipologie di prova: - Diagrammi stress-strain (σ-ε) - Creep e Stress relaxation - Rampa di forza - Prove cicliche con carico oscillante (area di isteresi) - Prove cicliche a rampa di frequenza -> output: E’ e tanδ Reometro: Studia le caratteristiche dei materiali in termini di elasticità e viscosità. Viene studiata la relazione tra sforzo applicato (taglio) e deformazione ottenuta su un campione, ricercando le equazioni costitutive del materiale (in termini di deformazione γ, o shear rate γ’). La viscosità è definita come la resistenza interna du un fluido allo scorrimento. Dipende da vari fattori: se dipende solamente dalla temperatura, il fluido si dice Newtoniano (dal modello di Newton η = τ / γ’), se dipende anche da altri fattori (tempo, lo shear rate, o altro…) il fluido si dice Non Newtoniano. Parametri meccanici: Modulo = Stress/strain => G = τ / γ Viscosità = stress / Shear rate => η = τ / γ’ τ = Kσ •M γ = Kγ • θ γ’ = Kγ • Ω (K: è una costante dipendente dalla geometria) G =( Kσ •M ) / ( Kγ • θ ) η = ( Kσ •M ) / (Kγ • Ω ) Descrizione prova e Output: - Applico torsione al provino (τ) e rilevo deformazione - Diverso tipo di prova a seconda delle caratteristiche del provino (diverso K per ogni tipo, Slide 04): Cono-Piatto: usato per materiali con bassa viscosità, costanti di conversioni molto semplici, Shear rate omogeneo, necessità di poco campione Piatto-Piatto: campioni molto viscosi, preparazione campioni più semplice Cilindri concentrici Torsione Tipologie di prova: - Prove di Flusso (rotazione continua): determinazione di η in funzione dello shear rate o della temperatura. - Shear rate costate: misura viscosità a un determinato shear rate, dipendenza della viscosità nel tempo - Rampa continua di shear rate: misura della pseudoelasticità e del limite di scorrimento - Sollecitazione oscillatoria: determinazione dei parametri viscoelastici (E’ e E’’) in funzione della temperatura, frequenza e ampiezza di oscillazione - Risposta monitorata in termini di ampiezza e sfasamento rispetto alla forzante, possibilità di variare temperatura, frequenza, ecc… - Risposta scomposta in parte elastica (in fase) o viscosa (sfasata) - Rilevati G* = G’ + i G’’ (modulo complesso) e η* = G* / ω (viscosità complessa) [… ] -> Slide 04 7 - - Questi test devono essere eseguiti all’interno della Zona Viscoelastica Lineare (LVR) -> range di strain (zona di piccole deformazioni nel quale G’ e G’’ sono costanti al variare dell’ampiezza dell’oscillazione (risposta lineare). In questo modo è possibile correlare le caratteristiche strutturali del campione a livello macromolecolare con la performance del materiale Transitorio : creep-recovery o stress relaxation. 05 – MATERIALI POLIMERICI: Superpolimeri e tecnopolimeri MATERIALI COMPOSITI - Miscela di più materiali insolubili l’uno nell’altro (multifase) che contribuiscono con le proprie caratteristiche alle proprietà del sistema risultante - Fase discontinua (particelle o fibre -> RIEMPITIVO) + Fase continua (MATRICE) - Vantaggi: possibile combinazione di proprietà meccaniche (es: leggerezza + rigidezza, tenacità, ecc.) - Svantaggi: costo elevato, difficoltà di lavorazione e di riproducibilità -> grande varietà di proprietà meccaniche anche per lo stesso materiale - Proprietà determinate da: proprietà dei componenti, dimensione riempitivo, interfaccia matrice/riampitivo. Possono essere regolate variando la composizione del materiale. - Compositi di solito costituiti da: matrice in resina termoindurente + rinforzi in fibra (vetro o C) - MATRICE -> dà continuità al materiale e trasferisce le sollecitazioni e mantiene l’allineamento del riempitivo - Termoindurente = buona stabilità e caratteristiche meccaniche ma sono fragili - Termoplastiche = bassa stabilità dimensionale ma buona tenacità e lavorabilità - Superpolimeri o tecnopolimeri = utilizzo in ortopedia - Siliconi o idrogeli = flessibili e biocompatibili, utilizzati x la ricostruzione dei tessuti - Biodegradabili - RIEMPITIVO -> conferisce caratteristiche meccaniche elevate - Particelle = campo odontoiatrico - INTERFACCIA -> influenza comportamento meccanico del sistema, trasferisce le sollecitazioni dalla matrice al riempitivo. Serve buona adesione tra le fasi. Polivinilpirrolidone (PVP): l’anello a 5 gli conferisce sia solubilità in acqua che in solventi organici. Non è biodegradabile, è biologicamente inerte. Poliimmidi: - Legame ammidico con un chetone in più - Strutture lineari o eterocicliche - Elevate proprietà meccaniche e resistenza all’usura - Usati per strumentario medicale e per compositi per ortopedia (poco usate) 8 Polisolfoni: - Contengono il gruppo chimico -SO2- e strutture aromatiche nella catena principale - Sono termoplastici rigidi (a causa della ridotta mobilità dei gruppi aromatici) e tenaci (per i ponti ossigeno -O- che permettono rotazione) - Utilizzate per strumentazioni mediche, membrane per ossigenatori, e compositi in ortopedia (poco usati) Polietere-chetoni: - Termoplastici in cui gruppi chetonici (–C=O) si alternano a gruppi etere (-O-) - PEEK (polieter-eter-chetone): - cristallino (alte prestazioni), struttura aromatica (stabilità a radiazioni γ e β), rigidezza e resistenza in trazione, resistenza all’idrolisi, eccellente comportamento tribologico, molto costoso - applicazioni: tal quale, compositi avanzati resistenti ad alte temperature e per ortopedia - Compositi PEEK con additivi (fibre di carbonio o radiopacizzanti) -> compounding - PEEK-Optima -> usato per gabbie spinali, viti ossee, impianti d’anca, inserti di cotile (rinforzato con fibre di carbonio). 06 – STENT A RILASCIO DI FARMACI (seminàrio P. Pedeferri) Utilizzati per il trattamento delle malattie vascolari -> restringimento dei vasi (placche arteriosclerotiche) può portare ad Angina Pectoris o infarto del miocardio. Trattamenti: bypass coronarico, Angioplastica (palloncino), stent metallici, e Drug eluting stent (utilizzo in forte aumento). Procedura di intervento: - Necessità di trovare un punto di accesso (radiale, femorale retrogrado o anterogrado…) - Catetere guida raggiunge il sito di impianto grazie all’aiuto di un sistema radiologico - Angioplastica -> rigonfiamento di un palloncino (posto alla fine del catetere) che schiaccia la placca arteriosclerotica e libera il vaso occluso -> dimensioni del palloncino limitate e deve poi sgonfiarsi per poter essere rimosso - Utilizzo di STENT per mantenere il vaso aperto anche dopo l’angioplastica col palloncino Stent: - deve avere buona flessibilità (deve passare tratti tortuosi) - deve avere buona forza radiale (per resistere alla forza del vaso che tende a richiudersi) - deve essere biocompatibile - può essere Autoespandibile (inserimento nel corpo in posizione crimpata e poi riapertura per ritorno elastico) o Balloon expandable (con palloncino, più rigidi) -> preferiti i primi perche più flessibili 9 STENT A RILASCIO DI FARMACI: - Deve avere caratteristiche di Deliverability (facilità di utilizzo), Efficacy (devono risolvere il problema x cui sono stati creati) e Safety (non devono creare ulteriori rischi per il paziente) - Utilizzo di leghe Co-Cr -> maggior flessibilità e resistenza meccanica elevata (paragonabile a quella dell’acciaio) - Farmaco utilizzato: Everolimus -> agisce sul ciclo cellulare e ne blocca la duplicazione - Film di Fluoropolimero ricopre lo stent metallico: -> rilascio controllato del farmaco e ottima biocompatibilità -> fluoropassivazione (diminuisce risposta trombogenica locale a contatto col sangue) -> coating: primario (migliora adesione allo stent), Matrice (misto di polimero e farmaco), esterno (nel caso servisse per rallentare il rilascio del farmaco) Rottura degli stent: - Fatica: miglioramento dei materiali (utilizzo di NiTinol, proprietà di memoria di forma pseudoelastica), finitura superficiale e design dello stent (influisce sulla concentrazione degli sforzi -> con curve ampie non c’è picco inun punto specifico) per ridurre il rischio - Resistenza a flessione e compressione assiale Stent riassorbibili: - Acido polilattico (PLA) o copolimeri cotenenti anche Everolimus - Tre fasi: Rivascolarizzazione (0-3 mesi - resistenza meccanica adeguata al vaso ospite), Ripristino (312 mesi – perdita graduale della massa tramite Idrolisi, strutture incorporate nei vasi diventano discontinue) Riassorbimento (>12 mesi) - Obiettivo: graduale perdita delle proprietà di supporto e contemporaneo recupero della funzione vascolare di risposta agli stimoli fisiologici (strutturali, adattamento,..) 07 – VALVOLE CARDIACHE Valvole biologiche: - Fatte con una valvola aortica porcina montata su un supporto polimerico (PP o Delrin) che ne mantiene la forma oppure costituite da pericardio bovino deformato e montato su uno stent per mantenere la forma di una valvola naturale - C’è la necessità di avere uno stent di supporto e un anello tessuto per dare la forma, fissaggio in Glutaraldeide per evitare calcificazione e antigenicità Valvole biomorfe: - Costituite in materiale artificiale: Lembi valvolari in PU, Stent di supporto in PEEK rivestito con PU, anello di sutura in PU, Dacron o Teflon. - Mantenuta la struttura anatomica naturale e le condizioni di apertura e di chiusura fisiologiche - Possibile presenza di zone di calcificazione nei punti di discontinuità, bisogna stare attenti anche ai punti di contatto tra i foglietti e lo stent e allo spessore dei foglietti - Prototipi in Policarbonatouretano (PCU) -> performance in vico superiori a quelle biologiche - Prototipi in copolimero PU-Silicone 10 Valvole meccaniche (MHVs): - A gabbia: gabbia in stelite o lega di titanio, Palla in silicone, anello in teflon o dacron. Non più utilizzate per problemi di trombogenicità e eccessiva stenosi e insufficienza dovute alle dimensioni della palla - Tilting disc: disco in Delrin o carbonio pirolitico su grafite (migliora emocompatibilità), housing in lega di Ti o stellite, disco in Dacron o ePTFE. Meno trombogenica, stenotica e emolitica delle valvole a palla. - Bi-Leaflet: housing in lega di Ti, leaflet in Carbonio pirolitico, anello di sutura in PTFE + carbonio turbostratico - Rivestimento in PyC - punto critico a fatica: punti di ancoraggio dischi (problema di cedimento di schianto) - ottimizzazione dei profili fluidodinamici grazie a diversi design dell’housing e delle leaflet - cerniere lucidate a specchio per ridurre erosione - Carbonio pirolitico: tecnica PVD (Physical Vapour Deposition) per depositare PyC anche su supporti non in grafite STUDIO SULLE VALVOLE CARDIACHE MECCANICHE ESPIANTATE Per comprendere il funzionamento in vivo e l’interazione tra le MHVs e i tessuti biologici Meccanismi di fallimento: - Estrinseci: hanno come causa l’interazione tra dispositivo meccanico e i tessuti corporei - Trombo: dovuto alle caratteristiche superficiali (rugose) e al flusso ematico -> terapie anticoagulanti - Pannus: dovuto alla reazione infiammatoria, deposito di collagene, cellule endoteliali e macrofagi - Intrinseci: imputabile al design del dispositivo o alle proprietà dei materiali utilizzati, portano a un’alterazione dell’accoppiamento cinematico tra occlusore e housing => stenosi o insufficienza - Degradazione polimerica - Usura: abrasiva o per impatto - SCHEDA VALUTATIVA RIASSUNTIVA: 1. Preparazione: - Conservazione della valvola con i tessuti ad essa annessi e documentazione sulla disposizione dei tessuti - Test del movimento dell’occlusore - Eliminazione dei tessuti biologici 2. Documentazione: - Analisi macroscopica (fotocamera digitale e stereomicroscopio), microscopica (SEM) e chimica (EDS) - Analisi dimensionale dell’housing (circolarità…) 3. Analisi supplementari: - Analisi microscopica sull’occlusore e sull’ousing 4. Confronto con dati clinici - Vari esempi: […] VEDI SLIDE -07- 11 08 – PROTESI VASCOLARI RESINE ACETALICHE: - Possiedono il gruppo –cH2-O- nella catena principale - Poliossimetilene (POM) -> è l’omopolimero più ssemplice, presenta solo questo gruppo come unità ripetitiva -> è il Delrin - Il POM è un polimero lineare, cristallino, resistente a molti agenti chimici e elevata stabilità, durezza, tenacità. È utilizzato come componente di apparecchiature e strumenti. Struttura dei vasi ematici: […] Patologie dei vasi arteriosi: - Stenosi: restringimento del diametro dell’arteria a causa di un coagulo o di una placca arteriosclerotica - Aneurisma Tipologia di intervento: - Interno -> stent - Esterno -> bypass (circuito parallelo) Protesi vascolari: sono dispositivi medici permanenti atti al ripristino dell’efficienza vascolare - Fattori che influenzano il funzionamento dei grafts: - Legati al paziente: luogo di impianto, estensione della patologia, fattori di rischio, … - Legati al graft: materiale, design - Legati all’intervento chirurgico - La durata del graft deve essere maggiore dell’aspettativa di vita del paziente e il suo utilizzo non deve creare reazioni indesiderate diverse da quelle che il paziente riesce a contrastare - Piccolo calibro (diametro <6mm): - Superficie liscia e a basso attrito -> per evitare turbolenze di flusso, ristagno e quindi trombosi - Dimensioni e proprietà meccaniche simili a quelle delle arterie da sostituire (stesse proprietà elastiche e di compliance) - Medio-grosso calibro (d > 7mm): utilizzate per sostituire aorta e le sue diramazioni - Velocità di flusso elevata -> piccola percentuale di sangue entra a contatto con le pareti => bassi fenomeni trombogenici Materiali utilizzati: - Vasi e tessuti naturali (autograft e allograft o eterograft): pareti dei vasi devitalizzate, in vivo vengono rimpiazzate da tessuto fibrotico scadente. Trattamento in glutaraldeide per fissarle -> elimina antigenicità e aumenta caratteristiche meccaniche e stabilità - Vena Safena autologa: ottimale per by-pass arteriosi con d<6mm (arterie cardiache e periferiche) ma limitata disponibilità dei siti donatori. Vantaggi: proprietà meccaniche adatte, assenza di colonizzazione batterica - Arterie autologhe (iliaca esterna o ingterna, femorali superficiali, mammaria interna): dimensioni spesso non adatte e limitata disponibilità - Allograft venosi: usati per riparare arterie periferiche, by-pass aorto-coronarici. Problema del rigetto, conservazione e dell’imprevedibilità delle proprietà meccaniche - Arterie allologhe: prelevate da cadaveri, elevati fenomeni degenerativi -> poco usate 12 - Materiali artificiali: tessuti (Dacron – PET), Espansi (Goretex – PTFE), Microporosi (PU), Rivestimenti (carbonio turbostrato o idrogeli). - Dacron: utilizzate per la sostituzione di vasi a medio-grosso calibro (>8mm) con un follow-up di 15-20 anni. Può essere Woven (intrecciato), Knitted (tessuto, warp o weft). Tessuti woven hanno bassa porosità e elevata rigidità. Tessuti knitted weft sono molto porosi => necessità di pre-coagulazione per evitare sanguinamento eccessivo. - PTFE: teflon tessuto (knitted meglio del woven) - PTFE: Goretex espanso. Sostituto di arterie a medio calibro (6-7mm), seconda scelta rispetto ai sostituti biologici. Struttura espansa realizzata tramite stiramento ad alte temperature. Scarsa compliance, assenza di formazione di endotelio (mancanza di rigenerazione fisiologica dei vasi -> fenomeni di colonizzazione batterica), elevata trombogenicità in condizioni di basso flusso => tentativi per rendere superficie interna più idrofila (PyC). Elevatissima biostabilità in situ. - Problematiche comuni: invecchiamento rapido per protesi biologiche. Degradazione delle protesi biologiche trattate e in dacron. Infezioni. Rottura dei graft in poliestere. Lacerazioni in prossimità dei punti di sutura. Trombosi si preferisce usare: - per vasi di piccolo calibro: Autograft o allograft (con possibile approccio biomimetico) - per vasi di medio-grosso calibro: graft sintetici (Dacron o Goretex) - Materiali alternativi: - PU: polimeri a blocchi (grande variabilità di proprietà meccaniche: possono essere flessibili, rigidi, semirigidi a seconda della composizione). Hanno elevata emocompatibilità, resistenza all’abrasione e elevate proprietà meccaniche e di resistenza a fatica. Infine hanno caratteristiche chimico-fisiche e di compliance opportune per il tipo di necessità - Siliconi: biostabili, biocompatibili, ma scarse proprietà meccaniche. - Copolimeri PU-Siliconi: migliore biostabilità 09 – POLIMERI SMART Materiali Smart: sono materiali che rispondono con una variazione significativa di una proprietà sotto l’applicazione di una “driving force” esterna. - Input: Variazione di temperatura, campo magnetico, luce, reazioni chimiche - Risposta: variazione di lunghezza, viscosità, conducibilità elettrica, ecc… - Esempi: Leghe a memoria di forma (SMA), materiali piezoelettrici, elettroattivi, elettroreologici, polimeri smart… - Polimeri smart: idrogeli, fluidi ER, conduttori, piezoelettrici, a memoria di forma (SMP) SHAPE MEMORY POLIMERS - Rispetto alle SMA: bassa densità, facile controllo della temperatura di recovery (Tg), facile di processabilità, bassi costi -> meccanismo completamente diverso (si gioca con le transizioni termiche dei polimeri: Tm e Tg), ma stesso effetto - Sono materiali semicristallini: per dare la forma temporanea deformo la fase amorfa (anche scaldandolo un po’). La fase cristallina invece mantiene dei “punti fissi” di richiamo (netpoints) ed è quella che “ricorda” la forma permanente. 13 - - - Temperatura-elasticità: (vedi immagine) intervallo termico molto stretto (Tg ± 2°C), transizione molto veloce -> il materiale diventa subito molto più deformabile dopo un piccolo ΔT Temperatura-permeabilità: variazione della permeabilità in funzione della temperatura, dipende da cosa succede alla struttura macromolecolare durante la transizione termica -> ad alte T, il materiale passa da isolante a permeabile (le macromolecole del SMP sono più libere di muoversi e il fluido può scorrere all’interno). Diversi effetti: straight to curved, curved to straight, flat to round, diameter variation… Meccanismo di recupero: 1. Deformazione a velocità e T costante 2. Raffreddamento a carico costante 3. Rimozione del carico (forma temporanea) 4. Recupero forma per riscaldamento - SMP come biomateriali: modulo fortemente dipendente dalla temperatura => transizioni termiche definite portano a cadute drastiche delle proprietà meccaniche => molto controllabili - Memoria di forma photo-responsive: indotta da luce, alcune molecole sono trasformate in altri isomeri mediante foto-irradiazione, poi ritornano allo stato iniziale termicamente o fotochimicamente. - Materiali thermal-responsive: modulo fortemente dipendente dalla temperatura => può essere inserito nel corpo rigido e poi, scaldato, diventare più flessibile -> esempio: catetere intravenoso o sistemi di rimozione coaguli (attivati mediante laser) - Altre applicazioni: - Fili per ortodonzia (vantaggi rispetto alle SMA superelastiche: sfrutta la temperatura) - Lenti a contatto (a contatto con l’occhio si ammorbidiscono diventando più confortevoli) - Fili di sutura (procedura di sutura più semplice: “autotirante”) - Endoprotesi vascolari VARI ESEMPI: […] - SLIDE 09 – 10 – OFTALMOLOGIA Anatomia dell’occhio 1. Cornea: - Tessuto non vascolarizzato, trasparente con le funzioni di protezione e rifrazione della luce UV - Epitelio: 5 strati cellulari rinnovati costantemente dalla proliferazione delle cellule staminali 14 - Stroma: formato da fibroblasti , occupa il 90% del volume totale della cornea Endotelio: strato monocellulare, non è in grado di rigenerarsi 2. Pupilla: buco da dove entra la luce 3. Iride: muscoli che regolano apertura pupilla 4. Cristallino: lente 5. Retina: composta dai fotorecettori 6. Corpo vitreo: riempie parte posteriore del’occhio 7. Sclera: compiti strutturali e protettivi 8. Nervo ottico: trasmette impulsi nervosi 9. Corpo ciliare: mette a fuoco il cristallino 10. Coroide: membrana tra sclera e corpo vitreo 11. Bulbo oculare 12. Papilla del nervo ottico 13. Muscoli oculomotori Patologie: - Patologie corneali (opacizzazione, cecità) - Cataratta: offuscamento del cristallino - Glaucoma: malattia del nervo ottico (degenerazione delle fibre) - Maculopatia: degenerazione cellule della retina - Retinopatia diabetica: danneggiamento dei capillari della retina dovuto a diabete Materiali utilizzati: (trasparenti e fluido-compatibili) - PMMA (lenti a contatto tigide, cheratoprotesi, globi oculari atrificiali) - Idrogeli (lenti a contatto morbide, intraoculari, …) - Sililconi (lenti a contatto, corpo vitreo artificiale, …) - Teflon e Dacron Cornea artificiale - Utilizzata per pazienti con grave opacità corneale o per pazienti con alto rischio di rigetto in seguito a trapianto corneale. - Limiti per protesi polimeriche: scarsa integrazione e rimodellamento impianto - Soluzione ideale (teorica): materiale in grado di sopportare l’adesione e la crescita dell’epitelio corneale -> Tissue engineering - Onlays (parte dell’epitelio asportato e rimpiazzato da lente, biointegrazione permette la ricrescita dell’epitelio sopra la lente) o Inlays (impianto all’interno dello stroma) sono fabbricati con biomateriali che imitanola superficie trasparente della cornea x correggere permanentemente gli errori di rifrazione della cornea -> PHEMA o PFPE (perfluorpolietere) ricoperto di collagene - Cheratoprotesi: forma più simile alle caratteristiche fisiologiche, costituite da una zona ottica centrale in PDMS e una zona concentrica esterna macroporosa in PTFE ricoperte da PVP, oppure entrambe in PMMA Lenti a contatto: - Poste sulla superficie dell’occhio, circondate da film lacrimale e a contatto con l’epitelio corneale - Devono avere determinate proprietà meccaniche(flessibilità, resistenza e stabilità dimensionale), trasmettere adeguate quantità di O2 e CO2, devono avere adeguate proprietà di bagnabilità e di formazione di depositi e infine devono trasmettere la radiazione della luce visibile e UV 15 - Permeabilità all’ossigeno (P = D*k), esprime la capacità intrinseca delle lenti a lasciar passare l’O2, indipendentemente dallo spessore (D = diffusività [cm2/s], k = coeff di solubilità nel polimero [VO2/Vpoly]). Trasmissibilità dell’ossigeno (D*k/t, dove t è lo spessore della lente [mm]). Elevato Dk risolve numerosi problemi ma comporta una maggior danneggiabilità del materiale in fase di lavorazione, inoltre è necessaria l’aggiunta di monomeri idrofilici per rendere il materiale più bagnabile. - RIGIDE -> gas impermeabili (PMMA) -> gas permeabili (semirigide) - MORBIDE -> elastomeri (silicone) -> Idrogeli (basso o alto contenuto di H2O, Ionico o non ionico) -> biopolimeri (proteine o polisaccaridi) - Frequenza di ricambio : convenzionale, programmato, monouso (giornaliero o prolungato) - Vantaggi del ricambio frequente: ridotto accumulo depositi, riduzione complicanze - Svantaggi del ricambio frequente: parametri limitati, costi lievemente maggiori - Vantaggi monouso: no manutenzione - Svantaggi monouso: costo elevato, minor biocompatibilità - Lenti a contatto rigide: - PMMA (Dk=0): stabilità dimensionale, facilità di lavorazione, cross-linking aumenta resistenza ai graffi - Acetato-Butirrato di Cellulosa (CAB, Dk = 4): ridotto Dk, bassa resistenza all’abrasione, ridotta stabilità dimensionale - Polistirene (Dk = 14): leggere, elevato indice rifrazione, utilizzato x esterno di lenti bride con idrogeli - Poliossisilossano metacrilato: copolimero, aggiunta di polimeri a base F per aumentare permeabilità al gas (grazie al 40-50% di F nel materiale) e stabilità dimensionale - Lenti a contatto morbide: - Idrogeli: classificazione Filcon, FDA - Recentemente sviluppate lenti in copolimeri complessi con fasi separate (una permeabile all’ ossigeno e una all’acqua per avere maggior motilità sull’occhio) Lenti intraoculari - Impiantate senza la rimozione di tessuto corneale attraverso una piccola incisione sulla cornea. - Costituita da materiale biocompatibile e può essere considerata una lente a contatto permanente all’interno dell’occhio. Deve essere trasparente e deve permettere una efficace convergenza dei raggi luminosi, facilitandone la messa a fuoco - PMMA: elevata trasparenza e indice di refrazione, ma è idrofobico e questo può portare a alcuni problemi di adesività -> modifiche superficiali - IOL pieghevoli (idrogel): resistenti alla degradazione, ottima biocompatibilità, minimo danno endoteliale ma causa distorsione ottica - Futuro: IOL iniettabili 16 11 – SPERIMENTAZIONE CLINICA (seminàrio L. Rimondini) La sperimentazione clinica è una ricerca scientifica volta a pazienti, con lo scopo di identificare risposte specifiche a nuove terapie o procedure o a nuove modalità di utilizzo di terapie già note. - Sono molto lunghe: risultati solo a lungo termine - Sono difficili: ha a che fare con esseri umani che devono essere sottoposti a trattamenti nuovi e non sempre è facile convincerli… La sperimentazione clinica è necessaria per ottenere l’autorizzazione a mettere in commercio o a tenere sul mercato un determinato dispositivo. Si esegue sperimentazione clinica su: - Prodotti medicinali: vanno sul mercato solo dopo che hanno ottenuto l’autorizzazione in seguito ai test - Dispositivi medici: vengono inseriti in diverse classi a seconda dell’invasività del dispositivo -> a seconda della classe in cui sono inseriti i devices, necessitano o non necessitano della sperimentazione clinica per poter essere commercializzati Concetto di BIAS: distorsione dei risultati a causa di qualche condizionamento o errore sistematico - BIAS di selezione del paziente: scelta di sottoporre al trattamento alcuni pazienti piuttosto che altri, scelta del paziente anche a seconda degli effetti collaterali del farmaco… - BIAS anche per il tipo di sintomatologia trattata: sintomi più gravi portano a risultati diversi rispetto a quelli che si avrebbero a seguito di trattamenti su pazienti con sintomi meno gravi - Mascheramento: operatore e paziente non devono sapere se la terapia appartiene al gruppo di controllo (effetto placebo) oppure al gruppo con la terapia effettiva -> si rischia di sovrastimare i risultati - Effetto Sharm: paziente (o animale) viene operato comunque ma non gli viene innestato il dispositivo, per annullare alcuni aspetti riguardanti l’innesto del device - Effetto placebo e effetto sharm devono essere considerati negli studi osservazionali e devono essere pianificati negli studi sperimentali controllati - Inoltre bisogna tenere conto anche della Compliance (pazienti che smettono la terapia) e dei Dropouts (pazienti che non si ripresentano ai controlli) nel trattamento dei dati per evitare ulteriori Bias Tipologie di studio: 1. Studi osservazionali: osservazione di gruppi rispetto ad una variabile di raggruppamento (osservo quello che succede a dei pazienti senza che io gli abbia fatto alcuna terapia es: obesità in un determinato luogo, ecc.). Possono essere descrittivi (es: case reports) o analitici (es: cross sectional) 2. Studi sperimentali: RCT, studi randomizzati controllati. Può essere controllato (su alcuni pazienti si eseguono terapie di controllo, mentre su alcuni non è possibile effettuarle) o non controllato. Criteri di arruolamento: - OPT-out o OPT-in: possibilità o non possibilità a ricontattare i pazienti - Criteri di inclusione: es. età, sesso, definiti stages malattia… - Criteri di esclusione: es. donne in gravidanza… Definizione End Points: sono ciò che i ricercatori si sono riproposti di misurare. Possono essere Hard (Si o No, non suscettibili di errori es. decessi o fratture) o Soft (modulabili con una scala di valori, difficile trarne conclusioni certe). Generici, specifici, primari, secondari. 17 Definizione numerosità campionaria: - Errore alfa: probabilità di rigettare come falsa una ipotesi vera -> test statistici (p-test) - Errore beta: accettare come vera una ipotesi falsa (caso peggiore) -> dipende dalla “potenza” dello studio - Misure statistiche: - Rischio assoluto (AR) - es. #decessi/#casi - Rischio relativo (RR) ad una altro studio… - Riduzione del rischio assoluto (ARR) – (AR – RR = ARR) - Number need to treat (NNT) – numero di pazienti da testare per non avere un malato in più (1/ARR) - ODD – probabilità del non evento Fasi della sperimentazione clinica - Fase I: valutazione della sicurezza in termini di dosaggio e di effetto biologico di una nuova terapia - Fase II: ulteriore valutazione della sicurezza e dell’efficacia del trattamento - Fase III: conferma dell’efficacia a lungo termine confrontando la nuova terapia con lo standard della pratica clinica - Fase IV: applicazione su varie popolazioni Iter procedurale comprende la presentazione della domanda all’autorità competente e a un comitato etico, un silenzio assenso di 60gg e un diniego per considerazioni di ordine sanitario o pubblico Sperimentazione Pre-Clinica - Scelta del modello animale, progettazione della sperimentazione, richiesta autorizzazione ministeriale e del comitato etico, inizio sperimentazione - Test per: irritazione e sensitizzazione, tossicità sistemica, genotossicità e carcinogenicità, emocompatibilità 12 - ANALISI BIOCOMPATIBILITA Test per valutare biocompatibilità del materiale. Regolamentati strettamente (ISO 10993) su tutto quello che riguarda questi test. - Biosicurezza: esclusione di possibili danni seri causati dal materiale a carico dell’organismo ospite - Biofunzionalità: capacità del biomateriale di stimolare nell’ospite la risposta desiderata per la specifica applicazione Test in vitro - Valutare citotossicità, mutagenicità e carcinogenicità o compatibilità con uno specifico tessuto biologico (sangue ecc…) - Cellule Primarie (prelevate e isolate dal paziente): parametri biologici più realistici ma ho difficoltà di reperibilità - Cellule immortalizzate (derivate da colture di tumori, molto resistenti): cellule standard, riproducibili, molto facili da reperire, ma alterazione dei parametri di cerscita - Test di Citotossicità Indiretta - Materiale da testare posto a contatto con il terreno di coltura (eluato) -> coltura delle cellule nell’eluato e vedo se resistono o meno 18 - Test di Citocompatibilità Diretta - Coltura delle cellule direttamente sul materiale da testare - Dà informazioni su come stanno le cellule dal punto di vista morfologico (attacco cellulare, adesione cellulare, proliferazione cellulare, funzioni specifiche per il tessuto considerato, biofunzionalità) tramite tecniche di microscopia - Sostanze tossiche rilasciate dal materiale sono a basso peso molecolare -> derivano da Lavorazione, degenerazione, sterilizzazione del materiale. - Biofunzionalità in vitro -> funzioni biosintetiche (saggi specifici per ogni tipo di materiale testato) Test in vivo - Test non funzionali - Il materiale viene passivamente impiantato in una forma specifica in un tessuto (sottocute o intramuscolo) per un breve periodo - Valutano risposta generica dell’organismo ospite al materiale - Es: valutazione della formazione della capsula fibrotica, infiammazione - Test funzionali - Il materiale è impiantato in modo da ricoprire almeno in parte la funzione che dovrà avere nell’uomo (studi a lungo termine, molto costosi e complessi) - Non esiste un modello ideale ma il più adatto per una specifica applicazione - Materiale “passivo-inerte” -> formazione di capsula fibrotica intorno al materiale come reazione a corpo esterno - Tecniche Istologiche per valutare la risposta biologica al materiale in vivo - Riparazione in presenza dei detriti di usura (UHMWPE) –> smaltimento dei detriti di usura se sono in quantità contenuta la reazione è tollerabile e i detriti vengono allontanati dal luogo e immessi nel circolo linfatico. Allontanamento deputato al cellule macrofaghe. Le particelle con diametri superiori al diametro limite (40-80 μm) sono fissate in loco da un fascio fibrotico cicatriziale (+ vedi Slide 12) 13 – Adesione Bàttericà (seminàrio L. Visài) Microorganismi responsabili delle infezioni per le protesi: Muffe e lieviti (10%) e batteri - Batteri: Gram Positivi (responsabili della formazione dei Biofilm) o Gram Negativi. Differiscono per le caratteristiche di membrana -> diversi metodi di rimozione. - Gram +: Stafilococchi Coagulasi Negativi (CNS), staphylococcus aureus (SA) possono infettare cateteri, valvole cardiache, shunt per emodialisi, protesi di anca o ginocchio… - Gram - : Escherichia coli, pseudomonas. Possono portare a infezioni dei dispositivi renali Adesione batterica e formazione di Biofilm - Biofilm: grossa colonia di batteri appiccicati tra di loro. Sono difficili da rimuovere poiché l’antibiotico riesce ad aggredire solo la periferia del biofilm. 19 I. Adesione del batterio alla superficie del materiale - Superfici non rivestite (Ia): dipende da forza fisiche (van der Waal’s), gravitazionali, interazioni elettrostatiche e da legami superficiali (interazioni specifiche) - Superfici rivestite da proteine (Ib): alcune proteine (fibronectina, fibrinogeno, ….) facilitano la colonizzazione di quei batteri che espongono i recettori specifici per quelle proteine. - Quorun Sensing: alcune molecole secrete dai batteri che servono per “comunicare” tra batteri appartenenti allo stesso ceppo o a ceppi diversi. Sistema agr funziona come regolatore della formazione di biofilm. II. Formazione del Biofilm - Formazione di “clusters” di cellule multistratificato all’interno del quale l’interazione cellulare è fortemente dipendente dalla produzione di una sostanza extracellulare appiccicosa - Può essere Polisaccarico o Proteico. I biofilm contengono acido teicoico e DNA. - Uso di CLSM (microscopia a laser) per visualizzare il biofilm. I batteri sono colorati con cristal violetto e poi viene letta una determinata lunghezza d’onda dal microscopio. - Se il biofilm è trasparente: determinazione dello spessore tramite analisi al microscopio - Se il biofilm è spesso e opaco: criosezionamento del biofilm (Il campione viene fissato con la paraformadeide e colorato direttamente sul campione sul quale è cresciuto. Si copre con una resina, si congela e quindi si provvede a fare delle sezioni che poi sono osservate al microscopio) Metodi per determinare se una superficie è adesiva per i batteri: - Coltivazione dei microorganismi su terreno liquido o solido e poi valutazione della curva di crescita batterica, determinazione spettrofotometrica del numero di batteri. - Metodi diretti: microscopia ottica, a fluorescenza (per biofilm sottile), SEM, CLSM (per biofilm di spessore 3-4 μm) - Utilizzo di coloranti specifici per individuare acidi nucleici e di coloranti vitali (integrità di membrana) -> test MTT Cellule rimosse dalle superfici (tramite scraping, lame piatte, biglie di vetro e poi ultrasuoni per omogenare) e poi valutate (determinazione dell’attività antibatterica CFU/cm2) 14 – MATERIALI E TERAPIE ANTIBATTERICHE I dispositivi più coinvolti nelle infezioni sono quei dispositivi legati a sangue e urine (cateteri venosi e urinari, valvole cardiache meccaniche, impianti ortopedici e spinali, …). I batteri responsabili di questo tipo di infezioni sono principalmente lo Staphylococcus Aureus, S. Epidermis, Pseudomonas Aeruginosa, Candida albicans, ecc… L’adesione batterica è influenzata da: 20 - Fattori batterici: capacità dei microorganismi di aderire alle superfici polimeriche - Fattori Polimerici: adesione dipende anche dal tipo di polimero e dalla superficie - Tessuto ospite Infezioni batteriche sui biomateriali: - Adsorbimento reversibile dei batteri sulla superficie - Attacco irreversibile dei batteri sulla superficie - Crescita e divisione dei batteri - Produzione di esopolimero e formazione di Biofilm - Sviluppo comportamento multicellulare: aggregazione di altri organismi al biofilm Il Biofilm è costituito da Batteri + Slime. Lo slime è una sostanza extracellulare mucillaginosa di origine proteica e saccaridica ed è prodotto da alcuni batteri (S. epidermidis, S. aureus, …). È responsabile della coesione tra i germi e della creazione degli strati di cellule batteriche. La formazione di un Ascesso Batterico porta a un aumento della resistenza del biofilm batterico: cambiamenti morfologici nel biofilm, ridotta crescita batterica (aumento resistenza agli antibiotici), cambiamenti genetici, aumento della resistenza del biofilm con il tempo. Solitamente i batteri che entrano nel corpo sono fagocitati dai macrofagi. Come prima cosa gli invasori sono marcati da anticorpi o fattori del complemento (opsonizzazione). La zona Fc dell’anticorpo che ricopre il batterio viene riconosciuta dai recettori specifici del macrofago che quindi riesce a fagocitare ed eliminare (grazie a pH basso, radicali liberi, perossido di H, ecc. ) gli invasori. Tuttavia i batteri hanno sviluppato alcune strategie per inibire i processi che portano alla marcatura dei batteri e quindi riescono a bloccare il sistema immunitario: - L’adesione al substrato può proibire la completa opsonizzazione della membrana batterica - La matrice polisaccaridica o liposaccaridica di alcuni microorganismi impedisce l’opsonizzazione o l’attacco del sistema del complemento - La secrezione di alcuni enzimi riesce a degradare anticorpi (IgG) e proteine del complememto - I segnali del Quorun Sensing possono uccidere i macrofagi Quindi per eliminare il rischio di infezione batterica bisogna bloccare a monte la formazione del Biofilm tramite: - Pre-condizionamento del substrato (cambiamento chimico e della topografia della superficie, superfici non-fooling – non-adesive) - Deposizione cellulare (cellule pre aderite alla superficie limitano l’adesione batterica) - Adesione reversibile da parte dei batteri - Utilizzo di antibiotici per rimuovere batteri Non-fooling coatings: - Modifiche superficiali (coating particolari) non permettono l’adesione dei batteri sulla superficie - Fatti con tecniche di gas plasma - Rivestimento superficiale con polimeri zwitterionici (che contengono sia cariche + che cariche -), hanno un effetto antibatterico Approccio antibatterico: - Si attaccano antibiotici o altri composti (Ag+, ossido nitrico) sulla superficie del materiale oppure li inserisco all’interno (drug eluting systems) - Rilascio controllato di antibiotici: deve essere costante nel tempo e sufficiente a uccidere i batteri Inibizione Quorun Sensing: 21 - Coating con un polimero biodegradabile che produce come prodotti di degradazione dei segnali (acido Salicilico) analoghi al quorun sensing, inibendo quello vero del batterio. - Poli-Aspirina degrada in acido salicilico, all’inizio era stato creato come antidolorifico ma poi è stato utilizzato anche come inibitori del quorun sensing Perturbatori del ferro: - Il fatto che le difese dell’ospite limitino fortemente il ferro disponibile e l’importanza del Ferro nel processo infettivo, suggeriscono che gli organismi invasori potrebbero essere vulnerabili a interventi che disturbino il metabolismo del Fe. - Il Gallio può disturbare i meccanismi Fe-dipendenti poiché, a differenza del Fe3+, il Ga3+ non può essere ridotto. Aumento difese immunitarie (fagocitosi) – “opsonine artificiali” Argento: - Utilizzato per le sue proprietà antisettiche - Presente in molte forme differenti: ioni, sali, ecc. Agisce sia su batteri che su muffe, ma risulta attivo anche sul biofilm. - Tecnologia Slip-Coat - Tecnologia OLIGON (polimeri compositi contenenti particelle di argento e platino) - Tecnologia AgION (trattamanto antibiotico inorganico, argento legato ionicamente a una ceramica bio-inerte, fornisce protezione a lungo termine contro le infeizoni) 15 – PROTESI MAMMARIE Mastoplastica Additiva (per scopo estetico) o mastoplastica ricostruttiva (per recuperare anche aspetto psicologico e bilanciamento del peso dopo un intervento di mastectomia. Mastoplastica Ricostruttiva (procedura a due stadi): 1. Espansore tissutale (guscio in elastomero di silicone + valvola esterna o interna in materiale ferromagnetico): serve per preparare i tessuti a sopportare il peso della protesi che verrà inserita in seguito. Viene riempito per ¼ del suo volume al momento dell’inserimento e poi pian piano viene riempito del tutto (massimo in 2 anni) con fisiologica. Questo procedimento non riguarda i casi di mastoplastica additiva, ma solo nel caso di ricostruzione. 2. Inserimento della protesi Modalità di inserzione (scelta dal chirurgo in base a vari fattori): dietro la ghiandola mammaria, inserzione sub-muscolare, dual plane (dietro il muscolo pettorale nella parte alta e dietro la ghiandola mammaria nella parte bassa) Attualmente le più utilizzate hanno riempimento in gel di silicone o soluzione salina o a doppio lume (entrambi) con guscio in silicone reticolato e superficie esterna liscia o texturizzata. Riempimento: - Olio di Soia: utilizzato nel passato. Riempimento con sostanze naturali, non dannose ma i prodotti di degradazione dell’olio si sono rivelati tossici per l’organismo. Inoltre questi prodotti di degradazione penetravano nel guscio e lo indebolivano, causandone rottura. Per questi motivi sono state ritirate dal mercato. 22 - PVP-Based (Hydrogel): gel di idrocolloidi con struttura chimica derivata dal PVP e guscio in elastomero di silicone. Risolti i problemi di assorbimento di liquidi degli anni passati, rimangono tuttavia problemi riguardanti l’incidenza della contrattura capsulare. - Soluzione salina: inserite in sede senza riempimento e riempite solo in seguito fino al volume finale desiderato tramite valvola. Risultano essere più comprimibili => maggior facilità di inserimento e chirurgia meno invasiva. Ma presentano una vita media minore rispetto a quelle in silicone. - Silicone: le prime generazioni avevano problemi di Contrattura capsulare e fragilità strutturale ma l’introduzione di gel ad alta densità e di un guscio multi-layer più resistente hanno risolto questi problemi. Vantaggi: minor Bleeding (fuoriuscita del gel), minor incidenza contrattura capsulare, vita media più elevata, maggior mantenimento della forma. Però risultano molto costose (1200-1300€) - Protesi a doppio lume: nucleo interno in soluzione salina e strato esterno in gel di silicone con gusci molto resistenti al bleeding. Presentano le caratteristiche migliori delle due altre tipologie di riempimento, tuttavia risultano poco utilizzate anche a causa dell’elevato costio. Texturizzazione: processo industriale per rendere irregolare la superficie delle protesi e diminuire la formazione della capsula fibrotica. Presenta una struttura a pori aperti ottenuta applicando sul guscio esterno un sottile strato di sale (bombardamento con cristalli di NaCl). In passato erano ottenute tramite un coating con PU, ma è risultato essere cancerogeno. Maggiori complicazioni: - Contrattura capsulare: formazione di una capsula fibrotica attorno all’impianto che si contrae e provoca dolore e possibile danneggiamento dell’impianto. Può essere ridotta del 50% se il sito di impianto viene trattato con terapia antibiotica. - Rottura dell’impianto: può provocare migrazione all’esterno della capsula fibrotica del riempitivo in silicone (extracapsulare). Causate da: contrattura capsulare, errori chirurgici, protesi di vecchia generazione, invecchiamento della protesi… - Invecchiamento della protesi: porta a perdita di consistenza (dereticolazione del gel in silicone), pessimo risultato estetico, calcificazione… - Bleeding: essudazione delle macromolecole di silicone verso l’esterno della protesi. Migrazione del gel anche in organi molto lontani (perfino nel cervello), causa risposta infiammatoria non fisiologica - Reazione allergica al silicone: verificata fin dai primissimi istanti dopo l’impianto - Infezione: principalmente dovuta a Staphylococcus, maggior rischio per pazienti sottoposte a radioterapia - Calcificazione: dovuta a deposito di calcio, porta a complicanze a lungo termine ma risulta poco frequente Lipofilling: - Tecnica chirurgica complementare alla mastoplastica, applicabile quando si verifica la formazione di cicatrici o ammassi fibrosi per migliorare l’effetto estetico. Inoltre riduce il rischio di contrazione capsulare anche se alcuni studi sostengono che aumenta il rischio di recidive per tumori al seno - Raccolta tessuto adiposo da zona addominale o coscie centrifugazione per dividere il tessuto adiposo secondo densità prelievo della “zona intermedia” contenente adipociti e preadipociti impianto nella zona cicatriziale mediante iniezione Analisi protesi mammarie espiantate (Protocollo sperimentale) 1. Dati clinici forniti dallo staff medico - Informazioni su: tipo di protesi (modello, marca, ecc.), intervento chirurgico effettuato (cause, data, radioterapia eventuale, ecc.), dati clinici del paziente (età, fumatore, ecc.) 23 2. Osservazione macroscopica e microscopica - Immagini di ogni lato/zona delle protesi - Visualizzazione delle caratteristiche macroscopiche (colore, topografia superficiale, presenza di macchie, bolle d’aria, consistenza, ecc.) - Osservazione microscopica con microscopio ottico stereo, SEM, EDS, ecc. - Effetti della RadioTerapia (RT) 3. Caratterizzazione meccanica - Test di trazione guscio - Caratterizzazione meccanica gel riempimento -> prove shear stress con DMA (valutazione effetti RT sul gel, effetti dell’impianto sul gel, ecc.) 24