ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE S. ILARIO DI POITIERS - PARMA Teologia Fondamentale prof. Giorgio Schianchi QUINTA LEZIONE 03 marzo 2008 - BOZZA DELLA SBOBINATURA Prendere il sussidio 3e) Stasera si procede con il secondo contributo di Ravasi sul cosiddetto fondamentalismo biblico. La volta scorsa terminavamo con il numero 2 con il modulo rivelativo. Proprio con la storia dei patriarchi , quattro quinti del libro della genesi è emblematica e significativa per capire una cosa importante. La storia dei patriarchi evidenzia le dinamiche proprie di questo rivelarsi di Dio al suo popolo. 3 caratteristiche . si capisce come la storia del popolo di Israele sia la storia di un intervento provvidente che guida il popolo di Dio. Come guida Dio la storia del suo popolo? Qui andiamo vicino al fondamentalismo biblico. Nella modalità di adattamento di DOI alle condizioni ambientali, culturali e di mentalità.Basterebbe leggere i 39 capitoli per vendere come Dio si Adatti. I padri della chiesa spiegano come Dio si adatti dove la meraviglia non è poca. Tante qualifiche morali giustificabili solo all’interno di particolari contesti. La bibbia non è un dizionario biblico dove ci sono termini e situazioni astratte. Dio si adatta a coordinate culturali della cultura semitica. Abramo non nasce ebreo. Ma nasce pagano di quella società che ha cultura millenaria, la cultura Assiro-babilonese. Perché Dio si adatta? In vista di un’educazione progressiva per un incontro sempre più autentico di Dio con il suo popolo. Quest’adattamento è proprio la definizione dei padri della chiesa. La parola usata in greco significa calare al livello di. Dio si abbassa al livello. E’ come un processo educativo. L’insegnante si adatta ai limiti di comprensione e di accoglimento del bambino per portarlo ad un incontro sempre più autentico con Dio. Alcuni comportamenti non sono giustificati in se stesso, nel seguito immediato della bibbia vengono superati. Ma si comprende come Dio stia formando con questa sua pedagogia Israele o per portarlo ad un livello di comunicazione migliore. Questi racconti eziologici hanno la particolarità, quella espressa dalla storia dei patriarchi, questa storia progressiva e concreta dei personaggi con tutti i loro limiti. La bibbia non fa nulla per nascondere i limiti e le miserie morali dei personaggi anche nei più illustri. È nell’insieme del discorso che si comprende come Dio si adatta per formare pedagogicamente il suo popolo. Da dove viene il discorso del fondamentalismo biblico. La bibbia presa alla lettera (domenicale di Ravasi “3e”). Leggendo questa storia dei patriarchi la rivelazione si dà con queste tre caratteristiche. Questa considerazione la si vedrà nei corsi i esegesi. Basterebbe questo modulo rivelativo per la infondatezza non solo culturale ma anche sul piano teologico. Perché vorrebbe dire che si dimentica dell0’aspetto letterario della bibbia. La bibbia fa parte di un a cultura e di una letteratura assai specifico. Non si può prescindere dalla cultura e dalla lingua semitica. Solo attraverso la conoscenza della cultura, la lingua e la mentalità semitica, possiamo comprendere il messaggio della bibbia. La bibbia è scritta in quella lingua e quella cultura. Non ci si può dimenticare di quella cultura quindi per leggere il contenuto della bibbia. Un fondamentalismo biblico La dimensione teologica significa dimenticarsi il principio di incarnazione. Dio si incarna rivelandosi in quella cultura per superare i suoi limiti ma non prescindendo da essi. La storicità della rivelazione per un verso e quel dinamismo di incarnazione che Dio sceglie nel vertice stesso della creazione che Dio sceglie nel figlio stesso. La bibbia non p la voce di un dizionario teologico o filosofico. La bibbia è il racconto di una storia vissuta di un popolo in tutta la sua concretezza. Una storia che racconta un graduale perfezionarsi dell’incontro di Israele con il proprio Dio che si avvicina ad esso. In conclusione il fondamentalismo biblico fa l’errore di dimenticare la distinzione tra contenuto dottrinale espresso e mezzo letterario espressivo di quel contenuto. Uno è uno strumento l’altro è un contenuto. Un conto è il contenuto e un conto è la forma espressiva. Prendete la dispensa 3e che risponde alle esigenze di un certo protestantesimo americano dove si tocca con mano il fondamentalismo biblico. «Pur partendo dalle esigenze di autentica fedeltà dottrinale e spesso da buona fede personale questo approccio al testo sacro è metodologicamente ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE S. ILARIO DI POITIERS - PARMA Teologia Fondamentale prof. Giorgio Schianchi QUINTA LEZIONE 03 marzo 2008 - BOZZA DELLA SBOBINATURA (Jotis Spasiano 25/5/08 tel.: 338 947 97 14 – E. mail: [email protected]) erroneo perché nega la via dell’incarnazione e della storicità della rivelazione cristiana. Infatti se il verbo si è fatto carne questo significa che la parola di Dio è stata espressa in un linguaggio umano ed è stata redatta sotto un ispirazione divina da autori umani che si esprimevano secondo le coordinate storico - culturali in cui erano inseriti usando modelli linguistici, visioni del mondo datate, e generi letterari, fraseologie e simbologie condizionate da una determinata epoca storica. Ignorando questa dimensione incarnata e assumendo alla lettera i passi biblici respingendo una corretta interpretazione e analisi storico critica si può non solo stravolgere la genuina comunicazione che la bibbia vuole fare con il suo linguaggio ma anche paradossalmente raggiungere esiti antitetici». Far dire cioè alla bibbia cose contrarie alle sue intenzioni. si sono generati casi enormi come ad esempio il caso Galileo, che ha avuto delle influenze enormi, è in buona parte frutto del fondamentalismo biblico. In quel famoso passo «fermati o sole» 1 si pensava di essere preso alla lettera o come i sei giorni si pensava di dover essere preso alla lettera. Non si conosceva il poema di Gilgamesh. Non si deve confondere il contenuto letterario dalla forma. Esempio. Se diciamo a un cinese che un tizio non è capace di tirar un ragno dal buco. Perché non sa che è un idiomatismo per dire che uno è un inetto. Ogni lingua e letteratura ha idiomatismi che sono mezzi e non contenuti. Un processo del genere va fatto. È in gioco confondere mezzo e contenuto. Uno delle maggiori difficoltà tra cristianesimo e l’islam. Per L’islam è rivelazione anche la forma di rivelazione. Tanto del dramma del fanatismo religioso sta proprio in questo tipo di fondamentalismo. In alcune minoranze culturali sta nascendo l’esigenza di differenziare anche per il corano il contenuto e la forma espressiva. «In questa luce si può dire che le lontane radici sono da ricercare alle stesse sorgenti della riforma protestante con il principio protestante della “sola scriptura”. Adottata meccanicamente questo principio cancellava l’interpretazione della bibbia nella tradizione, certo se l’interpretazione non segue canoni specifici e rigorosi, sia di indole storico critica che di tagli ideologici, si possono, con il rivestimento storico letterario, elidere e dissolvere anche i fondamenti, ma questo non giustifica la negazione della realtà vera delle scritture che sono parola di Dio in parole umane che esigono decifrazione e comprensione e non sono frutto di un dettato divino parola per parola.» Sia sul piano letterario che sul piano teologico. L’esodo2 Passiamo al punto numero tre che è il libro dell’esodo. L’esodo è anche il titolo della traduzione. Esprime sinteticamente il contenuto del secondo libro della bibbia. Il secondo dei cinque del pentateuco, ma soprattutto intendiamo con il termine “esodo” l’avvenimento assolutamente capitale per tutta la storia di Israele e successiva che è stata la schiavitù politica in Egitto e il suo costituirsi in popolo libero con una terra sua propria. L’esodo e i suoi avvenimenti costituiscono quello che potremmo veramente definire una seconda fondazione storica di Israele, con termini analoghi con cui abbiamo definito il primo del cap.12 della genesi. Se la chiamata di Abramo costituisce il primo avvenimento storico (dal 12° al 50° capitolo), questo dell’esodo gli si può mettere in parallelo e paragonarlo e chiamarlo esodo che avviene almeno due secoli e mezzo o tre dopo aver fatto nomadismo nelle terre del medio oriente. Quelli dell’esodo costituiscono il secondo evento fondatore, dopo il primo e della storia 1 Galilei venne condannato (1633). Le contestazioni, data la natura del tribunale erano di carattere religioso non scientifico.Pertanto si contestò che in un famoso passo della Bibbia Giosuè aveva pronunciato le parole" fermati o sole" e che quindi la Bibbia stessa aveva confermato la teoria geocentrica. In effetti la argomentazione era debole: non fu difficile a Galilei rispondere che le parole della Bibbia non vanno prese in senso letterale, che si trattava di un modo di dire del tempo. In effetti i motivi erano ben altri. 2 Il canone ebraico chiama il libro, dalle prime parole utilizzate nel testo masoretico, Ve-eleh shemoth ("e questi sono i nomi") o semplicemente "Shemoth" תומש 2 http://digilander.libero.it/jotis/universita/Teologia_Fondamentale/ISSR_TF5_03_03_2008_schianchi.doc ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE S. ILARIO DI POITIERS - PARMA Teologia Fondamentale prof. Giorgio Schianchi QUINTA LEZIONE 03 marzo 2008 - BOZZA DELLA SBOBINATURA (Jotis Spasiano 25/5/08 tel.: 338 947 97 14 – E. mail: [email protected]) patriarcale. È la bibbia stessa a fare quest’affermazione. Anche se non nei suoi termini formali anche perché il lessico ebraico non ha termini astratti. Del resto questo secondo libro sarà molto più marcato ed evidente quest’avvenimento che i racconti del genesi che costituisce l’atto di nascita di Israele. Di fatto la bibbia presenta quest’evento come la vera nascita storica di Israele come popolo. Quest’affermazione generale si specifica nella bibbia ed è anche l’ossatura e lo schema letterario di tutto il libro dell’esodo dall’inizio alla fine. Quest’evento di liberazione dalla schiavitù politica non è l’ultima; dopo gli egiziani vi sarà la schiavitù assiro-babilonese, la subordinazione greca poi quella romana. Questo racconto di storia di liberazione, in quella serie di passi che prima ha sinteticamente espresso, è descritto quel complesso processo storico di liberazione. È descritto da quattro avvenimenti che sono anche il significato pieno e profondo di questo racconto molto particolareggiato di cui non deve sfuggire questo filo di fondo. Questi quattro avvenimenti costituiscono la maturazione verso la costituzione di popolo. Li descriviamo uno ad uno. 1) Il celeberrimo dell’esodo cap. 3, 14-153 e cioè la rivelazione del nome personale di Dio come JHWH4. 5 2) Secondo avvenimento quello che potremmo definire in termini teologici intervento liberatore di Dio dalla schiavitù d’Egitto fatto da diverse forme espressive che è visto come la forma esemplare dell’intervento storico di Dio. 3 Esodo 3 [13] Mosè disse a Dio: "Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?". [14] Dio disse a Mosè: "Io sono colui che sono!". Poi disse: "Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi". [15] Dio aggiunse a Mosè: "Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione. מֹּ שֶ ה-ֹלהים אֶ ל ִ ֱ[יד ַוי ֹּאמֶ ר א14] ְבנֵי-ת ֹּאמַ ר אֶ ל- כֹּ ה,מֹּ שֶ ה-ֹלהים אֶ ל ִ ֱ טו ַוי ֹּאמֶ ר עֹוד א. ְשלָחַ נִ י אֲ לֵיכֶם, אֶ ְהיֶה, ֹּכה ת ֹּאמַ ר לִ ְבנֵי יִ ְש ָראֵ ל, אֶ ְהיֶה אֲ שֶ ר אֶ ְהיֶה; ַוי ֹּאמֶ ר, יְ הוָה,יִ ְש ָראֵ ל 4 Il tetragramma biblico o "tetragrammaton" è la sequenza delle quattro (τέτρα, tetra in greco) lettere (γράμματα, grammata in greco) והי ה ebraiche (yod, he, waw, he) che compongono il nome proprio di Dio nella Bibbia ebraica. In passato era largamente attestata la traslitterazione "JHWH". In epoca contemporanea invece la traslitterazione più diffusa è "YHWH", dato che il valore consonantico che la lettera J possiede nelle lingue neolatine e inglese (p.es. "Jessica") non corrisponde alla yod ebraica. Gli Ebrei considerano dall'antichità il tetragrammo troppo sacro per essere pronunciato: nella lettura della Bibbia e nelle preghiere è sostituito in ebraico con "HaShem" ("il nome") o "Adonai" ("Signore"), nelle altre lingue con "Signore" o "Eterno". Queste due ultime forme sono usate anche da alcune traduzioni della Bibbia cristiane. Dato che nella lingua ebraica non si scrivono le vocali, il tetragramma biblico si ritiene costituito unicamente da consonanti oppure unicamente da vocali; poiché esso non viene più pronunciato, non si sa più quali vocali debbano essere interpolate alle consonanti o se sia un suono totalmente vocalico: l'ebraismo ritiene persa la corretta pronuncia del nome sacro. Da ciò è nata, a partire dal XVI secolo e soprattutto da parte di studiosi cristiani, una ricerca approfondita e vasta tuttora in discussione. 5 Nell’immagine il tetragramma in fenicio (1100 a.C. fino al 300 d.C.), Aramaico (10° secolo a.C. fino a 0) ed ebraico moderno. 3 http://digilander.libero.it/jotis/universita/Teologia_Fondamentale/ISSR_TF5_03_03_2008_schianchi.doc ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE S. ILARIO DI POITIERS - PARMA Teologia Fondamentale prof. Giorgio Schianchi QUINTA LEZIONE 03 marzo 2008 - BOZZA DELLA SBOBINATURA (Jotis Spasiano 25/5/08 tel.: 338 947 97 14 – E. mail: [email protected]) 3) Terzo avvenimento che è quello più conosciuto, il patto di alleanza con i celeberrimi 10 comandamenti; le 10 debarim6 plurale di dabar. Parole non comandamenti. Parole - fatti azioni. 4) Quarto avvenimento che conclude l’esodo: l’entrata di Israele nella terra promessa al termine di quel lungo cammino decennale come dono di JHWH. Si vedrà che è l’ossatura del libro non solo letteraria ma anche del contenuto. L’insieme delle azioni salvifiche per liberarlo, l’alleanza del Sinai e gli interventi di Dio lungo la marcia quarantennale, l’entrata nella terra promessa. 1) Esodo 3,14 (1-15) è l’inizio di fatto della rivelazione che Dio fa a Mosè del proprio nome personale, è l’inizio di fatto degli avvenimenti dell’esodo ma è anche l’inizio teologico, l’inizio cioè che rivela il senso profondo del rivelarsi del nome di Dio. Israele da secoli, come da tavola cronologica 3d consegnata, siamo nel 1250 a.C., Da secoli Israele chiamava Dio con tanti nomi. Il più importante era El o Elohim7 plurale maiestatis di El, preso dalla cultura semitica per indicare Dio… anche se Israele gli dava una concezione monoteistica. Nome comune di Dio. A un certo momento, l’avvenimento capitale, Dio stesso rivela il proprio nome, anche Dio ha un nome personale che rivela Dio stesso e quindi Mosè non poteva arrivarci da solo. Per noi il nome è un qualcosa di superficiale ma non nel contesto semitico e d ebraico. Il nome aveva un’importanza fondamentale. Il senso tipico della cultura semitica non è semplicemente il nome come lo è per noi moderni o occidentali che è puramente strumentale per distinguere una persona dall’altra. Ma nella cultura semitica il nome è espressivo della identità personale. Non a caso quasi tutti i nomi biblici esprimono un concetto anche direttamente teologico. Infatti è dentro tutte i nomi a cominciare dal nome di Gesù, Joshua8, Dio salvatore. Giosuè praticamente lo stesso in variante. Isaia, Ezechiele… il nome nella cultura semitica ed ebraica è espressivo dell’identità personale, o di augurio o espressivo di un compito auspicato o desiderato. Si capisce perché è così importante per Mosè in esodo 3, 1-15, quando avendo Mosè ammazzato un uomo va nel deserto e diventa pastore, sposa la figlia del mandriano, e, un giorno, al pascolo vede Dio nel roveto ardente. Dio gli affida il compito di liberare il suo 6 La tradizione scritta per il plurale di "parola" "deber = " usa il maschile "debarim", mentre la tradizione orale, di cui il Talmud è la coagulazione d'interpretazioni consolidate, usa il plurale al femminile 7 איהִם איל הֹ וִים "debarot"; הוִם Elohim ( , ) in ebraico è un plurale della parola "divinità" - Eloah ( ) - che ha suscitato non pochi interrogativi fra gli esegeti biblici a causa dell'evidente impianto monoteistico della Bibbia. Il termine potrebbe avere un collegamento con l'ENLIL sumerico. Una delle possibili etimologie del termine lo vorrebbe composto dall'unione di due radici antiche: "El" e "Hoa". "Hoa" sarebbe l'antica radice che indicava L'Essere Supremo, Colui che esiste di per sé, che non è generato ma ha vita in se stesso. Il prefisso "El" corrisponderebbe al nostro Colui, indicando la persona in senso astratto. "Colui che ha vita in sé" sarebbe quindi il significato del termine Eloha. Il termine Elohim, quindi, assumerebbe il senso di "Coloro che hanno vita in se stessi" cioè che sono la Fonte della Vita. Sono state proposte possibili spiegazioni per la sopravvivenza del termine: la prima è che si tratti di un residuo lessicale di una eventuale fase politeistica della cultura ebraica. La seconda spiegazione, più usualmente fornita, indica il termine come una sorta di pluralis maiestatis teso ad esaltare ancor più la divinità una e unica del Testo Sacro (in ebraico, infatti, esiste la forma del plurale maiestatico-intensivo, utilizzato per tutte le realtà costituite da parti). Numerosi i passi, nell'Antico Testamento, in cui è presente la forma plurale (anche come pronome): « «Dio disse: facciamo l'uomo, che sia la nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza […]" […] "ecco, l'uomo è diventato come uno di noi"» » (Genesi 1,26 - episodio della cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell'Eden) Il monoteismo ebraico indica con il termine Elohim figure molto diverse tra loro: gli Angeli della Corte Celeste (Salmo 138,1); esseri creati (Ebrei 1,5) e identificati come figli di Dio (Giobbe 1,6; 29,1; 89,7); esseri di natura non divina (Apocalisse 22,8/9). Alcuni studiosi di lingue antiche imputano questo uso non univoco del termine alla maggior semplicità della lingua ebraica rispetto a quella greca - nella quale vi è una netta distinzione tra il termine Angelo (ἄγγελoς) e il termine Dio (θεός). 8 Joshua, Jehoshuah, or Yehoshua (Hebrew: ַוהיֻע ֹ ֹׁי , Israeli: Yəhoshúa) 4 http://digilander.libero.it/jotis/universita/Teologia_Fondamentale/ISSR_TF5_03_03_2008_schianchi.doc ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE S. ILARIO DI POITIERS - PARMA Teologia Fondamentale prof. Giorgio Schianchi QUINTA LEZIONE 03 marzo 2008 - BOZZA DELLA SBOBINATURA (Jotis Spasiano 25/5/08 tel.: 338 947 97 14 – E. mail: [email protected]) popolo. Ma Mosè dice, sia il Faraone e il mio popolo mi chiederà chi ti manda?9 Tu gli risponderai “io sono colui che sono” ti manda. Punto capitale non solo dell’esodo ma di tutta la bibbia. Bisogna capire cosa vuol dire sapere il nome di Dio. Partendo dalla concezione culturale che ha in importanza la conoscenza del nome di una persona tanto più se altolocata. Per questo è una condizione di legittimità il presentarsi dal faraone e presso il suo popolo perché Dio stesso aveva rivelato il nome di ‘JHWH’. Equivaleva per Mosè di dire due cose. Israele aveva il titolo legittimo di un particolare e personale rapporto con dio e dunque che il rapporto non era presunzione ingenuità o arroganza ma era legittimato e giustificato da Dio stesso. Perché lui indica il suo nome. Sapere come si chiama Dio, equivale sapere chi lui è. Ovvero la garanzia di questo particolare rapporto con Dio. Che Israele saputo da Dio stesso il suo nome aveva la garanzia e la certezza del suo intervento risolutore salvatore. I due aspetti sono intimamente connessi10. È come se Mosè avesse detto al suo popolo lui, Dio, ci autorizza ad un rapporto personale con lui, abbiamo la certezza che interverrà in nostro favore. La conferma di tutto questo avviene nel significato letterale del nome di JHWH. Il nome personale di Dio, che Dio stesso rivela. Qui dobbiamo fermarci un attimo su questo nome. Nome personale di Dio. Tu gli dirai mi manda JHWH. Se leggete quel passo più particolarmente questa è la forma contratta sintetica io sono colui che sono. Secondo molti teologi ebraicisti c’è la possibilità di tradurre in altro modo il verbo essere. Per capire il nome di JHWH bisogna partire dal verbo essere ebraico che traslitterato con le vocali è jhaweh. IL verbo essere anche in ebraico è uno dei verbi ausiliari. Nell’ebraico non ha l’importanza filosofica e metafisica che il verbo essere ha nel greco. Traduce invece queste nostre espressioni italiane: Essere presente, essere efficace, essere operante. L’eiè ( )הָ יָהebraico e l’[eimi] greco (l’essere) basterebbe per vedere tutta la distanza tra la cultura greca e la cultura semitica. Nel greco è il vertice della speculazione e della teoresi. In ebraico, che è una cultura poverissima di termini astratti, essere è essere presente, efficace, operante. Sono gli aggettivi che danno il senso dell’essere un senso dell’essere pratico. Che è legato alla concretezza. All’esperienza visibile. Si traduce con al concretezza. Il nome JHWH è la forma contratta abbreviata di io sono colui che sono. (Segue traslitterazione) ["Eiè asher Eiè"; ]אֶ ְהיֶה אֲ שֶ ר אֶ ְהיֶהsecondo alcuni filologi della lingua ebraica più che presente andrebbe tradotto con il futuro 11. Io sono colui che sarò sempre presente al tuo fianco. Non c’è nell’affermazione di Dio non è solo il presente attuale ma anche la promessa del futuro. Traduzione più vicina al senso profondo di quella traduzione. Sarò sempre al tuo fianco. Sarò efficace operativo al tuo fianco. Promette l’intervento risolutore al suo popolo. Non è solo nell’etimologia del nome ma c’è la prova in tutto il racconto successivo. Gli altri avvenimenti sono la dimostrazione di quella promessa fatta. 9 Esodo 3[13] Mosè disse a Dio: "Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?". 10 Riferimento a file audio \\Xpmodu\issr\ISSR_TF5_03_03_08(1).WMA minuti 50.30 11 Si noti che Giovanni in Apocalisse 1,4 scrive: « Giovanni alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene» 5 http://digilander.libero.it/jotis/universita/Teologia_Fondamentale/ISSR_TF5_03_03_2008_schianchi.doc ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE S. ILARIO DI POITIERS - PARMA Teologia Fondamentale prof. Giorgio Schianchi QUINTA LEZIONE 03 marzo 2008 - BOZZA DELLA SBOBINATURA (Jotis Spasiano 25/5/08 tel.: 338 947 97 14 – E. mail: [email protected]) [12Quel nome di JHWH era talmente il nome personale di Dio che non sarà più pronunciato. Nella bibbia , il nome scritto, non veniva mai letto, ma veniva letto con un sinonimo, adonai, kyrios, signore, non si poteva sporcare con le nostre parole umane. Nelle bibbie moderne diventa sempre più diffuso quello di non scrivere JHWH con le vocali ma soltanto con le consonanti e in maiuscolo. In italiano è impronunciabile senza vocali. È un’altra maniera per dire che è nome impronunciabile.] 2) L’intervento liberatore di Dio dalla schiavitù dell’Egitto. I celeberrimi racconti delle piaghe d’Egitto e quindi i castighi di Dio al Faraone che si intestardisce a non far partire il suo popolo. Interventi di Dio efficaci per la liberazione del suo popolo. In altra forma in quella serie di prodigi raccontati in decine di capitoli, di interventi di Dio nel cammino quarantennale dopo la decisione del Faraone di far partire il popolo di Mosè. Sono la esemplificazione e la promessa di quella promessa dell’intervento di Dio. IL passaggio del mar rosso costituirà il vertice ma anche tutti gli interventi sono espressione di quella promessa che si attua. Sarò presente e operante. 3) Terzo avvenimento, Il patto di alleanza tra Dio e Israele. Prima dell’arrivo della terra promessa, c’è il patto di alleanza, la Berit ( ; ֹת לִיבberit). Il racconto dei dieci comandamenti che sono l’espressione di questo patto di alleanza tra JHWH e il suo popolo. Quello che sono le dieci debarim, le dieci parole. Quelle, che noi in maniera giuridica chiamiamo comandamenti, sono espressioni, certo di una ‘parola’ ma anche di un ‘azione’, di un patto di alleanza. Dio interviene nel suo popolo con le forme storiche di un patto con il suo popolo e la fedeltà di Israele a precise disposizioni. 4) Quarto momento conclusivo l’entrata nella terra promessa: Èretz. Èretz Israèl (ִםִיי )ץִם13 La terra ebraica, il suolo. L’ultimo dono di Dio. Tanto desiderato e aspettato costituisce quella terra, Èretz, la costituzione di Israele come popolo e nazione. Del suo sviluppare le sue successive istituzioni. Ma nell’esodo viene presentata non semplicemente come diremo noi in una guerra di indipendenza o di liberazione nazionale, viene percepito 12 Durante la lezione don Giorgio Schianchi aveva dimenticato questa parte che recupera solo più tardi e chiede esplicitamente di inserire invece in questa sezione. 13 Èretz Israèl ( )ץִם ִםִייè l'espressione della lingua ebraica con cui si indica la Terra di Israele, il territorio nel quale tradizionalmente si individua il riferimento geografico della religione ebraica. Nella tradizione ebraica e cristiana, la Terra Promessa è anticamente detta "Terra di Canaan" o "Palestina" (non coincide con il territorio dell'odierno stato di Israele, che ne occupa solo una parte). L'espressione "promessa" viene usata in quanto, come riportato dalla Bibbia, Dio promise ad Abramo di dare questa terra al popolo che da lui sarebbe disceso. La promessa si realizzò diversi secoli dopo, quando il popolo ebraico, dopo aver risieduto in Egitto per 430 anni, ne uscì alla guida di Mosè per dirigersi appunto verso la Terra promessa. Gli ebrei tuttavia, prima di entrarvi, vagarono per il deserto del Sinai per 40 anni, al termine dei quali Mosè morì: Dio gli permise solo di vedere la Terra Promessa dall'alto di un monte, ma non di entrarvi. La conquista della Terra di Canaan (così chiamata dalla presenza del popolo dei Cananiti) venne quindi compiuta dagli ebrei sotto la guida di Giosuè, come è raccontato nel libro della Bibbia a lui intitolato. Il territorio venne ripartito tra le dodici tribù di Israele. Antichi documenti egiziani si riferiscono alla regione come R-t-n-u (pronuncia Rechenu. Nella Bibbia è indicata con diversi nomi: (Eretz) Israel "(Terra di) Israele", Eretz Ha-Ivrim "Terra degli ebrei", "Terra in cui scorre latte e miele", Terra del Signore. La parte del territorio ad occidente del fiume Giordano era anche chiamata "Terra di Caanan" durante il periodo in cui era sotto il controllo di vassalli dell'Egitto, tradizionalmente considerati discendenti da Caanan figlio di Han. Dopo la divisione in due del regno ebraico, quello più meridionale era chiamato regno di Giuda, mentre la parte settentrionale regno di Israele. Durante tutta la storia della diaspora ebraica, Eretz Israel, come Gerusalemme, è stato più un luogo ideale che un'entità geografica nonostante la presenza ebraica a Gerusalemme non sia mai mancata; dopo la creazione dello stato di Israele, gli ebrei si trovarono quindi ad edificare il loro stato su una terra abitata anche da altri popoli che non avevano intenzione di mantenere rapporti pacifici con gli abitanti ebrei. 6 http://digilander.libero.it/jotis/universita/Teologia_Fondamentale/ISSR_TF5_03_03_2008_schianchi.doc ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE S. ILARIO DI POITIERS - PARMA Teologia Fondamentale prof. Giorgio Schianchi QUINTA LEZIONE 03 marzo 2008 - BOZZA DELLA SBOBINATURA (Jotis Spasiano 25/5/08 tel.: 338 947 97 14 – E. mail: [email protected]) nell’esodo con questo significato profondamente teologico. “L’anno prossimo a Gerusalemme” ["Be shannà habaa Birushalaim"] augurio che per duemila anni si sono scambiati gli ebrei [la notte prima di pasqua]. C’è la radice religiosa. Per Israele quella terra ha un significato teologico come ce l’ hanno le dieci debarim. Già all’interno dell’antico testamento, ma di certo un nuovo concetto anche teologico. Nel nuovo testamento il concetto si relativizza in modo radicale ma per Israele continua ad avere un significato teologico preciso: l’ultimo dono insieme ai dieci debarim e insieme alle liberazioni nella lunga marcia dall’Egitto alla terra, Èretz Israèl. Un altro termine anch’esso molto importante e molto conosciuto anche se tradotto in maniera limitativa rispetto alla complessità del concetto. Torah14. È proprio l’esodo a farci comprendere il significato di questa parola. La torah è quello che possiamo dire rivelazione storica. Il termine che sinteticamente esprime il concetto di rivelazione storica: Nella genesi abbiamo vista la prima rivelazione nella creazione. La torah è la rivelazione nella storia.15 È il termine torah che costituisce l’identità specifica di Israele, potremmo dire che è anche l’elemento costitutivo dell’identità specifica di Israele. Nell’esodo il termine torah è una sorte di sintesi e di riassunto. Partiamo dalle radicali TRH, nelle sue radicali il suo significato etimologico vuol significare il nostro concetto di direzione indicata e quindi è la forma simbolica per esprimere un insegnamento un informazione un istruzione. Dice essenzialmente un insegnamento una dottrina un ammonimento. Più particolarmente si riferisce a un titolo particolarissimo che anche noi chiamiamo nella nostra traduzione italiana con le tavole della legge. Cosi noi lo traduciamo: la legge. C’è anche quel senso. Ma il senso biblico di torah o legge è in realtà l’aspetto di insegnamento di indicazione e di ammonimento, di dottrina che si riferisce a quella legge che è per antonomasia tale, le famosi dieci parole che sono espressione del patto di alleanza tra Dio e Israele. Molto più del nostro concetto di precettistica o di legge. Una sorta di reciprocità tra Dio e il suo popolo che lui ha eletto e scelto. Sono parole che tornano con variazioni ma sempre con un significato di base. Torah si allargherà ad indicare tutta la minutissima codificazione giuridica e morale della vita di Israele, dalle norme dietetiche, cultuali, perfino igieniche. Ci sono passi nel vangelo in cui Gesù giudica duramente il fatto che quello che dovevano essere un mezzo diventano un fine. Erano 630 precetti tra positivi e negativi. Erano aspetti minutissimi e la vita Torah (ebraico: )הִוב, a volte scritto Thorah, è una parola ebraica che significa insegnamento o legge. Con questo termine si indicano i primi 5 libri del Tanakh, conosciuti anche col nome greco di Pentateuco (pente in greco significa cinque, teuchos significa libro), forse in riferimento al rotolo di pergamena in cui sono scritti. Con il medesimo termine, l'ebraismo indica anche la Legge ebraica intesa in senso generale. Più precisamente si utilizza la dicitura Torah shebiktav (traduz. La legge che è scritta) per indicare i 5 libri del Pentateuco e la dicitura Torah shebehalpeh per indicare tutto l'insieme di tradizioni orali codificate successivamente. Lo studio della Torah, come compendio di istruzioni divine date all'ebreo, è uno dei principali precetti dell'ebraismo. I libri della Torah sono (I nomi ebraici sono presi dalle parole iniziali del primo verso dei rispettivi libri): 14 Genesi (Gen; Esodo (Es; Levitico (Lv; Numeri (Nm; בייםִב, Bereshit: "In principio...") בומי, Shemot: "Nomi") םִקיו, Vayikra: "Ed egli chiamò...") ִבדמב, Bamidbar: "Nel deserto..."), e איִבד, Devarim: "Parole", o "Discorsi") Deuteronomio (Dt; È consuetudine completare la lettura della Torah in un anno e per questo scopo essa è stata suddivisa in 54 parashoth, (plurale di parashà, ossia "porzione") quanti sono i sabati negli anni lunghi (di 13 mesi lunari). Negli anni di 12 mesi lunari, in alcuni sabati si legge una doppia parashà. Le parashoth prendono il nome dalla prima o da una delle prime parole con cui hanno inizio, e che ne riassume il messaggio principale. 15 Fine prima parte della lezione \\Xpmodu\issr\ISSR_TF5_03_03_08(1).WMA 7 http://digilander.libero.it/jotis/universita/Teologia_Fondamentale/ISSR_TF5_03_03_2008_schianchi.doc ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE S. ILARIO DI POITIERS - PARMA Teologia Fondamentale prof. Giorgio Schianchi QUINTA LEZIONE 03 marzo 2008 - BOZZA DELLA SBOBINATURA (Jotis Spasiano 25/5/08 tel.: 338 947 97 14 – E. mail: [email protected]) veniva avvolta a trecentosessanta gradi in tutti i suo aspetti individuali e sociali. Ma questo termine nella sua accezione essenziale e più profonda viene ad indicare l’insieme stretto e armonizzato di quei quattro momenti che noi abbiamo analizzato. Il sapere il nome di Dio, gli interventi liberatori e provvidenti di Dio nella storia, il patto di alleanza e l’ultimo dono della terra in cui si entra. Alla fine torah è l’insieme di quello che chiamiamo la rivelazione storica. Questo vuol dire il nome che io conosco: che lui si impegna ad intervenire verso di me. Lui si impegna verso di me e io mi impegno verso di lui. Mi costituisce in suo popolo. Dicevo dire torah come rivelazione storica… l’esodo ci dice che cos’è questa storia di Dio che si chiama JHWH che si impegna a stare al mio fianco e l’esodo lo conferma, Un dio che nel nome dà il sigillo del suo impegno, che di fatto provvede alla mia liberazione che si allea con me e mi dona la terra promessa. La torah vuol indicare questa complessità. Nello schema si fanno quattro esemplificazione del tipo che abbiamo fatto anche per la genesi. Riprendendo un concetto, si capisce perché si afferma che la torah costituisce l’identità specifica di Israele, perché so come si chiama Dio, so la sua autorizzazione ad avere un particolare rapporto con lui , so il suo impegno con me e il mio impegno verso di lui , sono certo del suo intervento liberatore, lo ho sinteticamente al mio fianco, in questo senso si può dire che la torah costituisce l’identità specifica di Israele, dono ricevuto; elezione specifica; impegno assunto. Concetto di fondo della Genesi. Lui mi libera lui stabilisce un patto di alleanza (ci si allea da pari), Dio stabilisce con il suo popolo una sorta di reciprocità. Io sarò il tuo Dio tu sarai il mio popolo. 16 Il racconto dell’esodo che si riassume teologicamente nel concetto di torah diventa anche una delle categorie fondamentali di tutto il racconto biblico successivo. Da qui ne deriva la risonanza totale così pervasiva dell’esodo su tutta la storia de l’esperienza religiosa successiva di Israele. Se si facesse un paragone con la storia dei patriarchi e la storia dell’esodo di quei quattro avvenimenti si vedrebbe la maggioranza del secondo rispetto al primo. L’esodo nel suo concetto di rivelazione storica in questi quattro avvenimenti … . Si danno quattro esempi di questa risonanza pervasiva su tutta la bibbia successiva. 1) Il primo caso, quello più vistoso, La normatività e esemplarità dell’esodo come evento fondatore è quello che la più importante celebrazione annuale di Israele , la pasqua. La pasqua è il ricordo la memoria che ogni anno nella primavera con calcoli astronomici molto precisi, di quell’evento liberatore in particolare e dei quattro avvenimenti in generale. 2) Vi anche una seconda forma ed è il culto nel tempio17. Il tempio unico in Israele a Gerusalemme, nel sancta sanctorum, dove nessuno poteva entrare se non il sommo sacerdote una volta all’anno dove erano le tavole della legge. La celebrazione annuale della 16 Schianchi fa una digressione sul nome di JHWH, e dice di risistemare negli appunti questa parte in coda al punto della rivelazione del nome di DIo 17 Il Tempio di Gerusalemme fu, secondo la Bibbia, realizzato per ospitare l'Arca dell'Alleanza ed era considerato dalla religione ebraica l'edificio sacro più importante. Il tempio fu distrutto e ricostruito più volte. La parola ebraica per indicare questa costruzione è Beit HaMikdash ovvero la Sacra Dimora, tuttavia essa è indicata nella Bibbia anche con altri nomi quali Beit Adonai, ovvero Casa di Dio o semplicemente Beiti ovvero la casa. Il Tempio, secondo la Bibbia, venne edificato secondo il volere di Re David, il quale ne aveva avuto indicazione da Dio stesso. Nonostante il desiderio del sovrano di vedere la fine della sua costruzione, fu suo figlio a vederlo ultimato. Il Tempio di Salomone o Primo Tempio è stato costruito, secondo la Bibbia, dal Re Salomone nel X secolo a.C.. Fu completamente distrutto da Nabucodonosor II nel 586 a.C.. Il Secondo Tempio fu costruito al ritorno dall'esilio babilonese a partire dal 536 a.C.. Fu terminato il 12 marzo del 515 a.C.. Venne restaurato il 21 novembre del 164 AC da Giuda Maccabeo. Il Tempio di Erode fu un ampliamento importante del Secondo Tempio, ivi compreso una risistemazione del Monte del Tempio. Fu iniziato da Erode il Grande verso il 19 a.C. e terminato in tutte le sue parti solo nel 64 d.C.[1]. Questo tempio fu distrutto dall'imperatore Tito nel 70 d.C.. Oggi ne resta solamente il muro occidentale di contenimento, detto comunemente, Muro del Pianto. 8 http://digilander.libero.it/jotis/universita/Teologia_Fondamentale/ISSR_TF5_03_03_2008_schianchi.doc ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE S. ILARIO DI POITIERS - PARMA Teologia Fondamentale prof. Giorgio Schianchi QUINTA LEZIONE 03 marzo 2008 - BOZZA DELLA SBOBINATURA (Jotis Spasiano 25/5/08 tel.: 338 947 97 14 – E. mail: [email protected]) pasqua e nel culto del tempio … tutto ci riconduce al ricordo, alla memoria di quell’evento. Israele aveva molte celebrazioni liturgiche (ad esempio la pentecoste ebraica), per definizione la pasqua era il ricordo del passaggio da schiavitù alla liberazione. Il ricordo della pasqua era il ricordo di quel secondo evento fondatore dando per scontato il primo, la chiamata di Abramo. La pasqua è la memoria di quell’evento liberatore dell’esodo. Una memoria che rende quell’evento attuale ed efficace quel fatto della pasqua e dell’esodo. Attuale ed efficace. In sintesi il concetto di pasqua come ricordo e memoria di quell’evento va unito agli aggettivi attuale ed efficace. CI fermiamo ad indicare, come abbiamo fatto per il termine kavod, altrettanto facciamo per questa parola. Ossia per la parola che indica con ricordo, memoria. Come forma di sostantivo e ancora più importante in ebraico il verbo ricordare. Il termine in ebraico è ZiKaRon. Se vogliamo capire l’ebraismo poche parole come dabar e kavod sono utili come questa, Romani 9,11 . Come dice il sacerdote nella sua celebrazione eucaristica, fate questo in memoria di me. Che cosa è lo Zikaron ebraico. (ricordiamo che era lingua poverissima di termini astratti). Cosa si intende per ricordare. Tre aspetti, tre elementi, fanno il ricordare biblico, 1) C’è l’elemento aspetto di attualizzatone, di attualità (parola che non c’è in ebraico ma ce n’è il concetto) la fatica che facciamo da occidentali e moderni è questa: il termine memoria ci sovviene il passato e qualcosa di irripetibile, ovvero che quel che è avvenuto non si possa ripetere. Invece il ricordo in senso biblico è quella tal cosa che ha potere di rendersi attuale oggi. Mentre noi nel ricordare pensiamo alla memoria di qualcosa che si allontana nel passato. Il ricordare biblico ha il potere di attualizzarsi nell’oggi. 2) Secondo elemento. l’aspetto di efficacia. Contraddice la nostra esperienza spicciola, non c’è più nel presente quindi è morto. Invece lo zikaron vuol ribadire l’elemento di efficacia. Cos’è l’efficacia. Efficacia nel senso di significatività. Nella lettura dei classici, nessun architetto può cominciare senza confrontarsi con il canone della bellezza registrato dal Partenone. È quel senso di operatività, che è sempre valido, come per la poesia di Leopardi, Dante, Virgilio, Omero. Pur lontano un classico ha qualcosa che ha capacità di influenzarmi e di interessarmi. Un classico ti interessa , ti coglie nel profondo , ti stimola. 3) Terzo aspetto, derivato dai contesti in cui è usato la parola zikaron. E cioè l’aspetto componente di quello che noi esprimiamo con il termine italiano di interiorizzazione e appropriazione, qualcosa che riesco a fare mio. Ricordo una cosa perché me ne approprio , la interiorizzo e la faccio mia. Ci aiuto l’etimologia della parola latina. Re-cordor. Cordis = cuore. Cuore ovvero quello che abbiamo di più intimo, la nostra intelligenza e la nostra affettività. L’elemento con il quale noi facciamo nostre quello che è passato o quello che è esterno a noi. Non c’è accordo tra gli studiosi della lingua ebraica. Per capire queste tre accezioni ci aiutano le radicali del termine zikaron, il sostantivo zakar. Le radicali ZKR, secondo molti biblisti, sono le stesse radicali che si usano per indicare la nostra parola maschio o maschile nel senso di potenza generativa. Capacità di fecondazione.Guardate l’operazione che è insieme lessicale e semantica fatta dalla teologia ebraica per esprimere la concettualità di memoria e ricordo. Se fosse pertinente questa analogia tra zikaron e zakar allora il lessico ebraico non ha trovato migliore simbolica per esprime il concetto di memoria e di ricordo paragonando al potere generativo del genitore. Come il generatore dà inizio alla vita così fa la memoria. Ha il compito la funzione e la capacità di rendere il 9 http://digilander.libero.it/jotis/universita/Teologia_Fondamentale/ISSR_TF5_03_03_2008_schianchi.doc ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE S. ILARIO DI POITIERS - PARMA Teologia Fondamentale prof. Giorgio Schianchi QUINTA LEZIONE 03 marzo 2008 - BOZZA DELLA SBOBINATURA (Jotis Spasiano 25/5/08 tel.: 338 947 97 14 – E. mail: [email protected]) passato importante per me. Ha la capacità di rendere il passato come un oggi perennemente operativo e influente su di me. Dunque come si vede il ricordo non ha quell’accezione prevalentemente nostalgica con cui usiamo la parola ricordo, un legame al passato che non tornerà più, o come commemorazione per convenzione. Invece il senso biblico, dice che per certi versi è così ma per altri il ricordo è operativo nella capacità di arricchirti in qualche modo e dà inizio a una vita che continua. Per rendersi conto dell’influsso che questa categoria biblica di ricordo o memoria, basta prendere una storia dell’ermeneutica, da quell’antica a quella patristica, anche la stessa ermeneutica contemporanea che si è secolarizzata riconosce l’origine biblica di quest’accezione. È entrata nella cultura occidentale come pagina imprescindibile come il discorso di S. Agostino fa con il suo discor4so di memoria come il suo discorso sul tempo nelle confessioni. Il nuovo testamento non solo accoglierà questa concettualità della semantica del ricordo memoria ma la radicalizzerà ancora di più. Per esempio la definizione di eucaristia che è la memoria dell’ultimo suo gesto, l’anticipo sacramentale della pasqua di Cristo. Non è una recita teatrale ma un’attualizzazione perenne e perennemente efficace di quel sacrificio della croce. La base è questa, l’attualizzazione l’efficacia, l’appropriazione. Nell’eucarestia è la massima esaltazione. Non un segno strumentale. Ma il concetto cattolico è la presenza sacramentale e riattualizzazione del sacrificio redentore di Cristo. Si riprenderà il discorso di Addio Gv 13, 14, 15, 16, 17. Nel discorso di addio di Gesù Egli fa la promessa del paraclito e attribuisce le cinque funzioni del paraclito una delle cinque che ci interessa è là dove dice vi manderò il paraclito che vi ricorderà quello che vi ho detto, una della funzione del Paraclito sarà quelle di ricordare le parole di cristo. Il paraclito è quello che ci rende attuali e perennemente efficaci le parole di Cristo. Per cui tra noi che ascoltiamo queste parole e chi le ascoltava duemila anni fa teologicamente non vi è nessuna differenza. Gv 14,26 Gv 16,14. Dice anche che quel paraclito vi condurrà alla verità tutta intera. Ci mette sulla strada per arrivare alla completezza. Quei cinque passi sono straordinari e fondamentale per la nostra teologia e si capisce il senso del ricordare per l’eucarestia e lo spirito santo. Zikaron, il ricordo ha questo potere generativo. Passiamo al secondo di questi quattro casi. Il secondo caso, il caso massimo lo abbiamo affrontato, la celebrazione della pasqua non come finzione ma come attualizzazione. Secondo caso il tema che troviamo nei libri successivi e facciamo la citazione di un salmo più lungo, 22 strofe alfabetiche (i bambini ebrei a tutt’oggi imparano a leggere dal salmo 118). le singole strofe corrispondono alle singole lettere dell’alfabeto ebraico e le singole righe cominciano con la medesima lettere. Al di là della forma letteraria, la teologia è raffinatissima. Il salmo 118 e i cosiddetti salmi storici quei salmi che descrivono in forma poetica i grandi fatti della salvezza. Quei fatti dell’esodo sono oggetto e forma di preghiera; l’esperienza di rivelazione come intervento storico di Dio, è nel cuore del vissuto di fede e attualizzato nel rapporto di preghiera con Dio. Non solo professione dottrinale di fede, ma nei salmi che ne fanno la parafasi e nel salmo 118 diventa forma di preghiera del rapporto personale con Dio. Terzo caso come nell’esodo e nella torah nella predicazione profetica, la predicazione profetica ne fa il richiamo più insistito, le esigenze della torah sono permanenti e l’efficacia sono insuperati. I rimproveri durissimi contro Israele erano sul fatto che Israele dimenticava quella legge. L’infedeltà di Israele a quel patto di alleanza era una rottura dell’operatività e dell’attualità perenne di quel patto di alleanza. Quarto esempio. I libri sapienziali. L’esperienza sapienziale che vuole educare al vissuto operativo e coerente di questo manifestarsi di Dio e di questo rispondere di Israele all’opera di Dio. 10 http://digilander.libero.it/jotis/universita/Teologia_Fondamentale/ISSR_TF5_03_03_2008_schianchi.doc ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE S. ILARIO DI POITIERS - PARMA Teologia Fondamentale prof. Giorgio Schianchi QUINTA LEZIONE 03 marzo 2008 - BOZZA DELLA SBOBINATURA (Jotis Spasiano 25/5/08 tel.: 338 947 97 14 – E. mail: [email protected]) Terminiamo anche qui con il modulo rivelativo che rivediamo confermato nella forma esemplare. E cioè. Proprio con il termine zikaron ne abbiamo la esemplificazione, massima, proviamo a consultare la dispensa numero () che già nel genesi dalla sua ripresa nei libri successivi di quel tema dottrinale di quella categoria dottrinale, soprattutto nel tema della parola, costatiamo la forma particolare in cui si esprime la rivelazione per tradizione e per trasmissione successiva. Nell’esodo questa categoria si conferma anzi si esplicita nella maniera più ampia. Che cosa desumiamo dall’esodo e da questa sua ripresa e risonanza in tutti suoi libri successivi della esperienza religiosa di Israele, desumiamo il concetto di rivelazione come memoria attualizzante. Più che mai questa risonanza pervasiva ci conferma che la rivelazione è una memoria attualizzante e che apre al futuro, che vedremo nella categoria ultima della letteratura apocalittica. Non solo non è il senso nostalgico ma è quella cosa che mi prepara al futuro. Per adesso è implicito ma vediamo nella letteratura apocalittica che la funzione del ricordo è quello di preparare il presente a un futuro definitivo, la famosa escatologia. Se ci pensate bene il concetto, anche se non è esplicitato, vi è riconoscibile dentro questa letteratura. Quel passato è carico di un valore che non termina nell’oggi ma apre ad un futuro definitivo e perfetto. L’apporto che la concettualità biblica dà all’ermeneutica è inconfutabile. Si fa vedere anche come Israele concepisca la rivelazione in modo indissociabile dalla modalità della sua permanente trasmissione. La rivelazione come tradizione. Qui si vuole indicare anticipando quello che faremo con la tradizione, è la necessità didattica di distinguere gli aspetti della nostra riflessione che ci porta alla nostra distinzione … ma alla fine vedremo che dire tradizione, rivelazione, fede, è dire qualcosa di unico come descrivere un prisma che a dispetto di molte facce, ha una sola identità. Questa risonanza pervasiva dell’esodo ci conferma già all’interno della bibbia che si dà la rivelazione solo nella forma di tradizione, nella forma trasmissiva ed è il ricordo la modalità. Quel ricordo che unisce insieme passato presente e futuro. Volendo anche esagerare non si riesce ad esprimere la concettualità biblica della dipendenza dell’ebraismo e del cristianesimo sia unito al concetto di ricordo, non meno di gloria, di dabar. Rivelazione come creazione, rivelazione come storia attraverso la memoria attraverso, attraverso il ricordo in questa accezione propriamente chiarita. 11 http://digilander.libero.it/jotis/universita/Teologia_Fondamentale/ISSR_TF5_03_03_2008_schianchi.doc