Anna Proclemer Addio alla grande signora del Teatro

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Anna Proclemer
Addio alla grande
signora del Teatro
I TRENTO
Il nome di Anna Proclemer scomparsa ieri a Roma, all'età
di 89 anni - per una vita intera
è stato sinonimo di grande Teatro italiano. Lo è stato nella
prima parte della carriera
quando mostrò subito un talento naturale, affinato poi
con lo studio e l'esperienza; lo
fu nel lungo sodalizio di arte e
di vita con Giorgio Albertazzi;
e poi in un articolato «terzo
tempo» in cui moltiplicò varie
altre esperienze, incrociando
forza istrionica, intelligenza interpretativa ed una cultura
non comune fra gli attori.
Era nata a Trento, nella sua
amata Trento, il 30 maggio
1923 e fin da bambina sentì
una grande spinta a recitare, a
mostrarsi, a rappresentare un
suo mondo interiore. Nel suo
sito - ultima passione della sua
vita - ci sono i ricordi di quando bimba dai 4 ai 6 anni entrava in chiesa per la messa, come se facesse (senza saperlo
ancora) un'entrata in scena.
Trasferitasi a Roma nell'adolescenza il suo apprendistato si
svolse durante gli anni di guerra e il primissimo dopoguerra.
Debutta nel 1942 in «Nostra
Dea» di Massimo Bontempelli
al Teatro dell'Università di Roma. Poi recita con le maggiori
compagnie del tempo: il Teatro delle Arti di Anton Giulio
Bragaglia, in seguito con la
compagnia dell' Istituto del
dramma italiano Idi, la compagnia Pagnani-Cervi e quella di
Renzo Ricci. Poi la sua carriera
si impenna con Vittorio Gassman e Luigi Squarzina al Teatro d'Arte e, ancora, al Piccolo
Teatro di Milano diretta da
Giorgio Strehler.
Nel 1946 si sposa con lo
scrittore Vitaliano Brancati,
che scrive per lei «La governante» vietato dalla censura, dal
quale si separa poco prima della morte di lui, nel 1954. Di
quell'amore resta un libro fatto di lettere («Lettere da un matrimonio») ove l'attrice, dialogando a distanza con il coltissimo marito, mostra doti di scrit-
tura sorprendenti. Insieme
hanno una figlia, Antonia, che
si dedicherà al teatro, come autrice e organizzatrice. Al cinema gira molti film con registi
importanti, ma non riesce a diventare una protagonista. Il
suo campo, la sua capacità di
espressione sono il teatro. Tuttavia viene scelta da Alberto
Lattuada come doppiatrice di
Yvonne Sanson in II delitto di
Giovanni Episcopo, e doppiere anche Anne Bancroft in Anna dei miracoli, interpretandone successivamente il ruolo in
una famosa riduzione televisiva in onda nel 1968.
Nel 1956, spinta dal grande
produttore Lucio Ardenzi,
inaugura un lungo sodalizio
artistico e poi anche sentimentale con Giorgio Albertazzi,
che per un ventennio sarà il
periodo più fecondo della sua
carriera.
Proprio al fianco di Albertazzi, allora un divo del teleschermo, è la sua prima apparizione
televisiva, nello sceneggiato televisivo «L'idiota», cui fanno
seguito molte altre, soprattutto in riduzioni di spettacoli teatrali. Intanto il suo repertorio
non ha limiti in teatro; comprende, fra l'altro, testi di Pirandello, George Bernard
Shaw, Lillian Hellman e D'Annunzio.
La rottura sentimentale con
Albertazzi crea una frattura anche artistica, che tuttavia verrà
ricucita anni dopo, tornando
insieme in palcoscenico e rinforzando l'amicizia, che ha
fruttato anche un sorprendente spettacolo semi autobiografico. I due attori già ottantenni
hanno recitato parlando solo
di sesso, usando i termini più
espliciti per dire quella cosa lì
e tutte le sue varianti e tutti i
suoi attributi, recitando per la
prima volta guidati dalla regia
di Luca Ronconi. Il loro «Diario privato» è stato accolto con
entusiasmo dal pubblico.
L'ultima sua apparizione cinematografica è stato il ruolo
rilevante nel film di Ferzan
Ozpetek Magnifica presenza
del2012.
IL TRIBUTO DELLA SUA CITTÀ
Quella serata del 2000
madrina del nuovo Sociale
di Carlo Martinelli
I SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
Anna Proclemer era (è, verrebbe voglia di dire) una grande
attrice. Per questo piace pensare che nella vita artistica di
questa interprete straordinaria - che ci ha lasciato ieri, e il
palcoscenico non è mai sembrato così vuoto - ci siano due
date, due orari, a segnare in
modo diverso ed indelebile il
rapporto d'affetto che l'ha legata con l'Italia, il suo Paese, e
con Trento, la sua città.
Anna, l'italiana. Alle ore 21
di domenica 15 dicembre 1968
il primo canale della Rai trasmette "Anna dei miracoli" e
la Proclemer, che già aveva
portato con successo in palcoscenico il dramma di William
Gibson (ispirato al caso di Anne Sullivan che riuscì a recuperare alla vita Helen Keller, una
bambina sordomuta), riprende la pièce in televisione. Al
suo fianco c'è la piccola Cinzia
de Carolis: nella storia televisiva una pietra miliare. La classe, lo stile, la grande, intensa
sobrietà della Proclemer diventano patrimonio collettivo.
Anna, la trentina. Giovedì 22
giugno 2000. Dopo anni di lavori il Sociale, "il" teatro di
Trento, riapre i battenti. E ad
inaugurarlo, con una scelta rivelatasi quanto mai felice, si
chiama proprio Anna Proclemer. Lei, che a Trento era nata,
il 30 maggio del 1923, un mercoledì. La storia del Sociale ricomincia con lei, che in quel
teatro fu immortalata dall'
obiettivo di Flavio Faganello:
la sigaretta nel lungo bocchino, pelliccia di ocelot. Nella serata di inizio millennio che restituisce ai trentini il luogo per
eccellenza degli spettacoli, la
madrina è invece in nero, quasi ieratica, e il carisma di una
carriera leggendaria fatta di
frequentazioni mai banali
sembra quasi sospenderla nel
tempo, a spasso nello spazio
della sua terra, delle sue radici.
Lo fa da par suo, ringraziando
e acutamente dissertando sul
fare cultura. Poi sorprende,
con una piccola grande trovata. Recita Dante - un passaggio
del quinto canto dell'Inferno
senza una sbavatura - e poi
prende tutti in contropiede de-
clamando una poesia di Palazzeschi - quel "Rio Bo" che un
tempo tutti si studiava a scuola - con grazia e leggerezza.
Chissà: forse le era stato inevitabile tornare a quel giorno,
aveva 12 anni, nel quale assiste a una recita scolastica,
scappavia con "l'animo in tumulto" piangendo lungo tutta
la strada che la riportava a casa. "Era stata una illuminazione, un fulmine, uno choc irrazionale e sconvolgente. Il presagio di una vocazione, forse",
avrebbe raccontato.
E quel "Rio Bo" di scolastica
memoria è il suggello di una
magica serata nella quale persino i politici parlano poco.
L'unico a prendere la parola è
il sindaco, Alberto Pacher. Premia Anna Proclemer, le conse-
gna l'Aquila di S. Venceslao, sigillo e simbolo dei grandi figli
di Trento. E quando dice "la
storia del Sociale con lei ricomincia", sentenzia che è fatta.
In quei minuti Pacher rivendica il primato della cultura contro il dogmatismo, che è negazione delle differenze. "Mi deve lasciare le motivazioni di
questo riconoscimento - gli dice la Proclemer - anche perché
contiene delle considerazioni
sul teatro che mi sento tranquillamente di far mie. Le copierò". E per chi nel cammino
di una vita generosa, mille miglia lontana dalle miserie gossippare cui ci stiamo tristemente abituando, ha avuto il
tempo di stare al fianco di Vitaliano Brancati prima e di Giorgio Albertazzi poi (uomini che
hanno saputo irridere alla cultura servile, serva del dogmatismo), è facile intuire quali fossero Quelle considerazioni.
Così non v'è da stupirsi se
oggi proprio Pacher, nel frattempo diventato presidente
della Provincia, dice che " se ne
è andata una grande professionista, che ha saputo attraverso
la sua arte ed il suo amore per
il teatro diventare ambasciatrice della sua terra d'origine e
dei suoi valori". E che anch'egli ricordi, come caro e
prezioso, il trionfo che le tributò la sua città in quella serata
di giugno del 2000, quando recitò l'immortale storia d'amore fra Paolo e Francesca, non è
che il giusto tributo ad una icona. Ecco, nella spesso patetica
diatriba che a Trento nei mesi
scorsi ha diviso sulla scelta dei
nomi da mettere alle vie della
città, oggi c'è una certezza. Si
trovi il modi di ricordare subito e senza tanti infingimenti
Anna Proclemer. Che se mai a
Trento si farà un boulevard, a
lei deve essere intitolato.
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