Misure di contrasto al racket estorsivo: il ruolo della

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA
FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE
MASTER DI SECONDO LIVELLO IN
ANALISI, PREVENZIONE E CONTRASTO
DELLA CRIMINALITÁ ORGANIZZATA E DELLA CORRUZIONE
MISURE DI CONTRASTO AL RACKET ESTORSIVO:
IL RUOLO DELLA SOCIETÀ CIVILE E
L'ESEMPIO DI ADDIOPIZZO
di
ALICE RIZZUTI
ANNO 2013
INDICE INTRODUZIONE CAPITOLO I IL FENOMENO ESTORSIVO 1. Il pizzo 2. Le misure di policy CAPITOLO II IL RUOLO DELLA SOCIETÀ CIVILE 1. Cenni sulla mobilitazione sociale e sul movimento antimafia 2. Il movimento antimafia in Sicilia e a Palermo 3. Osservazioni conclusive CAPITOLO III L'ESPERIENZA DI ADDIOPIZZO 1. Il Comitato Addiopizzo: -­‐ La campagna "Pago chi non Paga. Contro il pizzo cambia i consumi" -­‐ Attività nelle scuole: Addiopizzo junior e Addipizzo young -­‐ Libero Futuro -­‐ Community Addiopizzo -­‐ Comitato dei Professionisti Liberi 2. Il consumo critico. Focus sulla campagna "Pago chi non Paga. Contro il pizzo cambia i consumi" 3. Addiopizzo nei processi -­‐ Ufficio legale -­‐ Costituzione di parte civile -­‐ Denunce CONCLUSIONI RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI SITOGRAFIA 1 3 8 18 24 28 30 37 41 49 51 53 INTRODUZIONE "Nel territorio palermitano le estorsioni sono documentate sin dal XVI secolo e rappresentano una delle attività mai dismesse dai gruppi mafiosi, sia per il ritorno economico che assicurano sia perché costituiscono l'esercizio della signoria territoriale, un dominio assoluto su tutte le attività esercitate sul territorio, che trova nella richiesta del pizzo una forma di fiscalità criminale in concorrenza con quella statale" U. Santino, Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all'impegno civile, 2009 Il racket delle estorsioni, attività criminale remunerativa attraverso la quale le mafie riescono ad ottenere utili facilmente reinvestibili in affari illeciti e necessari ai fini del sostentamento delle famiglie dei boss carcerati, colpisce gravemente le imprese e l'intera economia legale del Mezzogiorno e, ormai, di gran parte dell'Italia. La pratica estorsiva è il tipico strumento di affermazione del potere mafioso sul territorio, dal momento che, in cambio del pagamento del pizzo, la mafia offre un servizio di protezione, che in condizioni normali è fornito dalle istituzioni statali. In questo modo il crimine organizzato si propone come autorità alternativa a quella statale legittima, esercitando così un'imposizione "fiscale" in ragione del servizio prestato. Il pizzo, inoltre, presenta profili di convenienza per il commerciante che paga, poiché quest'ultimo viene protetto da altri gruppi criminali e, considerato il pizzo come barriera all'ingresso del mercato, risulta essere avvantaggiato rispetto ai suoi concorrenti non protetti, potendo riversare sugli utenti finali il costo della protezione pagata. Alla luce di tali considerazioni, le prime vittime del "contratto di protezione" risultano essere sia consumatori che acquistano beni e servizi di bassa qualità a prezzi elevati, che i concorrenti potenziali che si vedono ostacolato l’accesso al mercato. Questa ricerca ha l'obiettivo di analizzare le misure di policy del racket estorsivo finora adottate nel territorio siciliano, con un approfondimento al fenomeno della mobilitazione della società civile sociale e all'esperienza realizzata dal Comitato Addiopizzo nella lotta al racket sul territorio palermitano. Nel primo capitolo, presenteremo i profili economici e sociologici del pizzo e distingueremo tre generiche categorie di interventi (statali, economici, sociali). Nel secondo capitolo, concentreremo l'attenzione sul ruolo della società civile e, dopo brevi 1 cenni sul fenomeno della mobilitazione sociale, tratteremo del movimento antimafia attraverso un excursus storico del movimento antimafia siciliano. Nel terzo capitolo, come esempio di efficace intervento della società civile, analizzeremo le attività realizzate dal Comitato Addiopizzo, esaminando la pratica del consumo critico e valutando la partecipazione di Addiopizzo ai processi per estorsione in qualità di assistenza legale e di parte civile costituita ai fini del risarcimento danni. 2 CAPITOLO I IL FENOMENO ESTORSIVO 1. IL "PIZZO" Ai sensi dell'art. 629 c.p. l'estorsione è un reato contro il patrimonio consistente nel procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, costringendo taluno a fare od omettere qualcosa mediante violenza o minaccia. L'estorsione aggravata dal metodo mafioso, più comunemente chiamata "pizzo", è una delle attività più remunerative attraverso cui la mafia ottiene utili facilmente reinvestibili in affari illeciti. La pratica estorsiva è esercitata in svariati settori economici, attraverso la pretesa di pagamento del pizzo ovvero con l'imposizione di servizi, forniture e manodopera. Nel primo rapporto semestrale del 2013 la DIA rileva che Cosa nostra è ancora fortemente attiva nel settore delle estorsioni e che il pizzo, oltre a rappresentare una consistente voce del bilancio grazie al sistemico prelievo di risorse finanziarie, è il tradizionale strumento di controllo del territorio1. Numerosi studiosi, invero, lo considerano il reato tipico attraverso il quale le associazioni a delinquere di stampo mafioso affermano la propria signoria sul territorio2. Schneider e Schneider (2009) configurano Cosa nostra come una gamma di attività che implicano principalmente l'estorsione3. Secondo Arlacchi (1983) la mafia regola i rapporti socio-­‐economici e distorce la concorrenza tramite l'intimidazione e le minacce estorsive4. 1 http://www.interno.gov.it/dip_ps/dia/semestrali/sem/2013/1sem2013.pdf; il pizzo è lo strumento cruciale ai fini dell'imposizione del potere sul territorio anche da parte di nuovi boss emergenti, come si rileva dai recenti accadimenti di sangue avvenuti nel quartiere della Zisa v. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/03/19/zisa-­‐dietro-­‐il-­‐delitto-­‐la-­‐guerra-­‐
del.html e anche alla Noce, v. http://palermo.repubblica.it/cronaca/2013/12/10/news/palermo_si_ rifiuta_di_pagare_il_pizzo_ai_boss_e_viene_pestato_a_sangue_davanti_al_negozio-­‐73181944/; inoltre come ricorda il procuratore aggiunto Agueci <<dopo gli arresti e il ritorno in libertà di numerosi esponenti di Cosa nostra, le famiglie hanno l'esigenza di trovare nuovi equilibri fra loro e lo strumento migliore per riaffermare il proprio potere sul territorio è l'imposizione del pizzo...storicamente, la radice della mafia>>, v. http://www.addiopizzo.org/public/giornaledisicilia_05-­‐03-­‐2014_b.jpg; v. anche Rapporto SoS Impresa, Le mani della criminalità sulle imprese, XII Rapporto, Confesercenti, Roma, 2009 2 Già nel 1991 Falcone sostiene che il pizzo sia il riconoscimento tangibile dell'autorità mafiosa sul territorio, lo considera una vera e propria tassa imposta dalla mafia, v. M.Cecchini, P.Vasconi, S. Vettraino, Estorti e riciclati. Libro Bianco della Confesercenti, F. Angeli, Milano, 1991 3 J. Schneider, P. Schneider, Un destino reversibile. Mafia, Antimafia e società civile a Palermo, Viella, Roma, 2009 4 P. Arlacchi, La mafia imprenditrice. L'etica mafiosa e lo spirito del capitalismo, Il Mulino, Bologna, 1983 3 Scaglione (2008) sostiene che attraverso il pizzo la mafia ribadisca il proprio potere, trasmetta la sensazione di essere fonte di sicurezza e protezione, eserciti un’imposizione fiscale in ragione dei corrispettivi servizi di suddetta protezione ed ottenga consensi dai beneficiari di tali servizi5. Dunque, come già evidenziato, il pizzo è lo strumento che meglio si presta a garantire il controllo del territorio, cd. power syndacate6. Anche Sciarrone (2005) è dello stesso avviso: “l’affermarsi del sistema estorsivo, organizzato a fini di protezione e imposto a livello locale, è l’elemento fondamentale per il funzionamento e la regolazione della signoria territoriale della mafia”7. La Spina (2005) afferma che la protezione estorsiva è il core business di Cosa nostra8 e definisce il racket estorsivo come “produzione e talora offerta coattiva di protezione, in forma tendenzialmente monopolistica, contro un corrispettivo consistente in un’utilità economicamente valutabile [...] Tale attività è efficace perché le vittime sanno ex ante che esiste la possibilità di subire ritorsioni violente nel caso in cui non venga accettata la richiesta estorsiva o non vengano rispettati i termini di accordi in cui è coinvolta la mafia”9. Monzini (1993) ritiene che le caratteristiche del pizzo, attività illegale tipicamente vincolata ad un contesto di dimensione locale, consistano nella capacità degli estorsori di utilizzare la violenza intimidatrice e di penetrare continuativamente aree di mercato preesistenti10. Per un'analisi del fenomeno estorsivo, reputiamo opportuno ricordare che l'analisi economica del crimine (Fiorentini/Peltzman, 1995; Varese, 2011) qualifica la criminalità organizzata come gruppo di organizzazioni concorrenti e/o colluse con le autorità governative, volte a conquistare con la forza il monopolio di un determinato territorio11.: più precisamente, le mafie vengono definite “providers of extralegal governance”12 che 5 A. Scaglione, Il racket delle estorsioni, I costi dell’illegalità. Mafia ed estorsioni in Sicilia, A. La Spina (a cura di), Il Mulino, Bologna, 2008, 80 ss. 6 Ibidem. 7
R. Sciarrone, Mafie vecchie, Mafie nuove. Radicamento ed espansione, Donzelli, Roma, 2005, 24 8 A. La Spina, Mafia, legalità debole e sviluppo del Mezzogiorno, Il Mulino, Bologna, 2005, p. 51 9 A. La Spina, Mafia, legalità debole e sviluppo del mezzogiorno in Sicilia, Il Mulino, Bologna, 2005, 43 10 P. Monzini, L'estorsione nei mercati leciti ed illeciti, in Liuc Papers n.1, Serie Storia, impresa e società 1, settembre 1993, p. 1-­‐17 11 “On the basis of the allocative theory of resources between productive and appropriative activities, we have seen that organised crime can be defined as a set of organizations competing (and/or colluding) with the government and among themselves to obtain the monopoly over coercion in a given territory”, G. Fiorentini, S. Peltzman, The economics of organized crime, Cambridge Univesity Press, Cambridge, 1995, p.12 12 “They are providers of extralegal governance”, F. Varese, Mafias on the move, Princeton Univesity Press, Princeton (USA), 2011, p.6 4 offrono una vasta gamma di servizi per i quali esiste una domanda13 e che generalmente sono garantiti dalle istituzioni statali. Ai fini dell'analisi del fenomeno estorsivo, il servizio rilevante è quello della protezione. Difatti, secondo Gambetta (1992) la mafia siciliana è un'industria di protezione privata e “mentre alcuni cadono vittima di estorsione, molti altri sono clienti volontari dei mafiosi"14. Dunque, a detta di questi autori (v. anche Skaperdas, 2001), le mafie nascono e si sviluppano in contesti in cui l'apparato statale di enforcement è assente o poco efficiente. In casi di "potere vacuo" e di mercati caratterizzati da transazioni economiche instabili e da scarsa fiducia, gruppi criminali organizzati iniziano a soddisfare, attraverso la violenza, le domande di benessere socio-­‐economico e di sicurezza, che in contesti ideali dovrebbero essere adempiute dallo stato15. Sotto il profilo economico, l'assenza della protezione statale si configura come mancata concorrenza nel mercato della protezione, tale da determinare il monopolio della mafia, a danno dei consumatori finali sui quali l'imprenditore taglieggiato trasferisce il costo del pagamento del pizzo16. La vasta gamma di servizi offerti a chi paga il pizzo, ad esempio la garanzia della sicurezza e dei diritti di proprietà, rafforza lo status sociale dei mafiosi e la capacità di mediazione sociale che permette la pratica dell'estorsione. Dunque, dato che l'offerta e/o l'imposizione della protezione avvengono in un contesto in cui la percezione di insicurezza è diffusa, l'estorsore si presenta come garante della sicurezza dei beni e servizi, capace di ridurre le probabilità di furti, rapine, estorsioni anonime ed altre fattispecie di reato, e la protezione viene percepita come risorsa scarsa e necessaria17. 13 “Rather they are groups that aspire to govern others by providing criminal protection to both the under world and the upper world […] They can supply genuine service like protection against extortion; against theft and police harassment; the elimination of competition; the intimidation of customers, workers, and trade unionists for the benefit of employers; the enforcement of cartel agreements […] Just as states impose their protection on their subjects, so do mafias, although it does not follow that the service provided is bogus […] Just as states charge more for their protection services than it costs to produce them, so do mafias”, ibidem; Lavezzi (2012) fa riferimento alla "domanda ed offerta di mafia", v. A.M. Lavezzi, Il crimine organizzato e l'economia italiana, Fonderia Oxford, 2012, p. 6 14 D. Gambetta, La mafia siciliana. Un’industria della protezione privata, Einaudi, Torino, 1992, p. 29; in effetti, nonostante gli indubbi successi della lotta al racket, va rilevato che continuano ad esserci commercianti che, sia per convenienza che per rassegnata disperazione, continuano a pensare che la soluzione sia il pagamento del pizzo, v.http://palermo.repubblica.it/cronaca/2013/12/02/news/subisce_la_sesta_rapina_nel_suo_bar_il_titolar
e_valuto_di_pagare_il_pizzo-­‐72528695/ 15 S. Skaperdas, The political economy of organized crime: providing protection when the State does not, Economics of Governance, Springer-­‐Verlag, Berlin, 2001, pp. 173 ss 16 In particolar modo nel caso di anelasticità della domanda, v. A.M. Lavezzi, Introduction to the economic analysis of organized crime, 2010, p. 12 17 L'efficienza di tale sistema di protezione è condizionata dall'effettivo controllo dei settori delinquenziali e dalla chiarezza e precisione delle informazioni fra chi è protetto e chi non lo è, ibidem; inoltre, i gruppi mafiosi immettono nel mercato dosi limitate di sfiducia per aumentare la domanda di protezione (cfr. Gambetta, 1992) 5 Alla luce di tali considerazioni, anche Dino (2002) sostiene che nel fornire una garanzia di sicurezza la mafia si proponga a tutti gli effetti come "gruppo politico" alternativo allo Stato, riuscendo ad esercitare una sovranità tipicamente statale18. Tuttavia, la protezione offerta dalla mafia in un mercato instabile caratterizzato da poca fiducia non è equiparabile all’estorsione strictu sensu, poiché quest’ultima si paga solo per evitare il danno minacciato, al contrario di quanto non accada nel servizio di protezione o "estorsione contrattuale", in cui l'impresa paga per ottenere una controprestazione che può rivelarsi utile e vantaggiosa19. Chi sceglie di pagare il pizzo non soltanto ottiene garanzie di sicurezza dalle richieste estorsive di altri gruppi criminali, ma aumenta i propri guadagni a danno delle imprese concorrenti non protette, poiché il pizzo ostacola la concorrenza innalzando barriere all'ingresso del mercato20. E' per questo motivo che un aumento dell'acquisto della protezione determina un aumento dell'incentivo a comprarla21. Questa chiave di lettura sociologica può essere considerata utile ma rischiosa, in quanto, se trapiantata sul terreno della prassi penale senza alcun tipo di adattamento, alimenterebbe lo stereotipo in base al quale qualificare la protezione mafiosa come servizio reso dalle mafie nel mercato al pari di altri servizi, portando sempre a considerare l’imprenditore che decide di beneficiare di tale servizio più come cliente che come vittima dell’organizzazione criminale. Siracusa (2008) individua alcune forme differenti di manifestazione del pizzo praticate sul territorio siciliano: in alcune province l’estorsione assume la forma “a tappeto”, colpendo quasi tutti gli esercenti; in altre si rivolge solo alle imprese più grandi, è la cosiddetta “estorsione tradizionale”; in altre ancora, colpisce sporadicamente solo alcune attività e in tal caso parla di “estorsione predatoria”22. In aggiunta a questa tripartizione, 18 A. Dino, Mutazioni. Etnografia del mondo di Cosa Nostra, La Zisa, Palermo, 2002 19 La cd. "domanda di mafia", v. A.M. Lavezzi, Il crimine organizzato e l'economia italiana, Fonderia Oxford, 2012, p. 6 20 Circa la convenienza delle imprese a pagare il pizzo, si rimanda alle dichiarazioni dei pm Principato e Gratteri, in http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/09/06/racket-­‐di-­‐nuovo-­‐
emergenza-­‐pm-­‐il-­‐pizzo.html e in http://www.strettoweb.com/2014/03/gratteri-­‐illustra-­‐le-­‐chiavi-­‐per-­‐
sconfiggere-­‐le-­‐mafie-­‐bisogna-­‐cambiare-­‐labc-­‐partendo-­‐dal-­‐codice-­‐penale/121863/; come rilevato dal rapporto "Alleanze nell'ombra, mafie ed economie locali in Sicilia e nel Mezzogiorno", realizzato dalla Fondazione Res nel 2010, sono aumentati gli imprenditori che cercano interlocutori e accomodamenti di tipo collusivo con il potere mafioso, in una forma di capitalismo politico-­‐criminale dove gli scambi occulti permettono di restare sul mercato e sopravvivere economicamente 21 In altri termini, se aumenta il numero di imprenditori che comprano la protezione, aumenta per gli imprenditori concorrenti la necessità di comprarla 22 L. Siracusa, Il diritto penale e le infiltrazioni mafiose nell’economia: tra certezza ed ambiguità, in I costi dell’illegalità. Mafia ed estorsioni in Sicilia, A. La Spina (a cura di), Il Mulino, Bologna, 2008, p. 257 6 evidenzia un’altra forma di pizzo in cui l'aspetto coercitivo tipico della fattispecie estorsiva è meno accentuato: l'estorsione contrattuale o “estorsione tangente”23, vale a dire il pagamento di denaro o lo scambio di favori teso ad assicurare l’indisturbato svolgimento dell’attività e/o la protezione dalle intimidazioni di altre famiglie mafiose. Nell'estorsione a tappeto, la forma di pizzo consolidatasi negli ultimi anni24, la mafia individua l'impresa da estorcere sulla base di fattori come il settore economico dell’azienda, la tipologia di clienti, la redditività, il carattere dell’imprenditore. La minaccia intimidatoria mafiosa tradizionalmente si concretizza in danneggiamenti simbolici (ad esempio attak nelle serrature dei negozi), in intimidazioni dirette (ad es. telefonate minatorie), in danneggiamenti materiali (ad es. incendi), molto raramente in omicidi. Per ciò che attiene l'estorsione tangente, come più volte ricordato, l’imprenditore ritiene utile stringere il contratto di protezione e considerare il pizzo come un qualsiasi altro costo d'impresa, adottando con la mafia una via contigua e non conflittuale. In altri termini, decide di eseguire la prestazione non solo perché gli viene imposta, ma in vista dei numerosi vantaggi che può ricavarne. Tra tali vantaggi, oltre alla già richiamata protezione, Messineo (2008), ad esempio, menziona la facilità di reperimento dei contatti con amministratori locali e i politici25. In riferimento ai profili penalistici del comportamento dell'imprenditore che sceglie di pagare il pizzo (cd. "messa a posto volontaria"), la condotta considerata si allontana da quello della vittima per avvicinarsi a quello del favoreggiatore e del concorrente esterno26. Tuttavia, Visconti (2003) rileva che, tipicamente, la giurisprudenza non riconosce come penalmente responsabile l’imprenditore che in cambio di protezione collabora con la mafia dal momento che, per una condanna dell'imprenditore per concorso in associazione mafiosa, è difficile dimostrare la volontà dello stesso a contribuire alla realizzazione dello scopo associativo. Quindi, nel caso di chi paga il pizzo per ottenere una riduzione del numero dei concorrenti, è arduo individuare il nesso tra la condotta imprenditoriale e la restrizione del mercato. 23
Ibidem, p. 259 24 A. Scaglione, Il racket delle estorsioni, cit., pp. 83 ss. 25
F. Messineo, Estorsione o concorso esterno in associazione mafiosa. Viaggio attraverso un confine incerto, in I costi dell’illegalità. Mafia ed estorsioni in Sicilia, A. La Spina (a cura di), Il Mulino, Bologna, 2008, p. 219. 26 La magistratura ha più volte indagato e condannato commercianti conniventi che hanno continuato a negare di aver pagato il pizzo, v. http://palermo.repubblica.it/dettaglio/racket-­‐processo-­‐a-­‐boss-­‐e-­‐
negozianti-­‐alla-­‐sbarra-­‐chi-­‐nego-­‐di-­‐pagare-­‐il-­‐pizzo/1495430, http://livesicilia.it/2013/01/30/pizzo-­‐
commercianti-­‐favoreggiamento_253675/ 7 Eppure, già nel 1996 il Tribunale di Palermo, nel riscontrare l’esistenza di condotte che fuoriescono dal tradizionale schema del pagamento della “tassa” estorsiva, ha individuato nel conferimento di contributi agevolatori diversi dal pagamento del pizzo un criterio per distinguere l’imprenditore contiguo/colluso da quello che resta vittima del pizzo. Inoltre, svariate pronunce hanno stabilito che il coinvolgimento di imprenditori e commercianti in inchieste di mafia può stare ad indicare non necessariamente la collusione, quanto l'incapacità dello stato di assicurare la convivenza pacifica per tutti gli attori sociali27. In riferimento alla possibilità di ricostruire un legame associativo fra imprenditore e associazione mafiosa, volto a garantire una posizione monopolistica all’impresa attraverso la forza dell’intimidazione ambientale che tale legame comporta, Sciarrone (2011) parla di "zona grigia", in cui gli attori del mercato mantengono rapporti a cosiddetta "geometria variabile" (complicità, collusione, compenetrazione)28. Allo stesso modo, Turone (2008) ritiene necessario differenziare i diversi tipi di comportamenti imprenditoriali in cui si concretizza il rapporto tra vittima e mafia: gli imprenditori subordinati, in tutto assoggettati alle scelte criminali; gli imprenditori collusi, veri e propri “clienti” dell’ impresa mafiosa; infine, gli imprenditori strumentali, collocati in una zona di confine tra il rilevante e l’irrilevante penalmente29. Infine, La Spina (2000)30 propone di effettuare un’analisi costi-­‐benefici per distinguere l’imprenditore vittima dell’estorsione dall'imprenditore cliente che approfitta del racket per ottenere vantaggi: l'imprenditore colluso ottiene i "benefici innaturali", al contrario dell'imprenditore vittima che subisce passivamente i "costi innaturali" che, senza l'intimidazione mafiosa, non avrebbe pagato. 2. LE MISURE DI POLICY Nell'ambito delle misure di contrasto al fenomeno del pizzo, La Spina (2005) distingue fra politiche di contrasto dirette e politiche indirette. Fra le politiche dirette, si rilevano importanti provvedimenti antimafia adottati all'indomani di eventi come stragi e omicidi. Ad esempio, le norme incriminatrici 27 C. Visconti, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Giappichelli, Torino, 2003 28 R. Sciarrone, Mafie, relazioni e affari nell'area grigia, in R. Sciarrone, Alleanze nell'ombra. Mafie ed economie locali in Sicilia e nel mezzogiorno, Donzelli, Roma, 2011 29 G. Turone, Il delitto di associazione mafiosa, Giuffrè, Milano, 2008 30
A. La Spina, Le reazioni della società civile e la prevenzione degli enti locali, in AA. VV., Il crimine organizzato come fenomeno transnazionale, Militello-­‐ Paoli-­‐ Arnold (a cura di), Giuffrè, Milano-­‐Friburgo, 2000, p. 456 8 innovative della normativa vigente; l'aumento dei poteri investigativi e preventivi esercitabili dai pubblici ministeri; l'adozione di misure patrimoniali preventive; l'incentivazione, la tutela e la gestione dei collaboratori di giustizia; la politica antimafia di matrice giudiziaria (es. in materia di concorso esterno in associazione mafiosa) e la severità delle pene e del regime carcerario per i reati di mafia31. Fra le politiche indirette, La Spina annovera misure volte a promuovere una cultura di legalità, una reazione della società civile e a rendere le pubbliche amministrazioni impermeabili ai fenomeni mafiosi. Ad esempio, la normativa che prevede benefici destinati alle vittime del racket e la creazione di un commissario responsabile del coordinamento delle azioni contro il racket e l'usura; l'adozione di strumenti di programmazione negoziata volti a promuovere lo sviluppo socio-­‐economico a livello locale, coinvolgendo comuni ed altri enti territoriale (es. patti territoriali e protocolli di legalità); l'obbligo di esibizione del certificato antimafia per tutte le imprese che lavorano nel settore pubblico o che richiedono aiuti pubblici; provvedimenti di scioglimento di consigli comunali e provinciali in caso di provata infiltrazione mafiosa. Lavezzi (2012) propone una diversa ripartizione fra misure di policy, individuando tre categorie di interventi di prevenzione e contrasto al pizzo: le misure statali di mera repressione, le misure statali economiche volte a ridurre gli incentivi alla domanda di mafia e di protezione (es. regolazione dei mercati, garanzia di concorrenza) e le misure introdotte dalla società civile (es. la mobilitazione sociale e le misure di prevenzione e di promozione di modelli culturali conformi alla legalità)32. In tutti i casi l’attenzione è agli incentivi dei soggetti sia interni che esterni alla criminalità organizzata, dal momento che, qualora sussistano sia gli incentivi a domandare mafia che quelli ad offrire, una misura di prevenzione e contrasto efficace deve necessariamente intervenire su entrambi i profili33. In riferimento alle policies individuate da Lavezzi, consideriamo le seguenti categorie: • MISURE STATALI In questa tipologia di misure rientrano tutti gli interventi di policy adottati dalle istituzioni34 -­‐ in particolare dello Stato -­‐ ossia da entità almeno formalmente separate 31 A. La Spina, Mafia, legalità debole e sviluppo del Mezzogiorno, cit., pp. 58 -­‐ 66 32 A.M. Lavezzi, Il crimine organizzato e l'economia italiana, cit., p.13; A.M. Lavezzi, Organised Crime and the Economy: a Framework for Policy Prescriptions, 2012 33Ibidem 34 Con "misure statali-­‐istituzionali" Lavezzi intende indicare "le opzioni di modifica degli incentivi che passano per l’intervento di un soggetto, essenzialmente lo Stato, che può modificare le “regole” del gioco, che 9 dai soggetti operanti nell’economia e nella società e che, rispetto a quest'ultima, hanno un ruolo di autorità superiore (o di ente supremo). In primo luogo vanno menzionate le misure penalistico -­‐ repressive. Nonostante le difficoltà di incriminare le condotte di imprenditori dell'area grigia35 che stipulano patti di protezione con il crimine organizzato, la scelta politico-­‐criminale tradizionalmente compiuta dal legislatore è quella di sancire la punibilità, nella maggior parte dei casi per concorso esterno in associazione mafiosa, della prestazione resa dall’estraneo, ossia dall'imprenditore, in favore dell’associazione mafiosa, partendo dal presupposto che è opportuno sanzionare la condotta di chi, dall’esterno dell’organizzazione e senza la volontà concreta di volervi entrare a far parte, compie un servizio di sostentamento al crimine organizzato36. Siracusa (2008) rileva che, nel caso dell’estorsione tangente, sarebbe opportunamente prospettabile un’autonoma fattispecie incriminatrice che punisca l’imprenditore meno severamente di un concorrente esterno37, ritenendo necessario effettuare un’analisi del costo sociale conseguente l’ingresso nell’ordinamento di nuove fattispecie, ossia dell’impatto che avrebbe sulla società l’introduzione di una norma di diritto penale che punisca l'imprenditore vittima delle richieste estorsive. Per ciò che attiene questa tipologia di interventi di stampo prettamente repressivo, le crime policies, Lavezzi distingue la repressione della domanda di mafia da quella dell'offerta di mafia (e, quindi, anche della domanda e dell'offerta di protezione), rilevando come l'uso della forza aumenti i costi di entrambi i profili. Sottolinea che, nell'adozione delle politiche di policy antimafia, le istituzioni devono considerare l'intensità della sanzione e la sua effettiva imposizione, ponendo attenzione alla tipologia di risorse impiegate (es. forze di polizia, etc.) e alla loro efficienza38. Inoltre, tali interventi penalistico/repressivi, per quanto opportuni e necessari, richiedono lunghi tempi di realizzazione e non offrono prospettive di sicura riuscita. In secondo luogo, va ricordata la sanzione interdittiva di natura amministrativo-­‐
parapenale39 introdotta dal pacchetto sicurezza 2009, legge n. 94/09. Quest'ultimo ha modificato l’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, inserendo una causa di esclusione definiscono gli incentivi a cui rispondono gli agenti, attraverso una serie di interventi normativi", ibidem, p.14 35 R. Sciarrone, Mafie, relazioni e affari nell'area grigia, 2011, cit. 36 C. Visconti, Contiguità alla mafia e responsabilità penale, Giappichelli, Torino, 2003, pp. 335 ss. 37 L. Siracusa, Il diritto penale e le infiltrazioni mafiose nell’economia: tra certezza ed ambiguità, cit., p. 280 38 A.M. Lavezzi, Il crimine organizzato e l'economia italiana, cit., p.16 ss. 39 V. Militello, L. Siracusa, L’obbligo di denuncia a carico dell’imprenditore estorto fra vecchi e nuovi paradigmi sanzionatori, in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, Cedam, Padova, 2010, pp. 331 ss. 10 dalla partecipazione a gare d’appalto a carico degli imprenditori che non abbiano denunciato reati di estorsione e di concussione aggravata commessi a loro danno da terzi40. Tale sanzione richiama l'inserimento, da parte di associazioni antiracket, di clausole di decadenza contrattuale da appalti di enti pubblici per tutti gli appaltatori legati al crimine organizzato in protocolli con enti locali. La misura prevista dall'art. 38 mira a promuovere un modello di collaborazione fra società civile e organi giudiziari improntato sulla cultura della legalità, volto a rendere l’imprenditore estorto più responsabile ed in grado di partecipare attivamente all’iter investigativo di repressione del crimine organizzato. L’obbligo di denunciare il reato di estorsione rappresenta la manifestazione di un generale dovere di fedeltà verso lo Stato e di un obbligo di solidarietà nei confronti delle istituzioni che, mediante le funzioni giudiziarie, garantiscono la pacifica convivenza sociale. Nonostante l'indubbia efficacia ed importanza simbolica di tale sanzione, va tuttavia rilevato che il principale pericolo che essa incontra è, da un lato, quello di essere percepito come un ingiustificato peso imposto dall’ordinamento e, dall’altro lato, quello di disincentivare l’apertura di attività economiche in zone ad elevata densità mafiosa41. In terzo luogo, bisogna considerare gli interventi di diritto premiale42. Un intervento statale di contrasto al fenomeno dell’estorsione mafiosa, infatti, può prevedere l'applicazione di misure premiali, per cui l’imprenditore estorto che decide di denunciare i propri estorsori riceve un premio (incentivi economici, agevolazioni fiscali, riduzione dei tempi burocratici, facilità di accesso a linee di credito, etc.), che possa ricompensarlo del danno ingiusto subito, scoraggiandone la reticenza e l'omertà, favorendo la consapevolezza dell'importanza della collaborazione e della denuncia nella lotta al racket e, in fin dei conti, riducendo la "convenienza del delinquere"43. Dunque, 40“L’introduzione nel nostro ordinamento di un’apposita fattispecie penale o amministrativa, che punisca la violazione di un più ampio e generalizzato dovere di denuncia di fatti in ipotesi riconducibili al paradigma dell’art. 629 c.p., potrebbe costituire un efficace deterrente contro atteggiamenti omertosi, anche del ceto imprenditoriale[…]”, in P. Grasso, Le imprese tra sicurezza e legalità, in I costi dell’illegalità, a cura di A. La Spina, cit., 335 ss. 41 Difatti, è plausibile ritenere che le imprese, dopo un'analisi costi/benefici, possano scegliere di non aprire attività economiche in zone ad alta densità mafiosa pur di non affrontare il rischio di vedersi comminata tale misura interdittiva in caso di omessa denuncia per subita estorsione 42 V. Militello, L. Siracusa, L’obbligo di denuncia a carico dell’imprenditore estorto fra vecchi e nuovi paradigmi sanzionatori, cit. 43 V. gli interventi previsti dai provvedimenti legislativi di solidarietà e cooperazione tra Stato e vittime della mafia, ad esempio la Legge n. 44 del 1999 sul fondo di solidarietà delle vittime estorsive; secondo il presidente nazionale della Rete per la Legalità, Lorenzo Diana ''non bastano più gli appelli al senso etico e civico a reagire alle mafie, ma bisogna creare la convenienza affinché gli imprenditori denuncino i fenomeni estorsivi, creando le condizioni affinché chi denuncia sia premiato e abbia più lavoro", in http://www.ansa.it/legalita/notizie/regioni/campania/2013/10/07/Racket-­‐Rete-­‐legalita-­‐agevolazioni -­‐chi-­‐denuncia_9422354.html 11 menzioniamo una serie di iniziative di natura premiale realizzate da comuni e da altri enti pubblici44: -­‐ nel 2012 il Comune di Catania ha adottato all'unanimità un nuovo regolamento comunale antiracket che prevede l'esenzione quinquennale dalle imposte comunali a favore dei commercianti e degli imprenditori che scelgono di denunciare il pizzo, al fine di incentivarli alla legalità e alla ribellione45; -­‐ nel settembre 2013 il comune di Palermo ha approvato un regolamento Tares che prevede riduzioni fiscali per gli imprenditori vittime dell'estorsione46; -­‐ nel 2005 il Senato accademico dell'Università degli Studi di Palermo ha statuito l'esenzione dal pagamento delle tasse universitarie per gli studenti che hanno avuto il coraggio di denunciare tentativi di estorsione a danno loro o dei loro parenti e per gli studenti i cui genitori abbiano sporto denuncia47; -­‐ nel 2013, in occasione della commemorazione annuale di Libero Grassi, il Comune di Palermo ha varato un fondo destinato a contributi in favore di chi denuncia le estorsioni48; inoltre, contestualmente, l'assessorato comunale alle Attività produttive e la Camera di commercio hanno siglato un accordo per creare un tavolo permanente antiracket49. Infine, come ultima misura premiale, ricordiamo che da tempo si discute circa l’introduzione di white lists che forniscano incentivi alle imprese denuncianti, ad esempio linee di credito a tassi d’interesse inferiori o posizioni privilegiate negli appalti 44 Dato l'ambito di ricerca, sono stati considerati -­‐ prevalentemente -­‐ gli interventi adottati in territorio siciliano 45 http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/03/17/news/di_salvo_catalano-­‐31699509/; già nel 2008 la medesima iniziativa viene decisa dal comune di Vittoria in provincia di Ragusa, v. http://archiviostorico.corriere.it/2008/gennaio/24/sindaco_chi_denuncia_pizzo_non_co_9_080124035.s
html 46http://palermo.repubblica.it/cronaca/2013/09/28/news/tares_approvato_il_regolamento_il_saldo_slitt
a_a_gennaio_2014-­‐67441592/; al di fuori dal territorio siciliano, nel 2011 il comune di Ercolano era stato formalmente "deracketizzato" con l'adozione di un'analoga misura nell'ambito di una politica antimafia in grado di coinvolgere l'intera collettività, v. http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/repit/2011 /11/23/news/bolzoniercolanouno_bolzoniercolanodue-­‐25476543/?ref=HREC1-­‐2 47 http://www.repubblica.it/2005/f/sezioni/scuola_e_universita/pizzo/pizzo/pizzo.html 48 Il sindaco Orlando ha dichiarato che "quel che conta però è, oltre al sostegno materiale, dare un chiaro segnale di vicinanza, che si affianca alla costituzione di parte civile che il Comune intende promuovere per tutti i procedimenti riconducibili al racket, che ha senza alcun dubbio, un impatto devastante sull' economia cittadina", v. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/08/29/un-­‐fondo-­‐del-­‐
comune-­‐per-­‐le-­‐vittime.html 49 Va, opportunamente, ricordata la soluzione analoga adottata dalla Camera di Commercio di Reggio Calabria che ha esentato dal pagamento della tassa camerale le imprese aderenti denunciano i propri estorsori, v. http://www.newz.it/2012/01/04/niente-­‐tasse-­‐per-­‐chi-­‐denuncia-­‐il-­‐racket-­‐la-­‐camera-­‐di-­‐
commercio-­‐di-­‐reggio-­‐calabria-­‐premia-­‐gli-­‐imprenditori-­‐che-­‐collaborano-­‐con-­‐la-­‐giustizia/128944 12 pubblici50, e circa la previsione dell’innalzamento del rating dell'impresa che si oppone al pizzo51. In entrambi i casi va rilevato che il problema principale consiste nell’individuazione dei criteri per ottenere il conferimento di tali vantaggi. • MISURE ECONOMICHE Le misure di policy di stampo economico, non-­‐crime policies, mirano a prevenire la fattispecie estorsiva, riducendo gli incentivi della domanda e dell'offerta di protezione mafiosa. In questa categoria Lavezzi inserisce gli intereventi di politica economica volti a garantire un'effettiva concorrenza sul mercato, che, eliminando le barriere all’ingresso52, riducano per le imprese protette la possibilità di guadagni da quasi-­‐monopolio e la capacità di riversare il pizzo pagato sul prezzo finale del prodotto a danno dei consumatori finali, in tal modo diminuendo la convenienza ad interagire con la mafia. Ad esempio, tali politiche concorrenziali dovrebbero essere volte a facilitare l'accesso al credito bancario con una riduzione dei tassi di interesse, diminuendo il ricorso a prestiti usurari53. Inoltre, in termini di miglioramento della concorrenza sul mercato, vanno annoverate anche le modifiche alla normativa sugli appalti volte a scoraggiare la creazione di cartelli e che, tuttavia, non riguardano strettamente la riduzione degli incentivi alla domanda di protezione mafiosa, ma attengono, più in generale, alle policies volte a ridurre gli incentivi alla domanda di mafia54. Rientrano in tale categoria anche le politiche volte ad aumentare l'efficienza delle istituzioni, dal momento che, come ricordato nel paragrafo precedente, è proprio l'inefficienza delle istituzioni statali nello svolgimento di funzioni essenziali a determinare il sorgere della domanda di mafia e a spingere gli operatori economici a 50 R. Sciarrone, Mafie, relazioni e affari nell’area grigia, in R. Sciarrone, Alleanze nell’ombra. Mafie ed economie locali in Sicilia e nel mezzogiorno, Donzelli, Roma, 2011; in riferimento a questa policy, appare opportuno ricordare la pubblicazione nel 2013 del decreto sulla pubblicazione presso le prefetture degli elenchi contenenti "white lists" delle imprese "mafia-­‐free" operanti in settori economici ad elevato rischio di infiltrazione 51http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/01/31/news/rating_maggiore_a_imprese_antimafia_c_l_ok_
del_ministro_cancellieri-­‐29048398; v. nota 64 52 Si sottolinea nuovamente che l'analisi economica del crimine configura il pizzo come barriera all'ingresso del mercato in cui operano le imprese estorte, v. Gambetta, Lavezzi. 53 A.M. Lavezzi, Il crimine organizzato e l'economia italiana, cit., p.14 ss. 54 Lavezzi si riferisce principalmente all'introduzione del certificato antimafia: "Incentives to participate in cartels overseen by criminal organisations can be reduced by changes to public procurement laws, making it more difficult for firms to enter this type of agreement. This is another instance, therefore, in which the efficiency of the State could be enhanced. An important feature of Italian legislation in this matter regards the so-­‐called “anti-­‐Mafia” certification", in A.M. Lavezzi, Organised Crime and the Economy: a Framework for Policy Prescriptions, cit., p. 21 13 rivolgersi alla criminalità organizzata55. Nel caso del pizzo è lecito immaginare che un aumento della garanzia di protezione da parte delle forze di polizia ridurrebbe drasticamente il ricorso alla protezione estorsiva mafiosa. Oltre a ciò, Lavezzi ritiene che, per assicurare mercati altamente concorrenziali con policy di contrasto alle domanda di protezione, sia auspicabile una progressiva deregolamentazione dal momento che le mafie tendono a proliferare in mercati altamente regolamentati56. Infine, anche un intervento di depenalizzazione57 può essere un efficace strumento di lotta alle mafie, rendendo legale il commercio di beni e servizi i cui mercati tradizionalmente sono gestiti dal crimine organizzato in regime di monopolio58. • MISURE DELLA SOCIETA' CIVILE L'ultima categoria considerata fa riferimento alle misure adottate dalla società civile, intesa come gruppo composto da singoli individui o da associazioni (ad esempio, le associazioni di categoria, le associazioni antiracket, gli ordini professionali, etc.). Lavezzi ne parla ricollegandosi al concetto di “deterrenza diffusa”, ovvero a tutti gli interventi di contrasto e prevenzione messi in atto dalla collettività, considerati in opposizione alle misure deterrenti repressive delle istituzioni statali. In primo luogo, nell'ambito di tali misure, rileva il profilo della riprovazione che la società esprime contro fenomeni criminali come il pizzo: esprimere disapprovazione e condannare le condotte mafiose e le condotte imprenditoriali rientranti nell'area grigia, ne innalza il "costo morale", diffondendo la convinzione che fare affari e stringere rapporti di convenienza con la mafia attraverso il meccanismo dell'estorsione tangente è moralmente sbagliato59. 55 "If the demand for Mafia is expressed for services that the State provides inefficiently, increasing State efficiency in providing such services can reduce incentives to resort to organised crime", ibidem, pp. 16 ss. 56 Il caso più eclatante è quello delle politiche proibizioniste; "excessive regulation (and taxation) can not only hinder competition, but may provide firms with incentives to operate in the “informal economy”, where regulations are not applied and taxes are not paid", ibidem, pp. 16 ss. 57 Volutamente non si stanno considerando i problemi etico-­‐sociali connessi alla depenalizzazione di determinate condotte, come ad esempio il commercio delle droghe 58 "Decriminalisation of illegal goods and services, in particular narcotics, is heavily debated from different perspectives... decriminalisation would reduce the costs mentioned above: violence, spread of other crimes, etc.[...] Decriminalisation would reduce demand for mafia as an alternative to the State", ibidem, p. 23; anche questa tipologia di intervento riguarda genericamente la riduzione degli incentivi alla domanda di mafia e non esclusivamente la riduzione degli incentivi alla richiesta di protezione mafiosa 59 "Following the idea of a “moral cost” attached to interactions with organised crime, we consider the effect of a value in a population, according to which organised crime is “bad”, and consequently interacting with it implies a cost... By this simplification, we refer to ideas such as those of Schneider and Schneider (2003, p. 14 In secondo luogo, vanno ricordate le scelte compiute da alcune associazioni di categoria volte a promuovere comportamenti virtuosi di lotta al racket da parte dei propri aderenti: -­‐ nel 2007 Confindustria Sicilia ha inserito nel codice etico una norma che mira ad incentivare le denunce, prescrivendo l'espulsione per l'imprenditore colluso con la mafia e per quello che, anche per motivi di convenienza, non denuncia una subita estorsione60; nel 2010 la medesima sanzione sociale è stata adottata da Confindustria nazionale; nel 2011 Confindustria Sicilia ha firmato un protocollo di collaborazione con la Questura di Palermo, al fine di informare costantemente gli imprenditori siciliani sui temi generali della sicurezza e della legalità e su quelli più specifici delle modalità di denuncia del pizzo e della tutela offerta a chi ha subito minacce estorsive61; nel 2012 Confindustria Sicilia ha proposto allo Stato il riconoscimento di un rating d'impresa superiore agli imprenditori che favoriscono la promozione della legalità denunciando i propri estorsori62; nel 2014 Confindustria Centro Sicilia crea un "desk-­‐imprese" per fornire assistenza sul piano legale, economico-­‐finanziario e psicologico, agli imprenditori che scelgono di opporsi al racket del pizzo e dell’usura63; -­‐ nel 2011 Confcommercio Palermo ha adottato un nuovo codice etico a sottoscrizione obbligatoria che vincola le imprese aderenti a denunciare le estorsioni subite; nello specifico, è prevista la sospensione per chi paga il pizzo senza denunciare e l’espulsione per i condannati con sentenza passata in giudicato per reati di mafia, tra cui 217), who use the term “antimafia ideology”, or Akerlof and Yellen (1994, p. 188), who speak of: “community norms concerning cooperation with law enforcement efforts” (emphasisadded). A related concept, often used with respect to its dissemination in schools, is “culture of legality (La Spina, 2008, p. 204)", A.M. Lavezzi, Organised Crime and the Economy: a Framework for Policy Prescriptions, cit., p. 23 60 Sulla scia della scelta compiuta da Confindustria, nel 2010 una misura analoga è stata prevista nell'ambito dell'adozione del codice etico da parte dell'Associazione dei costruttori edili siciliani ANCE-­‐
Palermo, v. http://www.ancepalermo.it/IDNEWS_52__100_WSC_NoWsC; nella seconda relazione semestrale del 2008, i magistrati della DDA esprimono giudizi severi circa l'efficacie dell'iniziativa di Confindustria che prevede l'espulsione per gli imprenditori affiliati, nonostante il riconoscimento dell'importanza di simili iniziative realizzate al fine di "inceppare l'ingranaggio del consenso mafioso", v. II Relazione Semestrale DNA, 2008, p.90 61 Sino al 2011 sono stati 30 gli imprenditori siciliani espulsi, di cui uno solo a Palermo, a fronte di 150 denunce in Sicilia, di cui 30 a Palermo, v. http://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/01/ 04/news/la_lotta_alla_mafia_di_confindustria_lo_bello_abbiamo_espulso_30_aziende-­‐10840192 62 Questa proposta, pur avendo ricevuto consensi da più fronti, non risulta ancora essere stata adottata, v. http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/01/31/news/rating_maggiore_a_imprese_antimafia_c_l_ok_d
el_ministro_cancellieri-­‐29048398/ 63 Lo sportello di assistenza è attivato nell’ambito del progetto “Caltanissetta e Caserta sicure e moderne”, facente parte del PON -­‐ Sicurezza, Obiettivo convergenza 2007-­‐2013 promosso dal Commissario antiracket e antiusura in collaborazione con Confindustria, v. http://www.si24.it/2014/04 /21/assistenza-­‐per-­‐gli-­‐imprenditori-­‐che-­‐dicono-­‐no-­‐al-­‐pizzo-­‐liniziativa-­‐di-­‐confindustria-­‐centro-­‐sicilia-­‐
contro-­‐il-­‐racket/48926/ 15 favoreggiamento e concorso in associazione mafiosa64. Riteniamo che sarebbe opportuno che anche gli ordini professionali di avvocati, commercialisti, ingegneri, medici e di altre libere professioni prevedessero l'introduzione di analoghe sanzioni nei confronti di propri iscritti coinvolti in vicende estorsive e, più in generale, indagati e/o condannati per reati quali favoreggiamento o concorso esterno in associazione mafiosa65; In terzo luogo, nell'ambito delle policies condotte della società civile, va evidenziato il ruolo svolto dall'associazionismo antiracket66: negli ultimi anni si sono moltiplicate le associazioni volte a promuovere la cultura della legalità e a diffondere l'idea secondo cui è necessario e conveniente restare uniti nella lotta al racket e alle mafie67. Al fine di allargare la resistenza degli imprenditori e aumentare il numero delle denunce, le associazioni antimafia di tutta Italia si sono unite nella FAI-­‐Federazione delle Associazioni Antiracket ed Antiusura. Fra gli esempi più importanti e di successo si possono citare Libera-­‐ Associazioni, nomi e numeri contro le mafie e, per la realtà siciliana e soprattutto palermitana, il Comitato Addiopizzo. Di associazionismo e di Addiopizzo tratteremo approfonditamente nel prosieguo del lavoro. In conclusione, condividiamo le problematiche che Lavezzi (2013) riscontra circa alcune misure di policy, ritenute efficaci solo qualora le imprese dell'area grigia siano in effetti private della capacità di esercitare l'attività economica. Ad esempio, si discute circa la convenienza che un'impresa aderente a Confindustria o a Confcommercio ottiene dal far parte dell'associazione di categoria68 e, quindi, circa l'efficacia punitiva e simbolica di una misura come quella dell'espulsione in caso di mancata denuncia di estorsione, dato che, anche nel caso di espulsione, l'imprenditore potrebbe continuare a lavorare senza 64http://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/10/18/news/la_svolta_di_confcommercio_fuori_chi_non_d
enuncia_il_pizzo-­‐23466734 65 A.M. Lavezzi, Organised Crime and the Economy: a Framework for Policy Prescriptions, cit.; A.M. Calì, DisOrdini, Navarra editore, Palermo, 2010 66 A.M. Lavezzi, Organised Crime and the Economy: a Framework for Policy Prescriptions, cit. 67 "Permettendo alle autorità giudiziarie di venire a conoscenza dell’esatta rete estorsiva e di condurre indagini mirate, le associazioni antiracket sono il giunto di collegamento fra lo Stato e la società civile [...] ciascuna associazione è iscritta nell'apposito elenco tenuto presso la prefettura del luogo in cui essa ha sede", in S. Caradonna, Le imprese e il movimento antiracket, in I costi dell’illegalità. Mafia ed estorsioni in Sicilia, A. La Spina (a cura di), cit., pp. 289 ss. 68 In merito alla convenienza dell'adesione ad un'associazione di categoria, come ad esempio Confindustria, basti pensare che nel 2011 la Fiat ha scelto di non farne più parte; inoltre, è notizia recente che , a causa delle esose spese da affrontare per aderire a Confindustria, molte imprese scelgono di uscirne v.http://www.repubblica.it/economia/2013/07/22/news/fuga_da_confindustria_le_imprese_costa_tropp
o-­‐63441910/?ref=HREC2-­‐9 16 limitazioni. Inoltre, una reazione di deterrenza diffusa del pizzo, così come anche l'introduzione di nuove norme penali volte a colpire l'imprenditore che non denuncia, per ciò che attiene le crime policies determinano il sorgere di problemi di coordinamento. Questi ultimi sono dovuti al fatto che una strategia collettiva è totalmente vincente solo se vi è certezza che ciascun imprenditore scelga di non pagare. Altrimenti, nel caso opposto, non conoscendo la scelta del concorrente, il singolo imprenditore potrebbe razionalmente decidere di pagare69. 69A.M. Lavezzi, Organised Crime and the Economy: a Framework for Policy Prescriptions, cit., pp. 32 ss 17 CAPITOLO II IL RUOLO DELLA SOCIETA' CIVILE 1. CENNI SULLA MOBILITAZIONE SOCIALE E SUL MOVIMENTO ANTIMAFIA Nella trattazione del movimento antimafia reputiamo necessario fornire qualche indicazione generica circa il fenomeno della mobilitazione della società civile, considerato che il movimento de qua è un movimento sociale e rappresenta la manifestazione dell'impegno della collettività nella lotta alle mafie. -­‐ In primo luogo, ricordiamo la definizione di società civile data nel 2010 dalla World Bank: "the wide array of nongovernmental and not-­‐for-­‐profit organizations that have a presence in public life, expressing the interests and values of their members or others, based on ethical, cultural, political, scientific, religious or philanthropic considerations. Civil Society Organizations (CSOs) therefore refer to a wide of array of organisations: community groups, nongovernmental organisations (NGOs), labour unions, indigenous groups, charitable organizations, faith-­‐based organisations, professional associations, and foundations"70. La Spina (2005)71, nell'analisi dell'espressione "società civile", riprende l'idea contrattualistica di Locke e Hume secondo i quali è "un prius logico rispetto allo Stato, che di essa dovrebbe costituire il guardiano e il garante". Quindi, comprende associazioni, comunità locali, chiese, soggetti economici, movimenti, istituzioni educative, scientifiche e culturali e numerosi altri soggetti civili portatori di interessi ed ideali, anche divergenti fra loro. Nella visione marxista, al contrario, "fa parte della società civile tutto ciò che è esterno allo Stato, vale a dire tutto ciò che non è produzione e attuazione formalizzata e coercitiva di decisioni pubbliche (...) La società civile è un'entità cui risulta facile attribuire interessi e intenti unitari, anche se poi se ne fanno portavoce solo singoli gruppi, associazioni e movimenti"72. Dunque, per entrambe le posizioni dottrinarie, essa rappresenta un luogo in cui circolano diversi modelli culturali ed ideologici. 70http://web.worldbank.org/WBSITE/EXTERNAL/TOPICS/CSO/0,,contentMDK:20101499~menuPK:244
752~pagePK:220503~piPK:220476~theSitePK:228717,00.html 71 A. La Spina, Mafia, legalità debole e sviluppo del Mezzogiorno, Il Mulino, Bologna, 2005, pp.115-­‐116 72 Ibidem. 18 -­‐In secondo luogo, evidenziamo che per mobilitazione si intende il processo attraverso il quale un gruppo si trasforma da semplice aggregato di individui a gruppo di partecipazione attiva alla vita pubblica73. Ramella (1995) definisce pubblica la mobilitazione sociale di cui fanno parte gruppi culturali che svolgono iniziative ed azioni collettive di lotta ai problemi attuali della società, come ad esempio marce, campagne di sensibilizzazione, etc74. Ciò che accomuna tali iniziative, e che quindi contraddistingue la mobilitazione pubblica, è il fatto che denotino una "pubblicizzazione di questioni da parte di aggregazioni collettive che agiscono in via primaria sul terreno della società civile [...] Tra le associazioni di mobilitazione pubblica si nota uno spiccato orientamento verso propositi di impegno e di influenza sociale per la collettività". L'impegno si concretizza attraverso attività di promozione culturale che direttamente ed indirettamente mirino ad accrescere le risorse del tessuto sociale75. La mobilitazione pubblica rappresenta, dunque, un canale di partecipazione che favorisce un processo di integrazione istituzionale, laddove i gruppi di aggregazione intrattengono importanti rapporti con lo Stato e gli enti locali76. Negli ultimi anni si sono diffusi processi e trasformazioni sociali che hanno fortemente incrementato i potenziali di partecipazione presenti nella società. Ciò ha determinato un aumento delle risorse discrezionali disponibili nella società, con una conseguente proliferazione delle associazioni77. L'associazionismo è, difatti, un'espressione tipica della mobilitazione sociale e svolge l'importante ruolo di influenzare la vita dei consociati, promuovendone una condotta eticamente orientata. Ramella rileva che la diffusione delle associazioni volontarie sia stata più volte assunta come indicatore della vitalità e della maturità civile di una società e che nel Mezzogiorno si sia sviluppata una mobilitazione sociale che segnala una tendenza al rafforzamento e all'autonomizzazione della società civile78. Renda (1993) ritiene che l'associazionismo rifletta precedenti esperienze politiche: "l’esistenza di esperienze politiche (...) sembra infatti predisporre le associazioni verso forme di mobilitazione pubblica e di impegno civico. Tuttavia, è plausibile ipotizzare anche 73 C. Tilly, From mobilization to revolution, Reading, Mass., 1978, p. 69 74 F. Ramella, La mobilitazione pubblica delle associazioni culturali, p. 163, in Cultura e sviluppo. L'associazionismo nel Mezzogiorno, (a cura di) C. Trigilia, Meridiana Libri, 1995 75 Ibidem 76 "Gruppi che, pur muovendosi sul terreno della società civile, tendono a giocare un ruolo attivo e autonomo nella vita pubblica locale e nei confronti della sfera politico-­‐istituzionale", ibidem, p. 182 77 Ibidem 78 Ibidem, p. 165 19 la relazione inversa. Ovvero che la mobilitazione della società civile favorisca un processo di politicizzazione dal basso che finisce per richiamare l’attenzione dei soggetti politici tradizionali verso i luoghi in cui si registra una partecipazione effettiva dei cittadini”. Inoltre, rileva la capacità delle associazioni di favorire “processi di comunicazione che, sommandosi a forme embrionali di organizzazione, agevolano la mobilitazione collettiva [...] È in esse che si costruisce il senso dell’azione. Al loro interno, inoltre, si generano quelle micro-­‐identità e solidarietà di gruppo che permettono di superare le inerzie e i vincoli che ostacolano, a livello individuale, la partecipazione pubblica”79. -­‐In questo contesto si inseriscono i movimenti sociali. Questi ultimi sono fenomeni nuovi, non inquadrabili negli schemi dei sindacati e dei partiti, che hanno portato ad una critica radicale delle rispettive tradizioni di studio dell'azione collettiva (Santino, 2000). Essi sono parte integrante del normale funzionamento della società ed espressione di un più ampio processo di mutamento: "forme attraverso cui nuove legalità, nuove comprensioni, forme nuove e innovative della vita organizzata e istituzionalizzata sono create e sviluppate"80. Recentemente, i movimenti sociali sono stati definiti dal filone scientifico della network analysis come "reti di interazioni informali tra una pluralità di individui, gruppi e/od organizzazioni, impegnati in conflitti di natura politica e/o culturale, sulla base di una specifica identità collettiva"81. Tali gruppi, a differenza dei gruppi del movimento operaio, sono costituiti principalmente da esponenti delle classi medio-­‐alte e sono portatori di nuovi valori post-­‐materialisti82. Forno (2013) reputa i movimenti sociali come uno degli strumenti più importanti attraverso cui le collettività portano avanti proprie rivendicazioni sociali e politiche, innescando processi di cambiamento, alla conquista di nuovi diritti individuali e collettivi83. Riprende la tesi di Della Porta e Diani (1997) secondo i quali i movimenti sociali sono in realtà "sistemi di relazione non formalizzati tra una pluralità di individui, gruppi e organizzazioni (...) Reti che permettono sia la circolazione di risorse fondamentali per l’azione (informazioni, competenze, risorse materiali) sia l’elaborazione di 79 F. Renda, Resistenza alla mafia come movimento nazionale, Soveria Mannelli, Rubettino Editore, 1993, pp-­‐35-­‐38 80 U. Santino, Movimenti sociali e movimento antimafia, in Citta d'Utopia, n.29, 2000, pp. 11-­‐21 81 M. Diani, Le reti di movimento: una prospettiva di analisi, in Rassegna Italiana di Sociologia, n. 3, 1995, p. 343 82 Ibidem, p. 352 83 F. Forno, Nuove pratiche economiche e movimenti sociali, in Davide e Golia. La primavera delle economie diverse, di L. Bertell, M. Deriu, A. De Vita, G. Gosetti, Jaca Book, Milano, 2013 p. 130-­‐146 20 interpretazioni condivise della realtà. Forniscono cioè le precondizioni al tempo stesso per lo sviluppo della mobilitazione e la messa in pratica di specifici stili di vita”84. Essi cambiano a seconda del contesto socio-­‐ambientale in cui si trovano ad operare, agli obiettivi e alle modalità di azione prescelte85. E' emblematico che, negli anni, anche il movimento antimafia abbia assunto forme e utilizzato strategie d’azione diverse86. -­‐Soffermiamoci adesso sulla mobilitazione sociale antimafia, ovvero sull'intervento della società civile nella lotta alla mafia (e quindi al racket delle estorsioni). Con l'espressione "antimafia sociale" si indica ogni tipo di azione collettiva di contrasto alle mafie, operante sul piano della promozione di una cultura e di una organizzazione sociale antimafiosa, fondate sul principio di eguaglianza e di giustizia sociale87. Renda (1989) definisce l'antimafia come "quell'insieme di interventi e assunzioni di responsabilità individuali e collettivi, privati e istituzionali, d'ordine operativo e di impegno morale e ideologico, ma anche di incidenza conoscitiva, che da qualche tempo a questa parte hanno caratterizzato il sorgere e lo sviluppo di una coscienza antimafiosa, e più ancora di un movimento, di un processo di rigetto della mafia, di contrapposizione e di lotta alla mafia, sia a livello privato che istituzionale, con la conseguente formazione nell'ambito della società isolana e nazionale di veri e propri anticorpi che lasciano intravvedere non solo la ipotesi teorica, ma anche la prospettiva concreta che si possa sconfiggere e debellare, un giorno o l'altro, la mafia"88. Secondo Ramella e Trigilia (1996) le associazioni di mobilitazione sociale antimafia sono gruppi che hanno avviato azioni collettive su problemi di rilevanza pubblica e i leader del movimento antimafia sono per lo più esponenti della "intelligentia politicamente orientata"89. 84 D. della Porta, M. Diani, I movimenti sociali, La nuova italia scientifica, 1997, pp. 225.-­‐260 85 Forno (2013) rileva come i movimenti sociali tendano ad emergere in situazioni in cui il contesto politico, economico e sociale , ovvero il “sistema delle opportunità”, non è né del tutto favorevole né del tutto ostile alla loro azione 86 "L’azione dei movimenti può apparire transitoria o duratura, può prendere una forma violenta o non violenta, parametri che variano in base al contesto sociale in cui i movimenti si formano, agli obiettivi che si prefiggono e ai repertori d’azione adottati nell’ambito di una forma di partecipazione che viene portata avanti per lo più al di fuori dei tradizionali canali di “mediazione degli interessi”, in F. Forno, Forme e strategie del movimento antimafia tra passato e presente, 2013, v. http://www.democraziakmzero.org/2013/07/24/antimafia-­‐altreconomia/; ricordiamo che, secondo un orientamento differente, Santino (2009) ritiene non opportuno applicare meccanicamente al movimento antimafia le categorie elaborate per i movimenti sociali 87 L. Ioppolo, Dalle rappresentazioni della mafia alle azioni dell'antimafia.Un'indagine esplorativa tra gli studenti del Lazio, 2011 88 F. Renda, Oltre che di mafia, parliamo anche del suo naturale antidoto l'antimafia, p.37, in F. Renda, Resistenza alla mafia come movimento nazionale, Soveria Mannelli, Rubettino Editore, 1993 89 F. Renda, C. Trigilia, Associazionismo e mobilitazione contro la criminalità organizzata nel Mezzogiorno, p.29, in L. Violante, Mafia e Società italiana, Rapporto '97, Editori Laterza, 1997 21 Nella configurazione del movimento antimafia contemporaneo, Schneider e Schneider (2009) riprendono l'idea di Dalla Chiesa ed altri, secondo i quali "mentre la <<vecchia>> antimafia era parte di una lotta di classe che si collocava in ambito agrario, il <<nuovo>> movimento antimafia è urbano e si caratterizza prevalentemente per essere morale e culturale, portato avanti dall'attività individuale di cittadini, cioè membri della società civile senza una connotazione ideologica"90. Santino (2000) considera il movimento antimafia attuale come un insieme eterogeneo di gruppi di volontariato, di partiti e sindacati, di singoli cittadini, che organizzano iniziative di vario tipo sull'onda di grandi spinte etico-­‐emotive91: "è in larga parte informale o strutturato in forme di tipo associazionistico ed è interclassista o aclassista, nel senso che aggrega cittadini provenienti da varie classi e non si pone il problema della loro collocazione nel contesto sociale, ma in realtà la componente maggiore è data dal ceto medio [...] Esso è invece un movimento peculiare, al cui centro sono esclusivamente o prevalentemente dei valori e che nei confronti del sistema ha un atteggiamento ambivalente". Ritiene che ad esso non sia possibile applicare meccanicamente le categorie elaborate per i movimenti sociali, poiché il movimento antimafia non mira a rompere i limiti di compatibilità del sistema e a cacciar via i poteri criminali dalle istituzioni92. Inoltre, accoglie la definizione di Dalla Chiesa secondo il quale il movimento antimafia degli anni '80 ha una natura particolare in quanto è contemporaneamente "pro-­‐sistema perché non si propone di ribaltare o di mutare sensibilmente i fondamenti costituzionali, i termini del contratto sociale, ma semplicemente di farne rispettare i contenuti essenziali", ed anche "antisistema perché contesta alla radice la qualità dell’ordine sociale che si è andato concretamente disegnando negli ultimi quattordici-­‐
quindici anni, ponendo di fatto la questione istituzionale dell’espulsione del potere criminale dallo Stato”93. In riferimento al movimento antimafia, e più in generale ai movimenti sociali, Santino delinea uno schema ciclico secondo cui, a seguito di grandi eventi delittuosi, si verificano manifestazioni di massa ad elevata partecipazione popolare, seguite da fenomeni di attivismo elitario e da una successiva riduzione delle manifestazioni, talora 90 J. Schneider, P. Schneider, Un destino reversibile. Mafia, antimafia e società civile a Palermo, Viella, Roma, 2009, p. 312 91 U. Santino, Movimenti sociali e movimento antimafia, in Citta d'Utopia, n.29, 2000, pp. 11 ss. 92 Ibidem 93 N. Dalla Chiesa, Gli studenti contro la mafia. Note (di merito) per un movimento, in "Quaderni piacentini", nuova serie, n. 11, dicembre 1983, p. 58 22 contemporanea alla creazione di nuove associazioni da parte di pochi attivisti che ritengono di dover portare avanti l'esperienza di lavoro e azione comune94. Anche secondo Andretta (1999) i movimenti antimafia (e quello siciliano in modo particolare) sorgono come reazioni ad eventi esterni tragici e si sviluppano ciclicamente. Inoltre, questi movimenti riconoscono all'azione statale un importante ruolo nella lotta alla mafia e mirano alla rottura dei modelli di comportamento politico tradizionale (clientelismo)95. Sciarrone (2009) rileva una profonda trasformazione nei meccanismi operativi della mafia e dell'antimafia, le cui dinamiche si influenzano e determinano vicendevolmente96. Difatti, come Santino e Andretta, anche Sciarrone (v. anche La Spina, 2005) ritiene che l'azione antimafia abbia un andamento ciclico, alternando fasi di impegno a fasi di riflusso. In riferimento a questo andamento ciclico dei movimenti collettivi, La Spina (2005) rimanda all'analisi di Hirschman, per il quale ad una fase di attivismo ed fervore, in cui si mira ad eliminare il problema contro cui si manifesta, segue una fase di delusione, sentimento che emerge anche a causa di insuccessi o di successi parziali97. Violante (1994) si avvale l'espressione "antimafia dei diritti" per indicare una mobilitazione sociale diretta a sviluppare la repressione della criminalità mafiosa per mezzo della correttezza politica, dell'efficienza della pubblica amministrazione, della scuola funzionante, delle regolare funzionamento del mercato, della buona cittadinanza98. Violante sostiene che "l'antimafia dei delitti deve essere accompagnata dall'antimafia dei diritti... Uno stato e un governo che operassero in questa direzione meriterebbero la fiducia dei cittadini, condizione essenziale per non ridurre la lotta contro la mafia a una guerra tra guardie e ladri e farle acquistare la dignità di un impegno di libertà"99. In conclusione, per ciò che attiene gli interventi della società civile, Lavezzi (2012) parla di “deterrenza diffusa", messa in atto tramite la mobilitazione sociale, da parte di singoli cittadini, associazioni di categoria, associazioni antiracket, etc100. 94 U. Santino, Movimenti sociali e movimento antimafia, cit. 95 M. Andretta, Sistema politico locale e protesta a Palermo, in Quaderni di Sociologia, n. 21, 1999, p. 70 ss. 96 R. Sciarrone, Mafie vecchi e mafie nuove. Radicamento ed espansione, Donzelli editore, Roma, 2009, pp. 113 ss. 97 "Esiste una predisposizione delle nostre società a oscillare fra periodi di preoccupazione intensa per i temi pubblici e periodi di concentrazione quasi totale sul miglioramento economico e sugli obiettivi di benessere privato" in A. Hirschman, Felicità privata e felicità pubblica, Il Mulino, Bologna, 2003 98 "Il valore che nell'ideologia antimafia riceve il massimo dell'attenzione, la pietra angolare di un società civile e vitale, è la buona cittadinanza", in J. Schneider, P. Schneider, Un destino reversibile, cit., p. 188 99 L. Violante, Non è la piovra. Dodici tesi sulle mafie italiane, Einaudi, Torino, 1994 p. 288 100 A.M. Lavezzi, Il crimine organizzato e l'economia italiana, 2012, pp.18 ss.; A.M. Lavezzi, Organised Crime and the Economy: a Framework for Policy Prescriptions, cit., pp. 19 ss. 23 -­‐Dopo avere accennato al fenomeno della mobilitazione sociale e ai suoi interventi nella lotta alla mafia, passiamo ad analizzare il movimento antimafia siciliano, ricordando le tappe più importanti della sua evoluzione dal 1982 (anno di emanazione dalla legge Rognoni-­‐La Torre) ad oggi -­‐ con particolare attenzione alle iniziative condotte sul fronte antiracket. 2. IL MOVIMENTO ANTIMAFIA IN SICILIA E A PALERMO -­‐ A partire dagli anni successivi all'approvazione della legge Rognoni-­‐La Torre sul reato di associazione mafiosa ex art. 416 bis c.p., Santino (2009) nota una grande ripresa dell'interesse del fenomeno mafioso da parte di studiosi, magistrati e operatori di polizia101. Magistratura democratica tiene nel 1980 un convegno nazionale dal titolo "Istituzioni e mafia", in cui si distingue fra "potere mafioso" considerato come patologia mafiosa e "borghesia mafiosa" considerata come interrelazione fra legalità ed illegalità. Nel giugno del stesso anno, a pochi mesi dall'assassinio del presidente Piersanti Mattarella, la Regione Siciliana emana la legge n.51 che prevede la concessione di contributi a scuole, istituiti e facoltà universitarie per la realizzazione di iniziative riguardanti attività integrative, di studio e di ricerca sul fenomeno della mafia in Sicilia, rivolte sia a studenti che ai cittadini102. -­‐ Nel 1982, successivamente all'omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Santino registra "una generale presa di coscienza che ha portato alla nascita di un movimento antimafia di livello nazionale, producendo strutture organizzative, informali o formalizzate, e programmi di lavoro in una più ampia sfera della società civile"103. Non a caso, molti studiosi (Santino, 2000; Renda, 1983; Schneider e Schneider, 2009) indicano come punto d'avvio del nuovo movimento antimafia proprio l'attentato al generale Dalla Chiesa, che assieme alle stragi del '92 rappresenta una delle due grandi "ondate di emozione" che hanno determinato il definitivo risveglio della società civile siciliana. Difatti, a seguito delle numerose iniziative successive all'attentato dell'82, Nando Dalla Chiesa osserva la nascita di un nuovo movimento antimafia, gravitante principalmente attorno alle scuole e alle università, considerato "più etico e civile che politico, espressione 101 U. Santino, Storia del movimento antimafia in Sicilia. Dalla lotta di classe all'impegno civile, Editori Riuniti, University Press, 2009, p. 316 102 Ibidem, p. 384 103 Ibidem, p. 329 24 delle aspirazioni alla libertà contro le vestigia di un arbitrio feudale"104, molto somigliante ai movimenti sociali, come quelli ambientalista e per la pace, basati su valori universali e condivisi. -­‐ Nel 1983 il sociologo Arlacchi pubblica il saggio "La mafia imprenditrice", in cui sostiene la tesi secondo la quale la mafia è "una forza della produzione", il cui metodo può essere trasferito nell'organizzazione aziendale e negli affari d'impresa e rappresenta uno degli ostacoli più importanti e trascurati dello sviluppo economico italiano, ed in particolar modo del mezzogiorno105. -­‐ Nel 1984 nasce il primo Coordinamento antimafia, costituito da diverse associazioni di promozione della legalità, centri e comitati, che, tuttavia, sparisce dopo pochi anni a causa della precarietà delle associazioni e del disinteresse delle forze politiche e sindacali106. Nello stesso anno si costituisce l'Associazione Donne Siciliane per la lotta contro la mafia, le cui attività vanno dalla promozione e organizzazione di dibattiti e manifestazioni all'assistenza alle donne che si costituiscono parte civile in processi di mafia107 . Inoltre, in relazione al contesto del movimento antimafia palermitano, teatro principale della nuova stagione di rinnovamento sociale rilevata da Dalla Chiesa, va menzionata anche l'esperienza del Centro sociale San Saverio, che durante gli anni '80 rappresenta una delle più importanti reazioni che la Chiesa Cattolica intraprende sul fronte della lotta alla mafia108, divenendo luogo di aggregazione per discutere dei problemi di disoccupazione, di violenza diffusa e di minori. -­‐Il Coordinamento antimafia e gli altri progetti legati a questa nuova spinta alla mobilitazione dell'opinione pubblica, appoggiano nel 1985 la candidatura di Leoluca Orlando a sindaco di Palermo, per dar vita alla cosiddetta Primavera di Palermo, periodo che vede la città attraversata da ventate di ottimismo e rinnovamento sociale109. Orlando e i suoi sostenitori ritengono che una riforma morale e culturale sia il primo passo necessario per costruire una "società civile libera dalla contaminazione mafiosa"110. 104 P. Arlacchi, N. Dalla Chiesa, La palude e la città. Si può sconfiggere la mafia, Mondadori, Milano, 1983, p. 129 105 P. Arlacchi, La mafia imprenditrice. L'etica mafiosa e lo spirito del capitalismo, Il Mulino, Bologna 1983, p. 23 106 U. Santino, Storia del movimento antimafia, cit., p. 383; "Uno dei maggiori motivi di frustrazione di chi è impegnato nel movimento antimafia è la percezione che in Sicilia non vi siano istituzioni che possano dirsi "pulite", a partire da partiti politici e sindacati, né punti di riferimento ai quali ancorare la lotta e il rafforzamento della base sociale", in J. Schneider, P. Schneider, Un destino reversibile, cit., p. 194 107 Ibidem, p. 383 108 Ibidem, p. 340 109 "Uno degli slogan di Orlando era che (Palermo)<<la capitale della mafia>> si sarebbe trasformata in <<capitale dell'antimafia>>", ibidem, p.157 110 Ibidem, p. 313 25 -­‐ Nonostante gli innumerevoli segnali di reazione della società civile in senso antimafioso, Schneider e Schneider (2009) ritengono che la fine degli anni '80 rappresenti un periodo difficile per il movimento antimafia: "le difficoltà sorsero in parte a causa di tensioni interne -­‐ gelosie e inganni dentro squadra mobile e Tribunale, divisioni tra attivisti di base e sostenitori di Orlando e del Coordinamento -­‐ in parte per il clima di incertezza e per la consapevolezza che i latitanti più pericolosi erano a piede libero... Inoltre, ad accelerare la smobilitazione e a trarne vantaggio fu una reazione di anti-­‐
antimafia diretta verso magistrati, forze dell'ordine, movimenti intellettuali e sindaco [...] E' l'esperienza di Capo d'Orlando a rimettere in movimento il cammino dell'antimafia, mentre lo Stato appare impotente. Una piccola comunità diventa simbolo di come sia possibile battere la violenza, l'intimidazione e la sfiducia creando una rete associativa, stimolando la cooperazione e realizzando un inedito intreccio fra interessi, valori e difesa della legalità"111. Invero, nel 1990 a Capo d'Orlando, in provincia di Messina, nasce ACIO, prima associazione italiana antiracket di imprenditori e commercianti a costituirsi parte civile nei processi agli estorsori112. -­‐ Nell'agosto del 1991 viene ucciso Libero Grassi, primo imprenditore antimafia ad opporsi pubblicamente a Cosa nostra e alle richieste di pizzo. Subito dopo la sua morte il quotidiano Il Sole 24 Ore pubblica un articolo dal titolo "L'impresa dichiari guerra alla mafia", e Confindustria decide per la prima volta di costituirsi parte civile nei processi contro il racket, creando un ufficio informativo centrale di assistenza agli imprenditori che scelgono di non pagare e di denunciare le richieste estorsive113. -­‐ Nel 1992, dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio, l'antimafia acquista nuova vitalità e la partecipazione alla mobilitazione sociale aumenta a Palermo e in tutto il territorio nazionale114. Dopo l'attentato al giudice Falcone nasce il Comitato dei lenzuoli, gruppo di cittadini per lo più intellettuali e professionisti, che decide di commemorare la morte del magistrato esponendo alle proprie finestre lenzuoli con slogan antimafia e distribuendo un volantino dal titolo "Nove consigli scomodi al cittadino che vuole combattere la 111 S. Costantino, Postfazione, in J. Schneider, P. Schneider, Un destino reversibile, cit., p. 319 112 Il motivo secondo cui la prima associazione antiracket nasce in una paese della provincia di Messina è individuato da Santino: "Laddove c'è una mafia storica, fortemente radicata, e una diffusa cultura della complicità e della sudditanza (come a Palermo), il movimento antiracket stenta a nascere ed allignare; mentre laddove la mafia è un fenomeno recente esso si sviluppa con maggiore semplicità [...] A Capo d'Orlando i mafiosi vengono da fuori e, pertanto, i cittadini sono più liberi da condizionamenti", in U. Santino, Storia del movimento antimafia, cit., p. 362, 423 113 Santino, tuttavia, ricorda che "purtroppo gran parte di questi impegni rimasero solo sulla carta", in Storia del movimento antimafia, p. 364 114 "Una diversa atmosfera calò su Palermo, mentre rabbia e disperazione esplodevano... Gli attivisti, arrabbiati e determinati, ricominciarono a incontrarsi e a progettare nuove iniziative", in J. Schneider, P. Schneider, Un destino reversibile, cit., p. 177 26 mafia", contenente il richiamo ad un sistema di valori improntati al merito, alla trasparenza e alla responsabilità individuale. Questa iniziativa viene ben presto imitata: "l'idea delle lenzuola come mezzo di comunicazione nel giro di pochi giorni si estese ai balconi di tutta la città"115. La mobilitazione sociale nasce come risposta dei cittadini alle stragi e continua ad espandersi con successo. Essa rappresenta "il preludio ad una nuova fase della lotta antimafia volta soprattutto a impedire il ritorno alla normalità attraverso il rafforzamento della società civile"116. -­‐ Nel marzo 1993, contemporaneamente alla rielezione di Orlando, candidato sindaco leader della Rete, partito politico di cui era uno dei fondatori, nasce "Palermo anno uno", organizzazione a cui aderiscono 50 associazioni di cui fanno parte cattolici progressisti e ambientalisti impegnati nel volontariato sociale, che si impegna per una più capillare e ordinata attività di promozione della legalità e il cui nome rappresenta la rinascita della città117. Al'interno delle scuole iniziano a svilupparsi iniziative di promozione di modelli culturali di legalità e forme di rieducazione culturale che diventano un'essenziale strategia integrata nel territorio (ad esempio "La scuola adotta un monumento")118 . Il movimento antiracket si espande in altre regioni del Mezzogiorno, ma non nell'Italia centrale e settentrionale, nonostante la diffusione delle estorsioni e dell'usura riguardi ormai tutto il territorio nazionale119 . -­‐ Nel 1995 Don Luigi Ciotti fonda "Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie" associazione di associazioni, impegnata in attività di lotta ai fenomeni mafiosi, in iniziative di prevenzione, in azioni di solidarietà nei confronti delle vittime delle mafie e nella promozione dell'educazione e della cultura della legalità. Libera ben presto ottiene centinaia di adesioni in tutt'Italia e, fra le prime iniziative significative, raccoglie un milione di firme per una legge sulla confisca dei beni (legge 109/1996)120, volta a 115 Ibidem, p. 180 116 Ibidem, p. 185 117 U. Santino, Storia del movimento antimafia, cit., p. 275; "Il presidente di Palermo anno uno, in una lettera a Caselli del 1994, spiegò che la società civile di Palermo, uscita allo scoperto dopo le stragi del 1992, non si era ritirata nel privato, ma stava lavorando come un << esercito di formiche>> per estirpare la cultura mafiosa", in J. Schneider, P. Schneider, Un destino reversibile, cit., p. 186 118 "Dal 1992 i bambini siciliani hanno sperimentato un profondo cambiamento della rappresentazione del crimine organizzato... Tra la conseguenze degli attentati a Falcone e Borsellino dei fu lo stanziamento di risorse straordinarie per intensificare l'educazione alla legalità", in U. Santino, Storia del movimento antimafia, cit., p. 235 119 Ibidem 120 "Un nuovo punto di svolta nella mobilitazione sociale contro la mafia prende avvio con la raccolta di un milione di firme per la petizione popolare in appoggio a un disegno di legge sulla confisca e utilizzo dei beni dei mafiosi lanciata nel 1995 da Libera, associazioni e numeri contro la mafia come prima azione dopo la sua costituzione – che ha visto la mobilitazione congiunta di importanti associazioni nazionali, tra cui le Acli, 27 snellire le procedure per il sequestro e la confisca dei beni mafiosi e prevederne il loro riutilizzo sociale da parte di cooperative e associazioni di volontariato (Libera Terra)121. -­‐Nonostante i successi di Libera e dell'intero movimento antimafia, nella città di Palermo una significativa svolta economico-­‐culturale in senso antimafioso ed antiracket si verifica soltanto un decennio dopo. Infatti, nell'agosto del 2004, dopo eclatanti episodi di attacchinaggio, nasce il Comitato Addiopizzo. Pochi anni più tardi, nel 2007, da una ramo di Addiopizzo nasce Libero Futuro, prima associazione cittadina a riunire imprenditori e commercianti sul fronte della guerra al pizzo. E' necessario evidenziare l'importanza che queste due associazioni hanno avuto nella lotta al racket del territorio palermitano. I cittadini dopo anni di torpore e rassegnata disperazione, causati da una fase di stasi nell'andamento ciclico del movimento antimafia, sono stati nuovamente coinvolti nell'affermazione della legalità e dei valori dell'antimafia. Negli ultimi anni si è affermata sul territorio siciliano e, in modo particolare, su quello palermitano, una nuova forma di movimento antimafia. Come evidenziato da Mete (2005) "la nascita nel 2004 del Comitato Addiopizzo che ricorre, per la prima volta nella storia del movimento antimafia, in maniera estensiva e generalizzata al consumo critico come repertorio dell’azione collettiva, è forse il segno più eloquente di una trasformazione che vuole essere allo stesso tempo economica e culturale. La nascita di un’associazione antiracket cittadina, significativamente denominata “Libero Futuro”, è un altro evento inedito per Palermo"122 . Del Comitato Addiopizzo e di Libero Futuro tratteremo in maniera approfondita nel capitolo successivo. 3. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE Per concludere, riprendiamo le parole di Lupo (2004): "la memoria del percorso fatto e delle vittorie conseguite deve rimanere ben viva a prova del fatto che si può vincere [...], che tanti sforzi e tanti sacrifici -­‐ anche della vita -­‐ sono valsi a qualcosa; perché non vorrei si tornasse a coltivare il mito paralizzate della mafia non sono invincibile ma addirittura l’Arci, la Confcooperative, il Movi, la Sinistra giovanile del Pds, l’Uisp e altre", in F. Forno, L'economia solidale come forma di organizzazione sociale contro la mafia, Il Ponte, Anno LXIX, n.2-­‐3, 2013, pp. 85-­‐92. 121 U. Santino, Storia del movimento antimafia, cit., pp. 411-­‐414 122 V. Mete, recensione al libro di A. La Spina, Mafia, legalità debole e sviluppo del Mezzogiorno, cit., pubblicata su Polis, Il Mulino, n.2, 2005 28 intangibile"123. E riportiamo le osservazioni che nel 2009 i sociologi Schneider hanno formulato sul movimento antimafia siciliano: "Non ci illudiamo credendo che il percorso dell'antimafia sia lineare e continuo. I movimenti sociali sono motori di cambiamento che hanno alti e bassi, esplodono durante i periodi di crisi e recedono quando attivisti e sostenitori si piegano alle pressioni della vita quotidiana. <<Normalizzazione>> è diventata la parola d'ordine in Sicilia. Ciononostante rimaniamo convinti che gli eventi degli anni '80 e '90 abbiano reso possibile una riduzione della corruzione e dell'attività predatoria della mafia. Si è fatta molta strada dallo scempio di Palermo e dal trionfo dei corleonesi e non si tornerà indietro: l'antimafia ha decisamente mutato il quadro e le risorse a disposizione della lotta contro il crimine organizzato... Forse è ancora più decisivo che lo sviluppo dell'antimafia abbia cambiato il modo di parlare della mafia, criminalizzando un fenomeno un tempo ampiamente tollerato, quando non rispettato e sostenuto. Questo processo di cambiamento è sgorgato dalla Sicilia stessa -­‐ alimentato cioè da un repertorio tutto siciliano che includeva culture diverse da quella mafiosa e molti talenti investigativi -­‐ non è stato imposto dall'esterno e ciò ha fornito ad esso solidità, legittimità e capacità di trasformare la società [...]"124. Come sostenuto da questi studiosi, il percorso evolutivo del movimento antimafia siciliano è stato tutt'altro che lineare. Ha alternato fasi di grande slancio e successo socio-­‐politico, come quello che, possiamo ritenere, il movimento stia vivendo in questo momento storico, a lunghe fasi di crisi e contraddizioni125. Le vittorie e le sconfitte, i periodi di piena mobilitazione e quelli di stallo e scarsa partecipazione vanno ricordati e tenuti a mente come monito per una piena e definitiva lotta alla mafia e al racket che sappia coinvolgere tutte le componenti della società civile. 123 S. Lupo, Storia della mafia. La criminalità organizzata in Sicilia dalle origini ai giorni nostri, Donzelli, Roma, 2004, pp. 240 ss. 124 J. Schneider, P. Schneider, Un destino reversibile, cit., p. 270 125 S. Costantino, Postfazione, in J. Schneider, P. Schneider, Un destino reversibile, cit., p. 319 29 CAPITOLO III L'ESPERIENZA DI ADDIOPIZZO 1. IL COMITATO ADDIOPIZZO Addiopizzo è un'associazione no profit apartitica, operante sul territorio di Palermo e provincia, diretta a promuove la partecipazione democratica, la cultura della legalità e la valorizzazione dei beni comuni contro Cosa nostra126. E' nata a seguito dell'operazione di "attacchinaggio" compiuta da alcuni giovani palermitani che, nell'estate del 2004, decidono di tappezzare il centro città con volantini listati a lutto contenenti il seguente messaggio: "Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità". Questo slogan ha lo scopo di responsabilizzare la popolazione sui danni provocati dal racket estorsivo e dalla mafia. Tutti i cittadini devono sentirsi danneggiati dal pizzo così come lo sono i commercianti e gli imprenditori estorti, i quali devono ribellarsi efficacemente e possono farlo solo se l'intera società civile si rende consapevole del fenomeno e dell'importanza di combatterlo attivamente. L'operazione suscita notevole clamore mediatico, destando qualche preoccupazione da parte delle istituzioni127: il prefetto di Palermo convoca il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica; la procura e i carabinieri indagano insieme per individuare i responsabili; la Confcommercio, sull'onda della convinzione che si tratti di un commerciante esasperato dal pizzo, decide di aprire un numero verde di assistenza alle vittime del racket; la Camera di Commercio manifesta l'intenzione di istituire un comitato di monitoraggio del fenomeno estorsivo e di sostegno a commercianti e imprenditori. A poche ore dalla comparsa dei volantini, i ragazzi ideatori del messaggio rivelano pubblicamente di essere gli autori del manifesto e spiegano le motivazioni di tale gesto128. Volendo aprire un locale in centro, mettendo a bilancio tutte le spese da affrontare, si sono chiesti come comportarsi in caso di richiesta del pizzo, hanno deciso di ribellarsi e, in questo modo plateale, di attirare l'attenzione su uno dei problemi più gravi e consolidati della città. In breve il loro appello ottiene il consenso e l'ammirazione dell'opinione pubblica e del movimento antimafia129. 126 www.addiopizzo.org 127http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/06/30/volantini-­‐anonimi-­‐palermo-­‐
smettete-­‐di-­‐pagare-­‐il.html; 128 http://www.addiopizzo.altervista.org/rassegna/ansa.pdf 129 «L´autore è un commerciante in difficoltà -­‐ dice Tano Grasso, leader storico del movimento antiracket e presidente onorario della Federazione italiana antiracket-­‐ siamo di fronte a una richiesta di aiuto, è un modo per dire, "il re è nudo". Evidentemente, in una città normalizzata serviva questo. Grazie a questo adesivo si 30 Ricordiamo, ad esempio, l'iniziativa di Libera Palermo che propone un incontro per rilanciare pienamente la lotta al racket mafioso130. In pochi mesi gli aderenti e i simpatizzanti al Comitato Addiopizzo si moltiplicano per dare inizio alla piena attività di sensibilizzazione sulla problematica del pizzo e per lanciare la prima campagna di consumo critico "Contro il pizzo cambia i consumi". L'associazione diventa ben presto il fulcro delle iniziative antiracket realizzate in territorio palermitano. Ci appare significativo il fatto che all'operazione di polizia scaturita dall'arresto di Salvatore Lo Piccolo, boss capo-­‐mandamento di San Lorenzo-­‐Resuttana, e dal ritrovamento nel suo covo del "libro mastro" contenente una dettagliata lista di imprenditori e commercianti da sottomettere al pizzo (una vera e propria fotografia delle dinamiche estorsive cittadine) sia stato dato il nome "Addiopizzo I"131. Addiopizzo rappresenta, dunque, la più importante realtà antiracket palermitana132: aderisce a numerose campagne di lotta alla criminalità organizzata e di promozione della legalità, come ad esempio la campagna Territorio Zero o la campagna Riparte il futuro; coopera con le più importanti associazioni di categoria operanti nel territorio di Palermo; collabora con 39 associazioni no-­‐profit attive sul territorio siciliano; dialoga con circa 10 ordini e confessioni religiose presenti nei quartieri della città; lavora a fianco dell'Università di Palermo, con gli uffici amministrativi centrali e periferici di 184 scuole. Il suo scopo principale è la tutela del diritto al libero esercizio dell’iniziativa economica privata, riconosciuto dall’art. 41 della Costituzione, e la diffusione di una nuova economia basata su legalità e sviluppo in contrasto alle dinamiche mafiose. Il Comitato opera convinto che la responsabilizzazione dei singoli, sia operatori economici che semplici cittadini, nella partecipazione alla vita pubblica, sia il presupposto fondamentale per avviare un processo di riappropriazione territoriale necessario per smantellare il sistema estorsivo mafioso e le sue dinamiche, considerato che il pizzo tipicamente rappresenta la manifestazione della signoria della mafia sul territorio133. torna a dire che la stragrande maggioranza dei palermitani paga. E se non ci sono atti intimidatori è proprio perché nessuno si ribella... Chi governa ha la grave responsabilità di essere rimasto in silenzio di fronte ad una realtà che tutti conosciamo», in http://www.addiopizzo.altervista.org/rassegna/repubblica.pdf 130 http://www.addiopizzo.altervista.org/rassegna/impastato.pdf 131http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/mafia-­‐2/esattori-­‐lo-­‐piccolo/esattori-­‐lo-­‐
piccolo.html; http://palermo.repubblica.it/dettaglio/negozi-­‐cantieri-­‐ipermercati-­‐il-­‐libro-­‐mastro-­‐di-­‐lo-­‐
piccolo/1384196 132 http://www.addiopizzo.org 133 Ibidem 31 Di seguito elenchiamo alcune fra le più importanti attività realizzate da Addiopizzo nel corso degli anni. La campagna "Pago chi non Paga. Contro il pizzo cambia i consumi" Uno dei primi strumenti di sensibilizzazione utilizzati dal Comitato è la campagna “Pago chi non Paga. Contro il pizzo cambia i consumi”, pratica collettiva di consumo critico che permette ai consumatori di prendere coscienza del fenomeno del pizzo e li impegna ad effettuare i propri acquisti presso imprese ed esercizi commerciali che scelgono di ribellarsi e denunciare i propri estorsori134 . La campagna si rivolge a tutti i cittadini, che vengono invitati a firmare il "Manifesto del cittadino-­‐consumatore per la legalità e lo sviluppo": Cosciente della gravità, della complessità e della capillare diffusione del fenomeno del racket delle estorsioni nella realtà economica e produttiva siciliana, ritengo che tutto il tessuto sociale, economico e culturale nel quale agiscono gli operatori economici può e deve esercitare un ruolo attivo nella lotta contro il pizzo; pertanto, in quanto cittadino e consumatore consapevole del mio potere e della mia responsabilità, mi impegno a scegliere prodotti e servizi forniti da imprenditori, esercenti e professionisti che non paghino il pizzo o che, essendo stati vittime di richieste estorsive, ne abbiano fatto denuncia. Chiedo altresì che le istituzioni e gli organi di polizia rinnovino l'azione a tutela della sicurezza e dell'attività economica di chi ha avuto il coraggio di denunciare. Sollecito, infine, tutte le forze politiche ad un concreto impegno ed a una maggiore sensibilità verso le problematiche attinenti al racket delle estorsioni135. Nella primavera del 2005 vengono presentate sul Giornale di Sicilia le prime 3500 firme. Un anno dopo la cifra è raddoppiata e vengono resi noti i nomi dei primi 100 commercianti che dichiarano pubblicamente di non pagare il pizzo136. La sottoscrizione del Manifesto, inoltre, è volta anche alla creazione della prima lista di commercianti 134 La campagna "Pago chi non Paga" è stata replicata, fuori territorio siciliano, nella città di Napoli dal Coordinamento Napoletano delle associazioni antiracket, v. http://www.addiopizzo.org/public/ guidanapoli_28.11.08.pdf 135 http://www.addiopizzo.org/manifesto.asp 136 http://www.addiopizzo.org 32 palermitani “pizzo-­‐free”, operazione che ha richiesto la collaborazione della Prefettura, della Procura di Palermo, degli organi di polizia ed del supporto professionale e di esperienza della F.A.I.-­‐Federazione delle associazioni antiracket e antiusura italiane137. Dal 2006 in poi l'iniziativa è stata sponsorizzata anche da Adiconsum e da numerose altre associazioni di consumatori, come la Lega Consumatori, Adoc, Aduc, Sicilia Consumatori e l'Unione Nazionale Consumatori138. Oggi, la campagna “Pago chi non paga. Contro il pizzo cambia i consumi” conta l’adesione attiva di 10.613 consumatori critici e di 866 operatori commerciali di Palermo e provincia, che hanno deciso di opporsi pubblicamente al racket delle estorsioni mafiose. Del fenomeno del consumo critico tratteremo specificamente nel prossimo paragrafo. Attività nelle scuole: Addiopizzo junior e Addiopizzo young Il Comitato ritiene che l’intervento nelle scuole sia un' azione imprescindibile, se si vuole incidere in modo capillare sul cambiamento di mentalità e di costumi mafiosi139. Quindi, sin dai suoi primi anni di vita, decide di promuovere nelle scuole varie iniziative di lotta alla mafia, che dal 2007 vengono finanziate dal ministero della Pubblica istruzione: incontri e dibattiti in più di cento scuole di Palermo e provincia e in decine di scuole in tutta Italia; presidi permanenti di antimafia dotati di biblioteca e videoteca tematica, cosiddetti "Fortini della legalità"; realizzazione e presentazione della ricerca statistica “Palermo. Vista Racket”, uno studio del fenomeno del pizzo formulato sulla base di un questionario redatto da un sociologo e somministrato ai commercianti dagli stessi alunni delle scuole; firma di un protocollo di intesa per l’economia etica con l'ufficio scolastico regionale, per mezzo del quale gli istituti siciliani si impegnano ad incaricare per le forniture scolastiche solo imprese che si oppongono al racket; realizzazione di “Mettiti gli occhiali”, inziativa con cui i ragazzi sono incentivati a riappropriarsi ed occuparsi del quartiere intorno alla scuola; organizzazione di incontri sulla qualità del consenso e sull’importanza della democrazia partecipativa140. Attorno a queste attività condotte dal Comitato nelle scuole, nel 2006 nascono Addiopizzo junior (10 -­‐ 13 anni) e Addiopizzo young (14 -­‐ 17 anni), costituiti da bambini 137 Ibidem 138 F. Forno, C. Gunnarson, Everyday shopping to fight the mafia in Italy, in M. Micheletti, A. McFarland, Creative Participation: Responsibility-­‐taking in the Political World, London: Paradigm Publisher, 2010, p. 110 139 Ibidem 140 Ibidem 33 e da ragazzi che creano un blog141 in cui discutere di lotta alla mafia e al racket e che, assieme alle parrocchie della città, realizzano varie attività antimafia ed eventi di consumo critico, riflettendo attorno ai temi dei beni comuni, della interculturalità e dell'integrazione. Libero Futuro Sull'onda del successo e dei risultati ottenuti dal nuovo movimento antiracket, nel 2007, dalla collaborazione fra Addiopizzo e la FAI-­‐Federazione delle associazioni antiracket ed antiusura italiane, nasce a Palermo Libero Futuro, associazione antiracket di imprenditori, dedicata alla memoria di Libero Grassi. Per la prima volta nella provincia palermitana, seguendo idealmente le orme dell'ACIO orlandina, commercianti ed imprenditori decidono di unire le forze per combattere la mafia e il racket, fornendo assistenza legale e psicologica a quanti decidano di denunciare le richieste estorsive, nel tentativo di avvicinare le vittime delle estorsioni alle istituzioni e alle associazioni di categoria142. Libero Futuro crea sportelli di legalità, Puntoantiracket, attraverso i quali dare supporto legale e sostegno morale ai singoli imprenditori, al fine di eliminare le distorsioni illecite della concorrenza e prevenire le imposizioni mafiose che condizionano il libero mercato143. Nell'autunno del 2008 l'associazione, in collaborazione con il Consorzio Asi -­‐ Area Sviluppo Industriale, lancia la campagna di sensibilizzazione alla lotta all'estorsione "Un futuro Libero per le imprese". Nella 2009 viene presentato il “Patto per la legalità e la sicurezza nei cantieri edili”, un programma di prevenzione del racket promosso da Libero Futuro, ANCE -­‐ Associazione nazionale costruttori edili, Confindustria Palermo, Addiopizzo e FAI, che ha coinvolto numerosi imprenditori i quali hanno scelto di intraprendere la strada della denuncia collettiva e del consumo critico144. Dal 2007 ad oggi Libero Futuro ha assistito centinaia di imprenditori e commercianti e si è costituita parte civile assieme ad Addiopizzo in molteplici processi per i reati di usura 141 http://www.addiopizzojunioreyoung.blogspot.it/ 142 http://www.addiopizzo.org/news.asp?id_news=9 143 http://www.liberofuturo.net/ 144 http://www.liberofuturo.org/servizi_e_informazioni.html 34 ed estorsione145. Community Addiopizzo Numerose sono le attività che Addiopizzo realizza in quanto "impresa sociale". Dal 2006 organizza ogni anno la "Festa Pizzo Free", una fiera del consumo critico, appuntamento fisso in cui vengono esposti i risultati della campagna "Pago chi non paga", sono presentati i progetti futuri che l'associazione intende perseguire e i consumatori possono conoscere direttamente i commercianti e gli imprenditori della rete antiracket. All'interno di questo evento vengono organizzati seminari, dibattiti, incontri con le scuole ed eventi di intrattenimento per coinvolgere attivamente i cittadini nel ripristino del libero mercato, rendendoli partecipi nella lotta a Cosa nostra146. Dal 2012, sempre nell'ottica di sensibilizzare i consumatori nella pratica del consumo critico, nel periodo delle festività natalizie il Comitato organizza "Grazie a voi è di nuovo Natale!", un presidio permanente dell'associazione posto in una delle piazze del centro città, in cui vengono premiati i consumatori che acquistano i regali di Natale dai negozi della lista pizzo-­‐free e che presentano lo scontrino come prova dei loro acquisti responsabili. Volendo coniugare la lotta alla mafia e il turismo etico e responsabile, alcuni dei soci fondatori hanno creato Addiopizzo Travel, un progetto attraverso il quale andare alla scoperta della Sicilia attraverso percorsi ed operatori turistici pizzo-­‐free e che incentiva i cittadini a tesserarsi alla Addiopizzo Community. Nel 2012 i prodotti di 32 imprese aderenti alla rete antiracket, attive nel settore manifatturiero e in quello della produzione alimentare, vengono contrassegnati con il marchio CERTIFICATO ADDIOPIZZO, che identifica le aziende che operano nella legalità, nel rispetto dell'ambiente, dei diritti dei lavoratori e della sostenibilità, opponendosi alle richieste di pizzo. 145 Recentemente l'esperienza di Libero Futuro è stata replicata a Castelvetrano, cittadina della provincia di Trapani, roccaforte del boss Matteo Messina Denaro: "Dopo qualche anno di lavoro insieme a LIBERA e Confindustria, dopo aver accompagnato alla denuncia alcune vittime del racket che sono state assistite anche in fase processuale, un gruppo di imprenditori di Castelvetrano e dintorni danno finalmente vita alla prima associazione antiracket che opererà in uno dei territori più difficili ed impenetrabili per il nostro movimento", v. http://www.liberofuturo.net/?tribe_events=presentazione-­‐liberofuturo-­‐castelvetrano 146 "La fiera è sempre una festa. Un'occasione pubblica e collettiva per costruire insieme una cittadinanza che ha cuore il bene di tutti", v. http://www.addiopizzo.org 35 Nell'estate 2013 Addiopizzo amplia la propria azione come impresa sociale e inaugura Sconzajuoco, un lido attrezzato sulla spiaggia di Capaci (Pa), organizzato e gestito direttamente dai volontari dell'associazione147. Comitato dei PROFESSIONISTI LIBERI Nel 2011 nasce il Comitato dei Professionisti Liberi, un movimento volontario di liberi professionisti, nato in base all'idea secondo cui anche i rappresentanti delle libere professioni devono impegnarsi attivamente nel contrasto e nella prevenzione alla criminalità organizzata. L'associazione ha adottato un proprio Manifesto148 , contente norme deontologiche volte a responsabilizzare individualmente i professionisti nella lotta all'area grigia di collusione fra libera professione e mafia. Tutti coloro i quali decidono di aderire firmando il Manifesto, vengono inseriti in una lista pubblica e si impegnano a rispettarne le regole etiche, pena l'esclusione da suddetta lista. Di seguito riportiamo la Dichiarazione di Impegno: Io sottoscritto, consapevole che l'inosservanza costituirebbe violazione dei doveri deontologici professionali, mi impegno: 1. ad adoperarmi perché l’attività professionale sia esercitata nel rispetto degli interessi della collettività in considerazione della sua funzione sociale e a non svolgere l’attività professionale in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana; 2. a denunciare, con il sostegno delle associazioni antiracket della FAI, ogni illecita richiesta di danaro, prestazione o altra utilità formulata anche attraverso agenti, rappresentanti o dipendenti e, comunque, ogni illecita interferenza riscontrata nell’esercizio delle mie specifiche competenze professionali; 3. a respingere e denunciare qualsiasi altra forma di pressione o imposizione mafiosa tesa a condizionare la mia attività e autonomia professionale; 147 Sconzajuoco viene definita dai volontari di Addiopizzo come "Un esperimento aperto alla partecipazione, nella logica della gestione collettiva dei beni comuni in un luogo simbolico, Capaci, teatro della strage in cui perse la vita Falcone e che oggi invece vuole diventare simbolo di rinascita" 148 Il Manifesto è liberamente sottoscrivibile anche da non iscritti ad ordini professionali, da semplici laureati, da titolari di diplomi professionali, da professionisti dipendenti pubblici o privati, v. http://www.professionistiliberi.org 36 4. a non prestare la mia opera professionale, anche sotto forma di pareri e consigli, a soggetti condannati per mafia o comunque incorsi in gravi violazioni di legge, qualora non previsto per legge e salvi i casi di necessità, per salvaguardare i diritti fondamentali della persona umana, come il diritto alla salute ed il diritto alla difesa nel giusto processo; 5. a non proporre o concludere affari o stringere patti societari con soggetti imputati o condannati per mafia; 6. a denunciare, qualora non contravvenga allo specifico segreto professionale previsto per legge o dagli specifici Codici deontologici professionali, ogni intimidazione o imposizione mafiosa di cui dovessi venire a conoscenza nello svolgimento della mia attività e comunque nell’ambito delle mie specifiche competenze professionali e responsabilità individuali; 7. ad informare il Comitato, senza omissioni, su tutte le vicende rilevanti, giudiziarie e non, che riguardano la mia attività professionale; 8. a prestare la massima collaborazione per la prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose; 9. a spingere i miei committenti, qualora fossero taglieggiati, a denunciare gli estorsori; 10. a preferire, sia nello svolgimento dell'attività professionale che nella qualità di cittadino consumatore, i prodotti, i beni e i servizi offerti dai Professionisti Liberi, dalle imprese inserite nel circuito del Consumo critico Addiopizzo e dalle aziende che producono sui beni confiscati alle Mafie 149. 2. IL CONSUMO CRITICO Focus sulla campagna "Pago chi non paga. Contro il pizzo cambia i consumi" Addiopizzo incentiva la pratica del consumo critico antiracket al fine di "porre l’attenzione sull’inscindibile legame esistente fra la mafia e l’estorsione, da una parte, e l’alterazione delle regole del libero mercato concorrenziale, dall'altra; nonché sull'incidenza che le logiche del potere mafioso hanno sul pieno sviluppo della persona 149 http://www.professionistiliberi.org/?cmd=il_manifesto 37 umana e, per questa via, sulla libera ed effettiva partecipazione del cittadino all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese"150. Il "consumerismo politico" è una nuova forma di protesa in cui il cittadino, "soggetto economico"151 dotato di potere d'acquisto, si impegna ad effettuare quotidianamente scelte di consumo responsabili e solidali, volte ad influenzare gli operatori del mercato e più in generale l'intera collettività (v. Micheletti, Forno)152. In quest'ottica, il consumo critico è una forma di educazione alla legalità e alla sostenibilità in cui il singolo individuo viene responsabilizzato circa le proprie scelte d'acquisto e si adopera in prima persona nella lotta alla mafia153. Questa pratica dovrebbe influenzare le istituzioni, considerate come consumatori collettivi, a condurre buone prassi di consumo anche nell'ambito della spesa pubblica, opposte allo spreco delle risorse e alla mera accumulazione, tipiche espressioni di un'economia mafiosa. Deve, quindi, essere evidenziato il ruolo di pressione che queste reti di acquisto critico e solidale possono esercitare sulle istituzioni locali154. Come sostiene Forno (2013), "il consumo critico si diffonde come strategia d’azione e di partecipazione in sempre più ampi settori della popolazione andando profondamente ad innovare, estendendolo, il repertorio d’azione di molte organizzazioni di movimento, da quelle ambientaliste a quelle pacifiste, fino ad rinnovare nel nostro paese persino il repertorio del movimento antimafia155". Utilizzata nell'antimafia, questa pratica ha molto in comune con le passate esperienze di mutualismo e di cooperazione, le prime forme 150 http://www.addiopizzo.org 151 "For the first time, the anti-­‐Mafi a struggle was framed with concepts that addressed Palermitans as economic citizens", v. F. Forno, C. Gunnarson, Everyday shopping to fight the mafia in Italy, cit., p. 108 152 "A livello culturale, le reti di economia solidale cercano di contrastare la deriva consumistica che caratterizza la “società dei consumatori” (...) si sono stabiliti rapporti di fiducia e di impegno reciproco, la creazione di mercati in cui oltre al “prezzo” vengono discussi anche le caratteristiche dei produttori e i metodi di produzione, si cerca di affermare una idea di consumatore che (...) (ri)diventa un cittadino protagonista della produzione e dell’uso dei beni. A livello economico (...) possono creare alternative di consumo capaci di sostituirsi all’offerta della grande distribuzione (...) permettono così non solo il radicamento in aree periurbane di un’economia solidale, ma l’affrancamento dei piccoli produttori dai meccanismi di un mercato che li costringe ad accettare i termini delle transazioni economiche imposti da intermediari commerciali, pena la loro stessa sopravvivenza. A livello politico, all’interno delle reti di economia solidale si sperimentano pratiche innovative di gestione partecipata del territorio che si basano sulla costruzione e diffusione di forme di regolazione volontaria (soft law) che, invece di imporre coercitivamente comportamenti, hanno l’obiettivo di stimolare un modo di agire da parte di tutti gli attori in gioco orientato al bene comune e alla coesione sociale", in F. Forno, Nuove pratiche economiche e movimenti sociali, in L. Bertell, M. Deriu, A. De Vita and G. Gosetti, Davide e Golia. La primavera delle economie diverse, Milano, Jaca Book, 2013, pp. 130-­‐146 153 "Addiopizzo is a social movement that stresses the individual consumer’s responsibility for maintaining the pizzo system. If you buy products from a business that pays the pizzo you are indirectly helping to finance the mafia. By encouraging Palermitans to buy from pizzo-­‐free businesses, Addiopizzo uses the purchasing power of the consumer to fight organised crime", in H. Partridge, The determinants of and barriers to critical consumption: a study of Addiopizzo, Modern Italy, 2012 154 F. Forno, Nuove pratiche economiche e movimenti sociali, cit. 155 Ibidem 38 siciliane di contrasto alla mafia, e rilancia la tesi di Block secondo il quale saltando la mediazione del broker mafioso (in questo caso dell'estorsore-­‐protettore) si determinano nuovi circuiti economici156. Ancora secondo Forno (2013): "la formazione di queste nuove organizzazioni di movimento, nonché il loro (seppur parziale) successo, sottolinea come la mafia vada combattuta non solo con azioni di tipo repressivo da parte delle Forze dell’Ordine e della Magistratura, ma anche attraverso una diversa gestione e pianificazione del territorio e della sua economia che sappia, da un lato, contrastare fenomeni come la precarietà, l’economia sommersa, la disoccupazione, dall’altro, infondere fiducia e incentivare la partecipazione dei cittadini (...) queste esperienze rappresentano nuove forme di azione diretta positiva, volta a rendere esigibili diritti elusi e a promuovere nuovi diritti (...) Si realizzano una serie di strategie tese ad affermare un rapporto radicalmente mutato in cui è la società civile con la sua azione decentrata (le decisioni di consumo e di risparmio) e con quella organizzata (l’azione delle associazioni, dei gruppi, e delle organizzazioni di movimento) a dare un impulso decisivo nella direzione di uno sviluppo socialmente e ecologicamente sostenibile. Queste esperienze propongono un nuovo rapporto tra stato e mercato che vede emergere il protagonismo dei soggetti, il loro potere di partecipazione solidale alle scelte e alle decisione che riguardano le loro stesse esistenze"157 . Il consumo critico presenta numerosi vantaggi rispetto alle altre forme di lotta sociale: in primo luogo, i cittadini possono manifestare quotidianamente la loro opposizione alla mafia, compiendo dei gesti semplici come l'acquisto di prodotti presso negozi pizzo-­‐free; in secondo luogo questo tipo di protesta è meno provocatoria di altre, essendo portata avanti da anonimi individui, ovvero i consumatori, che non per forza hanno un qualche tipo di contatto diretto con la mafia; infine, una simile reazione collettiva stimola i cittadini ad una piena consapevolezza circa l'effettivo costo del racket che dalle imprese taglieggiate si riversa su di essi158. Con la campagna "Pago chi non Paga. Contro il pizzo cambia i consumi", per la prima volta nella storia del movimento antimafia siciliano, un associazione di volontari sceglie di utilizzare la pratica del consumo critico nella lotta a Cosa nostra. I fondatori del Comitato rilevano l'importanza fondamentale che la società civile riveste nel contrasto alle mafie e scelgono di servirsi delle ideologie e delle pratiche dei movimenti collettivi 156 U. Santino, Movimenti sociali e movimento antimafia, in Citta d'Utopia, n.29, 2000, pp. 11-­‐21 157 F. Forno, L’economia solidale come forma di autorganizzazione sociale contro la mafia, in Il Ponte, Anno LXIX, n.2-­‐3, 2013, pp. 85-­‐92 158 F. Forno, C. Gunnarson, Everyday shopping to fight the mafia in Italy, cit., p. 112 39 di consumo critico159, fino al 2004 quasi sconosciute al territorio siciliano, per creare un circolo virtuoso in cui l'azione quotidiana del singolo stimoli una reazione collettiva innovativa, sia sotto il profilo economico che sotto il profilo sociale di opposizione al fenomeno del pizzo160. Forno (2013) rileva come la scarsa conoscenza e la poca sensibilità dei consumatori siciliani determini, quanto meno nei primi tempi, un maggiore successo di Addiopizzo al di fuori del territorio siciliano. Tuttavia, nonostante le problematiche organizzative iniziali, la campagna ha avuto grande eco e ha dato vita ad altre importanti iniziative. Grazie a fondi europei, ad esempio, nel 2013 la FAI integra la guida al consumo critico con i nomi degli imprenditori e dei commercianti che si sono opposti al racket su tutto il territorio nazionale e l'ambasciata britannica in Italia la traduce in inglese, trasformandola in una sorta di guida al turismo responsabile ("antimafia del turismo"161). Inoltre, nell'ambito del progetto PON Obiettivo convergenza 2007 – 2013 Consumo Critico Antiracket, volto a realizzare e consolidare un circuito economico di legalità e sviluppo tale da prevenire e combattere il racket, progetto di cui Addiopizzo è principale attuatore, l'associazione intende estendere la campagna di consumo critico e realizzare una nuova forte campagna di comunicazione sul territorio locale, per lanciare il messaggio che Palermo non è di Cosa nostra ma dell'intera collettività. Questo progetto, denominato "Investimento Collettivo", prevede il lancio di una tessera acquisti di Addiopizzo, una sorta di fidelity card che possa coniugare la lotta al pizzo con la cura dei beni comuni. Difatti, una percentuale degli acquisti effettuati con la card presso i negozi pizzo-­‐free aderenti, sarà stornata su un conto corrente da riservare alla cura, alla 159"L’attuale diffusione del consumo critico in fasce sempre più ampie della popolazione sembra non solo aver aumentato la capacità di pressione che i movimenti collettivi riescono a esercitare sulle pratiche produttive delle imprese che dimostrano poca attenzione verso i diritti umani e all’ambiente, ma essere in grado di stimolare la costruzione di inedite alleanze tra attori anche molto differenti -­‐commercianti, agricoltori,imprenditori, associazioni ambientaliste e di altra natura, amministrazioni pubbliche locali-­‐che si trasformano così in vere e proprie reti economiche alternative in difesa del territorio(o, meglio, dei territori), generando importanti innovazioni sociali.", in F. Forno, Nuove pratiche economiche e movimenti sociali, cit. 160 "Recentemente, grazie all’azione di alcune organizzazioni sociali, il consumo critico è entrato a far parte anche del repertorio d’azione del movimento antimafia, dimostrandosi un’innovazione strategica particolarmente efficace in quanto è riuscita ad attivare la partecipazione anche di settori sociali tradizionalmente restii a intraprendere azioni collettive contro la mafia, permettendo così il raggiungimento di obiettivi mai ottenuti in precedenza. Si tratta di esperienze ancora poco analizzate e che hanno il centro di gravità della loro azione non nei partiti e nella politica tradizionale (da cui vengono spesso visti con indifferenza, se non con ostilità), ma nella società", in F. Forno, L’economia solidale come forma di autorganizzazione sociale contro la mafia, cit., pp. 85-­‐92 161http://www.repubblica.it/cronaca/2014/02/25/news/mafia_usura_convegno_sos_impresa-­‐79581169 /?ref=HREC1-­‐4 40 gestione e alla valorizzazione di un bene comune162. Secondo questa iniziativa, il bene comune può rappresentare un modello di gestione partecipata finalizzata al superamento del sistema mafioso, laddove la mafia tipicamente mira ad ottenere il controllo del territorio e, quindi, anche dei beni della collettività. Nel novembre 2013, durante la fiera "Fa la cosa giusta! Sicilia" è stato organizzato un workshop nell'ambito del quale si è voluto avviare un confronto con tutti i cittadini per definire insieme quali progetti realizzare con il fondo comune e su quali beni comuni investire l'impegno collettivo163. A gennaio 2014, Addiopizzo ha lanciato via internet il sondaggio "Immagina Palermo", al fine di individuare i siti e le aree che, secondo i cittadini, richiedono un intervento immediato e la tipologia di intervento ritenuta necessaria (es. ambiente, lavoro, turismo, cultura, etc.). L'iniziativa ha visto la partecipazione di circa 2000 cittadini votanti e nei prossimi mesi, fra maggio e giugno, verrà definitivamente concretizzata con il lancio della card. 3. ADDIOPIZZO NEI PROCESSI In questo paragrafo, dopo una breve esposizione dell'organizzazione dello staff legale dell'associazione, intendiamo dimostrare la correlazione esistente fra l'attività processuale di Addiopizzo, ed in particolar modo la sua presenza come parte civile costituita nei procedimenti penali, e l'andamento delle denunce di estorsione. Ufficio legale Sin dai primi anni di attività, Addiopizzo si avvale di uno studio legale164,composto da soci fondatori e volontari, al fine di fornire assistenza legale gratuita alle vittime del racket e di costituirsi parte civile nei processi che si svolgono a Palermo per estorsione 162 Durante la campagna elettorale del 2013 Addiopizzo ha organizzato un incontro fra candidati dal titolo "Beni comuni contro Cosa nostra", auspicando il voto sulla proposta di modifica delle norme codicistiche in materia di beni comuni (Commissione Rodotà del 14/06/2007); v.http://www.addiopizzo.org /news.asp?id_news=285; 163 "Che sia un intervento a favore di un luogo storico o a favore di un bene artistico, di un'area verde o abbandonata, quel che conta sarà affermare dal basso che Palermo non è di Cosa nostra, ma è un bene di tutti e ciascuno, della Repubblica e dei suoi cittadini", v. http://www.professionistiliberi .org/?cmd=press&pressid=411 164 Lo staff legale di Addiopizzo è lo stesso di Libero Futuro, che, difatti, si costituisce nei medesimi processi; d'altronde, le due associazioni agiscono in stretta collaborazione per tutelare le vittime del pizzo e riaffermare la legalità sul territorio 41 ex art. 629 c.p. aggravata dal mafioso165, sia consumata che tentata, e per l'accertamento del reato di associazione mafiosa ex art. 416 bis c.p. Dal 2006 al 2013 sono stati oltre 70 i processi in cui l'associazione ha avuto riconosciuto un adeguato risarcimento e oltre 40 le vittime del racket assistite legalmente in tutte le fasi processuali alle quali è stato riconosciuto il risarcimento dei danni subiti. Costituzione di parte civile La presenza di Addiopizzo nelle aule giudiziarie rientra nella strategia di organizzare e diffondere iniziative di lotta al racket del pizzo efficaci ed influenti. L'associazione si costituisce nei procedimenti penali, esercitando il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni ai sensi degli artt. 74 ss. c.p.p., poiché "le estorsioni di per sé costituiscono un attentato alla libertà commerciale ed imprenditoriale che, già diritto soggettivo delle parti offese, siano esse persone fisiche o giuridiche, quando assunta nell’oggetto sociale, diventa anche diritto soggettivo del sodalizio che si proponga di tutelarla, ed in questa diversa dimensione è possibile oggetto di ulteriore lesione e di risarcimento"166. Secondo svariate pronunce della Suprema Corte di Cassazione, le associazioni dotate di personalità giuridica di diritto privato, come il Comitato Addiopizzo, possono costituirsi iure proprio nei processi nei quali sono oggetto di accertamento la sussistenza di associazioni a delinquere di stampo mafioso, ovvero episodi di sottoposizione a sistematico taglieggiamento di imprenditori industriali o commerciali, di operatori turistici o comunque di soggetti operanti nel campo della produzione, del commercio e del settore terziario167. La costituzione in giudizio come persona giuridica offesa e direttamente danneggiata, intende dimostrare la responsabilizzazione della società civile che si ritiene legittimata a costituirsi parte civile accanto ai commercianti vessati, dato che, come più volte sottolineato, il capillare fenomeno del racket delle estorsioni danneggia non solo i singoli imprenditori e commercianti, ma anche i cittadini consumatori che acquistano beni e servizi presso le attività economiche estorte. 165 Aggravato perché il fatto è commesso avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis c.p. ed al fine di agevolare l’attività dell’associazione di stampo mafioso ex art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv. nella legge 12 luglio 1991 n. 203 166 Il testo virgolettato corsivo è tratto dalla prima costituzione di parte civile di Addiopizzo in un procedimento penale nel 2007, nell'ambito del quale gli è stato riconosciuto un risarcimento di € 10.000, v. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/07/21/condannati-­‐boss-­‐di-­‐gotha-­‐
risarcimento-­‐ad-­‐addiopizzo.html 167 Ibidem 42 Nelle numerose costituzioni processuali Addiopizzo ha sempre sostenuto che la legittimità dell’associazione de qua deriva dall’autorità e dal ruolo che essa ha assunto in questi anni nella lotta al racket sul territorio di Palermo e provincia168. Ai fini della legittimazione processuale di un'associazione a costituirsi parte civile, l'orientamento giurisprudenziale dominante reputa necessario che l’interesse o scopo statutario che si ritiene leso, sia specifico e territorialmente localizzato. Tre sono i criteri necessari per la costituzione in giudizio e la richiesta di risarcimento dei danni da parte di un'associazione di diritto privato individuati da Addiopizzo169: • radicamento nel territorio: si fa riferimento alla realizzazione e all'organizzazione sul territorio palermitano del sistema di consumo critico antiracket rappresentato dalla campagna "Pago chi non Paga. Contro il pizzo cambia i consumi"; • rappresentatività di un numero significativo di consociati: si rimanda alla raccolta di firme del Manifesto del consumatore critico e alla creazione della prima lista di imprenditori e commercianti pizzo-­‐free di Palermo e provincia, poiché l'obiettivo è quello di incentivare "la creazione di una comunità di riferimento in cui la partecipazione, il senso civico e l'esercizio attivo di diritti di cittadinanza divengono valori di riferimento per l'intera collettività e pratiche concrete su cui realizzare un modello di società alternativo a quello mafioso"; • prova della continuità e rilevanza dell'azione svolta (criterio identificato dalla Cass. Pen. sez III nella sentenza n. 46746/2004): secondo Addiopizzo, l'aumento del numero delle denunce da parte delle vittime del pizzo, in coincidenza con la sua operatività, e la contestuale formazione della prima associazione antiracket di imprenditori palermitani, Libero Futuro, dimostra la rilevanza dell'azione da essa svolta nell'ambito della lotta alle estorsioni170. 168 Ibidem 169 I tre parametri sono tratti da una comparsa conclusionale di Addiopizzo in un procedimento del 2012, già concluso in primo grado, v. http://livesicilia.it/2014/01/17/pizzo-­‐agli-­‐imprenditori-­‐4-­‐condanne _430900/ 170 Nella comparsa conclusionale analizzata, Addiopizzo inserisce, a sostegno della tesi circa la legittimazione autentica e continuativa del suo operato sul territorio palermitano, tre dichiarazioni rilasciate da collaboratori di giustizia. Ad esempio, il pentito Di Maio ha dichiarato: "Se un commerciante aderisce ad Addiopizzo [...] non ci andiamo, non gli chiediamo niente. Sono più le camurrie, le seccature che i soldi che si incassano, e dunque il gioco non vale la candela [...] Se ci sono le denunce, poi si fanno le indagini, mettono le microspie e dunque è meglio evitare. Colpire i ribelli, tutti i ribelli, non è possibile, crea allarme sociale, la reazione dello stato si fa giocoforza più dura". Simili dichiarazioni dimostrano che la lotta collettiva e le denunce del racket funzionano e condizionano le strategie di Cosa nostra. 43 A questi tre criteri elencati bisogna, inoltre, aggiungerne un altro. Difatti, va rilevato che, se fino al 2009 Addiopizzo si è costituita in tutti i processi per l'accertamento del reato di estorsione, anche in quelli senza parti offese costituite, nel 2010 ha manifestato pubblicamente la volontà di cambiare strategia (insieme con Libero Futuro), ritenendo che la costituzione in giudizio delle persone offese che collaborano con la giustizia (sia come denuncianti -­‐ spontanei -­‐ che come collaboranti171) sia condizione indefettibile ai fini della propria costituzione di parte civile nel procedimento penale. Di seguito, riportiamo parte del comunicato che ha annunciato il cambiamento di strategia processuale172 : “Poiché il nostro obiettivo è sempre stato e resta una lotta corale, siamo arrivati alla conclusione che d’ora innanzi ci costituiremo parte civile soltanto in quei processi in cui siano presenti anche le persone offese che collaborano con la giustizia. Considereremo quindi superflua, perché puramente formale, la nostra partecipazione quando non avremo la possibilità di affiancare nelle aule di giustizia le vittime del pizzo [...] Un processo che scaturisce unicamente dal lavoro investigativo delle Forze dell’Ordine e della Magistratura, senza l’apporto di denuncianti o collaboranti, è un ottimo risultato in sé, ma né noi, né le altre associazioni, né la società civile nel suo insieme possono vantare di avervi apportato alcun contributo. E invece il nostro vuole essere un percorso di autoliberazione e di conquista della dignità di un intero popolo: puntiamo quindi alla denuncia collettiva e invitiamo le associazioni di categoria, le istituzioni e tutti coloro che dicono di spendersi per la lotta al racket a mettere in campo tutte le proprie forze per raggiungere questo risultato concreto”. Mostriamo alcuni dati forniti dall'associazione. Dal 2007, anno della sua prima costituzione di parte civile in un procedimento penale, al 2012173, questi sono i numeri processuali fornitici da Addiopizzo: • 64 sentenze di primo grado in cui ad Addiopizzo è stato riconosciuto un congruo risarcimento 171 Laddove per "collaborazioni" si fa riferimento sia agli imprenditori e commercianti che scelgono di denunciare spontaneamente le richieste estorsive e le minacce intimidatorie di cui sono rimaste vittima, sia a coloro i quali non denunciano ma iniziano a collaborare -­‐ e, conseguentemente ad esercitare una politica aziendale antiracket -­‐ a seguito di riscontri e accertamenti effettuati dalle forze dell'ordine e dagli organi inquirenti 172 Il testo del comunicato, rilasciato a seguito della condanna dei boss Lo Piccolo nel processo Addiopizzo, è tratto dalla comparsa conclusionale analizzata 173 Addiopizzo non ha ancora raccolto e rielaborato i dati del 2013/14 44 • 31 processi in cui Addiopizzo si è costituita parte civile, senza che vi sia stata parte offesa costituita • 28 processi in cui Addiopizzo si è costituita parte civile assieme ad altre 38 parti offese costituite • 58 processi in cui Addiopizzo si è costituita parte civile assieme ad altre associazioni e società offese costituite Denunce L'azione processuale di Addiopizzo, oltre a fornire assistenza legale alle vittime del pizzo, mira ad incentivare la denuncia rendendola conveniente. L'associazione ha riscontrato un crescente numero di denunce sin dai primissimi anni della sua azione antiracket: difatti, dal 1991 (anno dell'omicidio dell'imprenditore Libero Grassi) al 2007 (anno della prima costituzione nel processo scaturito dall'operazione Gotha), Addiopizzo ha rilevato 5 denunce a fronte delle oltre 180 fra denunce spontanee e collaborazioni174 conteggiate dal 2007 ad oggi. Riteniamo possibile una causalità175 fra la presenza di Addiopizzo nei processi per estorsione, sia nel ruolo di assistenza legale che, principalmente, come parte civile costituita rappresentante l'intera collettività, e l'andamento delle denunce da parte di imprenditori e commercianti dell'area palermitana negli ultimi 8 anni. Gli operatori economici potrebbero, infatti, trovare un qualche incentivo alla collaborazione, nel caso in cui abbiano la certezza di essere assistiti e affiancati da Addiopizzo come parti offese costituite nei processi. Riportiamo alcuni grafici a fondamento di tale riflessione. La fig. 1 è realizzata sulla base dei dati forniti da Addiopizzo circa il numero di denunce effettuate da operatori economici palermitani dal 1991 al 2007 e dal 2007 al 2013. 174 Si è già avuto modo nella nota 36 di spiegare la distinzione fra i due tipi di "collaborazioni" 175 Il ragionamento parte dalla lettura di Santino (2009), il quale sostiene che: "C'è un rapporto di causa ed effetto fra nascita delle associazioni e aumento del numero delle denunce di estorsioni. La costituzione di parte civile delle associazioni nei processi scaturiti dalle denunce agisce da moltiplicatore, anche per l'attenzione dedicata dai media", in U. Santino, Storia del movimento antimafia, cit., p. 423 45 Figura 1 Nel periodo successivo all'operazione Addiopizzo I e, soprattutto, alla prima costituzione in giudizio di Addiopizzo nel processo Gotha, l'aumento del numero di collaborazioni176 da parte di imprenditori e di commercianti vessati dal pizzo è evidente. La fig. 2 rappresenta, invece, l'andamento delle indagini condotte a seguito di collaborazioni. E' stato ricavato dall'analisi e dalla ricostruzione dei dati processuali dal 2007 al 2013, contenuto nella banca dati della FAI realizzata nell'ambito del progetto Zoom177. Contrariamente a quanto ci aspettavamo, si riscontra che, a fronte di un picco negli anni immediatamente successivi al 2007, negli ultimi 2-­‐3 anni il numero delle indagini e delle collaborazioni è andato complessivamente riducendosi178. 176 v. nota 38 177Il progetto Zoom, finanziato nell'ambito del PON Sicurezza, mira alla creazione di una banca dati dei processi contro racket e usura conclusi o ancora in corso in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, realizzata per mezzo di una partnership tra l’Ufficio del commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura e la FAI-­‐ Federazione delle associazioni antiracket ed antiusura italiane; v. http://antiracket.info/?page_id=2418 178 Per correttezza e chiarezza espositiva, va rilevato che i dati contenuti nel data-­‐base per mezzo del quale si è costruito il grafico non sono completi, comprendendo solo una parte dei processi per estorsione svoltisi a Palermo dal 2007 al 2013 46 Figura 2 In effetti, in riferimento a questo presunto calo nell'andamento delle denunce, va evidenziato che notizie di cronaca recente raccontano di una netta ed imprevista ripresa del fenomeno estorsivo e di una rinnovata silenziosa sottomissione imprenditoriale da parte di operatori economici di aree cittadine che, finora, hanno registrato il più elevato numero di commercianti oppostisi al racket e aderenti alla lista di Addiopizzo179. Possiamo immaginare che, nonostante le dinamiche estorsive restino immutate negli anni, nel corso degli ultimi tempi le richieste siano diventate più mirate e si dirigano laddove il rischio di denuncia è, per vari motivi (fra cui anche la contiguità), meno probabile180. Riteniamo, dunque, sia possibile ipotizzare una correlazione causale fra aumento delle denunce e presenza processuale di Addiopizzo (e di altre associazioni antimafia come Libero Futuro, Libera, etc.) nei procedimenti per l'accertamento del reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso: gli imprenditori sono incentivati a collaborare poiché, decidendo di affrontare il difficile percorso della denuncia, trovano il supporto, l'assistenza e la "vicinanza processuale" dell'associazione (come parte civile 179 "Se le notizie fossero confermate [...]
ci troveremmo di fronte ad un grave spaccato di acquiescenza che interessa il “salotto” della città. Diversi operatori economici continuerebbero quindi, e ignari di tutto, a sottomettersi al fenomeno delle estorsioni", v. http://palermo.repubblica.it/cronaca/2014/02/28/ news/la_nuova_mappa_del_pizzo_trovata_per_caso_dalla_polizia-­‐79827823/; v. http://www.si24.it/2014 /04/21/palermo-­‐ancora-­‐nella-­‐morsa-­‐del-­‐pizzo-­‐la-­‐ricostruzione-­‐delle-­‐forze-­‐dellordine/48924/; gli investigatori parlano di vera e propria guerra del pizzo, v. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/ archivio/repubblica/2014/03/19/zisa-­‐dietro-­‐il-­‐delitto-­‐la-­‐guerra-­‐del.html 180 v. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/12/11/chi-­‐sborsa-­‐chi-­‐tace-­‐chi-­‐
resiste-­‐la.html 47 costituita)181. Tuttavia, rileviamo che l'andamento delle collaborazioni nel corso degli anni è discontinuo e che, seppure vi sia stato un netto aumento negli ultimi 7-­‐8 anni, tale aumento non è elevatissimo a fronte del numero di commercianti palermitani tuttora vessati dal pizzo e la sua tendenza non è in crescita182. 181 Ovviamente, è opportuno evidenziare che un simile ragionamento circa la possibile correlazione fra attività processuale/costituzione in giudizio e numero delle denunce, può essere immaginato anche in riferimento ad altre associazioni antimafia ed antiracket che realizzino iniziative (processuali) analoghe a quelle sinora analizzate 182 Lo stesso Presidente di Addiopizzo, Daniele Marannano, nel settembre del 2013 ha dichiarato: "Il numero è rimasto costante rispetto all' anno scorso (2012), ma è del tutto insufficiente rispetto alla dimensione del fenomeno", v. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/09/06 /racket-­‐di-­‐nuovo-­‐emergenza-­‐pm-­‐il-­‐pizzo.html 48 CONCLUSIONI A conclusione di questa breve analisi delle misure di contrasto al fenomeno del pizzo, riteniamo indispensabile l'intervento della società civile nella lotta al racket organizzato. L'operato di associazioni e movimenti che hanno come obiettivo quello di promuovere la legalità, tutelare la libertà di iniziativa economica privata, proteggendo le attività economiche di una zona ad elevata densità mafiosa in cui le attività economiche tipicamente si confrontano con episodi estorsivi, è fondamentale poiché tiene alta l'attenzione dell'opinione pubblica e rimarca il messaggio che oggi, a differenza di venti anni fa, chi si oppone al pizzo non è più isolato nella sua lotta. Tuttavia, vanno rilevati alcuni aspetti problematici. Analizzando le attività di Addiopizzo, abbiamo rilevato come questa esperienza associativa sorta spontaneamente abbia determinato, a prescindere da onde etico-­‐
emotive di mobilitazione, una definitiva trasformazione per il movimento antiracket siciliano e soprattutto per quello palermitano: "il merito principale dei giovani di Addiopizzo è di avere avviato un impegno continuativo, in un contesto in cui molte delle iniziative sono all'insegna della precarietà, e di averlo correlato con un'inventiva adeguata che va dall'articolazione del programma alla capacità di destare l'attenzione, non solo mediatica, con la creazione di occasioni di incontro nei locali delle imprese e degli esercizi commerciali che hanno aderito. Sulla loro scommessa si gioca una parte del futuro dell'antimafia e della città"183. Ciò nonostante, richiamando nuovamente Santino, il consumo critico resta ancora "un desiderio", un obiettivo ambizioso non ancora pienamente realizzato. Addiopizzo, in effetti, si confronta con le abitudini di spesa quotidiane dei cittadini di Palermo che, nonostante le iniziative educative e le attività di sensibilizzazione promosse dall'associazione nell'ultimo decennio, non sono ancora state modificate in senso critico e responsabile184. Andrebbero quindi individuati degli incentivi economici e, in questo senso conveniamo con Santino, che gli incentivi morali non sono sufficienti185. Inoltre, anche sotto il profilo processuale delle collaborazioni i risultati non sono interamente soddisfacenti. Un aumento nelle denunce di estorsione 183 U. Santino, Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all'impegno civile, Editori Riuniti University Press, 2009, p. 425 184 "The support of Addiopizzo rests on a minority of Palermitan society. In order to promote a ‘cultural revolution’ against the mafia’s pizzo system, Addiopizzo needs to appeal to a broader social base of support", in H. Patridge, The determinants of and barriers to critical consumption: a study of Addiopizzo, Modern Italy, 2012 185 F. Forno, C. Gunnarson, Everyday shopping to fight the mafia in Italy, in M. Micheletti, A. McFarland, Creative Participation: Responsibility-­‐taking in the Political World, London: Paradigm Publisher, 2010, p. 35 49 c'è stato e, probabilmente, come abbiamo evidenziato in precedenza, è dovuto anche all'operato e all'assistenza legale di associazioni come Addiopizzo, Libero Futuro e Libera che scelgono di costituirsi parte civile nei procedimenti penali al fine di incentivare le denunce collettive, per simboleggiare che l'intera società civile si oppone al racket e alle logiche mafiose. Purtroppo, rispetto all'entità del fenomeno, si tratta di un numero ancora troppo basso perché la strategia delle associazioni antiracket possa essere considerata totalmente efficace. Il ruolo della società civile nella lotta al racket mafioso è indubbiamente indispensabile, ma, in fin dei conti, riteniamo sia lo Stato a doversi assumere il compito di smantellare le dinamiche estorsive e sconfiggerle definitivamente. Per disincentivare la domanda di mafia e la richiesta di protezione mafiosa, per rendere sotto tutti gli aspetti non più conveniente il pagamento del pizzo e la permanenza nell'area grigia, l'intervento statale penalistico-­‐repressivo andrebbe maggiormente integrato con misure di policy di carattere assistenziale e premiale, volte a ricompensare dei danni subiti gli imprenditori e i commercianti che si ribellano. Ipotizziamo che soltanto rendendo conveniente la denuncia, ad esempio per mezzo di alcune delle misure indicate nel primo capitolo (facilità di accesso al credito, rating d'impresa più alto, esenzione e riduzione del pagamento di imposte comunali, etc.), si assisterebbe ad un significativo e duraturo aumento delle collaborazioni. Se tramite il pizzo la mafia impone la propria signoria territoriale e si propone come autorità governativa alternativa allo Stato, deve essere soprattutto, e prima di tutti, lo Stato ad assumersi il dovere della lotta al racket, facilitando in senso economicamente conveniente il percorso delle denunce ed assistendo efficacemente gli operatori economici che scelgono di ribellarsi. 50 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Andretta M., Sistema politico locale e protesta a Palermo, in Quaderni di Sociologia, n. 21, 1999 Arlacchi P., La mafia imprenditrice. L'etica mafiosa e lo spirito del capitalismo, Il mulino, Bologna, 1983 Arlacchi P., Dalla Chiesa N., La palude e la città. Si può sconfiggere la mafia, Mondadori, Milano, 1983 A.M. Calì, DisOrdini, Navarra editore, Palermo, 2010 Caradonna S., Le imprese e il movimento antiracket, in I costi dell’illegalità. Mafia ed estorsioni in Sicilia, La Spina A. (a cura di), Il Mulino, Bologna, 2008 Cecchini M., Vasconi P., Vettraino S., Estorti e riciclati. 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