11/10/2011, 2a lezione La psicologia sociale studia l'individuo, enfatizzandone i processi interiori; ma quello che più interessa a tale disciplina è l'individuo calato in un contesto di situazione sociale. In particolare, la psicologia sociale studia il modo attraverso cui i comportamenti, gli atteggiamenti, ecc sono influenzati e condizionati da altre persone, che siano reali o immaginari (pubblicità). Tale disciplina studia dunque i processi che le persone condividono e che le rendono sensibili all'influenza sociale, e come ad essa reagiscono. A causa dei processi di selezione naturale, si mantengono nell'individuo delle tendenze e delle articolazioni mentali tali che è sempre spinto ad entrare a far parte di gruppi: infatti, chi è isolato è sin dalla preistoria vittima di predatori (paura per gli estranei). D'altro canto, per stare in gruppo serviranno specifiche competenze e comportamenti. La psicologia sociale è differente dalla sociologia. ◦ La sociologia fornisce leggi e teorie generali sulla società, non sull'individuo: l'enfasi è posta sui fenomeni sociali. ◦ La psicologia sociale, invece, studia come sono gli individui nel sociale. Ad inizio '900 non vi era una grande differenza tra le due discipline di sociologia e psicologia sociale; infatti, uno dei primi manuali di psicologia sociale fu scritto da un sociologo. ◦ Il manuale di McDougall, orientato sul versante psicologico del sociale, focalizzava l'attenzione sulle modalità attraverso cui avvengono articolazioni tra la psiche individuale e il mondo sociale. ◦ Quello di Ross, di impronta più sociologica, studiava con maggiore approfondimento i fenomeni collettivi e le reazioni di massa, basandosi sull'intuizione fondamentale per cui l'altro influenza gli individui non solo quando è presente, ma anche quando non lo è. Questi due manuali enfatizzano le due anime della psicologia sociale; dal manuale di McDougall nacque la psicologia sociale psicologica, basata sull'analisi quantitativa e concentrata sullo studio dell'individuo nelle sue relazioni con l'altro. Dal manuale di Ross nacque invece la psicologia sociale sociologica, basata su indagini di tipo quantitativo. La psicologia sociale non è però differente solo dalla sociologia, ma anche dalle altre branche della psicologia. ◦ La psicologia generale studia i processi cognitivi superiori; ◦ la psicologia della personalità si propone di analizzare le caratteristiche per cui gli individui son diversi l'uno dall'altro (ma di questo si occupa, in parte, anche la psicologia sociale, con la teoria dell'attaccamento); ◦ la psicologia dello sviluppo studia invece come la mente si evolve nel tempo. Nella psicologia sociale psicologica, dunque, le analisi vengono condotte a livello quantitativo, mediante varie tecniche come test proiettivi, questionari, osservazioni dirette e partecipanti, discussioni di gruppo, in modo tale da poter identificare ciò che accomuna gli individui (quindi i caratteri universali dell'uomo) e ciò che li separa (i caratteri distintivi di ogni individuo). La psicologia sociale cerca anche di capire le motivazioni umane sottostanti ai comportamenti umani. Possono essere annoverati quattro approcci in questo ambito: ◦ approccio dell'autostima: ci si comporta in determinati modi per mantenere la visione positiva che si ha di noi stessi (semaforo rosso, errore ◦ ◦ ◦ fondamentale di attribuzione); approccio della cognizione sociale. L'uomo aspira ad avere una visione accurata del mondo, ma è un “avaro cognitivo”, nel senso che cerca sempre di risparmiare energie per giungere a tale conoscenza → teoria della Gestalt, percezione della totalità al di là del singolo; bisogno di controllo. L'uomo ha bisogno di controllare il proprio ambiente, il caso, il caos. Si ha un ottimismo irrealistico nel rapporto con la realtà; istinti biologici. L'uomo è condizionato fortemente da tendenze innate: fame, sete, sopravvivenza, successo riproduttivo. Come successo riproduttivo, si intende il bisogno da parte degli uomini di lasciare le proprie caratteristiche in quanti più individui possibili; è come un bisogno di non morire, ispirato dall'istinto di autoconservazione (pulizia etnica, stupri in guerra). La sociologia e la psicologia condividono un comune inizio. Entrambe le discipline trovano il loro sviluppo verso la fine del 700 e l'inizio dell'800, nel confronto come problemi uguali: l'industrializzazione, le rivoluzioni, gli scioperi. Lo studio dei fenomeni destabilizzanti e collettivi accomuna in questo primo momento gli approcci sociologico e psicologico. ◦ Tra gli autori più importanti vanno annoverati Gabriel Tarde e Gustave Le Bon (Psicologia delle folle, 1905), che si occuparono, appunti, di fenomeni collettivi: l'interesse per il sociale era propriamente l'interesse per il sociale distruttivo. In questo periodo, infatti, il concetto di gruppo viene equiparato a quello di una massa con tendenze destabilizzanti, tale per cui l'individuo in un gruppo è come una bomba costantemente a rischio di esplodere. Due sono stati i modelli utilizzati dagli studiosi per spiegare il comportamento dell'individuo nella massa: ▪ modello della suggestione, per cui gli individui, all'interno della massa, non hanno capacità di pensare perchè suggestionati; ▪ modello del contagio (periodo di Pasteur). ◦ Philip Sigmund Freud scrive nel 1921 Psicologia delle masse ed analisi dell'io, in cui dipinge le masse come collettivi nei quali entrano gli individui allo scopo di liberare le proprie pulsioni. ◦ Philip Zimbardo, nel 1969, parla invece del fenomeno della disindividuazione, che causa la violenze all'interno di gruppi; per questo fenomeno, le persone non possiedono più un'identità individuale. L'individuo perde il controllo del proprio comportamento, è meno attento agli standard normativi, meno consapevole della propria identità personale, che viene sostituita da un'identità di gruppo, per cui il successo del gruppo di appartenza provoca una crescita dell'autostima: l'identità passa per l'appartenenza. Inoltre, l'individuo disindividuato darà meno considerazione alle conseguenze del suo comportamento, col risultato di un proliferare di tendenze aggressive; si potranno notare fenomeni di conformismo, atteggiamenti negativi (discriminatori) verso l'outgroup e favoritismi verso l'ingroup. Quanto più il gruppo sarà numeroso, tanto più grande sarà l'anonimato, maggiore sarà la violenza. Il gruppo disindividuato, infatti, mimetizza e provoca diffusione di responsabilità. La violenza all'interno del gruppo non sarà favorita sempre e solo dalla diffusione di responsabilità, ma anche da norme emergenti (sassai dal cavalcavia). Alcuna devianza sarà data proprio dalla difficoltà di sottrarsi a tali norme emergenti (Mafia). Dopo il periodo delle grandi immigrazioni negli USA a seguito della seconda guerra mondiale, con lo scoppiare dell'idelogia dell'american dream, l'interesse degli psicologi sociali si è concentrato sui gruppi costruttivi più che sulle masse distruttive. Alcuni studiosi si sono dedicati all'analisi degli effetti degli altri nelle prestazioni. ◦ Triplett, 1891. Lo psicologo notò che i ciclisti pedalavano di più se in compagnia. Elaborò dunque un esperimento per cercare di trarre delle conclusioni da tale osservazione. L'ipotesi era che la presenza di altri facilitasse prestazioni in genere. Divise dei bambini in due gruppi, e gli chiese di prestare una specifica prestazione, uguale tra i due gruppi. In un gruppo, i bambini stavano con altri bambini; nell'altro, stavano da soli. Triplett calcolò i tempi, e dedusse così che i bambini con altri svolgevano il loro compito in modo più rapido. Giunse dunque alla conclusione che gli altri hanno effetti di facilitazione sociale. ◦ Pussin, 1933. Lo studioso fece imparare ad individui vari delle parole senza senso, e gli chiese di ripeterle, sia da soli che in gruppo. Notò che quando ripetevano tali parole con altre persone, ci mettevano più tempo. Secondo Pussin, dunque, l'altro ha effetti di indolenza sociale. ◦ Zajonc, 1965. Secondo l'autore, la cui teoria è di stampo innatista, l'eccitazione cerebrale favorisce la presenza di risposte dominanti arousal. La presenza di altri ha di per sé stessa la capacità di produrre arousal. In compiti semplici o che si conosce molto bene, dunque, la presenza degli altri migliora le prestazioni. Questo è effetto di un'eredità biologica: l'uomo è un animale sociale. Da soli, viene meno il senso della vita, l'eccitazione automatica dell'arousal; essa fa emergere più facilmente risposte dominanti, a patto che siano di nostra competenza. ◦ Cotrell, 1968. Ha parlato di apprensione per la valutazione. Gli individui offriranno migliori prestazioni se insieme a concorrenti migliori (competizione). Per l'autore, dunque, l'eccitazione decresce se si sta con persone che non si stimano. L'arousal sarà maggiore in presenza di estranei; Cotrell rifiuta dunque l'impostazione innatista di Zajonc. ◦ Baron (1986). La prestazione in pubblico può diminuire a causa del conflitto tra l'attenzione da riservare al pubblico e quella da riservare al compito. Ringelmann (1880) si è occupato invece di indagare l'influenza del lavoro di gruppo sulla produttività, partendo dalla dicotomia tra compiti additivi, in cui il risultato dipende dalla somma dei compiti di tutti, e compiti non additivi. L'autore misurò la capacità di una serie di persone di tirare la corda, e risultò che la media era di 85kg; mise poi queste persone a tirare insieme la corda, e il risultato fu che ogni persone tirava in media 65kg. Nei compiti additivi, il risultato collettivo dunque è la metà della somma del possibile impegni di ognuno. L'effetto Ringelmann causa quindi indolenza sociale nei lavori di gruppo. La produzione di un gruppo decresce quanto più aumenta il numero di componenti del gruppo stesso. Due sono le cause principali dell'effetto Ringelmann: ◦ perdita di motivazione (effetto free-rider: chi si impegna di meno non può essere individuato, se in gruppo); ◦ perdita di coordinazione. 12/10/2011, 3a lezione Gli esseri umani sono conformisti per selezione naturale; il conformismo è necessario per stare in gruppo e quindi sopravvivere. Influenza della maggioranza Tra i maggiori contributi allo studio del conformismo, va annoverato quello di Asch, che parlò di social competition. Nel 1955, questo studioso fece un esperimento per cui dispose sei persone intorno ad un tavolo; il sesto di questi individui era il soggetto, mentre tutti gli altri erano complici di Asch. Asch mostrò a costoro delle linee: una di riferimento ed altre tre, A, B e C, di cui una sola era lunga esattamente quanto quella di riferimento; chiese poi a queste sei persone, secondo un determinato ordine, di valutare quale fosse la linea di lunghezza uguale a quella di riferimento. Il soggetto vero veniva interpellato per ultimo. In un primo momento, i cinque soggetti falsi, complici di Asch, diedero la risposta giusta. In seguito, cominciarono a dare risposte unanimi ma palesemente sbagliate. Asch notò che il 37% dei 123 soggetti “veri” si ritrovarono a conformarsi alla maggioranza, condividendo la valutazione palesemente sbagliata dei soggetti falsi; il 75% dei soggetti “veri”, poi, era stato d'accordo con la maggioranza almeno una volta. Secondo lo studioso, ci sono due motivi per cui le nostre opinioni sono così fortemente influenzate da quelle degli altri. ◦ Pressione informazionale. Nel cogliere informazioni, l'uomo parte dall'assunto implicito che quello che percepisce è condiviso dagli altri. Qualora questo non risulti vero, l'individuo tenderà a credere di sbagliarsi e quindi ad appoggiarsi alle opinioni degli altri; questo è frutto, come sempre, della selezione naturale. Prodotto della pressione informazionale sarà una conversione, processo che causa nell'individuo cambiamenti di atteggiamenti ed opinioni anche radicali. ◦ Pressione normativa. Per stare in gruppo, cerchiamo di piacere ad esso. Colui che si ritrova escluso dal gruppo, proverà sensazioni di ansia ed angoscia (selezione naturale). L'individuo si conformerà alla maggioranza per pressione normativa quando agirà per sentirsi parte di un gruppo. Ma la pressione normativa non produrrà un totale cambiamento di opinioni, ma mutamenti solo superficiali: il processo di acquiescenza. L'individuo sarà in grado di percepire che gli altri, dal suo punto di vista, sbagliano, ma tenderà comunque a conformarsi a loro pur di non rimanere escluso. Sono state inoltre individuate alcune variabili che producono il conformismo: ◦ coesione: maggiore sarà la coesione, maggiore l'influenza da parte del gruppo, e maggiore quindi la pressione normativa; ◦ numerosità: più grande è il gruppo, maggiore l'influenza maggioritaria. Allo scopo di individuare appunto i fattori che producono il conformismo, Milgram ha condotto un esperimento, per cui ha chiesto a degli individui all'interno di un gruppo di guardare genericamente in alto. I suoi risultati sono stati i seguenti: ◦ se una persona guarda in alto, il 4% del gruppo farà lo stesso; ◦ se 5 persone guardano in alto, il 16% del gruppo farà lo stesso; ◦ se 10 persone guardano in alto, il 22% del gruppo farà lo stesso; ◦ se 15 persone guardano in alto, il 40% del gruppo farà lo stesso. Inoltre, se il gruppo è molto compatto o come tale verrà percepito si potrà rintracciare una misura ottimale di 3-5 persone. Tra i fattori produttivi di conformismo è anche importa l'unanimità di opinioni: se anche una sola persona sarà in disaccordo con l'opinione condivisa dalla maggioranza, il conformismo si abbasserà del 25%; questo vale anche se colui che è in disaccordo si sbaglia palesemente. Festing ha parlato proprio di confronto sociale. L'individuo desidererà sempre possedere cose migliori o in quantità maggiore degli altri; questo innesca conflitti e guerra. Influenza della minoranza Moscovici nel 1969 condusse una serie di esperimenti volti allo studio dell'influenza delle minoranze. Secondo lo studioso, infatti, ciò che nella storia ha prodotto cambiamenti è sempre stato prodotto di minoranze. Moscovici ripete l'esperimento di Asch con alcune importanti variazioni. Lo studioso crea un gruppo con 4 soggetti ingenui e 2 complici; a tale gruppo mostra 36 diapositive, di colore blu – un blu di diverse tonalità, ma palesemente blu. Moscovici chiese poi al suo gruppo di che colore fossero le diapositive. Inizialmente i due complici sostennero che le diapositive erano di colore verde; i quattro soggetti ingenui mostrarono di subire quest'influenza, poiché l'8.4% di essi risponde ai quesiti di Moscovici conformandosi alla minoranza. Secondo Moscovici, in particolare, vi sono alcune condizioni che possono rendere una minoranza tale da influenzare la maggioranza: ◦ sicurezza; ◦ competenza; ◦ onestà; ◦ coerenza: ▪ sincronica, interindividuale; ▪ diacronica, intraindividuale. Si possono identificare alcune differenze tra gli effetti della maggioranza e quelli della minoranza. ◦ L'influsso della maggioranza produrrà risposte di acquiescenza o conversione. ◦ La minoranza, invece, innescherà processi cognitivi di validazione. Le persone cercheranno di trovare i motivi della coerenza della minoranza. Effetto autocinetico Sherif nel 1935 ha condotto degli esperimenti psicologici per studiare le modalità attraverso cui emergono le norme sociali. L'effetto autocinetico è quel fenomeno per cui individui inseriti in luoghi bui con però un punto luminoso fisso vedranno tale punto come non fermo ma in movimento, poiché nulla potrà fare loro da riferimento. Ipotesi dell'esperimento era il fatto che negli individui, messi di fronte a stimoli ambigui, si ha un passaggio da criteri individuali, autonomamente giudicati, a criteri esterni, valutati da altri. ◦ In una prima fase, Sherif introduce i soggetti nella stanza buia, uno alla volta, individualmente; agli individui viene chiesto di valutare l'estensione del movimento del punto luminoso. Gli individui giungono così a una vlutazione standard stabile, ad una norma personale. ◦ Nella seconda fase, i soggetti vengono inseriti in gruppo all'interno della stanza, con lo scopo di esprimere ad alta voce la propria opinione riguarda all'estensione del movimento del punto luminoso; a seguito di una discussione, i soggetti chiamano idea, arrivando a un compromesso, ad una norma di gruppo. Ognuno abbandona la propria norma individuale, viene influenzato ed influenza gli altri. In realtà, il punto luminoso era completamente immobile: l'estensione del movimento era determinata dal movimento degli occhi degli individui, di per se estremamente variabile. Ma il gruppo era riuscito comunque a pervenire a una norma precisa. Per Sherif, dunque, le norme sociali emergono dall'influenza reciproca degli individui. Spostamento verso il rischio Stoner nel 1961 condusse un esperimento volto a determinare le modalità attraverso cui l'opinione individuale muta a contatto con gli altri. Lo studioso chiede a 12 persone quale tra due scelte trovassero preferibile: ◦ una prima opzione era caratterizzata da stabilità, poco profitto e poco rischio; ◦ la seconda, invece, da alto profitto ed alto rischio. Lo scienziato, in una fase di preconsenso, fece compilare ai 12 soggetti un questionario, chiedendogli di numerare in una scala da 1 a 10 l'ammontare di rischio che si potrebbe accettare. Dopo aver registrato i valori individuali, Stoner, nella fase del consenso, riunì insieme i 12 soggetti e li mise a discutere, in gruppi di 4, riguardo la scelta, per poi fargli compilare nuovamente il questionario. Nella terza fase, quella del post-consenso, risultò che i soggetti erano giunto a nuovi giudizi individuali, nettamenti spostati verso il rischio. Risultato dell'esperimento, per Stoner, fu la conclusione che le persone in gruppo sono meno sagge, meno prudenti e più disposte ad accettare i rischi. 18/10/2011, 5a lezione Gli atteggiamenti, in generale, svolgono determinate funzioni psicologiche di adattamento. Gli atteggiamenti, in particolare, definiscono i gruppi sociali; ogni gruppo sociale + infatti marcato da un particolare atteggiamento, la cui condivisione da parte degli individui implica l'accettazione di costoro all'interno del gruppo. Gli atteggiamenti hanno dunque funzioni di salvaguardia dell'identità sociale. Gli individui acquisiscono identità sociali medianti il sentirsi appartenenti a gruppi sociali; a questo l'individuo arriva mediante processi cognitivi di categorizzazione: ◦ autocategorizzazione; ◦ categorizzazione sociale. Per risparmiare risorse cognitive, gli individui si muovono attraverso schemi e categorie ampie, che raggruppano oggetti e concetti. La categorizzazione avviene sulle base di elementi salienti, per esempio il colore della pelle. Categorizzando noi stessi come bianchi (autocategorizzazione), insieme categorizziamo gli altri come non bianchi (categorizzazione sociale). La categorizzazione è una caratteristica umana innata: ai primordi della specie, infatti, era più facile muoversi sulla base di categorie rapide, senza guardare alle differenze individuali. L'acquisizione di identità sociali innesca nell'individuo processi mentali che provocano conseguenze tanto positive quanto negative, che trovano le loro radici nella selezione naturale e nell'evoluzione: ◦ favoritismo verso l'ingroup, tale da rafforzare il senso del gruppo; ◦ discriminazione verso l'outgroup; Questi processi sono frutto della selezione naturale; ai primordi della specie umana, infatti, gli individui si univano in gruppi piccoli (massimo 150 persone), composti per la maggior parte da consanguinei, i cui scopi non erano solo di sopravvivere e riprodursi ma anche di assicurare a se stessi il successo riproduttivo. Tale tendenza a base innata è rimasta negli individui nonostante il fatto che i gruppi ora non siano più composti da soli consanguinei, ed è radice di fenomeni quali stupri di massa, lotte etniche e adozioni. ◦ L'altruismo, che consiste nel mettere l'altro davanti a se stesso, trova le sue fondamenti proprio nella selezione naturale. Ai primordi della specie umana, infatti, esso era rivolto soprattutto verso i consanguinei: si sacrificava una copia di sé al fine di assicurare a se stesso il successo riproduttivo. ◦ Anche non consanguinei erano beneficiari di comportamenti altruistici, e si parla in questo caso di altruismo reciproco: gli individui si aspettavano che l'aiuto da loro prestato venisse ricambiato in seguito; se non a se stessi, magari ai figli. Anche nelle forme di reciprocità e contraccambio, dunque, permangono forme di favoritismo verso l'ingroup. Tajfel si è dedicato allo studio degli atteggiamenti, mettendo a punto la sua teoria dell'identità sociale, una teoria cognitivista che trova la sua giustificazione nell'evoluzionismo. Le due conseguenze dell'acquisizione di identità soiali (favoritismo verso l'ingroup e discriminazione verso l'outgroup) fanno riferimento all'etica dei piccoli gruppi: tanto più il gruppo sarà piccolo o arretrato, maggiore sarà il familismo amorale (Putnam), ovvero la tendenza a prendersi cura dei cari a scapito degli altri. Gli atteggiamenti hanno anche altre funzioni: ◦ definizione del self: non abbiamo infatti solamente identità sociali, ma anche identità personali; ◦ veicolo di espressione di valore etici, con funzione aggregante: ciò che per me avrà valore, lo avrà anche per il mio gruppo; ◦ funzione ego difensiva: i pregiudizi sono atteggiamenti volti a coprire paure e controllare ansie; ◦ funzione conoscitiva: gli atteggiamenti possono essere considerati come strutture cognitive che regolano l'elaborazione di informazioni; grazie agli atteggiamenti, invece di elaborare tutto, raccogliamo solo le informazioni congruenti e valutiamo solamente quelle. Scopo di persuasione e comunicazione è cambiare gli atteggiamenti degli individui; questa branca della psicologia sociale è stata studiata in particolar modo da Howland Weiss, della scuola di Yale, negli anni '50. La comunicazione è un sistema strutturato, composto da tre sfere: stimoli esterni, target e spettro di risposte. ◦ Stimoli esterni. ▪ La fonte deve essere credibile, esperta, degna di fiducia. In una prima fase, l'individuo si farà convincere soprattutto da messaggi provienienti da persone che ritiene credibili, esperte, degne di fiducia. In una seconda fase, però, interviene lo sleeper effect: un messaggio, dopo essere stato emesso, produce un determinato effetto indipendentemente dalla fonte. Anche se la fonte non è ritenuta dall'individuo degna di fiducia, dopo del tempo esso si dimenticherà della fonte: si può dunque parlare di decadimento differenziale della fonte e del messaggio, e di dissociazione tra credibilità delle fonte e del messaggio. Per quanto riguarda gli indici periferici, che hanno a che fare non con il contenuto ma con la forma del messaggio, per quanto riguarda la fonte essi sono: attraenza; somiglianza a noi; non manifestazione di intenzioni persuasive. ▪ Messaggio. Per quanto riguarda gli indici centrali, il messaggio deve essere: comprensibile; con tomi emotivi; con argomentazioni; con ripetizioni e domande retoriche – ma non troppe, altrimenti il messaggio può risultare noioso. Per quanto riguarda i percorsi periferici, importanti sono: lunghezza numeristà di argomentazioni Tra le argomentazioni ad effetto, si possono annoverare: ordine delle argomentazioni → effetto primacy. Le prime argomentazioni saranno le più persuasive, poiché formano uno schema che indirizzerà i processi successivi; conclusioni; ripetizioni del punto di vista degli avversarsi, ma in piccola parte; lo scopo è quello di creare assuefazioni nell'individuo da persuadere: si parla addirittura di “vaccinare l'audience”; uso di componenti emotive (rabbia, ostilità, paura...). ▪ Oggetto verso cui avere l'atteggiamento. ▪ Contesto. In particolare, va creata distrazione. La distrazione fa sì che ci si lasci convincere più facilmente da indici periferici; se tuttavia si ecede in questo senso, l'effetto è che il messaggio non colpisce, dato che non lo si riesce nemmeno a comprendere. ◦ ◦ Target di audience. Quello che conta è la predisposizione iniziale dell'individuo verso un determinato messaggio. Tale atteggiamento iniziale espone l'individuo a una tendenza alla selezione: funge come una sorta di script che innesca processi cognitivi selettivi e che porta a cogliere elementi congruenti con atteggiamenti iniziali. Spettro di risposte nell'audience. ▪ Disaccordo; ▪ Ricezione distorta – il messaggio viene interpretato in modo diverso, alla luce di proprie esperienze personali; ▪ Ignoramento del messaggio; ▪ Dissonanza tra parole e fatti, che porta allo screditamento della fonte (Di Pietro/il Trota – gli avvocati cercano sempre di screditare i testimoni); ▪ Troppa somiglianza. 19/10/2011, 6a lezione Festinger, con la sua teoria della dissonanza cognitiva del 1957, ha studiato cosa succede ad un individuo quando si comporta in modo non congruente con quello che pensa. Secondo lo studioso, nel momento in cui si mettono in atto comportamenti dissonanti con le nostre credenze, si entra in uno stato di eccitazione arousal, a cui segue un momento di appianamento della dissonanza. Se c'è dissonanza tra ciò che pensiamo e facciamo, si avrà una dissonanza postdecisionale; poi una dissonanza comortamentale e infine una dissonanza controattitudinale. Per ridurre la dissonanza, l'individuo coglie informazioni selettivamente, in direzione della decisione presa; si innesca in costui un processo mentale che porta alla ricerca di giustificazioni mentali per le nostre scelte. 24/10/2011, 7a lezione Scale di Likert, Thurstone, Guttman 25/10/2011, 8a lezione I paradigmi scientifici cambiano in base alle ideologie; intorno agli anni '20 del 1900 si è verificato un grande spostamento di ideologie, frutto dei flussi migratori diretti soprattutto verso gli Stati Uniti. In questo periodo si sviluppa l'idea che non vi sono eredità genetiche: l'individuo, sulla base delle opportunità che gli vengono offerte, della propria ambizione e della propria intraprendenza, può diventare qualsiasi cosa. Questo, in sostanza, è il succo dell'idea dell'american dream. Cambia dunque l'ottica e il modo di intendere i gruppi, in direzione egalitaria e positivista; non vengono più intesi come folle distruttive, ma come agglomerati di persone uniti per conseguire scopi produttivi. In questo periodo si afferma negli USA la psicologia sociale, ed in particolare il comportametnismo. Il comportamentismo (behaviourism) si propone di analizzare il comportamento degli individui per studiare i meccanismi che danno conto dei cambiamenti e dell'apprendimento. Il comportamentismo critica apertamente i presupposti degli studi di Wundt, autore delle prime opere di analisi e definizione delle modalità attraveros cui è possibile fare ricerca nella psicologia per renderla una scienza obiettiva. Wundt era un introspezionista: introduceva persone nei laboratori, le sottoneva a determinati stimoli e studiava le loro risposte. Per i comportamentisti, l'approccio mentalista wundtiano alla psicologia sociale non è obiettivo e va quindi rifiutato; si propongono dunque di studiare le condizioni obiettive che determinano i comportamenti, eliminando ogni riferimento ai quei contenuti mentalistici cari a Wundt. Secondo l'approccio comportamentista, alla nascita il bambino è dotato di riflessi incondizionati, ma la sua mente è una tabula rasa, una blackbox. Tutto ciò che accade è dunque esito della connessione organismo – ambiente. In particolare, i comportamenti sono visti come delle risposte a stimoli, che non vengono elaborati cognitivamente. Ciò che fanno gli individui è dunque frutto dell'associazione tra stimoli e risposte. Sono due i principali modelli comportamentisti che tentano di spiegare le cause e le modalità dei comportamenti umani: quello del condizionamento classico di Pavlov e quello del condizionamento operante di Skinner. ◦ Gli esperimenti di Pavlov, fautore del modello del condizionamento classico, sono basati sullo studio della salivazione dei cani. Per lo studioso, l'associazione di uno stimolo condizionato a uno stimolo neutro darà luogo a risposte condizionate. Lo stimolo incondizionato del cibo darà luogo alla risposta incondizionata della salivazione. Pavlov associò allo stimolo incondizionato del cibo lo stimolo condizionato del campanello; dopo un po' di tempo, al solo sentire il suono del campanello aumentava la salivazione nelle fauci dei cani. Dunque, lo stimolo condizionato del campanello dava luogo alla risposta condizionata della salivazione. Il modello del condizionamento classico di Pavlov va inteso anche come una chiave interpretativa per i fenomeni di cambiamento di opinioni, di atteggiamento, di persuasione. ◦ Thorndike postulò la legge dell'apprendimento attraverso prove ed errore. Quando l'individuo giunge casualmente a risposte che provocano effetti positivi (rinforzo positivo), ripeterà la risposta; quando invece il suo comportamento porterà a rinforzi negativi, non replicherà tale comportamento. Non vi è dunque elaborazione dei dati nell'individuo; i dati vengono elaborati uno alla volta attraverso una scansione prova/errore, e la realtà esterna è vista come frammentata in tanti stimoli. ◦ Skinner è stato l'ideatore della skinner box, attraverso cui ha dimostrato che l'apprendimento di un topo avviene perchè al suo comportamento vengono associati stimoli positivi. Come in Pavlov, l'apprendimento risulta frutto del condizionamento, ma si parla qui di condizionamento operante, risultato ovvero di ciò che gli individui fanno. ◦ Allport sostiene che non esiste una psicologia dei gruppi che non sia una psicologia degli individui; un gruppo sociale andrà dunque concepito come la somma degli individui che la compongono. Secondo la teoria della Gestalt, invece, le nostre risposte nei gruppi non sono rivolte agli individui ma al gruppo stesso, che va intenso come qualcosa di superiore alla somma degli individui. Analisi degli atteggiamenti secondo il modello comportamentista Mere exposure effect Il solo fatto di essere esposti a determinati stimoli produce effetti sugli individui; secondo questa prospettiva, l'individuo non elabora le informazioni, ma è totalmente passivo. Questa conclusione è frutto di alcuni esperimenti effettuati da Zaionc. Lo studioso riunì due gruppi di volontari, poi proiettò ad ogni gruppo l'immagine di un volto; al primo gruppo l'immagine fu proiettata 25 volte, al secondo due volte. Il primo gruppo, alla fine della proiezione, dichiarò di trovare il volto attraente. Inoltre, lo studioso determinò un livello ottimale di esposizione, pari a tre volte: 2 volte è insufficiente, 5 risulta noioso. Secondo altre interpretazioni, l'esposizione prolungata provoca familiarità nell'individuo che subisce lo stimolo. Entrano in fatto processi attribuzionali che ci provocano prevedibilità e dunque gradevolezza. Persuasione subliminale Anche in quest'ambito viene utilizzato il condizionamento. Si mostra un'immagine associata a un qualcosa valutato a posteriori; avviene un trasferimento delle emozioni dall'immagine al prodotto. Condizionamento ed atteggiamenti politici Lorge ha tentato di dimostrare che gli atteggiamenti politici mutano indipendentemente dai valori cognitivi. Nei suoi esperimenti, Lorge chiedeva ai membri del gruppo le loro opinioni politiche, per poi valutarle ed inquadrarle in una precisa corrente politica. In seguito leggeva al gruppo alcune frasi di leader politici democratici e dittatori, citando l'autore e chiedendo al gruppo la loro opinione riguardo alle frasi. I membri del gruppo di sinistra rifiutavano la frase a priori se era stata pronunciata da un dittatore, mentre quelli di destra la rifiutavano se era stata pronunciata da un esponente politico di sinistra. Dunque, per Lorge l'atteggiamento politico non muta in base ai programmi dei partiti, ma in base a chi dice cosa; i programmi non vengono esaminati cognitivamente, ma presi così come sono, passivamente, mediante gli indici periferici della mente. Asch, gestaltista, replicò gli esperimenti di Lorge, e tentò di mostrare come sia falso il fatto che il mutamento delle opinioni è dovuto alla mancata elaborazione del messaggio. Infatti, se viene cambiato l'autore delle farsi, si cambia tutto lo stimolo nella sua globalità; lo stimolo è diverso perchè, dal momento che è emanato da un diverso autore, assume un significato diverso. Aggressività, condotte prosociali Secondo questi studi, l'individuo è argilla, totalmente modellato dalla società; si rifiuta quindi la presenza di componenti innate e cognitive nell'individuo. ◦ Social learning theory (1962-1973) Secondo questa teoria, non è vero che si risponde in modo immediato agli stimoli; come variabile interveniente va infatti posto l'organismo, in base allo stato del quale gli individui reagiscono: S → O → R. L'apprendimento è dovuto all'imitazione degli altri (modeling); attraverso tale modellamento astratto l'individuo ricava delle regole generali che applica anche in altri contesti, diversi da quello in cui ha appreso il comportamento. Antonio Bandura ha parlato di rinforzo vicariante: gli individui apprendono non solo in base a rinforzi positivi, ma anche tramite l'imitazione di coloro che hanno a loro volta ricevuto rinforzi positivi. ◦ Bandura: esperimenti sull'aggressività Alberto Bandura ha realizzato alcuni esperimenti sull'aggressività nei bambini, basandosi sulla Social Learning Theory e sul modello del rinforzo vicariante. Lo studioso ha raccolto tre gruppi di bambini; al primo gruppo ha mostrato un filmato di una donna adulta che picchia una bambola (la Bobo Doll); al secondo una donna che giocava con la Bobo Doll, e al terzo niente. I bambini vengono poi portati in una stanza piena di giochi, ed ognuno sceglie un gioco preferito. Tale gioco gli viene poi tolto; in questo modo si crea uno stato di frustrazione nei bambini (S → O → R). Successivamente ogni gruppo viene inserito in una stanza giochi con una Bobo Doll. Il primo gruppo picchia la Bobo Doll e distrugge gli altri giochi; gli altri gruppi giocano tranquillamente con i giocattoli. Il comportamento aggressivo viene dunque imitato e generalizzato. ◦ Desensibilizzazione alla violenza In questo esperimento, nei ragazzi in cui era stato creato un senso di frustazione nell'animo vengono portati ad assistere ad un incontro di pugilato molto violento e scorretto. I ragazzi che avevano già visto molta violenza in TV subiscono una minore attivazione fisiologica. Dunque, l'esposizione alla violenza provoca desensibilizzazione, abitudine al sangue, assuefazione. Secondo alcuni dati, i bambini che assistono a 3 ore e mezza di tv al giorno saranno esposti ad almeno 33 azioni violente; gli adulti sono investe sottoposti a 5 azioni violente l'ora. ◦ Attivazione/dislocazione Secondo gli studi di Zillman del 1988, quando una persona è in uno stato di attivazioen arousal e viene a contatto con ciò che lo provoca, anche se non c'è correlazione, il suo stato di eccitazione viene trasferito su tale persone, con effetti potenzialmente violenti. ◦ Weapon effect Secondo Berkowitz, il solo vedere delle armi produce aggressività; per un meccanismo associativo, le armi vengono subito collegate alla violenza. Berkowitz ha anche identificato altri fattori che producono violenza: dolori di qualsiasi tipo, caldo, freddo, rumori, affollamento.