AGGIORNAMENTI NORMATIVI PER LE COOPERATIVE

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AGGIORNAMENTI
NORMATIVI PER
LE COOPERATIVE
Bollettino di informazione tecnica
a cura di Confcooperative Pordenone
n. 6 – 2016
CONFCOOPERATIVE PORDENONE - V.le Grigoletti, 72/E – 33170 Pordenone
Tel. +39 0434 378700 – Fax +39 0434 366949 – e-mail: [email protected]
Sito internet: www.pordenone.confcooperative.it
TABELLA RIASSUNTIVA DEGLI AGGIORNAMENTI NORMATIVI
CIRCOLARI
N.
AMBITO
OGGETTO
C48/2016
CONTABILE FISCALE
Chiarimenti Agenzia delle Entrate sul regime IVA
per le cooperative sociali
Consulta
scheda
C49/2016
CONTABILE FISCALE
Legge Europea 2015-2016: nuove aliquote IVA
Consulta
scheda
C50/2016
LAVOROPREVIDENZA
Beni e servizi non soggetti a tassazione
Consulta
scheda
C51/2016
LAVOROPREVIDENZA
Novità in materia di cambio di appalto
Consulta
scheda
COMUNICAZIONI
N.
AMBITO
OGGETTO
CM20/16
CONTABILE FISCALE
Detassazione premi di risultato e welfare
aziendale
Consulta
scheda
CM21/16
CONTABILE FISCALE
Agevolazioni fiscali 2016 autotrasportatori
Consulta
scheda
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CONTABILE – FISCALE
TORNA ALL’INDICE
C48/16 – Chiarimenti Agenzia delle Entrate sul regime IVA per le
cooperative sociali
A distanza di circa 7 mesi dall’entrata in vigore del nuovo regime Iva delle Cooperative
sociali, la Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 31/E
del 15/07/2016, ha fornito alcuni chiarimenti utili sulla nuova normativa Iva, con
importanti precisazioni inerenti la gestione del periodo transitorio in cui, come già
evidenziato nelle nostre precedenti, è ancora vigente la vecchia normativa.
Come premessa al nuovo regime Iva, viene fornito un esaustivo quadro di sintesi
normativa, che illustra le principali ragioni che hanno condotto il legislatore con il
comma 960 dell’articolo unico della legge di stabilità del 2016 a dover adottare la
novellata aliquota del 5% per le prestazioni socio-sanitarie, assistenziali ed educative
rese dalle cooperative sociali e dei lori consorzi.
Viene così osservato che:
•
è stata inserita la nuova parte II-bis della tabella A, allegata al d.P.R. n. 633 del
1972 - introdotta in conformità con l’articolo 98 della Direttiva del Consiglio CE 28
novembre 2006, n. 112, ai sensi del quale “gli Stati membri possono applicare una
o due aliquote ridotte” (non inferiori al 5 per cento) “alle cessioni di beni e alle
prestazioni di servizi delle categorie elencate nell’allegato III” - che prevede
l’assoggettamento alla nuova aliquota IVA del 5% delle prestazioni socio-sanitarie,
assistenziali ed educative, rese da cooperative sociali e loro consorzi in favore di
specifiche categorie di soggetti;
•
l’articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 è
stato riformulato con la conferma dell’aliquota IVA ordinaria nella misura del 22 per
cento della base imponibile dell’operazione, mentre la categoria delle aliquote
ridotte del 4 e del 10 per cento viene ampliata con la nuova aliquota del 5 per
cento, con riferimento alle operazioni aventi per oggetto i beni e servizi elencati,
rispettivamente, nella nuova parte II-bis della tabella A allegata al d.P.R. n. 633 del
1972.. La novità recata dal nuovo articolo 16 del D.P.R. n. 633 del 1972 consiste,
pertanto, nella previsione di una nuova aliquota ridotta, pari al 5 per cento, per le
operazioni elencate nella parte II-bis della citata Tabella A.
La circolare in commento prosegue l’analisi del regime Iva delle cooperative sociali,
illustrando la disciplina che era in vigore prima della novellata Legge di Stabilità 2016
(applicabile dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2015), specificando che :
- per le prestazioni rese dalle cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991, sia
direttamente ai soggetti fruitori finali, sia in virtù di appalti o convenzioni con soggetti
terzi, si rendeva applicabile:
a) il regime di imponibilità con l’aliquota del 4 per cento di cui al ripristinato n. 41-bis)
o,
b) in alternativa, – previa opzione di tali cooperative, in quanto ONLUS “di diritto” – i
regimi di esenzione dal tributo rispettivamente previsti dai nn. da 18) a 21) e 27-ter),
dell’articolo 10 del d.P.R. n. 633 del 1972, a seconda della tipologia di prestazione in
concreto resa;
- per le prestazioni delle cooperative generiche divenute ONLUS a seguito dell’iscrizione
prevista per tali organizzazioni, e per quelle rese dagli altri soggetti specificamente
elencati nel citato n. 27-ter) dell’articolo 10 del d.P.R. n. 633, si applicava
a) il regime di esenzione di cui ai nn. da 18) a 21), e 27-ter), dell’articolo 10 dello
stesso d.P.R. n. 633, se rese direttamente nei confronti dei soggetti svantaggiati,
oppure
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b) l’aliquota ordinaria, se rese sulla base di appalti o convenzioni con soggetti terzi;
- per le prestazioni rese dalle cooperative “generiche” non ONLUS, nonché per quelle
rese da soggetti diversi da quelli indicati nel più volte citato n. 27-ter) dell’articolo 10
del d.P.R. n. 633 del 1972, infine, si rendeva in ogni caso applicabile l’aliquota ordinaria.
DISCIPLINA VIGENTE
Passando ad esaminare la disciplina vigente, l’Agenzia osserva che l’introduzione
dell’aliquota del 5% si è resa necessaria al fine di evitare una ulteriore procedura di
infrazione da parte della Commissione europea, che aveva rilevato l’incompatibilità con
l’ordinamento comunitario della disposizione recata dal citato n. 41-bis) della Tabella A,
parte II, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972 (Caso EU PILOT 6174/14/TAXU, archiviato
con decisione del 16 giugno 2016).
Da ciò l’abrogazione del n. 41-bis) della parte II della Tabella A allegata al d.P.R. n. 633
del 1972, che, in sostanza, stabiliva l’applicazione dell’aliquota del 4 per cento per le
prestazioni socio-sanitarie, educative e assistenziali rese da cooperative sociali e loro
consorzi e l’introduzione della nuova parte II-bis nella Tabella A, allegata al d.P.R. n. 633
del 1972, prevedendo, al n.1), che siano soggette alla nuova aliquota IVA del 5 per
cento “le prestazioni di cui ai numeri 18), 19), 20), 21) e 27-ter) dell’articolo 10, primo
comma, rese in favore dei soggetti indicati nello stesso numero 27-ter) da cooperative
sociali e loro consorzi”.
Quindi per l’applicazione della nuova aliquota Iva è necessario che coesistano tre
presupposti: quello oggettivo, quello
soggettivo, nonché quello di rendere la
prestazione a particolari soggetti destinatari.
L’assenza anche di uno solo dei tre presupposti richiamati non consente l’applicabilità
dell’aliquota agevolata del 5%.
REQUISITO OGGETTIVO
Le prestazioni dell’articolo 10, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 a cui fa
riferimento il citato n. 1) della nuova parte II-bis allegata al medesimo decreto, sono:
-
le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona
nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza (n. 18);
-
le prestazioni di ricovero e cura rese da enti ospedalieri o da cliniche e case di cura
convenzionate nonché da società di mutuo soccorso con personalità giuridica e da
ONLUS, compresa la somministrazione di medicinali, presidi sanitari e vitto, nonché
le prestazioni di cura rese da stabilimenti termali (n. 19);
-
le prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni
genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e
riconversione professionale rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche
amministrazioni e da ONLUS, comprese le prestazioni relative all’alloggio, al vitto e
alla fornitura di libri e materiali didattici (n. 20);
-
le prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e
simili, delle colonie marine, montane e campestri e degli alberghi e ostelli per la
gioventù, comprese le somministrazioni di vitto, indumenti e medicinali, le
prestazioni curative e le altre prestazioni accessorie (n. 21);
-
le prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità
e simili in favore di specifiche categorie di soggetti rese da organismi di diritto
pubblico, da istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica o da
enti aventi finalità di assistenza sociale e da ONLUS (n. 27-ter).
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REQUISITO SOGGETTIVO
Sotto il profilo soggettivo, si osserva che, in relazione alle anzidette prestazioni, la
nuova aliquota ridotta troverà applicazione laddove le stesse siano rese “da cooperative
sociali e loro consorzi”.
DESTINATARI DELLE PRESTAZIONI SOCIO-SANITARIE
In ordine ai destinatari delle citate prestazioni, si rileva che le categorie di soggetti
indicate al n. 27-ter) dell’articolo 10, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, a cui fa
riferimento il n.1) della nuova parte II-bis della Tabella A dello stesso d.P.R., sono quelle
“degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e di malati di AIDS, degli
handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di
devianza, di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone
detenute, di donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo”.
La circolare 31/E precisa ulteriormente che l’aliquota IVA del 5 per cento si rende
applicabile, al pari della precedente aliquota del 4 per cento, sia alle prestazioni
effettuate dalle cooperative sociali in esecuzione di contratti di appalto, convenzioni e
concessioni, sia a quelle rese direttamente agli utenti, come evidenziato anche dalla
relazione tecnica alla legge di stabilità 2016.
Questa affermazione supera qualunque ipotesi di applicabilità del regime di esenzione
sulle operazioni rese direttamente al soggetto beneficiario e quindi esclude qualunque
possibilità di un regime Iva a “doppio binario”.
Un importantissimo chiarimento della circolare in commento è in merito alla possibilità
paventata dalla dottrina di poter ritenere ancora esistente per le cooperative sociali, il
regime di maggior favore disciplinato dall’art. 10, comma 8, del D.Lgs. n. 460 del 1997.
La questione è questa: la legge di Stabilità 2016 ha soppresso l’art. 1, comma 331,
primo e secondo periodo della legge 296 del 2006, che ricordiamo essere una norma di
carattere interpretativo che confermava la legittimità per le cooperative sociali di
adottare il regime di maggior favore previsto dalla normativa sulle Onlus, stabilito dal
comma 8 dell’art. 10 D.Lgs. n. 460 del 1997, e che, quindi, sanciva la possibilità di
opzione dell’aliquota del 4% in luogo dell’esenzione art. 10 del D.p.r. 633/1972.
Da più parti era stato però osservato che, poiché la norma che attribuiva la facoltà di
opzione per l’aliquota agevolata (ossia, il comma 8 dell’art. 10 del D.lgs. 460/1997) non
ha subito alcun tipo di modifica, l’abrogazione della sola norma di carattere
interpretativo, non avrebbe generato alcun effetto sul regime fiscale, ritenendo così
ancora applicabile per le cooperative sociali il diritto di opzione.
L’Agenzia delle Entrate sul punto fornisce la propria posizione, chiarendo che la
previsione di cui al citato articolo 10, comma 8, del D. Lgs. n. 460 del 1997, continuerà
ad esplicare i suoi effetti in relazione agli altri soggetti dalla stessa qualificati come
ONLUS di diritto, diversi dalle cooperative sociali, e, per quanto concerne queste ultime,
solo con riferimento ai tributi diversi dall’IVA.
In pratica l’Agenzia delle Entrate ritiene che l’abrogazione della norma interpretativa
avrebbe come effetto l’inammissibilità per le cooperative sociali di poter scegliere i
benefici fiscali limitatamente al comparto Iva, con la conseguente impossibilità di
opzione per il regime di maggior favore ai fini IVA, mentre conferma altre agevolazione
come ad esempio quelle che si riferiscono ad imposta di bollo e di registro.
Quindi in base alla nuova disciplina, le prestazioni socio-sanitarie, assistenziali ed
educative di cui ai nn. da 18) a 21) e 27-ter) dell’articolo 10, primo comma, del d.P.R.
n. 633 del 1972, rese da cooperative, sia direttamente sia in forza convenzioni e
contratti di ogni genere, nei confronti delle categorie di soggetti elencati dallo stesso n.
27-ter), sono, dunque, assoggettate:
-
all’aliquota IVA del 5 per cento, se rese da cooperative sociali e loro consorzi;
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-
al regime di esenzione dall’imposta, se rese da cooperative non sociali aventi
la qualifica di ONLUS;
-
all’aliquota IVA ordinaria del 22 per cento, se rese da cooperative non sociali
e non ONLUS, sempreché non abbiano oggettivamente le caratteristiche per
rientrare nell’applicazione delle esenzioni di cui ai nn. 18) e 21) dell’articolo
10 del d.P.R. n. 633 del 1972.
DECORRENZA DELLA NUOVA DISCIPLINA E REGIME TRANSITORIO
I principali dubbi sulla nuova normativa riguardano proprio la gestione del periodo
transitorio, visto che l’aliquota del 5% in virtù del comma 963 dell’articolo unico della
legge di stabilità 2016 stabilisce, che le disposizioni dei commi 960 e 962 si applicano
alle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati, rinnovati o prorogati
successivamente al 31 dicembre 2015.
L’Agenzia quindi sul punto precisa che “per le operazioni compiute in base a contratti
stipulati entro tale data e ancora in essere, le cooperative sociali di cui alla legge n. 381
del 1991 e loro consorzi continueranno ad applicare l’aliquota IVA del 4 per cento o il
regime di esenzione, in base all’opzione già effettuata ai sensi della normativa allora
vigente”.
Con tale passaggio la circolare in commento, nel confermare l’entrata in vigore del
nuovo regime Iva sui contratti prorogati, stipulati o rinnovati successivamente al
31/12/2015, non consente la possibilità di applicazione libera dei regimi Iva alternativi,
in vigore fino al 31/12/2015, bensì ne cristallizza gli effetti.
Al riguardo, si ricorda che l’opzione per l’assoggettamento Iva del 4% in luogo
dell’esenzione, era un opzione effettuata su base annuale (ossia, per anno solare), che,
con l’inizio del nuovo anno, poteva essere modificata.
Ad esempio, per un appalto iniziato il 01/07/2014 che si conclude il 30/06/2017,
relativo ad operazioni sanitarie rese a soggetti svantaggiati, la cooperativa sociale, se
per il 2014 aveva deciso di non esercitare l’opzione per l’assoggettamento Iva, era
obbligata ad utilizzare tale medesimo regime sino al 31/12/2014, con la possibilità però
di modificarlo per il 2015, qualora ritenuto più conveniente.
Secondo i chiarimenti dell’Agenzia, tale possibilità non è più riconosciuta per il 2016 e
quindi la scelta effettuata nel 2015 rimarrà vincolante per gli anni solari rimanenti fino
alla scadenza del contratto (stipulato, rinnovato o prorogato antecedentemente al 31
dicembre 2015); dopodiché diverrà ovviamente obbligatoria l’applicazione del nuovo
regime Iva con aliquota al 5%.
Quindi, se la stessa cooperativa sociale dell’esemplificazione ha mantenuto l’esenzione
anche per il 2015, dovrà obbligatoriamente mantenerla inalterata sino alla scadenza
contrattuale (30/06/2017): dopo tale data, qualora intervenga un rinnovo o una
proroga del contratto, la cooperativa sociale dovrà applicare la nuova normativa Iva con
assoggettamento all’aliquota del 5%.
La nuova disciplina trova, poi, applicazione anche con riferimento ai rinnovi – sia
espressi che taciti – nonché alle proroghe che intervengono successivamente alla
predetta data del 31 dicembre 2015, anche se riferiti a contratti conclusi tra le parti
prima di tale data.
Tale affermazione deve in qualche modo coordinarsi con la risposta fornita con
l’interpello DRE Veneto del 9 marzo 2016, commentata nella nostra precedente
Circolare n. 29/2016, in cui l’Amministrazione Finanziaria ha dato rilevanza alla stipula
dell’atto formale, se sottoscritto prima o dopo il 31/12/2015.
Quindi, si ritiene che il rinnovo o la proroga di un contratto già in essere al 31/12/2015,
per poter mantenere il vecchio regime dovranno essere intervenuti entro tale data.
Come già affermato nella risposta governativa all’interrogazione n. 3-02820,
commentata nella nostra precedente circolare, ai fini dell’individuazione, sotto il profilo
temporale, della disciplina applicabile, l’Agenzia delle Entrate nella circolare 31/E in
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commento ritiene fondamentale la data della stipula, del rinnovo o della proroga dei
contratti in argomento, che avvengono, generalmente, a conclusione delle procedure di
affidamento esperite e a seguito dell’adozione delle relative delibere da parte dell’ente
concedente.
Tra detti contratti – che dovranno essere assoggettati al nuovo regime IVA (imponibilità
al 5 per cento) se stipulati, rinnovati o prorogati a decorrere dal 1° gennaio 2016 –
sono compresi anche quelli aventi come controparte contrattuale direttamente i soggetti
privati, che, in qualità di utenti o familiari degli stessi, provvedono alla integrale
corresponsione delle rette.
Viene inoltre osservato, in linea con quanto già esposto nella risposta governativa
all’interrogazione n. 3-02820, che, in talune fattispecie (aventi ad oggetto, ad es., la
gestione di una casa di riposo o di un asilo nido), sussistono contestualmente due
contratti: uno, di ordine più generale, stipulato con l’ente committente (quale il
Comune) entro il 31 dicembre 2015, e l’altro, specifico, stipulato con l’utente o i suoi
familiari successivamente a tale data.
Al riguardo, l’Agenzia precisa che il vecchio regime IVA (4 per cento o esenzione)
troverà ancora applicazione fino alla scadenza della convenzione o concessione
principale stipulata con l’ente committente, trattandosi comunque di un’unica
prestazione, nei seguenti casi:
- se il pagamento del corrispettivo contrattualmente stabilito è posto interamente a
carico dell’ente committente;
- nell’ipotesi in cui sia prevista una compartecipazione alla spesa da parte dell’ente
committente e degli utenti o delle loro famiglie. In tal caso, il rapporto, infatti, trova la
sua fonte nel contratto stipulato con l’ente entro il 31 dicembre 2015.
Rimarrebbe quindi fuori dalla possibilità di aggancio con l’accordo quadro/convenzione il
caso in cui gli utenti (o le loro famiglie) sostengano interamente l’onere, senza alcun
contributo dell’ente pubblico; potrebbe essere il caso di un asilo nido che abbia dei posti
convenzionati con l’ente pubblico ed altri posti privati: su questi ultimi, ai fini
dell’individuazione del corretto regime IVA, varrà la regola di stipulazione del contratto,
se avvenuto in data antecedente o successiva al 31/12/2015.
Pertanto, in caso di compartecipazione dell’ente pubblico alla retta dell’utente, al fine di
una corretta applicazione del regime Iva, sarà fondamentale monitorare l’accordo
quadro, se stipulato prima o dopo il 31/12/2015: nel primo caso, il vecchio regime Iva
sarà applicabile in entrambi i rapporti e cioè sia nei confronti dell’ente che nei confronti
dell’utente (o dei suoi familiari), mentre nel secondo caso il contratto sarà da
assoggettare alla nuova aliquota del 5%.
Diversamente, qualora non vi sia compartecipazione dell’ente e quindi vi sia il
sostenimento da parte dell’utente dell’intero corrispettivo, il regime Iva sarà
determinato dalla data di stipula del contratto fra le parti.
Purtroppo, su questo punto la circolare dell’Agenzia appare un po’ ambigua, in quanto,
ai fini della soluzione della questione del trattamento IVA applicabile, sembra attribuire
rilevanza all’individuazione del soggetto che sostiene il corrispettivo, anziché fare
riferimento al rapporto contrattuale nel quale è specificato il criterio di determinazione
del corrispettivo.
Infine, fornendo un nuovo importante chiarimento – in cui viene correttamente
valorizzato l’accordo generale, a differenza della fattispecie della convezione o
concessione sopra descritta - l’Agenzia delle Entrate osserva che, nell’ipotesi di
concessioni di lavori pubblici (stipulate tra Comuni o altri enti pubblici e cooperative
sociali, ai sensi dell’articolo 143 del D.Lgs. 13 aprile 2006, n. 163, il cd. “Codice dei
contratti pubblici”, per la realizzazione e successiva gestione, ad esempio, di asili o
residenze sanitarie assistenziali), nelle quali siano previsti dei posti convenzionati
(riservati all’ente pubblico committente) e dei posti non convenzionati (ossia
liberamente attribuibili), anche la gestione dei posti non convenzionati da parte della
cooperativa sociale soggiace, sostanzialmente, alla disciplina dettata dall’accordo
originario intercorso con l’ente concedente (nell’ambito del quale sono generalmente
previsti elementi quali il numero di posti convenzionati e non, la tariffa ad essi
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applicabile, i requisiti dei relativi servizi, ecc..), contribuendo a raggiungere l’equilibrio
economico-finanziario determinato nell’anzidetto accordo.
In sostanza, come evidenziato dall’Agenzia, “anche in tal caso, pertanto, al contratto
stipulato con i privati, interdipendente dalla concessione principale stipulata con l’ente
committente, si applicherà il vecchio regime IVA (4 per cento o esenzione) fino alla
scadenza della concessione, laddove la stessa sia stata stipulata entro il 31 dicembre
2015, o il nuovo regime IVA (5 per cento), nell’ipotesi in cui la concessione sia
successiva a tale data”.
Infine, ribadendo quanto già contenuto nella risposta governativa, l’Amministrazione
Finanziaria con la Circolare in argomento chiarisce che, ai fini della decorrenza del
nuovo regime IVA, non può farsi riferimento, in via generale, alla data di
accreditamento della cooperativa, atteso che il relativo atto non ha le caratteristiche per
essere giuridicamente qualificato come contratto, convenzione, ecc., risultando, dunque,
irrilevante agli effetti fiscali.
L’accreditamento, infatti – istituto previsto in ambito sanitario nonché nel settore dei
servizi sociali e di quelli educativi – viene rilasciato dall’ente territoriale competente ai
soggetti che ne facciano richiesta, che siano già autorizzati all’apertura nonché al
funzionamento delle relative strutture, che siano in possesso dei requisiti
normativamente previsti e che rispondano agli standard qualitativi stabiliti per
l’esercizio delle attività di cui trattasi e costituisce, in sostanza, condizione per la stipula
di successivi atti negoziali.
La qualifica di soggetto accreditato non comporta, in ogni caso, di per sé, l’obbligo da
parte della PA di stipulare contratti o convenzioni con lo stesso, né di corrispondere la
remunerazione di eventuali prestazioni erogate, al di fuori degli accordi contrattuali
specificatamente stipulati.
CONTABILE – FISCALE
TORNA ALL’INDICE
C49/16 – Legge Europea 2015-2016: nuove aliquote IVA
Nella G.U. n. 158 del 08/07/2016 è stata pubblicata la Legge Europea 2015-2016
(Legge n. 122 del 07/07/2016) contenente una serie di disposizioni per l’adempimento
degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, tra le quali
alcune novità di carattere fiscale come la modifica dell’aliquota Iva, a decorrere dal 23
luglio 2016, di alcuni prodotti:
-
Prevista l’aliquota Iva del 5% per basilico, rosmarino e salvia, freschi, origano a
rametti o sgranato, destinati all'alimentazione (in precedenza assoggettate
all’aliquota del 4%), nonché per piante allo stato vegetativo di basilico,
rosmarino e salvia (in precedenza assoggettate all’aliquota del 10%);
-
Passa dal 4 al 10% l'aliquota Iva applicabile alle cessioni di preparazioni
alimentari a base di riso (cosiddetti preparati per risotti) classificate alla voce
21.07.02 della Tariffa doganale comune in vigore al 31 dicembre 1987,
attualmente alla voce 1904.9010 della Nomenclatura combinata vigente.
LAVORO - PREVIDENZA
TORNA ALL’INDICE
C50/16 – Beni e servizi non soggetti a tassazione
La circolare n. 28 del 15-6-2016 dell'Agenzia delle entrate contiene alcune istruzioni
operative in ordine ai bene e servizi goduti dai lavoratori non soggetti a tassazione (il
cosiddetto welfare aziendale).
L'articolo 1 commi 182-190 della Legge 208/2015 (Legge di stabilità 2016) infatti ha
modificato in modo significativo la normativa che è contenuta nell'articolo 51 del Tuir
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ampliando le ipotesi di somme e valori che non concorrono alla determinazione del
reddito di lavoro dipendente. In particolare nel comma 2 sono state modificate le lettere
f) ed f-bis) ed è stata introdotta la lettera f-ter). È poi stato inserito il comma 3-bis, in
base al quale i benefit indicati nei commi 2 e 3 possono essere erogati mediante
l’attribuzione di titoli di legittimazione.
Il successivo Dm 25-3-2016, emanato in relazione alla detassazione dei premi di
risultato, contiene un capitolo dedicato al tema in esame.
Per godere del beneficio ci sono alcune caratteristiche/condizioni, che si possono
sintetizzare così
A una prima lettura delle Legge 208 era parso che il principio della volontarietà del
riconoscimento del benefit da parte del datore di lavoro previsto dai commi 2 e 3 fosse
stato sconvolto.
La circolare dell'Agenzia delle entrate, invece, non da portata generale a quanto
previsto dal comma 187 ,che pare riferito soltanto alla detassazione dei premi di
risultato.
Per godere del beneficio ci sono alcune caratteristiche/condizioni che si possono
sintetizzare così e che sono indicate nella tabella che segue, in funzione delle singole
tipologie di benefit:
1.
Ai fini del riconoscimento dell'esenzione, talvolta, è richiesto che il benefit sia
fruibile da tutti o categorie di lavoratori. In alcuni casi è possibile l'utilizzo anche, o in
via esclusiva, da parte dei familiari.
2.
Il benefit in qualche caso può essere previsto da contratti, accordi o regolamenti.
3.
Vari benefit possono essere “goduti” anche sotto forma di rimborso delle spese
sostenute dal lavoratore.
4.
Infine in alcune ipotesi è previsto un limite massimo alla non concorrenza al
reddito.
Per avere un quadro complessivo, nella tabella che segue sono riportate le lettere del
comma 2 e l'ultimo periodo del comma 3 con le tipizzazioni indicate nell'elenco
precedente (le lettere non riportate sono state abrogate o non hanno attinenza con la
presente).
1
2
3
4
a) … contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi no
esclusivamente fine assistenziale … che operino negli ambiti di intervento stabiliti …
si
no
si
c) somministrazioni di vitto, mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi,
ticket restaurant
indennità sostitutive
no
no
no
no
no
no
no
no
no
no
si
si
d) le prestazioni di servizi di trasporto collettivo
si
no
no
no
f) utilizzazione opere e servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e si - anche
sanitaria o culto (*)
familiari
si
no
no
f-bis) somme, servizi e prestazioni per servizi di educazione e istruzione anche in eta' prescolare, servizi familiari
integrativi e di mensa connessi, frequenza di ludoteche, centri estivi e invernali, per borse di studio
usufruite da famliari (*)
?
si
no
f-ter) somme e prestazioni per fruizione servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti (*)
familiari
?
si
no
g) azioni offerte ai dipendenti
si
no
no
si
h) somme trattenute al dipendente per oneri di cui all'articolo 10
erogazioni per spese sanitarie per grave e permanente invalidità
no
no
no
si
no
si
no
no
beni ceduti e servizi prestati
no
no
no
si
(*) lettere introdotte o modificate da Legge 208
Nella tabella che segue sono riportati i testi delle due lettere modificate e di quella
inserita.
Pagina | 9
Vecchio testo
Nuovo testo
f) l'utilizzazione delle opere e dei servizi di cui al comma 1 dell'articolo f) l'utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro
100 da parte dei dipendenti e dei soggetti indicati nell'articolo 13;
volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo
o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a
categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell'articolo 12 per le finalità
di cui al comma 1 dell'articolo 100
f-bis) le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla
generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la frequenza
degli asili nido e di colonie climatiche da parte dei familiari indicati
nell'articolo 12, nonché per borse di studio a favore dei medesimi
familiari;
f-bis) le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla
generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da
parte dei familiari indicati nell'articolo 12, dei servizi di educazione e
istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di
mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri
estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari
f-ter) le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla
generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei
servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati
nell'articolo 12
La circolare 28/E ricorda che queste lettere sono state oggetto nel tempo di ripetuti
interventi normativi che ne hanno in vario modo definito le modalità di erogazione, al
fine di distinguere quelle che potevano essere corrisposte anche in somme di denaro,
rispetto alle altre attribuibili solo in prestazioni, opere o servizi, nonché quelle che non
potevano essere oggetto di contrattazione ma dovevano essere erogate in via volontaria
dal datore di lavoro.
Le lettere f), f-bis) e f-ter) hanno mantenuto come condizione per la non concorrenza al
reddito di lavoro dipendente che i benefit siano offerti alla generalità dei dipendenti o a
categorie di dipendenti.
Secondo prassi consolidata la messa a disposizione dei benefit se non è rivolta a tutti,
deve riguardare un gruppo omogeneo di dipendenti, a prescindere dalla circostanza che
in concreto soltanto alcuni di essi ne usufruiscano.
Di conseguenza le erogazioni messe a disposizione solo di taluni lavoratori - e non di
specifiche "categorie" concorrono anche in base alle nuove previsioni normative alla
formazione del reddito di lavoro dipendente. In questo senso non ci sono modifiche
rispetto al passato (cfr. circolare 326/1997, par. 2.2.6).
1. Opere e servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione,
assistenza sociale e sanitaria o culto - articolo 51, co. 2, lettera f)
Rispetto al passato l'esclusione dal reddito di lavoro dipendente opera anche nelle
ipotesi in cui siano riconosciuti sulla base di contratti, accordi o regolamenti aziendali e
non solo quando siano volontariamente erogati dal datore di lavoro, uniformandone per
tale aspetto la disciplina a quella prevista dalle successive lettere f-bis) ed f-ter).
A onor del vero questa “uniformità” tra le lettere f) f-bis) e f-ter) non è chiara visto che
nelle ultime due lettere modificate non si fa cenno ai contratti e anche la stessa
circolare quando tratta questi aspetti non riprende il tema.
Una interpretazione estensiva sarebbe logica considerando che la modifica alle 3 lettere
risponde a una stessa finalità. In attesa di un opportuno chiarimento del chiarimento,
riteniamo che in tutti e 3 i casi possa intervenire un accordo aziendale.
La fonte dell'erogazione dei benefit comporta un differente regime fiscale per l'impresa:
in caso di obbligo negoziale opera la deducibilità integrale dei relativi costi da parte del
datore di lavoro ai sensi dell’articolo 95 del Tuir. In caso erogazione volontaria la
deducibilità è nel solo limite del 5 per mille (articolo 100 Tuir).
Non cambia l’ambito di applicazione della norma che comprende opere e servizi aventi
finalità di:
•
•
•
•
•
educazione,
istruzione,
ricreazione,
assistenza sociale e sanitaria
culto.
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Le opere e i servizi possono essere utilizzate sia dal dipendente sia dai familiari indicati
nell’articolo 12 del Tuir, anche non fiscalmente a carico del lavoratore.
E’ rimasto invariato l’ambito applicativo della norma, ulteriormente chiarito dalla
circolare dell’Agenzia n. 28/2016, la quale ha precisato che tra i servizi che rientrano
nell'esenzione, sono ad esempio compresi l’offerta di corsi di lingua, di informatica, di
musica, teatro, danza.
Le opere ed i servizi possono essere messi a disposizione direttamente dal datore o
attuati da parte di strutture esterne all’azienda (come nel caso del servizio di checkup
medico), ma a condizione che il dipendente resti estraneo al rapporto economico che
intercorre tra l’azienda e il terzo erogatore del servizio
Tra i servizi che rientrano nell'esenzione, la circolare cita ad esempio l’offerta di corsi di
lingua, di informatica, di musica, teatro, danza.
La lettera f) riguarda servizi e opere, ma non comprende le somme di denaro erogate ai
dipendenti a titolo di rimborsi di spese, anche se documentate, per ristorare i costi
sostenuti per opere e servizi aventi le citate finalità (cosa che invece è possibile per gli
altri casi).
2. Somme, prestazioni e servizi di educazione e istruzione, nonché per la
frequenza di ludoteche e centri estivi e per borse di studio - articolo 51, co. 2,
lettera f-bis).
Le modifiche apportate hanno ampliato e definito meglio i servizi di educazione ed
istruzione fruibili dai familiari del dipendente, anche fiscalmente non a carico.
Tra i servizi di istruzione ed educazione, oltre agli asili nido già previsti in precedenza,
sono comprese le scuole materne, precedentemente escluse in quanto non
contemplate; inoltre la locuzione “colonie climatiche”, ormai desueta, è sostituita con
“centri estivi e invernali” e “ludoteche”.
La nozione di borse di studio a favore dei familiari dei dipendenti era presente anche
nella precedente disposizione. La circolare n. 238/2000, richiamata anche in questo
contesto, aveva precisato che rientrano nella lettera f-bis) le erogazioni di somme
corrisposte al dipendente per assegni, premi di merito e sussidi per fini di studio a
favore di familiari di cui all’articolo 12 ricomprendendo i contributi versati dal datore di
lavoro per rimborsare al lavoratore le spese sostenute per le rette scolastiche, tasse
universitarie, libri di testo scolastici, nonché gli incentivi economici agli studenti che
conseguono livelli di eccellenza nell’ambito scolastico.
Sono inoltre inclusi i servizi di trasporto scolastico, il rimborso di somme destinate alle
gite didattiche, alle visite d’istruzione ed alle altre iniziative incluse nei piani di offerta
formativa scolastica nonché l’offerta –anche sotto forma di rimborso spese - di servizi di
baby-sitting.
I servizi di educazione ed istruzione possono essere erogati direttamente dal datore di
lavoro, tramite terzi o attraverso la corresponsione ai dipendenti di somme di denaro da
destinare alle finalità indicate anche a titolo di rimborso di spese già sostenute,
sempreché acquisisca e conservi la documentazione comprovante l’utilizzo delle somme
da parte del dipendente coerentemente con le finalità per le quali sono state
corrisposte.
3. Somme e prestazioni per servizi di assistenza ai familiari anziani o non
autosufficienti - articolo 51, co. 2, lettera f-ter)
Come accennato sopra, il comma f-ter) è una novità nell'articolo 51 e in qualche modo
chiude il cerchio dell'assistenza Insieme alla lettera f-bis) , specificatamente dedicata ai
più piccoliLa norma consente di detassare le prestazioni di assistenza per i familiari anziani o non
autosufficienti erogate anche sotto forma di somme a titolo di rimborso spese. Anche se
non è prevista l'erogazione di servizi (ipotesi che sembra poco praticabile), anche
questa opzione è possibile rientrando tra le previsioni della lettera f).
I soggetti non autosufficienti (circolare n. 2/E del 2005) sono coloro che non sono in
grado di compiere gli atti della vita quotidiana quali, ad esempio, assumere alimenti,
espletare le funzioni fisiologiche e provvedere all'igiene personale, deambulare,
indossare gli indumenti. Inoltre, deve essere considerata non autosufficiente la persona
che necessita di sorveglianza continuativa. Lo stato di non autosufficienza può essere
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indotto dalla ricorrenza anche di una sola delle condizioni esemplificativamente
richiamate e deve risultare da certificazione medica.
Non rientrano in questa fattispecie altri soggetti come i bambini, salvo i casi in cui la
non autosufficienza si ricolleghi all’esistenza di patologie.
Per “familiari anziani” si intendono coloro abbiano compiuto i 75 anni, limite di età
considerato ai fini del riconoscimento di una maggiore detrazione d’imposta dall’articolo
13, comma 4, del Tuir.
4. Corresponsione di benefit mediante titoli di legittimazione
Un'ulteriore modifica all’articolo 51 del TUIR è costituita dal nuovo comma 3-bis che,
nel disciplinare in via generale tale modalità di erogazione dei benefit, sancisce che i
titoli che li rappresentano, anche se connotati da un valore nominale, non configurano
denaro. Sono superate, pertanto, le incertezze interpretative sulla natura del titolo
emerse in passato, risolte dalla prassi amministrativa attraverso un esame caso per
caso.
Ricordiamo che il comma 3-bis si applica a tutti i benefit contenuti nei commi 2 e 3, non
solo alle lettere modificate e indipendentemente dal fatto che siano percepiti in
sostituzione di premi di risultato. È altrettanto evidente che alcune di queste prestazioni
sono funzionali all'utilizzo del voucher e altre no.
Come detto in premessa, sul tema è intervenuto l’articolo 6 del Dm 25-3-2016 il quale li
definisce “voucher”.
La regola generale (comma 1) è che tali documenti:
• non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare,
• non possono essere monetizzati o ceduti a terzi
• devono dare diritto ad un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero
valore nominale senza integrazioni a carico del titolare
I commi 2 e 3 contengono, come vedremo, alcune deroghe alle regole generali.
Il voucher si connota quindi come un titolo rappresentativo di una specifica utilità; la
previsione secondo cui il documento deve dare diritto ad un solo bene, prestazione,
opera o servizio e deve indicare il valore è limitativa, ma esprime una finalità di
controllo, visto il favor legislativo assegnato a tale forma di riconoscimento economico.
La circolare precisa che il valore della prestazione offerta deve essere determinato in
base al valore normale, come definito dall’articolo 9 del TUIR. La prima parte del
comma 3 contiene anche alcuni criteri relativi ai beni prodotti dall'impresa.
Un ulteriore criterio è contenuto nella risoluzione n. 26/E del 2010: ...il valore normale
può essere costituito anche dal prezzo scontato, praticato dal fornitore sulla base di
apposite convenzioni stipulate dal datore.
La circolare ribadisce che i voucher di cui al citato comma 1:
1)
non possono essere emessi a parziale copertura del costo della prestazione,
opera o servizio e quindi non sono integrabili; cioè debbono coprire l'intero
costo;
2)
non possono rappresentare più prestazioni opere o servizi di cui all’articolo
51, comma 2, del TUIR.
I “voucher” devono essere intestati all’effettivo fruitore della prestazione, opera o
servizio anche nei casi di utilizzo da parte dei familiari del dipendente. Per ragioni
contabili si ritiene che debbano contenere anche il nome/codice identificativo del
lavoratore.
L’oggetto della prestazione indicata nel voucher deve consistere in un bene o un servizio
e, pertanto, il voucher non può essere rappresentativo di somme di denaro.
Anche nel caso dei voucher il dipendente assume la veste di mero destinatario della
prestazione, estraneo al contratto in virtù del quale acquista il relativo diritto.
La prestazione rappresentata dal voucher, fruibile presso una delle strutture
convenzionate, deve essere individuata nel suo oggetto e nel suo valore nominale e può
consistere anche in somministrazioni continuative o ripetute nel tempo, indicate nel loro
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valore complessivo, quali, ad esempio, abbonamenti annuali a teatri, alla palestra, cicli
di terapie mediche, pacchetto di lezioni di nuoto.
La circolare precisa giustamente che il lavoratore può stipulare con la struttura un
ulteriore contratto. Ad esempio se la prestazione ricreativa erogata dal datore di lavoro
mediante voucher consiste in dieci ingressi in palestra, il pagamento dell’undicesimo
ingresso contrattato direttamente dal dipendente non costituisce integrazione del
voucher.
5. Le deroghe dell’articolo 6 del Decreto
Come accennato sopra, il Dm contiene alcune deroghe.
La prima riguarda la possibilità che nel voucher siano indicati cumulativamente indicati
più beni e servizi purché di importo complessivo non superiore a 258,23 euro.
In questo comma, a una prima lettura, rientrano gli omaggi in occasione di festività, i
prodotti dell'azienda ecc. Vi rientrano però anche beni e servizi prodotti da terzi.
Ci sembra quindi che la ratio del provvedimento sia la possibilità di cumulare prodotti e
servizi (non necessariamente di tipo assistenziale) con il solo limite appunto dei 258,23
euro superato il quale l'intera cifra diventa imponibile.
La circolare fornisce anche alcuni esempi pratici: il voucher cumulativo può
rappresentare una pluralità di beni, determinabili anche attraverso il rinvio – ad
esempio - ad una elencazione contenuta su una piattaforma elettronica, che il
dipendente può combinare a sua scelta nel “carrello della spesa”, per un valore non
eccedente 258,23 euro. Si pensi ad esempio a una cooperativa agroalimentare che
fornisce ai propri dipendenti una tessera a scalare per ritirare in magazzino o nello
spaccio aziendale prodotti dell'azienda.
La circolare richiama la precedente n. 59/E del 2008 con la quale ...sono state
ricondotte nell’ambito di applicazione di tale ultima norma le erogazioni in natura sotto
forma di beni o servizi o di buoni rappresentativi degli stessi (ad es. buoni carburante)
di importo non superiore al citato limite.
In questo caso l'erogazione deve essere strettamente in natura, con esclusione di quelle
in denaro che rimangono totalmente imponibili.
Un secondo capitolo riguarda i buoni pasto per i quali il comma 3 dell’articolo 6 del
Decreto fa salva la disciplina relativa ai servizi sostitutivi di mensa che continuano ad
essere disciplinati dal Dpr 207/2010 (articolo 285) e non dal comma 3-bis dell'articolo
51 e dall’articolo 6, comma 1, del Dm.
La circolare non ricorda che l’art. 285 del Dpr in esame è stato abrogato dal D.lgs.
50/2016 (Tu sugli appalti), con decorrenza 19-4-2016. E' un comportamento molto
strano visto che tutte le interpretazioni che seguono si basano sull'applicazione della
norma del 2010. Al riguardo, si segnala che l’art. 144 del medesimo D.lgs. 50/2016,
oltre a replicare alcune disposizioni del soppresso art. 285, stabilisce che con decreto
del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti, sentita l'ANAC, saranno individuati gli esercizi presso i quali potrà essere
erogato il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto, le caratteristiche
dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni
pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili.
In questo momento non è utile crearsi ulteriori dubbi e assumiamo le indicazioni della
circolare. Le prestazioni sostitutive del servizio di mensa (c.d. buoni pasto o ticket)
pertanto non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente “….fino
all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29, aumentato a euro 7 nel caso in cui le
stesse siano rese in forma elettronica …”.
La salvaguardia contenuta dal Dm fa salvi i precedenti orientamenti interpretativi. Tra
questi la circolare richiama la risoluzione n. 26/2010, con la quale è stato precisato che
“L’importo del loro valore nominale che eccede il limite di 5,29 euro non può essere
considerato assorbibile dalla franchigia di esenzione prevista dal comma 3 dell’articolo
51…”.
L’importo dei buoni pasto che eccede i citati limiti concorre pertanto alla formazione del
reddito di lavoro dipendente.
Il buono pasto potrà continuare ad essere utilizzato “durante la giornata lavorativa
anche se domenicale o festiva, esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a
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tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il
pasto…”.
Dai richiami operati si possono trarre le conclusioni che seguono:
-
Il buono pasto, al pari del voucher, non è “cedibile, commercializzabile,
cumulabile o convertibile in denaro” ed è “utilizzabile esclusivamente per l’intero
valore facciale”.
-
Per i buoni pasto, a differenza di quanto previsto per i voucher dall’articolo 6,
comma 1, del Decreto, non è preclusa la possibilità di integrazione monetaria da
parte del dipendente.
-
L’emissione del buono pasto, a differenza di quella del voucher, è riservata
esclusivamente dalle società aventi i requisiti di cui al comma 1 dell’articolo 285
del d.P.R. n. 207 del 2010.
-
Laddove la sostituzione con voucher riguardi i beni e servizi di cui al comma 2
dell’articolo 51 del TUIR, l’erogazione – al pari del buono pasto - dovrà essere
rivolta alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di essi, secondo le
precisazioni fornite nei paragrafi precedenti.
LAVORO - PREVIDENZA
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C51/16 – Novità in materia di cambio di appalto
La Legge n. 122 del 7-7-2016 (GU n. 158 dell'8-7-2016) - Legge europea 2015-2016 ha
sostituito il comma 3, dell’articolo 29 del D.lgs. n. 276/2003.
La norma entrerà in vigore il 23-7-2016.
Questi i due testi a confronto.
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3. L’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto
a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di
legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di
clausola del contratto d’appalto, non costituisce
trasferimento d’azienda o di parte d’azienda.
3. L’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto
a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di
propria struttura organizzativa e operativa, in forza di
legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di
clausola del contratto d’appalto, ove siano presenti
elementi di discontinuità che determinano una specifica
identità di impresa, non costituisce trasferimento
d’azienda o di parte d’azienda.
La normativa era entrata nel cono di attenzione della Commissione europea che non la
riteneva conforme ai principi della direttiva 2001/23/Ce del 12-3-2001 sul trasferimento
d’azienda.
L'assimilazione del cambio di appalto al trasferimento d'azienda è sempre stata fonte di
grandi preoccupazioni in quanto una simile posizione renderebbe praticamente
impossibile l'attività in alcuni fondamentali settori.
Ad un certo punto sembrava infatti che la modifica legislativa dovesse comportare tale
equiparazione.
Il testo che è stato approvato non modifica l'impianto precedente mantenendo la
distinzione tra cambio di appalto e trasferimento d'azienda che però ora è subordinata
ad alcune ulteriori condizioni:
-
l'appaltatore subentrante deve essere dotato di una propria struttura organizzativa
e operativa
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-
vi deve essere una discontinuità (riteniamo col precedente appaltatore) che
determina una specifica identità di impresa.
Rimane la precedente condizione relativa al fatto che il subentro avvenga in forza di
legge (ad esempio nel caso del call center il recente Tu sugli appalti ha previsto una
clausola sociale) , di contratto collettivo nazionale di lavoro (classica clausola sociale
prevista per cooperative sociale, pulizie ecc.) o di clausola del contratto d’appalto.
Non scattando le tutele del trasferimento d'azienda (articolo 2112 cc) potrà quindi
essere applicato un contratto diverso e/o ridotte le retribuzioni e/o l'orario di lavoro.
COMUNICAZIONI
CONTABILE - FISCALE
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CM20/16 – Detassazione premi di risultato e welfare aziendale
Con la Circolare n. 28/E del 15/06/2016, l’Agenzia delle Entrate ha fornito i propri
chiarimenti in merito alle novità introdotte con la Legge di Stabilità 2016 in relazione ai
premi di produttività per i titolari di reddito di lavoro dipendente fino a 50.000 euro,
facendo riferimento anche ai precedenti documenti di prassi che risultano ancora attuali,
date le analogie tra l’agevolazione in commento e quelle preesistenti, prorogate fino al
2014.
La Circolare ha esaminato, inoltre, le nuove disposizioni in materia di benefit, anche al
fine di delineare il quadro delle erogazioni detassate che possono essere corrisposte in
sostituzione delle retribuzioni premiali ed è stato chiarito l’ambito entro il quale è
consentita la sostituzione tra le due componenti.
Si ricorda che la tassazione agevolata dei premi di risultato e delle somme derivanti
dalla partecipazione agli utili prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e
delle addizionali regionali e comunali nella misura del 10%, salvo esplicita rinuncia
scritta dei lavoratori, sui premi di risultato correlati ad incrementi di produttività,
redditività, qualità, efficienza ed innovazione (parametri verificabili in base a criteri
specifici stabiliti con D.M. 25/03/2016).
Il limite delle somme agevolabili è di 2.000 euro lordi al netto dei contributi
previdenziali, elevato a 2.500 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i
lavoratori nell’organizzazione del lavoro.
L’agevolazione è riservata esclusivamente al settore privato e comprende, non solo le
aziende, ma anche gli esercenti arti e professioni.
L’agevolazione interessa i titolari di reddito di lavoro dipendente entro il limite di 50.000
euro da determinarsi al netto di eventuali premi sostituiti, su scelta del dipendente, con
i benefit che non concorrono alla formazione del reddito. Tale limite deve essere
calcolato tenendo conto dei redditi di lavoro dipendente conseguiti nell’anno precedente
a quello di applicazione dell’agevolazione, anche se derivanti da più rapporti di lavoro, e
deve comprendere anche le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparate. Le
somme assoggettate ad imposta sostitutiva, non concorrendo alla formazione del
reddito complessivo, non rilevano ai fini della determinazione delle detrazioni ad esso
commisurate.
Inoltre la Legge di Stabilità 2016 ha anche ridefinito le erogazioni del datore di lavoro
che, per volontà di quest’ultimo o sulla base di contratti, accordi e regolamenti
aziendali, configurano il cd. “welfare aziendale”. Si tratta di prestazioni, opere e servizi
corrisposti al dipendente in natura o in forma di rimborso per spese aventi finalità di
rilevanza sociale. Tali benefit sono esclusi dal reddito di lavoro dipendente; pertanto
l’eventuale scelta del lavoratore di convertire i premi di risultato agevolati nei benefit
ricompresi nel “welfare aziendale” consente di detassare completamente il valore dei
benefit, non più soggetto neppure all’imposta sostitutiva del 10%.
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Tra i benefit agevolabili sono compresi i servizi, le somme e le prestazioni erogate dal
datore di lavoro ai dipendenti per la fruizione, da parte dei loro familiari, di servizi come
l’educazione, l’istruzione, anche in età prescolare, nonché la frequenza di ludoteche, di
centri estivi e invernali o il beneficio corrisposto tramite borse di studio, a cui vanno
aggiunti ulteriori benefit, erogati sempre dal datore di lavoro, per fruire dei servizi di
assistenza destinati a familiari anziani o comunque non autosufficienti.
Tali prestazioni non concorrono quindi a determinare il reddito del lavoratore, a
condizione che si tratti però di benefit offerti alla generalità dei dipendenti o a
determinate categorie di dipendenti.
E’ anche prevista la possibilità, soprattutto per aprire la strada del welfare aziendale ai
datori di lavoro di minori dimensioni, di erogare i benefit tramite documenti di
legittimazione in formato cartaceo o elettronico che riportano un valore nominale (cd.
voucher).
Il dipendente può comunicare al proprio datore di lavoro l’eventuale rinuncia scritta al
regime agevolato. In assenza della rinuncia scritta da parte del dipendente, il sostituto
d’imposta, se sussistono le condizioni previste dalla norma, procede ad applicare
l’imposta sostitutiva.
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CM21/16 – Agevolazioni fiscali 2016 autotrasportatori
Con Comunicato Stampa del 05/07/2016 l’Agenzia delle Entrate ha reso note le nuove
misure agevolative a favore degli autotrasportatori, così come definite dal Dipartimento
delle Finanze del Mef.
Rispetto al 2015 sono cambiate le deduzioni forfetarie delle spese non documentate a
seguito delle modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità 2016 che ha previsto una
misura unica per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore oltre il territorio
del Comune in cui ha sede l’impresa, al posto delle due misure in vigore in precedenza.
In particolare, per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore oltre il Comune
in cui ha sede l’impresa (autotrasporto merci per conto terzi) è prevista una deduzione
forfetaria di spese non documentate, per il periodo d’imposta 2015, nella misura di euro
51,00. La deduzione spetta anche per i trasporti effettuati personalmente
dall’imprenditore all’interno del Comune in cui ha sede l’impresa, per un importo pari al
35% di quello spettante per i medesimi trasporti oltre il territorio comunale.
Rimane, invece, invariata l’agevolazione relativa al recupero, tramite compensazione in
F24, del contributo versato al Servizio Sanitario Nazionale sui premi di assicurazione per
la responsabilità civile.
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