8 NOTIZIE scientifiche Il sesso nascosto dei tartufi S i tratta di un articolo scientifico abbastanza ostico per i non addetti ai lavori, ma che con un po’ di buona volontà e attenzione si può ben comprendere. Per facilitarvi la comprensione si consiglia prima di iniziarne la lettura, di ripassarsi il significato dei termini scientifici indicati alla fine. Desideriamo ringraziare il Prof. Gian Luigi Gregori, ritratto nell’immagine, che si è reso disponibile a metterci a disposizione le sue disinteressate conoscenze tecnico-scientifiche, indispensabile per una corretta traduzione dal Francese all’Italiano. Traduzione a cura del Dr. For. Gregori Gian Luigi del Centro Sperimentale di Tartuficoltura di Sant’Angelo in Vado (PU) dell’ articolo “IL SESSO NASCOSTO DEI TARTUFI” apparso sulla rivista “ Le Trufficulteur” n°66 del 2009, autori Claude MARAT, Andrea RUBINI, Francesco PAOLOCCI, Claudia RICCIONI e Francis MARTIN. La formazione dei tartufi è un argomento che appassiona da lungo tempo gli studiosi ed i tartuficoltori. Infatti, i tartufi detti anche “ascocarpi” (o “corpi fruttiferi”), sono il prodotto della riproduzione sessuata di funghi filamentosi appartenenti al genere Tuber (Ascomiceti ). Il feltro miceliare sotterraneo, che colonizza le radici simbionti ed il suolo, si aggrega, sotto l’effetto di fattori ancora sconosciuti, per formare il corpo fruttifero, ricettacolo dell’accoppiamento sessuale. I gameti derivanti da questa riproduzione sessuata dissemineranno e perpetueranno la specie. Ma come si svolge questa riproduzione sessuata nei tartufi ? Prima di parlare della riproduzione dei tartufi, è necessario richiamare alcune nozioni sui differenti modi di riproduzione sessuata dei funghi filamentosi appartenenti alla classe degli Ascomiceti. Nei funghi esistono due modi principali di riproduzione sessuata: l’omotallismo e l’eterotallismo (rispettivamente esemplificati, A e B, in figura 1). Nel caso dell’omotallismo, le cellule fungine in micelio aploide (cioè che possiedono una sola copia del patrimonio genetico cioè (1n cromosoma), sono autofertili, cioè possono auto fecondarsi da sole e completare in questa maniera il ciclo di riproduzione sessuata senza l’intervento di un altro micelio. Al contrario, nel caso dell’eterotallismo, la riproduzione sessuata esige la fusione di due cellule miceliari che hanno patrimonio genetico differente ma compatibile fra loro. Questi due modi di riproduzione sono determinati da geni di compatibilità sessuale di cui parleremo nel proseguio. Torniamo ora ai tartufi per dire che le entità molecolari o geni che definiscono il sesso nei tartufi essendo sconosciute rendono difficile lo studio del ciclo di riproduzione sessuata di questo fungo. D’altra parte è ancora impossibile completare questo ciclo sessuale “in vitro” come si fa per altri funghi, quali i pleuroti o i coprini. Tuttavia, numerose analisi realizzate a partire dalla fruttificazione dei tartufi (tartufi neri e tartufi bianchi) sug- gerivano un modo di riproduzione di tipo “omotallico”. (BERTAULT et Al.,1998; MURAT et Al.,2004). Come eravamo arrivati a questa conclusione? Bisogna sapere che la fruttificazione dei tartufi è formata da una massa di micelio aggregato (chiamata gleba) e da sacculi ( chiamati aschi) che contengono le spore (gameti), che sono il prodotto della meiosi e dunque della riproduzione sessuata. Prelevando le spore (gameti) e studiando il loro patrimonio genetico, noi possiamo raccogliere informazioni sulle caratteristiche genetiche dei genitori. Fino ad ora, gli studi sulla diversità genetica realizzati a partire dalle fruttificazioni dei tartufi non avevano mai messo in evidenza più di una sola forma di DNA (o allele) per ogni gene studiato. Tutto questo sembrava indicare che i due miceli all’origine della fruttificazione possedevano lo stesso patrimonio genetico, cosa che è caratteristica di un modo di riproduzione omotallico. (BERTAULT et Al.,1998; MURAT et Al.,2004). Nel 2005 i ricercatori del Consiglio Nazionale della Ricerca (CNR) di Perugia (Italia) hanno raccolto i primi indizi indicanti che i tartufi avrebbero piuttosto una riproduzione di tipo eterotallico. Infatti in una analisi molecolare di 316 fruttificazioni di tartufo bianco pregiato (Tuber magnatum) provenienti da 26 popolazioni raccolte in tutta Italia ed in Croazia (Istria), i ricercatori suddetti mettono in evidenza delle forme ricombinanti (Fig. 2) indicanti scambi di geni fra miceli di tartufi (RUBINI et Al.,2005). Poi con un grande sforzo sperimentale, i medesimi isolano gli aschi (sacchi contenenti le spore) a partire dalle fruttificazioni di T. magnatum e T. melanosporum ( PAOLOCCI et Al.,2006; RICCIONI et Al.,2008) e realizzano delle “impronte” genetiche su questo materiale (fig. 3). Essi mettono anche in evidenza, per la regione di DNA marcatore, due sequenze differenti negli aschi, allorché una sola sequenza marcatore si è ritrovata nelle estrazioni fatte a partire dalla gleba dei medesimi tartufi. D’altra parte, quando due sequenze di DNA marcatore sono rivelate negli estratti di DNA provenienti dagli aschi, una delle due sequenze è ugualmente presente negli 9 estratti di DNA provenienti dalla gleba. In un secondo tempo, i ricercatori dell’equipe italiana selezionano dapprima un esemplare di tartufo bianco pregiato, avente delle spore le cui sequenze sono differenti, con lo scopo di inoculare delle piante; ed in seguito isolano numerose decine di micorrize dalle medesime piante e realizzano la loro “impronta” genetica. Ciascuna delle micorrize non presentava che una sola sequenza (genica), ma analizzando numerose decine di micorrize, le due sequenze (geniche) inizialmente identificate nelle spore sono rivelate (Fig. 3). Quindi, questa analisi ha permesso di dedurre le forme parentali indicando che i due miceli all’origine dell’ascocarpo (corpo fruttifero o tartufo) sono geneticamente differenti. I medesimi risultati sono stati ottenuti sul tartufo nero pregiato (RUBINI et Al., dati non pubblicati). Questi originali risultati dimostrano che le micorrize sono formate da micelio generato dalla germinazione di una spora e che la popolazione di micorrize riflette la popolazione delle spore presenti nell’asco del tartufo. Perché negli studi anteriori non sono stati conseguiti gli stessi risultati? In effetti quando una estrazione di DNA è, effettuata a partire da frammenti di fruttificazione, la gran parte delle spore, protette dalla loro spessa parete, sono indenni (al trattamento di estrazione) e non liberano il loro DNA. Il DNA così analizzato proviene principalmente dai filamenti che formano la gleba. Ora questa gleba è formata solamente da un unico tipo di micelio il che spiega perché non si identificava che un solo allele per tartufo. Per riassumere questa prima serie di lavori si può affermare che sono stati messi in evidenza degli scambi di geni tra i differenti tartufi. D’altra parte, le spore di uno stesso esemplare di tartufo presentano differenti copie di geni (o alleli) come delle forme ricombinate caratteristiche del prodotto della meiosi tra due ceppi differenti. Questi risultati dimostrano 1) T. magnatum e T. melanosporum hanno un ciclo biologico principalmente aploide (micelio del suolo, micorrize) con una fase diploide transitoria, limitata alla fusione di due miceli geneticamente differenti e compatibili prima della meiosi, che si svolge nelle zone fertili della gleba; 2) i tartufi sono dei funghi eterotallici e non omotallici o clonali come si pensava in passato; 3) la gleba del tartufo è formata da uno solo dei due miceli. La decodificazione del genoma del tartufo nero pregiato, realizzato in collaborazione fra l’I.N.R.A. francese (Istituto Nazionale per la Ricerca Agronomica) il Génoscope ed il consorzio Franco-Italiano (Francis MARTIN e collaboratori) viene a suffragare questi studi attraverso la scoperta dei geni di compatibilità sessuale. Infatti, nei funghi filamentosi della classe degli Ascomiceti, la riproduzione sessuata è controllata da “chiavi” molecolari chiamate “geni di compatibilità sessuale”( in inglese: mating type genes ) aventi nome “mat-1-1” e “mat-1-2” . (Fig.1C; POGGELER,2001). Nel caso dell’omotallismo i due geni sono portati dallo stesso micelio, (nucleo nero nella fig. 1C), allorché per una specie eterotallica (o eterosessuata) un micelio non porta che un solo gene (nucleo bleu, rosso, verde e giallo nella fig. 1C). Un micelio di una specie eterotallica deve quindi incontrare un partner dell’altro sesso per riprodursi . Nel genoma del T. melanosporum è stato individuato un solo gene di compatibilità sessuale. Dopo la identificazione di un secondo gene di compatibilità sessuale nel genoma di un altro tartufo, sono ora disponibili delle sonde che permettono di caratterizzare questi due geni e che hanno permesso di confermare che T. melanosporum è davvero una specie eterotallica. Inoltre diverse decine di geni implicati nella formazione del tartufo sono ugualmente identificati. L’insieme di questi dati permetteranno di decodificare il processo di sviluppo del tartufo. Pur se questi risultati sono molto importanti tuttavia gli interrogativi restano numerosi. Dove si svolge la fusione dei miceli dei due differenti ceppi? Quali sono i fattori biologici ed ambientali che danno inizio alla formazione della fruttificazione? Perché un solo micelio (che può essere indifferentemente di due tipi di compatibilità sessuale ) costituisce la gleba? Forse che i due miceli sono legati a delle micorrize oppure uno proviene da una micorriza e l’altro proviene da un micelio presente nel suolo senza alcun legame con una micorriza?.. Forse che tutte le specie di tartufi sono eterotalliche?. Questa scoperta proveniente dalla ricerca di base ha numerose conseguenze pratiche immediate. Per esempio le piante micorrizate devono ospitare dei miceli di sesso opposto, ma compatibile per fruttificare. Al momento attuale questo problema è risolto attraverso l’apposito protocollo di preparazione dell’inoculo, che è formato da numerose migliaia o meglio milioni di spore dei due sessi. Ma la conoscenza della sequenza del DNA dei geni del sesso, ha permesso di sviluppare uno strumento di identificazione molecolare che sarà prossimamente valutato su grande scala, e tra l’altro nelle piantagioni non produttive e sulle “bruciate” (pianello) sterili. Nel numero 64 della rivista “Le trufficulteur” si è annunciata la scoperta del tartufo di Cina (Tuber indicum) in una piantagione del Nord Italia. Essendo certo il legame di parentela fra T .indicum e T. melanosporum, risulta indispensabile di verificare, rapidamente, se queste due specie sono capaci di incrociarsi e di creare così una nuova specie dalle proprietà organolettiche differenti. La scoperta dell’eterotallismo di T. melanosporum costituisce un motivo supplementare per mettere in atto opportune sperimentazioni per verificare la possibilità di scambio genico tra queste due specie al fine di meglio controllare l’introduzione di T .indicum in Europa. Come tutte le scoperte importanti , la messa in evidenza del modo di riprodursi dei tartufi apre delle nuove prospettive di ricerca di base ma anche e soprattutto di quella applicata, militando in favore di una stretta interazione fra gli organismi della Ricerca e gli “artigiani” della filiera tartufo. FIGURA 1) Schema rappresentante le due principali modalità di riproduzione sessuata nei funghi filamentosi Ascomiceti: l’omotallismo (A) e l’eterotallismo (B). In un primo momento, due cellule di uno stesso micelio (A1) oppure di due miceli compatibili (B1) si riconoscono. Poi si avrà una fusione di queste cellule per formare una cellula diploide (2). Nei tartufi questa fase diploide è transitoria . In seguito figura 1 10 NOTIZIE scientifiche si avrà una meiosi con la formazione di spore negli aschi (3). La modalità di riproduzione sessuata è determinata da geni di compatibilità sessuale (mat1-1 e mat1-2). La parte C della figura rappresenta uno schema del genoma dei differenti miceli rappresentati nella parte A e B. nel caso del micelio nero (omotallico) i due geni sono portati dal proprio genoma. Al contrario per gli altri miceli (bleu, rosso, verde e giallo) un solo gene di compatibilità sessuale è portato nel loro genoma, quindi sono eterotallici. Questi geni sono indispensabili al momento della fase di riconoscimento dei miceli (a1 e B1). FIGURA 2) Schema del genotipo delle spore uscite dalla meiosi. Se si considerano due geni (1 e 2) aventi ciascuno due forme differenti (o alleli): rosso e bleu per il gene 1; verde e giallo per il gene 2. Dopo la meiosi le spore possono avere quattro differenti genotipi in funzione delle combinazioni tra i differenti alleli: le forme parentali (alleli identici ai genitori = parenti) e le forme ricombinanti (uscite da una ricombinazione –o scambio- tra i genomi). FIGURA 3). Riassunto dei risultati ottenuti da F. PAOLOCCI e A. RUBINI per il Tuber magnatum ed il Tuber melanosporum. Partendo da un ascocarpo (1), essi hanno estratto il DNA dalla gleba (2) e dagli aschi (3). Nella gleba è stato identificato un solo allele per gene, mentre negli aschi si sono potuti identificare due alleli per gene. In un secondo tempo, essi hanno inoculato una pianta (4) con un ascocarpo (1) ed hanno quindi recuperato alcune decine di micorrize dalla pianta ospite. Ciascuna micorriza presa individualmente non presenta che un solo allele, il che significa che essa è formata da un micelio aploide che corrisponde alla germinazione di una spora. Analizzando due geni, essi figura 2 figura 3 hanno messo in evidenza delle micorrize aventi le forme parentali ma anche delle forme ricombinate, il che significa che i due genitori sono geneticamente differenti. QUALCHE DEFINIZIONE: (dal sito http://fr.wikipedia.org. e http://coproweb.fre.fr/mycoweb/gloss.htm) ALLELI: si chiamano alleli le differenti versioni di uno stesso gene. Ogni allele si differenzia per una o più differenze (polimorfismo) della sua sequenza genica del DNA. ASCOCARPI: si tratta di un termine generale con cui si identifica l’organo di riproduzione degli Ascomiceti. Nei tartufi esso è formato dalla gleba (polpa) con le vene fertili (la parte più colorata della polpa) dove si trovano gli aschi che contengono le spore, e dal peridio (scorza). ASCOMICETI: gli Ascomiceti costituiscono una vasta branca dei funghi e sono caratterizzati dalle spore formate all’interno degli aschi (sacculi). Tra gli Ascomiceti troviamo numerose specie utili all’uomo come i lieviti utilizzati in panetteria, in pasticceria o in vinificazione oppure delle specie molto note agli appassionati micologi, come le morchelle, le pezize, i tartufi e dei licheni. Questo gruppo comprende anche numerose muffe o dei funghi fitopatogeni delle piante coltivate. ASCHI: si tratta di una cellula riproduttrice, caratteristica dei funghi Ascomiceti, all’interno della quale si formano le spore, risultato di una meiosi. GAMETI: una cellula riproduttrice di tipo aploide che ha terminato la meiosi e la differenziazione citoplasmatica. Nei tartufi i gameti sono le spore. GENE: si tratta di una sequenza di DNA codificante per una proteina; semplificando si può dire che i geni sono le parole di un libro che costituisce il genoma. Per un tartufo, tra i 120 milioni di lettere presenti, si possono leggere 7590 parole. GENOMA: il genoma è l’insieme del materiale genetico di un individuo o di una specie codificato nel suo DNA. Lo possiamo immaginare come un insieme di lettere formanti un libro. Nel caso del tartufo esistono 120 milioni di lettere. GENOTIPO: si tratta della composizione in allele del genoma. APLOIDE: una cellula biologica è aploide quando i cromosomi che essa contiene sono ciascuno in un solo esemplare (n cromosomi). Il concetto generalmente si oppone a diploide , termine che designa le cellule che contengono cromosomi in doppio esemplare (2n cromosomi). MARCATORE MOLECOLARE: i marcatori molecolari sono delle regioni di DNA che permettono di studiare, tra l’altro, la diversità genetica di una specie. MEIOSI: divisione cellulare che porta alla produzione di cellule sessuali (o gameti) per la riproduzione. MICELIO: insieme di ife (o filamenti) di un fungo. NUCLEO: si tratta di un organello in cui è contenuto il materiale genetico ( il DNA) di una cellula. RICOMBINAZIONE (CROSSING-OVER): si tratta di un fenomeno genetico che ha luogo al momento della meiosi e che contribuisce al rimescolamento genetico al momento della riproduzione. La ricombinazione è descritta nella Fig. 1. SPORE: elementi risultanti dalla riproduzione del fungo (sessuata o asessuata) e che contribuisce alla sua dispersione. RINGRAZIAMENTI: gli Autori ci tengono a ringraziare Gerard Chevalier, François Le Tacon e Sergio Arcioni per le numerose discussioni riguardanti il contenuto dello studio. Questo lavoro ha beneficiato dell’apporto finanziario dell’INRA, di GENOSCOPE, del PROGETTO EVOLTRE e del CNR. 11 Iniziativa ATVA (AR) - promuove riunioni locali con i tartufai L ’Associazione Tartufai Valli Aretine, ha promosso dall’Associazione e le regole di accesso e manuuna serie di quattro riunioni locali sparse sul territenzione. torio aretino, per cercare di avvicinare e coinvolgere Nell’occasione la segreteria ha rinnovato numei tartufai. rose tessere e iscritto nuovi soci. Il 19 maggio, ho avuto il piacere di partecipare a una Il dibattito è stato vivace ma controllato, i soci handi queste, tenutasi nei pressi di Arezzo, che ha visto la no dato vari consigli e suggerimenti in particolapartecipazione di una settantina di tartufai. re per quanto riguarda la gestione delle tartufaie Le riunioni consistono nell’informarli del lavoro svolto controllate e coltivate. dall’Associazione. Ci sono state lamentele per l’elevata popolazione I’intraprendente Presidente Moreno MORONI, vero Moreno Moroni di selvatici, cinghiali, istrici e caprioli che dannegtrascinatore, introduce i temi e i consiglieri responsabili del giano le tartufaie e le loro piante simbionti, si è chiesto che settore approfondiscono gli argomenti. avvenga un prelievo maggiore. Il tema dedicato alle leggi è trattato generalmente dal nuoIl Presidente ha preso buona nota delle varie richieste, asvo Segretario Roberto VANNUCCINI, persona di espesicurando che alla prossima assemblea generale saranno rienza, che mi ha dato alcuni suggerimenti per migliorare inserite nell’ordine del giorno. la gestione della polizza assicurativa, ma nell’occasione ho illustrato io stesso la proposta di modifica alla legge nazioCommento: Quando la campagna di raccolta va male, si nale 752/85, che ha avuto un buon riscontro fra i presenti. riscontra sempre una diminuzione delle iscrizioni, come se A livello provinciale e regionale, sono stati toccati vari temi, la colpa dell’accaduto fosse delle associazioni. quale il calendario sul magnatum che apre toppo presto (10 ATVA ha cercato di reagire per mantenere il numero degli settembre). associati, recandosi proprio nei pressi dei loro luoghi di reIn proposito Moroni ha riferito che nel 2012 si aprirà la terza sidenza, cosa che pare sia stata apprezzata, visto il buon domenica di settembre, circa una decina di giorni dopo. afflusso. Ha anche annunciato che è in corso di completamento la In questo modo i tartufai possono dire la loro ed essere cartografia dei territori tartufigeni della provincia d’Arezzo; ascoltati per ottenere dei miglioramenti. ha assicurato che entro dicembre il lavoro sarà presentato, E’ pertanto consigliabile ripetere l’interessante iniziativa anstrumento indispensabile per la tutela delle aree censite e che nelle altre realtà, poiché i tartufai generalmente non coper la delimitazione percentuale del territorio destinato alle noscono l’opera delle associazioni. riserve. Complimenti a questa intraprendente Ha illustrato anche le iniziative riguardanti i territori gestiti compagine aretina! Testo scientifico Carta della vocazionalità tartuficola della Regione Abruzzo E’ stato realizzato un interessante volume composto di un centinaio di pagine, ottenuto con il finanziamento della Regione Abruzzo e a cura di Gabriele De Laurentiis e Domenicangelo Spinelli (Funzionari dell’ARSSA), Agenzia Regionale per i servizi di sviluppo agricolo Abruzzo e la Collaborazione del Prof. Giovanni PACIONI, micologo dell’Università dell’Aquila. Si tratta di un volume riccamente illustrato con belle immagini a colori, tavole e grafici assai interessanti; lo studio è stato eseguito sui tartufi pregiati, Tuber Magnatum e T. melanosporum. E’ uno strumento indispensabile per la conoscenza del patrimonio tartuficolo regionale, per la messa sotto tutela delle aree censite e per giungere a una chiara separazione fra del territorio riservato e quello in cui è possibile esercitare la libera ricerca. Auspichiamo che questo strumento sarà realizzato anche in tutte le altre regioni italiane; invitiamo a riguardo, le associazioni aderenti a darsi da fare per raggiungere questo fine. Desideriamo rilevare che la realizzazione delle cartografie è prevista dalla legge 752/85, per cui le Regioni sono obbligate a finanziarle. Non è indicato il prezzo, per cui riteniamo che si possa richiedere gratuitamente alla Regione Abruzzo, Assessorato Regionale Politiche Agricole il cui è Assessore Mauro FEBBO.