Diapositiva 1 - Il Mercante Verde

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Carne, sostanza incompatibile con la natura umana
Dr. Chim. Mauro Damiani, presidente Associazione Scienza della Salute
La carne non è un cibo idoneo per l'uomo: su quest'asserzione non ci sono ormai più dubbi,
una copiosa letteratura l'attesta e lo documenta. In subordine è quantomeno ampiamente
provato che non è indispensabile per la salute dell'uomo. Il completo controllo dei poteri
industriali sui mezzi d'informazione impedisce che queste importanti conoscenze siano di
dominio pubblico, ma, nonostante tutto, il processo di diffusione su mezzi alternativi è
incominciato e si ritiene che sia ormai inarrestabile.
La dannosità della carne non dipende soltanto dalla somma di sostanze chimiche, spesso di
sintesi, aggiunte ai mangimi nella moderna pratica d'allevamento industriale: antibiotici,
tireostatici, betabloccanti, estrogeni, sali di zinco, vaccini, anemizzanti, che sono
somministrati agli animali stabulati anche per preservarli dalle malattie che li colpirebbero a
causa delle innaturali condizioni in cui sono tenuti. Questo fatto con certezza contribuisce ad
aumentarne la dannosità, ma anche la carne d'animali allevati nelle migliori condizioni
possibili è nociva. La ragione fondamentale di questa nocività va ricercata con l'aiuto di due
importanti branche della scienza, l'Anatomia Comparata e la Fisiologia Comparata.
Ovviamente la descrizione dettagliata dei fenomeni esula dallo spazio di un breve articolo,
per questa rimandiamo alla letteratura specifica.
L'anatomia comparata, in sintesi afferma che:
1.Gli animali carnivori hanno un intestino molto breve, circa 3-4 volte la lunghezza del
tronco.
2.Gli animali erbivori hanno un intestino molto lungo, circa 20-22 volte la lunghezza del
tronco.
3.Gli animali frugivoro-fruttariani, tra cui l'uomo e quasi tutto l'ordine dei primati,
hanno un intestino di lunghezza intermedia circa 10-12 volte la lunghezza del tronco.
La ragione di questa diversa lunghezza si comprende facilmente prendendo in
considerazione i diversi cibi specie-specifici:
Le proteine della carne, nelle condizioni di temperatura del tratto digestivo, sono
soggette a processi putrefattivi con sviluppo di sostanze tossiche che è bene che non
siano assorbite, ed è per questo motivo che i carnivori hanno un intestino breve, che
permette di ridurre il tempo di permanenza all'interno del corpo ed il conseguente
rischio d'assorbimento delle tossine della putrefazione.
Gli animali erbivori, dovendo provvedere al laborioso processo di demolizione della
lunga catena della cellulosa fino al glucosio, devono avere un intestino molto lungo che
permette un maggiore tempo di permanenza all'interno del corpo.
Gli animali frugivoro-fruttariani, che non hanno quest'ultima necessità, hanno un
intestino di lunghezza intermedia, ma tale in ogni modo da permettere l'assorbimento
delle tossine di putrefazione della carne, da qui la ragione fondamentale della
dannosità per loro della carne.
Quanto alla Fisiologia Comparata, il chimismo delle nucleoproteine è una delle tante prove che
l'uomo non è un animale adatto per natura a nutrirsi di proteine animali; le nucleoproteine sono
le proteine che costituiscono il nucleo d'ogni cellula, tra loro si annoverano gli acidi nucleici e le
proteine basiche; gli acidi nucleici sono formati dall'unione di 4 (o 5) "nucleotidi". Ogni
nucleotide è costituito da una base azotata unita ad uno zucchero esterificato con acido
fosforico.
Le nucleoproteine vegetali contengono basi azotate prevalentemente del gruppo pirimidinico
(timina, citosina, metilcitosina, uracile); il loro metabolismo, basato su processi ossidativi, dà,
come prodotto finale urea, eliminata normalmente dall'uomo con l'urina.
Le nucleoproteine animali, contengono invece prevalentemente basi azotate del gruppo
purinico ("purine": adenina, ipoxantina, xantina, guanina); queste basi danno come prodotto
finale, acido urico. Nei carnivori tale acido è trasformato, mediante un particolare enzima, di cui
sono provvisti (detto "uricasi"), dapprima in allantoina e poi per idrolisi in urea e quindi, come
tale, eliminato.
Nell'uomo e nelle scimmie antropomorfe (che non possiedono il suddetto enzima) l'acido urico
proveniente dall'uso alimentare della carne si combina con il sodio e si deposita soprattutto
nelle articolazioni, sotto forma di urato di sodio, provocando dolori, tumefazioni, e deformazioni
(gotta). Sintomi tipici della sindrome uricemica, che invece è del tutto assente nei carnivori.
Nell'uomo evidentemente la capacità uropoietica del fegato, in altre parole la capacità di
quest'organo di fabbricare urea, è insufficiente a smaltire il carico derivante da consistenti
quantità di proteine animali ed il processo uropoietico si ferma a metà, cioè all'acido urico.
Quelle indicate sono soltanto alcune delle principali prove della dannosità della carne, chi
volesse approfondire l'argomento ha a disposizione una sterminata letteratura, del pari
sterminata è però la letteratura in favore dell'uso della carne e che sostiene addirittura la
sua indispensabilità per la salute umana; gli enormi interessi, non solo economici,
connessi con l'uso alimentare della carne hanno addirittura permesso alla seconda di
prevalere nell'accezione comune.
La ragione di questa prevalenza è abbastanza ovvia: l'enorme potere che il sistema
industriale ha su tutti i mezzi di comunicazione, per quanto riguarda la letteratura
scientifica, è ancora più forte. Come si sa le riviste scientifiche sono di solito pubblicate da
Università od Accademie, organizzazioni alla continua ricerca di finanziamenti. L'industria
chimica nelle sue varie branche (prodotti per l'agricoltura, farmaceutica, alimentare ecc.)
provvede ampiamente alla bisogna finanziando ben determinati progetti di ricerca, quelli
di proprio interesse.
La logica conseguenza è che in primo luogo non trovano finanziamento i progetti di ricerca
che puntano a chiarire eventuali dannosità della carne, ed in secondo luogo che ben
difficilmente sono pubblicati lavori di ricercatori indipendenti, soprattutto quando i
risultati ledono gli interessi industriali. In sintesi sono senz'altro questi i motivi per cui gli
articoli favorevoli all'uso della carne sono prevalenti. Tuttavia il peso dell'argomento, la
natura stessa delle cose, ha il suo effetto e nonostante tutti gli ostacoli si assiste ad un
fiorire di articoli critici sulla salubrità dell'uso della carne. Nell'eventuale azione giudiziaria
che come Forum Vegetariano ci proponiamo di intentare i periti nominati dal giudice si
troveranno davanti ad un panorama di questo tipo.
Due fatti nuovi degli ultimi venti anni però, avranno, a mio parere, un ruolo importante
nell'aumentare il peso della nostra posizione. Non si tratta in questo caso di articoli di
personalità anche rilevanti ma, bensì, del parere di due grandi organizzazioni entrambe
Americane, del Paese cioè che è stato il principale attore dell'enfasi sul consumo di carne
nel secolo ventesimo:
1. Nel 1985 si è costituito negli USA il P. C. R. M. (PHYSICIANS COMITTEE for RESPONSIBLE
MEDICINE), un "Comitato di Medici per la Medicina Responsabile", a cui aderiscono più di
cinquemila medici e scienziati. Questa organizzazione ha raggiunto un'importanza notevole,
svolgendo una funzione di informazione e pressione, anche con denunce penali, su tutti gli
organismi statali competenti sull'argomento. Il PCRM ha ovviamente preso una posizione
fermamente contraria all'uso della carne.
2. Particolarmente efficace è stata l'azione del PCRM sul Dipartimento dell'Agricoltura degli
Stati Uniti (USDA), l'organismo che dal 1916 pubblica periodicamente un documento
ufficiale intitolato "Dietary Guidelines for Americans" (Linee Guida Dietetiche per gli
Americani"). Orbene, nell'edizione del 1996 di queste Linee Guida si riconosce finalmente
che la dieta vegetariana non solo non ha nessuna controindicazione ma che è addirittura
una valida via per la salute. E' grazie agli sforzi del PCRM ed a questa pubblicazione del 1996
che negli USA si assiste finalmente ad un'inversione di tendenza nella continua crescita della
mortalità per malattie cardiocircolatorie.
Io spero vivamente che questi fatti opportunamente illustrati al giudice, dato che ben
difficilmente possiamo sperare di vincere la causa, possano almeno fornirgli le prove che
sull'argomento la posizione degli scienziati non è univoca, che si assiste cioè ad un classico
caso di divaricazione delle opinioni. Ciò sarebbe di enorme importanza per la nostra causa,
perché è la strada per dotarci dell'unica arma che al momento ci manca. Se il giudice, vista la
divisione della scienza sull'argomento, ci accordasse una sorta di "par condicio", se in altre
parole in ogni dibattito sui media sul tema alimentare fosse obbligatoria la presenza della
parte contraria all'uso della carne si avrebbero finalmente i presupposti per un'effettiva
diffusione della corretta informazione alimentare
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