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LINEE GUIDA PER LA RIABILITAZIONE DEl BAMBINI
AFFETTI DA SPINA BIFIDA
Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione (SIMFER)
INTRODUZIONE
Per sintetizzare la natura delle problematiche affrontate dalla riabilitazione del bambino
affetto da spina bifida, vogliamo riportare alcune considerazioni esposte da Martin Bax in
una lettura magistrale che apriva, nell’ottobre 1996, un Convegno organizzato a Milano
sul tema “Spina Bifida e Adolescenza”:
….In looking at the outcome for young people with Spina Bifida the criteria suggested by
Eric Ericksson and amended by David Taylor have been used. These look at the tasks of
adolescence which allow an individual to become an adult. The four tasks are
indipendence, self image or identity, vocation and sexuality. Each of these tasks goes
back into early childhood and it is possible to see the young person with a disability has
difficulty in achieving them. In studies carried out in young people with spina bifida we
have looked at problems which arise under indipendence such as simple lack of mobility,
dependence on others for self-care needs such as toileting, through to social
indipendence and a lack of social skills………..
Stiamo parlando di una patologia che, per l’incidenza che la caratterizza (vedi
epidemiologia) potrebbe essere annoverata fra le malattie rare, ma il cui impatto sociale
risulta veramente rilevante.
Dalla spina bifida non si può guarire, ma molto può essere fatto per contenere le
complicanze e per favorire uno sviluppo psicomotorio il più vicino possibile a quello dei
coetanei sani secondo prestazioni che riproducono quelle fisiologiche.
Il netto miglioramento dell’aspettativa di vita nei soggetti con spina bifida ci impone il
confronto con i problemi che caratterizzano il giovane adolescente o l’adulto; questo, se
da un lato può essere vissuto come momento “positivo” in quanto espressione di una
migliorata gestione della disabilità (in particolare per quanto riguarda la prevenzione delle
complicanze), dall’altro ci obbliga in un impegno riabilitativo che oltrepassa i confini propri
di un approccio medico, per andare ad abbracciare aspetti psicologici e sociali.
Il giovane con spina bifida di 15-18 anni oggi ha potuto ricevere da bambino un
trattamento adeguato? Quante delle problematiche di inserimento sociale odierne
avrebbero potuto essere adeguatamente prevenute 10 anni orsono?
Non basta migliorare l’aspettativa di vita, ci viene chiesto un altrettanto impegno affinché
anche la qualità di vita di queste persone sia opportunamente salvaguardata.
E di problemi, il bambino con spina bifida, ne ha diversi, con coinvolgimento dell’area
motoria, viscerale, psicologica, cognitiva ed affettivo-relazionale. Si tratta di proporre ed
attuare un progetto riabilitativo che sappia tener conto contemporaneamente di tutti
questi aspetti che caratterizzano la sua disabilità.
Obiettivo finale: autonomia ed inserimento sociale ottimale, in funzione della disabilità
residua.
Un compito tutt’altro che facile per gli operatori sanitari e sociali che, insieme alla famiglia
ed al paziente , si devono fare carico della realizzazione del programma personalizzato a
breve, medio e lungo termine, tipico di ogni progetto riabilitativo.
1
Proprio perché la disabilità nella spina bifida investe aree diverse, l’équipe riabilitativa
dovrà essere interdisciplinare ed interprofessionale, sostenuta da obiettivi comuni definiti
durante la stesura del progetto riabilitativo globale stesso.
Una metodologia di lavoro sicuramente nota, ma ancora poco consolidata nella pratica,
che richiede formazione e competenze adeguate.
Un aspetto che non viene trattato nel nostro documento, ma non per questo da
considerarsi di scarsa rilevanza, è quello della prevenzione primaria.
Si parla di prevenzione dei difetti del tubo neurale (DTN) per mezzo dell'assunzione di
acido folico nel periodo pre-concezionale; una parte della popolazione, tuttavia, appare
refrattaria a tale trattamento farmacologico, probabilmente per l’entrata in gioco di fattori
genetici, nutrizionali o legati alla biodisponibilità.
Con tutto ciò, la possibilità di ridurre l’incidenza dei DTN è pari al 70%; un problema
quindi di campagna informativa e di strategia terapeutica, ma anche di diagnosi precoce,
di monitoraggio della gravidanza di counselling psicologico alla coppia, che, tuttavia,
esula dai nostri compiti.
Perché delle linee guida sul tema della riabilitazione del bambino con spina bifida?
Se è vero che esistono protocolli relativi alla gestione di singole problematiche cliniche
relative alla spina bifida (es. l’approccio neurochirurgico, la gestione della vescica
neurologica…ecc.), è altrettanto assodato che in letteratura non sono riportate linee
guida relative all’approccio riabilitativo vero e proprio, nell’ottica interdisciplinare da noi
enunciata.
Esse nascono in buona parte dall’esperienza di professionisti (fisiatri e neuropsichiatri
infantili), che hanno da anni verificato tale modalità operativa presso centri italiani,
avvalendosi della collaborazione di altre figure professionali (medici specialisti in diverse
discipline, fisioterapisti, terapisti occupazionali, psicologi, infermieri professionali ecc.).
I contenuti di tali linee guida sono stati discussi in una Consensus Conference, svoltasi a
Milano il 23 marzo 2002, alla quale hanno partecipato anche le associazioni degli utenti;
questi ultimi hanno fondamentalmente condiviso i contenuti esposti, ivi compreso il timing
proposto relativo alle modalità di erogazione delle prestazioni rieducative.
Vorrei ringraziare tutti i componenti della commissione che hanno dimostrato un costante
impegno nella stesura di questo complesso documento, il Presidente della SIMFER Prof.
C. Bertolini e tutte le famiglie che ci hanno spronato a concludere questa “fatica”.
Una citazione particolare ad Adriano Ferrari che, come sempre, ci ha seguito con grande
competenza, ed a tutti i componenti della Commissione Intersocietaria SIMFER-SINPIA
per averci concesso di riprodurre la logica espositiva adottata nella stesura delle linee
guida per la riabilitazione del bambino affetto da Paralisi Cerebrale Infantile, nell’ottica di
una totale condivisione dei contenuti enunciati nel “Manifesto per la riabilitazione del
bambino” e nel rispetto di criteri di omogeneità atti a favorire la consultazione del testo.
Bibliografia
Bartonek A, Saraste H, Knutson LM “Comparison of different systems to classify the
neurological level of lesion in patients with myelomeningocele“ Dev Med Child Neurol
1999 Dec; 41(12):796-805.
Bortolus R “Acido folico e difetti del tubo neurale”
Relazione al convegno “La Spina Bifida nel Veneto”
Vicenza, 10 marzo 2001
2
Cocchi G “Epidemiologia dei difetti del tubo neurale”
Acta paediatrica latina
Dillon CM, Davis BE, Duguay S, Seidel KD, Shurtleff DB “Longevity of patients born with
myelomeningocele” Eur J Pediatr Surg 2000 Dec; 10(1):33-4.
Hoffer M et al “Functional ambulation in patients with myelomeningocele” J Bone and
Joint Surg 1973 Jan; 55a:137-48.
Williams EN, Broughton NS, Menelaus MB “Age-related walking in children with spina
bifida” Dev Med Child Neurol 1999 Jul; 41(7):446-9.
GUIDA ALLA LETTURA
DEFINIZIONE
Con il termine Spina Bifida si intende un insieme di malformazioni congenite del sistema
nervoso centrale e periferico che coinvolgono in varia misura la colonna vertebrale, gli
involucri meningei, il midollo spinale e le radici nervose. L’imperfetta differenziazione e
fusione di strutture della linea mediana posteriore dà origine ai vari tipi anatomici, che
variano per gravità a seconda dell’entità delle strutture nervose coinvolte, del livello
interessato e dell’epoca della loro insorgenza durante l’embriogenesi.
EPIDEMIOLOGIA
Secondo il Registro Epidemiologico dei bambini malformati IMER, la spina bifida (SB)
rappresenta la malformazione “neurologica” di più frequente riscontro. Essa costituisce
infatti il 27,9 % del totale delle malformazioni congenite del sistema nervoso centrale
(SNC) ed il 73,2 % del totale dei difetti del tubo neurale (DTN).
In Italia, la frequenza della spina bifida è attestata intorno allo 0,5 ‰ nati vivi (0,54‰
secondo l’ultimo Bollettino Epidemiologico Nazionale che ha affrontato l’argomento).
I dati di prevalenza sono reperibili all’interno di Registri Regionali, non esistendo a
tutt’oggi un registro nazionale delle malformazioni.
Il registro dell'Italia del Nord-Est, segnala una prevalenza di disrafismi spinali dello
0.56%o; per il Registro IMER (Emilia Romagna) la prevalenza è dello 0.37%o; per il
Registro della Toscana la prevalenza è dell'1.57%o; per il Registro della Campania la
prevalenza è dello 0.56%o.
Bibliografia
Bollettino Epidemiologico Nazionale
Intenational Clearinghouse for Birth Defects Monitoring System (ICBDMS)
3
METODOLOGIA
Mandato
La Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione (SIMFER), in relazione ai propri
compiti statutari e sulla base di indicazioni del Dipartimento di Programmazione del
Ministero della Sanità, ha dato incarico ad una commissione di suoi Soci, esperti nel
settore della riabilitazione dei soggetti affetti da Spina Bifida di elaborare “Linee guida per
la riabilitazione dei bambini affetti da spina bifida”.
Commissione
Fanno parte della Commissione per la stesura di “Linee guida per la riabilitazione dei
bambini affetti da Spina Bifida”:
Tiziana Redaelli (coordinatore)
Adriano Ferrari
Monica Cazzagon
Nicoletta Sias
GiulianoTarditi
Anna Marucco
Riccardo Camoriano
Monica Nora
Vinicio D’Annunzio
Unità Spinale,A.O. Niguarda Ca’ Granda, Milano
A.O. Arcispedale S. Maria Nuova, Reggio Emilia
Istituto La Nostra Famiglia Pasian di PratoIRCCS “E.Medea” Polo Friuli
A.O. Niguarda Ca’ Granda, Milano
Centro Spina Bifida OIRM , Torino
Centro Spina Bifida, Padova
IRCCS Gaslini., Genova
Centro Spina Bifida A.O. Parma
Centro Spina Bifida Università Cattolica, Roma
Percorso seguito
Le presenti linee guida sono basate sui dati di efficacia reperiti in letteratura. La ricerca
degli studi pubblicati è stata effettuata tramite la consultazione delle seguenti banche
dati: Med-line, Embase, Cochrane Library. Sono state inoltre ricercate le Linee Guida
esistenti con apposita metodologia tramite Internet, e reperita letteratura non indicizzata,
individuata sulla base della conoscenza diretta dei Soci partecipanti alla Commissione
Intersocietaria.
Tabella 1 - Livelli di evidenza e forza delle raccomandazioni
Livello
Studi
1
più studi controllati randomizzati
o revisioni sistematiche
almeno uno studio
randomizzato controllato
nessuno studio randomizzato,
ma diversi studi controllati con
risultati tra loro coerenti
forte consenso degli esperti
(unanimità)
opinione prevalente degli
esperti (maggioranza)
2
3
4
5
4
Destinatari delle linee guida
Le presenti linee guida per la riabilitazione dei bambini affetti da spina bifida sono
destinate ai medici specialisti in medicina riabilitativa, responsabili dei progetti riabilitativi,
e ad altri specialisti che intervengono a vario titolo nella valutazione e nel trattamento del
bambino affetto da spina bifida. Sono altresì indirizzate a tutte le componenti tecniche del
gruppo interprofessionale di riabilitazione ed alle famiglie dei soggetti affetti da spina
bifida.
Ambiti di applicazione
Le presenti linee guida si applicano all’ambito della rieducazione, processo che assieme
alla educazione ed alla assistenza concorre a costituire il complesso intervento della
riabilitazione del bambino affetto da spina bifida.
La riabilitazione è un processo complesso teso a promuovere nel bambino e nella sua
famiglia la migliore qualità di vita possibile. Con azioni dirette ed indirette essa si
interessa dell’individuo nella sua globalità fisica, mentale, affettiva, comunicativa e
relazionale (carattere olistico), coinvolgendo il suo contesto familiare, sociale ed
ambientale (carattere ecologico). Si concretizza con la formulazione del progetto
riabilitativo e dei vari programmi nei tre ambiti della rieducazione, dell’assistenza e
dell’educazione.
La rieducazione è competenza del personale sanitario ed ha per obiettivo lo sviluppo ed
il miglioramento delle funzioni adattative. Essa rappresenta un processo discontinuo e
limitato nel tempo che deve necessariamente concludersi quando, in relazione alle
conoscenze più aggiornate sui processi biologici del recupero, per un tempo ragionevole
non si verifichino cambiamenti significativi né nello sviluppo né nell’utilizzo delle funzioni
adattive.
La educazione è competenza della famiglia, del personale sanitario e dei professionisti
del settore ed ha per obiettivo sia la preparazione del bambino ad esercitare il proprio
ruolo sociale (educare il disabile) sia la formazione della comunità, a cominciare dalla
scuola, ad accoglierlo ed integrarlo (educare al disabile), per aumentarne le risorse ed
accrescere l’efficacia del trattamento rieducativo.
L’assistenza ha per obiettivo il benessere del bambino e della sua famiglia ed è
competenza del personale sanitario e degli operatori del sociale. Essa deve
accompagnare senza soluzioni di continuità il bambino e la sua famiglia sin dalla
enunciazione della diagnosi di disabilità. Le risorse da destinare alla famiglia vanno
pesate sulla misura del bisogno espresso e non sulla condizione di modificabilità della
patologia di base del bambino.
Con le presenti linee guida ci proponiamo di sottolineare gli obiettivi prioritari della
rieducazione, differenziati per aree funzionali e per fascia di età, e di richiamare
l’attenzione sull’intervento rieducativo. Per quanto riguarda gli ambiti dell’educazione e
dell’assistenza, si rimanda a tavoli di discussione con le famiglie e con gli operatori dei
settori interessati.
5
La formulazione del progetto riabilitativo e dei vari programmi terapeutici deve
naturalmente comprendere interventi integrati operati necessariamente sui tre ambiti
della rieducazione, dell’educazione e dell’assistenza
La distinzione proposta è importante per poter distinguere nell’ambito dell’attività degli
operatori del settore quale parte di questa possa esser “misurata” attraverso i cambiamenti
visibili indotti sulle attività/abilità del bambino (rieducazione), da quanto non può invece essere
riconosciuto attraverso cambiamenti oggettivi del paziente, come ad esempio la “prevenzione”
delle deformità (intervento che fa parte sia della rieducazione che dell’assistenza), la “tenuta“
della famiglia sotto il profilo psicologico o gestionale, il “successo” dell’inserimento scolastico,
la “qualità” dell’integrazione del soggetto nel sociale, il grado di soddisfazione per l’aiuto
ricevuto, ecc.
Raccomandazione di grado 4
Aggiornamento delle linee guida
I membri della commissione si impegnano a continuare a controllare la più recente
letteratura, per individuare tempestivamente eventuali lavori che possano mettere in
discussione la validità delle presenti raccomandazioni, ed a modificarle
conseguentemente, se necessario.
Le presenti linee guida verranno comunque riviste ed aggiornate entro la fine del 2005.
Bibliografia
Baldacci L “Le linee guida sono utili o no?” SIMG, 6, 1994;6
Boccardi S “La valutazione dei risultati in medicina riabilitativa” Med Ortop 1989; 2:5-9
Capri S “La valutazione economica in sanità: strumenti per la decisione del medico”
FM 9, 1994: 23-28
CNR, ACRO “Promuovere il miglioramento della pratica clinica: metodologia per la
produzione di linee guida” 1994
Commissione linee guida FISM “Requisiti minimi delle linee guida”
QA giu 1996; 7(2): 77-95
Fratini M, Morbidoni L et al “Linee guida: ricerca in rete, valutazione critica, applicazione
clinica” Recenti progressi in medicina 1999; 90:12
Fedrspil G, Scandellari C “Le linee guida nella pratica clinica”
Professione - Sanità pubblica e Medicina Pratica 1996; 1:6-10
Gatti R “Misurare l’efficacia del trattamento riabilitativo”
Scienza riabilitativa 1999; 3(2): 3-4
Grilli R, Penna A, Liberati A “Migliorare la pratica clinica: come promuovere e
implementare linee-guida”
Il Pensiero Scientifico Editore 1995, Roma
6
Lucchelli PE, Gianese F “Basi metodologiche per la valutazione degli interventi
terapeutici” FM 9, 1994 5-8
Maciocco G “Linee guida: lo stato dell’arte” Cuamm notizie maggio–agosto 1997
Martinez L, Revel M “Valutazione dei trattamenti e delle tecniche in rieducazione”
EMC Medicina Riabilitativa, vol. 1 26005 A10 - Roma Parigi
Mastropaolo C “Le “Linee guida”: significato e limiti” Giorn Neuropsich Età Evol 1999; 20:
59-70
Norelli GA, Mazzeo E, Pinchi V “Le linee guida offrono al professionista una copertura
medico-legale?” Professione-Sanità Pubblica e Medicina Pratica 1998 Anno VI; 11:31-3
Organizzazione mondiale della Sanità (WHO)
“International classification of impairments, disabilities and handicaps”
Ginevra 1980
Organizzazione mondiale della Sanità (WHO)
“International classification of impairments, activities and partecipation”
Ginevra 1997
Pagni A “Procedure scientifiche e linee guida: luci ed ombre della medicina scientifica”
FM 9 1994:2-11
Stefanini A, Fantini MP, Zanetti M “Linee guida: opportunità e rischi”
Cuamm notizie maggio–agosto 1997
Le linee guida per la riabilitazione dei bambini affetti da spina bifida si sviluppano seguendo
concettualmente quattro presupposti:
1. per quale soggetto (profilo del paziente)
2. in quale fascia di età (valore del profilo del paziente e della proposta terapeutica)
3. per sviluppare quale abilità/attività (area funzionale intesa come ambito di intervento
giustificato)
4. procedendo come (metodologia operativa adottata).
1.
PROFILO DEL PAZIENTE
Occorre delineare un preciso profilo diagnostico funzionale del paziente utilizzando un
sistema “multiassiale” o “multidimensionale” composto da n.8 assi (per facilitare la
raccolta e l’elaborazione dei dati).
Ciascun asse raccoglie diversi parametri: accanto al fondamentale asse motorio, gli altri
assi descrivono condizioni non motorie e caratteristiche contestuali, in grado però di
influenzare significativamente la possibilità di sviluppo della funzione motoria.
Il profilo del paziente deve essere sufficientemente preciso da permettere una correlazione fra
natura del difetto e sua storia naturale (paralisi), progetto rieducativo, strumenti adottati ed
interventi praticati (programma terapeutico) e modificazione finale ottenuta (risultato
misurabile).
7
DESCRIZIONE DEGLI ASSI
1° ASSE: ANAMNESI LESIONALE
Descrive le informazioni più significative della storia clinica del paziente:
 dati anamnestici relativi alla gravidanza ed al parto
 epoca della diagnosi ed iter diagnostico
 raccolta precisa dei dati anamnestici e degli esami eseguiti per identificare la lesione
principale e le lesioni associate
 approfondimenti diagnostici strumentali post-natali (epoca e numero).
Tra i parametri più significativi si segnalano:
Tipo di lesione
La spina bifida (mielodisplasia) consegue a difetto di chiusura del tubo neurale che si
instaura precocemente durante lo sviluppo embrionario.
Il termine spina bifida occulta generalmente si riferisce ad un difetto di chiusura dell’arco
vertebrale con o senza interessamento del tessuto neurale con integrità del piano
cutaneo; ad essa si ascrivono anche quadri quali il lipoma sacrale, il
lipomielomeningocele, il seno e la fistola dermica.
Il termine spina bifida manifesta si riferisce a forme “aperte” di spina bifida come il
meningocele ed il mielomeningocele (MMC), caratterizzate da una soluzione di continuo
della cute che riveste la malformazione spinale. Il MMC si caratterizza per una erniazione
delle meningi e del tessuto neurale malformato attraverso il difetto di chiusura della
colonna vertebrale e rappresenta il quadro clinico che più comunemente viene
denominato “spina bifida”. Spesso si associano malformazioni del tronco cerebrale
(sindrome di Chiari) ed idrocefalo.
Per quanto riguarda il MMC, la sede più frequente della lesione spinale si riscontra in
corrispondenza del passaggio dorso-lombare e lombo-sacrale; più rare sono le
localizzazioni dorsali e cervicali. Per ogni quadro clinico si identifica il livello funzionale di
attività dei muscoli. Va tenuto presente che la valutazione dei livelli può avere delle
peculiarità, in quanto l'epoca in cui si verifica la lesione midollare (III-IV settimana di
gestazione) è antecedente allo sviluppo degli arti (II mese di gestazione) e ne influenza
l’innervazione.
Problematiche associate
1) NEUROLOGICHE
1.1 IDROCEFALO
L’idrocefalo consiste nell’accumulo di liquor cefalorachidiano all’interno dei ventricoli
cerebrali con aumento della sua pressione e conseguente dilatazione degli stessi.
8
L'idrocefalo associato è generalmente secondario ad ostacolato deflusso liquorale in
quanto sono di solito presenti molteplici malformazioni cerebrali della linea mediana,
quali la stenosi/atresia dell’acquedotto di Silvio.
L’idrocefalo è presente in circa l’80% dei casi di MMC. In poco meno della metà dei casi,
l’idrocefalo non è palese alla nascita, ma si sviluppa precocemente nelle settimane
successive, favorito indirettamente dalla riparazione della lesione primitiva (90% dei casi
di idrocefalo entro tre settimane, 100% entro un anno di vita).
Di solito la diagnosi viene posta abbastanza precocemente. La presenza di segni quali la
macrocefalia, la tensione della fontanella bregmatica, la diastasi delle suture craniche, la
congestione delle vene epicraniche, consentono di porre quantomeno il sospetto
diagnostico prima di arrivare alla manifestazione dei sintomi neurologici.
1.2 MALFORMAZIONE DI ARNOLD-CHIARI
La malformazione di Arnold-Chiari (AC) consiste nell’ectopia di tessuto intracranico
all’interno dei primi metameri del canale cervicale. Si distinguono 2 tipi di malformazioni
compatibili con la vita: nel tipo I solo le tonsille cerebellari sono all’interno del canale
cervicale, nel tipo II si riscontra ectopia di tonsille, verme cerebellare, parte del 4°
ventricolo e romboencefalo.
La malformazione di AC può essere asintomatica, e può esistere anche in assenza di
MMC. Nei casi associati a difetto del tubo neurale, si presenta nell’80% dei casi di tipo II
e nel restante 20% di tipo I.
Di fatto, la malformazione di AC è praticamente quasi costante nei casi di MMC (98% dei
casi), e la sua presenza può rappresentare un ulteriore impedimento, più o meno
consistente, alla circolazione liquorale.
Fortunatamente la malformazione diviene sintomatica (sindrome di Arnold-Chiari) solo in
una minoranza di casi, in genere associata ad un idrocefalo mal compensato e ad una
sindrome da stiramento del midollo.
1.3 IDROMIELIA-SIRINGOMIELIA
Questa complicazione consiste nella formazione di una o più cavità a contenuto liquido
all'interno del midollo spinale, in continuità con il canale ependimale (idromielia), o
indipendenti da esso, a qualunque livello del midollo spinale (siringomielia). Può essere
causa di un innalzamento del livello lesionale, o della comparsa di segni di paralisi ad un
livello precedentemente normoinnervato.
1.4 SINDROME DA ANCORAGGIO MIDOLLARE
Va sotto il nome di ancoraggio midollare una complessa sindrome clinica, a carattere
lentamente ingravescente, dovuta all’aderenza del midollo spinale a livello della primitiva
malformazione che non gli consente di adeguarsi alla crescita della colonna vertebrale.
L’ancoraggio causa una sofferenza del midollo che può manifestarsi a qualunque livello
metamerico, o rendere manifesta una concomitante malformazione di AC.
Generalmente, il bimbo inizia a manifestare un’ipertonia agli arti inferiori, un’attività
contrattile muscolare involontaria, per liberazione dei metameri sottolesionali, disturbi
dell'equilibrio, una disaffezione al cammino con tutori, di cui è necessaria una continua
messa a punto; talora, inizia a lamentare dolore in corrispondenza della cicatrice del
pregresso intervento e/o vere e proprie rachialgie con irradiazione di tipo
prevalentemente cordonale agli arti inferiori. Il monitoraggio urodinamico, inoltre, mostra
chiari segni di alterazione rispetto al quadro preesistente della dinamica vescicosfinterica.
2) UROLOGICHE
9
La lesione midollare comporta la perdita dell’integrità degli elementi dell’arco riflesso
sacrale e dei i relativi controlli centrali. In base al livello di lesione si avranno diversificati
quadri di vescica neurologica

Mielopatie che interessano i metameri S2-S4 o anche lesioni più periferiche
possono determinare una vescica ipo-areflessica ed ipo-anestesica, nonché un deficit più
o meno marcato della contrattilità e del tono dello sfintere striato. Ciò comporta una
ritenzione totale o parziale di urina oppure un’incontinenza da rigurgito.

Lesioni midollari al di sopra di S2 o lesioni encefaliche, per il venir meno della
modulazione inibitoria superiore, possono comportare una iperreflessia detrusoriale con
la possibilità di incontinenza urinaria con gli eventuali caratteri dell’urgenza.

Un danno a livello tronco-encefalico o più caudale (midollo sovraconale) potrà
dare un quadro di dissinergia vescico-sfinterica con eventuale residuo post-minzionale.
Bibliografia
Cama A “Disrafismi spinali: inquadramento anatomo-clinico”
Atti del Corso “Trattamento multidisciplinare della spina bifida” 24-27 ottobre 1989
Istituto scientifico Giannina Gaslini di Genova
French BN “Mieline fusion defects of formation” Neurol Surg 1982; Ed.2:1236.
Kinsman SL et al “Beyond Multidisciplinary Care: A New Conceptual Model for Spina Bifida
Services” Eur J Pediatr Surg 2000; 10 (Suppl 1): 35-38.
Talamonti G “Terapia Chirurgica dei difetti del tubo neurale. Gestione e trattamento delle
Complicanze ed anomalie associate”
Atti del Congresso "Gestione multidisciplinare della Spina Bifida: lo stato dell'arte", San
Benedetto del Tronto, 1998.
2° ASSE: MOTRICITÀ
Descrive le componenti della disabilità del bambino con spina bifida, che consegue a più
fattori primitivi o secondari, periferici o centrali, singoli o associati:
 deficit motorio e sensitivo
 malformazioni primitive dell’apparato locomotore
 deformità secondarie dell’apparato locomotore
 paralisi centrale (paralisi cerebrale infantile, riduzione prestazioni intellettive,
disfunzioni percettivo-motorie ecc.).
Deficit motorio
Paralisi motoria flaccida, per la compromissione del 2° motoneurone, che determina:
 deficit di forza muscolare;
 areflessia osteo-tendinea;
 ipotonia ed ipotrofia muscolare.
A seconda della sede della malformazione midollare primaria, si avrà un corrispondente
livello di perdita di forza agli arti inferiori e al tronco.
10
Rispetto alla natura della paralisi possono essere riconosciute due diverse forme
cliniche:

Nella paralisi di I tipo, il quadro è caratterizzato da: paralisi flaccida, areflessia,
atonia, atrofia muscolare e compromissione della sensibilità, al di sotto di un determinato
livello spinale. La compromissione di queste attività, come quella della sensibilità, può
essere parziale o completa (Stark 1972).
Quasi sempre nei primi mesi di vita, dopo la riparazione della malformazione spinale, si
può assistere ad un abbassamento del livello clinico della lesione, con la ripresa
dell’attività di muscoli prima inattivi. Il processo restaurativo, generalmente, non
oltrepassa uno o due livelli, e può considerarsi concluso fra i 12 ed i 36 mesi.

Nella paralisi di II tipo, il quadro è caratterizzato da paralisi spastica, presenza di
un’attività contrattile muscolare sottolesionale, tono e trofismo, ma manca la capacità di
evocare “volontariamente” la contrazione muscolare desiderata, isolandola, regolandola
in intensità e durata, separandola e singolarizzandola dal contesto dell’attività dei muscoli
sinergisti.
Nel bambino piccolo, dal punto di vista diagnostico (lesione) e, soprattutto, prognostico
(recupero), la paralisi di II tipo pone sempre più problemi di quella di I tipo, poiché spesso
compaiono movimenti spontanei dei segmenti leggeri che possono indurre a sospettare
un livello di innervazione più basso.
Deficit sensitivo
E’ indispensabile, ai fini del trattamento, tenere conto dei disturbi della sensibilità. La
lesione midollare primitiva compromette tutti i tipi di sensibilità (tattile, termica, dolorifica,
propriocettiva), proprio perché interferisce con l’integrità delle vie spinali ascendenti.
E’ possibile definire livelli inferiori di assoluta insensibilità, livelli intermedi di sensibilità
parziale, ridotta, incompleta o dissociata, e livelli superiori di sensibilità conservata e
normale. Per la completa definizione del livello sensoriale possono occorrere diversi
anni, essendo possibile un parziale recupero ancora fra i 5 ed i 10 anni di età.
Malformazioni primitive dell’apparato locomotore
La maggior parte delle malformazioni primitive o congenite riguarda gli arti inferiori, che
vengono coinvolti bilateralmente in più articolazioni; raramente le troviamo nel rachide
(con l’eccezione del cifo congenito).
L’elevata frequenza di malformazioni congenite dell’apparato locomotore nella Spina
Bifida consegue a diversi fattori:

al momento della lesione midollare (III-IV settimana gestazionale), non è ancora
avvenuto lo sviluppo degli arti;

l’induzione spinale è indispensabile per la differenziazione del tessuto
mesenchimale in tessuto osseo (osteoblasti) e tessuto muscolare (mioblasti).
Per la crescita degli arti sono necessarie informazioni provenienti dal midollo che, in caso
di lesione, risultano alterate, incomplete o assenti.
Ne conseguono agenesie (agenesie peroneali) e disgenesie (anca mielodisplasica,
emispondili, fusioni vertebrali, vertebre a cuneo, piede torto primitivo scheletrico, tibia
intra/extra torta);

per il completo sviluppo delle ossa, delle articolazioni e per la crescita in
lunghezza dei muscoli è necessario il movimento.
La lesione spinale determina una paralisi di determinati gruppi muscolari, con
conseguente sbilanciamento muscolare. La possibilità di movimento articolare sarà
pertanto limitata in ampiezza e direzione; un muscolo relativamente forte, che lavora
sempre in accorciamento, non avendo la possibilità di essere allungato dal movimento
11
articolare opposto, non può svilupparsi adeguatamente in lunghezza e va incontro a
retrazione.
Causa della deformità non è dunque una posizione viziata, quanto il fatto di non averla
mai potuta alternare ad altre;

l’artrogriposi è una sindrome associata a molte malattie, in genere di tipo
muscolare o nervoso. Le caratteristiche principali sono: la presenza di muscoli atrofici e
retratti, capsule periarticolari ispessite, articolazioni deformate e rigide per abnorme
reazione collagenica.
Deformita’ secondarie
Tra i fattori causali in grado di determinare la comparsa, ed il successivo aggravamento,
delle deformità acquisite o secondarie dell’apparato locomotore, ricordiamo:

lo sbilanciamento dell’attività muscolare, derivante dal fatto che i muscoli
agonisti ed antagonisti agenti sulla stessa articolazione vengono innervati da segmenti
midollari diversi. Quelli indenni, tenderanno ad accorciarsi ed a deformare nel proprio
senso l’articolazione, mentre quelli paralizzati verranno allungati;

le caratteristiche intrinseche del muscolo come la proprietà estenso-elastica
(possibilità di ritorno alla lunghezza iniziale dopo stiramento) e visco-plastica (capacità di
“modellamento” del muscolo);

l’azione del movimento e della postura, della forza di gravità e dei vincoli, sui
segmenti articolari in crescita che presentano uno sbilanciamento muscolare;

le anomalie di crescita dell’osso e le fratture;

le anomalie di sviluppo delle parti molli (artrogriposi);

la persistenza di malformazioni congenite, specie se sostenute da alterazioni
connettivali.
Paralisi centrale
Disturbi associati a carico dell’encefalo sono responsabili di quadri clinici polimorfi tra cui
si possono ritrovare: quadri di paralisi cerebrale infantile (PCI), inadeguatezza intellettiva,
dispractognosie, deficit della memoria e dell’attenzione.
Molte possono essere le cause: malformazioni congenite del SNC, componenti
infiammatorie-degenerative (meningoencefalite), trauma da parto, conseguenze a lungo
termine dell’idrocefalo non compensato e dell’epilessia.
La paralisi centrale riveste un ruolo fondamentale ai fini della prognosi riabilitativa, in
quanto condiziona le abilità potenziali lesione spinale del bambino dettate dal livello della
corrispondenti al livello lesionale.
3° ASSE: COMPLESSITÀ’ (DISTURBI ASSOCIATI)
Descrive le condizioni patologiche associate in grado di influenzare significativamente la
prognosi riabilitativa:
A. Disturbi della funzione visiva, presenti in oltre la metà dei bambini, e della funzione
uditiva.
B. Epilessia e relativo controllo farmacologico.
C. Disturbi neuropsicologici e della vita di relazione: i disturbi cognitivi più
frequentemente osservabili e spesso responsabili di disturbi dell’apprendimento sono
rilevabili in ambito percettivo e practo-gnosico. Accanto ad essi possono essere
presenti disturbi dell’attenzione, della memoria, del ragionamento astratto e delle
12
capacità logiche, per i quali il danno cerebrale precoce può essere spesso chiamato
in causa.
D. Disturbi a carico della sfera uro-genitale e dello sfintere anale, con conseguenti
implicazioni sia organiche sia psico-affettive.
E. Complicanze legate a idrocefalo, malformazione di Arnold-Chiari, midollo ancorato e
stirato (tethered cord).
F. Alterazioni a carico della sfera endocrinologica.
I deficit riconducibili alla Paralisi Centrale non vengono considerati come disturbo
associato, bensì come elemento primitivo nel condizionare il grado di disabilità motoria.
4° ASSE: COMPLICANZE
Descrive le condizioni patologiche che possono manifestarsi durante la vita del soggetto
ed incidere significativamente sulla funzione motoria, influenzabili dalle nostre condotte
educative e terapeutiche che possono manifestarsi durante la vita del soggetto ed
incidere significativamente sulla funzione motoria.






obesità grave
alterazioni a carico del metabolismo osseo
predisposizione alla formazione di ulcere da pressione
predisposizione alle trombosi venose profonde
allergia a lattice, resine, colle, metalli ecc.
complicanze urinarie e problematiche legate alla assunzione di farmaci specifici per
la gestione della vescica neurologica.
5°ASSE: FAMIGLIA
 Condivisione del progetto riabilitativo fra servizio di riabilitazione e famiglia e
affidabilità rispetto alla consegna degli strumenti terapeutici.
 Difficoltà di adattamento dei genitori (negazione e rifiuto, fatalismo a subire,
aggressività
ossessiva,
atteggiamento
rivendicativo,
accusa
agli
altri,
iperinvestimento ed iperprotezione, impotenza per paura di sbagliare, ecc.).
 Presenza in famiglia di altre situazioni problematiche.
 Condizioni di grave disagio familiare o sociale.
 Condizioni di grave deprivazione affettiva (depressione dei genitori, ricorso molto
frequente ai servizi sociali, ecc).
6° ASSE: LA COMUNITA'
 Possibilità di frequenza di una comunità infantile.
 Fruibilità di ambienti ludico-sportivi.
13
 Organizzazione dell’inserimento scolastico con eventuale affiancamento da parte di
un insegnante di sostegno o di un assistente alla persona.
 Verifica accessibilità della struttura ed eventuale superamento delle barriere
architettoniche scolastiche.
 Comportamento del gruppo dei coetanei (accoglienza, accettazione, rifiuto, ecc.).
 Comportamento degli insegnanti (coinvolgimento, delega ad altri, rinuncia, ecc.).
7° ASSE: ANAMNESI RIABILITATIVA
E’ necessario prenderla in attenta considerazione, perché le competenze del bambino sono
notevolmente influenzate dal suo percorso riabilitativo:
 comunicazione della diagnosi e della prognosi (adeguatezza del medico e
preparazione emozionale dei genitori)
 reazione psicologica alla malattia da parte della famiglia (processo di adattamento)
 inizio del trattamento rieducativo
 approccio rieducativo seguito
 frequenza e continuità del trattamento
 reazioni del bambino al trattamento rieducativo
 ortesi ed ausili adottati
 interventi farmacologici
 interventi chirurgici (neurochirurgici, ortopedici, urologici)
 motivazioni dell’eventuale cambiamento del servizio di riabilitazione e peso dato dalla
famiglia e dal bambino al percorso riabilitativo precedente.
8° ASSE: I SERVIZI DI RIABILITAZIONE
 rapporto numerico medici - terapisti
 rapporto numerico terapisti - pazienti (frequenza e durata delle sedute terapeutiche)
 disponibilità di ambienti idonei e di attrezzature adeguate (ausili, sussidi, giocattoli,
ecc.)
 accessibilità e sistemi di trasporto a supporto del servizio di riabilitazione
 metodologia rieducativa adottata e carichi di lavoro
14
 possibilità di formazione continua (ECM) e di perfezionamento professionale mirato
 necessità di organizzazione del lavoro in équipe interdisciplinari
 organizzazione delle consulenze specialistiche in funzione del progetto riabilitativo
per fasce di età
 possibilità di collaborazione con una officina ortopedica qualificata nel settore
 presenza di personale in formazione o in perfezionamento (fisioterapisti, medici
specializzandi, psicologi, educatori, ecc.).
Raccomandazione di grado 3
Bibliografia
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15
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of the hip-knee-ankle-foot orthosis and the reciprocating gait orthosis.” J Pediatr Orthop
2001 Nov-Dec;21(6):798-803.
2.
FASCE DI ETÀ
Il profilo del paziente resta significativo solo per la fascia di età considerata. Ogni volta che si
passa da una fascia di età alla successiva, esso può essere modificato, aggiornato, precisato
meglio, completato o anche totalmente ridisegnato, se la conquista di nuove conoscenze lo
rendesse necessario (ad es. la comparsa di una sindrome da ancoraggio midollare). Per
questo motivo non parliamo di diagnosi, che ovviamente non potrebbe variare di molto
passando da una fascia di età alla successiva e non potrebbe che inquadrare solo a grandi
16
linee il problema, ma di profilo del paziente, termine meno impegnativo in senso formale, ma
fortemente vincolante in senso procedurale.
Sono state individuate le fasce di età 0-2, 3-5, 6-12, 13-18, in modo da permettere una lettura
razionale dell’evoluzione delle principali funzioni secondo quanto descritto nelle singole aree
funzionali (presentate di seguito). La distinzione in fasce di età conferisce infatti un più preciso
valore al profilo del paziente consentendo un suo costante aggiornamento per renderlo
sempre più attuale (diagnosi evolutiva).
Raccomandazione di grado 4
3. AREE FUNZIONALI (AMBITO DI INTERVENTO GIUSTIFICATO)
Sono state individuate le seguenti Aree funzionali:
Area Funzionale Motoria
Area Funzionale Cognitiva ed Affettivo-Relazionale
Area Funzionale Sfinterica e Sessuale.
Ciascuna area implica il coinvolgimento globale di tutti gli assi descritti, seppur con una
valenza variabile per ciascun individuo. Questa complessa interazione caratterizza la
specificità della storia e dello stato funzionale di ciascun soggetto.
Per ciascuna area sono stati identificati gli OBIETTIVI fondamentali da perseguire nella
realizzazione del progetto riabilitativo, identificati in funzione della fascia di età.
La modalità operativa prevede che per ogni fascia di età sia formulato un progetto
riabilitativo che si caratterizza per definiti obiettivi raggiungibili attraverso il
coinvolgimento di COMPETENZE specifiche che sono state diversificate in funzione del
loro ruolo nella gestione del bambino stesso, ovvero:
- Competenze Riabilitative
- Interazioni Programmate con altri Specialisti
- Consulenze al Bisogno.
Il PROGRAMMA RIABILITATIVO prevede tre aree di intervento, rieducativa,
assistenziale ed educazionale; esso viene semplicemente enunciato nelle sue linee
fondamentali, senza distinzione relativamente alle singole competenze degli specialisti.
Mentre il progetto riabilitativo deve essere necessariamente globale e realizzato in modo
tale da garantire la interdisciplinarietà dell’intervento per obiettivi comuni, commisurati
all’età ed alle esigenze dei soggetti e delle loro famiglie, l’intervento rieducativo sarà
tanto più efficace quanto più analitico e vincolato allo scopo.
Per ogni fascia di età sono stati identificati STRUMENTI DIAGNOSTICI E DI
MONITORAGGIO relativi ai diversi aspetti che concorrono a definire la disabilità.
Occorrono delle precisazioni in merito alla definizione degli obiettivi, ovvero le priorità
delle abilità/attività funzionali che il bambino con spina bifida dovrebbe poter conquistare
in quella definita fascia di età (appuntamenti dello sviluppo): le attività/abilità funzionali
non seguono un ordine gerarchico prestabilito (pietre miliari), ma cambiano in relazione
alla fascia di età attraversata dal soggetto; ad esempio, il cammino è un obiettivo
importante entro i due anni, e può esserlo ancora in età un poco più avanzata (3-5 anni),
se il percorso clinico del bambino ha comportato un “giustificato” rallentamento nel
raggiungimento di tale obiettivo.
17
Il mantenimento della stazione eretta e del cammino con ortesi mantiene un ruolo
rilevante per contenere le deformità e le patologie da non carico ma, se nel tempo perde
una valenza funzionale,dovrà lasciare progressivamente il posto all’uso autonomo della
carrozzina manuale o elettronica, ausilio che d’altra parte può essere proposto al
paziente già fra 3 e 5 anni di età, se la prognosi del cammino si rivelasse negativa..
Vedi schede allegate.
Bibliografia
Asher M, Olson J “Factors affecting the ambulatory status of patients with spina bifida cistica”
Jour of Bone and Joint Surg Mar 1983; 65A n°3, 350-356.
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Child Neurol 1990; 32:698-706
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1990.
Findley TW et al “Ambulation in the adolescent with Myelomeningocele I: Early Childhood
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Mazur J, Shurtleff D et al “Orthopaedic management of high level spina bifida: early walking
compared with early use of a wheelchair” J Bone and Joint Surg Jan 1989; 71:56-61.
Redaelli T et al “Recupero neuromotorio e autonomia”
Atti del Convegno “Spina Bifida e Adolescenza”, Milano 1996.
Raccomandazione di grado 4
4. METODOLOGIA OPERATIVA
Affinché l’intervento rieducativo risulti il più efficace possibile, esso deve:
1. essere tempestivo, cioè essere iniziato precocemente (compatibilmente alla
tolleranza del bambino, alla sua capacità di apprendimento ed alla possibilità di una
sua interazione positiva con il terapista);
2. essere gestito da un team interdisciplinare che garantisca almeno le seguenti
competenze: neurologica, fisiatrica, neuropsichiatrica, urologica, pediatrica,
ortopedica, ginecologica, endocrinologica;
3. il team operativo deve comprendere oltre al fisioterapista, il terapista occupazionale,
lo psicologo, l’assistente sociale, l’infermiere professionale;
4. coinvolgere il paziente nella sua globalità ovvero negli aspetti relativi all'area
funzionale motoria, a quella cognitiva ed affettivo-relazionale e sfinterico-sessuale;
5. avere frequenza e durata commisurati al raggiungimento di un preciso obbiettivo
nell'ambito del progetto riabilitativo.
18
Bibiliografia
Conti B, Dovico R “Programmazione dell’intervento riabilitativo”
Atti del Congresso: “Gestione multidisciplinare della spina bifida: lo stato dell’arte”. San
Benedetto del Tronto 1998.
Raccomandazione di grado 3
Il trattamento fisioterapico domiciliare è da ritenersi eccezionale ed esclusivamente
legato a condizioni cliniche particolari e momentanee del bambino, perché contrario al
lavoro di equipe ed al setting terapeutico, oltre che sfavorevole per l’indisponibilità di
ambienti, ausili e sussidi adeguati.
Raccomandazione di grado 4
Per la formulazione del progetto rieducativo relativo ad ogni singola area funzionale va
utilizzata una procedura (metodologia riabilitativa) che preveda i seguenti passaggi:
1. valutazione funzionale (diagnosi di funzione)
2. prognosi di funzione
3. definizione del progetto rieducativo e del programma terapeutico
4. accordo terapeutico (contratto terapeutico)
5. approccio interdisciplinare e lavoro di equipe
6. intervento mirato, adeguato per qualità, quantità e durata.
Raccomandazione di grado 3
Valutazione funzionale del paziente attraverso un’osservazione diretta ed una
osservazione guidata dall’impiego di protocolli costruiti sulle caratteristiche peculiari dello
sviluppo del bambino con spina bifida (diagnosi di funzione). La dichiarazione dei
protocolli utilizzati per la valutazione del paziente e per la formulazione del progetto
rieducativo fa parte dei criteri di accreditamento della struttura riabilitativa.
Raccomandazione di grado 3
Dichiarazione della prognosi di funzione, cioè degli elementi predittivi, positivi e negativi,
relativi all’area funzionale considerata, su cui si fonda il giudizio sulla possibilità di
raggiungere il cambiamento finale atteso, obiettivo del progetto rieducativo. Tali elementi
devono tenere conto della molteplicità delle aree funzionali compromesse e delle loro
interazioni reciproche (“globalità” del progetto riabilitativo a fronte della “specificità” degli
interventi rieducativi praticati da ciascun operatore).
L’ambito del progetto riabilitativo deve essere costituito da attività/abilità concrete e
finalizzate ad obiettivi realistici. Il progetto non può essere perciò stabilito in modo
predeterminato (applicazione di un metodo come ricetta universale precostituita), ma
19
deve essere adattato ai bisogni, ai problemi ed alle risorse di quel bambino e della
famiglia ed essere sottoposto in questa direzione a costante verifica.
Raccomandazione di grado 4
Il programma rieducativo deve basarsi sulla valutazione delle modificazioni intermedie, o
obiettivi a breve e medio termine, per i quali va dichiarato il tempo entro il quale si pensa
di poter raggiungere il cambiamento cercato. La metodologia utilizzata nel processo di
verifica dei progressi compiuti dal bambino, in relazione all’intervento rieducativo
dichiarato, fa parte dei criteri di accreditamento della struttura riabilitativa.
Raccomandazione di grado 4
Dichiarazione degli strumenti terapeutici che si intendono adottare per il conseguimento
degli obiettivi a breve termine (esercizi terapeutici, setting, interazione terapeutica,
sussidi, ortesi, ausili, istruzioni ai familiari, consigli agli educatori, modifiche adattive
dell’ambiente, ecc.) e degli indicatori che si impiegheranno per misurare il risultato
ottenuto. Questi strumenti dovranno essere strettamente inerenti l’ambito dell’area
funzionale considerata ed essere stati validati internazionalmente, o essere stati adottati
da più centri pubblici o privati contemporaneamente, o essere stati pubblicati su riviste
accreditate del settore. La dichiarazione degli strumenti e delle procedure utilizzate per
misurare l’efficacia del trattamento rieducativo fa parte dei criteri di accreditamento della
struttura riabilitativa.
Raccomandazione di grado 4
Poiché gli strumenti utilizzati all’interno di questa procedura sono rappresentati dalla
verifica della acquisizione da parte del paziente delle prestazioni che rappresentano il
conseguimento del cambiamento atteso (cioè della modificazione intermedia e/o finale),
è necessario che l’obiettivo da raggiungere (cioè i diversi livelli di modificazione) sia
descritto in termini di semplicità, osservabilità, comunicabilità, misurabilità (relativamente
alla funzione considerata), cioè venga esplicitato come era il bambino prima del
trattamento, come è diventato dopo e cosa è stato fatto esattamente.
Raccomandazione di grado 4
Per garantire la maggior obiettività possibile, si consiglia di utilizzare come strumento per
la misurazione del cambiamento una videoregistrazione realizzata in modo codificato,
combinata all’impiego di scale di valutazione funzionale e di scale per l’esame
muscolare, articolare, del tono.
Raccomandazione di grado 4
Stipula dell’accordo terapeutico (contratto) con la famiglia ed il bambino stesso (quando
questo sia possibile per età e livello cognitivo raggiunto) sul progetto rieducativo, ovvero
su ciò che ci si impegna ad ottenere (vedi linee guida del Ministero della Sanità per le
20
attività di riabilitazione). In linea di massima si intende che l’accordo terapeutico venga
rinnovato una volta all’anno.
Raccomandazione di grado 4
Per la definizione del progetto riabilitativo è necessario un approccio multidisciplinare che
preveda l’intervento di figure professionali diverse che assieme concorrano alla
realizzazione del progetto stesso (fisiatra, neuropsichiatra infantile, psicologo, terapista,
tecnico ortopedico, ecc.).
Raccomandazione di grado 4
Per la definizione del programma rieducativo, è necessario un rapporto interattivo
positivo e costante tra fisiatra e terapista, nel rispetto delle reciproche competenze e
responsabilità.
Raccomandazione di grado 4
Il gruppo interdisciplinare di riabilitazione deve essere numericamente adeguato rispetto
ai pazienti in carico, disporre del tempo necessario anche per la progettazione e la
verifica degli interventi rieducativi, essere integrato in una rete di servizi di riabilitazione
dell’infanzia a valenza regionale e nazionale, essere partecipe del percorso di
formazione continua in medicina.
Raccomandazione di grado 4
L’accordo terapeutico (contratto) prevede che il progetto riabilitativo non possa essere né
calato dall’alto né tanto meno imposto al bambino e alla sua famiglia, anzi va ricercato il
loro coinvolgimento attivo pur nella doverosa distinzione dei ruoli (presa in carico). La
responsabilità del progetto e del programma rieducativo non può essere infatti attribuita
ai genitori, ma deve essere assunta dal fisiatra. E’ però altrettanto indispensabile che i
genitori siano informati sugli obiettivi terapeutici che si cerca di perseguire (con i loro
limiti temporali) e sui mezzi con i quali si stanno perseguendo, sia per far loro acquisire
una maggiore consapevolezza delle possibilità o dei limiti del recupero, sia per una
maggior comprensione delle ricadute sulla vita quotidiana del lavoro rieducativo in atto.
Non è corretto attribuire ai genitori il ruolo di terapista delegando loro l’intervento
fisioterapico (significherebbe costringerli a farsi carico di responsabilità non proprie), ma
è altrettanto scorretta la completa delega al terapista dell’impegno riabilitativo da parte
dei genitori. E’ invece necessario individuare assieme ai genitori una serie di situazioni in
cui il bambino , nella vita di tutti i giorni, possa svolgere delle esperienze utili e coerenti
con il processo di recupero in atto. Il bambino ha così la possibilità di generalizzare
l’apprendimento realizzato in situazioni specifiche arricchendo la sua esperienza
quotidiana, ed i genitori, osservando il comportamento del figlio con occhio più attento,
possano fornire al riabilitatore dati utili per un intervento terapeutico più corretto. Un
analogo coinvolgimento attivo e collaborativo va cercato anche con le istituzioni
scolastiche.
21
Raccomandazione di grado 4
Per la componente assistenziale ed educativa non conosciamo strumenti che siano
sufficientemente affidabili nel misurare il benessere del bambino e della sua famiglia. E’ perciò
più utile considerare il profilo del paziente e ricavare da questo la percentuale di risorse
sanitarie da destinare ai compiti educativi ed assistenziali. E’ facile infatti dimostrare che
quanto minore è la possibilità di modificare terapeuticamente il quadro clinico per la gravità
della patologia o per la complessità della situazione familiare e sociale, tanto più importanti
diventano gli interventi a carattere educativo ed assistenziale di cui necessita il paziente.
Raccomandazione di grado 4
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