Virologia Medica III parte
Danni provocati dall’infezione virale
Le malattie causate dai virus sono il risultato di danni strutturali e
funzionali che l’agente infettivo provoca direttamente o indirettamente nei
tessuti colpiti.
Effetto citopatico e lisi della cellula infetta
infetta:: la citolisi virus mediata causa
alterazione funzionale del tessuto interessato per perdita di cellule uccise
dal virus. Il danno indotto dipende dalle proprietà rigenerative e funzionali
del tessuto interessato.
Capacità oncogene intrinseche dei virus:
virus: alcuni virus, sia a RNA che a
DNA, inducono lo sviluppo del processo di trasformazione neoplastica
delle cellule infette.
Oltre ai danni diretti causati dalle infezioni virali possono svolgere un
ruolo importante anche gli stessi meccanismi di difesa messi in atto
dall’organismo ospite.
Meccanismi Immunopatogenetici
Immunopatogenetici:: la risposta immune può contribuire alla
patogenesi della malattia virale.
Meccanismi coinvolti nell’immunopatogenesi
I virus possono infatti innescare nell’ospite dei meccanismi coinvolti
nell’immunopatogenesi, che possono però dipendere anche da una
predisposizione genetica dell’ospite:
Danno infiammatorio: Le proteine virali e le proteine cellulari rilasciate
dopo la lisi virus-mediata possono innescare il processo infiammatorio.
Danno da immunocomplessi circolanti: causati dalla deposizione di
immunocomplessi antigene virale/anticorpo specifico, questi sono
depositati solitamente nelle articolazioni e nei glomeruli renali e possono
causare una attivazione della cascata di coagulazione e CID.
Innesco di processi auto-immunitari: l’elevata omologia di sequenza tra
alcune proteine virali con proteine cellulari può stimolare la produzione di
anticorpi e linfociti T sensibilizzati contro antigeni cellulari.
Patogenicità delle infezioni virali
Potenziale Patogeno
Virulenza e Persistenza
La patogenicità di un virus è rappresentata dalla sua capacità di creare lesioni
e di condurre a una malattia rilevabile clinicamente.
E’, pertanto, una caratteristica confrontabile e quantificabile in base alla
sintomatologia clinica e mediante esami di laboratorio;
La patogenicità è una caratteristica che ha una base genetica, consente
occasionalmente la selezione di varianti virali con proprietà biologiche e
patogenetiche differenti, che ne aumentano la virulenza e quindi l’infettività e la
persistenza nell’ospite
un tipico esempio è rappresentato dal virus oncogeno del papilloma umano.
Patogenicità delle infezioni virali
Per virulenza si intende una proprietà specifica di ogni stipite
virale è può essere espressa in termine di:
1) quantità di particelle virali in grado di causare un dato evento,
2) capacità e velocità replicativa del virus.
Una misura della virulenza è la Carica Virale ovvero: la
quantità di virus necessaria per determinare un evento rilevabile,
es. l’effetto citopatico in cellule in coltura.
La patogenicità e la virulenza di un virus hanno basi molecolari,
Grazie alle tecniche di mutagenesi sito-specifica è stato possibile
individuare varianti virali con caratteristiche fenotipiche e
genotipiche differenti, ed altrettanto di individuare varianti con
virulenza attenuata.
Persistenza virale
Una caratteristica fondamentale dei virus è la persistenza, ovvero
la capacità di replicare del virus senza uccidere l’ospite.
Alcune infezioni sono autolimitanti è si risolvono spontaneamente:
dopo la fase acuta il sistema immunitario dell’ospite è in grado di
eliminare il virus.
Tuttavia, alcuni virus possono dar luogo ad infezioni che
persistono molto a lungo anche per tutta la vita dell’ospite, con una
replicazione primaria sia sintomatica che asintomatica.
La persistenza può dare origine ad infezioni latenti o trasformanti.
Tra i meccanismi di persistenza si differenziano quelli:
Specifici dei virus
Meccanismi dell’ospite
utilizzati dai virus
Persistenza virale
Uno dei più importanti meccanismi di persistenza virale è garantito
dalla loro estrema variabilità genetica, tipica dei virus ad RNA.
L’elevata capacità di mutazione dipende dalla mancanza di attività
proof-reading della RNApolRd.
Tali virus sono inoltre in grado di “sopportare” le mutazioni
mantenendo una buona capacità e velocità replicativa.
Per alcuni virus la mutagenicità può essere “infinita”, e consente
al virus di eludere ripetutamente il sistema immunitario.
Tuttavia per altri virus le mutazioni possono avvenire entro certi
limiti altrimenti si potrebbe verificare la clearence (eliminazione) del
virus.
Variabilità dei virus ad RNA
Latenza
Un tipo importante di persistenza è la latenza tipica degli
Herpesvirus.
Dopo l’infezione primaria e l’attivazione di una risposta immunitaria
cellulare e umorale non c’è eliminazione del virus che integra il
proprio genoma pro-virale nel genoma cellulare.
Occasionalmente si può avere una riattivazione del virus in seguito
ad adeguati stimoli.
Nella fase di latenza il genoma pro-virale in forma di episoma è
trascritto solo in parte originando dei trascritti associati alla latenza
LAT- latency associated transcript
Tali trascritti sono complementari agli mRNA precoci e formano con
essi degli ibridi RNA:RNA che non possono essere tradotti.
Il meccanismo LAT è stato uno dei primi meccanismi di RNA
antisenso identificato.
LAT domain
Il genoma di HSV-1 è una molecola di DNA
lineare ed a doppio filamento;
Tuttavia, è composto da due sequenze
uniche, la unique long (UL) e la unique
short (US) regions, fiancheggiate da
regioni ripetute lunghe e brevi, le quali
consentonio la sua circolarizzazione
Il primary latency-associated transcript
(LAT) è localizzato nella IR long ed è di 8.5
kb.
A monte della regione LAT è localizzata la
regione regolatrice, inoltre sono presenti
un introne di 2.0Kb e sono rappresentati i
trascritti dei geni replicativi e litici ICP0,
ICP34.5 e ICP4.
Durante la latenza (spesso per tutta la vita) il genoma virale rimane nel nucleo
cellulare in forma episomica.
Questo può determina notevoli potenzialità trasformanti.
HSV-1 (Herpes simplex di tipo 1) responsabile dell’Herpes labiale persiste in uno
stato di latenza del ganglio del trigemino
Progressione dell’infezione virale
Periodo di Incubazione e Tempo di generazione
Periodo di Incubazione
Periodo di Incubazione di malattie virali rappresentative
Esiti dell’infezione
In base all’esito che avranno le infezioni virali possono essere
distinte in:
Infezioni Inapparenti: è un tipo di infezione rilevabile
esclusivamente con indagini di laboratorio spesso caratteristica di
soggetti definiti portatori sani.
Infezione Abortiva: si verifica quando il virus non è in grado di
completare il suo ciclo replicativo e l’infezione non è produttiva.
Infezione acuta Non Persistente: si verifica quando dopo il
picco viremico l’infezione si autolimita e si estingue con la
guarigione.
La maggior parte delle infezioni virali si estingue con la guarigione
e la scomparsa del virus dall’organismo. Solitamente il virus non è
più rilevabile in campioni biologici se non in caso di reinfezione.
Esiti dell’infezione
Infezione acuta Persistente:
Se il virus riesce a trovare un equilibrio con il suo ospite naturale
l’infezione può diventare Persistente.
In tal caso dopo la fase acuta il virus adatta il suo ciclo replicativo e
la sua patogenicità all’ospite così da evitarne la morte e persistere
per tutta la sua vita con un infezione di tipo:
Cronica
Latente
Lenta
INFEZIONE CRONICA
L’infezione
infezione Cronica è caratterizzata da una continua presenza del
virus che in modo continuativo è prodotto anche dopo la fase acuta.
In genere le particelle virali sono liberate a livelli molto più bassi e per
lungo tempo, rendendo la replicazione virale compatibile con la
sopravvivenza dell’ospite.
Virus che determinano questa tipologia di infezione sono i retrovirus
umani come HIV e i papovavirus (HPV) e i virus dell’Epatite B e C.
Questo tipo di infezioni causano nell’ospite dei danni da accumulo
come Immunodeplezione, autoimmunità, Infiammazione Cronica e
Oncogenesi.
INFEZIONE LATENTE
Nelle infezioni Latenti il virus è rilevabile durante la fase acuta di
replicazione, negli intervalli tra le successive riattivazioni il virus però
non è più rilevabile come particella infettante.
Il virus permane esclusivamente sotto forma di Acido Nucleico
integrato nel genoma cellulare o può localizzarsi nel nucleo in forma
Episomica.
In alcune situazioni il virus può “risvegliarsi” ed iniziare un nuovo
ciclo di replicazione produttiva (Recidiva), che si concluderà a sua
volta con una fase di latenza.
Molti virus che causano patologia nell’essere umano possono
causare infezioni latenti come gli Herpes virus, gli Adenovirus, il virus
dell’Epatite B.
Oggi si ritiene che anche alcuni virus ad RNA come il Virus del
Morbillo possano presentare lunghi periodi di Latenza.
INFEZIONE LENTE
Le infezioni Lente sono caratterizzate da un lunghissimo periodo
di incubazione che può durare anche diversi anni, seguito da una
malattia progressiva.
Sono infezioni che non presentano MAI una fase acuta.
Appartengono a tali tipologie di infezioni quelle da “Agenti Patogeni
non Convenzionali” come i PRIONI.
Tali infezioni causano una progressiva degenerazione spongiforme
del Sistema Nervoso Centrale che porta sempre ad un esito letale.
Malattie causate da virus lenti e non tradizionali
PRIONI
Prione, prion-PRoteinaceus Infective ONly particle, particella infettiva
solamente proteica, è il nome attribuito ad un ipotetico "agente infettivo non
convenzionale" di natura proteica.
Si tratta di un isomero conformazionale di una glicoproteina normalmente
espressa nel SNC (PrPc), la cui funzione ipotizzata implica la trasmissione di
impulsi nervosi e alcuni meccanismi relativi alla memoria a lungo termine.
Non è considerabile come un microrganismo: è privo di acidi nucleici e non
codifica per la proteina a cui è associato.
È considerato omologo ad un virus patogeno sebbene le sue proprietà
biochimiche si discostino dalla classica definizione di virus.
I prioni sono causa di una serie di malattie in una varietà di organismi, tra cui
l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE, nota anche come "malattia della
mucca della pazza") in bovini e la malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) negli
esseri umani.
Tutte le malattie animali da prioni note influenzano la struttura del SNC o di
altri elementi neurali dei tessuti, e tutti sono attualmente incurabili e sempre
letali.
PRIONI
La loro modalità di infezione è data da una particolare catena proteica alfa e beta
ripiegata in maniera scorretta (PrPsc), che induce altre proteine ad assumere la
stessa conformazione anomala.
Queste proteine sono poi in grado a loro volta di “infettare” le proteine adiacenti.
Secondo il modello più accreditato la PrPc diviene pericolosa in seguito a una
mutamentazione conformazionale, indotta da un prione infettante o da una
mutazione genetica spontanea, che la trasforma ed a sua volta agisce su altre PrPc
con una reazione a catena.
In natura la trasmissione dei prioni può essere sia verticale che orizzontale.
Quest'ultima
è
spiegata,
nella
maggior
parte
dei
casi,
con
il
cannibalismo/carnivorismo.
Studi recenti hanno portato alla luce meccanismi secondo i quali questi agenti
infettivi sarebbero trasmissibili per via aerea:
Un minuto di esposizione ad un aerosol con prioni è sufficiente per provocare la
malattia!!
I risultati di questi esperimenti si pensa possano rappresentare un punto di
partenza per la creazione e sperimentazione di nuove metodologie difensive.
Modelli di infezione
Progressione clinica delle infezioni virali
Progressione clinica delle infezioni virali
Fattori dell’ospite che influenzano la patogenesi delle infezioni virali
Ogni virus necessita di recettori sulla superficie della cellula che infetta per
iniziare il suo ciclo replicativo,
replicativo,
Le modifiche di questi recettori determinano la perdita di sensibilità e
l’incapacità del virus di effettuare l’ingresso e l’infezione.
l’infezione.
Il virus HIVHIV-1 utilizza la glicoproteina gp
gp120
120 che lega il recettore CD
CD4
4 ed il
corecettore CCR
CCR5
5,
Il legame tra recettorerecettore-antirecettore attiva la proteina fusogena gp
gp41
41..
Il corecettore CCR5
CCR5 nell’essere umano è codificato da un gene che può
presentare una delezione di 32
32bp,
bp, che non ne altera la funzione biologica
normale, ovvero recettore per le chemochine,
chemochine, ma impedisce il legame con HIVHIV1.
I soggetti omozigoti per questa delezione sono resistenti all’infezione mentre i
portatori della mutazione in eterozigosi posso presentare una progressione
dell’infezione molto più lenta.
lenta.
Rappresentazione dell’entrata di HIV-1
Gp120 lega i due recettori in sequenza CD4 e CCR5
Meccanismi di difesa
E’ noto che l’immunità innata risponde in modo predeterminato a una serie di
fattori riconosciuti come estranei ed avviene in un breve intervallo di tempo
dell’ordine di ore.
La componente adattativa si fonda sul riconoscimento specifico dei fattori
estranei e ciò determina l’instaurarsi di memoria immunologica, che in seguito a
un nuovo contatto con l’antigene consente una risposta immunitaria più rapida
e specifica, l’immunità adattativa si sviluppa nell’organismo nell’arco di giorni.
Meccanismi di difesa aspecifici
I meccanismi di difesa pre-esistenti all’infezione virale rappresentano la
prima linea di difesa che si attiva per prevenire o limitare l’infezione
Meccanismi di difesa aspecifici preesistenti
Meccanismi di difesa aspecifici preesistenti
Meccanismi di difesa aspecifici preesistenti
Meccanismi di difesa aspecifici attivati dall’infezione
Meccanismi di difesa aspecifici attivati dall’infezione
Meccanismi di difesa aspecifici
Toll-like receptor
•Fanno parte dei cosiddetti "recettori che
molecolari" (Pattern Recognition Receptors o
recettori in grado di riconoscere determinate
patogeni e microbi ed implicati nella difesa
particolare, dell'immunità innata.
riconoscono profili
PRR), una classe di
strutture tipiche di
dell'organismo, nel
Toll-like receptor
La dimerizzazione dei Toll-like receptors attiva quindi la cascata di trasduzione
del segnale.
Alcuni di questi recettori in particolare i TRL 2 e 4 sono localizzati sulla
membrana citoplasmatica e riconoscono proteine virali e batteriche;
Altri recettori TRL 9 e 7 ed 8 e 3 sono localizzati nel reticolo vescicolo
endosomale e sono attivati dagli acidi nucleici virali trasportati all’interno delle
vescicole di endocitosi.
Oltre all’attivazione dei TRL sono stati descritti altri meccanismi di
attivazione della risposta innata antivirale.
In alcune cellule sono presenti altri recettori appartenenti alla famiglia dei
pattern recognition receptors-PRR che riconoscono motivi molecolari
conservati definiti PAMP- Pathogen-associated molecular patterns
In alcune cellule sono presenti PRR citoplasmatici stimolati dal meccanismo
di replicazione virale come i: Retinoic acid inducible gene-I, RIG-I-like
receptors
Sono enzimi con attività elicasica che fungono da sensori degli RNA virali
nel citoplasma delle cellule infette e sono ubiquitari
Infine ci sono dei sensori citolasmatici di molecole di DNA virale come il DAI,
DNA-dependent activator of interferon-regulatory factor, che riconosce
regioni ricche in AT nel DNA virale de-metilato, la funzione di questi sensori
non è ancora del tutto chiara
Interferoni
Gli interferoni (IFN) sono una famiglia di proteine prodotte sia da cellule del sistema
immunitario (globuli bianchi) sia da cellule tissutali in risposta alla presenza di agenti
esterni come virus, batteri, parassiti ma anche in presenza di cellule tumorali.
La scoperta di tali molecole è dovuta ad esperimenti di interferenza tra stipiti di
Herpes virus in uova embrionate, e successivamente dalla scoperta che l’interferenza
si verificava anche dopo infezione con virus antigenicamente differenti.
Successivamente due virologi giapponesi nel tentativo di migliorare il vaccino per il
vaiolo, si accorsero che la pelle e i testicoli di coniglio in cui erano stati
preventivamente inoculati delle particelle virali, inattivate mediante radiazione UV,
mostravano una crescita virale minore quando venivano re-infettati nello stesso sito
con virus attivi.
Gli esperimenti permisero di ipotizzare che questa interferenza fosse dovuta a
qualche "fattore inibitore“, tali fattori sono stati caratterizzati mediante frazionamento
con ultracentrifugazione dell'omogeneizzato Tissutale-virale
Questo fattore è stato identificato prima come l’IFN-alfa, -beta e -gamma e
successivamente è stato identificato l’IFN-λ (lambda) di cui ne esistono tre sottotipi
IFN-λ1, 2, 3 oggi noti come IL-29, IL-28A e IL28-B.
Interferoni
Gli interferoni appartengono alla vasta classe di Chemochine e sono
glicoproteine coinvolte nella comunicazione tra cellula e cellula.
La loro funzione specifica è quella di:
inibire la replicazione di virus all'interno delle cellule
infette, anche se non sono molecole virus-specifiche;
impedire la diffusione virale ad altre cellule;
rafforzare l'attività delle cellule preposte alle difese
immunitarie, come i linfociti T e i macrofagi;
inibire la crescita di alcune cellule tumorali.
Gli interferoni si legano alla membrana delle cellule e stimolano la
produzione di enzimi antivirali;
Quando un virus attacca una cellula attivata dall'interferone, non riesce
a moltiplicarsi a causa degli enzimi antivirali, si verifica quindi un
arresto o un'attenuazione dell'infezione.
Esistono due tipi di interferoni, che comprendono tre classi principali:
alfa (α) (Tipo I)
beta (β) (Tipo I)
gamma (γ) (Tipo II)
L‘IFN-α comprende in realtà una famiglia di circa 20 proteine secrete
principalmente dai linfociti B e linfociti T ed è detto per questo
"interferone leucocitario".
L‘IFN-β è un'unica proteina secreta da vari tipi cellulari tra i quali i
fibroblasti, ed è detto anche "interferone fibroblastico".
L‘IFN-γ è secreto dalle cellule-T attivate dall'antigene e dai linfociti NK in
risposta all'IL-12 e all'IL-18.
Induttori di IFN
Le cellule normali, non infettate, non contengono IFN preformati ne
essi sono secreti in maniera costitutiva.
I geni che codificano per l’IFN non sono trascritti in cellule normali.
La trascrizione dei geni per L’IFN avviene soltanto dopo esposizione
delle cellule ad un appropriato induttore.
Gli induttori di IFN-alfa e IFN-beta, incluse le infezioni virali, sono
l’RNA doppia catena, l’LPS e altre componenti batteriche.
Tra i virus quelli a RNA sono i migliori induttori di IFN mentre i virus a
DNA sono poveri induttori di IFN, con l’eccezione dei poxvirus.
Gli induttori di IFN-gamma includono mitogeni e antigeni.
Anche la febbre induce una maggiore produzione di IFN.
Eventi cellulari nell’induzione di IFN
I geni dell’IFN non sono espressi nelle cellule in condizioni normali
perché le cellule producono un repressore proteico labile che si lega
alla regione promotere up-stream del gene e ne inibisce la trascrizione.
La trascrizione dei geni richiede proteine in grado di legare la regione
promotere e iniziare la trascrizione.
Induttori di IFN agiscono sia prevenendo la sintesi delle proteine
repressorie o aumentando i livelli delle proteine attivatorie.
Dopo la scomparsa dell’induttore, il gene dell’IFN è di nuovo
“spento”dal repressore e/o dalla mancanza delle proteine attivatorie.
Quando il gene si “accende”, esso viene trascritto, l’mRNA viene
tradotto e la proteina è secreta dalle cellule.
L’IFN si legherà ai recettori delle cellule circostanti e induce uno stato
antivirale in queste cellule.
Eventi cellulari indotti dall’azione dell’IFN
Il legame dell’IFN ai suoi recettori determina la trascrizione di un
gruppo di geni che codificano per proteine antivirali coinvolte nel
prevenire la replicazione virale in quella cellula.
Di conseguenza la cellula sarà protetta dall’infezione da parte di un
virus fino a che le proteine antivirali non siano degradate, un processo
che richiede diversi giorni.
Lo stato antivirale consiste nella sintesi di due enzimi che
conducono alla inibizione della sintesi proteica.
Una proteina agisce indirettamente sulla sintesi delle
proteine procurando la degradazione degli mRNA, mentre
l’altra interviene direttamente sulla sintesi proteica
inibendo l’allungamento.
Proteine ad attività antivirale attivate dall’IFN
2’5’Oligo A sintetasi:
E’ un enzima che converte l’ATP in oligomeri adenilici (2’5’Oligo A)
contenenti legami 2’-5’fosfodiesteri. Tale enzima è attivato dalla
presenza di RNA doppia catena (dsRNA), e a loro volta, gli oligomeri
adenilici attivano l’enzima RNAse L che porta a degradazione mRNA
virale.
Proteina Chinasi:
E’ attivata dalla presenza di dsRNA. La proteina chinasi attivata a sua
volta fosforila il fattore di allungamento eIF-2, con il conseguente blocco
del complesso di iniziazione della trascrizione dei mRNA. Dall’azione di
questi due enzimi indotti dall’IFN la sintesi proteica viene inibita.
Le cellule infettate muoiono come conseguenza dell’inibizione
della sintesi proteica e l’infezione viene bloccata.
Le cellule non infettate non subiscono gli effetti dell’IFN poiché
l’attivazione dei due enzimi richiede la presenza di dsRNA, che
in condizioni normali non viene prodotto.
Alcuni virus hanno la possibilità di inibire gli effetti antivirali
dell’IFN. Ad esempio gli Adenovirus producono un RNA che
previene l’attivazione delle proteina chinasi da parte di dsRNA.
L’immunità adattativa porta l’eliminazione dei virus ad opera degli anticorpi
neutralizzanti e all’eliminazione delle cellule infettate da parte dei linfociti T
citotossici