Uscire insieme dalla crisi economica Le risposte dell’Unione europea pubblicazione a cura di PATRIZIA TOIA pubblicazione a cura di PATRIZIA TOIA SOMMARIO 1 CAPITOLO I La crisi economico e finanziaria del 2008 2 CAPITOLO II Le risposte dell’unione europea 3 CAPITOLO III Atto europeo per il mercato unico 4 CAPITOLO IV Governance economica e supervisione finanziaria 5 CAPITOLO V Gli sviluppi futuri 6 CAPITOLO VI Problemi aperti Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti & Democratici al Parlamento europeo CAPITOLO I - LA CRISI ECONOMICO E FINANZIARIA DEL 2008 La peggiore crisi economica registrata dagli anni ‘30 ha colpito duramente l’Europa nel 2008. Le motivazioni che hanno dato origine alla crisi vengono individuate in: un moltiplicarsi dei conflitti d'interesse nel settore finanziario; una politica monetaria espansionistica degli Stati Uniti che ha favorito un eccesso di liquidità alla ricerca di rendimenti elevati e lo sviluppo di una domanda interna fondata sul credito al consumo e quindi sull'indebitamento delle famiglie; un atteggiamento speculativo che ha caratterizzato l’andamento dei mercati finanziari e, unitamente ad un sostanziale oligopolio delle agenzie di valutazione dei crediti (rating), ha portato alcuni investitori ad assumere rischi estremamente elevati; una proliferazione di complessi prodotti fuori bilancio (SPV, CDO, CDS, ecc.) e meccanismi di cartolarizzazione derivanti da un sistema bancario parallelo non regolamentato che hanno aumentato i rischi sistemici; l’insufficienza delle strutture in materia di governance economica e finanziaria esistenti allo scoppio della crisi a livello planetario; una mancanza di un'armonizzazione delle imposte sul risparmio e un'adeguata regolamentazione o vigilanza transfrontaliera a livello europeo che accompagnasse libera circolazione dei capitali; l'assenza di un modello più sostenibile di produzione, distribuzione e consumo di fronte ai cambiamenti climatici, alla perdita di biodiversità e all'esaurimento delle risorse naturali. La globalizzazione, infatti, si è sviluppata senza la contemporanea nascita o evoluzione di strutture di governance mondiale che accompagnassero l'integrazione dei mercati, in particolare per quanto concerne gli equilibri o squilibri mondiali e i mercati finanziari. A seguito della crisi l’economia europea ha avuto una contrazione del 4 % nel 2009; la produzione industriale è calata del 15 %; la disoccupazione è cresciuta fino al 10 %, portando il numero di disoccupati nell’UE a 23 milioni. La combinazione tra aumento della spesa pubblica a sostegno dell’economia e riduzione delle entrate fiscali ha messo sotto pressione le finanze pubbliche. Ci vorranno molti anni per riassorbire l’accumulo del debito pubblico, cresciuto del 20 %. Le banche rimangono caute nell’erogare credito, ponendo pertanto molte aziende in difficoltà. La crisi ha anche evidenziato una serie di problemi economici dell’Unione Europea nel lungo termine. I nostri esportatori devono competere con la concorrenza cinese, indiana e di altre economie emergenti, avvantaggiate da costi più bassi. L’invecchiamento della popolazione fa sì che i cittadini europei in età lavorativa debbano mantenere un numero crescente di pensionati. È necessario garantire una fornitura di energia sicura e sostenibile sia per noi che per le generazioni future. Ed è necessario fare di più per aiutare gli imprenditori che intendono avviare una nuova impresa o sviluppare una piccola attività. CAPITOLO II - LE RISPOSTE DELL’UNIONE EUROPEA Una prima risposta immediata Questa grave recessione ha messo gli Stati membri UE di fronte ad una serie di sfide alle quali possono far fronte solamente lavorando in modo sinergico. Nel dicembre 2008, i governi europei hanno da subito trovato un accordo per affrontare la crisi, dando vita al Piano europeo per la ripresa economica (Recovery Plan), dando sostegno alle aree fondamentali dell’economia al fine di creare posti di lavoro e incrementare le entrate dei consumatori destinate agli acquisti di beni e servizi, con un incremento del PIL del 2,7 % nel 2009 e nel 2010. L’UE ha concesso prestiti a tre Stati in cui l’euro non è ancora in vigore al fine di offrire loro un aiuto per superare le sfide sociali ed economiche scatenate dalla crisi: si tratta di Ungheria (fino a 6,5 miliardi di euro), Lettonia (fino a 3,1 miliardi di euro) e Romania (fino a 5 miliardi di euro). Tra l’ottobre 2008 e il maggio 2009, la Banca centrale europea ha tagliato il tasso di interesse principale portandolo dal 3,25 % ad appena l’1 %. L’UE ha anche approvato rapidamente le richieste pervenute dai governi nazionali per aiutare le banche in difficoltà. Questi provvedimenti hanno avuto lo scopo di sbloccare il flusso di credito verso le aziende e i cittadini privati. La Commissione speciale crisi al Parlamento Europeo Il Parlamento Europeo non è rimasto inerte di fronte alla grave crisi economica che si è diffusa in tutto il mondo e ha da subito istituito una Commissione speciale sulla crisi. Dal lavoro della Commissione speciale da cui è scaturita la Relazione intermedia di Pervenche Beres (eurodeputata francese del gruppo S&D) diventata poi Risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010 sulla crisi finanziaria, economica e sociale contenente raccomandazioni sulle misure e le iniziative da adottare. L’analisi realizzata dalla Commissione mette in luce che la crisi - originariamente di natura finanziaria e poi estesasi agli altri settori - che, a partire dagli Stati Uniti, si è propagata in tutti i continenti, ha origini lontane nel tempo ed è stata a lungo ampiamente sottovalutata; per questo motivo i suoi effetti si sono fatti sentire in modo molto consistente e gli organi competenti si sono rivelati inadeguati a fronteggiarla. Punto fondamentale della risoluzione approvata (Relazione intermedia di Pervenche Beres) è la necessità di più Europa per uscire dalla crisi, cioè la volontà dell’Unione Europea di assumere un ruolo forte, la necessità di mettere in campo risposte e politiche europee a problemi globali. Al fine di ottenere ciò, è stato richiesto di: Realizzare un governo economico europeo che coordini in modo stringente le politiche di bilancio, economiche ed occupazionali, anche attraverso la figura di un ministro economico dell´UE con il compito di gestire l'azione interna ed esterna dell'Unione. Promuovere l´emissione di Eurobond per finanziare priorità strategiche, progetti infrastrutturali europei ed investimenti in ricerca e sviluppo sostenibile. Introdurre una tassazione sulle transizioni finanziarie, al fine di ridurre la speculazione finanziaria e raccogliere le risorse per rispondere alla duplice necessità di risanamento finanziario e finanziamento dello stato sociale. In questa senso sono da intendere anche le richieste avanzate per quanto riguarda i piani nazionali di rilancio, per i quali, secondo la Commissione, fino ad oggi c’è stato uno scarso coordinamento, mentre invece ne occorre un potenziamento in direzione della dimensione europea. Così come viene fatta la richiesta di fornire alla Commissione una relazione estremamente precisa sull'efficacia dei pacchetti nazionali di salvataggio delle banche e dei piani nazionali ed europei di rilancio, decisi nell'autunno-inverno 2008-2009 in relazione agli obiettivi a lungo e breve termine dell'Unione, compresa un'analisi approfondita delle conseguenze dei meccanismi riveduti per gli aiuti di Stato adottati per rispondere alla crisi e per quanto riguarda la concorrenza e il mantenimento di condizioni di parità all'interno dell'UE, la riforma finanziaria e la creazione di posti di lavoro. Un controllo più serrato, dunque, quello proposto dalla Commissione Europea, al fine di poter essere in grado di intervenire tempestivamente ed efficacemente ove ve ne fosse necessità. Risoluzione sulla crisi economico-finanziaria: più stato sociale per fronteggiare gli effetti della crisi in campo economico e sociale La situazione finanziaria di molti Stati europei era già piuttosto difficili prima del sopraggiungere della crisi. La crisi ha ulteriormente aggravato la situazione e si è fatta sentire producendo un regresso nel risanamento dei bilanci degli Stati membri dell’Unione. Andando ad osservare gli effetti che la crisi ha prodotto in Europa, infatti, tre sono i punti che risultano maggiormente coinvolti: l'aggravarsi del debito pubblico l’incidenza di ciò sul PIL l’impatto sull’occupazione (tasso di disoccupazione ed erosione delle condizioni di lavoro). Il deficit pubblico nell'Unione europea è passato dal 2,3% del PIL nel 2008 al 7,5% nel 2010, e nella zona euro dal 2% al 6,3% secondo Eurostat, mentre il rapporto fra debito pubblico e PIL è passato dal 61,6% del 2008 al 79,6% del 2010 nell'Unione europea, e dal 69,4% all’84,7% nella zona euro, spazzando via in due anni tutti gli sforzi di risanamento di bilancio compiuti in quasi due decenni da alcuni Stati membri. L'aggravarsi del debito pubblico, dunque, incide in modo consistente sul PIL in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea. La crisi ha avuto poi un inevitabile impatto sull'occupazione in tutta l'Unione Europea (il tasso di disoccupazione è del 10% in media, in alcuni Paesi raggiunge il 20%, arrivando a oltre il 40% nel caso dei giovani) e questo continuerà a causa del ritardo abituale con cui le tendenze economiche si riflettono nel mercato del lavoro. La crisi, infatti, non ha ancora prodotto tutti i suoi effetti ed possibile una ricaduta, come in una doppia recessione, specialmente per quanto riguarda il livello della disoccupazione, andando a colpire innanzitutto le categorie più vulnerabili, compresi i giovani, le donne e le minoranze etniche e i migranti. Gli elevati livelli di disoccupazione comportano non solo costi sociali ma anche elevati costi economici in quanto i disoccupati non possono contribuire molto alla domanda interna e pagano meno tasse e contributi previdenziali. Inoltre ciò aumenta l'onere per i lavoratori, sotto forma di tasse più elevate, e per le generazioni future attraverso un livello di indebitamento più elevato. Tuttavia l’Europa ha evidenziato la necessità di non abbandonare lo Stato Sociale ma, anzi, di rafforzarlo, attraverso una politica di riduzione del debito e un rapido consolidamento delle finanze pubbliche che non vada a scapito dei sistemi di protezione sociale e dei servizi pubblici, in virtù del loro ruolo di stabilizzatori automatici e di ammortizzatori della crisi. Per questo si è deciso di promuovere l'efficienza nella protezione sociale e nei servizi pubblici, migliorandone l'efficienza economica e la qualità. Ecco allora nel dettaglio le peculiarità introdotte dal Parlamento Europeo nel testo approvato: la necessità di introdurre il reddito minimo come strumento comune per contrastare la povertà; la volontà di instaurare un dialogo strutturato con le parti sociali a livello europeo nell'ambito della governance economica ed in particolare su salari e produttività; la richiesta dell'introduzione di un sistema di tassazione d´impresa per le società che preveda una base imponibile comune consolidata (CCCTB); l´inserimento in agenda per la nuova regolamentazione del Single Market Act del rafforzamento dei diritti dei lavoratori, con particolare riferimento a questioni quali il diritto di sciopero ed il distacco dei lavoratori, e del ruolo dei servizi di interesse generale; la centralità dell´istruzione e della formazione continua nella creazione di un mercato del lavoro europeo che punti in maniera decisa sulla qualità e sulla conoscenza. In questa fase l’Europa ritiene di doversi assumere anche piena responsabilità in settori delicati ed importanti, anche selezionando, finanziando e seguendo dei progetti, dotandosi di mezzi e risorse economiche. Nello specifico, il testo approvato propone alla Commissione di assumersi la piena responsabilità del pilotaggio e del finanziamento dei progetti, in settori chiave come: nuovi investimenti in ricerca e sviluppo e nella diffusione delle fonti di energia rinnovabile, nell'efficienza energetica; potenziamento della rete energetica europea attraverso l'interconnessione di reti nazionali e la distribuzione di energia da importanti centri di produzione di energia rinnovabile ai consumatori, nonché l'introduzione di nuove forme di immagazzinamento dell'energia e della corrente continua ad alta tensione (HVDC) europea «super rete»; promozione delle infrastrutture nell’Unione Europea basate nello spazio nel settore della radionavigazione e dell'osservazione terrestre; sviluppo di un servizio ferroviario pubblico ad alta velocità che colleghi l'Unione da Est a Ovest e da Nord a Sud, unitamente a piani volti ad agevolare gli investimenti nelle sue infrastrutture e nelle infrastrutture critiche di proprietà pubblica; fornitura di un accesso veloce ad Internet in tutta l'Unione Europa, esecuzione rapida dell'agenda digitale dell'UE e fornitura a tutti i cittadini di un accesso affidabile e libero; potenziamento del ruolo guida dell'UE nel settore della sanità elettronica; completamento dello sviluppo della mobilità elettrica e definizione di standard comuni ad essa applicabili. L’Euro L’Unione Europea conferma il suo impegno a favore dell'euro; riconosce la funzione e l'importanza di una valuta comune in termini strategici e ne sottolinea il ruolo di pilastro della stabilità dell'economia europea. L'obiettivo prioritario della politica monetaria della BCE è il mantenimento della stabilità dei prezzi e può essere conseguito con efficacia solo se si affrontano alla radice le cause dell'inflazione, per questo è essenziale che gli Stati membri dell'area euro e quelli con uno status speciale rispettino rigorosamente gli obblighi assunti. Ad oggi, infatti, è necessario che molti Paesi rimettano ordine nei propri bilanci e riducano in modo significativo i propri livelli di disavanzo e debito. L'Unione monetaria richiede, poi, un forte coordinamento delle politiche economiche per riprendersi dalla recessione economica e il patto di stabilità e crescita è identificato come l'unico strumento regolamentare esistente che può fornire un quadro normativo fondamentale alle politiche macroeconomiche e alle finanze pubbliche nell'UE. Il patto di stabilità e crescita, infatti, è uno strumento importante per far pressione sulla sostenibilità delle finanze pubbliche. Attualmente è necessario un meccanismo più efficace di incentivazione e sanziona mento da applicare all'attuazione del patto di stabilità e crescita che contribuirebbe a prevenire un peggioramento dell'attuale crisi e a garantire la prevenzione di una nuova crisi in futuro. In questo senso, occorre una maggior vigilanza nella verifica dei dati trasmessi alla Commissione dagli Stati membri. Il patto di stabilità e di crescita, infatti, non si è dimostrato sufficientemente efficace nel coordinare le politiche fiscali per il fatto di essere fondato sulle politiche dei singoli Paesi. Gli Stati membri, tuttavia, oltre ad applicare le norme esistenti, dovrebbero adottare politiche interne volte a incoraggiare la crescita, l'innovazione, la competitività e l'obiettivo qualitativo per cui il deficit pubblico non deve superare determinati parametri. Questi ultimi mesi hanno visto una serie di eccezioni temporanee all'applicazione delle norme europee sugli aiuti di Stato, grazie alle quali gli Stati membri hanno avuto l'opportunità di limitare l'impatto della crisi, ma occorre tornare gradualmente al normale regime di aiuti di Stato, assicurando così parità di condizioni in Europa. Per tutte queste importanti riforme strutturali da attuare, tuttavia, è necessario un forte sostegno da parte dell'Unione Europea e anche un allargamento dell'area euro e dell'ERM II a nuovi Stati che abbiano soddisfatto i criteri di Maastricht. Politica di bilancio La Relazione Beres mette in luce la necessità di una strategia di bilancio comune al fine di ripristinare e salvaguardare l'UE in quanto zona di crescita economica a lungo termine. Una buona politica di bilancio prevede anche che la spesa pubblica - combinata con un rafforzamento del potenziale imprenditoriale e di innovazione del settore privato - sia ben utilizzata con un occhio al futuro (in materia di istruzione, formazione, infrastrutture, ricerca, ambiente ecc.), in modo da avere un effetto stabilizzante sull'economia sostenendo una crescita forte e sostenuta nel tempo. Una buona politica richiede che sia realizzato un più forte legame tra il patto di stabilità e crescita, gli strumenti macroeconomici e i programmi di riforma nel quadro di Europa 2020. A tal fine occorre che: Le politiche economiche degli Stati membri siano coordinate verso una prospettiva comune. I bilanci degli Stati membri e quello dell’Unione Europea abbiano maggior complementarietà. La moneta comune può funzionare se gli Stati membri coordinano le loro politiche di bilancio mettendo a reciproca disposizione i propri libri contabili e, a tal proposito, occorre una stretta collaborazione tra i parlamenti nazionali. Il bilancio dell’Unione Europea deve essere uno strumento per mettere in comune delle risorse. L'Unione e gli Stati membri si adoperino per introdurre principi di fiscalità che smettano di favorire l'indebitamento nei settori pubblico e privato e le remunerazioni a breve termine nel settore privato e che potrebbero eventualmente comportare meccanismi di bonus-malus in funzione dei criteri relativi ad un lavoro dignitoso e all'ambiente. L’uscita dalla crisi finanziaria, economica e sociale richiederà un processo a lungo termine che deve essere ben concepito e garantire uno sviluppo equilibrato e sostenibile, incentrato sulla possibilità di compromessi tra crescita, equità e stabilità finanziaria. Il trattato di Lisbona mette a disposizione tutti gli strumenti necessari in questa fase per dar vita a una effettiva governance economica dell'Unione, nonché per garantire un miglior controllo dello stato delle finanze pubbliche degli Stati membri. Mercato interno Il mercato interno richiede il sostegno di tutti in quanto pietra angolare del progetto europeo e fondamento della creazione di ricchezza sostenibile nell'Unione Europea, nonché motore di crescita dell’Europa, per questo deve essere valorizzato, liberando il potenziale per le imprese (attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro e gli investimenti nelle nuove tecnologie) e accompagnando il tutto con adeguate misure legislative. Tra queste, di grande importanza risulta essere l’«atto sul mercato unico», il quale deve comprendere un'agenda ambiziosa in materia di protezione sociale e dei consumatori tramite l'inserimento di: una clausola sociale in tutta la legislazione attinente al mercato interno; una legislazione relativa ai servizi di interesse economico generale; un programma legislativo per rafforzare i diritti dei lavoratori; un pacchetto legislativo di ampio aggio per la protezione dei consumatori tale da incidere nella vita quotidiana dei cittadini e un migliore coordinamento fiscale tramite l'armonizzazione della base imponibile dell'imposta sulle società e le aliquote dell'IVA. Alla base di questo, c’è la necessità che l'Europa torni ad essere una meta interessante per gli investimenti e la produzione e quindi diventi il termine di paragone a livello mondiale per l'innovazione e la crescita e gli istituti di credito, pubblici e privati. Al fine di favorire tutto ciò, è indispensabile che l’Unione Europea riesca ad imprimere un maggior coordinamento nelle iniziative dei singoli Stati (agendo contro il risorgere di protezionismi nazionalistici che finiscono per favorire la frammentazione), fino ad arrivare ad esprimersi con un’unica voce autorevole e attuando azioni comuni. Tutto questo è possibile armonizzando le normative istituzionali, creando maggior solidarietà all’interno dell’Unione Europea. CAPITOLO III - ATTO EUROPEO PER IL MERCATO UNICO Il mercato unico dell'Unione europea è la pietra miliare di oltre sessant'anni di integrazione europea e le conquiste già raggiunte non sono poche: sono stati abbattuti gli ostacoli che in passato impedivano la libera circolazione delle merci e attualmente le imprese beneficiano di un mercato di 500 milioni di consumatori, chi si reca all'estero beneficia di tariffe dei GSM drasticamente ridotte, grazie all’euro fare shopping e viaggiare all'estero è diventato facile e i lavoratori hanno più diritti. Tuttavia le sfide da affrontare sono ancora molte. La Commissione europea, attraverso il European Single Market Act ha presentato 50 proposte concrete da attuare entro il 2012 per far funzionare meglio il mercato unico. Lo scopo è promuovere la crescita, la competitività e il progresso sociale e facilitare la vita di tutti i partecipanti al mercato: imprese, consumatori e lavoratori. Per quanto riguarda i cittadini europei nell’atto vengono presentate 25 misure concrete, che la Commissione intende adottare nei prossimi tre anni per agevolare la vita dei cittadini quando viaggiano, studiano, lavorano, si sposano, comprano una casa o un'auto in un altro paese dell'UE. Ad esempio: Turisti/residenti all'estero: verranno aggiornate le regole che tutelano i turisti ad esempio dalla bancarotta del loro operatore turistico o compagnia aerea, si propongono ulteriori modi per rafforzare i diritti dei passeggeri quale che sia il mezzo di trasporto utilizzato e far rispettare i diritti dei passeggeri aerei (ad esempio in caso di lunghi ritardi e cancellazioni), verrà potenziato il diritto alla protezione consolare per i cittadini dell'UE il cui Stato membro di origine non è rappresentato in paesi terzi, rafforzando il quadro giuridico e la sensibilizzazione dei cittadini e dei funzionari consolari. Consumatori: i consumatori potranno ottenere più facilmente risarcimenti se hanno problemi con un commerciante agevolando la risoluzione extragiudiziale, rapida ed economica, delle controversie oltre confine tramite la promozione di sistemi di risoluzione alternativi e della mediazione. Coppie: verrà proposto un atto normativo che consentirà alle coppie internazionali di sapere più agevolmente quali sono i tribunali competenti e la legge di quale paese si applica per la casa di proprietà comune o i conti comuni. Lavoratori: la Commissione sta preparando un nuovo sistema di scambio elettronico di informazioni tra le amministrazioni nazionali che consenta alle persone che lavorano in un altro paese dell'UE di trasferire i propri diritti di sicurezza sociale in modo più semplice e rapido. Proprietari di auto: verrà proposto un atto normativo che semplifichi le formalità burocratiche per l'immatricolazione delle auto acquistate in un altro paese dell'UE e risolva i casi in cui i cittadini sono tenuti a pagare due volte la tassa di immatricolazione. Per quanto riguarda invece le imprese, che attualmente in Europa sono 20 milioni e forniscono 175 milioni di posti di lavoro e il cui contributo è fondamentale per il ripristino della crescita, il Single Market Act intende innanzitutto semplificare la vita delle PMI, che rappresentano oltre il 99% delle imprese europee. Senza trascurare però un buon sistema sociale, un'istruzione di qualità, posti di lavoro e salari competitivi, che sono altrettanto importanti. Uno degli obiettivi è anche rafforzare ulteriormente l'economia sociale di mercato europea e porre al centro del mercato unico le persone (consumatori, contribuenti, lavoratori, investitori, imprenditori, pazienti o pensionati). Le priorità fondamentali sono: per le PMI: migliorare l'accesso ai finanziamenti, ridurre i costi semplificando le norme contabili e migliorare l'accesso agli appalti pubblici. La Commissione esaminerà l'introduzione di una base imponibile comune per le imprese operanti a livello transfrontaliero, che dovrebbe consentire ulteriori tagli di costi. Per le imprese: l'Europa ha un enorme potenziale per lo sviluppo dell'imprenditoria sociale. Negli ultimi anni vi sono state molte iniziative da parte di individui, fondazioni e società intese a migliorare l'accesso a prodotti alimentari, alloggi, sanità, lavoro e servizi bancari per i bisognosi. Per promuovere azioni transfrontaliere, la Commissione proporrà uno statuto europeo per tali organizzazioni ai fini della promozione dell'economia sociale. La Commissione incoraggerà gli investimenti a lungo termine, compresi quelli etici, valutando le opzioni per un possibile regime specifico di etichettatura. Per i consumatori: il commercio online è ormai sempre più diffuso, ma ha seri problemi di funzionalità. Perciò la Commissione nel 2011 proporrà regole volte a garantire che i creatori e gli artisti possano vendere le loro opere in tutta Europa tramite uno sportello unico per l'autorizzazione che consenta loro di ottenere la giusta ricompensa per il loro lavoro. Anche la piena attuazione della direttiva servizi e regole aggiornate per il commercio elettronico saranno determinanti. Per i lavoratori: oggi 4 600 professioni sono oggetto di una regolamentazione diversa negli Stati membri. I tempi sono maturi per una revisione completa della direttiva sulle qualifiche professionali. La Commissione proporrà l'introduzione della tessera professionale ridurrebbe le formalità burocratiche ancora da espletare. Ovviamente tutte queste misure saranno poi discusse in Parlamento europeo e richiederanno poi una attuazione tempestiva e corretta da parte degli stati membri. Chiunque è interessato è aperta una consultazione pubblica fino al 28 febbraio. Politica di coesione L’impatto che ha avuto la crisi sugli Stati dell’Unione Europea è strettamente connesso alle singole realtà locali in cui versano i vari Paesi e alle rispettive misure anti-crisi messe in atto; conseguentemente è corretto utilizzare politiche differenziate in grado di affrontare i problemi specifici di ciascun luogo. Tuttavia è anche necessario avviare una governance multilivello (che coinvolga Peasi, Regioni e città, in un approccio integrato basato sulle specificità dei territori) in grado di offrire più ampio spazio alle politiche, consentendo di promuovere con maggiore efficacia la ripresa economica nell'UE. La politica di coesione regionale, economica e sociale è da considerarsi uno dei pilastri della politica economica dell'Unione, in quanto elemento della strategia a lungo termine dell'UE in materia di investimenti. Inoltre, la politica di coesione è diventata un elemento essenziale del piano europeo di ripresa economica in quanto politica pubblica che può essere orientata contro la crisi e si fa carico a breve termine degli stimoli alla domanda investendo contestualmente nella crescita e nella competitività a lungo termine. La politica di coesione nel collegare la ripresa alla crescita a lungo termine ha tre caratteristiche di base: delinea orientamenti strategici come premessa per il trasferimento delle risorse e vincolanti per gli Stati membri e le regioni; lascia agli Stati membri e alle regioni lo spazio per poter calibrare gli interventi alle specificità locali; è in grado di monitorare e sostenere gli obiettivi da conseguire. Regime fiscale La Relazione Beres riconosce che per sviluppare ulteriormente il mercato interno dell'Unione è necessario adottare un approccio coordinato sia a livello nazionale che a livello UE per valorizzare le migliori prassi nella lotta alla frode e all'evasione fiscale, definendo al contempo incentivi adeguati che inducano i contribuenti a versare le imposte dovute e le autorità tributarie degli Stati membri ad adottare misure preventive efficaci contro qualsiasi illecito fiscale. La sostenibilità della finanza pubblica è strettamente legata a: Una spesa pubblica responsabile Una tassazione adeguata ed equa Una lotta all’evasione fiscale Misure di aiuto per l’equilibrio dei conti degli Stati e incentivi per gli investimenti pubblici Diminuzione degli oneri sul lavoro. Governance globale Alla riforma della Governance globale si contribuisce rafforzando le istituzioni internazionali e avviando un maggior coordinamento tra essi. Il tutto è da giocarsi sia sul fronte politico che su quello economico. Sul fronte politico, le sfide globali dell'Unione Europea riguardano la capacità di far corrispondere la sua forza economica con la sua autorevolezza a livello mondiale parlando con un'unica voce, per questo uno dei progetti centrali della politica estera dell'UE deve essere il contributo alla riforma dell'ONU e delle istituzioni legate all'ONU, trasformandole in istituzioni globali con reali poteri politici moltiplicatori in merito a questioni di rilevanza internazionale come il cambiamento climatico, la vigilanza e la regolamentazione finanziaria, la riduzione della povertà e gli obiettivi di sviluppo del millennio. Passando al versante economico, fino ad oggi sono state molte le debolezze e i problemi causati dalla mancanza di poteri giuridicamente vincolanti e di connessione tra gli istituti finanziari ed economici globali; la Commissione accoglie pertanto con favore le iniziative volte a migliorare, mediante riforme, l'efficacia, la portata globale e la responsabilità del FMI e di altre istituzioni delle Nazioni Unite, al fine di dotarle del mandato di operare quali piattaforme per iniziative di coordinamento globale del settore economico e finanziario nonché, se del caso, dei poteri per fissare norme giuridicamente vincolanti nella forma di convenzioni internazionali. Da non trascurare, inoltre, che si condanna fermamente il ruolo svolto dai paradisi fiscali che incitano a praticare l'evasione fiscale, la frode fiscale e la fuga di capitali nonché a trarne profitto e si invitano quindi insistentemente gli Stati membri a rendere una loro priorità la lotta contro i paradisi fiscali, la frode fiscale e la fuga illecita di capitali. La Commissione, ha espresso poi parere anche sul piano dello Sviluppo: sebbene alcuni dei Paesi emergenti sembrano essere stati risparmiati dagli effetti più gravi della crisi, il 40% dei Paesi in via di sviluppo è stato ciò nondimeno fortemente esposto all'impatto della crisi finanziaria e, secondo le stime, 90 milioni di persone precipiteranno di conseguenza in una condizione di povertà. La Relazione Beres, per questo, ha chiesto di riconfermare la promessa dello 0,7% del RNL degli Stati membri a favore dell'aiuto allo sviluppo, e che siano esaminate ulteriori fonti di finanziamento innovative per colmare il deficit di finanziamento causato dalla contrazione delle economie. Inoltre si chiede alle imprese europee, in particolare alle multinazionali, di garantire la responsabilità sociale delle rispettive imprese subappaltanti nelle catene di produzione. Strategia UE 2020 La Relazione Beres chiede che la strategia UE 2020 persegua un concetto politico di ampio respiro riguardo al futuro dell'UE in quanto Unione competitiva, sociale e sostenibile, che pone le persone e la tutela dell'ambiente al centro della formulazione delle politiche. Nello specifico, gli obiettivi da raggiungere dall’Europa nel 2020 richiedono una strategia di sviluppo omogenea che combini politiche economiche, sociali e ambientali: La tutela ambientale deve essere messa al centro delle politiche Occorre un maggior coordinamento delle politiche macroeconomiche, incentrate su uno sviluppo inclusivo e sostenibile Devono essere messe in campo strategie per accelerare la crescita economica sostenibile e migliorare la competitività. La strategia da mettere in campo per i traguardi del 2020 deve agire su più fronti: istruzione, internet, povertà. Da sottolineare come venga messa al centro della strategia economica l’istruzione, con l'obiettivo di migliorare la qualità globale di tutti i livelli di istruzione e formazione nell'Unione europea, combinando l'eccellenza e l'equità e riformando il sistema educativo tradizionale. L'educazione deve costituire un bene comune, con investimenti in tutti gli aspetti del sistema educativo, nella qualità dell'istruzione e nel numero di persone che hanno accesso all'insegnamento superiore; deve essere creato un sistema permanente inclusivo di apprendimento lungo tutto il corso della vita su scala europea, che includa la generalizzazione dei programmi Erasmus e Leonardo per la mobilità nell'apprendimento e nella formazione. La formazione, inoltre, è di grande aiuto nella lotta contro la disoccupazione giovanile e la promozione di una reale corrispondenza tra competenze e domanda di mercato, per questo occorre sviluppare i partenariati pubblico -privato nel settore dell'istruzione e agevolare la mobilità transfrontaliera per studenti e ricercatori nel quadro di scambi e tirocini che contribuiscano a rafforzare l'attrattività internazionale degli istituti europei di istruzione superiore. Tra gli obiettivi su cui la strategia UE 2020 proposta dalla Commissione dovrebbe concentrarsi c’è inoltre l'impegno per rendere il mercato interno meno burocratico, riducendo gli oneri amministrativi gravanti sulle imprese del 25% entro il 2012 ed essere più orientata all'efficienza, utilizzando Internet come spina dorsale di un «mercato elettronico» a livello UE che generi nuovi servizi e posti di lavoro. La Relazione Beres insiste che la strategia UE 2020 dovrebbe includere l'obiettivo di dimezzare la povertà nell'Unione Europea e sottolinea che la maggioranza degli europei che attualmente vivono in stato di povertà, o a rischio di povertà, è costituita da donne, in particolare anziane, migranti, madri single e donne impegnate nell'assistenza dei familiari; osserva inoltre che dovrebbe essere introdotto un approccio che consideri tutto l'arco della vita, in quanto la povertà dei genitori ha un impatto diretto sulla vita, lo sviluppo e il futuro dei figli. A tal fine è necessario definire un'ambiziosa strategia a lungo termine contro la povertà, allo scopo di ridurre le diseguaglianze e l'esclusione sociale, con obiettivi di vasta portata in termini di riduzione della povertà e della povertà dei lavoratori. Proposte in questo senso riguardano: una politica quadro dell'UE per programmi relativi a un reddito minimo, nel rispetto della sussidiarietà, delle diverse prassi, della contrattazione collettiva e della legislazione nazionale degli Stati membri, secondo norme europee che tengano conto del tenore di vita di ogni Stato membro; la creazione di un assegno per i figli. Innovazione La tabella di marcia dell'innovazione della Commissione mostra che l'Europa è ancora molto indietro rispetto al Giappone e agli Stati Uniti, per questo sono necessari maggior impegno e più finanziamenti per la ricerca, oltre a mettere in campo un maggiore impegno per promuovere i nuovi settori di occupazione e attirare gli investimenti privati. Una strategia europea di successo deve basarsi su accorte politiche fiscali tali da promuovere l'innovazione, l'istruzione e l'occupabilità della manodopera, unico modo per incrementare la produttività, l'occupazione e la crescita nel rispetto della sostenibilità. Con particolare interesse è guadata anche l’economia verde, possibile occasione di lavoro per molte persone e di qui la necessità di sostenere la formazione professionale per il settore. In particolare, il tutto deve essere volto a: Promuovere l’occupazione Promuovere gli investimenti Promuovere l’efficienza energetica Migliorare la sicurezza energetica dell'UE, sviluppando le fonti di energia rinnovabili e il settore dei trasporti. Occupazione e PMI Una delle grandi sfide dell'Unione europea è quella di salvaguardare la propria competitività, rafforzando la propria crescita e di combattendo l'elevata disoccupazione. Per questo motivo è essenziale concentrarsi maggiormente sul buon funzionamento dei mercati del lavoro e sulle condizioni sociali per migliorare i risultati in materia di occupazione e occorre una nuova agenda per promuovere il lavoro dignitoso, garantire i diritti dei lavoratori in tutta l'Europa. L'occupazione è uno dei motori determinanti dell'economia, in quanto contribuisce al potere d'acquisto, per questo l'Unione Europea deve perseguire l'obiettivo della piena occupazione di qualità e che il funzionamento duraturo del mercato interno è condizionato da un mercato del lavoro dignitoso e favorevole all'innovazione. La nuova strategia deve porre maggiormente l'accento su: lavoro dignitoso, compresa la lotta al lavoro sommerso, e assicurare che le persone attualmente escluse dal mercato del lavoro possano accedervi; incoraggiare i mercati del lavoro che migliorano gli incentivi e le condizioni delle persone sul luogo di lavoro, aumentando al contempo gli incentivi per i datori di lavoro che assumono o mantengono personale; concentrarsi sul problema della sempre minor competitività dell'Europa sulla scena mondiale. È importante guardare oltre la crisi e studiare soluzioni europee atte a consentire la migrazione delle conoscenze e a prevenire la «fuga dei cervelli» europei; misure di lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, unitamente a un mercato interno che funzioni efficacemente per i lavoratori all'interno dell'UE, per evitare che la crisi scavi ancora maggiori ineguaglianze; conseguire entro il 2020 un tasso di occupazione maschile e femminile del 75%, riducendo la segmentazione del mercato del lavoro e intensificando gli sforzi volti a facilitare l'equilibrio tra attività professionale, responsabilità di assistenza e vita familiare; concentrarsi sull'offerta di un impiego ai giovani, che a sua volta necessita una maggiore fornitura di programmi che tengano conto delle questioni di genere, miranti a dotare i giovani delle competenze necessarie nell'economia reale; creare mercati del lavoro inclusivi e competitivi, che forniscano una maggiore flessibilità per i datori di lavoro, garantendo al contempo sussidi di disoccupazione affiancati da un sostegno attivo ai fini al reinserimento professionale in caso di perdita del posto di lavoro; qualità dell'istruzione o nel numero di persone che hanno accesso all'insegnamento superiore e la creazione di un sistema permanente e inclusivo di orientamenti di apprendimento lungo tutto il corso della vita su scala europea, che includa la generalizzazione dei programmi dell'UE Erasmus e Leonardo per la mobilità nell'apprendimento e la formazione; Sempre legato all’ambito occupazionale, c’è da prendere in considerazione anche l’importante ruolo svolto dalle Piccole e Medie Imprese, viste come possibili fonti di nuovi posti di lavoro. Le PMI e gli imprenditori svolgono un ruolo significativo in tutte le economie, sono i principali fattori che generano occupazione e reddito e sono all'avanguardia nell'innovazione, per questo sono essenziali per lo sviluppo futuro, la crescita e il benessere nell'UE: la competitività dell'UE a livello mondiale può essere rafforzata accordando priorità alle PMI. In questo senso, occorre mettere in atto dei cambiamenti strutturali che renderanno le nostre PMI più competitive e capaci di affrontare le ulteriori pressioni cui saranno sottoposte da parte del contesto globalizzato e dalla capacità dei nostri concorrenti di accedere a mercati sempre più innovativi e, in tal modo, potenzialmente garantendo posti di lavoro per molti tra i membri più vulnerabili della forza lavoro e le loro famiglie. Tra le misure che vanno in questa direzione è necessario migliorare l'accesso al capitale, puntando alla diversificazione delle fonti di finanziamento: Il mercato interno dell'UE contribuisce a creare un contesto imprenditoriale fertile all'interno dell'Unione, offrendo al tempo stesso vantaggi ai consumatori. È necessario sostenere le PMI affinché possano essere attive su tutto il mercato interno ed è opportuno istituire piattaforme transeuropee che garantiscano alle PMI un accesso ampliato alle informazioni utili per cogliere nuove possibilità commerciali. Facilitare l'accesso al credito da parte delle PMI, in particolare sostenendo i sistemi di cauzioni e la creazione di nuovi prodotti normalizzati, che consentirebbero di raggruppare i prestiti o i fondi propri per queste imprese; esorta l'Unione a creare un Fondo di garanzia dell'UE per le PMI. Esorta gli Stati membri dell'UE a impegnarsi al fine di coordinare la tassazione relativa alle PMI; ritiene che per promuovere la ripresa dell'UE sia necessario il completamento del mercato interno al fine di garantire finanziamenti transfrontalieri e opportunità commerciali per le PMI. Dato il legame organico tra l'industria e l'innovazione, e di conseguenza l'istruzione, è fortemente auspicabile; i soggetti innovatori, incluse le PMI, che siano in cima alla lista degli investimenti a livello europeo e nazionale. La Relazione Beres propone, inoltre, che la Commissione metta a punto un progetto «One SME – One Job», creando un nuovo strumento finanziario a livello dell'UE che consenta di promuovere le attività delle PMI nell'Unione e raccomanda la creazione di uno sportello unico per le PMI. Le conclusioni La Relazione Beres conclude che c'è bisogno di più Europa e vi sia urgente necessità di una leadership politica e intellettuale per rilanciare il progetto europeo. La Commissione deve fare pienamente ricorso ai suoi diritti di iniziativa nei settori di competenze condivise, in particolare nel campo delle politiche energetiche, affinché l'UE sia rafforzata dinanzi alle sfide del futuro. Il progetto del mercato interno ecologicamente e socialmente sostenibile è alla base dell'Unione e deve essere completato; così come vanno rafforzati i meccanismi di governance economica all'interno dell'Unione, in particolare ai fini di una migliore responsabilità, gestione delle crisi e un migliore coordinamento della politica economica e occupazionale. Altre riforme finanziarie e di vigilanza devono proseguire con rapidità, affrontando non solo le carenze emerse durante la crisi, ma anche la necessità di delineare un sistema finanziario che sostenga l'economia reale, conduca alla stabilità finanziaria e generi una crescita economica, investimenti a lungo termine, creazione di posti di lavoro, coesione sociale e lotta contro la povertà. Per questo è necessario rielaborare i sistemi fiscali in modo equo, per scoraggiare la formazione di divari eccessivi e promuovere la giustizia sociale, lo spirito imprenditoriale e l'innovazione; si chiede che siano rivitalizzati l'economia di mercato sociale sostenibile e i valori che essa implica. CAPITOLO IV - GOVERNANCE ECONOMICA E SUPERVISIONE FINANZIARIA Un importante aspetto di cui l’Europa si sta occupando è quello della governance economica e della supervisione finanziaria. La crisi economica, infatti, è partita proprio dal settore della finanza e ha evidenziato i limiti di un sistema di autoregolamentazione e di un'eccessiva fiducia nella capacità dei partecipanti ai mercati del settore finanziario o delle agenzie di rating di valutare e gestire sempre correttamente i rischi e l'azzardo morale. Maggiori controlli vengono dunque richiesti per evitare il ripetersi di tutto ciò in futuro ma anche una nuova legislazione per il settore dato che l'attuale normativa internazionale in materia di gestione delle crisi nel settore finanziario si è rivelata insufficiente. Per ripristinare la fiducia nel sistema è necessaria la trasparenza dei rendiconti finanziari, sia delle imprese sia degli Stati membri dell’Unione; di qui la necessità della Commissione di indagare sul ricorso a operazioni fuori bilancio, a impegni senza copertura e al proliferare di SPV e SPE e a valutare la possibilità di limitare tale ricorso o di introdurre l'obbligo di dichiarazioni da allegare ai rendiconti pubblicati. Trasparenza, vigilanza e regolamentazione, quindi, da applicare a qualsiasi fondo d'investimento, compresi i fondi speculativi (hedge funds). Il pacchetto sulla supervisione finanziaria Il sistema di supervisione finanziaria attualmente in vigore si è rivelato debole e aveva palesato numerose lacune in seguito al forte stress causato dalla crisi finanziaria nonché economica, partita dagli Stati Uniti dal 2008 e poi estesasi in tutti gli altri continenti. Di qui la necessità di porvi rimedio, per questo, il 23 settembre 2009, è stato pubblicato dalla Commissione Europea un pacchetto di proposte legislative per la riforma della vigilanza nel settore finanziario con cui si sono poste le basi per una nuova regolamentazione. Questo pacchetto di proposte legislative per la riforma della vigilanza nel settore finanziario accoglie le proposte formulate dal Gruppo di esperti guidato dall’ex amministratore delegato del FMI, Jacques de Larosière e ha posto le basi per una nuova regolamentazione fondata sul rafforzamento del ruolo dell’Unione nella regolazione dei mercati finanziaria e con essa ha lanciato un processo legislativo ancora in atto e che segna una tappa fondamentale, con la conclusione della prima lettura del Parlamento Europeo avvenuta poche settimane fa, preludio della posizione comune e con essa del definitivo accordo fra Parlamento e Consiglio sulla nuova architettura della supervisione finanziaria. La proposta dnel suo complesso è basata oltre che sul rafforzamento del ruolo dell’Unione nella regolazione dei mercati finanziari anche: sulla tempestiva individuazione dei rischi potenziali, su un’efficace gestione dei rischi, sullo sviluppo delle capacità atte ad affrontare le sfide derivanti dalla crescente complessità dei mercati finanziari. L'attuale architettura di supervisione finanziaria a livello comunitario era legata a dimensioni prevalentemente nazionali. L'internazionalizzazione dei processi produttivi e l'integrazione europea hanno posto problemi nuovi e hanno di fatto aumentato le possibilità che si generino rischi e problemi di stabilità. Inoltre la crisi finanziaria in corso ha svelato la necessità di un maggiore coordinamento fra le autorità di vigilanza di fronte a problemi che travalicano i confini nazionali. Per questo si è reso necessario un processo nuovo, volto alla ricostruzione della fiducia nelle istituzioni finanziarie. Il pacchetto di proposte è esattamente andato in questa direzione, prevedendo la creazione di una nuova architettura di supervisione finanziaria basata su organismi dotati di poteri di controllo e soprattutto di intervento rapido. Quali: L’Autorità bancaria europea (EBA), chiamata a succedere al Comitato delle Autorità europee di vigilanza bancaria (CEBS); Il Comitato europeo per il rischio sistemico, incaricato di vigilare sulla stabilità del sistema finanziario europeo, di nuova creazione; L’Autorità europea dei valori e dei mercati mobiliari (ESMA), che dovrebbe pretendere il posto dell’attuale Comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari (CESR); L’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali che dovrebbe succedere al CEIOPS (Comitato delle autorità europee di vigilanza delle assicurazioni); Il Sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziaria che dovrebbe vigilare sulle singole imprese e verrebbe composto da una rete di autorità nazionali di vigilanza (che continuano non solo ad esistere, ma anche a svolgere un ruolo accresciuto). Le nuove autorità europee saranno dotate di poteri di controllo e soprattutto di poteri di intervento rapido ed efficace ben superiori di quelli attribuiti attualmente agli attuali organismi di cui sopra, che fin qui hanno svolto sostanzialmente funzioni consultive e di coordinamento. I tre comitati: CEBS, CESR e CEIOPS sono stati istituiti nell'ambito della cd "procedura " Lamfalussy", dal nome del presidente di una commissione di saggi incaricata di formulare proposte agli organi comunitari in materia di regolamentazione dei mercati finanziari sono entrati in funzione nel 2003. Il rapporto finale di questa commissione, fatto proprio dal Consiglio europeo di Stoccolma nel 2001, sotto presidenza svedese, stabiliva un processo legislativo articolato in quattro livelli: nel primo livello, Parlamento e Consiglio stabiliscono i principi generali della legislazione; nel secondo livello, gli organismi tecnici con poteri consultivi assicurano la completa attuazione della normativa, prima della decisione legislativa (fornendo pareri); nel terzo livello, gli organismi di regolazione nazionale (in Italia : Consob, ISVAP, COVIP) si impegnano per assicurare il reciproco coordinamento; il quarto livello comporta l'adozione di ulteriori misure di attuazione della regolamentazione comunitaria. L'attuale architettura a livello comunitario è sostanzialmente recente poiché per lungo tempo i sistemi finanziari hanno avuto dimensioni strettamente nazionali. L'internazionalizzazione dei processi produttivi e l'integrazione europea in particolare hanno posto problemi nuovi. In primo luogo sono aumentate le connessioni internazionali delle principali banche, già nella vecchia Europa a 15 molte grandi banche avevano consistenti attività in altri paesi europei diversi dal proprio. Con l'allargamento a Est il fenomeno si è ulteriormente intensificato, coinvolgendo anche grandi gruppi bancari italiani. Conseguentemente, sono aumentate le possibilità che si generino rischi (e problemi di stabilità) che possono sfuggire al controllo dei regolatori nazionali. Il processo di integrazione europeo e particolarmente la realizzazione della moneta unica ha fatto nascere una contraddizione fra l'unità monetaria fra la grande parte dei paesi e la frammentarietà delle responsabilità di supervisione, che è necessariamente connessa con la politica monetaria. Sul piano internazionale la risposta a questa contraddizione è data da due elementi fondamentali: 1) attraverso l'affermazione del criterio della responsabilità primaria della vigilanza dell'autorità di supervisione del paese di origine, in cui l'intermediario ha la sede legale (home country control). 2)le autorità di vigilanza nazionali hanno avviato all'interno dei vari comitati previsti dagli Accordi di Basilea (Basilea II). 3) i trattati europei pur assegnando alla BCE compiti di politica monetaria, l'istituto centrale deve essere consultato, ai sensi dell'art 105(4), per ogni atto legislativo europeo che riguardi le competenze della BCE. Pacchetto governance economica Come si è detto, gli Stati membri dell’Unione Europea versavano già in condizioni di difficoltà sia sul versante della crescita economica che dell’occupazione. L’acuirsi della crisi ha messo ancor più in evidenza le debolezze strutturali di alcuni Paesi europei. Fino ad ora la governance economica dell'Unione europea ha avuto strutture deficitarie e questo è stato un danno alla capacità dell'Unione di essere influente nei dibattiti sui grandi squilibri macroeconomici, in particolare rispetto agli Stati Uniti e alla Cina. La crisi rischia di indebolire seriamente e in modo duraturo la posizione economica e politica dell’Unione Europea a livello mondiale. Un po’ di storia A seguito dell'introduzione dell'euro come valuta, l'UE ha adottato una serie di regole per accertare che gli Stati Membri rimanessero sufficientemente prudenti nell'ambito delle loro politiche fiscali al fine di proteggere l'integrità della valuta comune. Le soglie per le spese ed il debito sono state aggiunte ai Trattati con Maastricht. Nel 1997 il Patto per la Stabilità e la Crescita ha stabilito le regole per metterlo in atto. Tuttavia l'applicazione delle sanzioni è stata lasciata alla responsabilità dei singoli Stati Membri (tramite il Consiglio). Nonostante, però le molteplici violazioni, non sono state applicate sanzioni severe. Questo ha lasciato alcuni Paesi della zona euro, fortemente esposti alla crisi finanziaria del 2009, ponendo in dubbio la stabilità dell'euro. Le ultime proposte della Commissione per rinforzare il Patto per la Stabilità e la Crescita includono nuove e dure regole in relazione alle sanzioni e un'enfasi maggiore sui limiti del debito. Gli Stati Membri sono combattuti nel decidere quanto il processo debba essere automatizzato o quanto invece, debba essere deciso politicamente. Il Parlamento attraverso la Commissione Economica e degli Affari Monetari si è attivato fortemente in quest'ambito. L'introduzione della moneta unica nel 1999 ha rappresentato un progetto ambizioso, che ha costituito un livello di cooperazione economica mai verificatosi prima nell'era moderna. Gli Stati Membri fondatori (SM) che avevano un sistema monetario forte, come la Germania, hanno insistito per una Banca Centrale, al fine di garantire l'integrità dell'euro. Tuttavia molti commentatori di quel periodo temevano che senza una simile struttura di coordinamento di politica fiscale, una crisi economica abbinata alla mancanza di disciplina nell'area fiscale, avrebbe potuto innescare il crollo della valuta comune. È questo il motivo che ha spinto all'introduzione di nuove regole che garantissero il coordinamento delle politiche fiscali degli SM. Tuttavia i compromessi politici hanno alla fine lasciato il sistema di applicazione di queste regole nelle mani degli Stati Membri. Dall'inizio della crisi economica del 2009, la situazione fiscale di molti Stati Membri della zona euro ha messo a rischio la valuta. La maggior parte degli analisti concordano che siano necessarie riforme radicali affinché l'euro possa sopravvivere nella sua forma attuale. Fondamenti legali della governance economica Il fondamento legale della governance economica è contenuto a livello UE nel Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea negli Articoli 121 e 126. Gli Articoli a cui si fa riferimento sono entrati per la prima volta in vigore con il Trattato di Maastricht nel 1993. Anche se l'Articolo 121 definisce in modo ampio gli obblighi degli Stati membri di condurre politiche economiche prudenti, non sono inclusi criteri specifici o un meccanismo di esecuzione. L'Articolo 126 è più dettagliato e individua i due criteri chiave di Maastricht, vale a dire che i deficit e i debiti di governo devono rimanere all'interno di determinati valori di riferimento, definiti in rapporto al PIL. I valori di riferimento sono individuati in un protocollo al Trattato come il 3% del PIL per i deficit e il 60% del PIL per i debiti di governo. Inoltre l'Articolo 126 stabilisce che il Consiglio "possa decidere" di prendere decisioni nei confronti degli Stati Membri che violano tali condizioni, tra cui l'imposizione di sanzioni (sezione 11). Le sanzioni sono deliberate a maggioranza qualificata; possono votare oltre gli Stati Membri interessati, solo quelli che fanno parte della zona euro. Tuttavia resta il caso in cui una minoranza ha la possibilità di impedire l'imposizione di penali per violazioni ex Articolo 126. Il Patto di Stabilità e Crescita (SGP) del 1997 Prima dell'introduzione dell'euro nel 1999, l'UE si è adoperata al fine di creare una base legale per la governance economica. Il 7 luglio 1997 sono stati adottati due regolamenti del Consiglio: 1466/97 sul rinforzo della sorveglianza delle posizioni di bilancio e della sorveglianza e coordinamento della politica economica, basata sull'Articolo 121- il braccio preventivo, mirato ad incoraggiare un buon comportamento fiscale sul medio termine degli SM; 1467/97 sulla eccessiva procedura di deficit, basato sull'Articolo 126- il braccio correttivo, che cerca di porre riparo agli squilibri che si sono verificati. Questi due Regolamenti, insieme alla Risoluzione del Consiglio del 17 giugno 1997, stabiliscono formalmente il Patto di Stabilità e Crescita. Le previsioni contenute nella 1466/97 sulla sorveglianza del debito non sono rigide come quelle della 1467/97. La 1466/97 richiede agli Stati membri di allineare i loro obiettivi di bilancio e comunicare questi al Consiglio in modo da stabilire che sia evitato un eccessivo deficit. L'Articolo 10 (3) stabilisce che il Consiglio può richiedere agli Stati membri di assumere misure correttive rapide. Non è previsto alcuno strumento di ricorso ulteriore nel caso in cui uno Stato Membro ignori le raccomandazioni. Il Regolamento 1467/97 definisce in modo più dettagliato il deficit e il debito rispetto all'Articolo 126(2). In particolare contiene in aggiunta le previsioni per determinare quando la violazione del valore di riferimento possa essere considerata "eccezionale". La sezione del Regolamento sulle sanzioni (Articoli 11-16) chiarifica la natura del deposito senza interessi che lo Stato Membro deve fare e anche che le indennità non saranno rimborsate. Politicamente una delle figure chiave dietro l'SGP è stato il ministro della finanza tedesco Theo Waigel, che ha spinto per l'elaborazione di una regola più rigorosa da sostituire alle decisioni del Consiglio (relative ai singoli Stati Membri) adottate ex Articolo 126. Governance economica, dalla nascita alla crisi finanziaria Critica alla nascita - Ancora prima della sua nascita l'SGP venne criticato dagli analisti e dagli accademici perché conteneva soglie arbitrarie e non teneva in considerazione le cicliche oscillazioni dell'economia nel tempo. Alcuni hanno criticato il fatto che dato che la regola del 3% del deficit si applica solo ai settori governativi, non viene considerato l'ampio debito del settore privato. Quindi un Paese potrebbe avere un disavanzo del bilancio del 2% senza temere avvertimenti da Bruxelles, anche se il suo settore privato durante lo stesso anno, stava prendendo prestiti pari al 10% del PIL. Dall'altra parte uno Stato con un deficit di debito del 4%, ma con un settore privato che da un risparmio del 5% sul PIL e che quindi si trova in una posizione migliore rispetto alla precedente, potrebbe essere sottoposto a sanzioni. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di utilizzare il conto corrente generale di uno Stato Membro della zona euro come parametro. Alcuni ritengono che l'SGP nella sua forma originale non teneva sufficientemente in considerazione i cicli economici. In quest'ottica un deficit di debito del 4% in una recessione potrebbe essere considerato una gestione fiscale prudente, finché intervenga un bilanciamento con la riduzione del deficit in tempi di ripresa. Si è dibattuto sul fatto che le regole fiscali dovrebbero riflettere la situazione strutturale del Paese. La riforma del 2005 Le critiche si sono intensificate dopo il 2000 dato che la crescita è stata più bassa delle attese. Nel 2005 il Consiglio ha adottato i Regolamenti 1055/2005 e 1056/2005, che emendavano rispettivamente i Regolamenti 1466/97 e 1647/97. Questi hanno ammorbidito le regole dell'SGP, garantendo disposizioni meno severe in relazione all'implementazione delle riforme nel medio periodo e ai deficit nei tempi di crisi. Fallimento politico Molti analisti ritengono che gli sforzi effettuati per coordinare la politica economica ex Articolo 121 sarebbero falliti e questo sarebbe avvenuto per la mancanza di uno specifico meccanismo di esecuzione. Per esempio una raccomandazione del Consiglio del 2001 all'Irlanda per comprimere la politica fiscale allo scopo di frenare l'inflazione, è stata ampiamente ignorata dal governo irlandese. L'Irlanda ha subito un totale deterioramento della sua posizione fiscale e sta facendo esperienza di un lungo periodo di crisi. Nemmeno le misure per affrontare il deficit previste dall'Articolo126 hanno avuto un esito migliore. Nel 2003, tre Stati Membri- tra cui Francia e (ironicamente) Germania- sono stati sottoposti a procedure di deficit eccessive. Nel 2006 sette dei dodici Paesi della zona euro stavano violando le regole di debito dei governi. Tuttavia fino ad oggi nessun singolo Stato Membro è stato costretto ad effettuare depositi non fruttiferi o a pagare una multa sulla base della procedura di disavanzo eccessivo, nonostante ciò la posizione fiscale della zona euro è attualmente, a livello complessivo, peggiore rispetto a quando l'euro è stato introdotto. La crisi del debito Le carenze presenti nelle regole economiche di controllo hanno esposto l'UE alla Grande Recessione del 2007. Si è assistito alla diminuzione delle esportazioni e al congelamento dei mercati monetari che hanno lasciato molti governi della zona euro in una posizione fiscale di recesso. Tra il 2007 e il 2009 il debito complessivo dei governi dell'area euro è incrementato dal 68% al 78% del PIL. Per alcuni Stati della zona euro l'aumento è stato anche maggiore: in Spagna il debito è quasi raddoppiato. Con l'aumentare dei tassi d'interesse dei mercati monetari sulle obbligazioni di stato, gli Stati Membri più deboli hanno iniziato a sentire incrementata la pressione e il rischio di crisi. L'UE, temendo per il futuro dell'euro, ha assunto azioni drastiche nel maggio 2010 per proteggere i Paesi dalla crisi, che hanno portato alla creazione dell'European Financial Stability Facility (EFSF). Le nuove proposte della Commissione Le principali proposte della Commissione sono state annunciate in due comunicazioni: Rinforzare la politica economica di coordinamento, del 12 maggio 2010; e Incrementare la politica economica di coordinamento per la stabilità, la crescita e l'occupazione, del 30 giugno 2010. Considerando che l'intervento correttivo dell'SGP si era precedentemente concentrato sulla regola di deficit ex Articolo 126, le comunicazioni chiarificano che la Commissione guarda alla situazione complessiva di debito attribuendole la giusta importanza. Queste hanno sottolineato come la crisi finanziaria abbia evidenziato le debolezze della politica fiscale degli Stati Membri, già presenti nel periodo di crescita. Rettifica delle regole dell'SGP Le proposte, COM(2010)526 e COM(2010)522, emanate per modificare i Regolamenti del Consiglio 1466/97 e 1467/97 sono state pubblicate il 29 settembre 2010. Una terza proposta, COM(2010)524 rinforzerebbe l'SGP. Saranno tutte adottate tramite la procedura legislativa ordinaria (co-decisione). Le tre modifiche principali contenute nelle proposte sono: Il criterio di debito della Procedura di Deficit Eccessivo deve essere resa operativa. Questo comprende una serie di indici numerici formali per determinare se il debito sulla base del PIL sta diminuendo alla giusta velocità. Rinforzo nell'applicazione. Qui l'aspetto più importante è cambiare l'EDP in modo che il Consiglio debba votare contro la proposta della Commissione con la maggioranza qualificata entro dieci giorni, in modo da bloccare, ad esempio, l'imposizione di multe contro uno Stato Membro. In effetti un cambiamento di questo tipo potrebbe ribaltare l'attuale situazione: mentre prima era sufficiente una minoranza per fermare le sanzioni, sulla base di questa proposta sarebbe necessaria una maggioranza qualificata. Sistema chiaro di sanzioni. La prima cosa che si deve fare in ambito sanzionatorio è un deposito fruttifero alla Commissione. Questo sarebbe applicato sotto l'ambito preventivo, con lo scopo di incoraggiare gli Stati ad assumere misure per evitare che le loro economie raggiungano un deficit eccessivo. Un deposito non fruttifero ed infine un'indennità, sarà prevista per quegli Stati che avranno un deficit eccessivo. La Commissione spera che questo sistema graduato di sanzioni faccia in modo che le indennità siano imposte considerando la possibilità degli Stati Membri di poterle pagare. Nuovo sistema di allarme Oltre a ciò la Commissione ha pubblicato delle proposte (COM(2010)527 e COM(2010) 525) per dare una nuova regolamentazione della prevenzione e della correzione degli squilibri macroeconomici e per creare un meccanismo attuativo a tal scopo. Questa regolamentazione introdurrà un sistema di allarme, di competenza della Commissione, che segnalerà quando si verificano squilibri macroeconomici negli Stati Membri. A questo punto gli SM saranno tenuti ad azioni correttive per rimediare. La posizione degli Stati membri Le reazioni alle proposte della Commissione sono variate a seconda dei vari Stati membri. Christine Lagarde, Ministro francese delle finanze, ha sostenuto che l'aspetto fondamentale del COM(2010)522, cioè richiedere una maggioranza qualificata, è stato una previsione troppo azzardata, in quanto lascerà il regime sanzionatorio totalmente nelle mani degli esperti. L'Italia, paese europeo con il più alto debito sulla base dell'indice PIL (attualmente del 115%), si è inoltre interrogata se sia appropriato che la politica economica degli Stati membri sia determinata da un'istituzione non eletta come la Commissione. Il Ministro delle finanze polacco, Jacek Rostowski, ha definito le proposte "abbastanza inadeguate". Lui sostiene che andranno a penalizzare i governi i cui debiti sono il risultato della gestione della riforma pensionistica. Dall'altro lato la Germania e i Paesi Bassi hanno espresso il loro supporto per questo sistema di sanzioni gestito dalla Commissione. "Noi vogliamo depoliticizzare il processo", questo quanto dichiarato dal Cancelliere tedesco Angela Merkel. Un altro elemento di dibattito è stato il grande squilibrio di conti tra gli SM. Il Sig. Largade ha anche sottolineato il bisogno per la Germania di incrementare i suoi sforzi per stimolare la domanda interna, con la speranza che queste azioni possano avere un effetto positivo e aiutare gli Stati confinanti con la Germania a risistemare la loro situazione fiscale. Tuttavia Berlino ha rifiutato questa analisi, insistendo sul fatto che ogni Stato debba assumersi autonomamente le proprie responsabilità fiscali. Più recentemente, però, al Summit Europeo dell'ottobre 2010, la Francia e la Germania hanno siglato un accordo tra i leader europei per una modifica al trattato, nella quale vogliono spingere per sostituire l'EFSF con un nuovo meccanismo permanente. Un secondo cambiamento supportato dalla Merkel concerne la sospensione dei diritti di voto in seno al Consiglio, degli Stati della zona euro che hanno violato le regole di controllo economico. Questo ribalterebbe il metodo previsto dalla Comunità, perché cambierebbe le basi legali delle proposte prima menzionate. Tuttavia i rapporti del summit indicano una vasta opposizione a questa misura, si ritiene quindi improbabile che le modifiche del trattato riguardino i pacchetti economici di controllo in questione. La regola del Parlamento Europeo Nel luglio 2010, prima della pubblicazione della nuova proposta della Commissione, i Parlamentari Europei hanno affrontato la questione con il presidente della Commissione, Barrosso. La portavoce del PPE, Corien Wortmann-Kool ha richiamato la Commissione a ricoprire un ruolo più rilevante nella governance economica dell'UE. Guy Verhofstadt, presidente del gruppo liberale del Parlamento, ha sottolineato l'importanza che le sanzioni vengano imposte da un organo dell'Unione Europea. Il portavoce del gruppo S&D, Stephen Huges (UK) ha invitato ad un allargamento del concetto di controllo economico per ricomprendervi i criteri dell'inclusione sociale, avvisando del pericolo di focalizzarsi esclusivamente sull'austerità.Lothar Bisky (DE), gruppo GUE/NGL ha inoltre richiesto un allargamento del concetto di controllo economico per farvi rientrare criteri come l'occupazione e la lotta alla povertà. Il 21 di settembre 2010, sono stati nominati i relatori per il pacchetto di proposte. Per la COM (2010)526 il relatore è Corien Wortmann-Kool (EPP, NL); per la COM(2010)522, Feio Diogo (EPP, PT); per la COM(2010)524, Sylvie Goulard (ALDE, FR); per la COM(2010) 527 Elisa Ferreira (S&D, PT); e per la COM(2010)525, Carl Haglund (ALDE,FI). In un incontro di ottobre con il comitato ECON concernente le proposte, il Commissario Olli Rehn ha richiesto che queste fossero considerate velocemente. Il comitato era sostanzialmente concorde con l'urgenza delle riforme. La presidente di ECON, Sharon Bowles, ha sottolineato l'importanza del dibattito alla luce del futuro rapporto del comitato sul miglioramento della governance economica (relatore Feio Diogo, PPE, PT). Questo rapporto, che stabilisce, tre le altre cose, che le decisioni relative alla conformità con l'SGP debbano essere assunte dalla Commissione con maggiore indipendenza dal Consiglio, è stata adottata in plenaria il 20 ottobre 2010. CAPITOLO V - GLI SVILUPPI FUTURI Lo schema di governance economica chiamato "Semestre Europeo" Il Consiglio del 17 giugno ha siglato un accordo per introdurre il "Semestre Europeo". Sotto questo nuovo schema di controllo, ci sarà un ciclo politico annuale per il coordinamento di politica economica, nel quale gli strumenti dell'Europa 2020 e il Patto per la Stabilità e la Crescita saranno sincronizzati e resi totalmente coerenti. Il Parlamento dovrebbe avere un ruolo più importante Sfortunatamente, i tempi previsti dal "Semestre Europeo" lasciano poco tempo al Parlamento Europeo per presentare proposte e avere una reale influenza sul processo. Per garantire al Parlamento più possibilità di utilizzare i suoi diritti democratici si potrebbero introdurre gli elementi seguenti entro la sequenza degli eventi ogni anno: FASE 1 (settembre-dicembre) Per alimentare il suo impegno politico, il Parlamento (mediante commissioni chiave interessate) potrebbe ottenere relazioni di esperti su una serie di questioni nel contesto dell'Europa 2020 e delle politiche economiche di controllo e/o tenere incontri con esperti entro la fine di ottobre. Conferenza con i Parlamenti nazionali su Europa 2020/ governance economica per discutere i vari approcci nazionali e l'ampia visione dell'UE FASE 2 (gennaio-giugno) Sotto l'autorità del Comitato i comitati rilevanti producono una serie di contributi valutando i progressi nell'ambito dell'Europa 2020 e il funzionamento della governance economica nell'area dei rispettivi comitati (questo servirà come input per le risoluzioni del Gruppo(e le risoluzioni comuni) che saranno adottate nelle Sessioni Plenarie di gennaio o febbraio, vedi dopo). Gennaio: la Commissione presenterà la sua Indagine Annuale di Crescita, indicando i progressi e stabilendo gli orientamenti per l'anno seguente. Il Parlamento Europeo inviterà il Presidente Van Rompuy e il Presidente Barroso in plenaria per discutere i progressi della Strategia 2020/governance economica e dibattere l'Agenda del Consiglio di primavera. Il Parlamento porterà i suoi messaggi chiave mediante l'adozione una (comune) risoluzione alla Sessione Plenaria di gennaio o febbraio. Febbraio/marzo: il Consiglio Europeo darà indicazioni agli Stati Membri e a livello dell'UE (5) marzo: Dopo il Consiglio di primavera, il Presidente Van Rompuy sarà invitato al Parlamento Europeo per presentare e dibattere i risultati dell'incontro. Il dibattito potrà essere seguito da una (breve) risoluzione post-incontro. Per la metà di aprile, gli Stati Membri presenteranno i loro NRP e SCP, prendendo considerazione dei consigli a loro forniti. In giugno, sulla base dei NRP e SCP degli Stati Membri, la Commissione presenterà proposte per Opinioni e Raccomandazioni specifiche dei vari Paesi indirizzate agli Sati Membri. In giugno, ECOFIN e/o ECOFIN nella formazione di Eurogruppo discuterà le opinioni e le raccomandazioni politiche sulla politica fiscale e le altre politiche macro-economiche, con input necessari dalle altre formazioni rilevanti del Consiglio concernenti le tematiche delle raccomandazioni. Il Consiglio EPSCO adotterà le raccomandazioni politiche ex art. 148. Il Consiglio Europeo interverrà ad indirizzare dove necessario in linea con quanto previsto del Trattato. Nella seconda parte dell'anno, gli Stati Membri concluderanno i bilanci nazionali e le misure politiche tenendo in considerazione i suggerimenti ricevuti direttamente a livello di Paese o a livello di UE. Nella sua Inchiesta Annuale di Crescita sull'anno seguente, la Commissione valuterà come gli Stati Membri hanno applicato le disposizioni dell'UE. CAPITOLO VI - PROBLEMI APERTI Il Bilancio Il 15 novembre scorso il Consiglio e il Parlamento non hanno raggiunto un accordo sulle questioni politiche collegate al bilancio UE con il conseguente fallimento della procedura di conciliazione in seguito alla quale la Commissione europea ha adottato un nuovo progetto di bilancio UE per il 2011, che prevede 126,5 miliardi di euro in pagamenti (+2,9% rispetto al 2010). Si tratta del primo bilancio dell’UE che deve essere adottato secondo la procedura prevista dal trattato di Lisbona. Il trattato introduce un gran numero di cambiamenti, tra cui il fatto che il Consiglio e il Parlamento si trovano per la prima volta su un piano di parità nell’ambito della procedura di adozione. La procedura di adozione è suddivisa in quattro fasi: presentazione del progetto di bilancio da parte della Commissione, cosa che la Commissione ha fatto il 27 aprile chiedendo un aumento del 5,9%; reazione del Consiglio (il 12 agosto il Consiglio ha chiesto un aumento del 2,9%); reazione del Parlamento (il 20 ottobre il Parlamento ha chiesto un aumento del 6%); procedura di conciliazione di 21 giorni per trovare un compromesso tra le due istituzioni (i lavori del comitato di conciliazione sono durati dal 26 ottobre al 15 novembre). Se la procedura di conciliazione fallisce, la Commissione deve presentare un nuovo progetto di bilancio. Se non dovesse giungere a un accordo entro il 31 dicembre 2010, dal 1° gennaio 2011 l’UE opererebbe secondo il sistema del “dodicesimo provvisorio”. In pratica, ciascun capitolo del bilancio sarebbe finanziato mensilmente da un dodicesimo della sua dotazione nel bilancio 2010, o in misura addirittura inferiore se l’importo iscritto nel progetto di bilancio per questo capitolo fosse meno elevato. Questo ostacolerebbe il buon funzionamento dell’UE, in quanto il bilancio non finanzierebbe nuove iniziative o nuovi organi per i quali non erano state stanziate risorse nel bilancio 2010, il Fondo di solidarietà e il Fondo di adeguamento alla globalizzazione risulterebbero bloccati e, in linea generale, le dotazioni mensili di uguale entità impedirebbero una pianificazione su vari mesi. Patrizia TOIA Nata a Pogliano Milanese (Mi); laureata in Scienze politiche all'Università Studi di Milano, si specializza in Pianificazione Strategica all'Università Bocconi. Lavora come dirigente del Servizio Programmazione della Regione Lombardia. La sua carriera politica inizia nella Democrazia Cristiana, per poi proseguire nel Partito Popolare Italiano (PPI). E' consigliere regionale in Lombardia, con incarichi di giunta in diversi periodi: Assessore al Coordinamento per i Servizi Sociali, Assessore alla Sanità, Assessore al Bilancio. Viene poi eletta a Roma alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica poi, come rappresentante dell'Ulivo. Ricopre diversi incarichi istituzionali: Sottosegretario al Ministero degli Affari Esteri con delega per i Diritti Umani, per i Rapporti con le Nazioni Unite, per le Relazioni culturali all'estero, per America Latina, Asia e Oceania, per l'Immigrazione e gli italiani all'estero. Nominata Ministro per le Politiche Comunitarie e successivamente Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Coordinatore Provinciale della Margherita. Dal 2004 è parlamentare europea eletta nelle liste di Uniti nell'Ulivo e facente parte del Gruppo ADLE - Alleanza dei Democratici e Liberali per l'Europa. E'membro della Commissione per l'Industria, la Ricerca e l'Energia; della Delegazione alla Commissione parlamentare mista UE-Cile del Parlamento europeo. E' membro della Commissione Occupazione e Affari Sociali, della Delegazione alla Commissione mista UE-Messico e della Delegazione all'Assemblea parlamentare euro-latinoamericana. I principali dossier che ha seguito con responsabilità diretta sono: - lo Small business act per le Piccole e Medie Imprese - la Riforma delle reti e sevizi di comunicazione elettronica - i Congedi parentali e congedi di maternità - il Dividendo digitale - il Mercato interno dell'energia elettrica - il Settimo Programma Quadro per la ricerca - la Registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche (Reach) - il Regolamento per i medicinali per uso pediatrico Ha scritto e portato all'approvazione del Parlamento europeo il Rapporto di Iniziativa sull'Economia sociale di mercato per un maggiore riconoscimento culturale e giuridico di tutte le realtà del mondo associativo, delle imprese sociali, delle cooperative, delle fondazioni e delle mutue. Dal 2009 è riconfermata parlamentare europea eletta nelle liste del Partito Democratico e facente parte del Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo (S&D). E’ Vicepresidente della Commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energia. E’ inoltre membro della Delegazione all’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE; membro sostituto della Commissione per lo sviluppo e la Delegazione per le relazioni con il Mercosur. E’ componente della Direzione Nazionale del Partito Democratico. E' Vicepresidente del Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo (S&D) Patrizia TOIA Vicepresidente Gruppo S&D Vicepresidente Commissione Industria, Ricerca e Energia Membro Commissione per lo Sviluppo e-mail [email protected] www.patriziatoia.it Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti & Democratici al Parlamento europeo