Liana De Vincenzi

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Liana De Vincenzi
“FORESTI” A PARTE.
SESTRI LEVANTE: FENOMENI TURISTICI E
RAPPRESENTAZIONE LOCALE
IN UN APPROCCIO STORICO-ETNOGRAFICO.
(Estratto)
CORSO DI LAUREA IN SOCIOLOGIA QUADRIENNALE
Facoltà di Sociologia - Università degli Studi di Milano-Bicocca
A.A. 2002/2003
INTRODUZIONE
Cos'è il turismo? La domanda, apparentemente banale nasconde diverse insidie.
E' un'industria, certo, ma non solo, un fenomeno sociale, certo, ma non solo. E' un
fenomeno dei nostri tempi, nelle proporzioni in cui lo conosciamo e questa frase riassume
ma forse non spiega ciò che il turismo in realtà sia. E' un fenomeno spaziale, sociale,
economico e culturale. Un fenomeno complesso che costituisce una delle principali novità
della modernità.
Organizzazione Mondiale del Turismo
La mia esperienza etnografica: oggetto della ricerca, metodo seguito,
categorie concettuali di riferimento, questioni- chiave
Il mio progetto di studiare l’evoluzione della comunità locale di Sestri Levante in relazione
allo sviluppo del fenomeno turistico è nato dal desiderio di porre in luce due aspetti: da un lato, il
ruolo fondamentale di “agente del cambiamento”1 assunto dal turismo; dall’altro, l’importanza di
uno sguardo socio-antropologico che accompagni le politiche di sviluppo del settore turistico,
affinché esse non perdano il riferimento concreto al tessuto sociale e culturale in cui operano.
Come ricorda l’antropologo A. Simonicca, “parafrasando Marcell Mauss, si potrebbe dire che il
turismo è un “fatto sociale totale”, per la pregnanza e la pervasività dei suoi meccanismi e la
peculiarità con cui modella il presente storico e al contempo ne è modellato”2.
Il mio studio sul turismo, conseguenza e causa di mutamento sociale e culturale a Sestri Levante, si
è nutrito di alcuni temi classici dell’antropologia quali l’alterità, lo sguardo straniero, il concetto di
confine, il viaggio, il soggetto osservante, la scrittura, e di alcuni suoi strumenti concettuali: identità,
comunità, autorappresentazione, struttura sociale, miti fondativi. Ho prestato inoltre una
particolare attenzione, in riferimento all’analisi della “vita quotidiana” nel corso del ‘900, ad alcune
categorie concettuali utilizzate dagli etnografi che hanno fatto ricerca in diversi paesi del
D. J. GREENWOOD, “Tourism as an Agent of Change: A Spanish Basque Case”, Ethnology, vol. XI, 1972, p. 80-91.
L’estensione mondiale del turismo e il tipo di effetti che induce “impongono di esplicitare una visuale che colga del
fenomeno i suoi complessi e interrelati intrecci fra due componenti essenziali: il movente psico-sociale che induce il
visitatore a lasciare il proprio luogo di residenza, e i processi messi in atto nella circolazione di uomini, immagini, servizi,
redditi e idee. Il turismo configura il momento particolare dell’ “incontro” fra diversi uomini e gruppi sociali; incontro fra
società (sottosocietà, gruppi sociali, comunità, regioni, siti) che “ospitano” e soggetti e gruppi “ospitati”. A. SIMONICCA,
Antropologia del turismo, Carocci, Roma, 2000, p. II.
1
2
1
Mediterraneo3, quali l’ “onore”, il “clientelismo”, il “comparaggio”, la “parentela”, il “matrimonio”
e le caratteristiche del gruppo domestico. Ho cercato di non indurre forzatamente la loro
emersione, anche se ho notato la tendenza da parte degli intervistati a non fare riferimenti espliciti
a tali categorie4.
Ho scelto di condurre il mio studio sulla comunità locale e il turismo nella città di Sestri
Levante seguendo un approccio di ricerca di tipo “qualitativo”5 e, in particolare, avvalendomi della
tecnica dell’intervista qualitativa, dell’osservazione partecipante e dei documenti prodotti dai locali
e su di essi.
La prima fase della mia ricerca è stata di tipo “esplorativo”, mirava cioè a conoscere quale fosse la
percezione del fenomeno del turismo nel sito, attraverso un’analisi delle pubblicazioni, cartacee ed
on-line, prodotte dai locali nel corso del XX secolo. Gli scritti al riguardo si sono rivelati, però,
molto esigui e, per inagibilità dello stabile in cui è conservato, non ho avuto accesso all’Archivio
comunale, se non per i documenti prodotti tra fine Ottocento e anni Venti del Novecento, che
analizzerò nel primo capitolo.
Le poche opere sulla città, quasi tutte facilmente reperibili nella Biblioteca comunale, sono
soprattutto di argomento storico o trattano di tradizioni del passato. Fino ad oggi, inoltre, non è
mai stata condotta una vera ricerca sociologica sul turismo di questa città e neanche su quello
3
Vedi autori quali Campbell, J. Davis, J.Pitt-Rivers.
C. CASSAR, Il senso dell’onore, Jaca Book, Milano, 2002.
J. DAVIS, Antropologia delle società mediterranee. Un’analisi comparata, Einaudi , Torino, 1980.
4
E' stato difficile soprattutto rilevare forme particolari di clientelismo, forse perché, nel passato relativamente recente di cui
mi sono occupata, le dinamiche in cui esso si esprimeva, erano molto simili a quelle attuali.
5
L’attributo “qualitativo” viene utilizzato in contrapposizione a quello di “quantitativo”; l’approccio “quantitativo” si serve
di metodi standardizzati di raccolta e analisi dei dati, i quali, generalmente, vengono elaborati grazie ad appositi programmi
statistici; esso viene usato soprattutto nel contesto della “giustificazione” di fenomeni sociali, mentre quello “qualitativo”,
nel contesto della “scoperta” e nella “comprensione”.
Non è facile dare una definizione precisa di “approccio qualitativo”. Come afferma P. Corbetta, “la prospettiva qualitativa,
(...) per la sua soggettività, per il suo basso livello di formalizzazione, è (...) difficile da trasformare in procedure
schematizzate (...). Il suo modo di procedere resta sempre in buona misura da inventare sul campo, nell’interazione, ogni
volta nuova, fra soggetto studiante e oggetto studiato. (...). Le tecniche dell’analisi qualitativa non sono ben distinte fra loro
dal punto di vista concettuale e terminologico: per esempio i termini ricerca etnografica, ricerca sul campo, studi di
comunità, osservazione partecipante, ricerca naturalistica sono tutti più o meno - anche se non esattamente – sinonimi; così
come interviste in profondità, interviste libere, interviste non-strutturate, interviste cliniche, storia orale, storie di vita,
approccio biografico, ecc. Indicano tecniche di rilevazione che a volte si differenziano fra loro solo per delle sfumature.
(Inoltre) le tecniche dell’analisi qualitativa non sono distinte dal punto di vista applicativo: spesso sono utilizzate
contemporaneamente e nel corso della stessa ricerca il ricercatore può servirsi, intrecciandole, di molte di esse. Infine, (...) i
due momenti fondamentali della raccolta dei dati e della loro analisi (...) spesso si intersecano e si sovrappongono.” P.
CORBETTA, La ricerca sociale: metodologia e tecniche. III. Le tecniche qualitative, Il Mulino, Bologna, 2003, p. 9-10.
Secondo Bryman e Burgess la ricerca qualitativa è un “processo” dinamico che lega assieme problemi, teorie e metodi. A.
BRYMAN, R. G. BURGESS, Analyzing Qualitative Data, Routledge, Londra, 1994, p. 2.
2
dell’intera area del Tigullio, che pure vanta località note già nell’Ottocento ad illustri politici,
filosofi e letterati del tempo, tra i quali Nietzsche e Maupassant.
Le notizie più interessanti sono emerse in un secondo momento, quando ho iniziato a discutere del
mio oggetto di ricerca direttamente con persone di Sestri. Ho incontrato e ascoltato “gente
comune” e, soprattutto, “osservatori privilegiati”6, quali, ad esempio, amministratori comunali,
imprenditori, una geografa esperta del territorio7, giornalisti, docenti, diversi operatori del turismo,
persone molto anziane che hanno vissuto una realtà locale completamente diversa da quella
odierna ed altre che hanno avuto la possibilità di ascoltare i racconti di storia locale da parte di
genitori o nonni, turisti di “ieri” e di “oggi”.
In particolare, ho scelto di adottare interviste di tipo “non-stutturato” o “semistrutturato”. L’
intento è stato non solo quello iniziale di aumentare le mie conoscenze sull’argomento, rilevando
dati non accessibili da fonti scritte, ma, soprattutto, quello di cogliere le categorie mentali degli
intervistati, le loro interpretazioni, i motivi delle loro azioni, cercare di capire come questi si
pongono di fronte al fenomeno oggetto di studio, senza partire da idee e concezioni predefinite,
apprendere la loro terminologia e il loro modo di giudicare.8
Ho cercato di limitarmi ad impostare i temi della conversazione lasciando che i soggetti
intervistati si esprimessero liberamente. Intervenivo nel fluire del racconto solo per stimolarlo ed
incoraggiarlo allo scopo di accedere alla prospettiva dell’intervistato, valorizzando gli argomenti
che per lui erano prioritari, senza indurne di “preconfezionati”9.
Espressioni analoghe sono quella, più tradizionale, di “testimoni privilegiati” e quella, di derivazione inglese, di “key
informants” (informatori-chiave). Vedi P. CORBETTA, op. cit., p. 89 e 113.
Le persone intervistate sono conoscitori ed esperti del fenomeno studiato, di esso hanno una visione diretta e profonda
perché collocati in una posizione privilegiata di osservazione. In alcuni casi, possono far parte della popolazione oggetto di
studio se ad esempio ricoprono in essa una posizione particolare.
7
La geografa sestrese è Angela Rollando. Questa mi ha fornito materiale inedito relativo al Piano di Sviluppo di Sestri
Levante realizzato dall’istituto di ricerca Quota Management, di cui parlerò nel cap. 3.5. e materiale sulla legislazione
vigente in campo turistico.
8
“L’obiettivo prioritario dell’intervista è quello di fornire una cornice entro la quale gli intervistati possano esprimere il
loro proprio modo di sentire con le loro stesse parole”. M.Q. PATTON, Qualitative Evaluation and Research Methods,
Sage, Newbury Park, 1990, p. 290 (corsivi nell’originale).
9
Citando nuovamente P. Corbetta:
“(l’intervista) deve essere (uno strumento) flessibile, deve potersi adattare alle diverse personalità degli intervistati, deve
poter cambiare passando da soggetto a soggetto. Deve concedere all’intervistato piena libertà di espressione, per metterlo
nella condizione di far risaltare il proprio punto di vista utilizzando le proprie categorie mentali ed il proprio linguaggio. In
una parola, lo strumento dell’intervista non può essere (o deve essere poco) standardizzato”. P. CORBETTA, op.cit. p. 7273.
6
3
Per quanto riguarda, ad esempio, l’analisi del tessuto sociale della città nel corso del ‘900, ho
condotto le interviste facendo domande molto aperte, chiedendo ai miei interlocutori di aiutarmi a
comprendere quale fosse, in passato, la vita quotidiana delle persone di Sestri Levante. 10
Il criterio di rilevanza in base al quale ho scelto i soggetti da intervistare è venuto
costruendosi nel corso della ricerca stessa. Dall’ incontro con alcune persone che avevo contattato,
poiché costituivano, secondo me, soggetti di notevole interesse per la mia ricerca in quanto
“osservatori privilegiati” (ciascuno per diversi aspetti del fenomeno turistico e della comunità
locale di Sestri Levante), ho avuto modo, dai loro racconti e grazie al rapporto di fiducia che è
venuto a crearsi con loro, di costruire una fitta rete di altri individui che successivamente ho
conosciuto e che in molti casi mi hanno aiutata.
Le testimonianze di vita che hanno contribuito a realizzare la mia ricerca sono state numerose, in
particolare, però, ho cercato di approfondire alcuni temi, a mio avviso di maggiore interesse,
avvalendomi della collaborazione di alcune persone che si sono appassionate al mio lavoro e si
sono mostrate disponibili a dialogare spesso con me.11
Durante le interviste mi sono servita di un registratore, in modo da conservare il racconto di ogni
intervistato nella sua forma originale e completa. In un secondo tempo, ho trascritto i colloqui
integralmente, inserendo anche le forme dialettali, gli errori di sintassi, le frasi monche ecc., come si
può vedere dagli estratti inseriti nelle pagine che seguono. Spesso sono proprio questi aspetti del
linguaggio parlato a rendere più vivace e comunicativa l’intervista, a restituirne l’“autenticità”.
Inoltre, il registratore mi ha permesso di concentrarmi sulla conversazione e di ascoltare
10
Sulla vita quotidiana, le tradizioni e la “vita mondana” locale del secolo scorso ho intervistato in particolare:
- la signora Ida Ronconi, una donna dalle origini umili che ebbe un percorso professionale straordinario: da
adolescente, negli anni ’30 del ‘900, “bambinaia” presso il Grand Hôtel Jensch (vedi cap. 1.3.1.), dal ’40,
“operaia” presso una piccola fabbrica alimentare locale, la PISCA, divenendone la “responsabile gestionale”,
successivamente, negli anni ’50, “lavapiatti” presso la più grande industria locale, la F.I.T. (Fabbrica Italiana
Tubi), che non accettava donne come operaie, poi, nel ’53, “Assessore comunale all’assistenza”. Dal ’61, già
iscritta al sindacato CGIL, iniziò a gestire il patronato INCA, occupandosi dei diritti dei lavoratori (vedi cap. 2.2.,
2.3., 3.3.);
- L’imprenditore Rudy Ciuffardi e sua madre, la signora Nena, autori di alcuni libri di cultura e cucina sestrese
(vedi cap. 2.3., 2.4.);
- una maestra della scuola Elementare, ora in pensione, che vive nel centro dell’antico borgo di pescatori (vedi
cap. 2.2., 3.2., 3.1., 3.2.);
- alcuni membri del “Circolo anziani”(vedi cap. 2.2., 2.3.);
- le “signore della tombola”(vedi cap. 2.2., 2.3.);
- il giornalista Edoardo Bo (vedi cap. 3.1, 3.2.).
4
l’intervistato in modo più naturale che se avessi dovuto prendere appunti. Generalmente la
presenza di questo strumento non ha creato imbarazzo. In un solo caso è stata sentita come un
ostacolo ed allora ho fatto uso esclusivamente di carta e penna.
Anche nella presentazione dei risultati ho utilizzato spesso le parole degli intervistati in modo da
non alterare il materiale raccolto e trasmettere al lettore l’immediatezza delle situazioni studiate.
Come scrivono Schwartz e Jacobs, nel paradigma interpretativo “la sola “vera” realtà sociale è
quella “vista dall’interno”(...). Se si vogliono comprendere i fenomeni sociali, è necessario che il
ricercatore scopra “la definizione della situazione” data dall’attore, cioè la sua percezione e la sua
interpretazione della realtà, e il rapporto di entrambe con il suo comportamento”12.
Un elemento interessante che ho osservato nel corso delle interviste è che la maggior parte
delle persone ha seguito un percorso simile nell’illustrare le abitudini e nel riportare alcuni esempi.
In particolare, i miei “informatori”, sia donne sia uomini, tendevano a raccontare prevalentemente
le mansioni svolte dalla popolazione maschile e a fare riferimento, soprattutto, alla figura del
pescatore. 13 Questo, secondo me, a causa della letteratura prodotta sulla città da autori locali (libri
di storia e folklore, raccolte fotografiche, guide turistiche, ecc.), che ha formato una comune
memoria storica14 del luogo e che esalta l’immagine del borgo di pescatori. I libri di storia sociale e
le raccolte fotografiche su Sestri Levante non sono molti e quasi tutti i miei interlocutori li
conoscevano15; probabilmente anche per questo motivo i loro racconti procedevano piuttosto
analogamente, mentre coloro che basavano il proprio narrare soprattutto su ricordi personali, vi
11
Vorrei ricordare in modo speciale la gentile signora Ida Ronconi e sua figlia Grazia, perché nonostante io trascorressi già
molto tempo a casa loro per intervistarle, si preoccupavano di telefonarmi per raccontarmi particolari che avevano
dimenticato, mostrandomi fiducia e interesse per il mio lavoro.
12
H. SCHWARTZ, J. JACOBS, Qualitative Sociology, The Free Press, New York, 1979; trad. it. Sociologia Qualitativa, Il
Mulino, Bologna, 1987, p. 37-38.
13
Vedi cap. 2.2. e 2.3.: in essi viene descritta la vita dei pescatori e delle loro mogli.
14
Sulla “memoria collettiva” e la “memoria come costruzione sociale” vedi : P. JEDLOWSKI, Memoria, esperienza e
modernità. Memorie e società nel XX secolo, Franco Angeli , Milano, 2002.
15
E’ accaduto spesso che i soggetti intervistati mi invitassero a consultare libri di storia locale o facessero riferimento
esplicito, nel loro raccontare, a fotografie presenti nelle raccolte fotografiche pubblicate. La produzione del fotografo G.
Borasino, ad esempio, è molto conosciuta, soprattutto grazie alla diffusione dell’opera: F. CLARKE, G. BORASINO, op.
cit., 1985.
Seguendo l’interpretazione di antropologia fornita da P. Chiozzi (2000):
“L’antropologia non è solo “studio di una cultura da lontano” ma è osservazione diretta, è (...) “sguardo da vicino”, nel
senso che essa poggia sull’assunto che il processo di conoscenza antropologica nasce da, e si sviluppa attorno ad una
interazione fra l’osservatore e l’osservato”, ho potuto constatare, nel corso delle interviste, che le fotografie erano un
possibile catalizzatore di quel processo interattivo, uno strumento utile per stabilire e sviluppare un “contatto” con i soggetti
intervistati. P. CHIOZZI, Manuale di antropologia visuale, Unicopli, Milano, 2000, p. 184.
5
inserivano qua e là particolari più originali e curiosi, magari dicendomi che non era il caso di
scriverli in una tesi.
Dei circa venti testi su Sestri Levante che hanno per oggetto la storia della città, quasi tutti
tentano di
ricostruirne le fasi storiche principali partendo dalle origini leggendarie 16 della
“penisola” fino a giungere al 1800 o ‘900, delineando però quest’ultimo periodo solo attraverso il
riferimento a pochi eventi principali quali le guerre mondiali e l’espansione dell’industria. Le
pubblicazioni che trattano invece la “storia sociale” del sito sono essenzialmente cinque 17: più che
di monografie sull’argomento si tratta di volumi molto sintetici a scopo divulgativo che, sulla base
di fotografie d’epoca, si propongono di “ripercorrere per grandi linee alcuni aspetti, usi, costumi di
Sestri Levante giungendo fino ai giorni nostri”, come afferma F. Po nella premessa al libro da lui
curato, 1890-1990. Cento anni di immagini di Sestri Levante18 . Questo, come gli altri testi
sull’argomento, non è esaustivo nel descrivere la vita condotta dalla comunità locale nel periodo
considerato, ne rievoca esclusivamente alcune caratteristiche che, secondo l’autore, danno “un
reale ritratto della storia sestrese”19 del periodo. Come F. Po esplicita nell’Introduzione al volume che in origine doveva essere una raccolta di foto illustrata solo da alcune didascalie, “per ricordare
il periodo con un cenno sul contenuto delle immagini”- la parte narrativa che esso contiene,
(quattro pagine), ripercorre, per sommi capi, alcuni capitoli di una pubblicazione edita nel 1928 dal
titolo Sestri Levante e il suo crocifisso.20 E' questa la fonte scritta “più ricca” sulla vita della comunità
locale di fine Ottocento e primi anni del Novecento, in particolare per il contenuto dei capitoli
intitolati “Sestri ottant’anni fa” e “Folklore”, che fungeranno, secondo me, da modello per i testi
successivi sul medesimo argomento (infatti i temi trattati e lo stile adottato presentano molte
somiglianze).
Esistono diversi miti sulle origini della città e svariate ipotesi su quelle del toponimo “Segesta tigulliorum” (Sestri
Levante). Vedi ad esempio: Q. RAZZETTA, Sestri Levante inedita. Storia e folklore, Confalonieri, Milano, 1968, p. 9 e 19;
C. BRUSCO, Panoramiche di vita sestrese, Scuola Tipografica S. G. Emiliani, Sestri Levante, 1969, p. 17-43.
17
M. BIXIO, P. OTTOBONI (a cura di), Viaggio nella memoria. Fotografie di Sestri Levante, Tipografia Grafica Piemme,
Chiavari (GE), 1996; F. CLARKE, G. BORASINO, Borasino a Sestri Levante 1875-1949, Comune di Sestri Levante,
Chiavari (GE), 1985; F. PO, 1890-1990. Cento anni di immagini di Sestri Levante, Publipress, Sestri Levante (GE), 1990;
F. PRETE, Sembra ieri, Acli, Genova, 1996; G. ROSSIGNOTTI, Sestri Levante nelle foto antiche e storiche, I.L.A.,
Alessandria, 1974.
18
F. PO, op. cit., 1990.
19
F. PO, op. cit., 1990, p. 2.
20
COMITATO FESTE CENTENARIE DEL S. CRISTO (a cura di), Sestri Levante e il suo crocifisso, tipografia Barabino e
Graeve, Genova, 1928.
16
6
Le immagini presenti in tali pubblicazioni sono opera di alcuni noti fotografi locali quali il cav.
Copello, autore delle fotografie riportate nel volume di F. Po21 , di Borasino, al quale il Comune di
Sestri Levante ha dedicato un volume di raccolta delle sue foto più celebri22 e di Capello, molte
delle cui fotografie illustrano il libro di ricette “Vissi d’amore e di polpo” di Rudy Ciuffardi23, dove,
dietro ogni ricetta c’è un “pezzetto” di storia sulla vita dei pescatori .24
Questi autori, con la diffusione delle loro opere fotografiche hanno esercitato, a mio avviso, una
marcata influenza sul processo individuale e collettivo di selezione dei ricordi: hanno rafforzato
fortemente la memoria relativa ad alcuni aspetti della comunità locale del tempo e relegato altri
fattori, gli elementi non “impressionati”, su un piano d’importanza marginale.
Vere testimonianze sul vissuto della comunità locale dello scorso secolo si ottengono soprattutto
dalle storie di vita narrate dalle persone anziane, protagoniste di un tempo non molto lontano ma
profondamente diverso dal presente per valori, credenze e pratiche di vita quotidiana. Se da un lato
i primi scritti di storia sociale hanno fatto riferimento ai racconti tramandati oralmente di
generazione in generazione, come nel caso di Sestri Levante e il suo crocifisso25 , dall’altro si è verificato,
a mio giudizio, negli anni successivi, una sorta di processo inverso: anche le persone più avanti con
l’età hanno cominciato a ricostruire il passato della loro città a partire dagli elementi presi in
considerazione da quegli stessi scritti. Il problema è che tali documenti, per la loro vocazione
divulgativa, si propongono di illustrare i tratti salienti della vita della comunità in poche pagine, con
il rischio, però, di ridurre decisamente la complessità del reale e di “mitizzarne” alcuni elementi,
mediante narrazioni che tendono generalmente a conferire al passato il sapore nostalgico di “un
tempo semplice e sereno che non tornerà più”26.
21
F. PO, op. cit., 1990.
F. CLARKE, G. BORASINO, op. cit., 1985.
23
R. CIUFFARDI, Vissi d’amore e di polpo, De Ferrari Editore, Genova, 1998.
Vedi nota 10.
24
Tra le raccolte fotografiche desidero ricordare inoltre quella particolarmente ricca di G. ROSSIGNOTTI, op. cit., 1974.
25
COMITATO FESTE CENTENARIE DEL S. CRISTO (a cura di), op. cit., 1928.
26
In Sestri Levante e il suo crocifisso, op. cit. 1928 (vedi nota 19) e nel volume di F. PO, op. cit. 1990 (vedi nota 16) che ne
trascrive alcune parti, si afferma ad esempio:
“Non sappiamo perché nell’animo sentiamo una certamente non romantica nostalgia dell’antico e perché vorremmo creare
una reazione forte, spietata contro questo vezzo di fare come gli altri fanno e di imbarbarire questo nostro meraviglioso
paese che ha avuto e dovrebbe avere una propria fisionomia folcloristica come ha un suo cielo e un mare proprio. (...) Vita
semplice quella di Sestri allora: la ferrovia non era ancora giunta a soffocare l’incantevole nostro lido, e Sestri costituiva
un’importante stazione di transito per Spezia e Parma, con pochi alberghi senza termosifoni e luce elettrica, ma con il
comfort di pasti sani e di pesce squisito ed a buon prezzo.”
22
7
Durante la mia ricerca ho potuto rilevare una notevole corrispondenza tra le descrizioni della vita
locale presenti nelle pubblicazioni su Sestri Levante e quelle emerse dalle interviste. Gli argomenti
trattati dai miei informatori e quelli presenti nei testi scritti erano gli stessi, almeno in un primo
momento, quando gli intervistati si trovavano a dover rispondere alla domanda generale: “Come si
svolgeva la vita quotidiana agli inizi del Novecento?”. Solo in una fase successiva di analisi più
approfondita, riguardante in particolare la storia personale, i soggetti intervistati iniziavano a fare
maggiore riferimento ai propri ricordi.
Come accennato prima, i volumi di storia sociale sono caratterizzati soprattutto dalla presenza di
numerose fotografie e spesso il testo scritto è solo la didascalia di queste ultime.
Gli elementi costanti emersi dalle interviste (che analizzerò nel capitolo 2.2. e 2.3.) sono stati i
seguenti:
 l’immediato riferimento alla città come “borgo di pescatori”;
 la pesca con la lampara;
 l’elenco di alcune attività legate alla pesca quali la rimagliatura delle reti stese sulla spiaggia e
la salagione delle acciughe;
 il commercio di alcuni prodotti locali trasportati per mezzo dei Leudi (nonostante fossero
usati anche altri tipi di imbarcazione);
 la figura del suraio, individuo poverissimo che, per vivere, raccoglieva e vendeva la sabbia;
 la vendita del pesce ad opera delle mogli dei pescatori;
 le donne che lavavano i vestiti nei torrenti all’aperto27;
 l’estesa diffusione dei soprannomi;
 la rievocazione di alcuni “personaggi celebri” dell’ambiente popolare come la Cataina e la
Basanna;
 la pratica del riunirsi la sera al “muretto” in gruppi di donne e di uomini per fare insieme
piccoli lavori e soprattutto per parlare;
A proposito di quest’aspetto è stato tipico da parte degli intervistati, rievocare un famoso detto locale su uno dei due
torrenti in questione, quello di nome Ravino: “ Bevi l’acqua del Ravino e vi ritornerai”. “Questo secondo l’antica saggezza
popolare avviene al forestiere che s’avventura in quel di Sestri Levante, e quando è distante lo punge il desio di ritornarvi. Ecco è tornato. – “Ha bevuto l’acqua del Ravino””. COMITATO FESTE CENTENARIE DEL S. CRISTO (a cura di), op.
cit. 1928, p. 45.
27
8
 la caratteristica dei pescatori e delle loro mogli che usavano camminare scalzi e, poi, il loro
tipo di abbigliamento.
Si tratta degli stessi elementi di cui è più ampia la produzione fotografica pubblicata nei
diversi testi.
La figura del pescatore è quella che ha maggiormente attratto l’attenzione dei fotografi ed è anche
quella che le persone che ho intervistato hanno scelto immediatamente come personaggio
principale nel tentativo di fornire un quadro generale della società sestrese della prima metà del
‘900. E’ stato il pescatore il primo membro della comunità ad essere descritto.
Per quanto riguarda altri aspetti importanti della società nel periodo storico considerato quali la
vita degli agricoltori, dei minatori, dei professionisti del tempo e anche degli operai (l’industria ha
avuto un ruolo di primo piano nello sviluppo economico locale e nel numero di occupati al suo
interno), di cui è scarsa la documentazione fotografica e di cui non si parla se non per accenni nei
testi divulgativi sulla comunità locale, le persone intervistate hanno avuto più difficoltà a rievocarne
le attività e la condizione sociale. La narrazione di queste componenti della sociètà non è avvenuta
spontaneamente, è stato necessario che un mio intervento vi facesse posare l’attenzione. Questo è
avvenuto non solo nei casi in cui l’informatore era erede dell’ambiente culturale dei pescatori, per
cui poteva essere “naturale” iniziare a raccontare ricordando lo stile di vita condotto dalle persone
a lui più prossime, ma ho potuto riscontrare la stessa modalità anche da parte di individui che
avevano un passato legato all’industria o appartenevano alla classe sociale borghese.
Dopo la figura del pescatore, su mia specifica richiesta legata al desiderio di analizzare le eventuali
differenze di genere presenti all’epoca, si è giunti a parlare anche del ruolo della donna e in primo
luogo è stata presa in considerazione la “moglie del pescatore”. Come illustrerò in seguito (vedi
cap. 2.2 e 2.3.) la vita di quest’ultima era più complessa di quella del marito per la varietà di
mansioni svolte e per il carico di responsabilità che le era affidato sul piano lavorativo, economico,
educativo e domestico. Nonostante ciò, anche le donne intervistate28, forse in quanto eredi di
quella cultura che, come loro stesse ricordano, relegava la donna in uno stato di subordinazione
rispetto all’uomo, hanno anteposto il ruolo maschile del pescatore a quello femminile.
A mio avviso è stato messo in atto un processo che ha, di fatto, elevato l’immagine
fotografica a “testimonianza oggettiva della realtà” trascurandone il valore espressivo-interpretativo
28
Mi riferisco a persone della terza età, non a donne giovani.
9
e di “costruzione simbolica”29. Tale atteggiamento, unito all’attenzione rivolta dai fotografi
prevalentemente al mondo dei pescatori, ha concorso alla creazione di un substrato culturale che
arriva ad orientare le pratiche di ricostruzione dell’identità locale messe in atto dalla stessa
popolazione.
L’identità del luogo-Sestri Levante messa in gioco dai locali nel rapporto con il mondo ideale dei
turisti viene affermata, a partire dagli anni Settanta, ma soprattutto dalla metà degli anni Novanta,
ricorrendo all’immagine della città, come “antico borgo di pescatori”. Costruzione vera solo in
parte e non generalizzabile a tutto il territorio sestrese che, come illustrerò nei capitoli 2 e 3,
presenta una realtà molto complessa dove anche l’agricoltura e soprattutto l’industria hanno avuto
un ruolo non secondario.
Le guide turistiche su Sestri Levante sia cartacee che on-line utilizzano l’immagine del borgo antico
per presentare la destinazione nei termini di “villaggio intatto”, di “paradiso perduto” 30,
affiancandovi poi espressioni quali “oasi a misura di turista”, cercando di colpire anche il lato
“consumistico” dei visitatori, come si può notare dagli estratti seguenti.
Nella Guida ai Servizi del Comune di Sestri Levante si afferma:
“…fatevi catturare dall’atmosfera intrisa di storia del centro storico (…) Un
centro storico che non rinnega l’origine di antico borgo di pescatori, ma che
è oggi modellato in una fusione straordinaria con l’ambiente naturale, offre
uno spettacolo storico ed architettonico autenticamente ligure. Un centro
29
Come afferma P. Chiozzi nel suo Manuale di antropologia visuale:
“(Escludendo le fotografie fatte da ricercatori sul campo) possiamo distinguere le fotografie “profane” di cui s’interessa
oggi l’antropologia visuale in due “generi”, che vorrei indicare rispettivamente come ritratti ed autoritratti: il primo è
costituito da quelle fotografie che possiamo considerare come testimonianze del modo in cui i soggetti, gli eventi, le cose
fotografate venivano “visti dall’esterno”; il secondo invece ci offre testimonianze del modo in cui i soggetti autori delle
fotografie “si vedevano” e vedevano il loro mondo. In questo caso le fotografie sono trattate come “elementi simbolici” nel
senso indicato da Mead nel volume The study of a Culture at a Distance, cioè come rivelatori di “modelli culturali”. (...)
Per l’antropologo, (...), la fotografia non è un dato ma un costrutto simbolico attraverso il quale colui che la scatta struttura
il proprio mondo.” P. CHIOZZI, op. cit., Unicopli, Milano, 2000, p. 184.
30
Come afferma O. LOFGREN in Storia delle vacanze :
“La storia del turismo moderno nel Mediterraneo si articola su una struttura narrativa costante: la scoperta di coste, villaggi
e regioni inesplorati. (…) Questo tema ricorre anche negli slogan promozionali e nelle guide che prendono a prestito il loro
repertorio pressoché fisso di panorami, cliché e forme narrative di letteratura di viaggio. Qui i luoghi vengono scoperti e
riscoperti e le definizioni dell’autentico vengono costantemente adattate alla situazione contingente. Il pittoresco villaggio di
pescatori con solo trecento abitanti descritto nel catalogo di viaggio ospita anche tremila visitatori estivi. (…) La retorica
della verginità crea continuamente nuove definizioni dello sfruttato e dell’intatto, ma crea anche il sottogenere del paradiso
perduto. (…) Vi è una nostalgia costante per un “allora” passato che tende a spostarsi nel tempo, a mano a mano che la
10
che è insieme anima e cuore pulsante del commercio cittadino, luogo ideale
dove immergersi per fare acquisti, un’oasi a misura di turista.”. 31
Ancora, secondo la guida distribuita dall’Azienda di Promozione Turistica locale, Sestri Levante. Due
mari, un sogno:
“…passeggiare, o addentrarsi nelle vie del borgo antico, diventa una
piacevole avventura. (…) l’antica atmosfera si è conservata. Basta una rapida
visita nella parrocchiale per accorgersi dei tesori di Sestri Levante (…) (e
delle) tante altre bellezze e curiosità di cui preferiamo lasciarvi il piacere della
scoperta. (…). E c’è ancora la bellezza dell’animazione, della gente: un
intrecciarsi intrigante dei quieti ritmi del borgo marinaro e di quelli ben più
dinamici della vacanza in una località di prestigio.”32
Gli esempi potrebbero essere moltissimi.
Tra gli strumenti più popolari di costruzione visiva di una località turistica vi è inoltre la
cartolina: una sorta di piccola guida del sito che rappresenta. Essa ci mostra un luogo enfatizzando
una porzione della località. Le cartoline di Sestri Levante raffigurano spesso la Baia del Silenzio e
non di rado rievocano il “mito” del borgo di pescatori presentando immagini di barche in secca e
di reti stese sulla spiaggia. E’ importante notare però che in realtà la pesca e le attività ad essa
collegate venivano svolte dai pescatori non su questa baia ma sull’altra, quella rivolta a ponente,
chiamata Baia delle Favole.
Ciò che ho qui solo accennato (e che, a mio avviso, si presta ad ulteriore approfondimento),
nell’intento di mostrare almeno approssimativamente i legami profondi tra immagini fotografiche e
processi di selezione sociale della memoria e in secondo luogo tra pratiche di costruzione
dell’identità collettiva in relazione al mondo esterno del turista e relativo utilizzo delle immagini sia
figurative che linguistiche vuole essere una riflessione, una sorta di analisi di secondo livello,
verginità viene creata e ricreata in esperienze generazionali e sociali diverse del “locale” ”. O. LÖFGREN, Storia delle
vacanze, Bruno Mondatori, Milano, 2001, p. 186-187.
31
L’ITALIA IN COMUNE (a cura di ), Sestri Levante. Guida ai Servizi, Noana editrice, Reggio Emilia, 1999, p. 11.
32
APT TIGULLIO, Due mari, un sogno. Sestri Levante. Golfo delle cinque stelle. Tigullio. Italia, Sagep Editrice, Genova,
1998, p. 7, 9, 10.
11
elaborata sulla base di quanto emerso nel corso della ricerca, presentata nei capitoli che seguono,
sulla realtà di Sestri Levante.
Il mio ruolo di ricercatrice ha assunto agli occhi delle persone intervistate uno statuto
ibrido: residente a Chiavari, città vicinissima a Sestri Levante, ma non sestrese e quindi, anche solo
per questo, necessariamente lontana dal “sentire” locale; inoltre, studentessa nella città di Milano,
rievocando così gli stereotipi (generalmente negativi) che molti sestresi hanno sui milanesi 33. Anche
la mia esperienza di “osservazione partecipante” è stata particolare: per i giovani del Tigullio come
me, Sestri Levante è la meta più comune in cui trascorrere il sabato sera o la domenica pomeriggio,
una sorta di punto d’incontro; è l’unica cittadina della zona in cui ci sono diversi locali aperti, la
discoteca, il carruggio del centro storico con le vetrine dei negozi illuminate, la passeggiata a mare,
la Baia del Silenzio...tutto raggiungibile in pochi passi.
Da questo punto di vista mi sono sentita molto vicina alla figura del turista del fine settimana, che
vive Sestri, nei suo aspetti di città “incantevole”34, come luogo di evasione dal quotidiano; d’altro
33
Sullo stereotipo del turista milanese, vedi cap. 4.1.1. .
L’attributo “incantevole” viene utilizzato da pressoché tutte le guide turistiche che presentano l’antico borgo cittadino,
generalmente, in concomitanza con altre espressioni dal forte valore semantico tese a rievocare l’immagine di un luogo
fiabesco, da sogno.
34
Esempi tratti dalla guida turistica dell’Azienda di Primozione Turistica del Tigullio, APT Tigullio, Due mari, un sogno.
Sestri Levante. Golfo delle cinque stelle. Tigullio. Italia, Sagep Editrice, Genova, 1998:
“SESTRI LEVANTE. La Baia del Silenzio, la Baia delle Favole: due mari che avvolgono d’incanto un borgo sospeso
sull’azzurro” (p. 1);
“L’isola, la Baia delle Favole, la Baia del Silenzio. Nomi che raccontano l’incanto di un posto magico, che può addirittura
moltiplicare il fascino del mare. (...) Tra questi due mondi si gioca tutto il potere di seduzione di un paese di pescatori che
sembra sorto dal mare quasi per un processo naturale...” (p. 3);
“La sottile seduzione del Mediterraneo nasce da due realtà che qui si fondono: la sua storia ricca e complessa e la sua natura
che è invece semplice e solare...” (p. 4);
“Un posto tanto incantevole e tranquillo, ha avuto, in realtà, una storia travagliata.” (p. 6);
“ Tutto qui ha il sapore della favola perché difficilmente la fantasia stessa avrebbe saputo immaginare ed organizzare uno
spazio con bellezze naturali e di paesaggio così suggestive” (p. 8).
Inoltre, nella Guida ai Servizi del Comune di Sestri Levante, L’ITALIA IN COMUNE (a cura di ), op. cit., 1999, si
afferma:
“ Ci sono luoghi che impressionano la memoria con suggestioni che non si dimenticano; provate a guardare Sestri Levante
dallo sbocco di S. Anna, l’incanto della baia e della penisola vi stregheranno…” (p. 11).
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canto, ho cercato di partecipare ad alcuni eventi (manifestazioni, Festival-Premio H. C. Andersen35,
conferenze, riunioni pubbliche...) e ad alcuni momenti della “vita di tutti i giorni” (interazioni tra
turisti e locali all’interno dei negozi, pomeriggi al mare, sport tra amici...), osservandoli quasi
dall’esterno, provando a mantenere un equilibrio tra coinvolgimento e distacco.
Di fatto la realtà che ho studiato non era totalmente “altra” da me, ma questo, in molte occasioni,
mi ha aiutata, avendo a disposizione un tempo relativamente breve (ho iniziato il lavoro “sul
campo” nel mese di Novembre 2002), a meglio comprendere il significato di molte espressioni
linguistiche locali, alcuni sottintesi e i riferimenti a luoghi, fatti e persone.
La mia analisi socio-antropologica, relativa allo sviluppo turistico del territorio di Sestri Levante,
intende privilegiare sostanzialmente due importanti fattori: quale trasformazione socio-culturale è
stata determinata dall’insediamento turistico e quale risposta culturale è stata data dalla comunità
locale attraverso l’organizzazione e i prodotti della propria cultura.
La forma di produzione e di consumo turistico è una “pratica significante”: essa, infatti, trasforma
un ambiente naturale ed architettonico, aggrega una nuova realtà sociale, determina un’economia e
propone uno stile di vita.
Tra nativi ed ospiti può stabilirsi una comunicazione diretta o anche semplicemente un rapporto
indiretto. Entrambi concorrono alla formazione di un sapere, di una sensibilità nuova, inducono un
cambiamento dei modelli di comportamento e dei valori di riferimento. 36
Studiare il fenomeno turistico dal punto di vista delle problematiche culturali ad esso legate,
significa porsi degli interrogativi in riferimento all’intero “modello socio-economico” in atto nella
comunità locale: quali nuovi bisogni e comportamenti vengono indotti, quali modificazioni
dell’immaginario collettivo, quale tipo di investimento edilizio-abitativo, quali gli “imperativi
estetici” al riguardo, quale organizzazione e gestione della “forma” turistica, quale controllo da
parte dei nativi è esercitato sui fenomeni di induzione, ecc…
35
Vedi cap. 3.4. .
Sui siti Internet di città italiane che hanno pubblicato on-line il proprio “piano di sviluppo turistico” ho notato che
tendenzialmente non è presente il riferimento ad alcuno studio di tipo socio-antropologico sulla comunità locale interessata.
Significativo è invece, a mio avviso, il contributo offerto dall’antropologo Bachisio Bandinu sul sito
http://www.siniscolaonline.it/turismo.htm. La sua ricerca, dal titolo “Il fenomeno del Turismo nella realtà Culturale di
Siniscola. (in rapporto allo sviluppo turistico in Sardegna)”, è stata, per me, un utile strumento di riflessione e di
comparazione delle due realtà turistiche, Sestri Levante e Siniscola, che mi ha guidata nella stesura di queste pagine accanto
al riferimento costante alla ricerca della prof.ssa Silvia Barberani nell’ambito dell’Antropologia del turismo: S.
BARBERANI, Processi di costruzione dell’identità in una comunità di frontiera nel Mediterraneo. Memoria e interazione
36
13
Tenterò di sollevare una riflessione su tali questioni attraverso un excursus storico che dalle origini
del fenomeno turistico a Sestri Levante giunga fino ai nostri giorni, nella speranza che possa
diventare uno strumento utile per coloro che vorranno in seguito elaborare un nuovo Piano di
sviluppo del turismo che tenga conto del tipo di evoluzione del tessuto sociale a cui la città è
andata incontro.
turistica a Kastellorizo, Tesi di Dottorato in Scienze Etno-Antropologiche, Università degli Studi “La Sapienza” di Roma,
Roma, Dicembre 2002 .
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