Bianca Menghi Claudio Magris: Una mappa dei luoghi della scrittura

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Bianca Menghi
Claudio Magris:
Una mappa dei luoghi della scrittura/ A map of the writing places
Abstract
Anyone who has read a lot of novels has doubtless pondered the idea of mapping out what happens in
these novels. A glance at such a map would provide a wealth of information about the interlacing of place
and event, of setting and plot. Franco Moretti, an Italian literary theorist and professor at Stanford
University, has drawn just these kinds of maps, integrating them with argument. His book Atlante del
romanzo europeo (1997), which traces the geography of the 19th century novel, is based on an extremely
simple idea: geography is not an inert container, is not a box where cultural history “happens”, but an
active force, that pervades the literary field and shapes it in depth. Through his maps, Moretti makes
explicit – and visible – the connections between space and literature and thereby tries to spread light
upon meaningful relationships that otherwise would remain hidden. In this study, I try to adopt Franco
Moretti’s method of analysis and mapping on two novels by Claudio Magris: Danubio (1986) and
Microcosmi (1997), in which is indicated the dominant element of his poetics, the idea of a European
culture community and transnational.
In un passo del romanzo Danubio, Claudio Magris scrive:
Un’identità è fatta anche delle strade nelle quali abbiamo vissuto e lasciato parte di
noi. La carta del Monte Nevoso, coi nomi delle sue radure e dei suoi sentieri, è certo
anche un mio ritratto, l’immagine di ciò che ho vissuto e che sono1.
Il paesaggio è un elemento fondamentale nell’opera dello scrittore triestino perché, tra
le sue parole, si condensa l’immagine che ha del mondo. Claudio Magris è narratore di
storie grandi o minime, nelle quali la propria identità si manifesta in maniera obliqua,
con il racconto della vita di altri, che siano personaggi storici o inventati; i
condizionamenti autobiografici permeano i suoi scritti, tanto quelli narrativi e
drammaturgici quanto quelli saggistici. Come afferma Ernestina Pellegrini, critica e
appassionata lettrice di Magris, la sua è un’ “epica delle radici e delle origini”2 perché
narra dei luoghi primari della sua esistenza, nei quali la vita affonda le sue radici
essenziali e si intensifica attraverso il ricordo o, come dice Magris: “da anamnesi
platoniche dell’animo che si riconosce in essi”3. A tale memoria personale si aggiunge
1
C. Magris, Danubio, Milano, Garzanti, 2009, p. 252.
E. Pellegrini, Epica sull’acqua. L’opera letteraria di Claudio Magris, Bergamo, Moretti&Vitali, 1997,
p. 154.
3
C. Magris, Danubio, cit., p. 252.
2
1 però un desiderio di sconfinamento, per superare i limiti della propria storia personale
attraverso la conoscenza e la successiva appropriazione di mondi nuovi e diversi, luoghi
che non pertengono al nostro quotidiano, ma che ci toccano ugualmente con forte
intensità. La conoscenza di un mondo “altro”, desiderato e che sentiamo ci appartiene,
può avvenire solo attraverso il viaggio, nella sua duplice possibilità di esperienza fisica
e immaginaria. Si può viaggiare verso luoghi sconosciuti percorrendo strade, ma anche
seduti tra le quattro mura di una stanza, leggendo un buon libro. I primi viaggi di
Magris nascono infatti su carta: «tra le prime letture che hanno avuto un “impatto etico”
su di me citerei le letture ingenue, epiche: da Salgari ai grandi, come Melville,
Stevenson […]»4. La letteratura di viaggio appare allo scrittore la più autentica, perché
solo attraverso il racconto di frammenti di vita vera è possibile cogliere il mondo nella
sua totalità e offrirne una sintesi5. Per Magris, vivere vuol dire viaggiare e scrivere: la
sua opera è l’equilibrio di un’incessante dialettica tra la realtà quotidiana e il viaggio
avventuroso, da cui emerge l’insospettabile e straordinaria originalità della vita vera,
molto più bizzarra rispetto a qualsiasi invenzione fantastica.
Molti sono i luoghi privilegiati da Magris come punti di riferimento simbolico della
propria identità. Ai suoi esordi saggistici e con il suo capolavoro narrativo Danubio, tali
luoghi avevano una dimensione macroscopica – l’impero asburgico, la civiltà ebraica
dell’Europa centro-orientale, la cultura tedesca, l’Europa danubiana – per poi rivolgersi
a realtà più piccole, veri e propri “microcosmi”, come chiama nel suo omonimo
romanzo del 1997. Il pensiero dello scrittore e critico letterario, pur nel desiderio di una
visione totalizzante della realtà, muove sempre dal particolare all’universale. Ne sono la
prova i numerosi saggi realizzati quali opere collettanee di articoli giornalistici o
interventi pubblici, in cui l’analisi critica di una determinata opera letteraria o di un
evento di cronaca quotidiana acquistano un orizzonte letterario, culturale e sociale più
ampio. Possiamo quindi definire l’opera di Magris anche un’ “epica del frammento”,
del particolare che si inserisce (o tenta di inserirsi) in un sistema ermeneutico più
grande. Il rapporto tra macrocosmo e microcosmo è spiegato, secondo differenti punti di
vista, dall’informatico e scrittore italiano Giuseppe O. Longo e da Claudio Magris, in un
recente incontro a Trieste durante il “Salone europeo dell’innovazione e della ricerca
scientifica” (“Trieste Next”), intitolato Scienza e letteratura:
4
5
M. Alloni, Se non siamo innocenti, Roma, Reggio Emilia, Aliberti, 2011, p. 33.
C. Magris, L’infinito viaggiare, Milano, Oscar Mondadori, 2006, p. XVI.
2 Magris: Ho letto di recente un tuo brevissimo saggio [di Giuseppe Longo] in cui, nella
forma di un’intervista immaginaria a Heisenberg, parli del rapporto tra macrocosmo e
microcosmo, tra mondo subatomico dove vige o sembra vigere un assoluto
indeterminismo e il mondo macro in cui viviamo, operiamo nella nostra vita in cui
sembra vigere il determinismo e le leggi di causalità, un fatto che ne provoca un altro e
così via. E questo credo sia una delle chiavi della letteratura, perché chiaramente si
occupa del macrocosmo […] e non delle particelle minime. Però una conoscenza in
qualche modo concreta di quello che succede a livello subatomico, secondo me si
traduce in un senso generale, non micro bensì macro, del mondo nella letteratura.
Quando scrissi Microcosmi, pensavo che fossero piccoli, luoghi o paesaggi; in realtà
senza volerlo si tratta in qualche modo di un libro che fa i conti di quella
trasformazione di cui tu parlavi, e che io avverto con certa inquietudine, come ha detto
Negroponte: “i bit hanno vinto gli atomi”, cioè l’immateriale informazione ha vinto gli
atomi. Io sono molto legato agli atomi e a quelle amabili combinazioni che sono i corpi
delle persone, quindi vedo con un certo disagio il prevalere dei bit che non sono in
grado di dirmi o di darmi quello che mi dicono e mi danno gli atomi nelle loro
combinazioni. […] Però a un certo punto il mondo è talmente compenetrato da queste
vicende che, ad esempio, io in Microcosmi, alla fine mi sono accorto di avere scritto la
storia di un “io” che c’è e non c’è, di un’esperienza che non si sa se sia sua o
appartenga agli altri, di qualche cosa di intercambiabile che però non perde la
passione. Insomma questo “io” sembra quasi avvertire di esser fatto di tante piccole,
piccolissime realtà che sembrano staccarsi, come le perle di una collana il cui filo è
molto precario.
Longo: In realtà il mondo è un sistema molto complesso e, se una lezione ci ha dato la
teoria della complessità, è che i sistemi complessi non si possono descrivere ad un
unico livello. Noi abbiamo bisogno di poter affermare il mondo di tanti linguaggi e tanti
livelli di comprensione, di tanti punti di vista. […] Noi siamo abituati a vivere in un
mondo macroscopico […], ma il ponte tra il micro e il macro passa per uno strumento
di misura che siamo noi uomini6.
Certamente il rapporto tra i microcosmi e il macrocosmo nell’opera di Magris, non è
subatomico, come afferma lo stesso scrittore ma tra realtà spaziali differenti: da un lato i
luoghi della sua vita personale, Trieste, il Carso, il mar Adriatico, Torino, le amate
locande tedesche, che fanno parte ed entrano in relazione all’interno di un macrocosmo
italiano, mitteleuropeo, europeo ed infine mondiale:
Adriatico e Danubio, mare e Mitteleuropa continentale, i due scenari opposti e
complementari della vita; il confine che li separa, e che durante una gita si varca
senz’accorgersene, è un minimo buco nero che conduce da un universo a un altro7.
La stretta relazione tra l’opera letteraria e lo spazio geografico in cui si muove lo
scrittore, mi hanno spinto a considerare la possibilità di rappresentare su mappa i luoghi
e i percorsi dei due anonimi protagonisti di Danubio e Microcosmi. Seguendo il metodo
6
C. Magris, G. O. Longo, Scienza e letteratura, “Trieste Next. Salone europeo dell’innovazione e della
ricerca scientifica”, Trieste, 29/09/2012.
7
C. Magris, Microcosmi, Milano, Garzanti, 1997, p. 195.
3 proposto da Franco Moretti nel saggio Atlante del romanzo europeo (1997), nel quale
l’autore traccia la geografia del romanzo del XIX sec., basandosi sull’idea che la
geografia non è un contenitore inerte o decorativo della storia culturale, ma una forza
attiva, che pervade il campo letterario e lo plasma in profondità. Attraverso una
centinaia di carte geografiche, Moretti opera delle connessioni tra spazio e letteratura,
esplicite e visibili, cercando in tal modo di far luce su alcuni rapporti significativi che
altrimenti resterebbero nascosti. Difatti, uno sguardo a una mappa fornisce una serie di
informazioni circa l’intreccio tra il luogo e gli eventi narrati, tra l’ambiente e la trama
del romanzo, in maniera non banale. Moretti discute sia della distribuzione delle forme
letterarie nello spazio geografico, che delle conseguenze dello spazio in letteratura. Nel
primo capitolo dell’Atlante, Jane Austen e Walter Scott sono i soggetti indagati per
scoprire il legame tra la trama di un romanzo e i luoghi in cui si svolge la storia – la
campagna, la frontiera –, l’analisi si estende anche al rapporto tra spazio e genere
letterario, trattando del romanzo picaresco spagnolo e del romanzo coloniale. Il secondo
capitolo riguarda un confronto tra la Parigi di Balzac con la Londra di Dickens, mentre
il terzo è dedicato a un’indagine sociologica della diffusione dei generi letterari in tutta
Europa. Il libro si compone di mappe semplici, per lo più in bianco e nero che mostrano,
ad esempio, le ambientazioni dei romanzi storici, le rotte che sono percorse dai
“romanzi coloniali”, i luoghi particolari in cui si trovano “gli oggetti del desiderio” nella
Parigi dei romanzi di Balzac, o la percentuale di romanzi delle librerie inglesi della metà
del XIX secolo. Moretti è un ricercatore attento all’analisi strutturale delle opere
letterarie. Con riferimento allo schema della Morfologia della fiaba di Vladimir
Jakovlevič Propp8, mostra che la maggior parte dei racconti sono basati su un modello
binario: nelle fiabe popolari, ad esempio, la tensione narrativa si basa sulla
contrapposizione tra il mondo del protagonista e il mondo del cattivo. Nel romanzo
realistico, anche se la città vive in contesto casuale, spesso è ugualmente strutturata da
uno schema narrativo binario che tiene sotto controllo il caos. Il maggior sviluppo di
questo rapporto nel genere del romanzo è testimoniato da Balzac, la cui policentrica
Parigi genera “storie del Terzo”9, ossia racconti di mondi complessi e indeterminati, in
cui non si può maneicamente dividere tra buoni e cattivi. Moretti è convinto che la
geografia determina la forma letteraria e che, senza un certo tipo di spazio, non sia
possibile un determinato tipo di storia. La geografia è lo spazio informativo che
8
9
F. Moretti, Atlante del romanzo europeo 1800-1900, Torino, G. Einaudi, 2000, pp. 75-76.
Ivi, p. 109.
4 struttura la narrazione e determina le possibilità del racconto. Nel terzo capitolo, Moretti
dimostra come lo spazio influenza lo sviluppo di forme letterarie anche in un altro
modo, ovvero attraverso i meccanismi del mercato librario, con particolare attenzione
alla distribuzione dei generi letterari e alla diffusione del romanzo alla metà del XIX
secolo in Europa. L’Atlante del romanzo europeo è a metà tra il manifesto
metodologico e l’esempio pragmatico, in cui Moretti utilizza le mappe come strumenti
di analisi, non come metafore, e sicuramente non come ornamenti. Le mappe
scompongono i testi in un modo insolito, mettendo in evidenza alcune connessioni
interne all’opera letteraria o confermando ipotesi ermeneutiche in modo nuovo; ogni
punto della sua argomentazione è il risultato di una mappa, come afferma lo stesso
autore: “In questo libro, la cosa è evidente, il metodo è tutto”10.
Proviamo quindi a sperimentare il metodo cartografico di Moretti con due romanzi di
Magris Danubio (1986) e Microcosmi (1997), in cui la creazione di una mappa si rivela
particolarmente significativa. Nel primo caso, la mappa di Danubio (fig. 1) è molto
semplice, ma essenziale per la comprensione del romanzo, vi è raffigurato il percorso
del viaggiatore-protagonista lungo la costa del Danubio. L’utilità nel seguire il tragitto
del protagonista del romanzo è stata compresa anche dalla casa editrice spagnola
Anagrama, che ha fornito l’edizione tradotta del romanzo11 di una carta geografica
raffigurante il corso del Danubio e tutti i paesi che lo costeggiano. Nella
rappresentazione cartografica in fig. 1, sono segnate le tappe più rilevanti del viaggio
del narratore su una carta politica i cui confini territoriali risalgono agli inizi degli anni
‘80, periodo in cui lo stesso autore intraprende alcuni viaggi in Europa centrale, in
qualità di giornalista inviato all’estero per il “Corriere della sera”. Nel tracciare la
sorgente del fiume sono indicati i due affluenti Breg e Brigach, ed è segnalata la
supposta sorgente di Furtwangen insieme all’effettiva di Donaueschingen, le quali
ancora si contendono il primato delle origini del Danubio. Il viaggiatore in un cammino
che punta a chiarire la propria identità e il proprio futuro, si sofferma sulle origini del
fiume la cui fonte, nonostante le prove scientifiche, continua ad essere discussa ed
incerta. “Giurare sul Danubio che la grondaia è il Danubio? In questa faccenda manca il
fondamento primo, la base che regge il tutto […]”12: la storia è appena iniziata e già
manca il principio; la fonte del Danubio è infatti contesa tra i monti della Foresta Nera
10
Ivi, p. 7.
C. Magris, Danubio (1986), tr. sp. El Danubio, Barcelona, Anagrama, 1989.
12
C. Magris, Danubio, cit., p. 27. 11
5 presso Donaueschingen e lo scolo di una grondaia di Furtwangen. Sin dall’inizio il
narratore si accorge che “Siamo già in piena civiltà danubiana, nel mondo dell’Azione
parallela […]”13, si scopre così che la vera condizione del Danubio risiede nella
possibilità, in questo modo il fiume può scorrere in un corso libero e ricco e
sorprendente come la vita umana che si va scoprendo nel suo fluire. La filosofa María
Antonia Labrada nel saggio “El relato de Europa por Claudio Magris”14, definisce il
romanzo “la narración de Europa”; il filo del racconto è il corso del Danubio, percorso
da un avventuriero che non ha un fine prestabilito, ma va alla scoperta del variopinto e
plurale mosaico dell’Europa riunita e rappresentata dal Danubio. I protagonisti – città,
fatti storici, paesaggi, scrittori, tradizioni culturali – sono inseriti da Magris in una
narrazione fluida che segue, anche nelle pause diegetiche, il corso del fiume; la storia
interminabile dell’Europa appare così il fluire del fiume che, secondo Labrada, non ha
una fine perché sbocca nel mare, simbolo della persuasione, del presente e della vita
vera. La tesi di Labrada si basa sul parallelismo tra l’accurata indagine del narratoreprotagonista di Danubio sulle origini del fiume e la ricerca delle origini dell’Europa15.
La comparatista Natalie Dupré ha invece analizzato il concetto di frontiera in Danubio
in uno studio intitolato Per un’epica della vita quotidiana. La frontiera del Danubio di
Claudio Magris16. Dupré descrive il concetto di frontiera secondo quattro parametri: il
primo è la modalità cognitiva di tipo scientifico-geografica17, vale a dire, considerando
l’area geografica del Danubio come materia di frontiera. Un esempio è proprio
l’interesse del narratore per la controversia sulle fonti del Danubio:
Qui nasce il ramo principale del Danubio, dice quella targa presso la sorgente della
Breg. Nonostante questa dichiarazione lapidaria, il plurisecolare dibattito sulle fonti
del Danubio è tuttora acceso ed è anzi responsabile di vivaci contese fra le città di
Furtwangen e di Donaueeschingen. A complicare le cose si è aggiunta, inoltre, di
recente l’azzardata ipotesi sostenuta da Amedeo, apprezzato sedimentologo e segreto
storiografo di disguidi, secondo la quale il Danubio nasce da un rubinetto18.
13
Ibid.
M. A. Labrada, “El relato de Europa por Claudio Magris”, in Á. de la Rica, Estudios sobre Claudio
Magris, Navarra, EUNSA, 2000, pp. 29-54.
15
Ivi, p. 34.
16
N. Dupré, Per un’epica del quotidiano. La frontiera in “Danubio” di Claudio Magris, Firenze, Franco
Cesati, 2009.
17
Gli altri parametri sono quelli: ideologico e sociale, cognitivo-esistenziale, discorsivo. In riferimento al
parametro scientifico-geografico: N. Dupré, Per un’epica del quotidiano, cit., pp. 45-51.
18
C. Magris, Danubio, cit., p. 16.
14
6 Di tale disputa si è già parlato, aggiungo solo che il romanzo ha il singolare merito di
aver modificato la realtà fisica a Furtwangen, dove si trova un cartello con su scritto:
“questa è veramente la vera sorgente del Danubio. Non è vero, come è stato scritto, che
il Danubio nasca da un rubinetto, o da una grondaia o dai scoli delle case vicine”19.
Ancora guardando la carta ci si rende conto della lunghezza del viaggio e dei numerosi
Stati attraversati dal protagonista, ciò ci permette di parlare con maggiore
consapevolezza di Danubio come di un’opera transculturale. Con tale aggettivo, preso
in prestito dall’antropologia culturale e dalla sociologia, si indica qualcosa che
attraversa la cultura, come il viaggiatore che attraversa ogni regione dell’Europa
danubiana. Pertanto, la transculturalità potrebbe riferirsi a tutto ciò che trascende la
particolarità e la specificità delle singole culture, mirando all’individuazione degli
elementi collettivi. Nel saggio L’altro e lo stesso (1998), Massimo Fusillo precisa che:
“transculturale non significa […] universale (e quindi depurato da ogni elemento
sociale, come voleva la tradizione idealistica), in quanto il riferimento è sempre rivolto
a un numero determinato di culture”20. Lo stesso Magris afferma:
[…] il Danubio è un fiume che non si identifica soltanto con un popolo, con una
cultura, bensì scorre attraverso tanti paesi diversi, tanti popoli, nazioni, culture, lingue,
tradizioni, frontiere, sistemi politici e sociali. Nel libro ci sono molti personaggi che
non sanno esattamente a quale nazionalità appartengano, che sanno definirsi solo per
negazione, che sanno soltanto dire ciò che non sono.21
Il rapporto tra romanzo e spazio narrativo è palese sin dal titolo, per il quale l’autore ha
dovuto insistere con le case editrici straniere affinché rinunciassero a scrivere l’articolo
davanti al titolo del romanzo (non sempre con successo come si nota ad esempio
nell’edizione spagnola El Danubio). Perché effettivamente Danubio “non è un libro sul
fiume, sulla geografia e nemmeno sulla storia, o almeno non è solo questo”22, è
soprattutto cultura. Fatta questa dovuta precisazione, in questo studio però è soprattutto
dell’aspetto geografico, o meglio spaziale, che si sta trattando.
Se si guarda la fig. 1, notiamo come il narratore sosti in ciascuna regione dei paesi
danubiani con un numero maggiore di tappe in Germania e in Austria (ad ogni regione
19
E. Pellegrini, “Notizie sui testi. Danubio”, in C. Magris, Opere, vol. I, Mondadori, 2012, p. 1577.
Edizione curata da Ernestina Pellegrini, il primo volume propone i libri di Claudio Magris apparsi tra il
1963 e il 1994.
20
M. Fusillo, L’altro e lo stesso. Teoria e storia del doppio (1998), cit. in A. Gnisci (a cura di),
Letteratura comparata, Milano, B. Mondadori, 2002, p. 76.
21
E. Pellegrini, “Notizie sui testi. Danubio”, in C. Magris, Opere, vol. I, cit., p. 1575.
22
Ivi, pp. 1574-1575.
7 sono infatti dedicati due capitoli ciascuna), rispetto al corso sud-orientale del fiume. Nei
primi quattro capitoli il racconto è minuzioso e il narratore facilmente può riassumere
un paesaggio culturale che conosce attraverso la straordinaria e vasta erudizione della
cultura e letteratura tedesca e austriaca, mentre negli altri cinque capitoli in ogni singola
tappa scopre nuove civiltà in cui è impossibile distinguere un’unica radice etnica e
culturale. Si evince quindi un legame tra la trama narrativa e lo spazio geografico, come
d’altronde è stato già rivelato da numerosi critici. Guido Morpugno Tagliamento, su
“aut aut” nel 1987, afferma che nel romanzo “la cultura si spazializza”23, mentre Lucio
Villari su “la Repubblica” (1986) scrive:
Tuttavia la fisicità di un viaggio accumula di per sé interrogativi diversi: talvolta i
misteri della geografia non sono da meno di quelli della storia. […] Forse sta qui la
vera intenzione di questo libro di viaggio: riuscire a superare, seguendo le linee
ondulate di un fiume, tutte le barriere, le interdizioni, le interruzioni tra passato e
presente, fra immaginazione e realtà che la geografia e la poesia non hanno mai
rispettato, ma che anche la storia ci consegna perentoriamente, come un mondo di
volontà e di rappresentazioni immodificabili.24
La carta geografica è segnata dai confini politici che la linea azzurra del fiume supera e
sovrasta, ciò che emerge dalla mappa in fig. 1, oltre che un’Europa politicamente
diversa dall’attuale25, è un’Europa unita. Ciò che Magris desiderava ed è riuscito a
comunicare in Danubio, è che l’Europa centro-orientale, definita anche l’ “altra”
Europa, non ha bisogno di questo aggettivo “altra”, perché è già Europa26.
Nella mappa fig. 2 è rappresentato un altro famoso romanzo di Claudio Magris
Microcosmi che, insieme all’opera teatrale La Mostra, sono i libri più autobiografici
dell’autore. Se Danubio abbraccia una vasta area geografica e storica, Microcosmi è la
scoperta di luoghi sempre più piccoli, talora minimi, ma lontani da ogni particolarismo,
“perché in essi balena il grande, il significativo, il senso irripetibile di ogni esistenza”27.
Nel romanzo i singoli capitoli descrivono un luogo caro alla memoria dello scrittore
che, come vediamo nella mappa, si inserisce in un contesto spaziale e narrativo più
23
Ivi, p. 1577.
Ivi, p. 1580.
25
Il romanzo è definito da Lorenzo Ornaghi ne Il Danubio e i fantasmi della politica moderna (1987),
“una stupefacente allegoria di ciò che è stata la politica Europea”: E. Pellegrini, “Notizie sui testi.
Danubio”, in C. Magris, Opere, vol. I, cit., p. 1581.
26
C. Magris, Fra il Danubio e il mare, cit., p. 26.
27
Ivi, p. 31.
24
8 ampio rispetto alla propria collocazione geografica. Microcosmi è la storia di un uomo
attraverso il suo viaggio nella vita, attraverso i luoghi – reali e simbolici – della sua
esistenza, i quali sono tappe provvisorie, ma anche luoghi in cui l’autore si sente a casa.
Nella mappa sono segnati i luoghi reali e quelli ricordati dall’anonimo protagonista: i
luoghi fisicamente percorsi dal protagonista sono tre, tutti collocati a Trieste segnata
perciò con un triplice punto concentrico: il “Caffè San Marco”, il “Giardino pubblico” e
“La volta” della chiesa, ovvero i capitoli primo, ottavo e nono del romanzo. Si evidenzia
così il collegamento spaziale tra le tre parti del romanzo, che nel testo emerge per
mezzo di alcuni richiami testuali interni, in cui la topografia della città lega i luoghi
reali mentre, la costante presenza di “acqua” unisce l’intera narrazione:
Vada alla toilette a rassettarsi. Immergersi nel mare, anche solo lavarsi le mani
nell’acqua tiepida della laguna, mettere il viso sulla fontanella del vicino Giardino
Pubblico, come allora dopo le corse, nella neve così bianca che sembrava blu, nella
piccola sorgente in quella radura del bosco, dove andavano i cervi, in
quell’acquasantiera della chiesa del Sacro Cuore, in via Ronco, così fresca. In fondo,
tutto è così vicino, quasi a due passi. Il San Marco, per chi vuole sgranchirsi le gambe e
fare un piccolo giro del mondo, è situato in un’ottima posizione. Centrale, direbbe
un’agenzia immobiliare. Per raggiungere la chiesa di via del Rocco, passando per il
Giardino e per tutti gli altri posti necessari, ci vogliono pochi minuti. 28
La centralità di Trieste rispetto alle altre località conferma l’importanza che questo
spazio riveste nella trama del romanzo, è infatti l’unico luogo fisico vissuto dal
protagonista nel tempo della narrazione. Gli altri sono luoghi della memoria, attraversati
solo mentalmente, sono microcosmi positivi come “Valcellina”, in cui l’ “io” rievoca le
sue radici familiari e regionali, o più spesso luoghi in cui l’identità si dissolve. Questi
microcosmi sono, come sostiene Longo, “un proliferare imprevedibile di mondi –
esteriori e interiori – minimi, che sfuggono al principio di causalità”29. Possiamo
definire questi luoghi della scrittura o della memoria dell’ “io” narrante, come dei
“cronotopoi”, ossia dei topoi trasformati in paesaggio in funzione del loro simbolismo
cronologico30. Il cronotopo è definito da Michail Bachtin
31
quale manifestazione della
28
C. Magris, Microcosmi, cit., p. 36.
C. Magris, I romanzi di fronte al caos subatomico, bit, Dna e bosone di Higgs, “Corriere della sera”,
3/12/2012.
30
C. Domínguez, “Cronopaisaxe e historiografía literaria. Fortuna da critique en voyage como xénero
comparatista”, in F. López Silvestre (a cura di), Paseantes, viaxeiros, paisaxes, Santiago de Compostela,
Xunta de Galicia-Centro Galego de Arte Contemporánea, 2007, 99-109.
29
31
“Questo termine è usato nelle scienze matematiche ed è stato introdotto e fondato sul terreno della
relatività (Einstein). A noi non interessa il significato speciale che esso ha nella teoria della relatività e lo
trasferiamo nella teoria della letteratura quasi come una metafora (quasi ma non del tutto), a noi interessa
che in questo termine sia espressa l’inscindibilità dello spazio e del tempo (il tempo come quarta
9 cultura nel tempo e nello spazio, ossia una forma di interconnessione delle due
dimensioni, attraverso la quale la letteratura si impadronisce dei singoli aspetti di un
tempo e di uno spazio, storico o fantastico. Nel cronotopo la fusione dei connotati
spaziali e temporali di una determinata epoca si attua in un riappropriarsi del passato e
degli uomini che lo abitano. Quei punti sulla mappa in fig. 2, oltre a un’indicazione
geografica dei luoghi appartenuti alla storia del protagonista, sottolineano l’eccentrica
parcellizzazione della sua identità nel tempo. Questa mappa ci svela quindi tre elementi
fondamentali del racconto: la sua ambientazione reale e fittizia, a cui corrispondono le
molteplici radici dell’identità del protagonista, il tempo del racconto che, pur
svolgendosi sempre al presente, narra di eventi avvenuti soprattutto nel passato32, infine
la molteplice ambientazione del romanzo inserisce la realtà triestina nel contesto
mitteleuropeo (senza dimenticare il riferimento autobiografico dello scrittore alle
“Colline” torinesi) che, come abbiamo precedentemente affermato, è da considerarsi
europeo tout-court. I sei punti più piccoli segnati sulla carta geografica di Microcosmi
(fig. 2) ci fanno riflettere su come sia preponderante nell’opera il tema della memoria. I
ricordi del protagonista sono legati a luoghi situati da un lato o dall’altro dei confini
internazionali, regionali, provinciali o addirittura, urbani; emerge così un’altra
caratteristica propria della poetica magrisiana, per cui le frontiere da attraversare non
sono solo quelle fisiche tra gli Stati, ma le più persistenti sono quelle interne
all’individuo. È infatti solo attraverso la conoscenza della cultura altrui che si possono
superare le frontiere interiori del nostro “io”, e Magris mostra come tale processo non
sia semplice perché deve passare per una fase di spaesamento e la graduale perdita di
autonomia individuale, per poter poi comprendere ed affermare un’identità complessa e
pluristraficata. Microcosmi in un certo senso conclude il cammino iniziato con Danubio
e anche quel genere letterario inventato, a metà tra romanzo e saggio, iniziato con il
viaggio danubiano. Altri libri di viaggio ci sono e, probabilmente, ci saranno nella sua
opera, perché per Magris il viaggio coincide quasi con la vita.
dimensione dello spazio). Il cronotopo è da noi inteso come una categoria che riguarda la forma e il
contenuto della letteratura (non ci occupiamo qui del cronotopo delle altre sfere della cultura).
Nel cronotopo letterario ha luogo la fusione dei connotati spaziali e temporali in un tutto dotato di senso e
concretezza. […] Il cronotopo in letteratura ha un essenziale significato di genere. Si può dire che
il genere letterario e le sue varietà sono determinate proprio dal cronotopo, con la precisazione che il
principio guida del cronotopo letterario è il tempo. Il cronotopo come categoria della forma e del
contenuto determina anche l’immagine dell'uomo nella letteratura, la quale è sempre essenzialmente
crono topica”: M. Bachtin, Estetica e romanzo, Torino Einaudi, 1979, pp. 231-232.
32
“La narrazione randagia e fluttuante vive nella compresenza di presente e di passato, epifania
dell’attimo e memoria; ore fuggitive e secoli lontani sono presenti come i cerchi nel tronco di un albero”:
M. Bachtin, Estetica e romanzo, Torino Einaudi, 1979, p. 34.
10 In conclusione, la rappresentazione cartografica di Danubio, oltre a dare un’immediata
percezione del lungo viaggio e dei numerosi paesi attraversati dal narratore, è anche
espressione grafica di quel “pensare in più popoli”33, ossia una sintesi unitaria (il
Danubio) o un affastellamento eterogeneo (i numerosi e diversi punti sulla mappa), una
somma o una sottrazione, “un modo di essere più ricco o di essere Nessuno?”34. Con
Microcomi invece, possiamo affermare che la possibilità di essere più individui nel
corso di una vita fa andare alla deriva il senso di un’identità forte e qualsiasi
identificazione in un insieme ben preciso di valori e di connotati culturali. In
quell’ulissiaco “non essere nessuno” vi è, però, anche la grande ricchezza di poter
essere, la libertà di poter diventare altro da sé. Solo parlando di altri, attraverso la
scrittura saggistica e giornalistica o con storie e drammi a metà tra finzione e realtà,
Magris riesce sia a raccontare qualcosa della propria esperienza, sia a parlare di altri.
Non a caso, quale epigrafe di Microcosmi troviamo tradotta una poesia di Borges35,
dove si parla di un pittore che descrive paesaggi – monti, fiumi, alberi – e alla fine si
accorge di aver dipinto il proprio autoritratto, perché il suo essere consiste proprio nela
modo in cui egli guarda la realtà, nel modo in cui vive l’esperienza degli altri; se per
Magris “la nostra identità è il nostro modo di vedere le cose”36, possiamo affermare che
l’Europa si disegna nel suo volto.
33
Ivi, p. 343.
Ivi, p. 345.
35
“Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con
immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d’isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di
astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia
l’immagine del suo volto.”: J. L. Borges, “Epilogo”, in Id., El hacedor (1960), tr. it. C. Magris,
Microcosmi, cit., p. 9.
36
Magris, C., Fra il Danubio e il mare, cit., 2001, p. 28.
34
11 Fig. 1
12 Fig. 2
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