sviluppo di nuovi farmaci Un nuovo farmaco presentato alla classe medica, deve offrire uno strumento vantaggioso in termini di efficacia, sicurezza ed utilità. Il percorso che porta dallo studio iniziale alla disponibilità di un nuovo farmaco richiede un periodo generalmente non inferiore a 10-12 anni, ed è quasi sempre accompagnato alla valutazione preliminare delle proprietà farmacologiche di molte migliaia di composti chimici, seguìta dalla selezione di un numero più ristretto di questi, tra i quali verranno selezionati pochi candidati per le sperimentazioni preliminari e la successiva valutazione clinica che identificherà il nuovo farmaco. Secondo alcuni analisti, l'industria farmaceutica sarà presto in grado di studiare 100 miliardi di nuovi composti ogni anno. Questo significa che solo una grande capacità di gestire a livello informatico una sempre più vasta mole di dati ed informazioni consentirà ad una industria farmaceutica di rimanere sul mercato. Tra tutte queste nuove molecole molte saranno dirette a pochissimi pazienti, basate su profili genetici semi-individualizzati. Ciò presumibilmente porrà delicati problemi non solo sanitari ma anche di natura etica, politica, sociale, economica e giuridica. La complessità delle conoscenze tecnologiche e biotecnologiche, la frammentazione e la diversificazione delle competenze necessarie per promuovere i processi di sviluppo dei nuovi farmaci, i costi crescenti porta molti osservatori a prevedere che il 70 – 80% delle attività di ricerca e sviluppo che attualmente vengono condotte all'interno dell'industria farmaceutica saranno in futuro terziarizzate. Alcune aziende "terziste" sono specializzate nello sviluppo di nuovi farmaci, altre gestiscono studi clinici, mentre altre forniscono alle aziende informatori farmaceutici a tempo definito. Nell'ambìto della produzione, inoltre, esistono organizzazioni capaci di produrre il farmaco rispettando le normative di qualità, mentre altre sono specializzate nella sintesi chimica degli intermedi per l'industria. Le industrie farmaceutiche negli Usa hanno affidato ad appalti esterni (outsourcing) il 16% circa delle attività di marketing, nelle quali sono stati investito circa 1,5 mld di dollari. Per quanto riguarda i farmaci sono circa 2000 le organizzazioni di ricerca a contratto che offrono prestazioni nel settore. Di queste circa 80 operano in Italia e di preciso ancóra non si conosce il numero di quelle attive nel settore delle biotecnologie. la progettazione La progettazione di un nuovo farmaco deve derivare da una necessità terapeutica. Prima delle moderne tecnologie, il farmaco veniva individuato ricercandolo tra prodotti naturali o tra farmaci esistenti ma poco efficaci o sicuri; oppure osservando effetti collaterali positivi di altri farmaci dai quali si cercava di portare in primo piano l'effetto "collaterale"; o infine, per evento fortuito. Questa metodologia, oltre a essere poco mirata e selettivo in relazione al "bersaglio biologico" (recettore o enzima), richiede generalmente tempi molto lunghi per produrre una molecola che dovrà successivamente essere modificata per migliorarne l'efficacia e la sicurezza. Oggi, le aziende farmaceutiche impiegando elevate risorse, utilizzano le più recenti tecniche di automazione in elevata elaborazione dei dati, HTS (High Throughput Screening) e uHT (ultraHTS): grandi sistemi robotizzati eseguono ogni ora saggi biologici su centinaia di campioni. I campioni da testare, a loro volta, sono ottenuti con una numerosità di diversi ordini di grandezza maggiore che in passato, mediante la chimica combinatoriale (v. riquadro). Con questa tecnica per ogni bersaglio biologico (recettore o enzima) studiato, si saggiano decine o centinaia di migliaia di composti nell'arco di pochi mesi. Questa ricerca, sebbene ricorra ad un approccio di forza bruta (brute force), consistente nel saggiare anche milioni di composti, non è indiscriminata bensì basata su una selezione razionalizzata dei composti stessi sulla base delle caratteristiche del sistema biologico bersaglio. Un ruolo importante è in questo caso giocato dalle Biotecnologie. Questa fase di Ricerca di base dura circa 2-3 anni e rappresenta il 10% dell'investimento totale. fasi della sperimentazione clinica Dalla scoperta all'entrata in commercio, il candidato nuovo farmaco attraversa un iter procedurale che dura almeno 10 anni. Fra le varie molecole studiate, la selezione di quello che sarà il principio attivo migliore del gruppo, adatto all'impiego sull'uomo, è suddivisa a livello internazionale in 3 fasi in modo da individuare quelle reazioni indesiderate al farmaco che compaiono con una frequenza superiore a 1 ogni 1000 somministrazioni e che vengono riportate nella scheda tecnica e nel foglietto illustrativo. A queste tre fasi che comportano costi fino a 150 milioni di euro, se ne aggiunge una quarta, detta di farmacovigilanza. Fase 0 (pre-clinica): l'introduzione di un farmaco in terapia deve soddisfare un principio inderogabile: "primum non nocere". L'obiettivo, perciò, è verificare in laboratorio il maggior numero possibile di caratteristiche positive e negative di un farmaco. Le nuove molecole, che possono nascere per sintesi chimica o per estrazione, vengono sottoposte a screening farmacologico: una serie di test in vitro che indicano se una sostanza può avere una qualche attività terapeutica. Identificata l'area si restringe via via il campo per comprendere verso quali patologie si indirizza l'attività della molecola. Più o meno a questo punto entrano in causa gli esperimenti su animali da laboratorio, che servono a comprendere le proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche di una sostanza. In pratica un principio attivo deve possedere una via di somministrazione accettabile, venire assorbito una volta somministrato, poi raggiungere i suoi bersagli, esplicare la sua azione e venire eliminato; il tutto, ovviamente, senza essere tossico. La fase di Sviluppo preclinico richiede da 2 a 3 anni e costituisce il 30% dell'investimento totale. Gli aspetti di tossicità che vengono valutati per un farmaco sono relativi agli effetti immediatamente conseguenti alla somministrazione (tossicità acuta) e quelli che originano da un uso protratto nel tempo (tossicità cronica). Ci sono inoltre da verificare gli effetti genotossici, teratogeni, cancerogeni. Al termine di questa selezione restano poche molecole che devono passare alla fase clinica I, previa autorizzazione da parte degli organismi nazionali competenti (in Italia il Ministero della Salute). In genere l'azienda, prima di presentare la documentazione necessaria per ottenere l'autorizzazione, provvede a brevettare le molecole. Fase I: è la prima sperimentazione sull'uomo, e si effettua su un numero limitato (da 20 a 50) di volontari sani e serve a confermare quanto sperimentato sull'animale, cioè che la molecola non è pericolosa. Operativamente i volontari vengono divisi in 2 o 3 gruppi, ciascun gruppo riceverà ogni giorno, per alcune settimane, una certa dose della sostanza in oggetto e sarà costantemente controllato. Questi test avvengono in àmbito ospedaliero, dove i soggetti possono essere tenuti sotto osservazione dal personale medico. Sorgono qui i primi problemi etici: per partecipare a una sperimentazione clinica, infatti, i volontari devono sottoscrivere un consenso informato. In fase I, tuttavia, le informazioni che i ricercatori possono fornire sono ancora limitate, lo studio non ha finalità terapeutiche ma solo conoscitive, gli individui sono sani, rispetto al tipo di patologia in discussione, e tutto ciò contrasta apertamente con il principio etico di "evitare trattamenti inutili o dannosi". In alcuni casi particolari, come per i farmaci antitumorali, la Fase I non avviene sul volontariato, bensì nel malato di tumore in fase avanzata e quindi considerato incurabile. Questa scelta è conseguente al fatto che, in generale, i farmaci antitumorali sono molto tossici e non sarebbe corretto sottoporre persone sane a questi trattamenti; inoltre, nel caso di attività del nuovo preparato, il paziente ne trarrebbe immediato beneficio. Fase II: la sperimentazione si allarga coinvolgendo un numero maggiore di individui, affetti dalle patologie che rientrano nella probabile attività terapeutica del candidato-farmaco. In questo modo si identifica la patologia (o le patologie) verso le quali la molecola è sicuramente attiva. Ulteriore scopo della fase II è stabilire la minima dose efficace sull'uomo e il regime di somministrazione ottimale (posologia e durata del trattamento). Contemporaneamente si continuano ad acquisire informazioni sulla sicurezza e tollerabilità della molecola. Questo stadio dura circa un paio d'anni. Fase III: rappresenta l'ultima verifica prima dell'entrata in commercio, e quindi deve soddisfare un numero molto ampio di requisiti, tanto che può richiedere alcuni anni. La sperimentazione si effettua su qualche centinaio di pazienti che vengono randomizzati in gruppi ai quali verrà somministrato il nuovo principio attivo, oppure il farmaco d'elezione per quella specifica patologia. In questa fase, infatti, si deve verificare se la nuova molecola offre dei vantaggi, rispetto a quelle già esistenti, che ne giustifichino la commercializzazione. fase IV: farmacovigilanza dopo l'entrata in commercio. Quando un nuovo farmaco viene commercializzato, è già stato provato su centinaia di pazienti, si è dimostrato efficace, sicuro e ha rivelato i suoi principali effetti collaterali. Tuttavia un campione di 100 o 1000 pazienti, per quanto accuratamente selezionato, non può rappresentare nemmeno lontanamente la variabilità del genere umano: quando un medicinale entra in commercio milioni di persone lo utilizzeranno. Ogni persona sarà diversa dalle altre per età, sesso, patologie di cui soffre, abitudini alimentari, professione, clima in cui vive, farmaci che assume, allergie e così via. Tutti questi fattori e le loro infinite combinazioni non possono essere testati in laboratorio, prima della commercializzazione, e influenzano sia l'efficacia che la tollerabilità di un farmaco. Così, tra le decine di migliaia di persone trattate con il farmaco può aversi la quasi assoluta certezza di cogliere una azione sfavorevole imprevista (di regola le più pericolose) che abbia una frequenza di circa 1 su 10.000 assuntori del medicamento. Azioni sfavorevoli di un farmaco con così bassa incidenza o con lunga latenza non possono essere evidenziate prima di alcuni anni di commercializzazione, a prescindere dall'accuratezza con cui gli studi di fase II e III siano stati condotti. Inoltre, stante la variabilità dei fattori interferenti, è spesso assai difficile stabilire con certezza un rapporto causa-effetto fra farmaco e reazioni sfavorevoli. Di qui l'importanza della farmacovigilanza dopo l'introduzione sul mercato di un farmaco, quando la somministrazione avviene in un contesto notevolmente diverso dalle indagini cliniche controllate, per contemporaneo uso di altri farmaci (anche di autoprescrizione) o prodotti erboristici, presenza di patologie complesse e multiple, fasce di età a rischio che possono tutte influenzare la reattività al farmaco. Queste interazioni ed effetti avversi non sono elencati nel foglietto illustrativo, in qaunto non prevedibili. Le prime indicazioni di azioni sfavorevoli dopo la commercializzazione sono di regola costituite da segnalazioni di casi clinici. La figura del medico in questo caso è fondamentale: impegnato nel momento prescrittivo (deve conoscere del farmaco indicazioni terapeutiche, azioni indesiderate, sfavorevoli, controindicazioni, interazioni talune assai pericolose - con altri farmaci o prodotti erboristici, limitazioni d'uso), lo è altrettanto nel rilievo delle azioni sfavorevoli, siano quelle già segnalate nel foglietto illustrativo (periodicamente aggiornato) o già note per il gruppo cui il farmaco appartiene oppure rappresentino un evento imprevisto e/o ignoto. Quanto discusso solleva la questione su come ridurre l'inevitabilità degli incidenti. Per questo, tutti i farmaci, soprattutto quelli nuovi, sono sottoposti a farmacovigilanza per intervenire prontamente ai primi accenni di reazioni impreviste. In Italia, però, il concetto di farmacovigilanza è meno assimilato che in altri paesi, nonostante il Ministero della Salute abbia un dipartimento appositamente dedicato. Scopo del Dipartimento per la Farmacovigilanza è raccogliere tutte le segnalazioni relative ad un farmaco, dopo la sua immissione in commercio. Le informazioni ricevute poi, opportunamente controllate e rielaborate, verranno aggiunte al foglietto illustrativo e saranno così a disposizione di tutti coloro che assumono quel farmaco. Perché questo sistema di allerta funzioni occorre la collaborazione attiva di medici e pazienti. Il malato che assume un certo medicinale per la prima volta deve riferire al suo medico (eventualmente anche al farmacista) qualunque reazione -non solo quelle gravi- o possibile interazione (anche con prodotti erboristici) che non risulti già sul foglietto illustrativo del medicinale. Il medico deve munirsi dei moduli per la segnalazione, raccogliere le impressioni del paziente e inviarle al Dipartimento per le Farmacovigilanza; nel frattempo se necessario sospenderà la terapia o sostituirà il farmaco con un altro. Solo dalla raccolta di queste informazioni, negli anni, può nascere una conoscenza approfondita e reale delle azioni di un farmaco. il nuovo farmaco Da quanto discusso, è chiaro che la ricerca e lo sviluppo di un farmaco è un processo ad alto rischio di fallimento, lungo e costoso. Solo una molecola su 10.000 sintetizzate riesce ad arrivare allo sviluppo clinico; e solo una su 10 riesce a superare con successo tutte le fasi dello Sviluppo Clinico e giungere ai pazienti. Questa è la ragione per cui molte aziende trovano conveniente indirizzare parte dei propri investimenti conferendo nuove formulazioni tecnologiche a molecole note. La figura a sinistra mostra come ad una diminuzione di farmaci regitrati dalla FDA sia seguìto un aumento della pressione prescrittiva sui medici e consumatori. Quando uno o più composti chimici, provenienti dalla fase di Ricerca di base, hanno mostrato attività biologica di rilievo sul bersaglio considerato, inizia la serie di sperimentazioni chimico-biologiche esaminata nel paragrafo precedente per determinarne la selettività di azione (quindi riduzione di effetti collaterali), la biodisponibilità, la tossicità, il comportamento metabolico, nonché la possibilità di sintesi a livello industriale e lo sviluppo di adatte forme farmaceutiche. Infine, dopo che l'azienda ha accertato che il nuovo medicinale è sicuro ed efficace, per poterlo commercializzare deve chiedere l'Autorizzazione all'Immissione in Commercio (A.I.C) al Ministero della Salute. Questa procedura, chiamata registrazione, prevede la consegna al Ministero di tutta la documentazione degli studi effettuati, prima sugli animali, poi su volontari sani, infine su pazienti, che dimostrano come il farmaco sia sicuro (non pericoloso, né tossico) e più efficace, rispetto agli altri già in commercio, nel trattare una determinata malattia. Nella fase di registrazione, viene assegnato il nome di fantasia con cui il farmaco sarà inserito nelle liste dei medicinali reperibili che permetteranno di identificarlo dal medico e dal paziente. Durante queste procedure amministrative le Autorità Sanitarie nazionali ed internazionali verificano la validità delle sperimentazioni condotte, certificando che il nuovo farmaco può essere commercializzato. L'insieme delle informazioni cliniche e precliniche che guideranno nell'uso del farmaco vengono riportate, in concerto con l'Autorità Sanitaria, nella "scheda tecnica di prodotto", il cui contenuto è riassunto e semplificato nel foglietto illustrativo contenuto nella confezione del medicinale. La concessione della prima AIC ha durata quinquennale; la successiva è illimitata, a meno di rinuncia spontanea o salvo il caso che, per motivi di farmacovigilanza, il Ministero della Salute decida di procedere ad un ulteriore rinnovo per altri cinque anni. i nomi di fantasia delle specialità medicinali I nomi di fantasia, con i quali vengono registrate le nuove specialità medicinali, oltre che essere facilmente memorizzabili, devono preferibilmente legarsi ad un'immagine evocativa. Per esempio, il nome Librium® deriva evidentemente dal latino libra (bilancia), ed in effetti rende l'idea di un prodotto in grado di equilibrare qualcosa; il bactrim® è la contrazione del nome latino bacterium, ed anche in questo caso il nome viene legato ad un'immagine. Accanto a questi esempi evidenti, vi sono nomi di fantasia che sono legati ad un'origine abbastanza curiosa. Per esempio, l'etimologia dell'acido barbiturico risale al nome datogli da Adolph Von Bayer nel giorno di Santa Barbara, ma secondo altri il nome deriverebbe dal fatto che Von Bayer avrebbe dedicato la scoperta di questa sostanza al nome di una cameriera della birreria dove lui soleva passare le sue serate. Il primo barbiturico ad azione ipnotica, l'acido dietel-barbiturico, è stato introdotto in medicina da Fisher e Von Maring nel 1903 col nome commerciale di Veronal, dal nome della città di Verona dove Fisher ne avrebbe avuto l'idea mentre attendeva il treno, passeggiando su e giù per la stazione. Il ceppo batterico (Streptomyces peucetius) da cui si ricava l'antitumorale doxorubicina è stato isolato da campioni di sabbia raccolti su uan spiaggia dell'Adriatico: questo rende ragione dell'origine dei marchi Adriblastina® e Adriamicina®. Poi, i nomi si legano anche alle mode. Per esempio, il Minipress® ed il Minidiab®, farmaci prodotti verso la fine degli anni '60, sono coevi all'introduzione della moda della minigonna. A dispetto di questi esempi, non è sempre facile o possibile rintracciare notizie attendindibili sull'origine, a volte rocambolesca, dei nomi di fantasia. Per esempio, il consumo di Khat1, legato ad un intreccio di tradizioni culturali e religiose, è molto diffuso a Mogadiscio (Somalia)... il Mogadon® produce esattamente l'effetto opposto! A volte l'origine di certi nomi viene spiegata dalle cosiddette "leggende metropolitane". L'interferon (citochine ad attività antitumorale ed antivirale isolate da Isaacs e Lindenmann nel 1957) si fà risalire al fumetto di Flash Gordon, il rutilante eroe creato dalla visonaria fantasia di Alex Raymond. Il fatto è che nelle avventure disegnate da Raymond nel 1933, non vi è alcun accenno all'interferon; però questo compare in una striscia del 1960 disegnata da Dan Barry per l'episodio "la peste spaziale". 1 Il catinone e la catina, composti fenilalchilaminici strutturalmente analoghi alle anfetamine, sono i maggiori, se non unici, determinanti degli effetti psicostimolanti sperimentati durante la masticazione delle foglie di Khat che alleviano la fatica e riducono la necessità di sonno. dal Codice di Norimberga alla Dichiarazione di Helsinki Il Codice di Norimberga nel 1947 proclamava in modo solenne che «il consenso volontario del soggetto è assolutamente necessario», riaffermando la diversità della pratica sperimentale da quella medico-assistenziale. La medicina scoprirà la necessità del consenso del paziente, come requisito pieno e non sostituibile da altre forme di legittimazione, solo nei decenni successivi attraverso un percorso tutt'altro che uniforme nei vari paesi e certo non esente da contraddizioni. Attualmente la normativa di riferimento internazionale è espressa dalla dichiarazione di Helsinki (v. appresso), adottata dallaWorld Medical Association nel 1964 e poi aggiornata; l'ultima versione è del 2008. A livello nazionale, fanno testo le norme di buona pratica clinica (GCP) che riportano i criteri e i princìpi per la conduzione corretta delle sperimentazioni cliniche. In Italia il primo criterio enuncia: «Gli studi clinici devono essere condotti in conformità ai principi etici che traggono la loro origine dalla dichiarazione di Helsinki, e che rispettano la GCP e le disposizioni normative applicabili». Dopo anni di discussioni e attriti, la Food and Drug Administration ha abbandonato la Dichiarazione di Helsinki sui principi etici per la ricerca medica che coinvolge gli esseri umani. Dall'ottobre 2008 la Dichiarazione è stata ufficialmente sostituita con il documento Good Clinical Practice della International Conference on Harmonization. Formulata nel 1964 dalla World Medical Association, la Dichiarazione di Helsinki è stata il punto di riferimento dell'etica della ricerca umana. Nei sui quarant'anni e più di vita è stata sottoposta a una serie di revisione e modifiche. La FDA aveva già rifiutato la revisione del 2000 e nell'aprile del 2008 avevano annunciato che voleva abolire tutti i riferimenti alla dichiarazione. Le nuove linee-guide adottate dall'FDA sono meno rigide negli standard etici per le ricerche all'estero; mancano i princìpi di trasparenza rispetto alla Dichiarazione: la divulgazione dei risultati negativi, la dichiarazione dei conflitti di interessi, la pubblicazione dei protocolli degli studi e anche il controllo dell'uso del placebo che è stato oggetto di diverse revisioni e di accesi dibattiti a partire dall'FDA che si oppose a una restrizione dell'uso del placebo. La decisione della FDA ripropone l'annosa questione di "chi controlla i controllori"? La FDA è strettamente legata a finanziamenti provenienti dall'industria farmaceutica e questo ne mina l'autorevolezza e credibilità. Il problema è che la FDA controlla un grossa fetta del mercato farmaceutico mondiale e la mancanza di una guida standard nell'esecuzione dei trial clinici internazionali può minare la salvaguardia dei principi etici nelle sperimentazione clinica e lasciare campo libero agli interessi del mercato. il difficile concetto di Bioetica L. Carroll - da Alice in Wonderland «Allora dimmi subito quello che credi» riprese la Lepre. «Come volete» , rispose in fretta Alice, «Vi dico quello che credo… perché quello che credo dico... è la stessa cosa». «Non è per niente la stessa cosa!» , esclamò il Cappellaio, «Vorresti forse sostenere che la frase vedo quello che mangio ha lo stesso significato di mangio quello che vedo?» . «O vorresti sostenere”, proseguì la Lepre Marzolina, «che la frase mi piace quello che prendo ha lo stesso significato di prendo quello che mi piace?» . «E vorresti forse sostenere» , concluse il Ghiro… «che la frase respiro quando dormo ha lo stesso significato di dormo quando respiro?» . «Per te è la stessa cosa!» , disse il Cappellaio. E a questo punto la conversazione finì» . Lo stralcio proposto, oltre che un omaggio a Lewis Carroll, è presumibilmente un modo efficace per richiamare l'attenzione sulle difficoltà semantiche che possono celarsi dietro frasi dall'apparenza ovvia. La dichiarazione di Helsinki, stilata con una serie modifiche e aggiustamenti, appare ridondante e certamente non è immediatamente traferibile in una lingua differente da quella originale in quanto priva di definizioni puntuali che permettano di superarne le possibili ambiguità. la Dichiarazione di Helsinki * Principi etici per la ricerca medica che coinvolge i soggetti umani. A. INTRODUCTION 1. La World Medical Association ha promulgato la Dichiarazione di Helsinki, come un enunciato di princìpi etici per la ricerca medica che coinvolge soggetti umani, compresa la ricerca su materiale umano o su dati identificabili. La Dichiarazione è intesa da leggersi per intero e ciascuno dei suoi paragrafi costitutivi non dovrebbe essere applicato senza tener conto di tutti gli altri paragrafi rilevanti. Sebbene la Dichiarazione sia rivolta principalmente ai medici, la WMA incoraggia altri partecipanti alla ricerca medica che coinvolge esseri umani ad adottare questi princìpi. 3. E' dovere del medico promuovere e salvaguardare la salute dei pazienti, compresi coloro che sono coinvolti nella ricerca medica. La conoscenza e la coscienza del medico sono finalizzate al compimento di questo dovere. 3. La Dichiarazione di Ginevra della World Medical Association impegna il medico con questo precetto: «La salute del mio paziente sarà la mia prima preoccupazione,». e l'International Code of Medical Ethics dichiara che «II medico dovrà agire nel miglior interesse del paziente quando fornisce una cura medica». 5. Il progresso medico è fondato sulla ricerca che in definitiva deve includere studi che coinvolgono soggetti umani. Per le popolazioni che sono sottorappresentate nella ricerca medica dovrebbe essere previsto un adeguato accesso per partecipare alla ricerca. 6. Nella ricerca medica che coinvolge soggetti umani, il benessere individuale del soggetto di ricerca deve prevalere su ogni altro interesse. 7.Lo scopo primario della ricerca medica che coinvolge soggetti umani è quello di capire le cause, lo sviluppo e gli effetti delle malattie e migliorare la prevenzione, la diagnostica e gli interventi terapeutici (metodi, procedure e trattamenti). Anche i migliori interventi di uso corrente devono essere controllati continuamente attraverso la ricerca per la loro sicurezza, efficacia, efficienza, accessibilità e qualità. 8. nella pratica e nella ricerca medica, la maggior parte degli interventi implicano rischi ed oneri (preferibile a "disagi" NdT). 9. La ricerca medica è sottoposta agli standard etici che promuovono il rispetto per tutti i soggetti umani e proteggono la loro salute e i loro diritti. Alcune popolazioni sono particolarmente vulnerabili e necessitano di una protezione speciale. Queste includono quelle che non possono dare o negare il consenso per sé stesse e quelle che potrebbero essere vulnerabili alla coercizione o ad una influenza indebita. 10.I medici dovrebbero prendere in considerazione gli aspetti etici, giuridici e regolamentatori e gli standard per la ricerca che coinvolge soggetti umani nei propri Paesi così come applicabili a norme e standard internazionali. Nessuna etica nazionale o internazionale, giuridica o regolamentatoria dovrebbero ridurre o eliminare una qualsiasi delle protezioni per i soggetti di ricerca enunciati nel seguito di questa Dichiarazione. B. BASIC PRINCIPLES FOR ALL MEDICAL RESEARCH E' dovere dei medici che partecipano alla ricerca medica di tutelare la vita, la salute, la dignità, l'integrità, il diritto all'autodeterminazione, la privacy e la riservatezza dei dati personali dei soggetti di ricerca. La ricerca medica che coinvolge soggetti umani deve essere conforme ai princìpi scientifici generalmente accettati, e deve essere basata sull'approfondita conoscenza della letteratura scientifica ed altre rilevanti fonti di informazione e di adeguati laboratori e, qualora sia appropriata, sulla sperimentazione animale. Il benessere degli animali utilizzati per la ricerca deve essere rispettato. 13. Un'appropriata cautela deve essere posta nella conduzione della ricerca medica che possa danneggiare l'ambiente. 14. La progettazione e l'esecuzione di ogni studio di ricerca che coinvolge soggetti umani devono essere chiaramente descritti in un protocollo di ricerca. Il protocollo dovrebbe contenere una esposizione delle considerazioni etiche implicate e dovrebbe indicare come sono state affrontati i princìpi nella presente Dichiarazione. Il protocollo dovrebbe contenere informazioni relative a finanziamento, sponsor, appartenenze a istituzione, altri potenziali conflitti di interesse, incentivi per i soggetti e le disposizioni per il trattamento e/o l'indennizzo dei soggetti che sono danneggiati come conseguenza della partecipazione allo studio di ricerca. Il protocollo dovrebbe descrivere le modalità di accesso post-studio da parte dei soggetti studiati per gli interventi individuati come benèfici nello studio o accedere ad altre cure adeguate o benefìci. 15. Il protocollo di ricerca deve essere sottoposto ad esame, commenti, orientamenti ed all'approvazione ad un comitato etico di ricerca prima dell'inizio dello studio. Questo comitato deve essere indipendente dal ricercatore, dallo sponsor e da qualsiasi altra influenza indebita. Esso deve tenere in considerazione le leggi ed i regolamenti del Paese o dei Paesi in cui la ricerca deve essere eseguita in accordo con norme e standard internazionali, ma queste non devono essere utilizzate per ridurre o eliminare una qualsiasi delle protezioni per i soggetti di ricerca di contenute in questa Dichiarazione. La commissione deve avere il diritto di monitorare gli studi in corso. Il ricercatore deve fornire informazioni di monitoraggio al comitato, specialmente quelle informazioni relative a qualsiasi serio evento avverso. Nessuna modifica al protocollo può essere effettuata senza esame e approvazione da parte del comitato. 16. La ricerca medica che coinvolge soggetti umani deve essere condotta solo da persone con un'adeguata formazione scientifica e qualifiche. La ricerca su pazienti o volontari sani richiede la supervisione di un medico competente e adeguatamente qualificato o altro operatore sanitario. La responsabilità per la protezione dei soggetti di ricerca deve sempre ricadere sul medico o altro operatore sanitario (gli oneri di cui all'enunciato 8 - NdT) e mai sui soggetti della ricerca, anche se hanno dato il consenso. 17. La ricerca medica che coinvolge una popolazione o comunità svantaggiata o vulnerabile, è giustificata solo se la ricerca è in risposta alle esigenze di salute ed alle priorità di questa popolazione o comunità, e se c'è una ragionevole probabilità che questa popolazione o comunità trarrà vantaggi dai risultati della ricerca. Ogni studio di ricerca medica che coinvolge soggetti umani deve essere preceduto da un'accurata valutazione dei rischi e degli aggravi prevedibili per le persone e le comunità coinvolte nella ricerca in rapporto ai benefici attesi per loro e per altri individui o per le comunità interessate dalla condizione (non necessariamente patologica - NdT) sotto esame. 19. Ogni studio clinico deve essere regitrato in un database pubblicamente accessibile prima del reclutamento del primo soggetto. 20. I medici non possono partecipare a uno studio di ricerca che coinvolge soggetti umani a meno che siano sicuri che i rischi implicati siano stati adeguatamente valutati e possano essere gestiti in modo soddisfacente (come sinonimo, si può intendere "efficiente", termine diverso da "efficace": si affronta nel miglior modo possibile la situazione senza la sicurezza di una soluzione positiva - NdT). I medici devono interrompere immediatamente uno studio quando i rischi si presentano superiori ai potenziali benefici o quando vi è la prova definitiva di risultati positivi e benefici (qui dovrebbe sottintendere di non continuare lo stesso studio per individuare ulteriori indicazioni -NdT). 21 La ricerca medica che coinvolge soggetti umani può essere condotta solo se l'importanza dell'obiettivo prevalga sui rischi ed i disagi per i soggetti della ricerca. 22. La partecipazione di individui idonei (il termine è preferibile a "capace" altresì questo enunciato diventa ridondante con l'enunciato 27 -NdT) come soggetti nella ricerca medica deve essere volontaria. Anche se può essere opportuno consultare i membri della famiglia o capi della comunità, nessun individuo idoneo può essere arruolato in uno studio di ricerca a meno che non vi acconsenta liberamente. 23. Ogni precauzione deve essere presa per proteggere la privacy dei soggetti di ricerca e la riservatezza dei loro dati personali e per minimizzare l'impatto dello studio sulla loro integrità fisica, mentale e sociale. 24. Nella ricerca medica che coinvolge soggetti umani idonei, ogni soggetto potenziale deve essere adeguatamente informato degli scopi, metodi, fonti di finanziamento, ogni possibile conflitto di interessi, della appartenenza istituzionale del ricercatore, dei benefici attesi e dei rischi potenziali dello studio e dei disagi che può comportare, e qualsiasi altro aspetto rilevante dello studio. Il soggetto potenziale (dello studio - NdT) deve essere informato del diritto di rifiutarsi di partecipare allo studio o di ritirare il consenso alla partecipazione in qualsiasi momento senza ritorsioni. Particolare attenzione dovrebbe essere data alle informazioni specifiche necessarie per i singoli soggetti potenziali, nonché i metodi usati per fornire le informazioni. Dopo essersi assicurati che il soggetto potenziale abbia compreso le informazioni, il medico o un'altra persona adeguatamente qualificata, dovrà poi ottenere il consenso informato, liberamente espresso dal soggetto potenziale, preferibilmente in forma scritta. Se il consenso non può essere espresso per iscritto, il consenso non scritto deve essere formalmente documentato e testimoniato (preferibilmente una registrazione audio-video con il labiale in primo piano - NdT). 25. Per la ricerca medica che utilizzi materiale umano o dati identificabili, i medici devono di norma ottenere il consenso per la raccolta, l'analisi, la conservazione e/o riutilizzo. Ci possono essere situazioni in cui il consenso si rivela impossibile o impraticabile da ottenere per tale ricerca o potrebbe rappresentare una minaccia per la validità della ricerca. In tali situazioni la ricerca può essere effettuata solo dopo l'esame e l'approvazione di un comitato di etica della ricerca. 26. Quando si richiede il consenso informato per la partecipazione ad uno studio di ricerca, il medico dovrebbe essere particolarmente attento quando il soggetto potenziale è in una relazione di dipendenza (presumibilmente psicologica -NdT) con il medico o può dare il consenso sotto costrizione. In tali situazioni il consenso informato dovrebbe essere cercato da una persona adeguatamente qualificata che sia completamente indipendente di questo rapporto. 27. Per un soggetto di ricerca potenziale che è incapace (cfr. enunciato 22 -NdT), il medico deve cercare il consenso informato da un rappresentante legale autorizzato. Queste persone non devono essere incluse in un studio di ricerca che non ha alcuna probabilità di beneficio per loro, a meno che sia destinato a promuovere la salute della popolazione rappresentata dal soggetto potenziale, la ricerca non possa essere effettuate con persone idonee, e la ricerca comporti solo rischio e una costrizione minime. 28. Quando un soggetto potenziale di ricerca che si ritiene incapace è in grado di dare l'assenso alla decisione di partecipare alla ricerca, il medico deve cercare tale assenso in aggiunta al consenso del rappresentante legalmente autorizzato. Il dissenso del soggetto potenziale dovrebbe essere rispettato. 29. La ricerca che coinvolge soggetti che sono fisicamente o mentalmente incapaci di dare il proprio consenso, per esempio i pazienti incoscenti, può essere fatta solo se la condizione fisica o mentale che impedisce di dare il consenso è una necessaria caratteristica della popolazione in studio. In tali circostanze il medico deve cercare il consenso informato da un rappresentante legale autorizzato. Se tale rappresentante non è disponibile e se la ricerca non può essere ritardata, lo studio può aver luogo senza il consenso informato a condizione che le ragioni specifiche per coinvolgere soggetti con una condizione che li rende incapaci di dare un consenso informato siano state dichiarate nel protocollo di ricerca e lo studio sia stato approvato da un comitato di etica della ricerca. Il consenso a continuare la ricerca dovrebbe essere accordato il più presto possibile dal soggetto o da un rappresentante legalmente autorizzato. 30. Autori, redattori ed editori hanno tutti obbligazioni etiche per quanto riguarda la pubblicazione dei risultati della ricerca. Gli autori hanno il dovere di rendere pubblicamente disponibili i risultati della loro ricerca su soggetti umani e sono responsabili per la completezza e l'accuratezza delle loro relazioni. Essi devono attenersi alle linee guida accettate per la comunicazione etica. I risultati negativi e inconcludente, al pari dei risultati positivi devono essere pubblicati o comunque resi disponibili al pubblico. Fonti di finanziamento, di carattere istituzionale e conflitti di interesse devono essere dichiarati nella pubblicazione. Rapporti di ricerca non conformi ai princìpi di questa Dichiarazione non dovrebbero essere accettati per la pubblicazione. C.ADDITIONAL PRINCIPLES FOR MEDICAL RESEARCH COMBINED WITH MEDICAL CARE 31. Il medico può unire la ricerca medica con le cure mediche solo nella misura che la ricerca sia giustificata da un suo potenziale di prevenzione, da un valore diagnostico o terapeutico e se il medico ha buone ragioni per credere che la partecipazione allo studio di ricerca non avrà effetti avversi sulla salute dei pazienti che servono come soggetti di ricerca. 32. I benefici, i rischi, i disagi e l'efficacia di un nuovo intervento deve essere testata in confronto ai correnti metodi provati, eccetto nelle seguenti circostanze: L'uso di placebo, o nessun trattamento, è accettabile negli studi in cui non vi sia un corrente intervento provato; o se, per impellenti e solide ragioni scientifiche e metodologiche l'uso del placebo è necessario per determinare l'efficacia o la sicurezza di un intervento ed i pazienti che ricevono placebo o nessun trattamento non saranno soggetti ad alcun rischio di danno grave o irreversibile. Estrema cura deve essere presa per evitare l'abuso di questa opzione. 33. Alla conclusione della ricerca, i pazienti entrati nello studio hanno il diritto di essere informati circa l'esito dello studio ed a condividere qualsiasi beneficio che ne derivi, ad esempio, l'accesso agli interventi individuati come benèfici nello studio o ad altre cure appropriate o vantaggi. Il medico deve informare completamente il paziente che ci sono aspetti della cura collegati con la ricerca. Il rifiuto di un paziente a partecipare in uno studio o una decisione del paziente di ritirarsi dallo studio non deve mai interferire con la relazione medico-paziente. 35. Nel trattamento di un paziente, laddove gli interventi consolidati non esistono o si sono dimostrati inefficaci, il medico, dopo aver ottenuto la consulenza di esperti, con il consenso informato del paziente o di un rappresentante legalmente autorizzato, può utilizzare un intervento innovativo se a suo giudizio offre la speranza di salvare la vita, ristabilire la salute o alleviare la sofferenza. Dove possibile, questo intervento dovrebbe essere fatto oggetto di una ricerca progettata per valutare la sua sicurezza ed efficacia. In tutti i casi, le nuove informazioni devono essere registrate e, se del caso, rese pubblicamente disponibili. * traduzione di Marcello Guidotti