Hisense, dalla Cina in premium class

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Martedì 16 Dicembre 2014
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nn Strategie Gianluca Di Pietro spiega perché il colosso cinese ha programmato l’espansione in Italia puntando sul top
Hisense, dalla Cina in premium class
di Davide Fumagalli
I
numeri generati dal solo
mercato cinese domestico
sono ormai tali che alcuni
dei principali produttori a livello mondiale di categorie merceologiche diffuse capillarmente
come i frigoriferi possono essere quasi sconosciuti in mercati
maturi come l’Europa. Come ha
però insegnato l’esperienza di
altri brand asiatici, l’espansione
è solo una questione di tempo
e strategie di penetrazione dei
nuovi mercati. Dopo il debutto
di due anni fa nel mercato italiano, Hisense inizia a cogliere
i frutti del lavoro fatto in Italia
e si prepara a un ulteriore salto
puntando però non sulla fascia
di primo prezzo, come spiega
il country manager, Gianluca
Di Pietro, ma al contrario su
prodotti premium che mettano
in evidenza il livello qualitativo
del colosso cinese.
Domanda. A due anni
dall’esordio in Italia,
com’è il bilancio?
Risposta. Il progetto di espansione iniziato operativamente a gennaio del 2012 sta andando molto
bene. Ci eravamo posti come primo obiettivo quello di ingaggiare
a livello nazionale tutte le catene
di distribuzione, e in modo particolare gli specialisti in elettronica
di consumo, e lo abbiamo sostanzialmente raggiunto.
D. Come vi siete posizionati sul mercato?
R. Hisense può contare su prodotti qualitativamente molto interessanti tanto per i consumatori finali che per i partner della
distribuzione. Teniamo molto
alla conoscenza del marchio, e
abbiamo quindi messo in cantiere iniziative per sostenerlo,
anche a livello di vendite, con un
particolare impegno per i modelli top di ogni segmento.
D. Come intendete proseguire il cammino intrapreso?
R. Nel 2015 abbiamo iniziato un
nuovo piano quinquennale basato su di una fase di espansione
del business, in modo particolare
sulle fasce di prodotti premium.
D. Una scelta non usuale,
specie in un contesto economico come quello attuale. Da cosa è dettata?
R. I mercati in cui operiamo sono
molto competitivi, e solo un corretto posizionamento del brand
consente di resistere all’ingresso
di nuovi player che si basano
sulla sola leva del prezzo. Se riusciremo a crescere puntando
invece sulla qualità dei nostri
prodotti, altri produttori che entreranno negli stessi mercati ci
troveranno in una posizione di
forza. Sicuramente occorre potersi permette un approccio di
questo tipo a livello di qualità dei
valore rispetto a quello delle
tv, e inoltre i 20 milioni di unità
complessive vendute in Italia
sono trainate proprio dalla
competizione. Alcuni colossi
che sembravano invincibili si
sono ridimensionati, e nuovi
brand si stanno affermando.
Inoltre, per il tipo di prodotti è
un segmento che aiuta molto
ad affermarsi come marchio.
che ormai si trovano 365 giorni
all’anno. Si sta distruggendo valore, e se guardiamo a cosa è
accaduto in altri mercati, la riflessione è urgente. Altro tema è
quello della distribuzione, che è
ancora troppo frammentata.
D. I tablet, dopo una crescita fenomenale, stanno
rallentando il ritmo. Cosa ne pensa?
R. Onestamente non vedo criticità nel segmento dei tablet.
Non stanno soppiantando, né lo
faranno, i pc, e per noi sono piuttosto una sorta di super-smartphone rivolti non tanto a un suo
professionale quanto ludico.
D. Che strategia intendete
seguire per posizionarvi
in un mercato iper-competitivo e affollato come
quello della telefonia,
specialmente con l’affermarsi dei negozi online?
R. Il canale della vendita online deve essere gestito, anche
se per il momento nessuno ci
riesce davvero. Detto questo è
un segmento che deve naturalmente essere presidiato, anche
se in Italia è ancora piccolo. Il
mercato della telefonia è importante ma, fortunatamente,
meno deteriorato a livello di
D. Crede che i fenomeni di
concentrazione e M&A che
hanno caratterizzato il
2014 nel settore della tecnologia proseguiranno?
R. Credo di sì, ma conviveranno
con l’affermazione di nuovi player. Non tutti riusciranno a presidiare il mercato come è necessario nel contesto attuale, ma non
darei nulla di scontato. L’esempio
di Nokia dimostra come neanche
i leader per quote di mercato possono essere certi di sopravvivere
in un mercato iper-competitivo
come la telefonia mobile. (riproduzione riservata)
Gianluca Di Pietro
Hisense
prodotti proposti, ed è inoltre necessario essere realisti di fronte
al contesto economico.
D. Che aspettative avete
per il prossimo anno?
R. Temo che il prossimo anno
l’Italia non vivrà un periodo florido, e quindi proporremo prodotti di qualità posizionati però
a un livello di prezzi compatibile con la realtà del mercato
e dei consumatori. Credo però
che anche in mercati complessivamente in contrazione ci siano possibilità di crescita.
D. Il Black Friday, non
esaltante, ha mostrato
negli Usa una insospettabile vitalità dei tv. È un
trend in cui vi ritrovate?
R. Assolutamente sì. Il mercato deve però riflettere sul livello raggiunto dalle promozioni,
Il sussidio dei cellulari scricchiola anche negli Usa
di Thomas Gryta
C
osa può cambiare in un mese?
Nel settore delle telecomunicazioni la risposta è quasi 45
miliardi di dollari di capitalizzazione. Questo è il valore di mercato
che hanno perso da metà novembre
Verizon Communications, At&t, Sprint
e T-Mobile US a causa di una repentina
revisione del valore del settore da parte
degli investitori. Il deprezzamento è
maggiore dell’attuale capitalizzazione
di mercato di Sprint e T-Mobile messi
insieme, e riflette il timore che i servizi di
telefonia mobile saranno meno lucrativi
in futuro rispetto alla media attuale.
Due eventi hanno scatenato il cambiamento di atteggiamento. Il primo è stato
la vendita delle licenze radio attualmente in corso da parte del governo, che è
iniziata il 13 novembre e a partire da
venerdì ha attirato più di 43,7 miliardi
di dollari offerte. L’altro è stato il war-
ning di Verizon della scorsa settimana,
che ha informato gli investitori della
compressione degli utili legata alla pressione della concorrenza, che ha forzato
l’azienda a offrire sconti. Il timore è che
gli operatori dovranno spendere molto
per gestire il traffico di dati proveniente
dagli smartphone dei propri clienti, e la
loro capacità di imporre tariffe elevate
per il traffico dati si
sta erodendo.
«La traiettoria di crescita del settore si è
modificata», ha commentato Jonathan
Chaplin, un analista presso New Street
Research, «i multipli che gli investitori
pagano per questi titoli sta calando».
Gli esborsi miliardari e la guerra dei
prezzi in Usa, per di più, sono appena
iniziati. Si prevede che il governo statunitense nel 2016 metterà all’asta le frequenze di alta qualità ora detenute dalle
emittenti televisive, in una vendita che
secondo Ubs potrebbe valere 47 miliardi
di dollari. Intanto, gli operatori stanno
offrendo piani sempre più aggressivi per
conquistare i clienti.
Per John Hodulik, analista presso Ubs,
la guerra del prezzo finirà verosimilmente solo se le authority permetteranno
più fusioni o se un operatore deciderà
di preservare i propri utili lasciando
andare i clienti. Ma non crede che ciò
sia molto probabile. Le
autorità di regolamentazione hanno vietato
l’acquisizione di T-Mobile per 39 miliardi di dollari da parte di
At&t nel 2011 e dissuaso con successo
Sprint dal tentare la propria offerta per
T-Mobile, e quest’anno stanno ottenendo
l’ambiente competitivo che volevano.
Intanto, gli operatori continuano a essere ampiamente giudicati in base alla
capacità di aumentare i nuovi abbonati.
Si tratta di un compito difficile anche
negli Stati Uniti, dove le persone possiedono già più di un dispositivo a testa.
Per questo non ci sono molte possibilità:
per inseguire i nuovi clienti si devono
tagliare i prezzi e aumentare la quantità
di dati consumabili al mese abbinata
all’abbonamento. In questo contesto gli
operatori scommettono sul fatto che i
clienti rimangano fedeli per un periodo
sufficiente a far sì che il gioco valga la
candela. Saranno d’aiuto in questo contesto i nuovi piani associati ai telefoni,
poiché i termini prevedono, a fronte di
risparmi notevoli per i clienti, maggiori
penali per chi rescinde il contratto prima
della naturale scadenza. D’altra parte,
una volta che i clienti hanno ripagato i
cellulari legati al contratto, hanno poche
motivazioni per restare legati. «È rischioso», ha commentato Shahid Ahmed, che
dirige l’attività di consulenza per il settore della comunicazione nell’America
settentrionale presso Accenture, «ma la
struttura del settore è giunta a un punto
in cui è davvero necessario lottare per i
clienti». (riproduzione riservata)
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