INTRODUZIONE
Ho deciso questo argomento per la mia tesi finale per motivi legati al tirocinio che
ho svolto presso il Dipartimento di Emergenza dell’Azienda Ospedaliera Santa
Maria degli Angeli di Pordenone. Avendo avuto modo di passare del tempo in
tutti i reparti del Dipartimento (118, Pronto Soccorso, Rianimazione e Unità
Coronarica e Micro Chirurgia della Mano) ho potuto riscontrare un estremo
bisogno da parte degli operatori, di appoggio psicologico. Ecco allora che a
seguito di numerosi colloqui avuti con il personale ho deciso di mappare la reale
condizione psicologica degli operatori in servizio, attraverso un questionario
costruito ad hoc , che qui non riporto perché ancora in fase di valutazione da
parte della tutor. Resta sottinteso che il lavoro iniziato proseguirà al di là del mio
tirocinio oramai concluso.
Da qui la scelta di prendere in esame in maniera più approfondita le tematiche
psicologiche che a mio avviso più si avvicinano alla realtà degli operatori del
soccorso ( a vario titolo) del Santa Maria degli Angeli viste anche e soprattutto
dalla parte dei soccoritori volontari (ad esempio la Cri) che ogni giorno portano il
loro fondamentale contributo sia all’Azienda Sanitaria che a tutta la popolazione
bisognosa.
“Mio Dio dammi la serenità di accettare ciò che io non posso cambiare, il coraggio di cambiare ciò che io posso e la
saggezza di riconoscere le differenze”.(Marco Aurelio).
Intervenire nell’emergenza è convivere con il senso del limite e tollerarlo.
Negli ultimi anni si sta assistendo ad un aumentato interesse verso le reazioni dei
scoccorritori che intervengono in eventi particolarmente traumatici. Solitamente,
l’operatore in emergenza sviluppa una soglia di tolleranza abbastanza elevata nei
confronti di situazioni che, occasionalmente o cronicamente, possano mettere a
rischio il suo equilibrio psicologico. Tuttavia il rischio di essere seriamente coinvolto
nelle esperienze traumatiche delle persone che soccorre (traumatizzazione
vicaria) deve essere tenuto in seria considerazione.
1
IL RUOLO DEL SOCCORRITORE
Dal punto di vista psicologico, il soccorritore agisce con la consapevolezza che il
suo operato rientra – a tutti gli effetti - in quella serie di norme sociali che
appartengono alla maggior parte della popolazione: buona azione, alto valore
morale, comportamento ad alta approvazione sociale.
L’azione di soccorso comporta una serie di rischi psicologici (stress emotivo,
PTSD,…) e fisici (sforzo, lesioni,…) che in ogni caso risulteranno essere inferiori alle
conseguenze positive che deriveranno dall’azione stessa.
La professionalità del soccorritore, deve necessariamente derivare dalla sua
approfondita formazione sanitaria e da alcune caratteristiche di personalità che
gli consentiranno di stabilire una relazione personale con il paziente.
Il soccorritore qualificato presterà, fatta salva la gerarchia delle prorità, particolare
attenzione nei confronti di coloro i quali:
-
Sono in preda di una grave sofferenza fisica.
-
Sono in crisi dal punto di vista psicologico.
-
Sono in difficoltà a causa di un’urgenza di tipo emozionale.
Il soccorritore deve possedere delle caratteristiche di personalità che gli
consentiranno di:
-
Instaurare un colloquio con gli assistiti specialmente se anziani e bambini i quali
necessitano di particolari modalità di approccio.
-
Fornire una competenza tecnica e supporto psicologico.
-
Comportarsi sempre in modo professionale mantenendo la calma, senza
attivare brusche reazioni, risposte eccessive o gesti non consoni alla situazione
in
atto
ma
sapendo
ascoltare
il
soggetto
che
deve
arrivare
alla
consapevolezza che si vuole stabilire una relazione con lui, che ci si sta
2
prendendo cura della sua persona con l’intenzione di fornirgli il massimo
dell’aiuto.
-
Non offrire mai soluzioni superficiali ai problemi.
-
Non affermare che tutto andrà bene.
-
Non parlare dei propri problemi.
-
Evitare paragoni con situazioni simili.
-
Saper chiedere all’infortunato se prova dolore.
-
Non banalizzare le piccole ferite ma medicarle accuratamente in quanto tale
prassi servirà al soggetto per affrontare meglio la situazione in corso.
-
Avere il massimo rispetto per il prossimo.
-
Possedere buone capacità organizzative per interventi anche lunghi o
particolarmente complessi dei quali si può essere totalmente responsabili.
-
Evitare la sindrome del soccorritore ossia quel disturbo stressante del
soccorritore che deriva dall’aver vissuto una situazione traumatizzante.
E’ necessario rilevare ancora una volta che tra i compiti del soccorritore, rientra
anche quello di instaurare un comportamento prosociale e quindi ottimista che
escluda l’egoismo e dia invece importanza all’empatia (per empatia s’intende il
tentativo di riprodurre in proprio i sentimenti altrui al fine di comprendere l’altra
persona).
La via per condividere i sentimenti altrui passa primariamente attraverso la
comunicazione verbale, ma è rilevante anche la spontanea espressione del
proprio sentimento.
3
L’URGENZA E LO STRESS DEL SOCCORRITORE
Definizione di URGENZA
è una situazione che richiede un pronto
intervento da parte del soccorritore; egli si
trova ad affrontare una condizione di
estrema gravità che esige decisioni ed
azioni immediate, rapide ed efficaci
Definizione di EMERGENZA
situazione clinica in cui l’integrità fisica e
psichica
di
un
individuo
sono
irrimediabilmente compromesse a meno
che il quadro non venga risolto con
assoluta tempestività
Urgenza ed emergenza comportano uno stato di stress, ansia e paura anche nel
soccorritore sul quale gravano le conseguenze delle sue decisioni.
Resta fondamentale che egli:
 Valuti con tranquillità, ma in tempi ragionevoli, la situazione in atto.
 Organizzi con estrema rapidità l’intervento sanitario.
 Controlli le proprie emozioni.
 Instauri una relazione interpersonale con l’infortunato il quale deve convincersi
che sta per essere aiutato.
4
 Induca l’assistito – sia con il tono della voce sia con la gestualità e la sua
professionalità - a calmarsi.
 Parli a lungo e non concitatamente poiché l’interlocutore potrebbe pensare
che c’è qualcosa che non va, o che la situazione è tale da essere
preoccupante.
 Spieghi onestamente la realtà dei fatti (laddove sia possibile farlo).
 Tenga conto dei cambiamenti di comportamento dei pazienti.
 Presupponga problematiche più gravi nelle circostanze in cui in cui il paziente
non risponde o non sia in grado di calmarsi.1
La Psicologia dell’Emergenza si rivolge alle persone colpite da una catastrofe, un
lutto, da un trauma, ma anche ai soccorritori, cioè alle persone che intervengono
per prime e che assime ai sopravvissuti, sperimentano sentimenti di impotenza,
angoscia, ansia e disperazione. le reazioni di stress in operatori che si trovano ad
intervenire in situazioni di calamità sono del tutto normali e vanno messe in
preventivo.
Che cosa intendiamo con la parola stress?
1
Atanasio P., Incontrera R., (2003) “Apporto alla Psicologia dell’emergenza”, atti
corso formazione VdS, Croce Rossa Italiana, Ispettorato provinciale di Udine.
5
LO STRESS
Stress è un termine della lingua inglese che nel linguaggio teorico ha il significato
di forza, pressione, tensione. Al di là delle applicazioni in fisica ed ingegneria,
l’inizio della sua concettualizzazione in ambito clinico si è avuto con Cannon per
designare la reazione di allarme dell’organismo in situazione di pericolo.
Successivamente è stata sviluppata da Seyle la definizione di Sindrome Generale
Di Adattamento per indicare la reazione adattiva e fisiologica aspecifica a
qualunque richiesta di modificazione esercitata sull’organismo da una vasta
gamma di stimoli (fisici, biologici, psicosociali) interni o esterni all’organismo.
Questa Sindrome si sviluppa in tre fasi:

FASE DI ALLARME
In cui
si manifestano le modificazioni di carattere
biochimico-ormonale
(attivazione del sistema ipotalamo-ipofisi-surrene).

FASE DI RESISTENZA
In cui l’organismo si organizza in senso difensivo.

FASE DI ESAURIMENTO
In cui si verifica il crollo delle difese e l’incapacità di adattarsi ulteriormente agli
agenti stressanti.
Questa reazione, nello stato di natura consente di proteggersi dai pericoli
attivando quella che viene definita come reazione di lotta/fuga.
Nella realtà sociale in cui ci troviamo, sono tante le minacce dirette all’incolumità
personale e alla vita e le minacce provenienti dai rapporti sociali quotidiani. Gli
stimoli psicosociali che agiscono sull’individuo sono pericolosi per la sopravvivenza
solo in via mediata o simbolica ma sono, comunque, in grado di innescare forti ed
intense reazioni emozionali.
6
Sistema Nervoso Centrale
Sistema
Immunitario
Sistema
Endocrino
Sistema
Neurovegetativo
Risposte dell’organismo a breve ed a lungo termine:
Aumento degli Ormoni Corticosteroidi secreti dalla Corteccia Surrenale
Aumento dell’Adrenalina secreta dal Midollo Surrenale
Riduzione del Timo, dei Noduli Linfatici
Ulcerazioni delle pareti dello Stomaco2
2
Atanasio P., Incontrera R., (2003) “Apporto alla Psicologia dell’emergenza”, atti
corso formazione VdS, Croce Rossa Italiana, Ispettorato provinciale di Udine.
7
SCHEMA DELLA FISIOLOGIA DELLO STRESS
Agente Stressante
Effetto Globale
Effetto Specifico
Condizionamento Esterno
Primo mediatore
s
i
s
t
e
m
a
n
e
r
v
o
s
o
a
u
t
o
n
o
m
o
ipotalam
o
Condizionamento Interno
fattore di liberazione
ormonale
ipofisi
ritrazioni
ormonali
Ormone
ritrazioni
Cortico
surrenale
corticoidi
(inibizioni)
ghiandola
surrenale
(ormone corticotropo
e
ormone medulosurrenale)



pressione arteriosa
metabolismo
sistema nervoso
Corticoidi
Stomaco
(ulcera
duodenale
o
ulcera
gastrica)






Glicogenesi
Timo
Ganglio linfatico
Reazioni
immunitarie
Infiammazioni
Altre reazioni
8
Vi è un effetto globale ed uno specifico dello stress in relazione alle condizioni
esterne (clima, ambiente di lavoro,…) ed interne (stato dell’organismo).
Le ritrazioni (inibizioni) ormonali e la secrezione di adrenalina risultano alterate e
negative per la salute.
Neo Corteccia - Sistema Limbico
Ipotalamo
Ipofisi Anteriore
Ghiandole Bersaglio
(Testosterone, Progesterone, Cortisolo)
Altri tessuti
9
Quindi sotto Stress andiamo in decorticazione ed invece l’olfatto aumenta perché
è un sistema sensitivo sottocorticale.
Le uniche parti che rimangono attive sono la C.I.A. (Area Comune Integrata) che
ha il compito di integrare tutte le informazioni e dare una percezione generale.
La parte anteriore del cervello (neocorteccia, zona frontale) è la parte che ci
permette di apprendere nuovi comportamenti.
Per apprendere si devono attivare la parte anteriore del cervello ed entrambi gli
emisferi.
Se siamo in una situazione di stress, non solo non vediamo la realtà, non sentiamo
ma, non riusciamo neppure a mettere insieme le informazioni per comprendere la
possibilità di avere delle vie alternative a quello che è uno schema di reazione
che noi mettiamo in atto.
A livello endocrino aumentano:

Ormoni Tiroidei

Il Cortisolo che implementa:

T3
T4
che incrementano il ritmo metabolico

L’acidità nello stomaco

La frequenza cardiaca

La pressione sanguigna

Il glucosio nel sangue
L’Adrenalina e la Noradrenalina che preparano il corpo allo stress
aumentando:
 L’attenzione
10
 La memoria
 L’energia
Diminuiscono:

Gli Ormoni Sessuali che stimolano la fertilità e favoriscono il desiderio
sessuale

Dopamina e Serotonina che rilassano offrendo al corpo una sensazione di
appagamento3
3
Atanasio P., Incontrera R., (2003) “Apporto alla Psicologia dell’emergenza”, atti
corso formazione VdS, Croce Rossa Italiana, Ispettorato provinciale di Udine.
11
Cervello
Nervi
Ipofisi
Ormone
somatotropo
Adrenalina
Acetilcolina
Tiroide
(Ormone
tiroideo)
Ghiandola surrenale
Alterazioni metaboliche
Fegato
Eliminazione
Rene
v
a
s
o
Adrenalina
O
R
M
O
N
I
S
U
R
R
E
N
A
L
I
Globuli bianchi
Sangue
Immunità
Allergia
Il cervello è la regione più colpita dallo stress emotivo.
Il messaggio stressante è ricevuto dall’ipofisi anteriore che secerne la corticotropina la
quale – nel sangue – stimola la secrezione della ghiandola corticosurrenale.
12
Avviene la
dilatazione
pupillare per
allargare il
campo visivo
Attivazione del sistema neuroendocrino
asse ipotalamo-ipofisi- surrene.
A livello cerebrale è attivata la cascata
neuroendocrina.
Il centro della memoria (ippocampo)
elabora lo stress.
Aumenta la depressione, la
stanchezza e l’eccitabilità
Aumenta la
frequenza cardiaca
affinché il sangue
scorra più
velocemente.
Aumenta pure la
pressione arteriosa
perché i capillari si
contraggono per
aumentare il sangue
disponibile
Diminuiscono le difese
immunitarie
Aumenta il volume di
aria inspirata in quanto
i polmoni si espandono
maggiormente
C’è interruzione dei
processi digestivi in
quanto i capillari si
contraggono per
consentire all’organismo
di avere più sangue
disponibile
13
Sistema immunitario
Cervello
Viene attivato il centro
dell’apprendimento e della
memoria
Se lo stress è di breve
durata il sistema
immunitario rimane
intatto, altrimenti c’è un
abbassamento delle difese
(ippocampo).
Se lo stress diviene
cronico possono
insorgere problemi di
stanchezza, depressione e
anche di memoria
I muscoli si
contraggono per essere
pronti a muoversi
Fegato
Il grasso immagazzinato
viene mantenuto come
fonte energetica pronta
all’uso
Ghiandole surrenali
Producono il cortisolo che
– in dosi eccessive – può
La Milza
nuovi
essereproduce
dannoso per
le
globuli rossi
celluleconsentendo
cerebrali
al cuore di trasportare più
ossigeno
4
4
Atanasio P., Incontrera R., (2003) “Apporto alla Psicologia dell’emergenza”, atti
corso formazione VdS, Croce Rossa Italiana, Ispettorato provinciale di Udine.
14
La reazione allo stress, quindi, dipende dal modo in cui la persona interpreta,
consciamente o meno, la pericolosità di una certa situazione. Tuttavia, nonostante
il criterio altamente individuale nel definire la pericolosità di una certa situazione,
certe categorie di eventi rappresentano, da un punto di vista probabilistico,
comuni fonti di stress inducenti risposte abbastanza simili.
Tali categorie di eventi potenzialmente stressanti possono essere ordinate,
secondo una concezione psicodinamica, facendo riferimento alle seguenti classi
(Trombini,1982):

Una perdita reale o immaginaria di oggetti, persone significative o beni
personali fortemente investiti di valore emotivo (la casa, la propria posizione
sociale, una persona cara, ecc).

Un danno o la minaccia di un danno ( dolore, mutilazione, diminuzione dell
capacità intellettuali o fisiche, ecc).

Una frustrazione anche solamente minacciata di bisogni considerati
importanti e rilevanti per il soggetto.
Tra i molti tentativi di classificazione degli eventi stressanti, il più utilizzato dalla
comunità scientifica è quello introdotto da Holmes&Rahe (1967), che hanno
proposto una scala ti tali eventi con un valore ponderato di incidenza
sull’esperienza di stress.
Vediamola nello specifico:
Morte del coniuge .............................................................. 100
Divorzio ................................................................................. 73
Separazione ......................................................................... 65
Imprigionamento ................................................................ 63
Morte di un parente stretto ............................................... 63
Incidente o malattia .......................................................... 53
Matrimonio ........................................................................... 50
Licenziamento ..................................................................... 47
Riconciliazione matrimoniale ............................................ 45
Pensionamento ................................................................... 45
Variazione stato di salute di un familiare ........................ 44
Gravidanza .......................................................................... 40
Problemi sessuali ................................................................. 39
Acquisizione di un nuovo membro familiare .................. 39
Più di 300
forte rischio
di malattia
Da 155 a 299
30% in meno
di rischio
Meno di 150
rischio meno probabile
15
Cambiamento negli affari ................................................ 39
Cambiamento nello stato economico ........................... 38
Morte di un amico stretto .................................................. 37
Cambiamento di attività lavorativa ................................ 36
Variazione contrasti con il coniuge ................................. 35
Ipoteca di entità rilevante ................................................ 31
Ostacolo nel riscatto di un debito o ipoteca ................ 30
Cambio responsabilità sul lavoro ..................................... 29
Allontanamento da casa di un figlio............................... 29
Problemi con parenti acquisiti .......................................... 29
Notevole successo personale .......................................... 28
Inizio o fine lavoro da parte del coniuge ....................... 26
Inizio o fine della scuola..................................................... 26
Cambiamento nelle condizioni di vita ............................ 25
Mutamento nelle abitudini personali .............................. 24
Problemi con il capo sul lavoro ........................................ 23
Cambiamento orari o condizioni di lavoro .................... 20
Cambiamento di residenza .............................................. 20
Cambiamento di scuola ................................................... 20
Cambiamento attività del tempo libero ........................ 19
Cambiamento attività religiose ....................................... 19
Cambiamento attività sociali ........................................... 18
Ipoteca o prestito di entità non rilevante ....................... 17
Cambiamento nelle abitudini del sonno ........................ 16
Cambiamento numero riunioni familiari ......................... 15
Cambiamento abitudini alimentari ................................. 15
Vacanze ............................................................................... 13
Natale ................................................................................... 12
Lievi variazioni della legge ................................................ 11
Lazarus sottolinea come lo stress non appartenga né alla persona, né alla
situazione, ma dipenda dalla transazione tra queste due entità. Esso insorge dal
modo in cui l’individuo valuta un evento e vi si adatta. Infatti egli affarema che:
“..lo stress è ciò che ha luogo quando le esigenze dell’ambiente, agli occhi del
soggetto, eccedono chiaramente le risorse di cui dispone la persona per farvi
fronte…” (citato in Goleman, 1980. p.56).
Cox (1980), utilizzando la definizione di stress di Lazarus, propone un modello
esplicativo di tipo interattivo e transazionale, nel tentativo di sintetizzare le varie
posizioni teoriche sullo stress. In tale modello il ricercatore inglese considera lo stress
come conseguenza di una discrepanza dovuta ad uno sbilanciamento cognitivo
tra le capacità del soggetto e le richieste dell’ambiente. Lo stato di stress che si
determina in questo modo avrà correlati fisiologici e psicologici.
16
I primi renderanno l’organismo in grado di adeguarsi alle caratteristiche obiettive
delle richieste provenienti dall’ambiente.
Per quanto riguarda i correlati psicologici essi saranno gestiti dall’individuo
secondo due tipi di modalità:

STRATEGIE COGNITIVE (COPING)
Queste permetteranno, se appropriate, di ridurre lo stress attraverso una
adeguata ristrutturazione del campo psicologico (modifica delle percezioni, delle
mete, degli atteggiamenti).

STRATEGIE COMPORTAMENTALI
Esse potranno essere indirizzate verso la modificazione delle caratteristiche del
rapporto individuo  ambiente, così da rendere le richieste più vicine o alle
capacità di risposta individuale o alla percezione soggettiva della domanda
stessa, o all’incremento delle risorse individuali.
Lazarus&Launier (1978) considerano le difese cognitive come intrapsichiche ed
identificano due tipi di difese comportamentali:
1. L’AZIONE DIRETTA
2. LA RICERCA DI INFORMAZIONI (che costituiscono la soluzione attiva del
problema).
I due autori hanno suggerito che i meccanismi che influenzano l’individuo nella
scelta delle strategie difensive siano da individuare nelle caratteristiche
della
situazione esterna ad esso. Difatti, situazioni caratterizzate da lati livelli di ambiguità
e di conflitto, tendono ad inibire l’azione e a favorire l’utilizzo di difese
intrapsichiche. Non si deve comunque attribuire un valore negativo alle difese
intrapsichiche, in quanto a volte, l’evitare conseguenze spiacevoli, specialmente
quando non è possibile far fronte all’agente stressante, può rivelarsi una soluzione
efficacemente adattiva.
Si sa che l’opera di salvataggio e di aiuto ai superstiti comporta attività che
creano elevati livelli di sofferenza emotiva negli operatori.
17
Si possono distinguere due tipi di stressor (fonti di stress), situazionali e personali:
STRESSOR SITUAZIONALI
 esposizione a pericoli fisici
 incontro con la morte violenta
 incontro con la sofferenza delle altre persone
 turni lunghi
 lavoro disorganizzato
 fatica estrema
 differenze culturali tra gli operatori e la comunità colpita
 lotte di potere nelle organizzazioni
 inefficacia dei mezzi tecnici
 ambiguità del proprio ruolo
 scelte difficili da compiere
 difficoltà di comunicazione
 scarsità di fondi e risorse
 condizioni atmosferiche
 eventuale ostilità della popolazione colpita
 l’urgenza.
STRESSOR PERSONALI
 lesioni personali
 perdita di beni materiali
 stress preesistente
 scarso livello di preparazione personale o professionale
 prossimità rispetto alla scena dell’impatto
 aspettative su di sé
 esperienze avute in passato con altre calamità
 scarso livello di sostegno sociale
 esistenza di traumi precedenti.
LE FASI DELL’INTERVENTO DI SOCCORSO
Oltre a ciò si deve ricordare che, l’intervento di soccorso si articola in varie fasi
(Hartsought 1985) e a ciascuna di queste fasi si associano specifiche reazioni del
18
soccorritore, talvolta anche molto marcate, ma che vanno comunque
considerate come reazioni naturali a situazioni anomale/straordinarie.
Vediamole:

ALLARME
Prende avvio dalla comunicazione di un evento critico grave, in cui bisogna
intervenire. questa fase si può considerare come il primo impatto con l’evento
traumatico, ed è caratterizzata dallo stordimento iniziale e dall’ansia, dalla
irritabilità e dalla irrequietezza che caratterizzano la maggior parte degli operatori.
Non mancano anche soccorritori in cui si determina una reazione più o meno
grave di tipo inibitorio.
I soccorritori in questa fase vivono varie reazioni:
 Reazioni fisiche (accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione
arteriosa, difficoltà respiratorie).
 Reazioni cognitive ( disorientamento, difficoltà nel dare senso alle informazioni
ricevute e nel comprendere la gravità dell’evento).
 Reazioni emozionali ( ansia, stordimento, shock, paura per ciò che si incontrerà
sulla scena dell’evento ecc).
 Reazioni comportamentali ( diminuzione dell’efficienza, aumento del livello di
attivazione, difficoltà di comunicazione).

MOBILITAZIONE
Superato l’impatto iniziale gli operatori si preparano all’azione, l’agire aiuta a
dissolvere la tensione, si recupera l’autocontrollo. In questa fase sono presenti in
tono minore, la maggior parte dei vissuti e delle reazioni della fase precedente, ai
quali si associano, come preziosi fattori di recupero dell’equilibrio, il trascorrere del
tempo, il passaggio all’azione finalizzata e coordinata e l’interazione.

L’AZIONE
Il soccorritore inizia l’intervento di primo soccorso a favore delle vittime.
L’operatore è attraversato da emozioni contrastanti: si passa da momenti di
euforia (quando si riesce efficacemente a prestare aiuto), fino a sentimenti di
delusione, colpa, inadeguatezza (quando l’intervento non ha successo).
Il soccorritore vive diverse categorie di reazioni:
 Reazioni fisiche (aumento del battito cardiaco, aumento della pressione
arteriosa, della frequenza respiratoria, nausea, sudorazione, tremore ecc).
19
 Reazioni cognitive ( difficltà di memoria, disorientamento, confusione, perdita di
obiettività,difficoltà di comprensione).
 Reazioni emozionali ( senso di invulnerabilità, euforia, ansia, rabbia, tristezza,
sconforto, apatia, assenza di sentimenti).
 Reazioni comportamentali ( iperattività, facilità allo scontro sia verbale che fisico,
aumento dell’uso di tabacco, alcool, farmaci, perdita di efficienza e di efficacia
nelle azioni di soccorso ecc).

LASCIARSI ANDARE
È la fase che va dalla fine del servizio, al ritorno alla routine lavorativa o sociale,
quindi al rientro del volontario e non dopo l’intervento di emergenza sulla
catastrofe.
Due contenuti caratterizzano questa fase:
1. Il carico emotivo, che durante l’azione è stato represso, nel ritorno alla
quotidianità riemerge con evidenza.
2. Il complesso di vissuti, indotti dalla separazione dagli altri soccorritori con i
quali si è vissuto l’intervento, e il ritorno alla vita quotidiana con le relative
aspettative rispetto a questo ritorno.
Esistono contenuti psichici negativi inibiti durante la fase di azione, che trovano poi
la forza di riemergere e manifestarsi nella fase del “lasciarsi andare”.
Tra questi, particolarmente comuni sono:
 la difficoltà nel distendersi
 la difficoltà nel rilassarsi
 la difficoltà nell’ addormentarsi
 la tristezza
 la tensione
 il riaffiorare di episodi e vissuti particolarmente forti sul piano emotivo
 la rabbia.
Tra le reazioni legate alle attese positive o negative verso il ritorno alla quotidianità
lavorativa e socio-affettiva, possiamo ricordare tanto il desiderio continuo di
tornare a casa, quanto il timore della conflittualità con i familiari e con i colleghi, a
volte critici verso la scelta di prendere parte ai soccorsi, il disagio per il lavoro
arretrato, eventuali sensi di colpa verso il partner ed i figli ecc.
Gli operatori soggetti ad un maggiore grado di rischio sono:
20

Personale medico e paramedico

Personale delle ambulanze

Operatori di ricerca e salvataggio superstiti

Medico legale e il suo staff

Forze dell’ordine

Volontari che operano sul luogo dell’incidente.
LA TRAUMATIZZAZIONE VICARIA
Come già accennato, i soccorritori normalmente sviluppano una tolleranza
abbastanza elevata nei confronti di queste situazioni, ma il rischio di sviluppare
una traumatizzazione vicaria va tenuto nella necessaria considerazione.
La traumatizzazione vicaria indica la possibilità che un soccorritore, durante il
servizio, viva in prima persona il trauma, non per esposizione diretta, ma per il
contatto con la persona soccorsa. questo può accadere in particolar modo
quando l’operatore è eccessivamente coinvolto con la persona che sta
soccorrendo.
Esistono
diversi
fattori
di
rischio
per
lo
sviluppo
di
una
traumatizzazione vicaria che possono essere raggruppati in tre classi:

FATTORI DI RISCHIO OGGETTIVI
 eventi che comportano gravi danni per neonati e bambini
 eventi che coinvolgono molte persone (dall’incidente stradale al terremoto)
 eventi che causano lesioni gravi, mutilazioni e deformazioni del corpo delle
vittime
 eventi che causano la morte dei colleghi
 il fallimento di una missione di soccorso comportante la morte di una o più
persone
 la necessità di compiere scelte difficili e/o inadeguate al proprio ruolo operativo
 la necessità di prendere decisioni importanti in tempi rapidissimi.

FATTORI DI RISCHIO SOGGETTIVI
 Tendenza eccessiva del soccorritore ad identificarsi con la vittima
 Bisogno marcato del soccorritore di tenersi a distanza dalle vittime
 Presenza di significative problematiche psicologiche del soccorritore e/o la
presenza di traumi pregressi in elaborati
21
 Mancanza di idonee strategie per fronteggiare lo stress e/o la mancanza di
adeguate capacità di valutare la propria tolleranza allo stress
 Scarsa conoscenza della normale risposta fisiologica e psicologica delle persone
di fronte allo stress
 Lesioni personali

FATTORI DI RISCHIO LEGATI ALL’ORGANIZZAZIONE IN CUI SI PRESTA SERVIZIO
 ritmi di lavoro eccessivi
 Inadeguatezze logistiche degli ambienti destinati ai soccorritori
 carenze nei processi di comunicazione
 conflitti interni all’organizzazione e tra i soccorritori
 Carenze nei processi di selezione e formazione degli operatori
 Mancanza di programmi di supporto psicologico dei soccorritori
Oltre alle vittime, anche il soccorritore quindi è sottoposto a stress, e le difficoltà
possono essere sia fisiche che psichiche, al di là di ogni tipologia d’intervento.
A questo proposito Michell ed Everly (1996) parlano di Critical Incident definendolo
come “ qualunque situazione affrontata dal personale di emergenza sanitaria,
capace di produrre uno stress emotivo insolitamente elevato in grado di interferire
sulle abilità dell’operatore di fronte alla scena dell’evento e anche dopo”.
Esiste una vera e propria Sindrome che può colpire i soccorritori, la “ Critical
Incident Stress Syndrome (CISS)”. È un rischio reale per le persone che sono spesso
a contatto con incidenti, tragedie, morti e può causare problemi familiari, perdita
di lavoro oltre ad una elevata sofferenza individuale.
La sindrome può causare effetti e reazioni a vari livelli:

REAZIONI FISICHE
Nausea, problemi gastro-intestinali, tremori muscolari, aumento del
ritmo
respiratorio ed della pressione sanguigna, alternanza di iperattività e spossatezza,
disturbi del sonno, alimentari e sessuali.

REAZIONI EMOZIONALI
Senso di colpa, rabbia, oscillazioni dell’umore, repressione dei sentimenti,
angoscia, paura, perdita dell’autostima, depressione

REAZIONI COGNITIVE
22
Disorientamento, incapacità a concentrarsi, incapacità di giudizio, difficoltà di
memoria, amnesia.
In letteratura vi sono molti studi e ricerche che sottolineano come gli operatori
dell’emergenza possono incorrere in sindromi e problematiche legate proprio alla
loro attività. Vediamone alcuni in breve.
Colen (1978): su 42 operatori d’emergenza, coloro che si sono sottoposti a
psicoterapia sono aumentati da 5, nel periodo precedente ad un disastro aereo,
a 13 nel periodo seguente la tragedia.
Ravenscroft (1994): il 97% del personale delle ambulanze di Londra ritiene lo stress
come il loro problema principale; inoltre il 15% superava la soglia del Disturbo
Acuto da Stress.
Genest (1990): gli operatori di emergenza che riferivano di aver praticato il BLS
(Basic Life Support) con esito negativo riportavano pensieri intrusivi riguardo
all’accaduto e affermavano di avere difficoltà nell’accantonare quei pensieri.
Nube Driefing (1993) riporta che il 29% dei lavoratori dell’emergenza soffrono di
ipertensione arteriosa e di cefalea. Inoltre la Critical Incident Stress Syndrome può
evolvere nel tempo in quadri clinici quali Disturbo Acuto da Stress e Disturbo Post
Traumatico da Stress.
COME AFFRONTARE LO STRESS
Le conseguenze di una situazione di stress, dipendono – in larga misura – da come
essa è stata percepita e valutata dal soggetto, ma anche da ciò che la persona
fa per superare o tollerare meglio la situazione.
Vi sono diverse strategie per affrontare lo stress (coping):

Cambiare lo stressor.

Accettare la situazione.

Evitare la situazione.
oppure, badando al timing, cioè raffrontando la situazione a situazioni simili e
valutando le modalità con cui tale situazione si presenta (ad esempio viene
focalizzato solo un aspetto del problema).
23
Risulta utile pertanto cercare il confronto ed il dialogo dei colleghi, della famiglia,
degli amici cercando di parlare ed esprimere i sentimenti che generano
l’angoscia. Accettare le proprie reazioni emotive. Se sorge l’idea di abbandonare
il servizio in qualità di soccorritore, parlarne prima di prendere decisioni affrettate,
sfruttando la forza della motivazione che ha spinto ad iniziare tale tipo di attività.
Prendersi eventualmente un periodo di vacanza perché ciò aiuta ad avere una
prospettiva della situazione da un punto di vista diverso.
Tentare di modificare – molto gradualmente – le vecchie e disfunzionali reazioni
alle situazioni stressanti, trovando nuovi e semplici modi per controllare la propria
vita. Assesment: raccogliere tutte le informazioni che servono per svolgere un
lavoro efficace.
Defusing: è utilizzato in prossimità temporale successiva all’evento critico ed è un
intervento sia di carattere individuale, sia di gruppo (preferibile).
Esso non rientra nel novero delle psicoterapie, però consente di ridurre il senso di
isolamento attraverso il gruppo che è sottoposto al trauma.
Consente anche di aiutare il gruppo a tornare alla normalità, prospettando ipotesi
di soluzioni a breve termine.
Infatti, secondo Mitchell con il defusing si ottiene la medicalizzazione del disagio e
la stabilizzazione della fase acuta.
Debriefing: dovrebbe avere luogo tra le 24 e le 72 ore successive all’intervento,
possibilmente non sulla scena dell’evento traumatizzante ed in una struttura che
offra un’atmosfera rassicurante.
I gruppi sono composti in maniera omogenea, comprendendo un minimo di 4 ed
un massimo di 25 persone.
Le regole delle sessioni (set), debbono essere state stabilite chiaramente all’inizio e
mantenute sino al termine.
Le principali fasi sono:
1. Introduzione (area cognitiva): è caratterizzata da:
24

Confidenzialità (i partecipanti devono sentirsi sicuri).

Nessuna critica o giudizio.

Ognuno dei presenti rappresenta i fatti.

Ognuno parla solo per se stesso.

Ognuno si assume la responsabilità di ciò che afferma.

I componenti della squadra di debriefing, non devono essere le stesse
persone che indagano sull’evento.

Durante la sessione, è fatto divieto fotografare, registrare e prendere
appunti.

Tutti i partecipanti sono uguali.

Ognuno partecipa sino alla fine e non sono ammessi ritardatari.

Vietato l’umor nero.

I telefoni cellulari debbono essere disattivati.
2. Fatti (area cognitiva).
3. Pensieri (area cognitivo/emotiva).
4. Gli elementi più stressanti (area emotiva).
5. Sintomi dello stress e del trauma (area emotiva e cognitiva).
6. Insegnamento e formazione.
25
7. Reinserimento.
8. Riunione post-debriefing.
9. Monitoraggio successivo.
Il Responsabile del Servizio dovrà valutare precauzionalmente ed attentamente al
fine di prevenire e/o attenuare, e/o eliminare i disturbi di cui sopra e garantire:

Ritmi di lavoro, gli spazi fisici e la disponibilità degli operatori siano congrui.

Adeguatezza dei turni di riposo.

Sufficiente presenza di operatori in caso di eventuali assenze.

Momenti di confronto e scambio fra gli operatori.

Monitoraggio psicologico periodico mediante l’uso di reattivi e colloqui
mirati ad evidenziare il livello di stress presente.

Eventuali momenti di sostegno psicologico, laddove necessario.

Evitare che l’organizzazione del lavoro disincentivi e demotivi l’operatore
sanitario e/o il soccorritore.

Impedire che il singolo operatore si confronti con il paziente affetto da PTSD
senza il confronto, il supporto, il sostegno del gruppo, con il rischio di
acquisire di stress o altri inconvenienti.

Aver cura che il personale che accoglie i pazienti con PTSD sia sempre
preparato e professionalmente e culturalmente.
Giova ricordare che il tipo e l’intensità delle reazioni traumatiche da stress
dipendono essenzialmente da tre fattori:

Le caratteristiche dell’individuo.

Le dimensioni dell’evento traumatico.

Le caratteristiche dell’ambiente sociale.
Quindi, i fattori più manipolabili per diminuire gli effetti del trauma, sono il primo ed
il terzo, potendosi – per il secondo – svolgere peculiarmente, attività preventiva
d’informazione ed apprendimento di specifiche tecniche atte a fronteggiare con
competenza l’evento per diminuire ed attenuarne gli effetti.
26
Da quanto sopra, emerge che la migliore tecnica è sempre quella preventiva.
IMPARARE A RILASSARSI5

Tecniche di visualizzazione

Esercizi di respirazione

Training autogeno

Autoipnosi

Frazionamento di Oscar Vogt (mediante la contrazione e il rilassamento
delle fasce muscolari delle estremità degli arti inferiori fino ai muscoli del
cuoio capelluto fino a raggiungere un rilassamento profondo preipnoideo)

Yoga

Fitoterapia

Omeopatia

Aromaterapia

Tecniche kinesiologiche (picchiettare le dita sui punti di agopuntura può
permettere – secondo lo psicologo Roger Callagan – di superare ed
eliminare le fobie di ogni individuo; tutto dipenderebbe da uno squilibrio
energetico a livello dei meridiani; per liberarsi invece dalla pressione dello
stress emotivo è necessario praticare una leggera pressione sulle eminenze
frontali (protuberanze) che si trovano sulla fronte a metà distanza fra le
sopracciglia e l’attaccatura dei capelli; questa manovra permette di
migliorare il flusso del sangue a livello della parte anteriore del cervello).
PROFILASSI ANTISTRESS
Situazioni di tensione ed eventi traumatici, possono provocare danni non solo a
livello psichico ma anche a livello fisico.
Sono potenzialmente pericolosi gli eventi drammatici della vita (malattia,
morte,…) ma anche avvenimenti che comportano cambiamenti nelle abitudini di
vita.
5
Atanasio P., Incontrera R., (2003) “Apporto alla Psicologia dell’emergenza”, atti
corso formazione VdS, Croce Rossa Italiana, Ispettorato provinciale di Udine.
27
E’ necessario dunque considerare le misure da prendere per evitare l’insorgenza
di un danno psichico e/o fisico.
L’utilizzo di modalità costruttive di reazione alla frustrazione, al conflitto ed alla
malattia - meccanismi di difesa adeguati alla situazione – possono permettere di
risolvere le tensioni ristabilendo un equilibrio senza danno per la persona.
Sarebbe necessario che nella vita di tutti i giorni ci fossero delle attività che
realizzino un’igiene psicofisica al fine di alleviare la tensione.
Elenco delle principali attività per una corretta igiene psicologica e fisica:
Adeguato numero di ore sonno.
Adeguato numero di ore/giorni di riposo durante la settimana/anno.
Vacanze, tempo libero, viaggi.
Hobby.
Interessi personali.
Attività di rilassamento (tecniche di autodistensione,…).
Attività fisica e sportiva.
Contatto con la natura.
Contatto con gli animali.
Gioco.
Interessi culturali.
Momenti associativi.
Attività di volontariato.
28
IL DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS (PTSD)
Solo nel 1980 il PTSD è stato inserito nel Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi
Mentali (DSM-III).
Secondo il DSM-IV la diagnosi di PTSD si pone quando una persona, esposta ad
eventi
traumatici,
sviluppa
sintomi
duraturi
intrusivi,
di
evitamento
e
di
iperattivazione.
Esso compare almeno dopo trenta giorni dalla situazione critica e scatenante e
comporta disturbi clinici e/o disturbi nell’attività lavorativa e nelle relazioni sociali.
Si differenzia in:

Acuto se la durata dei disturbi non supera i tre mesi

Cronico se la durata dei sintomi è superiore ai tre mesi

Ritardato se la sintomatologia compare oltre sei
mesi dall’evento
scatenante
Presupposti essenziali (M.Sgarro, 1998):
1. Il soggetto ha vissuto, ha assistito o si è confrontato con eventi che
hanno implicato morte o minaccia di morte, o lesioni gravi, o
minaccia all’integrità fisica propria o altrui.
2. La risposta del soggetto comprendeva paura intensa, sentimenti di
impotenza o di orrore.
3. Il soggetto rivive persistentemente l’evento in uno, o più, dei segenti
modi:
4. Ricordi spiacevoli ricorrenti ed intrusivi dell’evento che comprendono
immagini, pensieri, o percezioni, Nei bambini piccoli si possono
manifestare giochi ripetitivi in cui sono espressi temi o aspetti
riduardanti il trauma.
5. Sogni spiacevoli ricorrenti dell’evento. Nei bambini possono essere
presenti sogni spaventosi senza un contenuto orribile.
6. Agire o sentire come se l’evento traumatico si stesse ripèresentando
(sensazioni di rivivere l’esperienza, illusioni, allucinazioni, episodi
dissociativi di flashback). Nei bambini piccoli possono manifestarsi
rappresentazioni ripetitive specifiche del trauma.
29
7. Disagio psicologico intenso all’esposizione a fattori scatenanti interni o
esterni
che
simbolizzano
o
assomigliano
a
qualche
aspetto
dell’evento traumatico.
8. Reattività fisiologica o esposizione a fattori scatenanti interni o esterni
che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento
traumatico.
9. Si verifica un evitamento persistente agli stimoli associati con il trauma
e vi è un’attenuazione della reattività generale:
10. Sforzi per evitare pensieri, sensazioni, o conversazioni associate al
trauma
11. Sforze per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del
trauma
12. Incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma
13. Riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività
significative
14. Sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri
15. Affettività ridotta
16. Sentimenti di diminuzione delle prospettive future
Sintomi persistenti di aumentato arousal:

Difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno

Irritabilità o scoppi di collera

Difficoltà a concentrarsi

Iperviglianza

Esagerate risposte di allarme
30

REAZIONI TIPICHE CONSEGUENTI AL TRAUMA
REAZIONE EMOTIVA
MENTALE
FISICA
COMPORTAMENTALE
ANSIA
CONFUSIONE
AFFATICAMENTO
ACCESSI DI RABBIA
PAURA
DEFICIT
DI ESAURIMENTO
USO DI SOSTANZE
DI PROBLEMI
CHIUSURA
MEMORIA
AGITAZIONE
DIFFICOLTÀ
IN
SE
CONCENTRAZIONE GASTROINTESTINALI STESSI / ISOLAMENTO
IRRITABILITÀ/FRAGILITÀ DISTRAIBILITÀ
RABBIA
PENSIERI INTRUSIVI
PROBLEMI
DIFFICOLTÀ
RESPIRATORI
RELAZIONALI
CEFALEE
DISTURBI
DELL’APPETITO
SENSO DI COLPA
FLASHBACK
SPASMI
DISTURBI DEL SONNO
MUSCOLARI
LUTTO/PERDITA
INCUBI
SUDORAZIONE
CAMBIAMENTI DELLA
LIBIDO
VULNERABILITÀ
PENSIERI OSSESSIVI
SCETTICISMO
IPERVIGILANZA
VERTIGINI
FACILE AGITAZIONE
Fonte www.croceblu.it.
La durata del disturbo deve essere superiore ad un mese. Esso causa disagio
clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o
di altre aree importanti.
È opportuno sottolineare che non tutte le persone che vivono un’esperienza di
trauma incorrono nel PTSD; meno del 5% infatti si ammalano di questo disturbo che
può essere di breve durata, ma può anche cronicizzarsi e ciò dipende dalle
molteplici variabili già precedentemente evocate.
31
REAZIONI
TIPICHE
DA
STRESS
TRAUMATICO
FINO A 72 FINO A 30
GIORNI
ORE
RAS
DAS
Reazioni acute
da stress
100%
Disturbo
acuto da
stress
FINO A 3
MESI
FINO A 6
MESI
OLTRE
PTSD
acuto
PTSD
cronico
PTSD
ritardato
80%
Risoluzione
autonoma
20%
>95%
se trattato
Prevenzione
primaria
Prevenzione secondaria
con personale adeguatamente formato
nella fase di prevenzione primaria
<5%
Terapia
specialistica
Vediamo ora come la situazione di stress risulti essere connessa anche ad un’altra
situazione di disagio definita come Burnout.
IL BURNOUT
Questo termine inglese che deriva dal verbo to burn, bruciare, bruciarsi, in origine
è appartenuto al mondo dello sport. Era infatti usato per indicare l’atleta che,
dopo un periodo di successi, non era più in grado di ripetere gli stessi risultati pur
essendo in perfetta forma fisica.
In ambito clinico, intorno alla metà degli anni 70 ad opera della Maslach, è stata
identificata questa Sindrome per designare un disturbo tipico delle professioni di
aiuto, caratterizzato da una condizione di disagio psicoemotivo nella quale
l’operatore si può venire a trovare, manifestando una perdita progressiva di
motivazione, energia, obiettivi, esaurimento emotivo, depersonalizzazione.
Accade sempre più spesso che chi dà aiuto venga a trovarsi nella condizione di
aver bisogno di aiuto. Secondo le statistiche ne sono vittime il 60% di chi lavora a
32
stressto contatto con la malattia cronica inguaribile, specie se è chiamato a
guarirla.
Un tempo ci si limitava a parlare di stress, o si liquidavano i sintomi con l’etichetta
di crisi depressiva. Poi ci si è accorti che i disturbi non erano legati solo alla fatica
fisica, e che non erano nemmeno assimilabili al classico quadro di depressione
maggiore, se non forse, per la profonda demotivazione e lo scarso rendimento sul
lavoro.
Questa Sindrome si distingue dallo stress, che può essere eventualmente una
concausa del burnout; così come si distingue dalle diverse forme di nevrosi, in
quanto, disturbo non della personalità ma del ruolo lavorativo.
Il burnout affonda le sue radici nel lavoro stesso, un lavoro particolare, che mette
costantemente a contatto con situazioni emotivamente complesse da gestire.
A rischio di burnout sono genericamente tutte le professioni che implicano il
costante contatto con la sofferenza, in cui il coinvolgimento emotivo può essere
tanto forte da rivelarsi ad un certo punto insostenibile.
A complicare la situazione c’è il fatto che chi sceglie queste professioni (dal
professionista al volontario) è molto spesso spinto da intenti nobili e altruistici, è
mosso dalla sincera convinzione di poter fare del bene al prossimo. Fino allo
scontro inevitabile con la realtà, e alla tragica consapevolezza che questa è ben
lungi da quella idealizzata.
Questa Sindrome racchiude tre tipi di sintomi:
1. SINTOMI FISICI

malessere generale

disturbi del sonno

disturbi gastrointestinali

perdita di peso

frequente mal di testa

difficoltà sessuali
2. SINTOMI COMPORTAMENTALI

Impazienza eccessiva

Impulsività

Irritabilità e aggressività

Conflitti in famiglia e con il partner
33
3. SINTOMI COGNITIVO-AFFETTIVI

senso di fallimento

sentimenti di rabbia

senso di colpa

scoraggiamento

incapacità di concentrazione

isolamento

distacco emotivo

rigidità intellettuale ( utilizzo di un modello lavorativo stereotipato con
procedure standardizzate)

negativismo, atteggiamento critico verso i colleghi

mancanza di entusiasmo nel lavoro e fuori dal lavoro

uno stile di vita attivo, competitivo, in lotta contro il tempo

la rigidità (come incapacità di adattarsi alle richieste sempre mutevoli
dell’ambiente esterno)

introversione
CONCLUSIONI
La prima preoccupazione di ogni soccorritore dev’essere l’autoprotezione: per
aiutare qualcuno bisogna innanzitutto evitare di mettere a repentaglio la propria
incolumità. Osservare, riflettere e quindi agire razionalmente, senza farsi travolgere
dall’emotività, sono i passi fondamentali per prevenire o evitare rischi fisici.Ma, a
causa di eventi particolarmente stressanti, le persone soccorse e gli stessi
soccorritori possono essere oggetto anche di pericolosi rischi psicopatologici:
reazioni comportamentali ed emotive che durano diversi giorni/settimane e in
alcuni casi persistono nel tempo, espandendosi anche nella vita sociale (famiglia,
lavoro, amici).
Queste reazioni fisiche ed emozionali possono essere previste e studiate: i rischi
sono talmente comuni che esistono programmi di aiuto ai soccorritori con
interventi
preventivi,
di
supporto
durante
l’emergenza,
di
rielaborazione
successiva.
34
Pertanto, il “sostegno” psicologico che veniva normalmente svolto dai soccorritori,
basato sulla solidarietà e l’ascolto delle vittime, non è più sufficiente: i soccorritori
volontari o professionisti devono essere preparati a prevenire o affrontare anche le
reazioni e i disturbi post traumatici da stress innanzitutto su sé stessi, poi sui propri
colleghi e quindi sulle vittime, in attesa del supporto qualificato di squadre di
soccorso per l’emergenza psicologica, composte da professionisti del settore.
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BIBLIOGRAFIA
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corso formazione VdS, Croce Rossa Italiana, Ispettorato provinciale di Udine.
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Sgarro M., Post Traumatic Stress Disorder, Ed. Kappa; Roma
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Clinica 1
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