del musicista norvegese. La composizione, originariamente per pianoforte, fu scritta nel 1884 in occasione del bicentenario della nascita di Ludvig Holberg, il ‘Molière del Nord’, personaggio centrale della letteratura danese del periodo. La sua produzione teatrale si diffuse particolarmente in Germania, in Olanda e nei paesi scandinavi. Grieg stimava Holberg (nato come lui a Bergen negli anni in cui i regni di Norvegia e Danimarca erano uno Stato unico) per l’ironia e la satira popolaresca del suo teatro. Nella Suite in stile antico Fra Holbergs tid (Dai tempi di Holberg) il compositore presenta cinque momenti musicali che rievocano con garbata eleganza l’epoca del drammaturgo. A un marziale Preludio seguono una solenne Sarabanda e una graziosa Gavotta. L’acme espressiva è raggiunta nell’Aria, contemplativa, assorta e pensosa. Il Rigaudon finale, danza d’origine provenzale, chiude efficacemente questo lavoro che rievoca con gusto equilibrato la leggera grazia settecentesca. Mario Merigo Roberto Baraldi Roberto Baraldi ha iniziato lo studio del violino all’età di otto anni al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano sotto la guida di Wanda Luzzato. Nel 1981 e nel 1984 ha vinto il primo premio assoluto al Concorso internazionale di Stresa e nel 1986 il Concorso internazionale Ada Dal Zoppo a Mantova, a seguito del quale è stato invitato a partecipare a tre concerti a Hong Kong. Nel 1988 il Conservatorio, in collaborazione con il Rotary Club, gli ha assegnato una borsa di studio quale allievo più meritevole della scuola e, a diciotto anni, si è diplomato. Nel 1989 ha fatto parte dell’Orchestra dello Schleswig-Holstein Musik Festival e dal 1990 al 1992, dell’Orchestra Giovanile della Comunità Europea (ecyo), con le quali ha effettuato tournée in tutta Europa con maestri quali Leonard Bernstein, Vladimir Ashkenazy, Mstislav Rostropovič, Carlo Maria Giulini. Si è perfezionato con Giuseppe Prencipe alla Scuola di musica di Fiesole e nel 1995 ha conseguito il Solisten-Diplom con Aida Stucki Piraccini al Conservatorio di Winterthur. Ha ricoperto per due anni il ruolo di primo violino di spalla nell’orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano e per tre anni lo stesso ruolo nell’orchestra dell’Arena di Verona. Attualmente è violino di spalla dell’Orchestra del Teatro La Fenice; con queste orchestre si è esibito come solista in più di un’occasione. Luca Magariello Luca Magariello nasce nel 1989 e inizia lo studio del violoncello all’età di quattro anni alla Scuola Suzuki di Torino, sotto la guida di Antonio Mosca, con il quale si diploma a sedici anni. Successivamente, determinante è l’incontro con Enrico Dindo ed Enrico Bronzi, ai quali affiderà la sua formazione artistica e musicale. Finalista alla Antonio Janigro International Competition di Zagabria, nel giugno 2010 vince il primo premio alla Khachaturian Cello Competition in Armenia, risultato che gli apre le porte di una carriera internazionale e lo porta a esibirsi come solista in Slovenia, Armenia, Romania, Albania, Macedonia e Belgio. Ha suonato da solista con i Solisti di Zagabria, Orchestra Filarmonica di Zagabria, State Youth Orchestra of Armenia, Durres Chamber Orchestra, Hulencourt Soloists Chamber Orchestra collaborando con direttori quali Guy Braunstein, Sergey Smbatyan, Filip Pavisic, Mikk Üleoja. Svolge un’intensa attività concertistica come camerista in duo con la pianista Cecilia Novarino. Il duo è regolarmente ospite di numerose manifestazioni musicali nazionale e internazionali di rilievo tra i quali mito, Associazione De Sono, Concerti per l’Università di Lubiana, Società della musica di Mantova, Hulencourt Chamber Music di Bruxelles, Festival di Musica da camera di Cervo. Collabora stabilmente come primo violoncello con la Camerata Salzburg, e dal 2015 è primo violoncello dell’Orchestra del Teatro la Fenice. Fondazione Teatro La Fenice Mirano, Teatro di Villa Belvedere mercoledì 9 novembre 2016 ore 20.45 Chioggia, Auditorium San Nicolò venerdì 11 novembre 2016 ore 20.45 San Donà di Piave, Teatro Metropolitrano Astra sabato 12 novembre 2016 ore 21.45 CONCERTO METROPOLITANO musiche di Felix Mendelssohn Bartholdy, Edward Elgar, Niccolò Paganini, Edvard Grieg maestro concertatore Roberto Baraldi violoncello Luca Magariello Orchestra del Teatro La Fenice Programma Felix Mendelssohn Bartholdy Sinfonia per archi n. 10 in si minore MWN 10 Adagio Allegro Più presto Edward Elgar Serenata per archi in mi minore op. 20 Allegro piacevole Larghetto Allegretto Niccolò Paganini Variazioni sul tema del Mosè in Egitto di Gioachino Rossini violoncello Luca Magariello Edvard Grieg Holberg Suite op. 40 Preludio: Allegro vivace Sarabanda: Andante Gavotta: Allegretto Aria: Andante religioso Rigaudon: Allegro con brio NOTE AL PROGRAMMA Felix Mendelssohn Bartholdy (1809-1847) scrisse fra gli undici e i quattordici anni dodici sinfonie per orchestra d’archi, destinate a essere eseguite nella sua bella casa berlinese nei concerti privati che si davano il sabato sera. La Sinfonia n. 10 in si minore ha una struttura semplice, classicheggiante, e porta il segno di una serenità spirituale che caratterizza sin da allora la sensibilità creativa del compositore. Troviamo dapprima un Adagio introduttivo, una pagina di misurata e meditativa cantabilità, cui segue un Allegro in forma-sonata. Si tratta di un movimento brillante e spigliato che si chiude con una coda (Più presto) ritmica e incalzante. Mendelssohn sembra voler rinnovare con questi lavori giovanili il prodigio mozartiano. Edward Elgar (1857-1934) è uno dei musicisti inglesi più rappresentativi a cavallo tra Ottocento e Novecento. La sua produzione orchestrale gli dette popolarità anche fuori d’Inghilterra, a cominciare dalle Enigma Variations, prova fondamentale del suo talento. Testimonianza del suo gusto raffinato è anche la deliziosa Serenata per archi in mi minore op. 20, scritta nel 1892 rielaborando pagine precedenti. Una fresca vena melodica, un cordiale lirismo, modulazioni suadenti e una fluida scorrevolezza comunicativa connotano quest’aristocratico lavoro. La prima esecuzione privata avvenne a Worcester nel 1892 sotto la direzione dell’autore mentre quella pubblica si tenne in Belgio, ad Anversa, nel 1896. Dei tre brevi movimenti – un Allegro piacevole dal caratteristico ritmo puntato, un Larghetto di espansiva cantabilità, un Allegretto con la tipica ripresa finale del tema iniziale della Serenata – il secondo è quello che seduce per la pregnanza espressiva e per la ricchezza di scrittura. Sempre lontano dalle convenzioni, istrionico e amante degli eccessi, Niccolò Paganini (17821840), coniugò mirabilmente genio e sregolatezza. Magrissimo, capelli lunghi e arruffati, imponente naso aquilino, viso pallido e ossuto, braccia lunghissime e dita affusolate, era consapevole che parte della sua fama dipendeva anche dall’aura di mistero che lo circondava. Con lui nasce il divismo musicale, l’artista che grazie alla propria immagine alimenta il mito di se stesso. Quand’era al culmine della carriera, gli uomini si acconciavano i capelli à la Paganini, venivano preparati dolci con il suo nome, il cognome Paganini era utilizzato come sostantivo per definire qualunque virtuoso. Tutto ciò non toglie nulla alle qualità del musicista: Paganini fu un autentico innovatore della tecnica violinistica, creando un repertorio concertistico adatto alle sue doti eccezionali di virtuoso e interprete. Le sue magistrali esecuzioni incantarono i colleghi dell’epoca: «Ho sentito cantare un angelo», disse Franz Schubert; non meno lusinghiero e divertente il commento di Gioachino Rossini: «Solo due volte ho pianto in vita mia: quando un tacchino infarcito di tartufi mi cadde accidentalmente nell’acqua e quando sentii suonare Paganini». Le variazioni sul tema dell’aria «Dal tuo stellato soglio» del Mosè in Egitto di Gioachino Rossini furono scritte intorno al 1819. Al noto tema del compositore di Pesaro, che dopo essere presentato tre volte viene proposto in maggiore, segue un secondo tema ‘alla marcia’ che viene variato prima del brillante finale. Stima e amicizia legavano i due artisti: nel febbraio 1821 Rossini chiese a Paganini di dirigere Matilde di Shabran al Teatro Apollo di Roma; quello stesso Carnevale i due amici organizzarono una memorabile mascherata nella quale, come ricorda Massimo d’Azeglio (che vi prese parte), si travestirono da ciechi, cantando e domandando l’elemosina. Edvard Grieg (1843-1907) diede un contributo notevole alla diffusione in Europa della musica popolare norvegese, esprimendone con vivezza d’immagini i sentimenti più segreti e crepuscolari. Se nella sua produzione, specie pianistica e liederistica, sono evidenti anche richiami a Schumann e Mendelssohn (Grieg si era perfezionato al Conservatorio di Lipsia), il canto delicato, di matrice elegiaca, rimane tipicamente nordico. Anche la Suite op. 40 per archi porta il segno inconfondibile del terso sentimentalismo