Beautiful mind / Enrico Bombieri "I numeri portano a Dio" Enrico Bombieri, 62 anni, è l'unico italiano dell'Institute for advanced study di Princeton. Vi sono passati, prima di lui, Einstein e Oppenheimer. E' il matematico italiano più famoso del mondo. Gli abbiamo chiesto di aiutarci a capire perché la matematica da segreta compagna di menti solitarie sia diventata stella di Hollywood, protagonista di romanzi ed eroina delle folle. Quando si è accorto, professore, che tra lei e la matematica c'era un amore? «Dopo la terza elementare. Poi è diventata una passione». E' vero che la professoressa la delegava a fare lezione? «E' vero che alle medie quando la professoressa mi interrogava diceva alla classe: Non state a sentire, perché mi chiedeva cose molto avanzate». Un bambino sempre sui libri. «No, passavo le giornate in bicicletta e a giocare a pallone». Che cosa distingue un uomo normale da un genio? «La creatività. Nei calcoli si cerca la conferma dell'intuizione». Prima viene la fantasia? «Per fare passi in avanti bisogna immaginare quello che non si è mai visto». Come l'aneddoto di David Hilbert, che, appreso che un suo allievo aveva smesso di frequentare il corso di matematica e si era dato alla poesia, disse: Ha fatto bene, perché per la matematica non aveva abbastanza immaginazione «Ma anche il poeta ne ha bisogno di tanta». Dicono che la sua memoria le consenta di ricordarsi tutti i libri che ha letto. «Non tutti». Potrebbe citare a memoria delle pagine? «Sì». Dopo averle lette quante volte? «Anche una volta». Un libro che conosce a mente. «I racconti di Borges». Ha visto il film Beautiful mind' sulla vita del matematico John Nash? «Non l'ho visto, conosco Nash piuttosto bene, forse anche per questo non sono andato ancora a vederlo». Che uomo è? «Nel vedere le cose sa trovare un lato che la persona comune non vede». Il tipico matematico sregolato. «Ha avuto un problema di condizione mentale. L'ho visto cambiare nel giro di tre anni, quando è uscito dalla spirale della malattia mentale» . E' vero che i matematici danno il meglio di sé quando sono giovani? «Se un matematico entro 40 anni non ha fatto nulla di importante, è improbabile che lo faccia in futuro. Anche se Wiles aveva 40 anni quando risolse l'ultimo teorema di Fermat». Che cos'è la matematica? «La matematica descrive le relazioni tra oggetti, si occupa delle relazioni non degli oggetti». A che cosa serve? «A capire come le cose stiano insieme». Ho sentito dire che la matematica è applicata anche alla morale. «E' la teoria dei giochi, di cui si è occupato Nash e per la quale ha ricevuto il Nobel. Permette di studiare quei sistemi in cui ci sono valori, che possono essere in conflitto». Ma la matematica non può modificare la morale? «No». Il bello dei numeri. «La loro universalità. La matematica non conosce rivoluzioni ma innovazioni. Ha la solidità della logica. La matematica di Euclide è valida dopo più di 2350 anni». Perché è così selettiva, strumento che solo pochi capiscono? «Perché è un linguaggio sintetico, molto efficiente ma complicato». Lei come e dove lavora? «Dovunque, anche quando pesco o dipingo, perché il mio lavoro lo faccio nella mia testa. Gran parte del lavoro consiste nello scegliere il problema che meriti di essere studiato». Anche a lei bastano dei foglietti e una matita come a Paul Erdos? «L'ho conosciuto quando era ancora studente. Non aveva nemmeno una casa. Teneva tutto in una valigia. Diceva che la proprietà privata non è un furto ma una seccatura. Viaggiava sempre, facendo matematica dalla mattina alla sera, prendendo le sue anfetamine con ricetta medica. Dormiva tre ore al giorno, è morto a 85 anni». Qual è un calcolo complesso che lei riesce a fare a mente? «Una formula algebrica da trasformare con una decina di termini». Il suo rapporto con il tempo? «Quando lavori su un problema, ad un certo momento arriva una fase critica in cui intuisci di poter raggiungere il risultato. A quel punto lavori giorno e notte. Una volta ho lavorato due giorni e tre notti senza riposo». Come fa uno a resistere? «Non lo so, ma non c'è problema a restare svegli, quando uno si rende conto che la scoperta è lì». Il problema che non è riuscito a risolvere qual è? «L'ipotesi di Riemann. E' stata verificata per i primi dieci miliardi di soluzioni. Gli ho dedicato tanti anni di pensiero». Quanti? «Quaranta». Si è arreso? «No, perché anche l'insuccesso serve». La matematica si crea o si scopre? «C'è un po' di creazione, ma per la maggior parte uno la scopre». Che cos'è lo zero? «Non è il nulla». Qual è il numero che rappresenta il nulla? «Uno zero sbarrato. Lo zero invece è il numero a cui tutti i numeri sono riferiti. Oggi ho giocato 100 dollari alle corse e ho fatto pari, questo è lo zero». E l'infinito? «E' il concetto dell'irrangiungibile, però non tutti gli infiniti sono uguali. Pensi al Giardino dei sentieri che si biforcano di Borges, in cui ci sono strade che in ogni momento si biforcano». Oltre alla matematica lei dipinge, gioca a scacchi, a bridge, a ping pong, cucina, pesca, ama la poesia, è malacologo, collezionista di conghiglie, filatelico. Detto tutto? «La filatelia per me è finita». E' vero che ha applicato una teoria matematica alla filatelia? «Ho fatto un'analisi statistica per i francobolli dell'Impero Ottomano sulle loro caratteristiche di stampa». Anche i sentimenti possono essere calcolati? «No». Ma la matematica le è servita per vivere? «Quando ho dovuto prendere decisioni, che comportavano un rischio». Il fumetto che preferisce? «Paperino». Il piatto? «La pastasciutta». Le conchiglie? «Ne ho 6000, bellissime». C'è un legame tra matematica e arte? «In Piero della Francesca la matematica è una parte fondamentale». La matematica è arte? «Di per sé no, ma ha un elemento artistico nella parte creativa». Che cosa non lo interessa? «La politica». Esiste la verità? «Sì, ma ognuno la vede a modo suo, ha molte facce». I numeri portano a Dio o agli uomini? «Forse a Dio». dall'inviato Giovanni Morandi