le parole non dette

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A

Caterina Scianna
LE PAROLE
NON DETTE
NUOVI SVILUPPI IN NEUROLINGUISTICA
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www.aracne–editrice.it
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via Raffaele Garofalo, 133/A-B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978-88–548–3200–8
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: marzo 2010
INDICE
7
Introduzione
I.
Basi teoriche della psicolinguistica
13
1.1 Chomsky: dal modello standard al programma minimalista
1.2 Alcune nozioni tecniche
1.3 Struttura profonda e struttura di superficie
14
17
20
II. L’area di Broca all’interno del network linguistico
29
2.1 Breve introduzione all’architettura del cervello
30
2.1.1. Strutture corticali e sottocorticali, p.31
2.2 Paul Broca e la nascita dell’afasiologia
2.3 Il modello Wernicke-Geschwind
2.4 Le reti del linguaggio
35
39
41
2.4.1. I nuovi modelli di comprensione e produzione linguistica, p.45 - 2.4.2.
Ruolo dell’emisfero destro, p.51 - 2.4.3. Ruolo ed evoluzione dei gangli basali, p.53
2.5 Definizione di “area di Broca”
58
2.5.1. Sintassi e semantica nell’area di Broca, p.64
2.6 Funzioni motorie e neuroni specchio
2.7 Conclusioni
66
72
III. Il contributo dei dati afasiologici alla definizione funzionale
dell’area di Broca
75
3.1 Applicazione delle tecniche di neuroimaging funzionale allo studio
del linguaggio
77
3.1.1. Cautele metodologiche, p.81
5
6
3.2 I test di valutazione per pazienti afasici
3.3 Tassonomia delle afasie
3.4 Area di Broca e afasia di Broca
3.5 Le caratteristiche linguistiche dell’afasia di Broca
3.6 L’Afasia di Broca nella lingua italiana
83
86
91
95
100
3.6.1. Studio dei nomi composti, p.102 - 3.6.2. Produzione verbale in
afasici italiani, p.107
IV. Area di Broca e funzioni complesse
111
4.1 Teoria della cancellazione della traccia
111
4.1.1. Ipotesi di Grodzinsky nella lingua italiana, p.117
4.2 Costruzione degli alberi sintattici
118
4.2.1. Differenza tra tempo e accordo nella flessione verbale, p.121 - 4.2.2.
Produzione di frasi interrogative, p.124
4.3 Produzione e comprensione verbale
126
4.3.1. Olandese e inglese a confronto, p.130 - 4.3.2. Ulteriori deficit
nella produzione verbale, p.134 - 4.3.3. Object scrambling, p.136 - 4.3.4.
Movimento del verbo e negazione, p.139
4.4 Conclusioni
144
V. Il neuroprocessore evolutivo delle attività cognitive superiori 147
5.1 Un breve accenno alla modularità
5.2 Prospettiva evolutiva
5.3 Paleoneurologia
150
154
157
5.3.1. Metodologia: tomografia computerizzata e morfometria geometrica,
p.159 - 5.3.2. La crescita del cervello: il processo di encefalizzazione, p.160
5.4 Conclusioni
166
BIBLIOGRAFIA
169
INTRODUZIONE
La facoltà di linguaggio suscita da sempre un grande interesse: è uno
dei tratti umani più distintivi, una caratteristica specifica della nostra specie. I meccanismi che la supportano sono molto complessi: da una parte,
il linguaggio è una manifestazione di intricati processi fisiologici, che
permettono all’uomo di produrre suoni articolati, d’altra parte invece
questo può venire considerato come modalità cognitiva di rappresentazione della realtà che condiziona e, secondo alcune prospettive, codetermina altri processi cognitivi.
Il problema biologico relativo al linguaggio riguarda il perché soltanto
l’uomo impara a usare una lingua. Il linguaggio umano è reso possibile
sia da strutture periferiche, quali l’apparato fonatorio - quindi dalla particolare conformazione di laringe ma anche di bocca e labbra - sia da determinate aree cerebrali. Ma quali sono precisamente le strutture cerebrali
che permettono il linguaggio? Ciò di cui ci occuperemo in questo lavoro
in prima istanza sono le caratteristiche “biologiche” del linguaggio, tralasciando i correlati anatomici periferici e concentrandoci, dunque, sulle
strutture anatomiche centrali che permettono la produzione linguistica,
cercando di descrivere le più recenti prospettive a riguardo. Negli ultimi
anni nell’ambito delle scienze cognitive, è stato approfondito lo studio
dei fondamenti biologici del linguaggio, lo studio di tutte le strutture e
capacità che hanno permesso all’uomo di sviluppare la facoltà di linguaggio, l’area di Broca e le altre aree cerebrali del linguaggio sono state
esaminate in maniera approfondita. Si è cercato di comprendere non soltanto come parole, frasi, regole grammaticali siano elaborate nel tessuto
neurale, ma anche come le funzioni del cervello siano collegate ai nostri
comportamenti. Il progetto è ambizioso ma non nuovo: l’interesse nella
relazione linguaggio-cervello è antico, oggi però si hanno a disposizione
strumenti meno invasivi e ad alta risoluzione capaci di fornire nuove soluzioni a vecchi problemi.
L’obiettivo del libro consiste nella possibilità di riconsiderare le teorie
classiche sul funzionamento delle aree cerebrali del linguaggio, sulla base di dati di neurolinguistica e neuropsicologia. Questi dati permettono di
attribuire funzioni specifiche di alto livello a strutture anatomiche quali le
aree di Broca e di Wernicke, considerate sino a qualche tempo fa in ma7
8
Introduzione
niera complessiva come aree di produzione e comprensione del linguaggio. Con il superamento del modello di spiegazione classico del funzionamento del linguaggio, si è cercato di ridefinire il ruolo svolto da quelle
che erano state indicate come uniche aree specifiche del linguaggio e si è
compreso innanzitutto come il funzionamento del linguaggio non sia regolato solamente da strutture corticali ma anche da strutture sottocorticali, basandosi appunto su un network di interazione corticale e sottocorticale.
Le attuali ricerche delle scienze cognitive cercano appunto di rintracciare e descrivere il network neurale preposto al linguaggio. Il modello
Wernicke-Geschwind si è rivelato, come vedremo, empiricamente inadeguato. Questo modello viene teorizzato nei primi anni del 900 e fondamentalmente individua due sole aree cerebrali che regolano i processi
linguistici. Queste sono appunto l’area di Broca e l’area di Wernicke, situate entrambe nell’emisfero sinistro, che regolano rispettivamente i processi di produzione e di comprensione linguistica. Oggi però tecniche di
visualizzazione cerebrale sempre più sofisticate rivelano che anche se
queste due aree corticali svolgono effettivamente un ruolo importante, altre parti del nostro cervello sono implicate nei processi linguistici. È stata
messa in discussione l’idea di localizzazione esclusiva delle aree del linguaggio. Mostreremo quali sono i motivi per cui il modello WernickeGeschwind non fornisce una corretta interpretazione del funzionamento
del network linguistico e come la tendenza attuale in ambito neuroscientifico non sia quella di individuare un’area precisa per una singola funzione ma funzioni complesse sono considerate come regolate da network
(Mesulam, 1998). Si ritiene cioè che il linguaggio sia un meccanismo
complesso, il cui funzionamento è regolato da un’ampia rete di circuiti
nervosi, un network appunto di interazione tra aree corticali e aree sottocorticali, aree dell’emisfero sinistro ma anche aree dell’emisfero destro
(Grodzinsky & Friederici, 2006). Un insieme di reti nervose distribuite in
zone diverse del cervello, che possono essere pensate come un doppio
network di funzioni cerebrali stratificate: da una parte strutture profonde,
quali i gangli basali, connesse ai comportamenti più primitivi come la fonazione e il controllo motorio, dall’altra un livello corticale superiore, responsabile delle operazioni astratte connesse alle funzioni secondarie superiori. Il funzionamento del linguaggio sarebbe cioè meglio spiegato dal
modello evolutivo proposto da Lieberman (2006) che concepisce
Introduzione
9
un’evoluzione del cervello a strati, dall’interno verso l’esterno. Un’ampia
parte sarà quindi dedicata agli studi che cercano di determinare le zone
precise che rientrano nel network linguistico, vedremo come queste aree
sono interconnesse strettamente tra loro, come ogni regione del network
ricopra più di una funzione e come non vi sia un rapporto univoco tra area e funzione. Nello specifico vedremo anche come sintassi e semantica
siano aspetti della facoltà linguistica che non possono essere indagati separatamente perchè strettamente connessi e regolati dalle medesime aree.
A sintassi e semantica non corrispondono cioè singole aree ma queste sono distribuite in più aree del network linguistico: all’interno di questo
network vi sono aree che regolano aspetti sia di sintassi che di semantica,
una di queste aree, come vedremo, è proprio l’area di Broca.
Il nostro argomento centrale è una nuova ipotesi, formulata partendo
da casi di pazienti afasici, che riguarda nello specifico la funzione svolta
dall’area di Broca. L’area di Broca corrisponde alle aree 44 e 45 della
classificazione di Brodmann, si trova dunque nella parte posteriore del
giro frontale inferiore dell’emisfero sinistro. Questa regione viene individuata come area dell’articolazione linguistica alla fine dell’800 dal neurologo francese Paul Broca e per gran parte del secolo scorso, proprio
sulla scia degli studi di Broca, si è ritenuto che regolasse interamente la
produzione linguistica. In questa sede cercheremo di dimostrare come in
realtà tale area adempia una funzione più specifica ed elevata rispetto alla
tradizionale attività produttiva che le veniva attribuita, una funzione teorizzata qualche anno fa da Chomsky. Come noto, nelle sue prime formulazioni Chomsky (2001) pone una distinzione tra due diversi livelli della
rappresentazione di una frase: il livello della struttura profonda e il livello
della struttura di superficie. Grodzinsky (2000) rintraccia nell’area di
Broca la struttura cerebrale che si occuperebbe proprio di regolare il rapporto tra questi due livelli, conservando le proprietà della struttura profonda nel passaggio alla struttura di superficie. Partendo dallo studio delle funzioni danneggiate nei soggetti afasici, Grodzinsky sostiene l’ipotesi
che l’area di Broca non regoli l’intera produzione linguistica ma abbia un
compito molto ristretto e specifico, occupandosi esclusivamente di alcune
regole sintattiche legate ai movimenti trasformazionali delle strutture frasali. Questa area regolerebbe la componente trasformazionale delle strutture sintattiche coinvolte nella costruzione delle parti più alte degli alberi
sintattici. Secondo Grodzinsky, le operazioni di movimento sintattico, o
10
Introduzione
più precisamente le operazioni di indicizzazione delle tracce nel passaggio dalle strutture profonde e quelle superficiali, costituirebbero la funzione sintattica centrale dell’area di Broca. Vedremo nello specifico come l’ipotesi di Grodzinsky trovi riscontro in diverse lingue: il movimento
sintattico presenta delle caratteristiche diverse nelle varie lingue. Grodzinsky mostra come in pazienti con afasia di Broca, il movimento sintattico risulti sempre danneggiato, nonostante il fatto che da una lingua
all’altra siano diverse le strutture che subiscono delle trasformazioni.
L’ipotesi di Grodzinsky, attribuendo una funzione elevata all’area di
Broca, ci permette di riconsiderare il ruolo svolto da questa regione cerebrale in chiave evolutiva. Vedremo come per comprendere pienamente
l’ipotesi di Grodzinsky abbiamo bisogno di mettere insieme dati di natura
diversa. Per questa ragione partiamo da una trattazione della linguistica
chomskiana, punto di partenza teorico della teoria di Grodzinsky. Poiché
alcuni concetti sviluppati da Chomsky, quali appunto la distinzione tra
struttura profonda e struttura di superficie, il movimento sintattico e
l’esistenza di categorie vuote come le tracce, sono fondamentali per
comprendere quello che sembra essere il ruolo principale dell’area di
Broca, dedichiamo un punto della nostra discussione mostrando come
Chomsky sviluppi questi concetti. Nel corso del tempo infatti, all’interno
della teoria chomskiana, queste nozioni vengono riviste e ridelineate più
volte.
Nel secondo capitolo passiamo ai dati neuroanatomici che riguardano
il linguaggio. Mostreremo il passaggio che si è avuto nel corso del secolo
scorso dagli studi iniziali sui correlati cerebrali del linguaggio alle recenti
teorie che appunto cercano di rintracciare il complesso network cerebrale
del linguaggio. Un’ampia parte sarà dedicata nello specifico all’area di
Broca. Poiché punto centrale del libro è rintracciare la precisa funzione
linguistica svolta da questa area, ci sembra opportuno considerare le caratteristiche anatomiche e citoarchitettoniche di questa regione, nonché le
diverse funzioni che questa area regola al di fuori del dominio linguistico. Vedremo così come le aree che formano l’area di Broca, quindi le aree di Brodmann 44 e 45, presentino delle differenze e come questa regione oltre a svolgere un ruolo essenziale nei processi linguistici, quindi
in sintassi e semantica, sia implicata anche in alcune funzioni motorie,
che nulla sembrano avere a che fare con il linguaggio.
Introduzione
11
Nella seconda parte discuteremo nello specifico delle funzioni linguistiche dell’area di Broca e lo faremo partendo dalla neuropsicologia e
dall’individuazione delle caratteristiche dell’afasia di Broca. Verranno
quindi descritte le metodologie che oggi ci permettono di investigare le
strutture neurali e le loro rispettive funzioni. Vedremo anche come con il
superamento del modello Wernicke-Geschwind cambi il modo di classificare i diversi tipi di afasie: la classificazione dei deficit è oggi molto più
precisa e dettagliata.
La teoria di Grodzinsky rappresenta quindi un’idea innovativa, interessante dal punto di vista dell’epistemologia delle scienze cognitive, che
permette di dare una spiegazione in termini evolutivi delle strutture anatomiche cerebrali del linguaggio. Questa teoria giustifica l’ipotesi di una
nuova ricostruzione dei processi di funzionamento del linguaggio, non un
elemento qualitativamente differente della storia evolutiva del sapiens,
ma un insieme di capacità complesse e stratificate, che nel corso
dell’evoluzione sono state soggette a modifiche e specializzazioni e che
si trovano in aree cronologicamente sovrapposte e diversamente funzionalizzate del nostro cervello. L’area di Broca costituirebbe così una sorta
di modulo, un processore specifico dell’Homo sapiens, un circuito neurale di altissimo livello, evolutosi recentemente, che regola un meccanismo
astratto.
Proprio per cercare di mostrare la formazione del complesso circuito
neurale che si è andato man mano rifunzionalizzando per il linguaggio,
riserveremo una parte della trattazione agli studi di paleoneurologia.
Questa disciplina si occupa di studiare l’evoluzione delle strutture cerebrali, cercando anche di capire quale fosse l’eventuale funzione svolta
precedentemente da queste strutture. Vedremo come vengano individuate
le diverse fasi del processo di encefalizzazione del genere Homo: ciò
permette di comprendere quando, durante l’evoluzione, siano comparse
le aree del linguaggio. Nella parte finale mostreremo quindi, facendo riferimento ai dati forniti da questa disciplina, quando siano comparse le
condizioni, le strutture neurali che hanno permesso lo sviluppo del linguaggio, quando durante l’evoluzione del genere Homo l’area di Broca e
l’area di Wernicke abbiano raggiunto il loro completo sviluppo. In questo
modo cercheremo di fornire una spiegazione evolutiva della presenza
delle strutture anatomiche cerebrali del linguaggio nella specie sapiens.
Cercheremo quindi di capire coma deve essere considerata l’area di Bro-
12
Introduzione
ca e come sia possibile che questa regione regoli allo stesso tempo funzioni linguistiche elevate e funzioni motorie.
Questo libro è il risultato dell’intenso periodo di studi maturati nel
corso del dottorato di Scienze Cognitive dell’Università di Messina. Numerose persone mi sono state vicine e mi hanno aiutato nella sua stesura.
Voglio prima di tutto ringraziare Ninni Pennisi, Franco Lo Piparo e Pietro Perconti per i loro insegnamenti e per aver dato vita ad un gruppo di
lavoro affiatato e stimolante. Un grazie particolare va ad Alessandra Falzone per il suo prezioso aiuto e costante sostegno. Desidero inoltre ringraziare Mario Graziano, Francesco Parisi, Valentina Cardella, Maria
Primo, Sebastiano Nucera, Assunta Penna, Mimma Bruni, Domenico
Porpiglia e Andrea Velardi per l’affetto e la pazienza con cui mi hanno
supportato e sopportato, dispensatori infaticabili di sempre utili consigli e
spunti di riflessione.
CAPITOLO 1
BASI TEORICHE DELLA PSICOLINGUISTICA
Il nostro punto centrale è l’ipotesi di uno psicolinguista, Grodzinsky,
che sulla base dell’analisi del parlato di individui afasici, attribuisce
all’area di Broca una funzione elevata e specifica: regolare le trasformazioni tra i due livelli della struttura profonda e della struttura di superficie. Nello specifico questa regione si occuperebbe dei meccanismi che
permettono di conservare la rappresentazione della traccia di un elemento
che subisce un movimento. L’area di Broca cioè non sarebbe semplicemente l’area dell’articolazione, ruolo che le è stato attribuito nei modelli
neuroanatomici classici, ma si occuperebbe di una funzione cognitiva superiore, presente soltanto nel linguaggio del sapiens.
I concetti che stanno alla base della teoria di Grodzinsky sono teorizzati nei primi scritti di Chomsky. Questo capitolo è quindi una breve parentesi sulla linguistica chomskiana, nello specifico su alcune delle nozioni chiave che all’interno di questa teoria vengono usate per spiegare le
strutture sintattiche fondamentali di tutte le lingue umane. Nei capitoli
successivi passeremo alla descrizione delle caratteristiche strettamente
linguistiche dell’afasia di Broca, per cercare successivamente di comprendere il preciso ruolo svolto dall’area di Broca. Ci sembra opportuno,
prima di affrontare questi argomenti, riprendere alcuni aspetti, alcuni
concetti della teoria chomskiana che ci saranno poi utili in seguito. In
particolar modo ci soffermeremo sui concetti di struttura profonda e
struttura di superficie, su come evolvono, mutano nel corso degli anni e
sui processi trasformazionali che collegano questi due livelli di rappresentazione. Come noto, quella tra struttura profonda e struttura di superficie, è una distinzione fondamentale nelle prime formulazioni della teoria sintattica di Chomsky che spiega i diversi livelli in cui vengono rappresentate le strutture sintattiche delle frasi. Questa distinzione poi viene
modificata e del tutto abbandonata all’interno del programma minimalista, nel tentativo di semplificare il più possibile la struttura della lingua.
Il programma minimalista rappresenta infatti un tentativo radicale di ripensare i fondamenti della grammatica generativa, rifiutando tutte le co-
13
14
Capitolo I
struzioni non strettamente necessarie sia da un punto di vista concettuale
che empirico.
Poiché, come vedremo, nei pazienti con afasia di Broca sembra siano
danneggiati proprio i processi trasformazionali tra struttura profonda e
struttura di superficie, o più precisamente, sembra che una lesione
all’area di Broca provochi l’incapacità di rappresentarsi la cosiddetta
traccia teorizzata da Chomsky, cercheremo di capire se questi concetti
vadano ripresi o se in qualche modo la descrizione delle strutture sintattiche data nel programma minimalista non sia comunque adeguata alla
spiegazione dei deficit del parlato agrammatico.
1.1. Chomsky: dal modello standard al programma minimalista
Chomsky può essere considerato il creatore della moderna teoria linguistica. Punto fondamentale del suo pensiero è la nozione di grammatica
universale: una grammatica immagazzinata nel cervello di ogni parlante.
Sin dalla nascita, secondo Chomsky, il cervello umano ha una specializzazione, geneticamente determinata, finalizzata al linguaggio. Tutti gli
esseri umani dispongono di un meccanismo innato che permette
l’acquisizione del linguaggio. È una caratteristica specie specifica della
mente umana quella di essere predisposta all’acquisizione del linguaggio.
La mente possiede delle proprietà che permettono ad un individuo di acquisire qualsiasi lingua a cui è esposto durante l’infanzia senza alcuno
sforzo. È grazie a questa componente innata che ogni bambino impara
velocemente e facilmente una lingua, nonostante la sua esperienza linguistica sia frammentaria e limitata. Il bambino riesce cioè a produrre autonomamente frasi che non ha mai udito prima. L’acquisizione del linguaggio non è da intendere meramente come una risposta agli stimoli che
vengono dall’ambiente: la facoltà di linguaggio è infatti una componente
della mente, fa parte della dotazione biologica dell’uomo. Della grammatica universale, Chomsky sostiene che
Può essere considerata come una teoria dei meccanismi innati, una matrice biologica
sottostante che fornisce un quadro all’interno del quale si sviluppa la crescita della lingua. I principi della GU possono essere considerati come una spiegazione astratta e parziale del programma genetico che permette al bambino di interpretare certi eventi come
Basi teoriche della psicolinguistica
15
esperienza linguistica e di costruire un sistema di regole e principi sulla base di questa
esperienza (Chomsky, 2008:341-342).
La teoria della grammatica universale cerca di formulare e descrivere
le proprietà definite della facoltà di linguaggio, mira alla formulazione
dei principi che entrano in gioco nel funzionamento della facoltà del linguaggio. La grammatica universale descrive dei principi, delle proprietà
condivise da tutte le lingue naturali possibili, entità di natura mentale, che
costituiscono ciò che tutti i parlanti hanno in comune circa la conoscenza
del linguaggio, indipendentemente dalla lingua che parlano, è dunque lo
studio delle condizioni che devono essere soddisfatte dalle grammatiche
di tutte le lingue umane. I principi della grammatica universale costituiscono lo schema costitutivo di ogni particolare lingua umana, la base per
l’acquisizione del linguaggio, rappresentano lo stato iniziale della facoltà
di linguaggio precedente ad ogni esperienza. Ogni parlante conosce un
insieme di principi fissi, parte dell’equipaggiamento biologico umano,
che non vengono appresi e possono applicarsi ad ogni lingua, sono meccanismi che fanno parte della struttura della mente e che operano autonomamente. Ovviamente, le lingue umane differiscono in molti modi. Le
differenze tra le lingue sono date dai parametri, acquisiti in base
all’esperienza, in base ai quali le frasi di una determinata lingua hanno
una certa forma e un certo significato. Ogni possibile configurazione dei
parametri determina una lingua particolare. L’apprendimento di una lingua sta proprio nel processo di determinazione dei parametri. L’esempio
classico di principio comune alla sintassi di tutte le lingue è il principio di
dipendenza dalla struttura, secondo cui la conoscenza del linguaggio si
basa sulle relazioni strutturali e non sull’ordine lineare degli elementi
all’interno di una frase. Questo principio farebbe parte del bagaglio genetico di ogni parlante e ogni essere umano che conosca una qualsiasi lingua lo include nella sua conoscenza del linguaggio (Chomsky, 1998).
Un esempio di parametro è il caso del parametro testa, che stabilisce
l’ordine degli elementi all’interno del sintagma. In una lingua la posizione della testa viene specificata una sola volta e vale per tutti i tipi di sintagmi. Nei sintagmi di tutte le lingue umane sono possibili due strutture:
la testa può trovarsi a destra (testa finale) o a sinistra (testa iniziale). Vi
sono così lingue, come l’italiano, a testa iniziale perchè collocano sempre
Capitolo I
16
la testa prima del complemento, e lingue come il giapponese, a testa finale, che invece collocano la testa dopo il complemento1.
Un altro parametro è quello che stabilisce l’omissibilità del pronome
soggetto. In alcune lingue, come l’italiano, sono possibili frasi dichiarative in cui non compare il soggetto, mentre in altre lingue, come l’inglese,
questo deve sempre essere espresso.
Es.
Parlo
I speak
Nelle lingue umane vi è dunque una struttura comune, fatta di principi
linguistici astratti, principi che sono sia sintattici, morfologici che fonologici, e una serie di parametri che costituiscono invece un paradigma di
opzioni. Il programma generativista si propone di identificare il limite
superiore della classe delle lingue umane scoprendone i principi universali (che sono la parte invariante della grammatica universale) e di circoscrivere la variazione entro le possibilità lasciate aperte dai parametri
(che sono invece la parte variabile della grammatica universale).
Nella fase finale del suo pensiero Chomsky, con il passaggio al programma minimalista, sente il bisogno di rendere più semplice la teoria
linguistica e nelle sue descrizioni vi è appunto una tendenza alla semplificazione. Il sistema linguistico deve essere il più economico possibile, di
conseguenza per spiegarlo bisogna usare l’insieme di strumenti il più
piccolo possibile. Questo programma si basa sostanzialmente su due
principi fondamentali: il principio di piena interpretazione e il principio
di economia. Secondo il principio di piena interpretazione nella struttura
della frase non ci sono elementi ridondanti: ogni elemento della frase ha
cioè il proprio ruolo, che sia semantico, sintattico o fonologico, che va interpretato in qualche modo. Secondo il principio di economia invece tutte
le rappresentazioni e i processi che vengono usati per derivare tali rappresentazioni devono essere il più possibile economici (Cook & Newson,
1996).
1
Questi concetti saranno comunque compresi meglio in seguito quando daremo alcune precisazioni sulle nozioni fondamentali del pensiero di Chomsky.
Basi teoriche della psicolinguistica
17
1.2. Alcune nozioni tecniche
Nella facoltà di linguaggio si possono individuare tre diverse componenti: fonologica, semantica e sintattica. La grammatica di una lingua
correla interpretazioni semantiche e fonetiche, è un sistema di regole che
determinano un certo accoppiamento tra suoni e significati. Questa associazione è mediata dalle regole del componente sintattico.
Le unità minime della sintassi sono le parole, che sono divise in categorie e assemblate in vari ordini. Le parole non sono ordinate all’interno
delle frasi secondo un ordine lineare, ma sono organizzate in sintagmi. La
struttura sintagmatica è un sistema per cogliere le relazioni strutturali della frase per mezzo del concetto “consiste di”. Ogni sintagma infatti è
composto da uno o più costituenti, ed è conforme ad alcuni requisiti. Uno
di questi è il fatto che i sintagmi devono essere endocentrici, cioè vi è un
elemento centrale del sintagma che lo definisce e ne determina la categoria: questo elemento viene detto testa del sintagma.
•
•
•
•
Sintagmi nominali (SN)
traduzione del libro
Sintagmi verbali (SV)
parlare inglese
Sintagmi aggettivali (SA)
pieno d’acqua
Sintagmi preposizionali (SP)
a Mario
I sintagmi verbali sono quindi tali perché l’elemento che hanno come
testa è un verbo, i sintagmi aggettivali un aggettivo, i sintagmi preposizionali una preposizione e così via per ogni categoria. La struttura sintagmatica della frase è collegata al lessico: le teste dei sintagmi devono
essere categorie lessicali, conformi alla particolare struttura di cui fanno
parte. La testa non soltanto definisce il sintagma, ma determina anche il
numero di elementi di cui il sintagma ha bisogno. Questa proprietà viene
detta valenza. Ogni testa ha una sua valenza, determina cioè quanti elementi richiede per formare un sintagma. Gli elementi richiesti dalla testa
sono detti argomenti.
Piove zerovalente (non ha argomenti)
Paolo cammina monovalente (un argomento)
Paolo cucina la pizza bivalente (due argomenti)
Paolo spedisce una lettera a Mario trivalente (tre argomenti)
18
Capitolo I
Piove è una parola zerovalente perché costituisce un sintagma da sola,
Cammina è monovalente perché ha bisogno di un argomento per costituire un sintagma e così via. Questo aspetto del significato viene detto struttura argomentale. Conoscere la struttura argomentale di un predicato significa sapere non soltanto quanti argomenti vi sono implicati, ma anche
di che tipo di argomenti si tratta. Ad esempio il verbo cucina implica un
argomento che si riferisce ad un’entità che esegue l’atto di cucinare e un
argomento che si riferisce ad un’entità che viene cucinata. Questi ruoli
semantici vengono detti ruoli tematici (ruoli θ). Tra gli argomenti e i ruoli θ esiste una relazione biunivoca: ad ogni argomento viene assegnato un
solo ruolo-θ e ogni ruolo-θ viene assegnato ad uno e un solo argomento.
Vi sono delle restrizioni sul tipo di parole che possono occorrere in un
determinato tipo di costruzione, ad esempio alcuni verbi sono seguiti dal
sintagma nominale oggetto, mentre altri non lo sono. Il lessico non è
quindi un componente separato, ma gioca un ruolo essenziale nella sintassi: sono le proprietà lessicali di una parola quindi ad assicurare che la
sintassi abbia una certa forma. Il fatto che la sintassi debba tenere conto
delle caratteristiche lessicali dei vari elementi viene esplicato dal principio di proiezione. Secondo questo principio le proprietà lessicali di ogni
singolo elemento devono essere conservate ad ogni livello di rappresentazione. La conoscenza di come si comporta un verbo come mangiare
non può essere separata dalla conoscenza della sintassi.
Un modo di rappresentare la struttura dei sintagmi è lo schema xbarra, schema che vale per qualsiasi tipo di sintagma. Scopo della teoria
x-barra è quello di esprimere delle generalizzazioni che riguardano la
struttura dei sintagmi di tutte le lingue. Tutti i sintagmi hanno la stessa
struttura, questa è sempre asimmetrica, qualsiasi parola lessicale può cioè
formare un sintagma disponendo i propri argomenti in maniera asimmetrica, come indicato dallo schema che segue. Le due posizioni per gli argomenti sono quelle di complemento e specificatore. Il complemento è
“fratello” della testa lessicale e ne è governato, mentre lo specificatore
sta al fianco di X’. Ad esempio nel SV suonare la chitarra, l’elemento la
chitarra è il complemento, che descrive cosa viene suonato, mentre nel
SN il libro, il è specificatore.
Basi teoriche della psicolinguistica
19
SX
(Spec)
X’
X (Compl)
Testa (categoria lessicale)
Ogni frase, come abbiamo detto, non è una organizzata semplicemente
come una sequenza lineare di parole, ma è qualcosa di più complesso.
Tutti gli enunciati hanno una loro precisa struttura gerarchica. La rappresentazione lineare delle frasi non rappresenta le loro proprietà strutturali,
non vi è cioè rappresentata la struttura presente nella mente del parlante.
Il sistema più noto di rappresentazione della struttura gerarchica delle
frasi è il diagramma ad albero. Questo diagramma riproduce ciò che i
parlanti implicitamente sanno sulla struttura della frase che producono2.
La struttura dei sintagmi viene rappresentata come una successione verticale di nodi. I sintagmi di una frase sono rappresentati gerarchicamente,
ogni biforcazione o nodo corrisponde ad una testa o ad un sintagma, che
vengono etichettati con le sigle corrispondenti:
P preposizione
D determinante
N nome
V verbo
A aggettivo
AVV avverbio
Q quantificatore
La radice dell’albero è costituita dal sintagma maggiore, al di sotto del
quale si ramificano i vari componenti, ovvero la testa e i suoi argomenti.
Un sintagma è la proiezione della propria testa. Un nodo domina un altro
2
Per gli esempi di alberi sintattici rimandiamo al capitolo 4.
20
Capitolo I
nodo se è più in alto nell’albero ed è collegato a esso solo tramite rami
discendenti.
1.3. Struttura profonda e struttura di superficie
Uno degli assunti principali del pensiero chomskiano è l’idea che vi
siano dei principi innati, i cosiddetti principi della grammatica universale,
presenti sin dalla nascita nella mente umana predisposta al linguaggio. Ai
dati linguistici concreti corrisponde quindi un ulteriore livello, presente
soltanto nella mente dei parlanti. Di questi principi fa parte anche la struttura sintattica di una lingua. Le strutture sintattiche degli enunciati fanno
quindi parte dell’organizzazione interna della mente. La struttura sintattica base di una lingua non viene rappresentata dall’ordine lineare in cui le
frasi si presentano, ma si trova ad un livello astratto, soggiacente a ciò
che è concretamente osservabile, all’ordine in cui i parlanti leggono,
scrivono o comunque producono una frase.
Ogni frase, secondo la grammatica generativa, ha dei distinti livelli di
rappresentazione. Chomsky rivede più volte le sue idee
sull’organizzazione di questi livelli e su quale sia il rapporto in cui si troverebbero tra loro. Nelle sue prime formulazioni, Chomsky ipotizza
l’esistenza di due livelli ben distinti: la struttura di superficie, concretamente osservabile a livello fonetico e la sottostante struttura profonda,
che permette l’interpretazione semantica ma che non è ricavabile immediatamente dall’analisi dei dati linguistici concreti. Ciascuna frase di ogni
lingua è intesa come un accoppiamento specifico di una rappresentazione
fonetica con un struttura astratta: la struttura profonda, astratta perchè
non percepibile con i sensi. La grammatica di una lingua correla quindi
interpretazioni semantiche e fonetiche: questa associazione è mediata da
regole del componente sintattico che genera coppie di strutture profonde
e superficiali. Inizialmente Chomsky ritiene dunque l’interpretazione fonetica completamente determinata dalla struttura di superficie e
l’interpretazione semantica determinata completamente dalla struttura
profonda (Chomsky, 2001).
Il componente sintattico consiste dunque di regole che generano strutture profonde e regole che trasformano queste nelle strutture superficiali
associate. Questi due sistemi di regole sono chiamati rispettivamente
componente di base e componente trasformazionale della sintassi. Il si-
Basi teoriche della psicolinguistica
21
stema di base è a sua volta diviso in due parti: il sistema categoriale e il
lessico. Gli indicatori sintagmatici generati dal componente categoriale e
dal lessico sono le strutture profonde che determinano l’interpretazione
semantica. La base genera dunque strutture profonde e attraverso regole
trasformative queste vengono convertite in strutture di superficie. La sintassi non soltanto assembla le parole, ma le sposta nella struttura, che subisce in questo modo delle trasformazioni.
Man mano che formula la teoria dei principi e parametri, Chomsky
modifica i concetti di struttura profonda e struttura di superficie, per abbandonarli del tutto successivamente, all’interno del programma minimalista. Chomsky modifica i termini, precisando che le regole di base generano la struttura-P (struttura profonda) che assicura le configurazioni sintattiche fondamentali che determinano le relazioni tematiche: la sua funzione è cioè quella di formare i costituenti e assegnare le relazioni grammaticali, questa entra quindi in gioco nell’interpretazione semantica.
Tramite l’applicazione delle regole trasformazionali la struttura-P viene
convertita non direttamente in struttura di superficie bensì in struttura-S.
Questa è associata ad un’appropriata rappresentazione sia nella forma logica che nella forma fonetica. Sotto molti aspetti dunque la struttura-S è
più astratta della struttura di superficie, uno di questi è il fatto che nella
struttura-S sono presenti categorie vuote, foneticamente non realizzate.
Chomsky assegna cioè degli elementi astratti anche alla struttura-S: questa non è quindi semplicemente struttura superficiale, perché vi sono anche elementi astratti, come le tracce, che indicano le posizioni originarie
degli elementi che sono stati mossi.
1. [Che libro] il professore ha raccomandato di leggere t ?
2. Il professore ha raccomandato di leggere un libro di introduzione alla grammatica generativa.
Nell’esempio 1. l’oggetto diretto del verbo è il costituente che libro,
che non segue immediatamente il verbo, ma si trova all’inizio della frase.
Chomsky spiega questo fenomeno assumendo che l’ordine dei costituenti
nelle due frasi sia identico, cioè che il costituente che libro si trovi nella
posizione dopo il verbo in entrambe le frasi. Questo ordine viene poi modificato a livello della struttura-S nella frase 1., attraverso lo spostamento
del costituente all’inizio della frase. Questo movimento di un costituente
22
Capitolo I
da una posizione nella struttura-P ad un'altra posizione nella struttura-S è
una trasformazione, che mette in relazione i due livelli di rappresentazione (Graffi, 2008). Il movimento sintattico spiega il fenomeno per cui la
posizione di una parola nella sequenza lineare della frase può non coincidere con la posizione in cui la parola viene interpretata.
Per rendere conto del fatto che nella struttura-S il costituente che si è
spostato continua comunque a essere interpretato come oggetto diretto
del verbo, si assume che questo lasci nella sua posizione iniziale una
traccia. La traccia è un’entità vuota, un elemento della rappresentazione
mentale (Chomsky, 2008). Tralasciamo comunque per il momento la
spiegazione relativa al movimento e alle trasformazioni sintattiche e tentiamo di comprendere meglio i rapporti tra struttura-P, struttura-S, forma
logica e forma fonetica.
Le regole di base dunque, secondo la teoria X-barra, formano le strutture-P. Tramite l’applicazione a queste delle regole di movimento si hanno le strutture-S. A queste viene poi assegnata sia una rappresentazione
nella forma fonetica con una struttura di superficie, sia una rappresentazione nella forma logica. La struttura-S è un ponte di collegamento tra
suono e significato, conduce da una parte alla forma logica e dall’altra
parte alla forma fonetica. Forma fonetica e forma logica interpretano la
struttura-S assegnandole diverse rappresentazioni, ma non le aggiungono
nulla. La forma fonetica è ricavata dalla struttura-S eliminando gli elementi privi di contenuto fonetico, come le tracce. La forma logica invece
rende esplicite le intuizioni semantiche dei parlanti. Forma logica e forma
fonetica hanno due nature differenti, costituiscono l’interfaccia tra il linguaggio e gli altri sistemi cognitivi, producendo da una parte le realizzazioni fisiche del suono, dall’altra i significati. Nell’esempio 1. la forma
logica fornisce l’interpretazione del costituente che libro: la forma logica
è dunque un livello di rappresentazione che fa da tramite tra la struttura-S
e l’interpretazione semantica. Questo sistema viene rappresentato con il
seguente schema:
Basi teoriche della psicolinguistica
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Struttura-p
Struttura-s
Forma Fonetica (FF)
Forma Logica (FL)
Torniamo adesso alle regole di movimento che collegano i due livelli
di struttura profonda e struttura di superficie, o comunque che collegano
struttura-P e struttura-S. Il movimento rappresenta sia un modo per derivare la struttura-S dalla struttura-P, sia un modo per astrarre la struttura-P
dalla struttura-S, è dunque necessario per esprimere una relazione tra una
forma e l’altra. Chomsky parte dall’assunto che l’operazione di movimento è un principio computazionale invariante, secondo cui una categoria può essere mossa in una determinata posizione. La teoria del movimento indaga poi le restrizioni che le lingue umane pongono sul movimento. Vi sono infatti delle leggi che regolano il movimento sintattico:
questo deve sempre essere motivato ed inoltre possono essere mossi soltanto alcuni elementi, soltanto in certe posizioni e non oltre una certa distanza. Alcune restrizioni si applicano a tutte le lingue, altre invece variano da una lingua all’altra. Per esempio, tra le lingue vi sono dei parametri di variazione in relazione alla capacità della forma passiva di far
scattare il movimento. Anche se le lingue permettono che gli elementi
vengano spostati tramite trasformazioni, una proprietà universale di tutte
le lingue stabilisce che le informazioni fornite dal lessico non possono
essere modificate dalle trasformazioni. L’informazione lessicale si proietta cioè a tutti i livelli di rappresentazione3.
Una teoria strettamente collegata al movimento è la teoria del caso.
Questa teoria fa parte dei principi generali della grammatica universale e
dà spiegazione di diversi aspetti del movimento. La teoria del caso non
spiega le semplici terminazioni morfologiche dei nomi, non si occupa
soltanto dei casi visibili nella struttura superficiale, ma anche del cosiddetto caso astratto: in alcune lingue, come il tedesco, il caso viene realiz3
Tratteremo nello specifico dei diversi tipi di movimento sintattico nel quarto capitolo, in
relazione alla teoria della cancellazione della traccia di Grodzinsky.
Capitolo I
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zato morfologicamente, mentre in altre lingue ciò non avviene. Si assume
però che questo venga sempre assegnato in modo uniforme, indipendentemente dal fatto che sia realizzato morfologicamente. La teoria del caso
regola dunque l’assegnazione del caso astratto ai sintagmi nominali e assume che i casi sono simili ai ruoli-θ, che sono assegnati dai predicati agli argomenti; il caso è determinato dalla posizione strutturale in cui si
trova il sintagma nominale: i soggetti hanno il caso nominativo, mentre
gli oggetti hanno il caso accusativo. Bisogna distinguere però due tipi di
casi: strutturali e inerenti. I casi strutturali sono assegnati in base alla posizione che i sintagmi occupano nella struttura-S, quindi dopo che ha avuto luogo il movimento, mentre i casi inerenti sono associati a particolari argomenti, sono quindi assegnati nella struttura-P prima che avvenga il
movimento. L’aspetto più importante della teoria del caso è il principio
chiamato filtro del caso, secondo cui ad ogni sintagma nominale dotato di
una realizzazione fonetica deve essere obbligatoriamente assegnato un
caso.
Vediamo cosa succede con la trasformazione da una frase attiva a una
frase passiva4: la morfologia passiva implica il movimento dell’oggetto
della frase attiva, che nella frase passiva si sposta verso la posizione di
soggetto. Prendiamo come esempio il verbo sconfiggere, questo seleziona due ruoli-θ, agente e paziente:
Gli inglesi sconfissero i francesi
I francesi furono sconfitti
Sembrerebbe che la frase passiva violi il principio di proiezione, perché non è presente il sintagma nominale dopo il verbo. Per soddisfare il
principio di proiezione allora la struttura-S fornisce il sintagma nominale
mancante:
I francesi furono sconfitti t
La struttura-S della frase passiva soddisfa i requisiti perché contiene la
corretta proiezione dell’entrata lessicale, anche se soltanto sotto forma di
4
Anche della trasformazione da frase attiva a passiva si discuterà successivamente nel
quarto capitolo.
Basi teoriche della psicolinguistica
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traccia foneticamente vuota. La struttura-P invece colloca il sintagma
nominale nella sua posizione originale, prima che abbia luogo il movimento:
Furono sconfitti i francesi
Questa struttura però è insufficiente, perché manca una posizione per
il soggetto. La soluzione anche in questo caso consiste nel postulare
l’esistenza di una categoria vuota e che occupa la posizione mancante. La
corretta struttura-P sarà allora:
e furono sconfitti i francesi
(dove e rappresenta il soggetto mancante). In caso di movimento dunque un elemento si muove verso una posizione vuota e, lasciando una categoria vuota t.
Abbiamo già detto come il movimento sia collegato alla teoria-θ. La
posizione dell’elemento i francesi nella struttura-θ ricopre la funzione
grammaticale di oggetto. Il movimento sposta questo elemento in
un’altra posizione argomentale, quella di soggetto. La posizione in cui
viene mosso l’oggetto deve però essere vuota sia di qualsiasi contenuto
lessicale che di qualsiasi ruolo-θ, non deve cioè esservi alcun ruolo-θ assegnato alla posizione soggetto. Ciò solleva un problema: il verbo sconfiggere assegna solitamente un ruolo-θ al suo soggetto e ciò dovrebbe
impedire alla posizione soggetto di essere meta di un movimento. Per risolvere la questione Chomsky postula che le lingue abbiano dei dispositivi per sopprimere il soggetto. Il morfema passivo allora non soltanto fa
scattare il movimento dell’oggetto verso la posizione del soggetto, ma in
più “assorbe” anche il ruolo-θ del soggetto, lasciando in tal modo la posizione del soggetto libera di ricevere il movimento dell’oggetto. Il morfema passivo si comporta cioè come una sorta di argomento a cui bisogna
assegnare un ruolo-θ. Poiché in questo caso la comparsa di un oggetto è
obbligatoria, il ruolo-θ oggetto sarà così assegnato all’oggetto. Di conseguenza il ruolo-θ che resta disponibile e viene assegnato al morfema passivo è il ruolo-θ soggetto.
Cerchiamo di comprendere meglio qual è il processo che muove
l’oggetto verso la posizione del soggetto. Supponiamo che ciò che accade
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Capitolo I
con il ruolo-θ del soggetto avvenga anche per il caso che il verbo deve
assegnare all’oggetto: che il caso accusativo venga assegnato al morfema
passivo e non all’oggetto. In tal modo l’oggetto si troverà in una posizione priva di caso, violando così il filtro del caso. L’unico modo per rispettare il filtro del caso è allora quello di muovere l’oggetto in una posizione
in cui può ricevere un caso nella struttura-S. La posizione del soggetto è
appunto una posizione a cui viene assegnato un caso, ed è per questo motivo che nelle costruzioni passive gli elementi che ricoprono il ruolo di
oggetto si muovono nella posizione del soggetto. Il filtro del caso rende
obbligatorio un movimento del sintagma nominale da una posizione priva
di caso a una posizione dotata di caso.
Nelle ultime formulazioni della sua teoria, all’interno del programma
minimalista, Chomsky rivede parecchie delle sue idee, chiedendosi se
siano davvero necessari i livelli di rappresentazione che erano stati ipotizzati all’interno della teoria dei principi e parametri. Il linguaggio umano è una struttura dotata della massima semplicità possibile, questa semplicità deve essere rispecchiata dalla teoria linguistica. Dato che ogni lingua è un collegamento tra suono e significato, le uniche rappresentazioni
necessarie si trovano nell’interfaccia dei componenti semantico e fonetico, dove la lingua entra in contatto da una parte con il mondo fisico dei
suoni e dall’altra parte con il mondo mentale della cognizione. Gli unici
livelli di rappresentazione che Chomsky riconosce sono dunque le interfacce. Il linguaggio è inteso come un sistema cognitivo che associa suoni
a sensi, in quanto tale ha un’interfaccia con il sistema articolatoriopercettivo, l’interfaccia fonetica, che fornisce istruzioni su come articolare i suoni delle varie espressioni e un’altra interfaccia con il sistema concettuale-intenzionale, l’interfaccia semantica, che invece fornisce istruzioni su come interpretarne il senso. Il legame tra le due interfacce si ha
grazie a un meccanismo astratto: le derivazioni, operazioni compiute dalla facoltà di linguaggio in senso stretto, dunque dal sistema computazionale, che sceglie elementi dal lessico e li combina, generando le varie espressioni di una lingua, che saranno poi interpretate dall’interfaccia fonetica e dall’interfaccia semantica, saranno dunque tradotte in suoni e assumeranno un significato (Chomsky, 1995). Tutti i fenomeni che secondo
il programma dei principi e parametri avvenivano a livello della strutturaP e della struttura-S adesso sono posti a livello delle interfacce. Nel programma minimalista sono quindi veramente necessari soltanto forma lo-
Basi teoriche della psicolinguistica
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gica e forma fonetica, Chomsky ritiene che nella descrizione del sistema
linguistico si può fare a meno di struttura-P e struttura-S. L’idea del programma minimalista viene rappresentata nel seguente schema, in cui le
linee rappresentano le operazioni computazionali che a partire dal lessico
formano le rappresentazioni di forma fonetica e forma logica:
Lessico
FF (componente fonetico)
FL (componente semantico)
Il programma minimalista è trasformazionale, dunque del sistema
computazionale fa parte un’operazione di movimento. Il processi di costruzione dell’albero sintattico sono costituiti da due operazioni: Merge e
Move. La prima consiste di un processo combinatorio che forma strutture
a partire da altre strutture già parzialmente costruite, mentre Move è il
processo di movimento che sposta gli elementi da un punto all’altro contribuendo alla costruzione della struttura. Anche all’interno del programma minimalista si assume che vi siano delle restrizioni del movimento. Innanzitutto questo deve restare locale, deve essere cioè limitato
dalla cosiddetta condizione di legame minimo, in base a cui viene impedito che gli elementi si muovano oltre la posizione appropriata più vicina.
Vi sono inoltre altre due restrizioni dell’operazione Move: Procrastinare,
che ritarda il movimento il più possibile, e Avidità, che consente il movimento di un elemento soltanto nel caso in cui venga soddisfatta una
proprietà dell’elemento mosso. Il movimento cioè non può avvenire per
soddisfare le proprietà di un altro elemento messo in relazione con
l’elemento mosso attraverso il processo di movimento.
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