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L’Associazione Filarmonica, nel 90° della sua fondazione, intende ricordare i
90 anni della nascita dell’insigne musicista e compositore Jan Novák.
Novák venne a Rovereto nel 1969, su invito dell’Azienda di Promozione Turistica, per la prima esecuzione della sua composizione “Mimus magicus” e da quel
primo contatto nacque un legame profondo con la Città e con la Civica Scuola
Musicale nella quale hanno insegnato sia lui che la moglie Eliška. Appassionato e profondo latinista, amava l’Italia, patria di Ovidio, Catullo, Cicerone. Ha
fondato e diretto il coro “Voces latinæ”, formazione di altissimo livello dedicata
esclusivamente ad un repertorio con testi in latino.
Con gli appuntamenti in programma, la cui realizzazione è stata resa possibile
grazie alla immediata e convinta partecipazione delle scuole musicali “R. Zandonai” di Rovereto e “J. Novák” di Villa Lagarina con il suo presidente Graziano
Manica, l’Associazione Filarmonica intende contribuire a far conoscere al più
vasto pubblico l’opera del Maestro.
Andrea Condini
Presidente
Associazione Filarmonica
di Rovereto
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La partecipazione della Civica Scuola Musicale «Riccardo Zandonai» alla ricorrenza del 90° dalla nascita di Jan Novák, non si esaurisce con il contributo
artistico da parte dei suoi docenti al concerto commemorativo, ma vuole rappresentare la prosecuzione di un legame profondo e ancora attuale tra l’istituzione
roveretana e l’artista moravo.
Oggi come ieri la Scuola Musicale – dove egli ebbe modo di operare formando
allievi e musicisti – non può esimersi dal ricordare e celebrare le figure che, nei
suoi molteplici decenni di vita e di attività, più le hanno dato lustro.
Fra queste Jan Novák, attraverso il ricordo di chi lo ebbe a frequentare e
l’attenzione di chi a distanza di anni ne persegue il bagaglio umano e culturale,
resta indiscutibilmente uno degli esempi di più ampio spessore artistico e di più
apprezzato insegnamento.
Filippo Bulfamante
direttore
Civica Scuola Musicale «Riccardo Zandonai»
Rovereto
Non ho avuto il privilegio di conoscere personalmente Jan Novák, ma sono cresciuto in un ambiente che lo ha stimato ed amato, tanto da dedicargli una Scuola
di Musica: ciò mi ha permesso sia pure a distanza, di apprezzare il valore culturale ed umano della sua permanenza a Rovereto, e di conoscere la sua musica anche
attraverso amici e colleghi che erano in rapporti d’amicizia e di studio con lui.
Ho imparato presto ad amare anch’io la vitalità e la freschezza della sua produzione musicale, sia quella scritta per la sala da concerto che quella scritta per la
gioventù, e ad apprezzare ciò che nella sua musica traspare della sua personalità
di fine umanista, immune dai condizionamenti delle mode musicali sue contemporanee.
Saluto con gioia e soddisfazione questo anniversario, perché ci dona la possibilità
di ascoltare la musica di Jan Novák, di renderla viva, e di fare luce sulla vicenda
umana e culturale di un grande maestro, che tante volte nominiamo parlando
della Scuola musicale che porta il suo nome e che io ho l’onore di rappresentare.
Un grazie speciale ad Anna Boschi, valente flautista, cresciuta alla «Jan Novák»,
che ha dedicato al Maestro la sua tesi di laurea musicale, e che ha portato la musica di Novák con sé nei Conservatori in cui ha proseguito e concluso gli studi
musicali, dopo averla appresa dalla sua (e nostra) insegnante Lucia Comandella.
Un grazie alla Associazione Filarmonica di Rovereto, al presidente Andrea Condini e al direttore artistico Mariano Andreolli, che hanno progettato di celebrare
questo anniversario con noi e con gli amici della Scuola Civica Riccardo Zandonai. Infine grazie agli insegnanti della «Jan Novák» che partecipano in veste di
esecutori al concerto, insieme ai colleghi della Civica, segnando un altro punto a
favore dell’intesa tra le due Scuole di Musica.
Marco Bruschetti
direttore
Scuola Musicale «Jan Novák»
Villa Lagarina
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Rovereto - Sala Filarmonica - Corso Rosmini, 86
Sabato 5 novembre 2011 - ore 20.45
Anna Boschi flauto
Emilia Campagna pianoforte
Aldo Campagnari violino
Lucia Comandella flauto
Alessandro Cotogno violino
Maria De Stefani pianoforte
Jan NovÁk
Sonata super Hoson Zes
(1921-1984)
per flauto e pianoforte
Allegro moderato
Andante
Vivace
Sonata Solis Fidibus
per violino solo
Allegro
Lento
Vivace
Grave
Sonata Tribus
per flauto, violino e pianoforte
Allegro moderato
Lento
Allegro assai
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anna boschi, nata nel 1989, ha intrapreso lo studio del flauto traverso con Lucia Comandella. Nel 2003 è stata ammessa al Conservatorio e al Liceo Musicale annesso «Bonporti» di
Trento, dove si è laureata in flauto con il massimo dei voti e la lode nel 2008, dopo aver frequentato il Triennio sperimentale di primo livello in flauto, sotto la guida di Emilio Galante.
Ha inoltre frequentato masterclass con Vieri Bottazzini, Thies Roorda, Rhin de Rede, Andrea Oliva, Pamela Morgia, Konrad Klemm, Eddy Martens, il quintetto Bibiena, Bartold
Kuijken, Marcello Gatti.
È socia fondatrice dell’ Orchestra Giovanile Trentina, un’associazione di giovani che promuove la cultura musicale in regione attraverso la propria orchestra e con la quale si è esibita come solista. Ha insegnato flauto, occasionalmente, presso la scuola musicale Jan Novák
e cura il corso di musica all’Istituto d’Arte Fortunato Depero di Rovereto. Si è laureata,
nell’anno accademico 2009/2010, con il massimo dei voti al Biennio superiore sperimentale
di secondo livello all’Istituto Orazio Vecchi-Antonio Tonelli di Modena e Carpi, con Michele
Marasco, Gabriele Betti, Andrea Oliva.
È stata membro (in qualità di flauto basso) del Modena Flute Ensemble, orchestra di flauti
che si è esibita in numerose rassegne musicali, fra cui il festival flautistico FALAUT a Cernusco sul Naviglio e l’XI Festival delle Orchestre Giovanili a Firenze. Attualmente è flautista
del quintetto di fiati Opus V, con il quale ha partecipato, nel luglio 2011 a Selvino (BG), ad
un corso di perfezionamento con il quintetto Bibiena.
emilia campagna, roveretana, è pianista e critico musicale. Deve il proprio perfezionamento pianistico a Michele Campanella, con cui ha condotto prolungati studi presso la
Scuola di Perfezionamento di Villa Rufolo (Ravello) e presso l’Accademia Chigiana di Siena,
dove ha conseguito il diploma di merito; ha approfondito lo studio della musica da camera
con Pier Narciso Masi all’Accademia Pianistica «Incontri col maestro» di Imola (diploma
master in duo con la violista Maura Bruschetti) e si è dedicata ad un’attività concertistica
svolta in Italia e all’estero sia come solista che in diverse formazioni cameristiche, dal duo
all’ensemble orchestrale. Accanto al perfezionamento pianistico, ha condotto studi umanistici e musicologici presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Trento, dove si è laureata con
una tesi sugli Studi per pianoforte di György Ligeti, lavoro che è stato oggetto di una personale e appassionante sintesi tra il proprio percorso pianistico e quello dell’approfondimento musicologico.
L’interesse per la divulgazione l’ha portata presto a dedicarsi alla critica musicale per il giornale «L’Adige», su cui scrive dal 1997; dal 2008 è corrispondente della rivista «Amadeus» ed
inviato di Radio 3 Rai per la trasmissione «Radio 3 Suite».
In un rapporto a tutto tondo con il mondo musicale, prosegue un’attività concertistica in
ambito cameristico, si dedica con passione all’insegnamento del pianoforte e tiene corsi di
scrittura giornalistica finalizzati alla critica musicale. Insegna pianoforte presso la Civica
Scuola Musicale “R. Zandonai” di Rovereto.
aldo campagnari si è diplomato in violino sotto la guida di Pierantonio Cazzulani e Armando Burattin. Dopo essere stato primo violino di spalla nell’Orchestra Giovanile Italiana,
suonando sotto la direzione di R. Muti, C.M. Giulini, G. Sinopoli, ha collaborato con l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano nel mentre si perfezionava con Massimo Quarta a Bologna e presso il Conservatorio Superiore di Musica di Lugano. Dal 1997 è membro del Quartetto Prometeo con il quale ha vinto premi in concorsi internazionali (Praga, Bordeaux, Mo8
naco) e viene chiamato ad esibirsi dalle più prestigiose società concertistiche internazionali,
collaborando con artisti come Mario Brunello, Alexander Lonquich, Veronika Hagen, Reiner Schmidt, Michele Campanella, Antony Pay, Enrico Pace, David Geringas.
Nel 2006 ha fondato il Quartetto Prometeo Festival ed ha diretto dal 2006 al 2009 il festival
di musica contemporanea ContemporaneaMente a Lodi. È violinista di Alter Ego (Roma)
quintetto con cui sperimenta la musica di oggi, collaborando con i maggiori compositori del
nostro tempo. Ha insegnato Quartetto presso il Conservatorio Superiore di Lugano, all’Orlando Festival in Olanda, alla Pacific University della California e presso il Conservatorio di
Trento. Insegna violino alla Scuola Musicale «J. Novák».
lucia comandella ha conseguito nel 1982 il diploma in flauto traverso al Conservatorio
«Bonporti» di Trento e successivamente si è perfezionata con K. Klemm per la tecnica flautistica, A. Morini per quanto riguarda la musica contemporanea e G. Cambursano per il repertorio orchestrale. Si è distinta in più concorsi nazionali e ha al suo attivo concerti in Italia
e all’estero. Si dedica alla musica da camera collaborando con giovani compositori di cui esegue le opere anche in prima assoluta. Conseguita l’abilitazione per l’insegnamento, è entrata in ruolo nelle scuole medie dove, dal 1986 al 1992, è stata titolare della cattedra di Flauto
traverso nelle Scuole Medie ad indirizzo musicale della Provincia di Verona. La sua costante attenzione alle problematiche dell’apprendimento musicale, e strumentale in particolare,
l’ha avvicinata al metodo Feldenkrais di cui è diventata insegnante nel 2006, frequentando
la Formazione Quadriennale diretta dal dott. Frank Wildeman.
Ora svolge le attività didattiche relative all’insegnamento del flauto traverso presso la Scuola
«Jan Novák» di Villa Lagarina, si occupa della formazione dei giovani allievi e tiene corsi di
aggiornamento anche per musicisti professionisti, di cui cura la preparazione fisica.
alessandro cotogno ha studiato violino al Conservatorio «Dall’Abaco» di Verona con
Piero Toso, perfezionandosi a Ginevra con Corrado Romano e Pavel Vernikov. In duo, ha
conseguito il I premio al concorso nazionale «Città di Genova» e al concorso internazionale di Stresa.
È attivo nell’ambito della musica da camera e orchestrale (quartetto d’archi dell’Interensemble di Padova, Nouvelle Ensemble European di Liegi, orchestra dell’Ente lirico Arena
di Verona, orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza, orchestra «I Cameristi di Rovereto»).
Vincitore di concorso nazionale per titoli ed esami, insegna violino dal 1983 presso la Civica
Scuola «R. Zandonai» di Rovereto.
maria de stefani, trevigiana, ha compiuto gli studi di pianoforte diplomandosi sotto la
guida di Flavio Zaccaria. Ha conseguito il diploma Triennale di Alto Perfezionamento Pianistico con il maestro Bruno Mezzena all’Accademia Musicale Pescarese. Laureatasi in Lettere Moderne all’Università di Venezia, ha conseguito il Diploma di Didattica della Musica
al Conservatorio di Castelfranco Veneto e ha approfondito gli aspetti della didattica ed esecuzione pianistica con i maestri Riccardo Zadra, Federica Righini, Tiziano Poli.
Premiata in concorsi pianistici tra cui il Premio “Rendano” di Roma, ha tenuto concerti
come solista con l’Orchestra Regionale del Lazio, con l’orchestra di Plovdiv in Bulgaria, e
suona in formazioni da camera e come accompagnatrice di cantanti.
Ha registrato due compact disc di musica contemporanea con il soprano Cristina Nadal. Dal
2000 insegna pianoforte alla Civica Scuola Musicale “R. Zandonai” di Rovereto.
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note al programma
L’arte di Jan Novák brilla sempre più di
luce propria e vede felicemente imporsi i
criteri che ne stanno a fondamento e che potremmo individuare in una perfetta combinazione di dottrina e di capacità comunicativa, così che essa, dopo aver costituito all’epoca un argine contro l’aridità tecnicistica
imperante, si pone ora come risposta altrettanto efficace a tanta banalizzazione postmoderna.
Si respira, in questa musica dai tratti moderni ma come appartenente a una dimensione universale, la sovrana libertà di pensiero che è prerogativa di uno spirito elevato e positivo e che si è mantenuta straordinariamente coerente all’interno del percorso
intrapreso, con risultanze artistiche di indubbia originalità.
L’irrinunciabile richiamo alla storia e alla
cultura dell’antichità classica, che questo
compositore-latinista coltivò con amore e
competenza, va ben oltre la pura adozione
di un’etichetta o di un semplice formulario
stilistico, ma si fa espressione di tutto un
modo d’essere e di concepire il mondo e gli
uomini che non ha perso il suo significato.
E se è vero che nel connotato della musica di
Novák si ritrovano in posizione primaria le
matrici native dello spirito slavo e con esse
tutto il deposito della Kultur mitteleuropea
da lui assimilato per via diretta ma anche
attraverso la mediazione dell’internazionalismo di Bohuslav Martinů, è anche vero
che quel peculiare umanesimo di cui si sostanzia la sua creazione artistica è cifra sua
personale, così come sua è la capacità intrinseca di trasmettere valori, comunicare
speranza e gioia al di fuori da ogni cupezza
avanguardistica e di ogni accanimento in
una ricerca fine a se stessa.
Proviene da questa sua fiducia nell’essere
umano la capacità della sua musica di sti10
molare ed entusiasmare e dunque di educare nella libertà dello spirito e nell’intelligenza della ragione.
Il testo verbale è sempre, in modo dichiarato o alluso, alla base delle sue composizioni,
sì da connotarle tutte secondo il particolare
messaggio che esso intende veicolare.
È questo il caso della Sonata super Hoson
Zes (1981) che stasera risentiremo e che rimanda letteralmente all’incipit dello storico
Epitaffio di Seikilos (o Sicilo alla latina),
ovvero dello scolio scolpito su una stele funeraria in epoca ellenistica che è considerato il più antico reperto di musica scritta a
noi pervenuto in forma completa.
Si tratta di uno dei tanti saggi ammonimenti a prendere la vita con generosità e letizia, consapevoli della sua brevità ma anche della sua incomparabile bellezza: un’ennesima variante del latino carpe diem:
Hoson zes, phainou
Meden holos su lupou;
Pros oligon esti to zen
To telos ho chronos apatei.
Possa tu risplendere, finche vivi.
Non ti affliggere troppo per alcuna cosa.
La vita dura poco,
Il tempo reclama il suo termine.
La melodia, già di per sé suggestiva per il
fascino arcaico che la pervade, viene utilizzata da Novák come base per costruire la
sua Sonata per flauto e pianoforte, elaborandola secondo i più evoluti criteri ‘colti’,
sì da farne un brano solidamente costruito,
contrappuntisticamente serrato, esecutivamente impegnativo e dal linguaggio prettamente novecentesco, con notevole mobilità
vitalistica nei tempi veloci e momenti di
calma riflessiva in quello centrale che sa offrire occasioni emozionanti senza mai cedere al sentimentalismo. E se l’autore ha lasciato la libertà di destinare questa Sonata
anche al violino, non c’è dubbio che ben più
appropriato per l’allusione antichistica che
sa ricreare è il flauto, lo strumento suonato
dalla figlia Clara, che è stata la destinataria ideale di questa come delle altre composizioni paterne riservate al flauto.
Ripartita in tre movimenti, la Sonata mostra all’inizio un carattere energico, mosso,
incalzante, quasi come un appello vitale.
L’Andante centrale è una meditazione dalla pacata espressione classica e dall’intimo
profilo di saggezza, mentre il tempo conclusivo si impronta su un movimento vorticoso che procede senza tregua e con richieste
virtuose, fino a che il tema dell’Hoson Zes
viene alla fine riproposto in una apoteosi
fiorita di trilli.
I medesimi criteri di solidità costruttiva e
capacità comunicativa si rinvengono negli
altri due brani in programma stasera.
La Sonata Tribus per pianoforte, flauto e
violino appartiene allo stesso tardo periodo
(1982) e anch’essa era stata proposta nella
sua prima esecuzione dalla figlia Clara al
flauto e dalla moglie Eliška al pianoforte,
con l’aggiunta del violinista Jerzy Nebel.
Vi è nel pensiero musicale di fondo un richiamo, voluto o inconscio, alla sonata a tre
barocca, con i due strumenti melodici che
si effondono in volute e scambi reciproci e
la tastiera che accompagna assicurando un
sostegno armonico-ritmico.
È quanto avviene soprattutto nel secondo
movimento, dove a un certo punto si instaura a sorpresa una combinazione di suoni
sovracuti e di armonici artificiali da parte dei due ‘solisti’ che si distingue come un
momento di felice sperimentalismo sonoro
dal grande potere suggestivo.
Di particolare risalto per ampiezza di concezione e impegno esecutivo è la Sonata denominata, con sottile riferimento ciceronia-
no, Solis Fidibus. Essa accresce la letteratura per violino solo di un vero capolavoro
di inventiva e capacità di trattamento strumentale affatto avanzato, pur nel rispetto
del primato dell’idea poetica sul virtuosismo esteriore e con una chiara propensione
all’eufonia.
L’operazione di Novák sul violino solo non
può non far pensare ai rari e illustri esempi
offerti dalla storia della musica: le Sonate e Partite di Bach in primis e, in ambito
novecentesco, le composizioni di Bartók,
Prokof’ev, Ysaÿe e altri ancora.
Novák compose questo suo pezzo nell’anno 1974, impostandolo nei classici quattro
movimenti, ognuno dei quali organizzati
al loro interno nella ripartizione A-B-A.
La sfida, comune a questo tipo di operazioni contrassegnate da un limite originario, consiste nell’ottenere il massimo
sfruttamento delle possibilità polifoniche,
contrappuntistiche e timbriche dell’unico
strumento utilizzato, costruendo con quei
mezzi un lungo, ricco, elaborato, tessuto
narrativo di organica compattezza. Il modalismo di base sembra qui meno ispirato
alle epoche antiche che a un retaggio popolare, come appare anche nelle spigliate irregolarità ritmiche presenti nei movimenti
veloci. Nell’eclettismo del piano generale,
il compito unificante è dato sicuramente
dal chiaro tematismo con le sue ripetizioni
e simmetrie nonché dalla nota Re (ricordo
forse della Ciaccona di Bach) che ricorre in
infinite reiterazioni, specie nel lento secondo movimento. Di grande effetto è il breve
movimento scherzoso al terzo posto che accresce la connotazione rustica della Sonata.
Per il finale, però, Novák sceglie di servirsi
di un tempo lento e fugato che è possibile
interpretare come un implicito omaggio a
Bach: con esso ha termine la lunga peripezia che ha visto il violino destinatario di un
‘assolo’ tra i più interessanti ed esaltanti
della sua letteratura.
Diego R. Cescotti
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Jan Novák: Maestro di musica e di vita
Marvi Zanoni (2011)
Una foto
Un bel foulard e un vestito blu vestono il fisico asciutto del Maestro, ancora giovane eppure già brizzolato, dai modi gentili e dal sorriso accattivante: una foto in bianco e nero
fissa così l’arrivo alla Civica Scuola Musicale del M° Jan Novák. Gli danno il benvenuto il direttore M° padre Ottone Tonetti, i nuovi colleghi e la prof.ssa Angiola Rossi, che si
congeda dall’Istituzione per la quale ha lavorato con passione per tutta la vita. Sono presenti anche tre allieve: con me, infatti, ci sono
Giuliana Lovisi e Kristin Zanini. L’arrivo del
Maestro segnerà profondamente il nostro percorso formativo e, insieme, la vita stessa della
scuola musicale roveretana.
La Civica (si chiamava ancora “Liceo Musicale Zandonai”) era già un’Istituzione di ottimo livello, apprezzata dai docenti dei Conservatori dove gli allievi si presentavano per gli
esami statali. Con l’arrivo del nuovo docente essa acquistò una specie di consapevolezza
e di orgoglio che ne aumentò il dinamismo. I
saggi si moltiplicarono, i programmi si arricchirono con la proposta di autori ancora poco
noti, la musica d’insieme e la musica da camera diventarono attività quotidiane, la curiosità per l’originale approccio didattico resero la
scuola musicale più viva, più attiva e più interessante anche per chi la seguiva da fuori.
Non solo musica
All’arrivo del M° Novák avevo superato da
poco l’esame del 5° anno di pianoforte: con
lui iniziai a lavorare, in maniera decisamente nuova, sul programma del corso medio fino
all’esame di corso 8°. La prima forte sorpresa fu il suo modo di esprimersi: il Maestro mi
parlava in latino! Scoprii con lui che il latino,
che studiavo fin dalla prima media inferiore,
è una lingua viva, con la quale si può conversare e non solo studiare i capolavori dei grandi antichi, come mi insegnavano al liceo classico. (Ancora oggi mi capita di scambiare e14
mail in latino, ad esempio con il prof. Stroh,
già amico del M° Novák). Benché il suo interesse primario fosse la musica, la sua passione erano infatti la letteratura e la lingua latine. In latino scriveva poesie pubblicate in raccolte poetiche (Ludicra, 1964; Suaviloquia,
1966), inserite in antologie per bambini (Latine loquor, Nathan-Paris), e premiate (la poesia contro l’occupazione sovietica di Praga,
Furens Tympanotriba, ha ottenuto il più alto
riconoscimento “magna cum laude” dall’Accademia Reale Olandese). Nell’antica lingua
trovava i ritmi e le parole più sincere per cantare la vita, per esorcizzare la nostalgia, per
raccontare il calore dell’amicizia e degli affetti familiari, per urlare il dolore dell’esilio, per
maledire i soprusi inflitti alla sua Patria dai
comunisti russi. Nella letteratura classica recuperava l’equilibrio necessario per continuare a vivere.
Le novità legate all’insegnamento del pianoforte furono, per me, emozionanti: le scale non sono un semplice esercizio tecnico, ma
una ricerca di sonorità; suonare significa raccontare, non eseguire le note “giuste”; bisogna ascoltarsi per riuscire a trasformare
ogni suono in musica; non esistono esecuzioni “perfette”, tutte possono migliorare e assumere significati e profondità maggiori; la
gioia di suonare permette di allargare gli orizzonti e di superare i limiti di qualsiasi pur interessante programma di studio; gli autori
“sconosciuti” a volte riservano sorprese meravigliose; si possono immaginare, per ogni
nota, timbri e colori diversi, anche con riferimenti ad altri strumenti; è importante condividere il piacere di suonare con i compagni di
studio; la musica è lo specchio più fedele della nostra civiltà e della nostra cultura, merita rispetto ma va vissuta con gioia... E tanto
altro ancora.
Con lui ho scoperto, tra gli altri, Martinů e
Janáček, i maestri dai quali aveva imparato
sia i “segreti” della musica sia il calore dell’a15
micizia (Martinů sarebbe diventato il padrino
di battesimo della figlia Dora). Un eccellente
maestro, in breve, colto e stimolante, ma al
tempo stesso attento e sensibile, come solo un
Grande sa essere.
Quante novità ci portarono, lui e la moglie
Eliška! Jan e poi Eliška (ottima pianista ed
esemplare insegnante, che lo sostituì tre anni
più tardi e con la quale ebbi la fortuna di frequentare il corso superiore fino al conseguimento del diploma in pianoforte) rinnovarono didattica e programmi. Grazie a loro mi fu
chiaro che cosa significava fare il musicista e,
accantonati gli altri progetti, decisi che “fare
musica” sarebbe stato il mio mestiere.
Amava l’Italia
Lo ricordo gentile e sorridente, ma anche arguto e ironico. E sempre incredibilmente ottimista, solare, generoso, benché la sua vicenda
umana fosse così complicata e la sua vita fosse tutt’altro che facile.
Entrando in classe apriva la finestra ed esclamava “Che bel cielo blu e che sole stupendo:
questa è l’Italia!”, con la segreta speranza di
aver trovato finalmente il luogo dove riprendere in mano il filo della sua vita.
Ma non era facile ricominciare: la vita era
costosa e il lavoro era precario. Solo a partire dal 1980 furono indetti i primi concorsi
nazionali per titoli ed esami, per l’assunzione in ruolo dei docenti della Civica; prima di
allora, tutti gli insegnanti della scuola musicale roveretana avevano incarichi annuali e
per il M° Novák, che non possedeva la cittadinanza italiana, quella precarietà era molto rischiosa.
Intorno a lui si formò, in breve tempo, una
cerchia preziosa, salda e fedele di amici. Con
loro, il Maestro fondò il famoso e premiato
Coro “Voces latinæ”, che si distingueva per
il repertorio dedicato esclusivamente a testi
profani in lingua latina e che si esibì anche in
Vaticano per Papa Paolo VI.
Ma, ovviamente, non tutti erano ben disposti
verso di lui, che, seppure involontariamente,
metteva in discussione un mondo musicale e
scolastico geloso e consolidato. Quando compose la raccolta “Schola Cantans” (Ed. Zani16
bon), su testi di classici latini (Cesare, Marziale, Catullo…), per coro, pianoforte, batteria
e chitarra elettrica, ricordo che ci fu persino
chi, non senza sarcasmo, lo accusò di “metodi
facili per stupire e per mostrarsi aggiornato”.
In realtà Jan Novák aveva già superato negli
anni Cinquanta le fasi “atonale” e “dodecafonica” e “concreta”. Con quel lavoro si proponeva di avvicinare i giovani alla lingua latina
attraverso la musica. Da qui la scelta di affidare la partitura (accattivante e non troppo
impegnativa, ma scritta con la consueta maestria) agli strumenti preferiti dai giovani e
a voci non professionali. Un progetto così innovativo e coraggioso, rivolto alle scuole superiori, era destinato a fallire, purtroppo, in
Italia, dove i cori, oggi come ieri, sono quasi
completamente assenti dalle scuole.
La sua musica
Fin dalle prime occasioni di ascolto, ho adorato le composizioni di Jan Novák, così originali e coinvolgenti. Le prime sue pagine che
ho avuto modo di conoscere sono state quelle di Juvenilia e Rondini, scritte per le figlie
Dora e Clara: piccoli gioielli, costruiti sulla ricerca di insoliti effetti sonori e di divertenti
giochi ritmici.
Successivamente, ebbi modo di sentire e di
studiare parecchi altri pezzi. Da adulta mi
sono dedicata soprattutto alle sue composizioni per pianoforte a quattro mani, che ho
eseguito e inciso (qualcuna in prima assoluta)
in duo con mio fratello Fulvio. In tutte le sue
composizioni riecheggiano, più o meno esplicite, la nostalgia dell’esule e l’indignazione
per la sorte della Patria. Novák declina con
rara sincerità tutta la gamma di questi sentimenti soprattutto nelle raccolte pianistiche
su temi popolari boemi (notevoli le due “Rustica Musa” I e II), riservando le pagine forti
“contro gli invasori” soprattutto alle composizioni vocali.
Pagine stupende troviamo nelle sue opere
strumentali, dove la scrittura si distingue per
l’uso molto libero dell’elemento tonale, per
la costruzione chiara e rigorosa, e soprattutto per quel caratteristico intreccio di emozione, umorismo, virtuosismo e influenze popo-
lari. Come me, tutti i musicisti che eseguono i
suoi lavori restano stupiti dalla profonda conoscenza di Novák degli strumenti per i quali
scrive, della sua straordinaria capacità di valorizzarne le caratteristiche e le sonorità. Dal
punto di vista esecutivo, dopo il primo non
facile impatto, la sua scrittura si rivela anche “tecnicamente” molto naturale. E chi conosce la sua musica, poi se ne innamora! In
questi venticinque anni la sua opera ha goduto di un interesse in costante crescita in tutta
Europa: dai programmi delle sale da concerto e nelle scuole, alle tesi di laurea; dalle incisioni in CD (ed. Gallo - Losanna e Horizons Parigi) alla riedizione delle sue composizioni
(Bärenreiter - Praga).
Come arrivò a Rovereto
Negli anni Sessanta e Settanta, Rovereto era
un centro musicale di primo ordine. L’Associazione Filarmonica (presieduta dal conte
Marzani prima e successivamente dall’arch.
Marco Tiella), il Festival di musica contemporanea e le Settimane Zandonaiane (presieduti e promossi dal M° Silvio Deflorian, ben
consigliato dal musicista M° Renato Dionisi e
ben sostenuto dall’imprenditore Arnaldo Volani) portavano nella nostra città musicisti di
straordinario calibro: dal mitico Arturo Benedetti Michelangeli all’ancora giovane stella Maurizio Pollini; dal grande Luciano Berio all’allora giovanissimo Salvatore Sciarrino; da Franco Donatoni a Bruno Bettinelli,
e tanti altri. Gli appuntamenti musicali venivano organizzati al Teatro Zandonai, alla
Sala Filarmonica, nelle chiese di San Marco
e di Borgo Sacco, inoltre all’aperto nei più
suggestivi luoghi della città e dei dintorni (castello di Rovereto, Parco Fedrigotti, giardino
Bridi, Parco Gonzaga di Villalagarina, palazzo Lodron di Nogaredo), e proponevano prestigiose prime assolute (ricordo con piacere di
essere stata la prima interprete di pagine di
Dionisi, Giavina, Franceschini). Questi appuntamenti erano capaci di attrarre un pubblico straripante, curioso, caloroso e giovane.
Noi studenti e tante giovani promesse provenienti da tutta Italia ci incontravamo negli
stages di approfondimento e di esecuzione sui
compositori delle ultime generazioni (Cage,
Feldman, Messiæn, Berio, Castaldi, Sciarrino…) e trascorrevamo intere giornate di intenso studio con docenti pieni di entusiasmo
(Ludovico Lessona, Piero Rattalino, Salvatore Accardo, Antonio Ballista, Bruno Canino… ).
Per uno di quegli straordinari appuntamenti
dedicati ai compositori emergenti, il M° Renato Dionisi (docente milanese aggiornato
come pochi) suggerì di commissionare un lavoro a Jan Novák, già famoso in Cechia ma in
Occidente praticamente sconosciuto. Il Maestro boemo scelse alcune pagine di Virgilio e
su quelle compose una delle sue composizioni
più affascinanti: il Mimus magicus per soprano, clarinetto e pianoforte.
Nel 1986 al Teatro Zandonai, in una serata
in ricordo del Maestro da poco scomparso, il
prof. Wilfried Stroh raccontò (naturalmente in latino) perché il M° Jan Novák venne a
Rovereto e perché poi, nel 1977, si trasferì in
Germania:
«Dopo aver vagato, espulso dalla patria cecoslovacca, prima in Germania e poi
in Danimarca, voi cittadini di Rovereto lo
chiamaste qui; gli proponeste di comporre
un’opera musicale in latino per arricchire il festival roveretano dedicato a Zandonai. Quest’opera è il “mimus magicus” virgiliano.
In quell’occasione Jan entrò per la prima volta nella vostra città. Ne fu conquistato dalla dolcezza del territorio e del clima, dalle abitudini semplici e piacevoli
della gente, e soprattutto dall’incontro con
persone che potevano parlare in latino con
lui, cosa che non gli era mai capitata prima
in Germania e in Danimarca. Qui decise
di trasferirsi con la moglie e le figlie. Qui rimase per gli otto anni che lui considerò tra
i più felici della sua vita, grazie alla forte e
sincera rete di amicizie che si formò intorno
a lui e che prese forma nel prestigioso e premiato coro “Voces latinae”.
Nel 1977 il Maestro lasciò Rovereto.
Non lo fece di sua spontanea volontà, ma
per necessità familiari.»
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Un amico speciale
Le nebbie della Germania non gli piacevano molto, ma lì incontrò uno dei suoi amici
ed estimatori più cari, il prof. Wilfried Stroh,
professore di filologia classica all’Università
di Monaco.
Il prof. Stroh cercava da tempo un musicista con il quale collaborare per far rivivere la
lingua latina e riportarla all’antico onore. In
Novák trovò quello che cercava: un musicista colto e sensibile, che amava e che conosceva profondamente la lingua e la letteratura latine, che con la sua arte e nella sua musica sapeva far tornare alla vita le misure e i
ritmi dell’antico idioma. Insieme allestirono
i Ludi Latini, dove lingua latina e composizione musicale trovavano il connubio perfetto. L’idea aveva avuto un precedente a Rovereto all’inizio degli anni ’70, quando il Maestro li aveva promossi con i ragazzi del Liceo
Rosmini e in collaborazione con l’Accademia
degli Agiati. Ora, all’inizio degli anni Ottanta, Stroh e Novák pensarono a un grande festival. Con tenacia e convinzione, vinte le diffidenze e le difficoltà, realizzarono il loro progetto in Germania.
Il grande successo suggerì loro di riproporre
l’evento a Rovereto: per questo si misero in
contatto e fissarono i primi accordi con Arnaldo Volani. Ricordo il M° Novák particolarmente felice di questa nuova opportunità
di collaborazione con gli amici roveretani! Ma
il suo sogno fu interrotto all’improvviso e tragicamente dalla grave malattia, che, manifestatasi nella primavera del 1984, lo portò alla
morte il 17 novembre di quello stesso anno.
Il suo legame con Rovereto, però, non si interruppe: sul letto di morte, il Maestro aveva
chiesto di essere sepolto nel cimitero di Borgo Sacco. Qui le sue ceneri hanno riposato fin
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nel 2010. La Giunta guidata dal Sindaco Guglielmo Valduga aveva da poco deliberato di
trasformare la tomba del Maestro in un perenne “monumento alla memoria”, quando
la famiglia ritenne giunto il momento di restituire le sue spoglie a Nová Říše - Repubblica Ceca, dove Jan Novák era nato l’8 aprile 1921 e dove ancora oggi vivono molti suoi
parenti.
Chi conosce l’ombra, apprezza la luce
Il ritorno “post mortem” di Jan Novák nella
sua città natale è stato possibile grazie alla riabilitazione ufficialmente decretata l’11 febbraio 1991 dal Presidente della Repubblica Ceca, Havel (che si era occupato della vicenda umana di Jan Novák in seguito all’interessamento, tra gli altri, di Arnaldo Volani). Oltre ai riconoscimenti morali “post mortem” al Maestro, il Presidente Havel restituì
alla famiglia il diritto di rientrare in Patria e
i beni depredati dal regime comunista. Qualche mese più tardi a Brno, in una giornata
memorabile, la vedova e le figlie poterono rientrare nella loro casa, mentre il locale Festival Martinů proponeva l’esecuzione di alcune
importanti opere del Maestro. A quei festeggiamenti, presieduti dalle autorità e registrati dalla televisione di Stato, ho avuto l’onore di partecipare, ospite della signora Novák,
insieme agli amici del Coro “Voces Latinae”.
Non solo dalla loro Arte e grande professionalità, ma anche dalla umanità straordinaria di Jan Novák e dalla forza coraggiosa di
sua moglie Eliška (il Maestro aveva “latinizzato” il suo nome in Elissa e così lei ama ancora firmarsi), ho imparato tantissimo. Non
ultimo, ho imparato ad affrontare gli insulti della vita senza “spezzarmi” ma con giusto
orgoglio e determinazione. Grazie!
La dimensione classica di Jan Novák
Fulvio Zanoni (2005)
Molta musica di Jan Novák – certamente la
più significativa, vocale e strumentale – trova
diretta ispirazione nella latinità. Benché slavo di Moravia, Jan Novák era un coltissimo
latinista. L’incomparabile spiritualità della
mitologia classica lo incantava; gli consentiva
di realizzare il suo profondo amore per la natura. Lo affascinava l’idea della natura come
entità spirituale. Era un ecologista ante litteram, Jan, un vero ambientalista; ben altro
che i nostri sedicenti tali, fautori nelle scuole
dell’abolizione del greco e del latino!
Come per gli antichi, la natura gli si manifestava quale mistica divinità. Oggi la NewAge ci ha persino abituati a riti religiosi in
onore della Grande Madre, dea della Terra (la
Cerere latina, la Demetra greca, la Herta longobarda); ma trent’anni fa, lo sapete anche
voi, questo tipo di sensibilità era inimmaginabile. Con eclettico, connaturato panteismo,
la musica di Novák esprime magicamente il
candore e la serenità esistenziale antica; quella leggerezza benevola e fatale che guarda
agli eventi con serena accettazione, con la coscienza che così deve essere, che accade sempre quel che deve accadere.
Jan Novák ci ha insegnato due cose fondamentali.
PRIMO: si può essere moderni, anzi modernissimi, senza rivoluzionare necessariamente il linguaggio musicale. Non è infatti il linguaggio che fa il moderno, come pretendevano i dottrinai che anni fa ostentavano dispregio verso quel residuo borghese che appariva
loro la musica tonale (auspicandone la messa al bando). Non il linguaggio fa il moderno,
bensì l’intenzione espressiva, la qualità spiri-
tuale che un artista possiede. Mozart e Beethoven furono capaci di rivoluzionare la musica mantenendosi rigorosamente all’interno
delle regole sintattiche e armoniche del loro
antenato Bach.
SECONDO: Jan Novák ci ha fatto capire che
l’amore per i classici è molto più di un hobby:
è l’ascesa ad una superiore dimensione esistenziale. Per i greci e per i latini, bello e sacro era il mondo terreno; essi concepivano l’esistenza umana all’interno di una realtà allo
stesso tempo divina e naturale. La religiosità classica non era ossessionata dal male, non
intorbidiva la coscienza, non pretendeva redenzioni: scaturiva dalla profondità naturale, ricca, appassionata, della vita stessa. Chi
ha conosciuto Jan Novák. Sa che così era anche l’uomo.
Non fraintendetemi: non è che il cattolico
Jan Novák avesse cambiato religione. Il politeismo, in effetti, non è un’altra religione.
Gli dei antichi erano tasselli del remoto prisma della cultura mediterranea, utili a definire con uno sguardo, con un nome solo,
le multiformi attitudini umane. Le divinità precristiane erano semplificazioni di linguaggio: Atena (Minerva) era l’intelligenza
duttile e tenace, Apollo era la solarità radiosa e rigorosa, Hermes era la prontezza agile
ed accorta...
Minerva, Apollo, Hermes: ecco precisamente
il ritratto di Jan Novák!
Ai suoi familiari che affettuosamente gli
obiettavano: Ma i tuoi amici – Virgilio, Orazio, Apicio – sono tutti morti!, non so esattamente come rispondesse Jan. Posso però immaginare come risponderebbe oggi: Ma no,
Virgilio e Orazio e Apicio, fra i miei amici,
sono i soli ancora e veramente vivi!
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NOvák musicista
NOvák E ROVERETO
Fulvio Zanoni (1987)
Diego Cescotti (2011)
Quando, nel 1969, Renato Dionisi scoprì
Jan Novák e lo presentò al pubblico italiano
nell’occasione del Festival di musica contemporanea di Rovereto, ci fu chi suppose nell’arte del cecoslovacco un che di troppo accessibile, perciò (!) epigonico, datato. In quegli anni
di acceso rigorismo strutturale, attento al significante e dimentico del significato, l’imperterrita volontà di comunicare appariva irrimediabilmente facile, di per sé sospetta.
Ma i tempi cambiano, e così i criteri di interpretazione. Decantatosi il furore sperimentalista, oggi si riscoprono i valori della libertà,
i diritti all’uso personalizzato dell’atto artistico, le ragioni della poetica rispetto a quelli dell’estetica.
Dell’avanguardia postbellica Jan Novák in
realtà rifiuta soprattutto la tetraggine ideologica, detestandone l’imposto negativo (ma-
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terico e/o aleatorio). Perseguendone invece
un suo ideale di coerenza egli ha fuso le molteplici esperienze di cittadino del mondo in
un personale, inconfondibile messaggio artistico ed umano.
Nella prospettiva culturale dei nostri anni,
l’opera di questo grande artista - che voleva farsi capire e che non rinunciò mai, malgrado tutto, alla gioia del vivere e al paradiso
(perduto?) della classicità - si muove evidentemente con più agio.
Del resto, considerata nel complesso, essa appare fortemente unitaria - e nelle motivazioni e negli esiti - e ci fa edotti della forte personalità di questo intelligente musicista, aperto a tante suggestioni (dalla modalità gregoriana al canto popolare, dalla metrica latina
al jazz, alla serialità,...), ma sicuramente non
per questo confinabile nel ruolo dell’eclettico.
Nella Rovereto dell’immediato post-Sessantotto, che stava per scoprire un nuovo interesse per i linguaggi della contemporaneità trovando un’eccellente risposta nelle Settimane
Musicali di settembre ideate da Silvio Deflorian, l’arrivo di Jan Novák produsse un effetto forte ma un po’ spiazzante, sia per la parte più giovane e malleabile che si trovava ad
interpretare un fenomeno nuovo, sia per l’establishment culturale che applicava alla sua
musica le categorie estetiche piuttosto vincolanti dell’epoca e valutava talora la sua stessa persona con severità e mancanza di equilibrio. La politicizzazione del vissuto sociale
era tale che questa curiosa figura di compositore-latinista fuoriuscito da una nazione invasa dai carri armati e palesemente irriguardoso verso le direttive della Nuova Musica ne
fu preso in mezzo e variamente strumentalizzato da destra e da sinistra. La naturale mitezza, unita all’onestà dell’operato artistico,
non riuscirono a vincere del tutto l’irrazionale affiorare collettivo di perplesse diffidenze,
mute disapprovazioni, sommesse gelosie, velati sarcasmi. Come è stato sopra ricordato,
il biglietto da visita con cui egli si presentò al
pubblico cittadino fu il Mimus magicus, eseguito alla Sala Filarmonica il 26 settembre
1969 da Alide Maria Salvetta, Elia Cremonini
e Max Ploner. L’esperienza risultò piuttosto
sorprendente, e solo la parte del pubblico più
aperta e libera da pregiudizi la accolse prontamente vivendola con spontanea simpatia.
Trovato un momentaneo ancoraggio nella Città della Quercia, Novák ebbe modo di
far conoscere la propria musica in due distinti concerti della stagione Filarmonica: il primo il 6 novembre 1975 quando comparve in
duo pianistico con la moglie per l’esecuzione
di Rustica musa; l’altro il 26 dicembre 1976
alla guida delle «Voces latinæ», la corale da
lui fondata e impostasi nella realtà territoriale come complesso di assoluta originalità.
Prima ancora, le Settimane Musicali si erano
ricordate di lui in due occasioni: la prima il 9
settembre 1970 con il Capriccio per violoncello e pianoforte (esecutori František Kopečni e
Eliška Nováková) all’interno di un concerto
tutto cecoslovacco che abbinava il suo nome
a quelli di Smetana e Martinů, la seconda il 5
settembre 1974 con le «Voces latinæ» dirette
dall’autore in un concerto al Castello. Il quadro di questi primi anni non appare dunque
particolarmente ricco, e più di tutto spicca
in negativo l’assenza dell’Orchestra Haydn,
che non mise in repertorio alcuna musica sua,
benché tentativi in tal senso fossero stati fatti.
Tuttavia, fin dalla prima ora un nucleo fedele di estimatori era riuscito a formarsi intorno alla figura del compositore moravo, contribuendo fattivamente a far circolare la sua
produzione o più semplicemente a fornirgli
un forte apporto di stima e ammirazione: in
prima fila i fratelli Marvi e Fulvio Zanoni,
che hanno messo in studio più di un suo brano pianistico eseguendo in pubblico, tra il resto, il Notturno e Toccata; nonché il soprano
Anna Baldo, che assieme alla chitarra di Mariano Andreolli ha portato a conoscenza opere di impegno come Apicius modulatus e che
va ritenuta ispiratrice di più di un lavoro vocale del maestro. Tra le presenze amiche va
poi sicuramente annoverato Silvio Deflorian,
vero protagonista della vicenda musicale roveretana di quegli anni, e insieme a lui Mario
Proffer, Renato Chiesa, Riccardo Giavina e
altri che animavano il gruppo di Riva, la città dove Novák era andato ad abitare, attratto
dall’idea di soggiornare sulle sponde del lago
che conservava le memorie di Catullo.
La vera riscossa di Novák a Rovereto avvenne dopo la sua morte: ed è una escalation che
merita di essere ripercorsa brevemente. Il 29
marzo 1985 Clara e Dora Novák, le due figlie, fecero conoscere in un concerto filarmonico le Choreæ vernales (originariamente per
flauto e chitarra), uno dei lavori più suggesti21
vi del maestro da poco scomparso. Concerti
monografici si tennero, all’interno delle stagioni societarie, il 9 aprile 1986, il 21 marzo
1987 e il 18 maggio 1991, quest’ultimo di carattere coreografico. Oltre a questo, brani di
Novák vennero inseriti in programmi misti
con l’intervento, tra altri già nominati, della
Corale Ludovico Viadana, della cantante Maria Sokolinska-Noto, della violinista Cinzia
Chizzola, del clarinettista Mauro Pedron e del
chitarrista Renato Samuelli. In tutte queste
occasioni, oltre a replicare lavori già ascoltati (il Mimus magicus, ad esempio, fu ripreso
con fortuna da Anna Baldo, e Rustica musa
entrò nel repertorio del duo Zanoni) vennero presentate anche composizioni minori o
meno note ma sempre caratterizzate da titoli evocativi come Sulpicia, Canzoni medievali (trascrizione), Resonent in laudibus, Ad lunam, Flebile, Ad honorem veris, Integer vitæ,
Personent hodie, Amor docet musicam, Bibula,
Omnis mundus iocondetur, Ad faunum, Cum
de fenestra corvus, Dianæ sumus in fide, Pastorale certamen, Nautarum carmen, Donec gratus
eram tibi, Cantica latina, Carmina Sulamitis.
Il brano Ignis pro Joanne Palach, inscenato
dalla compagnia di ballo «Unia Nova», proponeva una delle creazioni più sentite e dolenti del maestro che si confrontava con il sacrificio del martire della Primavera di Praga.
In anni più vicini a noi la fortuna di Jan
Novák si consolidò per merito di alcune iniziative degne di menzione. Nel 1987 l’Associazione Filarmonica, con il sostegno del Comune di Rovereto, realizzò tre dischi LP («Inedita & Mimus magicus») contenenti dieci registrazioni originali (Mimus magicus, Cithara
poetica, Choreæ vernales, Toccata chromatica,
Odæ, Preludio e Fuga 1 e 2, Rustica musa II,
Notturno e Toccata, Sonatina), interpretate da
Anna Baldo (soprano), Mauro Pedron (clarinetto), Andrea Bambace (pianoforte), Renato Samuelli (chitarra), Clara Novák (flauto),
Dora Novák (pianoforte), Marvi e Fulvio Zanoni (pianoforte). Un CD («La città per Jan
Novák) fu invece prodotto nel 1999 a cura del
locale Rotary Club e col sostegno dei Comuni di Rovereto e Villa Lagarina: esso raccoglie
la registrazione dal vivo di un concerto che si
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era tenuto al Teatro Comunale «Zandonai» il
18 aprile di quell’anno. Con questa uscita la lista degli esecutori si accrebbe dei nomi di Daniel Demirci (violino) e Pino Angeli (chitarra). Ai brani del concerto (Marsyas, Preludio
e Fuga in do, Sonata super Hoson Zes, Sonata
Serenata) venne aggiunta in coda la riproduzione di una vecchia registrazione amatoriale
effettuata intorno al 1980 con sei brani dalla
Schola cantans nei quali si può ascoltare, non
senza commozione, la voce dello stesso Novák
nel famoso Nox erat et cælo fulgebat luna sereno di Orazio. Gli altri brani della collettanea
sono: Laudabunt alii, Ludi magister, Vivamus
mea Lesbia, Carmen Martium, Donec gratus
eram tibi e vi hanno buono spicco le voci soliste di Giangiorgio Cainelli e Carla Dassatti
e uno strumentale in chiave pop con le chitarre di Silvano Brun e Sandro Baroni, la tastiera di Sergio Normani e la batteria di Gabriele Amendola. Il documento è particolarmente
indicativo dello spirito gioioso che il maestro
sapeva infondere con le sue musiche non facili ma assolutamente brillanti e di immancabile presa.
La presenza di Novák si era frattanto consolidata sul territorio con l’intitolazione, voluta
in prima persona da Anna Baldo, della Scuola
musicale di Villa Lagarina da poco aperta per
lodevole iniziativa di Giovanni Todaro e avallata dall’allora sindaco Carlo Baldessarini.
Vari altri esecutori si sono aggiunti nel tempo e altre musiche sono state fatte conoscere
come Rosarium ed Elegantiæ tripudiorum, né
sono mancati i momenti di approfondimento con il seminario «Jan Novák e la sua musica» tenuto il 30-31 ottobre 1999 da Eliška
Nováková e promosso da Marvi Zanoni nei locali della Civica Scuola Musicale «Zandonai».
Questo il bilancio sommario della penetrazione nel tessuto cittadino dell’arte di Jan
Novák lungo quattro decenni. Tutt’oggi, a
ventisette anni dalla sua scomparsa, questo
grande musicista del Novecento è rimasto saldamente nel ricordo di chi lo ha conosciuto e
amato, e la città di Rovereto, con la sua lunga
tradizione di ospitalità, conserva il privilegio
di avergli aperto le porte e offerto l’occasione
di presentare al pubblico le proprie creazioni.
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