Enrico Borghi ESPERIMENTO DI STERN-GERLACH

Enrico Borghi
ESPERIMENTO DI STERN-GERLACH; SPIN DELL’ELETTRONE
Premessa.
Questo studio si basa su riferimenti a:
- Elettromagnetismo maxwelliano
- Meccanica di Bohr-Sommerfeld;
- Meccanica di Schrödinger;
I fondamenti di queste discipline vengono presentati nella Prima Parte e nella Seconda Parte dello studio •1 “Reinterpretare l’Elettromagnetismo maxwelliano per spiegare la
Meccanica quantistica” che fa parte di “fisicarivisitata”.
- La notazione n• (n = numero intero) segnala un punto del testo cui viene fatto riferimento
in un’altra parte dello studio.
—————————
Riprendiamo in considerazione la conclusione dello studio “Effetto Zeeman” presente in
“fisicarivisitata”.
In quella conclusione si è fatto notare che l’equazione di Schrödinger riesce a descrivere solo
alcune delle righe che compaiono nello spettro di atomi idrogenoidi soggetti a un campo
magnetico costante nel tempo e uniforme nello spazio.
Esiste infatti il fenomeno, detto “effetto Zeeman anomalo”, nel quale compare un numero
assai maggiore di righe spettrali, e questo fatto non si presta ad essere descritto sulla base
delle considerazioni sviluppate in quello studio.
Per di più, l’effetto Zeeman anomalo non è l’unico fenomeno di interazione fra atomi e un
campo magnetico che non si riesce a spiegare sulla base dell’equazione di Schrödinger.
Infatti rimane inspiegabile anche il comportamento degli atomi di alcuni elementi in attraversamento di un campo magnetico costante nel tempo e disuniforme nello spazio.
Questo fenomeno fu studiato per la prima volta da Otto Stern e Walter Gerlach
negli anni 1921-22, quando la Meccanica atomica di Schrödinger ancora non esisteva, e
consiste nel lanciare da un opportuno forno un fascio di atomi d’argento elettricamente
neutri, cioè non ionizzati, fra le estremità polari di un magnete sagomate in modo che fra
esse si crei un campo magnetico disuniforme e di osservare le tracce lasciate dagli atomi
su uno schermo di raccolta posto a valle del magnete.
Il fatto che gli atomi siano elettricamente neutri garantisce che l’interazione che verrà
osservata non è quella dovuta alla forza di Lorentz esercitata dal campo magnetico sulla
corrente costituita dal fascio di atomi, ma è quella che si genera fra il momento magnetico
degli atomi e il campo magnetico generato dalla apparecchiatura.
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach
Il momento magnetico atomico di cui Stern e Gerlach pensavano di doversi occupare nel
loro esperimento è quello dovuto al moto orbitale degli elettroni attorno al nucleo.
In un atomo d’argento, che ha numero atomico Z = 47, cioè possiede 47 protoni, ovvero,
se è elettricamente neutro, 47 elettroni ciascuno con carica e = −|e|, il modello atomico di
Bohr-Sommerfeld (che era quello disponibile al tempo dell’esperimento) prevedeva che 46
elettroni fossero disposti in gusci elettronici chiusi e che vi fosse un unico elettrone (elettrone
di valenza) al di fuori del guscio più esterno† . Questo rende possibile considerare questo
atomo come un atomo idrogenoide, cioè come un sistema a due particelle, una dotata
di carica positiva 47|e| e l’altra di carica negativa −|e|, trattabile sulla base della teoria
sviluppata per studiare l’atomo di idrogeno.
2
• Lo scopo che Stern e Gerlach si erano proposti studiando l’interazione magnetica fra il
momento magnetico degli atomi e il campo magnetico generato dal dispositivo sperimentale
era verificare l’esistenza del fenomeno della quantizzazione spaziale†† del momento angolare
orbitale dell’elettrone di valenza degli atomi d’argento prevista dal modello atomico di BohrSommerfeld.
L’interazione magnetica può fornire informazioni sul momento angolare orbitale in conseguenza del fatto che il momento angolare è proporzionale al momento di dipolo magnetico.
Per rendercene conto vediamo innanzitutto quale è la descrizione che di questa proporzionalità dà la Fisica classica.
Nell’approssimazione cui si fa riferimento nell’elettromagnetismo classico un elettrone in
orbita attorno a un nucleo è assimilato a una linea di corrente elettrica quasi-circolare
stazionaria e quindi possiede un momento di dipolo magnetico espresso, per definizione, da
Z
µ = I ndσ
(1)
σ
dove σ è l’area della superficie racchiusa dall’orbita elettronica, n è la normale alla superficie
con verso legato al verso della circolazione della corrente dalla regola del cavatappi e I è
la carica che passa in un secondo in qualsiasi punto dell’orbita. Se U è il modulo della
velocità dell’elettrone, ricordando che la carica è espressa in ues e vale −|e| mentre I deve
essere espressa in uem (sistema di misura doppio simmetrico di Gauss), si ottiene
I =−
|e|
U
`c
;
[Iuem ] = L1/2 M 1/2 T −1
(2)
dove ` è la lunghezza dell’orbita cosicché −|e|/`c è la densità lineare di carica espressa in
uem. Infatti (v. Appendice H dello studio citato nel punto 1 (pag. 1)) si ha
carica in uem =
carica in ues
c
Assumendo con buona approssimazione che l’orbita sia circolare con raggio ξ si ha:
µ = Iσn = −
|e| U
|e|
πξ 2 n = − Uξn ;
c 2πξ
2c
[µuem ] = L5/2 M 1/2 T −1
(3)
—————————————
†
In un atomo un guscio elettronico è un insieme di elettroni dotati del medesimo numero quantico n
e di diversi numeri quantici l; un guscio elettronico è chiuso quando contiene il massimo numero di
elettroni che il modello atomico consente.
††
Quantizzazione spaziale del momento angolare: locuzione che sta a indicare che le possibili direzioni in
cui il vettore momento angolare può puntare sono in numero discreto, e non continuo.
2
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach
Osserviamo che, se P è il momento lineare dell’elettrone dotato di massa m0 , si ha U =
P/m0 cosicché:
|e|
µ=−
Pξn
2m0c
Ma Pξn è il momento angolare orbitale L dell’elettrone cosicché si può scrivere:
µ=−
|e|
e
L=
L ;
2m0c
2m0 c
e = −4, 803 · 10−10 ues
(4)
Si vede cosı̀ che il momento di dipolo magnetico ha direzione uguale a quella del momento
angolare orbitale e verso opposto (v. fig.1).
f ig. 1
Si usa introdurre il rapporto giromagnetico
Γ =
|µ|
|e|
=
2m0 c
|L|
;
[Γ ] = L1/2 M −1/2
(5)
cioè il rapporto fra il momento di dipolo magnetico dell’elettrone e il suo momento angolare
orbitale. La (4) diviene allora:
µ = −Γ L
(6)
Il dispositivo sperimentale usato da Stern e Gerlach è illustrato schematicamente nella
fig. 2:
f ig. 2
3
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach
Nella parte bassa della figura vengono mostrate del magnete solo le estremità polari. Il
campo B in prossimità del polo appuntito è più intenso che in prossimità dell’altro polo.
Nella parte superiore della figura il piano xz (piano della pagina) è posto nel piano di
simmetria longitudinale dell’apparato e l’asse z è coincidente con la direzione delle linee di
flusso del campo B giacenti su tale piano di simmetria. Nella parte inferiore l’asse x esce
dalla pagina e l’asse y forma con gli altri due una terna destrorsa. Tenuto conto del modo
in cui il campo B è creato e della scelta del sistema di riferimento si può scrivere:
Bx = 0
;
By = By (y, z)
;
Bz = Bz (y, z)
(7)
In uscita dal forno si ha un flusso di atomi elettricamente neutri e dotati di momento
magnetico µ in conseguenza del quale subiscono l’effetto di una coppia espressa dallo
sviluppo (52) dell’Appendice A nel quale, tenuto conto dei valori delle grandezze in gioco
nel dispositivo sperimentale, è possibile trascurare i termini successivi al primo, cosicché
C = µ × B(0)
La coppia, come viene mostrato nell’Appendice B, genera un moto di precessione (detto
moto di precessione di Larmor) della direzione del momento magnetico µ attorno alla
direzione del campo B con velocità di precessione dipendente da |B| (v. fig. 3):
f ig. 3
L’equazione di questo moto si ricava dalla (2) dell’Appendice B dopo aver posto in essa
L = −µ/Γ in accordo con la (6):
dµ
= ΓB × µ ;
dt
µ̇k = Γ (B × µ)k
(8)
Poiché B è disuniforme, gli atomi subiscono anche l’effetto di una forza espressa dallo
sviluppo (51) dell’Appendice A nel quale i termini successivi al primo sono trascurabili (il
termine di ordine zero è nullo) cosicché
F = µ · (∇B) ;
Fk = µl
∂Bk
∂xl
(9)
Nell’eseguire l’esperimento si cerca di utilizzare la simmetria del dispositivo di Stern e
Gerlach per rendere più agevoli i calcoli. A questo fine il fascio di atomi viene lanciato
nel piano y = 0 nel quale B, per simmetria, non ha componente lungo y, perciò in corrispondenza del fascio è By = 0. La (8), tenuto anche conto della prima delle (7), diviene
quindi
µ̇x = −Γ µy Bz ; µ̇y = Γ µx Bz ; µ̇z = 0
(10)
4
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach
Integrando le (10) (v. Appendice B) si ottengono le equazioni del moto di precessione di
Larmor:
µx = a cos(Γ Bz t + α) ; µy = a sin(Γ Bz t + α) ; µz = cost.
(11)
dove a e α sono costanti di integrazione.
Esaminiamo ora la (9):
Fx = 0
;
Fy = µy
∂By
∂By
+ µz
∂y
∂z
;
Fz = µy
∂Bz
∂Bz
+ µz
∂y
∂z
(12)
Ma nello spazio attraversato dagli atomi d’argento è ∇ × B = 0 perciò
∂Bz
∂By
=
∂y
∂z
(13)
La (12) diviene quindi
Fx = 0
;
Fy = µy
∂By
∂By
+ µz
∂y
∂z
;
Fz = µy
∂By
∂Bz
+ µz
∂z
∂z
(14)
D’altra parte si ha anche ∇ · B = 0 perciò:
∂By
∂Bz
+
=0
∂y
∂z
La (14) diviene quindi
Fx = 0
;
Fy = −µy
∂By
∂Bz
+ µz
∂z
∂z
;
Fz = µy
∂By
∂Bz
+ µz
∂z
∂z
(15)
Ricordando infine che By = cost. = 0 in tutto il piano xz, segue che ∂By /∂z = 0, cosicché
le (15) diventano
∂Bz
∂Bz
Fx = 0 ; Fy = −µy
; Fz = µz
(16)
∂z
∂z
Ora ritorniamo alle (11). Da esse si deduce che µx e µy oscillano attorno allo zero. Se Bz
è sufficientemente elevato, la velocità di precessione Γ Bz attorno alla direzione dell’asse z
è alta, cosicché si può considerare nullo l’effetto medio di µx e µy sul fascio di atomi.
Segue quindi che delle (11) e (16) rimangono le sole
µz = cost. ;
Fz = µz
∂Bz
∂z
(17)
In definitiva il fascio lanciato lungo il piano xz dovrebbe essere deflesso lungo l’asse z di
una quantità pari al prodotto di µz e del gradiente di Bz lungo z.
Poiché classicamente µz può avere qualunque valore positivo o negativo non superiore in
modulo a |µ|, il risultato dell’esperimento secondo la meccanica classica dovrebbe essere
una dispersione del fascio di atomi lungo l’asse z sopra e sotto la direzione d0 che il fascio
ha in assenza di campo magnetico, perciò il fascio di atomi dovrebbe lasciare sullo schermo
di raccolta una traccia allungata lungo l’asse z (v. fig. 4).
5
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach
f ig. 4
Questo comportamento “classico” non è peraltro ciò che ci aspettiamo di osservare.
Richiamiamo a questo punto il modello atomico di Bohr-Sommerfeld, sorto come una evoluzione del modello di atomo di Bohr basata sulla introduzione di orbite elettroniche
ellittiche in sostituzione di quelle circolari presenti nel modello di atomo di Bohr (di entrambi questi modelli si parla nelle sezioni B e C dell’Appendice J dello studio citato nel
punto 1 (pag. 1)).
Alle orbite ellittiche possono essere associati tre numeri quantici
En = −
m0 Z 2 e4
2h̄2 n2
|L|k = h̄k
;
;
n = 1, 2, . . .
;
energia
k = 1, 2, . . .
;
modulo del momento angolare
Lz m = h̄m ; −k ≤ m ≤ +k
;
componente lungo z del momento angolare
(18)
in luogo dell’unico numero n del modello atomico di Bohr.
Secondo il modello atomico di Bohr-Sommerfeld la (17), che ora riscriviamo cosı̀ (v. eq. (6))
Fz = −Γ Lz
∂Bz
∂z
(19)
diviene
∂Bz
(20)
∂z
dove m è il numero quantico che misura, in unità h̄, la componente lungo l’asse z del
momento angolare orbitale degli atomi che attraversano il campo magnetico. Poiché m
può assumere 2k valori, il fascio degli atomi dovrebbe lasciare sullo schermo di raccolta 2k
tracce distinte lungo l’asse z. A queste corrisponde, in virtù della proporzionalità espressa
dalla (6), la quantizzazione del momento angolare orbitale.
Fz = −Γ h̄m
*
*
*
Tenendo presenti queste considerazioni ci proponiamo di esaminare col dispositivo sperimentale di Stern e Gerlach il comportamento di un fascio di atomi d’argento.
Un atomo di argento elettricamente neutro possiede 47 elettroni: di questi uno, quello
più esterno, è l’elettrone di valenza che, se l’atomo non è eccitato, si trova in uno stato
caratterizzato da k = 1. Gli atomi d’argento dell’esperimento di Stern e Gerlach si possono
considerare tutti non eccitati, perciò ci si dovrebbe aspettare da essi un comportamento di
atomo idrogenoide nello stato fondamentale. Ora dalla (18) sappiamo che −k ≤ m ≤ +k
perciò se k = 1 si ha m = ±1, e quindi nella (20) è
Fz = ∓Γ h̄
6
∂Bz
∂z
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach
espressione che corrisponde al risultato dell’esperimento.
Infatti il fascio di atomi d’argento si divide in due, come mostra la fig. 5, generando sullo
schermo di raccolta due tracce disposte simmetricamente sopra e sotto la direzione d0 che
corrisponde ad assenza di campo magnetico.
f ig. 5
L’obiettivo dell’esperimento (v. il punto 2 (pag. 2)) è stato dunque raggiunto: se ci riferiamo
al modello atomico di Bohr-Sommerfeld possiamo concludere che il momento angolare
orbitale dell’elettrone di valenza dell’atomo di idrogeno è quantizzato spazialmente.
*
*
*
Non abbiamo finora fatto riferimenti alla Meccanica di Schrödinger e al relativo modello
atomico perché ai tempi dell’esperimento di Stern-Gerlach questa Meccanica ancora non
esisteva.
Nel 1926 si ha la svolta: Erwin Schrödinger propone un’equazione che mostra di essere
in grado di descrivere non solo i fenomeni atomici, ma anche i fenomeni meccanici in
generale, dando l’avvio a una nuova impostazione di studio della Meccanica che era stata
dominata fino ad allora dai Principi newtoniani (e, a partire dal 1905, da quelli della
Relatività speciale).
Ma l’applicazione della nuova Meccanica allo studio dell’esperimento di Stern-Gerlach fa
nascere un problema. Infatti i nuovi numeri quantici dell’elettrone di valenza in un atomo
idrogenoide non coincidono con quelli del modello atomico di Bohr-Sommerfeld (il numero
quantico l associato a |L| parte da zero!)
m0 Z 2 q 4
; n = 1, 2, . . .
2 2
2h̄
n
p
|L|l = h̄ l(l + 1) ; l = 0, 1, 2, . . . , n − 1
En = −
Lz ml = h̄ml
;
(21)
−l ≤ ml ≤ +l
e in un atomo di argento l’elettrone di valenza si trova nello stato l = 0 perciò ml = 0
e quindi gli elettroni che attraversano l’apparato di Stern-Gerlach dovrebbero, secondo la
Meccanica di Schrödinger, essere deflessi dalla forza
Fz = −Γ h̄ml
∂Bz
=0
∂z
(22)
perciò non dovrebbero subire alcuna deflessione e quindi il momento angolare orbitale dell’elettrone di valenza dell’atomo d’argento non dovrebbe essere quantizzato spazialmente.
Ma l’esperimento di Stern-Gerlach mostra che gli elettroni vengono deflessi.
*
*
7
*
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach
Un’ipotesi in grado di fornire:
1) un modello atomico adeguato ai risultati dell’esperimento di Stern e Gerlach,
2) una spiegazione dell’effetto Zeeman anomalo,
3) una giustificazione della conclusione contraddittoria alla quale sembra arrivare la Meccanica di Schrödinger applicata allo studio dell’esperimento di Stern-Gerlach
fu avanzata nel 1926 da George Eugene Uhlenbeck e Samuel Abraham Goudsmit.
Essi proposero di attribuire all’elettrone un momento magnetico intrinseco µS tale che la
sua misura lungo una direzione arbitraria, convenzionalmente l’asse z, fornisca sempre il
valore µS z = ±µB , cioè il valore del magnetone di Bohr (introdotto nello studio “Effetto
Zeeman” presente in “fisicarivisitata’), in accordo con il valore ricavabile dallo studio della
deflessione degli atomi nell’apparato di Stern e Gerlach o dalla analisi della scissione delle
righe spettrali.
La direzione z è arbitraria perché, comunque si ruoti l’apparato di Stern e Gerlach, si
ottiene invariabilmente µS z = ±µB .
L’indice S viene posto per distinguere questo momento magnetico dal momento di dipolo
magnetico µ associato al momento angolare orbitale che ora conviene ridenominare µL ; la
scelta della lettera S verrà giustificata fra poco.
Nella ipotesi di Uhlenbeck e Goudsmit si ammette che l’interazione fra il momento magnetico intrinseco µS dell’elettrone e il campo magnetico esterno B sia analoga all’interazione,
esaminata nello studio “Effetto Zeeman”, fra il momento di dipolo magnetico µL dell’elettrone e il medesimo campo magnetico esterno B.
Sappiamo che quest’ultima interazione è associata alla quantizzazione spaziale di L, cioè a
2l + 1 valori della componente lungo z del momento angolare orbitale L dell’elettrone.
Per analogia si ammette che nell’elettrone il momento magnetico intrinseco µS sia associato
a un momento angolare intrinseco S detto usualmente spin e che Sz , componente lungo z
di S, possa assumere 2s + 1 valori, essendo s il numero quantico associato allo spin.
Poiché l’esperimento di Stern-Gerlach mostra che questi 2s + 1 valori sono solamente due,
si deve scrivere
2s + 1 = 2
da cui s = 21 ; questo è l’unico valore del numero quantico associato allo spin dell’elettrone.
Il modulo di S, in analogia col modulo di L che compare nella (21), è espresso da
√
p
3
|S| = h̄ s(s + 1) =
h̄
(23)
2
Sviluppando ulteriormente l’analogia introduciamo il numero quantico ms che misura in
unità h̄ la componente lungo l’asse z dello spin dell’elettrone, cosı̀ come ml misura in unità
h̄ la componente lungo l’asse z del momento angolare orbitale.
Poiché deve risultare −s ≤ ms ≤ s (per analogia con la condizione −l ≤ ml ≤ +l dell’eq. (21)) e poiché la differenza fra due consecutivi valori di ms è l’unità (come succede
per ml ), i valori possibili per ms sono due:
ms = −
1
2
;
ms = +
1
2
(24)
Dunque la componente lungo l’asse z dello spin vale:
1
Sz = ± h̄
2
8
(25)
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach
Se ora riprendiamo le (19) e (20) ci rendiamo conto che devono essere riscritte cosı̀
Fz = −Γ Sz
∂Bz
1 ∂Bz
= ∓Γ h̄
∂z
2 ∂z
in accordo con la presenza delle due tracce osservate sullo schermo di raccolta dell’apparato
di Stern e Gerlach attraversato da atomi di argento.
Dunque l’esperimento di Stern e Gerlach mostra la quantizzazione spaziale non del momento angolare orbitale dell’elettrone di valenza dell’atomo d’argento, come i due fisici
avevano assunto, ma dello spin di questo elettrone.
Ne segue che la Meccanica di Schrödinger, che tratta non dello spin ma del momento angolare orbitale, correttamente afferma che la quantizzazione spaziale del momento angolare
orbitale dell’elettrone di valenza dell’atomo di argento non esiste, perché per questo è l = 0
e quindi ml = 0 da cui la (22).
L’ipotesi di Uhlenbeck e Goudsmit, verificata e rafforzata via via da esperimenti di varia
natura, si è affermata in via definitiva, e non riguarda solo l’elettrone. Si è infatti potuto
constatare che tutte le particelle presenti nelle strutture atomiche possiedono uno spin.
Particelle diverse possono avere diversi numeri quantici di spin.
Lo spin, anche se rimane fuori dalla portata della nostra intuizione, è diventato uno dei
concetti di base della Fisica quantistica.
*
*
*
Ora vogliamo renderci conto del fatto che l’elettrone possiede un momento angolare intrinseco S le cui caratteristiche quantistiche, combinate con quelle del suo momento angolare
orbitale L, rendono ragione della presenza negli spettri atomici di numerose righe che sono
inspiegabili sulla base dell’equazione di Schrödinger.
Lo spin S e il momento angolare orbitale L si compongono vettorialmente dando origine a
un vettore
J = L+S
(26)
che chiamiamo momento angolare totale e al quale attribuiamo le seguenti caratteristiche
quantiche
p
|J| = h̄ j(j + 1) ; Jz = h̄mj
(27)
simili a quelle di L e di S.
Per ottenere le relazioni esistenti fra i numeri quantici associati ai momenti angolari S, L, J
osserviamo che
J z = Lz ± S z
(28)
cosicché
mj h̄ = ml h̄ ± ms h̄
e quindi
mj = ml ± ms
(29)
Ricordiamo poi che
−l ≤ ml ≤ l
;
l intero ≥ 0
e
−s ≤ ms ≤ s
9
;
s=
1
2
(30)
(31)
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach
perciò mj deve essere semiintero. D’altra parte si ha
−j ≤ mj ≤ j
(32)
e la differenza fra due consecutivi valori di mj è l’unità, cioè
mj = −j, −j + 1, −j + 2, −j + 3, · · · , −j + 2j
(33)
I numeri quantici associati alla (26) sono
j =l±s=l±
1
2
(34)
perciò j è anch’esso semiintero. In definitiva si ha
j=
1 3 5
, , ,...
2 2 2
e se ad esempio è j = 25 , si ha
5 3 1 1 3 5
mj = − , − , − , + , + , +
2 2 2 2 2 2
Il numero dei valori che mj può assumere è, come si vede dalla (33), pari a 2j + 1; in
corrispondenza si hanno altrettanti valori di Jz e quindi altrettante orientazioni di J .
Calcoliamo il numero di queste orientazioni in funzione di l, cioè servendoci della (34):
2j + 1 = 2(l ± s) + 1 = 2 l +
1
2
+ 1 + 2 l − 21 + 1 = 2(2l + 1)
(35)
Si vede quindi che mj , per un dato valore di l, assume il doppio dei 2l + 1 valori che ml
può assumere (v. eq. (21)).
*
*
*
Abbiamo cosı̀ mostrato come, introducendo l’ipotesi dell’esistenza dello spin dell’elettrone
e dell’associato momento magnetico intrinseco, si possono spiegare i fenomeni 1), 2) e 3)
cui si accennava più sopra.
Per ciò che riguarda il punto 1), cioè l’esperimento di Stern-Gerlach, conviene notare che
in esso si possono usare anche particelle elettricamente cariche. In questo caso si ha una
ulteriore deflessione laterale dovuta alla forza di Lorentz, che tuttavia è distinguibile da
quella lungo l’asse z e dovuta all’interazione campo-momento magnetico perché avviene in
direzione normale a quest’ultima. La deflessione laterale può essere compensata mediante
un campo elettrico opportuno, cosicché ciò che rimane osservabile è la deflessione dovuta
al momento magnetico associato allo spin.
*
*
*
A conclusione di questo capitolo occorre osservare che per descrivere le conseguenze dell’esistenza dello spin non abbiamo preso in considerazione l’equazione di Schrödinger tentando
di modificarla in modo da farle rendere conto dei fatti sperimentali descritti in questo
10
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach
studio, ma, facendo in certo senso un passo indietro, ci siamo riferiti al modello semiclassico
dell’atomo, più precisamente al cosiddetto “modello vettoriale dell’atomo”.
La ragione per cui si è fatto uso di questo modello sta nel fatto che la soluzione completa
del problema dell’esistenza dello spin dell’elettrone e della sua descrizione quantistica non
passa attraverso una modifica dell’equazione di Schrödinger ma richiede l’introduzione della
meccanica quantistica relativistica.
Nell’ambiente della meccanica quantistica relativistica è possibile definire una “equazione
di Dirac” che chiama in gioco una funzione d’onda basata su un oggetto matematico, detto
“bispinore” (o “spinore di Dirac”), diverso dallo scalare ψ della equazione di Schrödinger,
in grado di descrivere lo spin dell’elettrone.
Esiste anche una descrizione quasi-relativistica, detta “descrizione di Pauli”, che fa riferimento a una “equazione di Pauli”, approssimativamente valida per un elettrone dotato di
energia piccola rispetto a quella di riposo.
L’equazione di Pauli chiama in gioco una funzione d’onda basata su un oggetto matematico,
detto “spinore”, diverso sia dallo scalare ψ della equazione di Schrödinger che dal bispinore
che compare nell’equazione di Dirac.
Riassumendo:
1) la funzione d’onda di Schrödinger non può descrivere l’elettrone nella sua qualità di
particella dotata di spin;
2) la funzione d’onda di Pauli fornisce una descrizione approssimativa (quasi-relativistica)
dell’elettrone e del suo spin;
3) la funzione d’onda di Dirac fornisce una descrizione relativistica completa dell’elettrone
e del suo spin e fornisce anche un eccellente modello degli atomi idrogenoidi.
11
APPENDICI
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach - Appendice A
Appendice A
SVILUPPO IN SERIE DELLE FORZE E COPPIE ELETTRICA STATICA E
MAGNETICA STAZIONARIA
Riesce utile in alcune applicazioni avere a disposizione la forza e la coppia elettrica statica
su una distribuzione di cariche fisse, e la forza e la coppia magnetica stazionaria su una
distribuzione di correnti stazionarie, espresse in funzione dello sviluppo in serie rispettivamente dei campi elettrico E e magnetico B, esterni alle cariche e alle correnti, dai quali le
forze e le coppie sono generate.
In questa Appendice ci interesseremo a questo problema.
1) FORZA E COPPIA ELETTROSTATICA SU UNA DISTRIBUZIONE
DI CARICHE FISSE
Consideriamo una distribuzione di carica statica ρ(ξ) e supponiamo che su di essa agisca un
campo elettrico esterno costante nel tempo E(ξ) prodotto da sorgenti che non ci interessa
specificare.
La forza esercitata dal campo sulla distribuzione si ricava integrando l’espressione della
densità della forza di Lorentz su tutto il volume occupato dalla distribuzione:
Z
FE =
ρ(ξ)E(ξ) dτ
(1)
τ
mentre la coppia vale
CE =
Z
τ
ξ × ρ(ξ)E(ξ) dτ
(2)
Ora sviluppiamo E(ξ) nell’intorno di un punto contenuto entro τ , che assumiamo come
origine delle coordinate,
E(ξ) = E(0) + (E∇)ξ=0 · ξ +
2
3
1
1
(E∇)ξ=0 · ξ +
(E∇)ξ=0 · ξ + · · ·
2!
3!
(3)
cosicché sostituendo nella (1) si ottiene:
F E = E(0)
Z
τ
ρ(ξ) dτ + (E∇)ξ=0 ·
Z
τ
ρ(ξ)ξ dτ + · · ·
(4)
ovvero
F E = F E,0 + F E,1 + · · ·
Esaminiamo i singoli termini della (5).
13
(5)
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach - Appendice A
Il primo termine vale
•
F E,0 = qE(0)
(6)
Esso rappresenta quindi la forza che il campo esterno eserciterebbe sulla carica totale se
questa fosse concentrata nell’origine.
Il secondo termine è:
Z
F E,1 = (E∇)ξ=0 · ρ(ξ)ξ dτ
(7)
τ
Per interpretare il significato fisico della (7) occorre introdurre il concetto di dipolo elettrico.
Con questo termine si indica una distribuzione di carica elettrica costituita da due cariche
puntiformi uguali e di segno opposto, q e −q, poste in punti separati dalla distanza |a|,
essendo a un vettore orientato da −q a q (v. fig. 1):
f ig. 1
Si definisce momento di dipolo elettrico la quantità
P = qa ;
[Pues ] = L5/2 M 1/2 T −1
(8)
che può anche essere scritta cosı̀ (ξ − è il vettore posizione della carica −q):
P = qa
= q(ξ − + a) − qξ −
Z
=q
δ ξ − (ξ − + a) − δ ξ − ξ − ξdτ
(9)
essendo ξ un punto generico dello spazio e δ la “funzione” delta di Dirac.
Come si vede la definizione di P comporta la introduzione di due punti, il punto ξ − e il
punto ξ − + a. È tuttavia desiderabile introdurre la densità di momento di dipolo elettrico
p(ξ), cioè una grandezza puntuale definita in tutto lo spazio e tale che si possa scrivere:
P =
Z
p(ξ) dτ
(10)
τ
Per rendere puntuale la definizione di P occorre che nella (9) |a| tenda a zero e contemporaneamente che il prodotto q|a| = qa rimanga costante:
)
Z (
δ ξ − (ξ − + a) − δ ξ − ξ −
P =
qa lim
ξdτ
a→0
a
τ
14
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach - Appendice A
Ora occorre ricordare la proprietà fondamentale della δ di Dirac
Z
f(ξ)δ(R − ξ)dτξ = f(R)
τξ
dalla quale risulta che le dimensioni di δ(R − ξ) sono L−3 .
Dunque la quantità entro parentesi graffe ha le dimensioni [q]L−3 che sono quelle di una
densità volumica di carica, perciò si può scrivere
δ ξ − (ξ − + a) − δ ξ − ξ −
ρ(ξ) = qa lim
; [ρues ] = [ques ]L−3 = L−3/2 M 1/2 T −1
a→0
a
Si ottiene cosı̀:
P =
Z
ρ(ξ)ξ dτ
(11)
τ
Confrontando con la (10) si vede che si può scrivere:
p(ξ) = ρ(ξ)ξ
;
[pues ] = L−1/2 M 1/2 T −1
(12)
cosicché p(ξ) è la densità di momento di dipolo elettrico che ci eravamo proposti di ottenere.
Ora ritorniamo alla (7). Tenendo presente la (11) essa può essere riscritta cosı̀:
F E,1 = (E∇)ξ=0 · P
(13)
La quantità (E∇)ξ=0 esprime il contributo dato a F E dalla disuniformità del campo E.
La (13) si può scrivere anche cosı̀:
•
F E,1 = P · (∇E)ξ=0
(14)
cosicché la (5) diviene
F E = qE(0) + P · (∇E)ξ=0 + · · ·
(15)
La (15) mostra che se in τ vi sono tante cariche positive quante negative, allora q = 0,
perciò F E,0 = 0; sulle cariche si esercita una forza F E,1 che dipende dal loro momento di
dipolo e dalla disuniformità del campo elettrico che agisce su di esse.
*
*
*
Per ciò che riguarda la coppia si ha, sostituendo nella (2) i termini lineari della (3):
Z
Z
C E = ξ × ρ(ξ)E(0) dτ + ξ × ρ(ξ)(E∇)ξ=0 · ξ dτ + · · ·
(16)
τ
τ
che possiamo scrivere anche cosı̀
C E = C E,0 + C E,1 + · · ·
Esaminiamo il termine C E,0 . Tenendo conto della (12) e della (11) si può scrivere
Z
Z
•
C E,0 = p(ξ) × E(0) dτ = p(ξ) dτ × E(0) = P × E(0)
τ
(17)
(18)
τ
In definitiva in un campo elettrico uniforme un dipolo elettrico avente momento P è soggetto a una coppia, ma non a forza. Una forza si manifesta sul dipolo solamente se il
campo elettrico è disuniforme (v. eq. (14)).
15
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach - Appendice A
2) FORZA E COPPIA MAGNETICA SU CORRENTI STAZIONARIE
Consideriamo una distribuzione di correnti stazionarie aventi densità ı(ξ) e supponiamo
che su di essa agisca un campo magnetico esterno B(ξ) costante nel tempo prodotto da
sorgenti che non ci interessa specificare.
La forza magnetica sulla distribuzione si ricava integrando l’espressione della forza di Lorentz in tutto il volume occupato dalla distribuzione:
Z
F M = ı × B dτ ; [ıuem ] = L−3/2 M 1/2 T −1 = [ρues ]
(19)
τ
mentre la coppia agente sulla distribuzione di correnti vale
Z
C M = ξ × (ı × B) dτ
(20)
τ
Ora sviluppiamo B in serie nell’intorno dell’origine delle coordinate che assumiamo contenuta in τ
B(ξ) = B(0) + (B∇)ξ=0 · ξ +
e sostituiamo nella (19)
FM =
Z
τ
2
3
1
1
(B∇)ξ=0 · ξ +
(B∇)ξ=0 · ξ + · · ·
2!
3!
ı × B(0) dτ +
Z
τ
che possiamo scrivere anche cosı̀:
ı × (B∇)ξ=0 · ξ dτ + · · ·
(21)
(22)
F M = F M,0 + F M,1 + · · ·
(23)
Esaminiamo il termine F M,0 . Si ha
F M,0 =
Z
τ
ı × B(0) dτ =
Z
τ
ı dτ × B(0)
(24)
Ora osserviamo che, trattandosi di correnti stazionarie, si ha
∇·ı = 0
perciò, ricordando la (A17) dell’Appendice A dello studio citato nel punto
può scrivere:
Z
Z
Z
0 = (∇ · ı)ξ dτ = ∇ · (ıξ) dτ − ı · ∇ξ dτ
τ
τ
(pag. 1) , si
τ
e per il Teorema di Gauss
Z
Z
Z
Z
0=
ıξ · ndσ − ı · δ dτ =
ıξ · ndσ − ı dτ
σ
1
τ
σ
16
τ
(25)
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach - Appendice A
Ma l’integrale di superficie può essere reso nullo considerando una σ che contenga tutta la
distribuzione di corrente, e quindi resta
Z
ı dτ = 0
(26)
τ
Dalla (24) si ha cosı̀:
F M,0 = 0
•
*
*
(27)
*
Esaminiamo il termine F M,1 . Si ha
Z
ı × (B∇)ξ=0 · ξ dτ
τ
Z
=−
(B∇)ξ=0 · ξ × ı dτ
Zτ
= − ε : (B∇)ξ=0 · ξ ı dτ
Zτ
= − ε : (B∇)ξ=0 · ξı dτ
τ
Z
= −ε : (B∇)ξ=0 · ξı dτ
F M,1 =
(28)
τ
Osserviamo che si può scrivere:
ξı =
1
1
(ξı + ıξ) + (ξı − ıξ)
2
2
(29)
La (29) rappresenta la scomposizione di ξı in una parte simmetrica e in una antisimmetrica.
Ora osserviamo che, dati un vettore a, un tensore di secondo ordine b e una base cartesiana
ortogonale ı1 , ı2 , ı3 , si ha:
∇ · (a b) = ık ∂k · (ıl al ım ın bmn )
= ∂k (al bmn )ık · ıl ım ın
= ∂k (al bmn )δkl ım ın
= ∂k (ak bmn )ım ın
= (∂k ak )bmn ım ın + ak ∂k bmn ım ın
= (∇ · a)b + a · (∇b)
da cui
(∇ · a)b = ∇ · (a b) − a · (∇b)
Poniamo a = ı e b = ξ ξ e integriamo su τ
Z
Z
Z
(∇ · ı)ξ ξ dτ = ∇ · (ıξ ξ) dτ − ı · ∇(ξ ξ) dτ
τ
τ
τ
17
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach - Appendice A
D’altra parte per la condizione di stazionarietà della corrente è ∇ · ı = 0 perciò risulta:
Z
Z
0 = ∇ · (ıξ ξ) dτ − ı · ∇(ξ ξ) dτ
τ
τ
e, per il teorema di Gauss
Z
0=
σ
ıξξ · ndσ −
Z
τ
ı · ∇(ξ ξ) dτ
Ora riferiamo la ı · ∇(ξ ξ) a una base cartesiana ortogonale ı1 , ı2 , ı3 :
ı · ∇(ξ ξ) = ik ık · ∂l ıl (ξm ım ξnın )
= ık · ıl ım ın ik ∂l (ξm ξn )
= δkl ım ın ik {(∂l ξm )ξn + ξm (∂l ξn )}
= ım ın il δlm ξn + il ξm δln
= ım ın im ξn + in ξm
= im ım ξn ın + ξm ım in ın
= ıξ + ξı
Segue
0=
Z
σ
ıξ ξ · ndσ −
Z
(ξı + ıξ) dτ
(30)
τ
Ma l’integrale di superficie può essere reso nullo considerando una σ che contenga tutta la
distribuzione di corrente, cosı̀ risulta:
Z
(ξı + ıξ) dτ = 0
(31)
τ
Se ora inseriamo la (29) nella (28) e teniamo conto della (31) otteniamo
Z
1
F M,1 = −ε : (B∇)ξ=0 ·
(ξı − ıξ) dτ
2 τ
(32)
Ricordando l’eq. (17) dell’Appendice dello studio •3 “La legge fondamentale della Meccanica
newtoniana per un sistema di particelle” si può scrivere:
Z
1
F M,1 = −ε : (B∇)ξ=0 ×
ı × ξ dτ
(33)
2 τ
Per interpretare il significato fisico della (33) occorre introdurre il concetto di dipolo magnetico. Con questo termine si indica un circuito filiforme piano che racchiuda una superficie
σ e che sia percorso da una corrente I (v. fig. 2).
Si definisce poi momento di dipolo magnetico la quantità
Z
M =I
ndσ ; [Muem ] = L5/2 M 1/2 T −1
(34)
σ
18
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach - Appendice A
f ig. 2
dove n è la normale alla superficie racchiusa dal circuito.
Ora osserviamo che dalla (A37) dell’Appendice A dello studio citato nel punto
si ricava:
Z
I
(∇ξ) · n − n(∇ · ξ) dσ
dξ × ξ =
Zσ
=
(δ · n − 3n)dσ ; δ = delta di Kronecker
Zσ
=
(n − 3n)dσ
σ
Z
= −2 ndσ
1
(pag. 1)
σ
da cui
1
ndσ =
2
σ
Z
I
ξ × dξ
(35)
Segue quindi che la (34) si può scrivere cosı̀:
1
M=
2
I
ξ × Idξ
(36)
Questo è il momento di dipolo magnetico di una corrente filiforme circolare.
Più in generale, data una qualunque distribuzione di corrente avente densità volumica
ı, è possibile, in analogia con la definizione di densità di momento di dipolo elettrico
(v. eq. (12)), introdurre la densità di momento di dipolo magnetico m tale che
M=
Z
m dτ
(37)
τ
e si può dimostrare che il passaggio dall’integrale di linea della (36) all’integrale di volume
della (37) si effettua sostituendo Idξ con ıdτ perciò
1
M=
2
e quindi
m=
1
ξ×ı ;
2
Z
τ
ξ × ı dτ
[muem ] = L−1/2 M 1/2 T −1
19
(38)
(39)
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach - Appendice A
Notiamo, per inciso, che (v. eq. (12))
[muem ] = [pues ]
Ritorniamo alla (33) che diviene allora
F M,1 = ε : (B∇)ξ=0 × M
Ora osserviamo che, essendo le sorgenti di B esterne a τ , è sempre ∇ × B = 0, ovvero
ε : (∇B) = 0. Vediamo cosı̀ che, moltiplicando il tensore antisimmetrico ε per il tensore
di secondo ordine ∇B e contraendo tutti gli indici di quest’ultimo, si ottiene zero: ciò
significa che ∇B è simmetrico. Si ha allora B∇ = ∇B, cosicché si può scrivere
F M,1 = ε : (∇B)ξ=0 × M
(40)
Ma, dati due vettori a e b e una base cartesiana ortogonale ı1 , ı2 , ı3 si ha (v. l’Appendice
dello studio citato nel punto 3 (pag. 18))
∇(a × b) = ∇(ε : (ab)) = ∂l ıl (εijk ıi ıj ık : am ım bn ın )
= ∂l ıl (εijk am bn ıi ıj ık : ım ın )
= ∂l ıl (εijk am bn ıi δjm δkn )
= ∂l ıl (εijk aj bk ıi )
= ıl εijk ∂l (aj bk )ıi
= ıl εijk (∂l aj )bk ıi + ıl εijk aj (∂l bk )ıi
= (∇a) × b + a × (b∇)
perciò
(∇a) × b = ∇(a × b) − a × (b∇)
Se poniamo a = B e b = M e teniamo presente il fatto che M è una costante otteniamo
dalla (40):
F M,1 = ε : ∇(B × M)
(41)
ovvero
F M,1 = ∇ × (B × M)
Dalla (A19) dell’Appendice A dello studio citato nel punto
(42)
1
(pag. 1) ricaviamo:
F M,2 = ∇ × (B × M) = B(∇ · M ) − M (∇ · B) + M · (∇B) − B · (∇M )
(43)
Ma M è una costante e ∇ · B = 0 perciò segue
•
F M,1 = M · (∇B)
e quindi, tenendo conto della (27), si può scrivere la (23) nel modo seguente:
F M = 0 + M · (∇B) + · · ·
*
*
20
*
(44)
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach - Appendice A
Per ciò che riguarda la coppia, sostituendo nella (20) lo sviluppo (21) si ottiene
Z
Z
n
o
C M = ξ × ı × B(0) dτ + ξ × ı × (B∇)ξ=0 · ξ
dτ + · · ·
τ
(45)
τ
ovvero
C M = C M,0 + C M,1 + · · ·
(46)
Esaminiamo il termine C M,0. Si ha per la (17) dell’Appendice dello studio citato nel punto
3 (pag. 18)
Z
Z
Z
Z
C M,0 = ξ × ı × B(0) dτ = (ıB(0) − B(0)ı) · ξ dτ = ı B(0) · ξ dτ − B(0) ı · ξ dτ
τ
τ
τ
τ
(47)
Ma nell’ipotesi che le correnti siano stazionarie si può scrivere
Z
0 = ξ 2 (∇ · ı) dτ
τ
=
Z
=
Z
2
τ
σ
∇ · (ξ ı) dτ −
(ξ 2 ı) · ndσ −
Z
Z
τ
τ
ı · ∇(ξ 2 ) dτ
ı · ∇(ξ 2 ) dτ
dove si è fatto uso dapprima dell’equazione (A12) dell’Appendice A dello studio citato nel
punto 1 (pag. 1)e poi del teorema di Gauss.
Ma l’integrale di superficie può essere annullato scegliendo una σ su cui sia ı = 0, perciò
rimane:
Z
ı · ∇(ξ 2 ) dτ = 0
τ
ovvero, tenendo presente l’eq. (A20) dell’Appendice A dello studio citato nel punto 1 (pag. 1)
∇(ξ 2 ) =
∂ξ 2
ξ
∇ξ = 2ξ∇ξ = 2ξ = 2ξ
∂ξ
ξ
cosicché
2
perciò la (47) diviene
C M,0 =
Z
τ
Z
τ
ı · ξ dτ = 0
ı B(0) · ξ dτ = B(0) ·
Z
ξı dτ
τ
Ma tenendo presenti le (29), (30), (31) si può scrivere, in analogia con le (32) e (33):
Z
Z
Z
1
1
1
C M,0 = B(0) ·
(ξı − ıξ) dτ = B(0) ×
ı × ξ dτ = −B(0) ×
ξ × ı dτ
2 τ
2 τ
2 τ
Infine ricordando la definizione (36) si ottiene:
•
C M,0 = M × B(0)
*
*
21
*
(48)
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach - Appendice A
In definitiva si ha:
F E = F E,0 + F E,1 + · · · = qE(0) + P · (∇E)ξ=0 + · · ·
Z
C E = C E,0 + C E,1 + · · · = P × E(0) + ξ × ρ(ξ)(E∇)ξ=0 · ξ dτ + · · ·
(49)
(50)
τ
FM
CM
Z
2
1
= F M,1 + F M,2 + · · · = M · (∇B) +
ı × (B∇)ξ=0 · ξ dτ + · · ·
2! τ
Z
n
o
= C M,0 + C M,1 + · · · = M × B(0) + ξ × ı × ((B∇)ξ=0 · ξ dτ + · · ·
τ
22
(51)
(52)
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach -Appendice B
Appendice B
Consideriamo un atomo idrogenoide in un campo magnetico B costante.
Un atomo idrogenoide, come è noto, possiede un solo elettrone al di fuori del guscio elettronico più esterno. Indichiamo con L il momento angolare dell’elettrone.
Il dipolo magnetico creato dal moto dell’elettrone attorno al nucleo e dotato di momento
di dipolo µ subisce la forza espressa dall’eq. (51) dell’Appendice A e la coppia espressa
nella medesima Appendice dalla eq. (52). Nelle (51) e (52) poniamo M = µ e assumiamo
trascurabili i termini dello sviluppo successivi al primo cosicché
F = µ · (∇B) ;
C = µ × B(0)
(1)
La coppia provoca un moto di precessione della direzione di L attorno alla direzione di
B. Infatti scriviamo l’equazione fondamentale della Meccanica newtoniana nei momenti
(v. eq. (44) dello studio “L’equazione fondamentale della Meccanica newtoniana per un
sistema di particelle”):
dL
=µ×B
(2)
dt
e ricordiamo che µ = −Γ L (v. la (6) a pag. 3), cosicché:
dL
= −Γ L × B
dt
ovvero
dL
= ΓB × L
dt
(3)
La (3) descrive il moto di precessione di L attorno alla direzione di B (precessione di
Larmor) come verrà mostrato nella digressione che segue.
*
Poniamo ω = Γ B cosicché la (3) diviene
*
*
dL
= ω×L
dt
(4)
Assumiamo per semplicità che ω sia diretto lungo l’asse z di un sistema di coordinate
cartesiane ortogonali cosicché ω ≡ 0, 0, ωz .
La (4) diviene allora:
dLx
= (ω × L)x = ωy Lz − ωz Ly = −ωz Ly
dt
dLy
= (ω × L)y = ωz Lx − ωx Lz = ωz Lx
dt
dLz
= (ω × L)z = ωx Ly − ωy Lx = 0
dt
da cui
d 2 Lx
= −ωz2 Lx
dt2
;
d 2 Ly
= −ωz2 Ly
dt2
23
;
Lz = cost.
(5)
(6)
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach -Appendice B
Integrando si ottiene:
Lx (t) = a1 cos ωz t + a2 sin ωz t
;
Ly (t) = b1 cos ωz t + b2 sin ωz t
;
Lz = cost.
e anche
L̇x (t) = −ωz a1 sin ωz t + ωz a2 cos ωz t
;
L̇y (t) = −ωz b1 sin ωz t + ωz b2 cos ωz t
;
L̇z = 0
Imponiamo le condizioni iniziali seguenti:
Lx (0) = L sin θ cos α
;
Ly (0) = L sin θ sin α
;
Lz = L cos θ
(7)
dove θ è l’angolo fra ω e L e α è l’angolo fra la proiezione di L sul piano xy e l’asse x.
Si ottiene cosı̀:
Lx (0) = a1 = L sin θ cos α
;
Ly (0) = b1 = L sin θ sin α
L̇x (0) = ωz a2 = −ωz Ly (0) ;
L̇y (0) = ωz b2 = ωz Lx (0)
perciò
a2 = −Ly (0)
;
b2 = Lx (0)
a2 = −L sin θ sin α
;
b1 = L sin θ sin α
cosicché
a1 = L sin θ cos α
;
;
b2 = L sin θ cos α
e quindi
Lx (t) = L sin θ cos α cos ωz t − L sin θ sin α sin ωz t = L sin θ(cos α cos ωz t − sin α sin ωz t)
Ly (t) = L sin θ sin α cos ωz t + L sin θ cos α sin ωz t = L sin θ(sin α cos ωz t + cos α sin ωz t)
Lz = L cos θ
da cui, per note relazioni trigonometriche
Lx = L sin θ cos(ωz t + α)
Ly = L sin θ sin(ωz t + α)
(8)
Lz = L cos θ = cost.
Queste sono le equazioni del moto di precessione di L attorno all’asse z. In esse ωz indica
il modulo della velocità angolare del moto. Il verso della precessione di L attorno all’asse
z è determinato dalla regola del cavatappi.
La componente di L nella direzione di z rimane costante.
Conviene tuttavia precisare che la quantità che rimane costante è la componente di L lungo
la direzione di ω.
Infatti la (4), che è un’espressione simbolica non riferita ad alcun sistema di coordinate, si
può scrivere cosı̀:
dL
ω
=ω ×L
dt
ω
24
Enrico Borghi - Esperimento di Stern-Gerlach -Appendice B
Moltiplicando scalarmente per ω/ω si ottiene:
dL ω
· =ω
dt ω
da cui, poiché
ω
ω
× L è normale a
ω
,
ω
ω
ω
×L ·
ω
ω
segue
dL ω
· =0
dt ω
ovvero
d
dt
ω
L·
ω
=
(9)
dLω
=0
dt
e quindi
Lω = cost.
(10)
in accordo con quanto si è detto, e dunque è Lz = cost. perché la direzione di ω è stata
fatta coincidere con l’asse z.
25