lezione “arresto cardiocircolatorio e nuove frontiere prof

LEZIONE
“ARRESTO CARDIOCIRCOLATORIO
E NUOVE FRONTIERE”
PROF.SSA ELIANA FRANCESCHINO
Università Telematica Pegaso
Arresto cardiocircolatorio e nuove frontiere
Indice
1
Arresto cardiocircolatorio e nuove frontiere ------------------------------------------------------------------------------ 3
2
Ritmi defibrillabili ------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10
3
Ritmi non defibrillabili ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 12
4
Gestione vie respiratorie ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
5
Accesso venoso ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
6
Cause reversibili --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
7
Le nuove frontiere ------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 16
Bibliografia ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Arresto cardiocircolatorio e nuove frontiere
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La cardiopatia ischemica è la principale causa di morte nel mondo. In Europa, la malattia
cardiovascolare rappresenta circa il 40% di tutte le morti sotto i 75 anni. L’arresto cardiaco
improvviso è responsabile di più del 60% delle morti da cardiopatia coronarica nell’adulto. Si parla
di arresto cardiaco quando siamo di fronte ad una persona che:
•
Non è cosciente
•
Non respira
•
Non ha circolo
Un terzo di tutte le persone colpite da infarto del miocardio muore prima di raggiungere
l’ospedale; la molti di questi, muore entro un’ora dall’insorgenza dei sintomi acuti.
Nella maggior parte di queste morti il ritmo di presentazione è la fibrillazione ventricolare
(FV) o la tachicardia ventricolare (TV) senza polso. L’unico trattamento efficace per entrambe
queste aritmie è la defibrillazione; ogni minuto di ritardo diminuisce le possibilità di recupero di
circa il 7 -10% .Non esistono altri esempi di patologie letali per le quali sia disponibile una terapia
potenzialmente così efficace a patto che venga applicata precocemente (rapida degenerazione delle
aritmie defibrilla bili verso assistolia). L’arresto cardiaco intraospedaliero ha maggior probabilità di
presentarsi con un ritmo non FV – TV: assistolia o attività elettrica senza polso (PEA). L’incidenza
di arresto cardiaco intra ospedaliero è difficile da valutare in quanto molti di questi pazienti hanno
una significativa comorbidità, che influenza il ritmo iniziale e le strategie per prevenire l’arresto
cardiaco assumono particolare importanza. Gli interventi che contribuiscono a una prognosi
favorevole dopo un arresto cardiaco possono essere concettualizzati come una catena: la catena
della sopravvivenza. La catena della sopravvivenza è una metafora che dimostra come tutti gli
anelli (la rigorosa sequenza delle azioni) debbano essere rispettati sempre al fine di garantire la
sopravvivenza del soggetto colpito da arresto cardiaco. Ogni anello della catena è caratterizzato
dall’aggettivo “precoce” a sottolineare l’importanza del fattore tempo. Essi sono:
•
Riconoscimento precoce e chiamata di aiuto
•
Rianimazione cardiopolmonare precoce
•
Defibrillazione precoce
•
Trattamento post-rianimatorio
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Riconoscimento precoce e chiamata di aiuto:
nell’arresto cardiaco extraospedaliero l’accesso immediato ai sistemi sanitari d’emergenza è
vitale. Nella maggior parte dei Paesi Europei l’accesso ai sistemi di emergenza sanitaria si ottiene
per mezzo di un numero telefonico unico. In presenza di una persona che stia per perdere o abbia
perso coscienza va immediatamente data l’allarme al fine di far giungere sul posto nel più breve
tempo possibile il soccorso qualificato. Se lo scenario operativo prevede la presenza di un DAE
(defibrillatore semiautomatico o automatico esterno), l’allarme precoce sarà volto all’attivazione
dello stesso. L’infarto miocardico è una delle cause più frequenti di arresto cardiaco. Importante
riconoscere i segni di allarme dell’infarto miocardico:
dolore al centro del torace (peso,morsa retrosternale), irradiato al dorso, alle braccia, alla
mandibola può essere presente difficoltà respiratoria, senso di debolezza, nausea, sudorazione.
Questi sintomi possono comparire durante uno sforzo o a riposo.
Rianimazione cardiopolmonare precoce:
se non si dispone di un DAE, le compressioni toraciche e la respirazione artificiale nella
vittima di arresto cardiaco vanno iniziate immediatamente al fine di ritardare l’insorgenza del danno
anossico cerebrale (inizia dopo circa 4 – 6 minuti di assenza di circolo e dopo circa 10 minuti si
hanno lesioni cerbrali irreversibili in assenza di RCP) e di mantenere defibrillabile il ritmo.
Nell’arresto cardiaco la rianimazione cardiopolmonare praticata da testimone occasionale prolunga
la durata del periodo in cui la rianimazione può aver successo e raddoppia le proabilità di
sopravvivenza.
Defibrillazione precoce:
all’arrivo del DAE o nel caso in cui il DAE sia immediatamente disponibile e l’arresto
cardiaco sia testimoniato il terzo anello diventa prioritario sul secondo. L’obiettivo è quello di
somministrare uno shock di defibrillazione,( se indicato) entro 5 minuti dalla ricezione della
chiamata. In molte zone il raggiungimento di questo obiettivo richiede l’introduzione di programmi
pubblici di defibrillazione (PAD).
Trattamento post-rianimatorio:
questo anello contempla l’arrivo del team di rianimazione avanzata che provvederà alla
protezione delle vie aeree, accesso venoso, somministrazione di farmaci e fluidi. Il recupero del
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circolo spontaneo (ROSC) è una fase importante nella continuità della rianimazione ma, l’obiettivo
principale è di restituire il paziente a una funzione cerebrale normale e un ritmo cardiaco stabile.
Il soccorritore deve essere consapevole di ogni potenziale rischio associato al tentativo di
rianimare una persona. Questi rischi devono essere eliminati o minimizzati. Prima di avvicinarsi ad
una persona apparentemente incosciente in ambiente extraospedaliero, il soccorritore deve essere
certo che non sussistano immediati pericolo ambientali , come traffico, elettricità, gas etc.
Gli operatori sanitari devono indossare guanti e strumenti di protezione degli occhi durante i
tentativi di rianimazione. Particolare attenzione deve essere posta nel maneggiare oggetti taglienti.
L’obiettivo primario della RCP è quello di fornire sangue ossigenato al cervello per
garantirne la sopravvivenza e minimizzare gli eventuali danni da arresto cardiocircolatorio.
Secondo la terminologia anglosassone, le manovre destinate a tal scopo costituiscono l’ABC della
RCP.
Le manovre di BLSD (Basic Life Support – Defibrillation) sono
invasive, quindi
potenzialmente dannose. Ogni azione deve essere preceduta da una attenta valutazione. Per
facilitare la memorizzazione della sequenza degli interventi sono state utilizzate le lettere
dell’alfabeto:
•
A (airway) assicurare la pervietà delle vie aeree
•
B (breathing) garantire la ventilazione
•
C (circulation) garantire la circolazione
Ogni fase prevede la valutazione di una funzione vitale e la sua corrispondente azione di
sostegno, qualora la funzione vitale sia assente. Le Linee Guida 2005 prevedono, per il personale
sanitario, la possibilità di valutare contemporaneamente la funzione respiratoria e circolatoria ( B e
C) in modo da abbreviare il tempo delle valutazioni a vantaggio delle successive azioni di sostegno
del circolo.
La fase D prevede che il DAE effettui la valutazione del ritmo e l’operatore esegua l’azione
indicata dal dispositivo (erogazione dello shock elettrico o RCP in caso lo shock non sia indicato).
La sequenza delle manovre di BLSD deve essere eseguita in modo rigoroso. Quindi dopo aver
attentamente controllato la sicurezza ambientale si procede a :
A valutazione dello stato di coscienza e apertura delle vie aeree:
si chiama ad alta voce la vittima e si scuote leggermente, una volta appurato che la persona
non è cosciente si chiama aiuto e si fa attivare il sistema d’emergenza (118).Si posiziona la vittima
su un ripiano rigido e si allinea capo, tronco e arti. La perdita di coscienza determina un
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rilasciamento muscolare, la mandibola cade all’indietro e la lingua va ad ostruire le prime vie aeree.
Per ottenere la pervietà delle vie aeree si solleva con due dita il mento e si spinge la testa
all’indietro appoggiando l’altra mano sulla fronte. Questa manovra impedisce la caduta all’indietro
della lingua e permette il passaggio dell’aria. Se si sospetta un trauma del rachide cervicale va
evitata l’estensione della testa.
Controllare visivamente se nella bocca della vittima ci sono corpi estranei e, se possibile,
cercare di asportarli con aspiratore o con pinze, mai con le dita. Una volta provveduto alla pervietà
delle vie aeree occorre valutare la presenza dell’attività respiratoria . Valutato lo stato di non
coscienza l’operatore deve farsi portare immediatamente il DAE
B – C respiro e circolo:
mantenendo la pervietà delle vie aeree, avvicinare la guancia alla bocca ed al naso della
vittima, guarda (se il torace si espande), ascolta (rumori respiratori), senti (l’aria espirata sulla
guancia). Guarda, ascolta e senti (GAS) per almeno 10 secondi per valutare se la ventilazione è
normale. Il personale sanitario insieme alla valutazione dell’attività respiratoria determinerà la
presenza del polso carotideo e di altri segni di vita (movimento, tosse). Se sono assenti respiro e
circolo andrà confermato l’arresto cardiaco e dovrà essere richiesto il soccorso avanzato (ALS). Se
si dispone di un DAE, e l’arresto cardiaco non è testimoniato dai soccorritori dovranno essere
eseguiti due minuti di RCP (compressioni toraciche e ventilazione in rapporto di 30:2) prima di
procedere all’eventuale erogazione della terapia elettrica dopo di chè verrà attivato il DAE per
l’analisi del ritmo. Se sulla scena è presente il DAE e l’arresto cardiaco è testimoniato dai
soccorritori si procede subito all’analisi del ritmo e all’eventuale terapia elettrica se indicata. Per
eseguire le compressioni toraciche ci si inginocchia a fianco della vittima, si posiziona l’eminenza
palmare di una mano al centro del torace della vittima, si posiziona l’eminenza palmare dell’altra
mano sopra la prima ,si incrociano le dita delle mani e ci si assicura che la pressione sul torace della
vittima non sia applicata sulle coste (possibilità di fratture), sulla parte superiore dell’addome
(pericolo di lesioni) o sulla parte inferiore dello sterno. Ci si posiziona verticalmente sopra la
vittima, con le braccia tese e si comprime lo sterno per 4 -5 cm. Il tempo di compressione deve
essere uguale al tempo di decompressione, la frequenza deve mantenersi intorno alle 100
compressioni al minuto. Durante i primissimi minuti di arresto cardiaco non causato da asfissia, il
contenuto di ossigeno nel sangue permane elevato. Inoltre la disponibilità di ossigeno per il cuore
ed il cervello è limitata più dalla riduzione della circolazione che dalla riduzione di ossigeno a
livello polmonare. La ventilazione è quindi inizialmente meno importante delle compressioni
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toraciche. L’assenza di ventilazione spontanea impone la messa in atto di metodologie in grado di
ventilare il paziente artificialmente, creando una pressione positiva tale da garantire il volume
corrente necessario. Quando ventiliamo ricordiamoci di osservare sempre l’espansione del torace e,
se ventiliamo con il semplice bocca-bocca o bocca-maschera riusciamo a somministrare solo il 16%
di ossigeno, con il solo pallone il 21%, con pallone e ossigeno eroghiamo il 21% mentre con
pallone + ossigeno + reservoir arriviamo ad erogare 80 – 90% di ossigeno. Non si iniziano manovre
rianimatorie quando sono presenti macchie ipostatiche, decomposizione tissutale o carbonizzazione,
rigor mortis, protratta sommersione accertata, presenza di decapitazione o altre lesioni palesemente
incompatibili con la vita. Non si considera l’eta apparente, l’aspetto cadaverico, la temperatura
corporea e la presenza di midriasi. Una volta iniziate le manovre rianimatorie devono continuare
fino all’arrivo del soccorso avanzato, la ricomparsa di segni di vita o l’ esaurimento fisico dei
soccorritori.
D Defibrillazione precoce:
la defibrillazione consiste nel passaggio mirato di una determinata quantità di corrente
elettrica continua attraverso il miocardio, allo scopo di interrompere l’aritmia e il conseguente
riavvio del segnapassi fisiologico. Se l’arresto cardiaco è stato testimoniato dagli stessi soccorritori,
si attiverà il DAE (defibrillatore semiautomatico esterno) al fine di permettere l’analisi del ritmo e
l’erogazione della terapia elettrica se indicata. In caso contrario (AC non testimoniato da personale
sanitario e tempi di arrivo sulla scena superiori a 5 minuti) la RCP verrà praticata per due minuti
prima di procedere alla somministrazione della terapia elettrica. Il DAE è un apparecchio in grado
di riconoscere automaticamente i ritmi defibrillabili e di erogare una quantità di corrente elettrica
adeguata, calcolata in base all’impedenza toracica. La sua specificità e la sua sensibilità sono
altissime ed è impossibile che non venga erogato uno shock non necessario. Durante le fasi di
analisi, carica ed erogazione degli shock nessuno deve essere a contatto con il paziente per evitare
artefatti durante la rilevazione del ritmo cardiaco e shock accidentali indiretti durante l’erogazione
della terapia elettrica. Durante l’utilizzo del DAE l’operatore deve verificare visivamente che
nessuno si avvicini alla vittima. L’operatore si accerta di non essere a contatto con il corpo della
vittima, controlla che i collaboratori si allontanino e controlla che nessuno degli astanti si avvicini.
Gli elettrodi cutanei (placche) devono essere ben adese e possono essere posizionate in
sottoclaveare dx – ascellare media sin; antero-posteriore; bi ascellare media dx e sin; ascellare
media sin e dorsale superiore dx o sin.
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Il torace deve essere asciutto e depilato; gli elettrodi non devono mai essere posizionati su
tessuto mammario femminile in quanto questo ostacola il passaggio della corrente riducendo quindi
l’efficacia della defibrillazione; l’elettrodo apicale deve essere orientato in senso cranio-caudale in
quanto è dimostrato che tale posizione aumenta la massa cardiaca attraversata dalla corrente.
L’acqua è un conduttore elettrico quindi i pazienti che devono essere defibrillati devono essere
allontanati da superficie bagnate e asciugati, l’ossigeno è un comburente: le fonti di ossigeno vanno
allontanate di un metro quando il DAE è operativo, al fine di evitare il rischio di fiammate. I cerotti
trans dermici vanno rimossi, per evitare l’applicazione incompleta delle placche sul torace e il
possibile sviluppo di piccole fiammate dovute alla combustione della placca e/o dei farmaci
contenuti nel dispositivo. In presenza di pace maker o di defibrillatori impiantabili il centro delle
placche cutanee andrà posto a circa 10 cm sfruttando eventuali posizioni alternative in quanto
questi dispositivi anche se dotati di sistemi di protezione, possono essere danneggiati dallo shock.
Il DAE ha diverse funzioni che testimoniano lo svolgimento dell’evento:
• possibilità di registrazione vocale;
• registrazione elettrocardiografica;
• possibilità di code summary;
• possibilità di interfaccia con PC per gestione dati;
• archivio e VRQ.
I dati registrati non sono modificabili e costituiscono la base del processo di revisione
critica degli eventi. Le cause di insuccesso della defibrillazione sono la mancata familiarità
dell’operatore con l’apparecchio, errori nell’applicazione delle procedure, mancata manutenzione
del DAE e FV refrattaria. Nei bambini fra uno e otto anni è indicato l’uso delle piastre pediatriche,
in mancanza di queste si possono utilizzare le piastre da adulti avendo cura di evitare che queste
non vengano sovrapposte sul torace della vittima.
I ritmi cardiaci associati all’arresto cardiaco sono divisi in due gruppi: ritmi defibrillabili
(FV/TV) e ritmi non defibrillabili (asistolia e attività elettrica senza polso).La principale differenza
tra questi due gruppi di aritmie è la necessità di tentare la defibrillazione nei pazienti con FV/TV
Le azioni successive, compressioni toraciche, gestione delle vie aeree e ventilazione,
l’accesso venoso, la somministrazione di farmaci e l’identificazione e la correzione dei fattori
reversibili, sono comuni a entrambi i gruppi.
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Gli interventi che sicuramente migliorano la sopravvivenza dopo un arresto cardiaco sono la
rapida ed efficace RCP (compressioni toraciche e ventilazione) e per i ritmi defibrillabili , la
defibrillazione precoce.
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2 Ritmi defibrillabili
Negli adulti FV e tachicardia ventricolare senza polso sono responsabili dell’85% degli
arresti cardiaci. Una volta confermato l’arresto cardiaco, richiesto l’aiuto di altri soccorritori, fatto
portare il DAE, iniziare le compressioni toraciche esterne e la ventilazione con un rapporto di 30:2.
Appena disponibile il defibrillatore applicare le placche adesive sul torace e far diagnosticare il
ritmo.
Se FV/TV è confermata :
defibrillare con uno shock a 150 joule se monitor bifasico o 360 J se monobasico.
eseguire compressioni toraciche 30:2 e continuare per due minuti (pari a cinque cicli)
controllare al monitor il ritmo
se FV/TV ancora presente somministrare un secondo shock a 150 J se bifasico o 360 se
monobasico
eseguire compressioni toraciche 30:2 e continuare per due minuti
se FV/TV persiste somministrare adrenalina 1 mg ev seguita immediatamente da un terzo
shock a 150 J se bifasico o 360 J se monobasico
riprendere immediatamente le compressioni toraciche e continuare per due minuti alla fine
dei quali
controllare il ritmo al monitore se TV/FV persiste somministrare amiodarone 300mg ev e
riprendere immediatamente il massaggio cardiaco per due minuti
ricontrollare il ritmo al monitor e somministrare adrenalina 1 mg ev prima dell’eventuale
quinto shock. L’adrenalina verrà ripetuta ogni 3 – 5 minuti.
Ogni due minuti verrà ricontrollato il ritmo al monitor e se necessario somministrato
ulteriore shock. Se si osserva attività elettrica organizzata si controlla la presenza di polso centrale.
se il polso è presente iniziare il trattamento post-rianimatorio; se non c’è polso continuare
RCP.
In caso di arresto cardiaco da FV/TV testimoniato e monitorizzato , se non immediatamente
disponibile il defibrillatore valutare la possibilità di dare un singolo pugno precordiale.
Usando il versante ulnare del pugno chiuso si deve dare un colpo secco sulla metà inferiore
dello sterno da un’altezza di circa 20 cm e poi retrarre rapidamente la mano. Il pugno precordiale
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riesce a convertire in ritmo sinusale soprattutto le TV. Controllare la presenza di onde P, se presenti
eseguire pacing trascutaneo.
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3 Ritmi non defibrillabili
I ritmi non defibrillabili sono asistolia e attività elettrica senza polso (PEA).
La sopravvivenza dopo un arresto cardiaco con asistolia o PEA è improbabile se non
vengono rapidamente identificate le cause reversibili ed efficacemente trattate.
Una volta confermato l’arresto cardiaco, iniziare subito RCP 30:2
somministrare adrenalina 1mg ev non appena disponibile un accesso venoso
somministrare atropina 3 mg ev in un’unica volta
continuare RCP 30:2 fino a quando le vie respiratorie non siano protette quindi continuare
MCE senza fare pause durante la ventilazione (compressioni e ventilazione asincrone)
ricontrollare il ritmo dopo 2 minuti e somministrare adrenalina 1 mg ogni 3 – 5 minuti.
Durante il trattamento dell’arresto cardiaco è importante eseguire compressioni toraciche di
buona qualità, riconoscere e trattare le cause reversibili, ottenere un buon accesso venosoe un
controllo delle vie respiratorie ottimale. Effettuare RCP con un rapporto di 30:2 è stancante e per
ridurre l’affaticamento e quindi il deterioramento della qualità della RCP i soccorritori dovrebbero
alternarsi ogni due minuti.
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4 Gestione vie respiratorie
L’intubazione tracheale è il metodo più affidabile per la gestione delle vie respiratorie, ma
va tentata solo da parte dei soccorritori addestrati e con una pratica sufficiente e continua con
questa tecnica. Nessun tentativo di intubazione deve durare più di 30 secondi, se l’intubazione non è
riuscita bisogna ricominciare la ventilazione con pallone-maschera. Una volta che il paziente è
incubato continuare
MCE con una frequenza di 100 al minuto senza fare pause durante la
ventilazione. Le ventilazioni vanno effettuate ad un ritmo di 10 atti al minuto. Se i soccorritori non
sono in grado di effettuare l’intubazione tracheale, la gestione delle vie aeree può essere attuata con
il Combitube, la maschera laringea, la ProSeal LMA o il tubo laringeo.
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5 Accesso venoso
Appena possibile è necessario reperire un accesso venoso. L’inserimento di una canula
venosa periferica è rapido, sicuro e facile. I farmaci iniettati in periferia devono essere seguiti da un
flush di almeno 20 ml di liquido e dal sollevamento delle estremità per almeno 20-30 secondi per
facilitare l’arrivo del farmaco alla circolazione centrale. Vie alternative di somministrazione dei
farmaci sono la via venosa centrale, l’intraossea o la tracheale.
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6 Cause reversibili
Durante qualsiasi arresto cardiaco è importante considerare le potenziali cause e i potenziali
fattori aggravanti per i quali esiste un trattamento specifico:
Ipossia: accertarsi che il paz. venga ventilato adeguatamente con ossigeno al 100%
ipovolemia: solitamente dovuta a gravi emorragie per le quali il volume intravascolare deve
essere ripristinato velocemente
iperpotassiemia-ipopotassiemia, ipocalcemia, ipoglicemia, acidosi e altri disordini
metabolici: rilevati dagli esami ematochimici
ipotermia: va sospettata in tutti gli incidenti in acqua
trombosi: se si ritiene che l’arresto cardiaco è causato da embolia polmonare somministrare
immediatamente un farmaco trombolitico.
pneumotorace iperteso: può essere causa di PEA e necessita di veloce decompressione
mediante toracentesi
tossici: se disponibili vanno usati gli antidoti specifici, ma il trattamento più frequente è
quello sintomatico
tamponamento cardiaco: è difficile da diagnosticare e va sospettata dopo un trauma
penetrante del torace.
Se durante RCP ricompaiono segni di vita come movimenti, tosse e respiro o al monitor
appaiono dati compatibili con il ritorno della circolazione spontanea (CO2 espirata, curva arteriosa)
, la rianimazione va interrotta e controllato il ritmo al monitor e la presenza di polso.
Se è palpabile un polso continuare con il trattamento post-rianimatorio. Raccomandata
l’ipotermia terapeutica lieve in pazienti incoscienti dopo arresto cardiaco sia intra che extra
ospedaliero. Viene attuato durante il trasporto spegnendo il riscaldamento, rimuovendo gli
indumenti e applicando impacchi ghiacciati. In DE/TI viene continuato con ringer lattato freddo a
4°, lavaggio gastrico a 4°,
impacchi ghiacciati, materasso ad aria fredda (12°), device dedicato.
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7 Le nuove frontiere
Le Linee guida internazionali enfatizzano il massaggio cardiaco senza interruzioni e la
tecnologia recentemente ha immesso sul mercato un presidio meccanico in grado di aiutare il
soccorritore. Si tratta di un sistema di compressione toracica portatile progettato per ovviare alle
limitazioni relative alla compressione manuale del torace. Assiste i soccorritori effettuando 100
compressioni del torace al minuto, con una profondità da 4 a 5 cm, come raccomandato nelle linee
guida della ERC (European Resuscitation Council). Il sistema di compressione toracica deve essere
utilizzato per effettuare compressioni cardiache esterne su pazienti adulti colpiti da arresto
circolatorio improvviso, definito come assenza di respirazione e di battiti spontanei e perdita di
conoscenza.
Le Linee Guida 2005, sulla base di studi scientifici internazionali, raccomandano l’ipotermia
terapeutica post-rosc iniziata già in ambiente extraospedaliero e mantenuta per 24 ore nei pazienti
adulti.
Sono in corso degli studi presso l’università di Oslo sull’importanza o meno dei farmaci
durante la rianimazione cardiopolmonare extraospedaliera e è ragionevole pensare che nelle
prossime linee guida ci saranno delle novità riguardo a questo argomento.
Le società scientifiche mondiali sono impegnate a formare sempre più personale laico sulle
manovre di base della rianimazione-cardiopolmonare in quanto RCP eseguita da soccoritore
occasionale, con solo compressioni toraciche e senza interruzioni migliora l’outcome del paziente.
Sicuramente saranno potenziate ed incrementate le postazioni PAD (public acces defibrillation) in
quanto risulta che la rianimazione da parte di personale laico + AED raddioppia le possibilità di
sopravvivenza.
Sono in arrivo dei presidi per il controllo di qualità del massaggio cardiaco (frequenza
adeguata, profondità adeguata, rilascio completo).
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Bibliografia
• Gentili, Nastasi, Rigon, Silvestri, Tanganelli – Il paziente critico – casa editrice ambrosiana
Milano
• American Heart Association, Emergency Cardiac Care Committee and Subcommittees.
Guidelines for Cardiopulmonary Resuscitation and Emergency Cardiac Care part I.
• V. Gai - Medicina d’Urgenza pratica e progresso – Edizioni Medico Scientifiche - Torino
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(L. 22.04.1941/n. 633)
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